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COLLANA DIRETTA DA
PA O L O O RV I E TO
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Alla realizzazione della presente pubblicazione ha concorso con i propri fondi lUniversit degli Studi di Cassino Dipartimento di Filologia e Storia.
ISBN 978-88-8402-684-2 Tutti i diritti riservati - All rights reserved Copyright 2009 by Salerno Editrice S.r.l., Roma. Sono rigorosamente vietati la ri pro duzione, la traduzione, ladattamento, anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effet tuati, compresi la copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronica, ecc., senza la preventiva autorizzazione scritta della Sa lerno Editrice S.r.l. Ogni abuso sar perseguito a norma di legge.
P REM E S SA
Come dare un senso al nonsenso? Il terreno scivoloso, ma proprio per questo invitante. Da una parte, la sfida critico-metodologica del definire e delimitare un genere (o una tecnica? o uno stile? o un linguaggio?) che di per s non pu essere rigidamente imbrigliato, pena la dissoluzione. Dallaltra, lattraversamento di una tradizione nonsensical italiana che, pur con le sue specificit, si inserisce a pieno titolo nella grande tradizione europea: dalle fratrasies a Beckett, passando per Rabelais, Sterne, Lear, Carroll, Jarry. Da qui il Convegno organizzato presso il Dipartimento di Filologia e Storia dellUniversit di Cassino ( Nominativi fritti e mappamondi . Il nonsense nella letteratura italiana, 7-9 ottobre 2007). Gli interventi partono dallindagine su una possibile preistoria medievale del nonsense italiano (Berisso) per passare subito alla nascita ufficiale e al trionfo di questa tradizione poetica, con il nome di Burchiello e dei cosiddetti burchielleschi ad occupare, con discrezione ora minore ora maggiore, lmbito quattro-cinquecentesco (Zaccarello, Decaria, Chiummo). Una tappa obbligata si rivela il Seicento in versi e in prosa (Crimi, Guaragnella) e, dopo una pausa settecentesca, ecco dispiegarsi un variegato e a tratti pirotecnico spazio tra fine Ottocento e, ancor pi, primo e secondo Novecento: non a caso, in questi Atti, con il maggior numero di interventi ad occuparsi di lingue inventate e strane miscele di surrealismo e nonsenso vero e proprio, nel secolo post-cartesiano (e post-hegeliano: e si potrebbe continuare con molti altri aggettivi accanto a quel prefisso squisitamente novecentesco) appena trascorso (Castoldi, Iermano, Anglani, Cedola, Baglioni, Afribo, Serianni). Romanzi, poesie, opere e autori pi o meno noti, ma comunque illuminanti per una nuova rilettura del rapporto antico/moderno e soprattutto per la fondazione del concetto stesso di modernit (Antonelli), a conferma della carica eversiva, e allo stesso tempo tuttaltro che puramente comico-autoreferenziale, del nonsense, parziale o assoluto, in un contesto refrattario alle barriere alto/basso, dlite/di consumo, che vive anzi di travasi e travisamenti di ogni tipo. Come nella speciale e ricorren7
premessa te contiguit, quando non sovrapposizione, con i pi svariati settori e linguaggi: da quello pittorico a quello teatrale e persino da schietto avanspettacolo, o dalla trattatistica (paradossalmente) pi seria alla riscrittura tra parodia e metaletteratura. Si tratta di una sfida metodologica e di unindagine storico-letteraria che nel presente volume interessa, nello specifico, un territorio come quello italiano, nel quale questa tradizione tanto ricca quanto ancora poco indagata. Forse perch troppo anticanonica in una storia letteraria considerata fin troppo classicistica, o perch ritenuta poco rappresentativa, sebbene annoveri tra i suoi incunaboli lenigmatico Pape Satn Pape Satn Aleppe , insieme ad autori, ben oltre Dante, quali Pulci, Burchiello, Folengo, e via di seguito, che hanno portato frutti tra i pi ricercati in ogni angolo dEuropa. E sebbene proprio negli ultimi anni sempre pi studiosi si siano impegnati a raccogliere e commentare un materiale cospicuo, per quantit e qualit, che fa ben sperare in un futuro ancora assai ricco di sorprese in questo peculiare campo dindagine.
Desideriamo qui ringraziare il Dipartimento di Filologia e Storia dellUniversit di Cassino, e in particolare i direttori, Silvana Casmirri e poi Edoardo Crisci, che hanno seguto con generosit e sollecitudine lorganizzazione del Convegno e la pubblicazione degli Atti. Cassino, dicembre 2008 Giuseppe Antonelli e Carla Chiummo
1. Lessenza del nonsenso Dare un senso al nonsense pu essere rischioso. In un divertissement di qualche anno fa, Umberto Eco sottoponeva una delle pi note filastrocche infantili italiane quella che comincia Ambarab cicc cocc / tre civette sul com a una dottissima analisi in cui lerudita (e immaginaria) bibliografia ostentava il ricorso ai pi raffinati, e allepoca modaioli, strumenti dindagine testuale.1 Prima la filologia, con la fissazione del testo critico in lingua originale e nelle traduzioni francese, tedesca e inglese; poi la semiotica strutturalista, per evidenziare simmetrie semantiche e opposizioni fonologiche, la psicanalisi di stampo lacaniano e la linguistica trasformazionale di Chomsky ( la WP ambarab cicc cocc dove WP sta per What? Phrase, dalla esclamazione di Dwight Bolinger quando era stato esposto, come native informant, alla utterance del quinario ). Tutto questo per giungere passando per gli pseudo Bloom e Derrida, Searle, Greimas a un parziale scacco ermeneutico: questo, e non altro, chiede a noi la Poesia . Il nonsense al quadrato prodotto da una simile parodia (ancor pi efficace perch applicata a un testo irrilevante, oltre che insignificante)2 suona quasi come un ammonimento: lessenza del nonsense sfugge a una
*Devo preziose indicazioni a Carla Chiummo, Giuseppe Crimi, Luca Serianni, Elisabetta Tarantino, Michelangelo Zaccarello: a tutti loro va il mio pi sentito ringraziamento. Una versione in inglese di questo contributo stata pubblicata come introduzione al volume Nonsense and Other Senses. Regulated Absurdity in Literature, a cura di Elisabetta Tarantino con la collaborazione di Carlo Caruso, Cambridge, Cambridge University Press, 2009, pp. 1-21. 1.U. Eco, Tre civette sul com, in Id., Il secondo diario minimo, Milano, Bompiani, 20012, pp. 164-75. 2.Ci non toglie che ci sia stato chi ha tentato sul serio una ricostruzione etimologica della filastrocca, ipotizzando un antenato latino *hanc para ab hac quidquid quodquod: non che la filastrocca latina offra molto pi senso di quella italiana, ma questo un dato costante delle filastrocche infantili (V. Brugnatelli, Per unetimologia di am ba-
giuseppe antonelli lettura meccanicamente scientifica; anzi: la scienza del nonsense pu dare come risultato il nonsense della scienza. Eppure, sintitolava proprio The Science of Nonsense uno dei primi interventi critici dedicati alla questione. Nel saggio, apparso sullo Spectator il 17 dicembre 1870, i versi di Lear erano definiti a trifle nearer to the grave talk of an idiot asylum, than to the nonsense of sane people . Il nonsense di Lear, daltra parte, aveva rappresentato una decisa novit nel quadro della letteratura inglese dellepoca, e in particolare della letteratura per linfanzia:
when Lears first work appeared, the childrens literature market was in a fairly dire state, being dominated on one hand by utilitarian efforts at edification and on the other hand by moralistic and didactic religious works. To the children and adults forced to read such works, Lears nonsense must have displayed a remarkable freshness and originality.3
2. La sensazione del nonsenso Com noto, Lear che aveva gi viaggiato a lungo in Italia scelse di trascorrere gli ultimi anni della sua vita sulla costiera ligure (mor a Sanremo nel 1888). A quel tempo, in un paese che aveva da poco compiuto il processo di unificazione nazionale, il campione della letteratura per linfanzia era il burattino Pinocchio (1873) con il suo naso rivelatore di bugie: una deformazione punitiva che, pur in un contesto comico-fantastico, agiva ancora in senso pedagogico-moralistico.4 Niente che vederab cicc cocc , www.brugnatelli.net/vermondo/articoli/ambara.html; tutta la sitografia aggiornata al 30 novembre 2009). 3.M.B. Heyman, Isles of Boshen. Edward Lears Literary Nonsense in Context, Thesis submitted for the degree of PhD, Univ. of Glasgow, Department of English Literature, June 1999 (https://dspace.gla.ac.uk/bitstream/1905/330/1/HeymanThesis.pdf, p. 271). Tra laltro, una delle opere pi fortunate di Lear (The Owl and the Pussycat, pubblicato per la prima volta nel 1869 e a tuttoggi un classico della letteratura per linfanzia) ha per protagonista una civetta e, come le tre civette di Eco, stata recentemente oggetto di una paradossale e anche in questo caso ironica interpretazione esoterica: the poem by Edward Lear might not have been just nonsense. Is it possible that beneath this innocent poem lurked a dark and sinister tale? (S. Ward, The Owl and The Pussycat: a Conspiracy Theory, www.authorsden.com/categories/article_top.asp?catid=19&id=34621). 4.Perch il nonsense trovasse ufficialmente posto nella letteratura italiana per linfanzia
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il nonsoch del nonsenso re con i nasi allegramente iperbolici svettanti nei limerick di Lear, in cui la deformit non mai vissuta come un dramma e la parte del corpo in grottesca espansione anzi spesso orgogliosamente esibita :5
There was an Old Man with a nose, Who said, If you choose to suppose, That my nose is too long, You are certainly wrong! That remarkable Man with a nose. There was a Young Lady whose nose, Was so long that it reached to her toes; So she hired an Old Lady, Whose conduct was steady, To carry that wonderful nose. There was an Old Man, on whose nose, Most birds of the air could repose; But they all flew away, at the closing of day, Which relieved that Old Man and his nose.6
si sarebbe dovuto aspettare esattamente un secolo: nella Grammatica della fantasia di Gianni Rodari (1a ed. 1973), uno dei capitoli sintitola proprio Come si costruisce un limerick. Va detto tuttavia che la storiografia recente (vd. da ultimo P. Boero-C. De Luca, La letteratura per linfanzia, Roma-Bari, Laterza, 2007) ha individuato una linea maestra che da Collodi porta giusto a Rodari, passando per due scrittori-disegnatori come Antonio Rubino (nato a Sanremo nel 1880, pochi anni prima che vi morisse Lear) e Sergio Tofano, e per la produzione fantastica di Italo Calvino: cfr. C. Schwarz, Capriole in cielo. Aspetti fantastici nel racconto di Gianni Rodari, Tesi di Dottorato pubblicata dal Dipartimento di francese, italiano e lingue classiche dellUniv. di Stoccolma nel 2005 (http:/ /s.diva-portal.org/smash/get/diva2:200325/FULLTEXT01, p. 29). 5. Il pi soggetto a deformazioni il naso che, com noto, fra i motivi grotteschi pi diffusi e si conserver molto a lungo in questo tipo di imagery (A. Caboni, Nonsense: Edward Lear e la tradizione del nonsense inglese, Roma, Bulzoni, 1988, pp. 110 e 109). Gi C. Izzo aveva notato che il libro di Lear pieno di nasi spropositati (Lumorismo alla luce del Book of Nonsense, in Ateneo veneto , ccxxvi 1935, vol. 119 pp. 211-19, a p. 217). Si pu ricordare qui, di sfuggita, che prima di Pinocchio Collodi aveva pubblicato (nel 1880) una raccolta di bozzetti intitolata Occhi e nasi: non una mostra di figurine intere. piuttosto una piccola raccolta docchi e di nasi, toccati in punta di penna e poi lasciati l, senza finire (si cita dalla rist. an., Firenze, Bemporad, 1980). 6.E. Lear, The Complete Verse and Othier Nonsense, a cura di V. Noakes, London, Pen-
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giuseppe antonelli Per capire il differente contesto nel quale ci si muove in Italia, basta leggere le parole che nella sua fondamentale Storia della letteratura italiana (1870-1871) Francesco De Sanctis dedicava al Giorno di Parini, messo a confronto con i modelli di Boccaccio e di Ariosto: l era lironia del 7 buon senso, qui lironia del senso morale . Non stupir pi di tanto, allora, che nello stesso periodo in cui il dibattito sul nonsense conosce in Inghilterra alcuni dei suoi episodi fondativi (il saggio di Edward Strachey Nonsense as a Fine Art esce nel 1888, Defense of Nonsense di Gilbert Chesterton nel 1901), Pietro Micheli pubblichi a Livorno il suo Letteratura che non ha senso,8 in cui ignora sia Lear sia Carroll, per dedicarsi piuttosto al simbolismo di Verlaine:9 quando queste allitterazioni, ripetizioni di suono, non vanno daccordo con lidea, si ha il bisticcio; quando sopprimono assolutamente lidea, si ha il non senso .10
guin, 2001, pp. 158, 91, 178. Potrebbe essere proprio Lear, forse, la fonte di una delle tante interpolazioni del Pinocchio disneyano (cfr. M. Bernardinis Pellegrini, Il comico nel Pinocchio cinematograco: la versione di Disney e di Comencini, in Pinocchio sullo schermo e sulla scena, a cura di G. Flores dArcais, Firenze, La Nuova Italia, 1994, pp. 29-43). Limmagine degli uccellini che si appoggiano sul naso manca infatti nella versione collodiana, dove si pu trovare tuttal pi una scena di timbro ben diverso: alcuni uccellacci notturni, traversando la strada da una siepe allaltra, venivano a sbattere le ali sul naso di Pinocchio, il quale facendo un salto indietro per la paura gridava: Chi va l? (Le avventure di Pinocchio, ed. critica a cura di O. Castellani Pollidori, Pescia, Fondazione Nazionale Carlo Collodi, 1983, pp. 41-42). 7.Storia della letteratura italiana, a cura di N. Gallo, Torino, Einaudi, 1958, vol. ii p. 912. 8.Livorno, Raffaello Giusti, 1900; ma alcune parti erano uscite in rivista gi nel 1895: cfr. infra il contributo di Massimo Castoldi. 9.Laccostamento col simbolismo rimarr piuttosto comune almeno fino alla met del secolo: nella sua Antologia burchiellesca recensita da Emilio Cecchi (1950), Eugenio Giovannetti spiega ancora come il simbolismo, in ultima analisi, non sia che un burchielleggiamento squisito, in guanti bianchi , mentre la gazzarra parolibera cui abbiamo assistito in questi ultimi anni sarebbe da considerarsi un burchielleggiare truculento (Burchiellesca, in E. Cecchi, Libri nuovi e usati. Note di letteratura italiana contemporanea, Napoli, Esi, 1958, pp. 33-37; la citaz. a p. 34). 10.P. Micheli, Letteratura che non ha senso, Livorno, Raffaello Giusti, 1900, pp. 77-78. Ancora nella monografia La poesia giocosa e lumorismo, di C. Previtera, Mi lano, Vallardi, 1939-1942 (due volumi poi ripubblicati nel 1953 dalla Vallardi di Milano), pur in presenza di una panoramica piuttosto ampia dedicata alla letteratura inglese ( per molti lhumour propriet esclusiva deglInglesi o almeno dei popoli anglosassoni: una pianta indigena che vegeta fra le brume di Albione , vol. i p. 36), manca qualunque riferimento a Carroll e
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il nonsoch del nonsenso La tentazione, a questo punto, sarebbe quella di dar ragione a Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che in una delle sue lezioni di storia della letteratura inglese (1953-1954) scriveva:
La letteratura italiana la pi seria delle letterature. Un libro che sia nello stesso tempo ben scritto e umoristico si pu quasi dire non esista. Siamo costretti a fingere di sbellicarci per lumorismo con il quale disegnato Don Abbondio e a trovare Ariosto divertentissimo. [] In Inghilterra lo scrittore comico ha da circa cento anni scelto la strada del nonsense, della cosa scritta che non ha senso alcuno, formata da un (apparentemente) fortuito accozzamento di associazioni le quali, suscitando una serie di immagini disparate, riescono ad un effetto talvolta fortemente umoristico. [] Chi non capace di ridere di un limerick in fondo non capir mai nulla dellInghilterra e della sua letteratura: lInghilterra il paese dellirrazionale nel quale la logica val pochino. [] Il nonsense qui non pu aver successo. Come dice France, nous sommes srieux comme des nes .11
E invece, se si attraversa con sguardo diverso la storia della letteratura italiana, ci si rende conto che una certa erosione (un volontario occultamento) del senso ha agito in momenti a volte lontani tra loro, dando vita a un filone carsico rispetto al codice dominante. Scrive in proposito Alessandro Caboni:
Una letteratura tradizionalmente considerata poco incline al fantastico come quella italiana, tuttaltro che priva di esempi di nonsense: basti pensare al ricco repertorio della poesia giullaresca medievale, a quella burlesca del Burchiello, di Berni, ai capricci dei poeti barocchi popolareggianti quali Giulio Cesare Cro ce e Anton Francesco Doni, o alle mirabolanti metafore di Giambattista Basile; una tradizione che sopravviver nella cultura popolare dei secoli successivi, fino a trovare poi, con la rivalutazione dei generi minori, degli sbocchi autonomi, ad es. nelle misteriose filastrocche della poesia pseudo-simbolistica di Aldo Palazzeschi, nel nonsense cripto-satirico di Petrolini, in quello comico-surreale di Achille Campanile, nei sofisticati e oscuri paradossi di Tommaso Landolfi. Fra i tentativi contemporanei di poesia nonsensical riportata alloriginaria destinazio-
Lear e alla nozione stessa di nonsense (anche se cronologicamente ci si spinge fino a George Bernard Shaw). 11.G. Tomasi di Lampedusa, Opere, intr. e premesse di G. Lanza Tomasi, Milano, Mondadori, 1995, nella sez. Letteratura inglese, pp. 527-1330, alle pp. 1167-69.
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giuseppe antonelli
ne infantile si possono ricordare autori quali Nico Orengo, Antonio Porta, Toti Scialoia.12
Il culmine potrebbe essere indicato nelle esperienze neoavanguardistiche degli anni Sessanta e nella loro successiva presa di coscienza. Il Poema Chomsky di Alfredo Giuliani (1979) affronta di petto la questione teorica, versificando in variazioni diverse la frase che il linguista americano aveva addotto a modello di nonsense ( furiosamente verdi dormono idee senza colore / tra rosee zampe a becco furiosamente il prato /dorme del verde fuori alato corpo dacqua pietra ).13 I titoli scelti da Edoardo Sanguineti per due sue raccolte Bisbidis (1987) e la riassuntiva Il detto del gatto lupesco (2002) sembrano voler chiudere deliberatamente il cerchio di questa linea, riallacciandosi a produzioni medievali in cui Zaccarello riconosce a non-sense effect .14 La letteratura italiana, insomma, un territorio nel quale il nonsense si aggira come la pantera odorosa dei bestiari medievali, di cui dappertutto si sente il profumo senza che nessuno sia mai riuscito a vederla. 3. Lestensione del nonsenso Siamo nellmbito di quelle che Andrea Afribo chiama in riferimento alla poesia tardonovecentesca approssimazioni al nonsense (cfr. infra, p. 000), o di quello che per risalire allaltro capo della cronologia Paul Zumthor definiva il nonsense relativo di alcuni componimenti medievali.15 La nozione di nonsense letterario, daltra parte, ha assunto ben presto tratti metastorici e metanazionali. Dal nonsense propriamente
12.Caboni, Nonsense, cit., p. 15. 13.Lepisodio valorizzato da S. Bartezzaghi nella sua Prefazione allantologia di P. Rinaldi, Il piccolo libro del nonsense, Milano, Vallardi, 1997, pp. 17-32. 14.M. Zaccarello, Off the Paths of Common Sense: From the frottola to the per motti and alla burchia Poetic Styles, in Nonsense and Other Senses, cit., pp. 89-116, alle pp. 93, 97, 100 e passim. 15.P. Zumthor, Fatrasie, fratrassiers, in Id., Langue, texte, nigme, Paris, Seuil, 1975, pp. 6888, a p. 77. Cfr., da ultimo, J.V. Molle, Oscurit e straniamento. Per uninterpretazione del nonsenso fatrasico, in Obscuritas. Retorica e poetica delloscuro, a cura di G. Lachin e F. Zambon, Trento, Univ. di Trento, 2004, pp. 131-51.
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il nonsoch del nonsenso detto (istituzionale o per quanto possa suonare assurdo a proposito di un genere come questo ortodosso) si sviluppata progressivamente una serie di proiezioni e di recuperi tale da creare, rispetto al nucleo vittoriano, un complesso albero genealogico di antenati e successori con discusse paternit ed eredit molto contestate.16 Il tempo del nonsense si cos dilatato, fino a comprendere secoli e secoli di nonsense ante litteram. Stando ai dizionari, la prima attestazione di nonsense in inglese risale (in accezione generica: Often used exclamatorily to express disbelief of, or surprise at, a statement ; cfr. OED, s.v., par. 1a)17 al 1614, nella specifica accezione di A meaning that makes no sense (par. 4) al 1650; laggettivo nonsensical attestato invece dal 1655. In francese, la prima citazione di nonsense databile al 1672 (Le Spectateur, ed. 1737); ladattamento non-sens impiegato da Voltaire av. 1778 (cfr. TDF, s.v. non-sens; le comp. Nonsens existait, au sens de deraison, sottise, en a. fr. ), ma ancora nel 1769 lo stesso Voltaire usava nonsense in corsivo18 e langlicismo crudo entrer nelluso solo dal tardo Novecento: LGR, s.v. nonsense, lo data al 1962, specificando: une fois en 1829, Jacquemont, avec la valeur non-sens: Caractre absurde et paradoxal, en littrature . Quanto allitaliano, nonsenso attestato la prima volta il 15 aprile 1754, in una lettera di Baretti scritta da Londra al canonico Agudio19 (cfr. DELI,
16. La relativa maggior fama dei generi nonsensical della poesia francese medievale [rispetto alle corrispondenti esperienze dellarea italiana] andr imputata pi ai recuperi e alle predilezioni novecentesche dei surrealisti che ad una loro effettiva incidenza sul panorama ad essi coevo (M. Berisso, infra, p. 000); sulle forzature derivanti da letture proiettive insiste anche Molle, Oscurit e straniamento, cit., pp. 136-37. 17.Di seguito lo scioglimento delle abbreviazioni usate: OED = Oxford English Dictionary, Oxford, Oxford Univ. Press, 19892; TDF = Trsor de la langue franaise. Dictionnaire de la langue du XIXe et du XXe sicle (1789-1960), Paris, Gallimard, 1971-1994; LGR = Le Grand Robert de la Langue Franaise, Paris, Le Robert, 198512. 18.I. Klajn, Inussi inglesi nella lingua italiana, Firenze, Olschki, 1972, pp. 120-21. 19. Della poesia ne faccio molto moderato uso; e una tenebrosa meditazione di Sherlock o di Young sopra la morte o una filosofichissima dissertazione morale di Tillotson o di Johnson, ti dico il vero, calonaco, mi cominciano a quadrar pi che non tutto il nonsenso del Petrarca e del Berni, che un tempo mi parvero il non plus ultra dellumano intelletto (G. Baretti, Epistolario, a cura di L. Piccioni, Bari, Laterza, 1936, vol. i pp. 96-99, alla p. 98). Sul rapporto di Baretti con lopera di Berni: G. Brberi Squarotti, Baretti: in rima,
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giuseppe antonelli s.v.);20 poi, con una certa continuit, a partire dal primo Ottocento (nessuno degli esempi riportati dal GDLI, s.v., si riferisce per alla letteratura). Mentre il DELI parla di nonsenso come di un calco sullinglese (anche sulla scorta del Fanfani-Arla, cit. ivi, che lo considera un modo di dire angloitaliano ), il GDLI lo ritiene giunto per tramite francese (forse sulla scorta del Panzini s.v.: dal fr. non-sens, locuzione con valore di sostantivo che i francesi tolsero a loro volta dallinglese nonsense ); cos anche il DEI, s.v. non ( dal fr. non-sens, ingl. Nonsense ), che data genericamente non-senso al XIX secolo. Nonsense e nonsensical compaiono la prima volta in un articolo del Conciliatore (13 settembre 1818) a firma di Grisostomo (pseudonimo di Giovanni Berchet), in bocca a un Mylord che intende perfettamente litaliano; ma nol parla troppo bene, ed usa dintarsiarvi talvolta vocaboli inglesi .21 Lacclimarsi dellanglicismo integrale risulta, comunque, molto pi tardo: il supplemento del GDLI, s.v. nonsense riporta solo un passo di Giorgio Manganelli (1986) in cui il sostantivo indica un componimento letterario; senza riportare esempi, lo Zingarelli data 1985, il GRADIT 1975, il Devoto Oli 1967 e il Sabatini Coletti Grav. 1967. Quando, nel 1908, Camilla Del Soldato traduce per la prima volta alanzitutto il Berni, nel vol. Giuseppe Baretti: Rivalta Bormida, le radici familiari, lopera, a cura di C. Prosperi, Alessandria, Edizioni dellOrso, 1999, pp. 21-40. 20.DELI = M. Cortelazzo-P. Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, Bologna, Zanichelli, 2a ed. a cura di M. Cortelazzo e M.A. Cortelazzo, Bologna, Zanichelli, 1999; GDLI = Grande dizionario della lingua italiana, fondato da S. Battaglia, Torino, Utet, 1961-2002, con il Supplemento 2004, diretto da E. Sanguineti, ivi, id., 2004; Panzini = A. Panzini, Dizionario moderno, Milano, Hoepli, 1942; DEI = C. Battisti-G. Alessio, Dizionario etimologico italiano, Firenze, Barbra, 1950-1957; GRADIT = Grande Dizionario Italiano delluso, ideato e diretto da T. De Mauro, Torino, Utet, 20072; Zingarelli = Lo Zingarelli 2008. Vocabolario della lingua italiana, Bologna, Zanichelli, 2007; Devoto Oli = G. Devoto-G.C. Oli, Il Devoto-Oli 2008. Vocabolario della lingua italiana, a cura di L. Serianni e M. Trifone, Firenze, Le Monnier, 2007; Sabatini Coletti = Il Sabatini Coletti. Dizionario della lingua italiana 2008, di F. Sabatini e V. Coletti, Firenze, Sansoni, 2007. 21.Oltre a esclamare continuamente All nonsense! (in un caso: What a positive token of nonsense! ), il Mylord considera a very nonsensical petulancy la disinvoltura con cui le signore milanesi straparlano di classico e di romantico: amereste voi che la prediletta del vostro cuore fosse una delle nonsensical creatures, di cui vho parlato? (Il Conciliatore. Foglio scientico-letterario, a cura di V. Branca, Firenze, Le Monnier, 1965, vol. i pp. 62-70).
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il nonsoch del nonsenso cuni limerick di Lear nella versione italiana della londinese The Childrens Encyclopaedia (Lenciclopedia dei ragazzi, Milano, Cogliati),22 li fa precedere da una presentazione (intitolata Le sciocchezze di Edoardo Lear ), in cui i nonsense sono definiti ciuccherie . Anche la prima traduzione integrale (a cura di Carlo Izzo, Vicenza, Il Pellicano, 1946, e in ristampa, Venezia, Neri Pozza, 1954) esce con il titolo Il libro delle follie, che solo nel 1970 diventer Il libro dei nonsense (Torino, Einaudi; la nuova traduzione di Ottavio Fatca, ivi, id., 2002, sintitola Limericks). Lo stesso Izzo, tuttavia, aveva pubblicato nel 1935 il testo di una sua conferenza (Lumorismo alla luce del Book of Nonsense, cit.) in cui nonsense (sempre tra virgolette) utilizzato in diversi contesti e con diverse funzioni23 (di nonsense stavolta in corsivo si parla anche nella sua postfazione alla traduzione del 46), mentre al nonsense verse (ancora in corsivo) accennava gi Mario Praz in suo articolo del 38.24 Il vocabolo inglese nonsense penetra in tempi diversi nelle grandi lingue di cultura europee, nelle quali oggi mantiene spesso proprio per il suo riferirsi a una specifica categoria letteraria una certa autonomia rispetto agli adattamenti e ai calchi sviluppatisi in precedenza (fr. nonsens, it. nonsenso, ma anche ted. Unsinn, sp. sinsentido).25 Solo che questa categoria, nelle diverse tradizioni di studi, ha finito con lespandere sempre di pi i suoi confini, fino a inglobare territori un tempo dominio della retorica tradizionale come il paradosso, lossimoro, ladunaton.26 Il risultato
22.Per la storia della ricezione di Lear in Italia, cfr. P. Rinaldi, Un girotondo intorno al limerick, postfaz. a M. Manfredi e M. Trucco, Il libro dei limerick, Milano, Vallardi, 1994, pp. 143-246, con bibliografia ivi citata (sullEnciclopedia dei ragazzi, le pp. 196-204). 23.Tra le altre: la letteratura del nonsense , del non-senso, dellassurdo (p. 213); il nonsense schietto umorismo? (ibid.); risibile: un nonsense (p. 217); addito nel nonsense il sale di cui sarebbe condito lumorismo (p. 218). 24. La Stampa , 4 giugno 1938; poi in M. Praz, Motivi e gure, Torino, Einaudi, 1945, pp. 92-95, a p. 93. 25.Ad es., in German scholarship on the subject, a useful distinction is made between Unsinn (in Hildebrandts terms: folk and ornamental nonsense) and Nonsense (literary or pure nonsense) (W. Tigges, An anatomy of literary nonsense, Amsterdam, Rodopi, 1988, p.18). 26.Sulla fortuna antica e moderna di queste figure, cfr. G. Cocchiara, Il mondo alla rovescia, Torino, Boringhieri, 1963.
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giuseppe antonelli a tuttoggi lestendersi di una periferia (il near-nonsense, come lo chiama Heyman)27 sempre pi affollata di satelliti circanonsensical .28 Una delle cause di questa situazione andr ricercata nella sproporzione fra gli studi dedicati alla dimensione anacronica del nonsense (per 29 usare la terminologia di Lecercle) e quelli che ne hanno indagato la dimensione diacronica. Pi che dedicarsi alla ricerca di anelli di congiunzione (nel tempo e nello spazio) che potessero dimostrare lo sviluppo di una tradizione con alcuni elementi condivisi, come ad esempio fonti co mu ni,30 ci si impegnati in uno strenuo tentativo di classificazione del nonsense come nozione universale (senza spazio e senza tempo). Per giudicare leventuale corrispondenza al profilo tracciato, si sono poi calate queste definizioni nella storicit dei singoli prodotti: il momento induttivo ha finito cos per prevalere su quello deduttivo e leffetto paradossale in un continuo gioco di agnizioni e disconoscimenti stato quello di sfumare i confini della categoria proprio mentre si cercava di circoscriverla con maggiore precisione ( unfortunately, there are as many definitions of sense, nonsense, and literary nonsense as there are critics ).31 Un secolo di questi sforzi si trova magistralmente riassunto nel primo capitolo del cruciale lavoro di Tigges32 e, in maniera meno sistematica ma non meno efficace, nella tesi di dottorato di Heyman, premessa indispensabile per la sua introduzione a The Tenth Rasa 33 intitolata An Indian Nonsense Naissance.
27.Heyman, Isles of Boshen, cit., p. 1. 28.Vd. il saggio di A. Afribo, infra, p. 000. 29.J.J. Lecercle, Philosophy of Nonsense. The Intuitions of Victorian Nonsense Literature, London, Routledge, 1994, p. 2. 30.Incontrando in una poesia di Scialoja la gazza fragorosa / che fa gli stridi in greco , Serianni riporta infra (p. 000) una segnalazione di Zaccarello e Crimi che riguarda un precedente burchiellesco ( et una gazza che parlava in greco , xviii). Anche io devo a Crimi lindicazione di alcune analogie tra Lear e Burchiello; tra queste, limmagine degli uccelli che studiano: There was an Old Person of Hove, / Who frequented the depths of a grove; / Where he studied his Books, / With the Wrens and the Rooks ; cfr. e le civette studiano in gramatica (viii 17 delled. Zaccarello). 31.Heyman, Isles of Boshen, cit., p. 203. 32.An anatomy of literary nonsense, cit., pp. 47-88. 33.The Tenth Rasa. An Anthology of Indian Nonsense, ed. by M. Heyman, S. Satpathy and A. Ravishankar, New Delhi, Penguin, 2007.
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il nonsoch del nonsenso 4. La rinascenza del nonsenso Questa tradizione di studi si fondata soprattutto su testi dellarea an glofona (in seconda e terza battuta francofona e germanofona), riser vando scarsa attenzione almeno fino a qualche tempo fa al filone nonsenselike della letteratura italiana e al suo contributo nel formarsi del nonsense propriamente detto. Il riferimento in primo luogo alla cosiddetta funzione-Burchiello . Come dimostra con dovizia di riscontri te stuali un recente libro di Giuseppe Crimi,34 quel modello (solo in parte riconducibile a precedenti medievali) influenz profondamente la poesia rinascimentale italiana: bastino i nomi di Luigi Pulci, di Lorenzo de Medici e appunto del Berni tanto caro al Baretti. Di certo quel modello giunse anche, direttamente o indirettamente, alle altre letterature europee. La fortuna del Burchiello fuori dItalia un tema che a quanto mi risulta aspetta ancora di essere esplorato sistematicamente. Noel Mal colm,35 tuttavia, ritiene che John Hoskyns (liniziatore del filone nonsense della letteratura inglese secentesca) dovesse avere ben presente quel modello:
the widespread popularity and frequent reprintings of Burchiellos verses thoughout the sixteenth century make him and his well-known imitators, such as Croce by far the most likely model for Hoskynss own poem; so too does the very Burchiellesque density of absolute nonsense which Hoskyns achieved. The case of transmission from Italy to England is very strong, although direct proof is lacking.
Quanto alla Francia, Zaccarello segnala levidente presenza del Burchiello in alcuni componimenti di Mellin de Saint Gelais;36 per la Spa34.G. Crimi, Loscura lingua e il parlar sottile. Tradizione e fortuna del Burchiello, Manziana, Vecchiarelli, 2005. 35.The Origins of English Nonsense, London, Fontana-H. Collins, 1997, pp. 76-77. 36.Cfr. L. Spitzer, Zur Nachwirkung von Burchiellos Priameldichtung, in Zeitschrift fr Romanische Philologie , lii 1932, pp. 484-89 (si tratta del sonetto In ny a tant de barques en Venise di Mellin, che con No tiene tanta miel tica hermosa di Lope citato come esempio di Priameldichtung mutuata da Burchiello, son. lxvi, Non tanti babbion nel mantovano. Cenni sulla fortuna del Burchiello in Francia si trovano inoltre in J. Vianey, La part de limita-
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giuseppe antonelli gna, Spitzer aveva gi indicato calchi burchielleschi in Lope de Vega e pi di recente uno studio di Adrienne Laskier Martn riconosce che
the pre-Cervantine burlesque sonnet in Spain still operates clearly within the Renaissance tradition of imitatio; the Spanish comic poets of this period remain closely tied to their Italian models. The types of comicity in which they indulge are those popularized by the classical and by the Italian burlesque sonnet tradition: anti-Petrarchism, eroticism, burlesque Anacreontic themes, adoxography, facetiae, and the beginnings of personal and professional invective. While serious Renaissance poets continue to look to Petrarch and Garcilaso for their inspiration, comic poets still look to the comic hyperbole of Berni and his followers.37
Posto fuori del suo contesto originario, il senso preciso dei sonetti alla burchia era cos opaco da risultare oscuro gi ai commentatori cinquecenteschi (come il Lasca) e poi a fortiori a quelli secenteschi (come il Cinelli Calvoli) e primosettecenteschi (come il Salvini).38 Inevitabile, anche per questo, che nella tradizione dei testi sincrostassero lezioni sempre pi divergenti rispetto alla vulgata quattrocentesca, solo da poco restituita dalledizione critica di Michelangelo Zaccarello.39 Fino a questa edizione e da oltre due secoli il testo di riferimento era rappresentato, com noto, da una raccolta pubblicata nel 1757 a Livorno con la falsa indicazione di Londra.40 In quegli anni, i versi del Burchiello venition dans les Regrets, in Bullettin italien , iv 1904, fasc. 1 pp. 30-48; P. Toldo, tudes sur la poesie burlesque franaise de la Renaissance, in Zeitschrift fr romanische Philologie , xxv 1901, fasc. v pp. 71-93, 257-77, 385-410, 513-32, e Id., Ce que Scarron doit aux auteurs burlesques dItalie, Pavia, Fusi, 1893. 37.A. Laskier Martn, Cervantes and the Burlesque Sonnet, Berkeley-Los Angeles-Oxford, Univ. of California Press, 1991 (content.cdlib.org/xtf/view?docId=ft4870069m&br and=eschol). 38.Cfr. M. Zaccarello, La dimensione vernacolare nel lessico dei Sonetti di Burchiello, in Cuadernos de Filologa Italiana , 3 1996, pp. 209-19 (www.ucm.es/BUCM/revistas/ fll/11339527/articulos/CFIT9696110209A.PDF), alle pp. 209-11. 39.Sonetti del Burchiello, ed. critica della vulgata quattrocentesca, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 2000; poi, con ampio commento, I sonetti del Burchiello, a cura di M. Zaccarello, Torino, Einaudi, 2004. 40.Sonetti del Burchiello del Bellincioni e daltri poeti orentini alla burchiellesca, London [ma Livorno, Masi] 1757: cfr. M. Berisso, La poesia del Quattrocento, in Storia della letteratura ita-
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il nonsoch del nonsenso vano considerati alla stregua delle stravaganze dun ubbriaco ;41 quello che nella Londra reale era il nonsense, nella Londra immaginaria diventava un insieme di corbellerie.42 N le cose sarebbero cambiate per tutto il secolo successivo: anzi, ancora alla met del Novecento c chi continua a parlare di un faticoso e noioso accumularsi di stupidaggini idiote e goffe .43 Al di l del riconosciuto carattere enigmatico di buona parte dellopera di Burchiello , scrive Zaccarello, lo scacco esegetico palesato dalla critica anche in anni pi recenti da ricondursi a un problema di storicizzazione: al momento della ricezione moderna del testo, [] il rischio la mancata contestualizzazione del dato espressivo, se non la perdita o lappiattimento di una prospettiva storico-linguistica .44 Sulla stessa linea anche Danilo Poggiogalli che, in apertura di un suo recen te saggio, ricostruisce il lungo dibattito tra chi di quei sonetti ha cercato il senso e chi invece ha preferito attribuirli al nonsenso: per parte sua, quello burchiellesco un non-sense fittizio, cio solo superficiale e apparente, elaborato mediante una tecnica combinatoria razionale, decrip tabile .45 Secondo Crimi, daltra parte, il rubricare questa poesia come nonsense ha rappresentato spesso una soluzione di comodo, visto che letichetta di non senso [] permette di congedarsi con facilit senza sforzi dallargomento .46 Insomma: i filologi (almeno quelli italiani) sembrano oggi piuttosto compatti nel negare che allepoca di Burchiello o addirittura prima si potessero dare casi di nonsense volontario , mostrandosi convinti (come nota Berisso, infra, p. 000) che le zone di oscurit pi o meno ampia presenti in determinati testi siano da attribuire a difficolt interpretative
liana, dir. E. Malato, vol. x. La tradizione dei testi, coord. C. Ciociola, Roma, Salerno Editrice, 2001, pp. 493-544, alle pp. 524-26. 41.Saverio Bettinelli (in Crimi, Loscura lingua, cit., p. iv). 42.Cos Baretti traduce nonsense nel suo A Dictionary of the English and Italian Languages, London, C. Hitch and L. Hawes et al., 1760. 43.Previtera, La poesia giocosa, cit., vol. i p. 261. 44.Zaccarello, La dimensione vernacolare, cit., p. 209. 45.D. Poggiogalli, Dalle acque ai nicchi. Appunti sulla lingua burchiellesca, in Studi di lessicografia italiana , xx 2003, pp. 65-126, alle pp. 66-71; la citaz. da p. 71. 46.Crimi, Loscura lingua, cit., p. iv.
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giuseppe antonelli dovute al gap storico-culturale . Ma quanto di questo rifiuto, si chiede lo stesso Berisso, legato a una particolare forma mentis? Quanto al desiderio di mantenere linterpretazione nellmbito delle proprie competenze? Si potrebbe rispondere che la sfida esegetica avr sempre bisogno di un senso da trovare e i vuoti di senso tenderanno sempre a essere saturati dallinterpretazione. Solo, altre scuole critiche reagiscono in modo diverso allhorror vacui: vale a dire cercando un senso a posteriori che spesso consiste in un meta-senso. Anche rimanendo allinterno della letteratura, si dovranno distinguere allora due nonsense diversi tra loro: da una parte, il nonsense filosofico dello strutturalismo, del decostruzionismo, della psicanalisi, ecc.; dallaltra, il (non)nonsense filologico della tradizione storicistica. Ci che nel primo va letto come il rimosso , ad esempio, nel secondo andr ascritto al represso ;47 ci che per gli uni si spiega ricorrendo a definizioni anacronistiche come scrittura automatica o fantasia diluita di alcuni inconsci collettivi ,48 per gli altri pu essere compreso solo rifacendosi al contesto linguistico e culturale in cui i testi sono stati prodotti. 5. Il suono del nonsenso Loscurit nasce spesso dalla frantumazione del testo,49 che ha leffetto dindebolire anche il significato delle singole parole: come nota Zaccarello, the text progresses through strategies of verbal association, such as wordplay, and the interconnecting elements seem to be predominan47. Ci sono buonissime ragioni culturali per sostenere che determinati temi di ordine sessuale, soprattutto quelli relativi a pratiche ritenute degne addirittura di condanna penale (come la sodomia, etero ed omosessuale), potessero essere espressi solo attraverso la creazione di una sorta di codice cifrato il quale, una volta organizzato in un testo, finiva con loriginare evidentemente un nonsense anche se solo apparente (Crimi, loc. cit.). Il riferimento al discusso lavoro di J. Toscan, Le carnaval du langage. Le lexique rotique des potes de lquivoque de Burchiello Marino (XVe-XVIIe sicles), 4 voll., Lille, Presses Univ. de Lille iii, 1981; cfr. infra il contributo di Carla Chiummo. 48.Cfr. Molle, Oscurit e straniamento, cit., p. 140. 49.Nel caso di Sacchetti, lautore stesso specifica come il sonetto sia stato costruito per motti, cio montato in modo che prevalga il gusto per le parole, per le locuzioni e per le espressioni singolari (Crimi, Loscura lingua, cit., p. 172).
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il nonsoch del nonsenso tly formal and non-semantic (mainly of a rhythmic and phonic kind); moreover, such texts often escape the logical concatenation that characterizes poetry with traditional content .50 Linsignificanza (vera o presunta) esalta quella che Gian Luigi Beccaria chiamava lautonomia del 51 significante , tanto da aprire le porte a significanti dal significato evanescente, come le parole inventate52 o nei casi pi estremi a sequenze di significanti irrelati, come quelli delle lingue inventate.53 Lo scivolamento dal piano fonematico a quello puramente fonetico rende il suono del nonsense una sorta di mantra che acquista un suo senso grazie alla rigida (a volte rigorosa) messa in forma; come osserva Lecercle, there is an excess of phonetic rules in nonsense: rules of phonotactics, of accentuation, of prosody and metrics .54 E qualcosa di analogo avviene anche sul piano della testualit: in Scialoja ancora frequente un procedimento, ampiamente praticato gi dal Burchiello, per il quale la perdita di coerenza si accompagna a un forte aumento degli indicatori della coesione testuale, cio dei connettivi tipici di un discorso organizzato razionalmente (Serianni, infra, p. 000). questa, in fondo, la differenza con le parole degli ubriachi, che di solito non solo non hanno senso, ma non fanno vista di averlo: condizione necessaria in un libro stampato .55 Piacere del significante pu significare nelleccesso forma senza contenuto, affabulazione senza fabula, mutilazione zoppa del bicipite se
50.Zaccarello, Off the Paths of Common Sense, cit., p. 93. 51.G.L. Beccaria, Lautonomia del signicante. Figure del ritmo e della sintassi. Dante, Pascoli, DAnnunzio, Torino, Einaudi, 1975. 52.Come accade, ad esempio, nelle Fnfole di Fosco Maraini: Il lonfo non vaterca n gluisce / e molto raramente barigatta, / ma quando soffia il bego a bisce bisce / sdilenca un poco, e gnagio sarchipatta (cfr. D. Baglioni, Poesia metasemantica o perisemantica? La lingua delle Fnfole di Fosco Maraini, in Studi linguistici per Luca Serianni, a cura di V. Della Valle e P. Trifone, Roma, Salerno Editrice, 2007, pp. 469-80). 53.Nel Dialogo dei massimi sistemi di Landolfi, ad esempio, il protagonista ha scritto una poesia in una lingua sconosciuta, da lui stesso dimenticata: Aga magra difra natun gua mescin / Snit guggrnis soe-wli trussn garigr / Gnga bandra kuttvol jers-ni gillra. / Lvi girrscen suttrer lunabinitr (cfr. infra il contributo di Baglioni). 54.Lecercle, Philosophy of Nonsense, cit., p. 38. 55.Come nota Manzoni a proposito dei discorsi di Renzo ubriaco (A. Manzoni, I Promessi Sposi, a cura di L. Caretti, Torino, Einaudi, 1971, vol. ii p. 339).
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giuseppe antonelli gno linguistico, corpulenza senzanima; ma anche, e converso, ludico e lucido calembour capace di sprigionare concetti originali, gioco coi topoi che fa della lingua il luogo delentropia. A partire almeno dal nonsense vittoriano, significa contestare la rappresentazione realistica della realt per creare una realt diversa (il nonsense non figurativo: nella sua forma pi pura , potremmo dire, astratto). A questobiettivo risponde una scrittura che per certi versi lequivalente letterario delle geometrie non euclidee o anche di quella logica onirica a cui Ignacio Matte Blanco dar lantiaristotelico nome di logica simmetrica. 6. Il dissenso del nonsenso La dissimulazione del dionisiaco sotto mentite spoglie apollinee alla base dellambiguo statuto del nonsense, che is on the whole a conservative-revolutionary genre. It is conservative because deeply respectful of authority in all its forms: rules of grammar, maxius of conversation and of politeness, the authority of the canonical author of the parodied text .56 Questo rispetto esteriore che corrisponde in realt a uno svuotamento dallinterno di modelli, codici, canoni accomuna il nonsense ottonovecentesco a precedenti molto pi antichi:
il sonetto alla burchia pu essere descritto come una forma di duplice attacco alla poetica tradizionale, dallinterno e dallesterno: da un lato la peculiare sintassi di quei versi sovverte le pi elementari concatenazioni logiche, impiegando in modo volutamente incongruo gli operatori sintattici; dallaltro le molteplici forme di satira del falso sapiente [] collocano la polemica sulla rivendicazione di un linguaggio concreto.57
La parodia si conferma uno dei tratti costitutivi del genere gi nei suoi pi remoti antecedenti. Prima della dicotomia senso/nonsenso viene quella codice/trasgressione, che si risolve in una resa deformata e stra56.Lecercle, Philosophy of Nonsense, cit., pp. 2-3. 57.Zaccarello, Burchiello e i burchielleschi. Appunti sulla codicazione e sulla fortuna del sonetto alla burchia, in Gli irregolari nella letteratura. Eterodossi parodisti funamboli della parola. Atti del Convegno di Catania, 31 ottobre-2 novembre 2005, Roma, Salerno Editrice, 2007, p. 117-43, a p. 142.
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il nonsoch del nonsenso volta del primo elemento. Un saggio di qualche anno fa dedicato ad alcune Considerazioni sul ritratto poetico e la comunicazione lirica era stato suggestivamente intitolato da Amedeo Quondam Il naso di Laura; 58 la gi citata recensione di Emilio Cecchi a unAntologia burchiellesca del 1950 sintitolava Il naso di Burchiello.59 Nasi cornuti e visi digrignati si apre il sonetto di Franco Sacchetti ritenuto il primo esempio di questo genere di poesia (in principio era il naso, dunque) e una galleria di nasi deformi occupa un trittico di sonetti che la tradizione attribuisce al Burchiello;60 queste, rispettivamente, le quartine iniziali:
Io vidi un naso fatto a bottoncini, che paion paternostri di corallo, et ha la cresta rossa comun gallo tutta coperta di balasci fini; Un naso Padovano qui venuto, che si berebbe ottobre, e San Martino; sed egli avesse in suo potenza el vino, berebbe una ricolta con un fiuto. Se tutti i nasi avessin tanto cuore di vivere a comune, e fare anziani; i ve ne metterei uno alle mani, che par de nasi natural signore.
Ma il naso del Burchiello potrebbessere anche quello del Burchiellomaschera, il personaggio Burchiello che secondo una sorte toccata molto pi tardi anche a Edward Lear 61 diventa, fin dalla sua morte,
58.Ora in A. Quondam, Il naso di Laura. Lingua e poesia lirica nella tradizione del Classicismo, Modena, Panini, 1991, pp. 291-328; la domanda , con le parole della Civil conversazione di Stefano Guazzo: per qual cagione Petrarca, nel lodar laltre parti belle di madonna Laura non avesse mai fatto menzione di questa, se forse egli la tacque perchella avesse il naso o schiacciato o camuso o gibbuto o torto o smisurato in grossezza o in lunghezza (p. 293). 59.Poi ripubblicata col titolo Burchiellesca, cit. 60.Si cita dalled. Einaudi cit., pp. 290-92. Come specifica Zaccarello nellintroduzione alled. del 2000, si tratta di testi infiltrati, che attribuzioni pi affidabili assegnano a Bartolomeo da Lucca; una rubrica indica forse che si tratta di un sottogenere: Soneti nasorum. 61.Cfr. www.nonsenselit.org/wordpress/archives/2007/02/13/fictional-edward-lear.
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giuseppe antonelli licona da affiancare a quella del Petrarca come modello di una poesia di versa: Petrarca e Burchiello piacevole, / che per sonetti han cotanta me moria / lun per dir bene e laltro dilettevole .62 Rispetto al senso della poesia laureata, quello della frottola e della rimeria alla burchia si presenta secondo lindovinata definizione di Russell 63 come un controsenso; allo stesso modo, il nonsense veniva definito, nel classico saggio di Strachey, the proper contrary of Sense .64 Il senso del nonsenso potremmo dire allora nel suo essere il versante cattivo del buonsenso. Una modalit (non solo linguistica) che demolisce linterpretazione del mondo dominante e condivisa, e su quelle macerie costruisce un mondo rovesciato,65 altro rispetto al senso comune: in un certo modo, un non-luogo referenziale .66
62.Cfr. G. Crimi, Burchiello e le sue metamorfosi: personaggio e maschera, in Auctor/Actor. Il personaggio scrittore nella letteratura italiana. Atti del Convegno di Roma, 16-17 giugno 2005, Roma, Univ. di Roma Sapienza , i.c.s. (www.disp.let.uniroma1.it/fileservices/ filesDISP/07_CRIMI.pdf); la citaz., tratta da un manoscritto quattrocentesco, riportata a p. 91. 63.R. Russell, Senso, nonsenso e controsenso nella frottola, in Ead., Generi poetici medievali. Modelli e funzioni letterarie, Napoli, Societ Editrice Napoletana, 1982, pp. 147-61. 64.Il testo in www.nonsenselit.org/Lear/pdf/nonsense.pdf (la citaz. a p. 515). 65.Cfr. G. Angeli, Il mondo rovesciato, Roma, Bulzoni, 1977. Per il nonsense ante litteram, il discorso incrocia qui laltro assai complesso e ancor pi vasto del rovesciamento parodico, apotropaico associato alle festivit carnevalesche e ai testi ad esse collegati. Il buonsenso potrebbe cos parallelamente ricondursi alla polarit quaresimale (per lintreccio di leggi, costumi, rituali associati a questi due universali del mondo medievale e rinascimentale: cfr. G. Ciappelli, Carnevale e quaresima, Roma, Edizioni. di Storia e Letteratura, 1997). 66.Molle, Oscurit e straniamento, cit., p. 146. Il non-luogo (recente calco dal non-lieu del francese Marc Aug) come il non-compleanno (calco pi vecchio dallun-birthday dellinglese Lewis Carroll): bella propriet della lingua italiana, massime antica, propriet in mille casi utilissima al dir breve, anzi allevitare un lunghissimo circuito di parole, propriet daltronde comune anche al francese (nonchalance, nonchaloir []), allinglese (nonsense, nonsensical ec.) ec., quella di certi negativi, sia nomi, sia verbi, avverbi ec. fatti dal positivo, premessavi la non, congiunta o disgiunta da essa voce (G. Leopardi, Zibaldone di pensieri, 17 ottobre 1826, p. 4223 si cita dalledizione commentata e revisione del testo critico a cura di R. Damiani, Milano, Mondadori, 1997, p. 000).
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Marco Berisso P reisTOria (maNCaTa) DeL NON S E N S E N eLLa p Oesia meDieVaLe iTaLiaNa
Credo sia prima di tutto necessario premettere qualche parola a spiegazione del titolo che ho scelto. Quello che volevo suggerire, proprio in via preliminare, che, ponendo come punto di avvio della storia del nonsense in Italia il nome e il caso di Burchiello (come corretto fare), risulta molto difficile poi recuperare una rete pi o meno coerente di testi e autori tale da poter giustificare la gestazione di quellesperienza, una tradizione che a quel nome e a quel caso abbia condotto. In realt, come preciser tra poco, abbiamo gi a disposizione oggi unutile guida alle tracce di una possibile tradizione del nonsense italiano che dai testi del Due-Trecento conduca ai primissimi decenni del Quattrocento, e qualche altro piccolo elemento ulteriore forse possibile aggiungerlo, o almeno cercher di farlo. Detto questo, per, nulla di quanto si pu arrivare a dedurre seguendo questa strada assimilabile a quanto si gi da tempo verificato in territori a noi limitrofi, come quello della poesia oitanica con le fatrasies/fatras e le resveries e persino di quella occitana con i devinalhs, dove pure qualche distinguo andrebbe fatto.1
1.Del corpus (non imponente: si veda quanto verr detto tra poco) delle fatrasies e delle fatras abbiamo unottima traduzione italiana, Fatrasies. Fatrasies dArras, Fatrasies di Beaumanoir, Fatras di Watriquet, a cura di D. Musso, Parma, Pratiche, 1993, che si raccomanda anche per la dettagliata Introduzione (pp. 7-34). La bibliografia in merito piuttosto ampia: si vedano almeno P. Bec, La lyrique franaise au Moyen ge (XIIe-XIIe sicles). Contribution a une typologie des genres potiques mdivaux, Paris, Picard, 1977, 2 voll., i pp. 167-83; P. Zumthor, Fatrasie, fatrassiers, in Id., Langue texte nigme, Paris, ditions du Seuil, 1975 (cito dalla trad. it. Lingua testo enigma, Genova, Il Melangolo, 1991, pp. 99-126); P. Uhl, La constellation potique du non-sens au moyen ge. Onze tudes sur la posie fatrasique et ses environs, Paris, LHarmattan, 1999; M. Suchet, Les Fatrasies: une exprience de la lecture, mmoire de matrise de Lettres Modernes, cole Normale Suprieure Lettres et Sciences Humaines- Univ. Lumire Lyon ii, a.a. 2003-2004 (consultabile in rete allindirizzo http://perso.ens-lyon.fr/florent. bouchez/myriam.suchet/maitrise.php#htoc60). Sulla resverie (oltre a Bec, La lyrique franaise, cit., pp. 163-66) si tenga conto di G. Angeli, Il mondo rovesciato, Roma, Bulzoni, 1977. Per il devinalh rimane ancor oggi imprescindibile N. Pasero, Devinalh, non senso e
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marco berisso Anche a questo proposito, comunque, va aperta una breve parentesi. Trascuriamo pure il caso dei devinalhs, che si presenta controverso anche sotto il rispetto della appartenenza o meno di alcuni testi al genere, e restiamo a quello molto pi pacifico delle fatrasies (e fatras) e delle resveries. Il numero dei testi, e soprattutto quello dei testimoni, pertinenti tuttaltro che cospicuo, come noto: due raccolte di fatrasies, una pi ampia (Fatrasies dArras, 54 poesie) ed una seconda molto pi esile (Fatrasies di Beaumanoir, 11 poesie), pi una di fatras (Fatras di Watriquet, 30 poesie), tutte e tre a tradizione unica.2 Stessa cosa per quel che riguarda le resveries: sono solo tre i testi riconducibili al genere, ognuno riportato da un solo codice.3 A questo non amplissimo patrimonio si potranno aggiungere le due fatras (seppure a schema anomalo) e la lista di incipit non meglio precisabili quanto al genere che sono conservati nelle interpolazioni di Chaillou de Pesstain al Roman de Fauvel riportate nel manoscritto Fr. 146 della Bibliothque Nationale di Parigi (il cosiddetto ms. E).4 Insomma, il quadro complessivo che ne deriva sembra suggerirci che ci troviamo di fronte a testi (e quindi a generi) marginali, anche considerando (e non elemento secondario) la data relativamente alta a cui essi possono ricondursi (tra met e fine XIII secolo per fatrasies e resveries, addirittura primo decennio del XIV per i fatras). certo vero, come dichiara Daniela Musso, che questa esiguit [] probabilmente non rispecchia affatto la reale diffusione dei due generi [] (e lo stesso discorso vale, ovviamente,
interiorizzazione testuale: osservazioni sui rapporti fra strutture formali e contenuti ideologici nella poesia provenzale, in Cultura Neolatina , xxviii 1968, pp. 1-34, a cui si aggiunga adesso M. Lecco, Gli enigmi del devinalh, in Lenigma. Atti del Seminario di Genova, 23 maggio 2008, a cura di M. Lecco, i.c.s. 2.Per la tradizione testuale delle fatrasies e fatras cfr. la Nota informativa in Fatrasies. Fatrasies dArras, Fatrasies di Beaumanoir, Fatras di Watriquet, cit., pp. 35-38. 3.Cfr. Bec, La lyrique franaise, cit., pp. 164-6, anche per la tradizione manoscritta: i testi in questione sono lanonima e anepigrafa Nus ne doit estre jolis, la resverie di Philippe de Beaumanoir En grant esveil sui dun conseil e lanonimo Dit des traverces (tutti pubblicati e tradotti in appendice a Angeli, Il mondo rovesciato, cit., pp. 107-41). 4.Del ms. E del Roman de Fauvel esiste una riproduzione in facsimile: Le Roman de Fauvel in the edition of Mesire Chaillou De Pesstain: a reproduction in facsimile of the complete manuscript Paris, Bibliotheque Nationale, Fond Francais 146, a cura di E H. Roesner, F. Avril e N. Freeman Regalado, New York, Broude Brothers, 1990 (il testo del Roman de Fauvel stato pubblicato e tradotto in italiano da M. Lecco, Milano-Trento, Luni, 1998).
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preistoria del nonsense nella poesia medievale per le resverie) 5 e forse dobbiamo perci ipotizzare un pi ampio patrimonio perduto, magari di diffusione primariamente orale come sembra appunto suggerire la didascalia che introduce i fatras interpolati del Fauvel col suo esplicito riferimento a sotes chanons que [] font le chalivali chantent . per altrettanto vero che casi paralleli dal punto di vista sia dellideologia di riferimento sia dellesecuzione (penso ad esempio ai fa bliaux) hanno avuto ben altra fortuna e che, insomma, una tale latenza testimoniale e recenziorit cronologica potr ben rispecchiare la marginalit pi o meno eretica dei generi di cui stiamo discutendo: generi che, non a caso, verranno in parte addomesticati ( il caso dei fatras) nei secoli successivi. Nulla di paragonabile insomma, per intenderci, alla clamorosa fortuna manoscritta di Burchiello, fortuna che nel suo caso va a compensare la tarda, anche in questo caso, collocazione cronologica del genere. Insomma, la poesia del nonsense non sembra aver avuto uno spazio particolarmente ampio nella mappa dei generi e degli stili dei primi secoli neppure in letterature che, allapparenza, le hanno concesso unudienza ben pi antica della nostra. E va aggiunto, per concludere davvero, che la relativa maggior fama dei generi nonsensical dellantica poesia francese andr forse imputata pi ai recuperi e alle predilezioni novecentesche dei surrealisti che ad una loro effettiva incidenza sul panorama letterario medievale. In Italia, come dicevo, e per riprendere il filo, non comunque possibile rinvenire neppure una simile tradizione, residuale forse ma almeno morfologicamente piuttosto compatta e come tale riconoscibile in quanto genere autonomo. La stessa etichetta con cui comunemente vengono indicate le poesie del nonsense a partire dal Cinquecento, quella cio di poesie alla burchia o alla burchiellesca, indica del resto come pi esplicitamente non si potrebbe desiderare una definizione di ordine antonomastico, non formale: e che poi tale primogenitura sia probabilmente da togliere a Burchiello per essere spostata allindietro di qualche decennio ed essere devoluta allOrcagna (il nipote Mariotto, morto nel 1424, non il ben pi famoso Andrea, di cui non si hanno notizie dopo il 1368) oggi un dato di fatto che per non cambia pi di tanto i termini
5.Fatrasies. Fatrasies dArras, Fatrasies di Beaumanoir, Fatras di Watriquet, cit., p. 8.
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marco berisso della questione, come si vede, n come ambiente culturale n cronologicamente (siamo sempre insomma nella Firenze medicea della prima met del secolo).6 Pu essere interessante, semmai, verificare cosa la tradizione critica antica percepisse come assimilabile al gusto alla burchia nel momento in cui essa si allontanava dalla pure gi altamente infida vulgata esplicitamente riconducibile a Burchiello, nel tentativo di recuperare testi sparsi da ricondurre alla medesima costellazione. Mi riferisco, insomma, alla famosa e quasi famigerata stampa pseudo-londinese del 1757 e in particolare alla terza sezione di essa, quella in cui, secondo lesplicita ammissione introduttiva dei curatori, vengono travasati sonetti che si sono trovati in altri Testi sotto suo nome .7 Le presenze allotrie, come noto, sono qui molte, e alcune clamorosamente due-trecentesche: notissimo il caso dei due sonetti Bicci novel e Ben so che fosti, conclusivi della tenzone tra Dante e Forese, ma non manca addirittura un sonetto, Messer Tortoso, quanto pi ripenso, che riproduce, mutato il destinatario, la dispersa petrarchesca Conte Ricciardo, quanto pi ripenso.8 Un controllo sistematico rivela altre acquisizioni trecentesche: intanto, topograficamente lontano dal testo petrarchesco che gli risponde, si trova anche il missivo di Ricciardo il Vecchio Ben che ignorante sia, io pur mi penso.9 Si
6.Per lidentificazione di Orcagna con Mariotto di Nardo di Cione cfr. riassuntivamente su tutto F. Bausi, Orcagna o Burchiello? (Sul sonetto Molti poeti han gi descritto Amore), in Interpres , xiii 1993, pp. 275-93. 7.Cfr. i Sonetti | Del Burchiello | Del Bellincioni | e DAltri Poeti | Fiorentini | Alla Burchiellesca, in Londra [ma Livorno, Masi] 1757: la cit. dalla didascalia introduttiva della terza parte, p. 145. 8.Il sonetto presente a p. 153 delled. pseudo-londinese. Cfr. in proposito I sonetti del Burchiello, a cura di M. Zaccarello, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 2000, pp. cx-cxi. 9.Il sonetto a p. 241 delled. pseudo-londinese. Lo si pu leggere in D. Piccini, Un rimatore trecentesco che non c pi: i due conti Ricciardo e lignoto Guido di Bagno, in Studi petrarcheschi , n.s., xiv 2001, pp. 115-97, a p. 160. Dalle non poche testimonianze del sonetto nella tradizione manoscritta non risulta alcuna attribuzione a Burchiello (cfr. le pp. 127-37) ma la coppia (in ordine inverso rispetto al corretto e con attribuzione al Burchiello del lanta petrarchesca del dittico) gi nelledizione burchiellesca del 1490 (Sonecti del Burchiello, s.i.t. ma Firenze, Bartolomeo de Libri, 1490), mentre la sostituzione incipitaria di Messer Tortoso a Conte Ricciardo risale al Doni (Rime del Bvrchiello comentate dal Do ni, Venezia, Francesco Marcolini, 1553; cfr. Piccini, Un rimatore trecentesco, cit., p. 192).
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preistoria del nonsense nella poesia medievale possono trovare poi un rifacimento piuttosto libero (viene rimaneggiato anche lo schema, che passa da ABAB ABAB CDC DEE a ABBA ABBA CDC DCD, ed aggiunta una coda DEE) del sonetto di Niccolo de Rossi La femena ch del tenpo pupilla10 e il sonetto di Ventura Monachi a Giovanni Frescobaldi Giovanni, io son condotto in terraquatica.11 Procedendo un po avanti con gli anni e verso autori attivi sul finire del secolo XIV, andranno segnalati cinque sonetti attribuibili con varia attendibilit ad Antonio Pucci, uno conteso tra Burchiello e Niccol Soldanieri12 e la seconda pa ne ruzzola in terza rima di Nicol Povero, S duramente un sonno mi percosse;13 quindi, passando ai primi decenni del Quattrocento (e dunque ai con10.Il sonetto a p. 173 della pseudo-londinese. Per il testo di partenza cfr. F. Brugnolo, Il canzoniere di Niccol de Rossi, 2 voll., Padova, Antenore, 1973-1977, vol. i p. 155. Cfr. anche Rimatori del Trecento, a cura di G. Corsi, Torino, Utet, 1969, p. 686, che segnala la presenza del sonetto con attribuzione a Burchiello anche nei mss. Laurenziano XL 48 e Riccardiano 1109. Niccol de Rossi autore che peraltro si presta bene a riscritture: una, particolarmente articolata e trdita da tre codici (i mss. Conventi Soppressi 122 e Redi 184 della Biblioteca Laurenziana e il codice C 43 della Biblioteca Comunale Augusta di Pe rugia), del sonetto A fare una donna bella soprano (per cui cfr. Brugnolo, Il canzoniere di Niccol de Rossi, cit., p. 57) segnala M. C. Camboni, Sulla fortuna di Niccol de Rossi, in Studi di filologia italiana , lxiv 2006, pp. 21-31. 11.Il sonetto a p. 228 delled. pseudo-londinese. Lunica edizione integrale di Ventura Monachi (morto nel 1348) Sonetti editi ed inediti di Ser Ventura Monachi rimatore orentino del sec. XIV, a cura di A. Mabellini, Torino-Roma-Milano-Firenze-Napoli, Paravia, 1903, tuttaltro che attendibile. Una scelta di sonetti (da cui Giovanni, io son condotto per escluso) anche in Rimatori del Trecento, cit. Il sonetto riportato nelledizione burchiellesca comunque di uno dei maggiormente attestati di Ventura (anzi, lunico, visto che il pi diffuso di tutti, Se la Fortuna tha fatto signore, non di attribuibilit indiscussa). 12.Si tratta di Posto mho n cuor di dir ci che maviene, a p. 175 della pseudolondinese. Zacca rello, nelleditio minor delle Poesie del Burchiello (Torino, Einaudi, 2004, p. 276) segnala la non inappuntabile attendibilit dellattribuzione a Burchiello, stante i due soli codici (Riccardiano 1109 e Vaticano Barb. lat. 3917) che riportano il sonetto e ne corroborano linclusione nella vulgata quattrocentesca istituita dalla princeps. Per altro lattribuzione a Niccol si regge anchessa su ununica esplicita didascalia, quella del ms. 1147 della Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele II di Roma, di contro alla diffusa adespotia del sonetto (cfr. Rimatori del Trecento, cit., pp. 736-37). 13. alle pp. 177 e sgg. della pseudolondinese. Alla riedizioni dei due capitoli di Nicol ha atteso nella sua tesi di laurea Vittorio Celotto (tesi specialistica discussa presso lUniversit di Napoli, a.a. 2008-2009, relatore Andrea Mazzucchi): nel frattempo rimane imprescindibile E. Levi, Niccol Povero, giullare orentino, in Id., Poesia di popolo e poesia di corte nel Trecento, Livorno, Giusti, 1915, pp. 79-114 (i testi alle pp. 105-14; gi apparso col titolo Le
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marco berisso temporanei di Burchiello) ritroviamo parecchie figure dellambiente fiorentino (da Antonio Matteo di Meglio a Anselmo Calderoni a Filippo Brunelleschi) non di necessit, per, in contatto diretto col barbiere. Infine, con clamoroso ma eloquente anacronismo, la silloge pseudo-londinese finisce con lincludere anche due sonetti di Luigi Pulci in tenzone con Matteo Franco.14 Il quadro che viene fuori di quella che potremo definire la funzione-Burchiello secondo la stampa pseudo-londinese dunque particolarmente variegato. Fermiamoci anche ai soli testi duetrecenteschi. Il Niccol de Rossi en travesti, la tenzone Petrarca-conte Ricciardo, i vari Pucci e il conteso Soldanieri rinviano tutti insieme ad un generale gusto per il sonetto gnomico15 che poteva tranquillamente apparire ai curatori (e tale era in effetti) come pertinente in pieno alla temperie stilistica quattrocentesca ma che non ci riguarda in questa sede specifica. Un po pi vicino risulterebbe invece Ventura Monachi, che col suo sonetto ipertecnico (infatti, come molti dei suoi, interamente costruito su rime sdrucciole) e a tratti involontariamente oscuro rinvia comunque ad un settore ben presente nel Burchiello (e non solo), vale a dire quello dellinvettiva contro popolazioni e citt italiane reputate barbare di costumi e spesso anche di lingua (qui ad essere sottoposta a reprimenda Venezia).16 Con lo scambio di sonetti tra Dante e Forese, invepaneruzzole di Nicol Povero (contributo alla storia della poesia giullaresca nel medio evo italiano), in Studi medievali , iii 1908, pp. 81-108). 14.Per i rapporti tra Pulci e Burchiello cfr. G. Crimi, Loscura lingua e il parlar sottile. Tradizione e fortuna del Burchiello, Manziana, Vecchiarelli, 2005, pp. 317-53. 15.Magari espressionisticamente un po pi acceso nel primo testo della sequenza, giusta la tematica misogina: ma dal punto di vista linguistico e stilistico il sonetto subisce dalla versione veneta a quella toscana un evidente depauperamento (stante comunque la gi non eccelsa fattura del testo di partenza). Basti qui a dimostrazione mettere idealmente a fronte anche solo la prima quartina derossiana ( La femena ch del tenpo pupilla / le plu parte si trova glotta e ladra; / e quando viene en etate nubilla, / sendo ben puita, alor se tien liadra ) col suo pi tardo remake ( La femina, che del tempo pupilla, / Le pi volte si trova ghiotta, e ladra, / Sendo ben brutta allor si tien leggiadra, / Mentre che giovinezza il fior distilla ). 16.In un altro scambio con Ventura, sar Giovanni a insinuare nel sonetto Due foresette, Ser Ventura, bionde 20 che a Pisa [] ogni femmina v per lo ber crespa (cito dalledizione di Ventura che sto allestendo da ormai troppo tempo). Il motivo comunque ben trecentesco e lo si ritrova ad es. in Giovanni Quirini, nei due sonetti Io sum tra gente barba-
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preistoria del nonsense nella poesia medievale ce, siamo arrivati davvero molto prossimi allarea del nonsense: non in senso stretto, ovviamente, ma in quanto una certa cripticit probabilmente indotta dal genere tenzone (in cui i due corrispondenti non necessariamente hanno interesse a che le allusioni siano comprensibili anche, per dir cos, allesterno)17 poteva suggerire il sospetto di una intenzionale sospensione del significato. Cos ad esempio ai vv. 3-4 e 9-11 del sonetto di Dante ( Gi per la gola tanta rema ha messa / Che a forza gli convien tor dellaltrui / [] / E tal giace per lui nel letto tristo / Per tema non sia preso il Lombolare / Che gli appartien quanto Giuseppe a Cristo ) oppure nelle terzine intere del sonetto di Forese ( Buon uso ci ha recato, ben tel dico / Che quel ti caric ben di bastone / Colui hai per fratello, o per amico. / Ed il nome ti di delle persone, / Che fanno poca stima del panico; / Dillomi, chi vuo metterlo a ragione ).18 E non sar allora un caso, sia detto di velocissimo passaggio (su questo torner tra poco), che della tenzone Dante-Forese sia stata fornita in tempi recenti uninterpretazione (per quanto scarsamente fondata) allinsegna delle qui vocit linguistica a sfondo (omo-)sessuale, in accordo a quanto accade spesso con testi riconducibili allarea del nonsense. Infine pienamente pertinente al nostro ambito il capitolo di Nicol Povero, ricetta medica parodizzata la cui aggregabilit, quanto al tema, allambito burchiellesco
re e crudele e Sio torno al bel paese di Franchia (cfr. G. Quirini, Rime, a cura di E.M. Duso, Roma-Padova, Antenore, 2002, risp. pp. 78 e 80). Per un parallelo in Burchiello baster citare Crimi, Loscura lingua, cit., p. 22, che ricorda come gli abitanti di Arezzo vengano citati nel corpus in pi di unoccasione per la loro stupidit . 17.Incidentalmente, ma forse non casualmente, si noti come siano proprio i testi in tenzone quelli preferibilmente cooptati nellorganismo della pseudo-londinese dal contesto due-trecentesco: oltre a Dante-Forese e Petrarca-Ricciardo un missivo altrove dotato di risposta (anzi, di pi risposte) anche il sonetto di Ventura. 18.Cito ovviamente dal testo della pseudo-londinese. Il testo critico per molti versi pi lineare (risp.: gi per la gola tanta rob hai messa, / cha forza di convien trre laltrui / [] / E tal giace per lui nel letto tristo, / per tema non sia preso a lo mbo lare, / che gli apartien quanto Giosep a Cristo e Buon uso ci ha recato, ben ti l dico, / che qual ti carica ben di bastone, / colu ha per fratello e per amico. / Il nome ti direi delle persone / che vhanno posto s; ma del panico / mi reca, chi vo metter la ragion : cito da D. Alighieri, Rime, a cura di D. De Robertis, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2005, pp. 46572, edizione commentata che anche revisione del testo critico fissato nelleditio maior Firenze, Le Lettere, 2002, 3 voll. in 5 to.).
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marco berisso stata ampiamente chiarita in questo nostro convegno da Michelangelo Zaccarello (e ancor pi pertinente sarebbe stata laltra, prima, paneruzzola, non inclusa nella pseudo-londinese). La chiamata in causa di Nicol mi d finalmente il pretesto per citare quella mappa per i territori del nonsense pre-burchiellesco a cui allude vo allinizio. Si tratta, come si sar capito, del saggio di Giuseppe Crimi Loscura lingua e il parlar sottile, dedicato appunto, come recita il sottotitolo, alla Tradizione e fortuna del Burchiello.19 Un libro importante e ricco di informazioni e analisi (persino troppe, se si vuole, tanto che occorre percorrerlo senza impazienza) e al quale bisogna riconoscere, per quel che riguarda il tema che sto cercando di frequentare, di aver quasi esaurito il discorso. In particolare, i tre capitoli iniziali esaminano minuziosamente le interazioni possibili tra Burchiello e, nellordine, fatrasies e fatras, tradizione giocosa mediolatina e volgare, Niccol Povero (appunto) e lopera di Franco Sacchetti, incluse per questultimo possibili intersezioni con il Trecentonovelle. Il percorso affrontato da Crimi largamente sottoscrivibile: e varr infine la pena di ricordare, per riprendere in mano unultima volta ledizione pseudo-londinese, che il sonetto di Sacchetti Nasi cornuti e visi digrignanti, attentamente analizzato in Loscura lingua e tradizionalmente indicato come il pi rilevante precedente della poesia del nonsense, anchesso incluso in quelledizione, anche se (con lapsus di prospettiva che mi pare particolarmente significativo) non nella terza ma nella quarta parte, quella dedicata ai sonetti alla burchiellesca di tarda imitazione.20 Un rilievo particolare assume, nella prospettiva di Crimi, il doppio binario dellanalisi, che da un lato si richiama alle tecniche compositive, retoriche e sintattiche, dallaltro scava in un serbatoio metaforico e figurativo che sembra ripresentarsi immutato da un secolo allaltro. Proprio a partire da queste premesse mi pare specialmente persuasiva la rivaluta19.Cfr. sopra, n. 14. 20.Il lapsus insomma fa coppia con quello prima segnalato, e di segno inverso, circa Luigi Pulci arretrato cronologicamente a ridosso di Burchiello, a conferma dellappiattimento generale di prospettiva che sottende alledizione pseudo-londinese e di l si propaga alla vulgata editoriale e interpretativa per lungo tempo. Sul sonetto di Sacchetti (il testo leggibile in F. Sacchetti, Il libro delle rime, a cura di F. Brambilla Ageno, Firenze-Perth, Olschki-Univ. of West Australia Press, 1990) cfr. Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 166 sgg.
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preistoria del nonsense nella poesia medievale zione compiuta dellopera di Franco Sacchetti, anche attraverso la messa a sistema degli sparsi rilievi recuperabili nella storia critica sullautore,21 cos da riuscire a raggruppare attorno a Nasi cornuti alcuni, seppur non moltissimi, episodi del suo sin troppo ampio Libro delle Rime. E qui apro una velocissima parentesi per esortare ad un rilancio degli studi su questo tutto sommato non cos frequentatissimo rimatore, per il quale abbiamo ottime analisi linguistiche e filologiche che sono per controbilanciate da una sostanziale povert sul versante interpretativo e dei rapporti intertestuali.22 Affermato dunque il ruolo di rilievo che va attribuito a Sacchetti e Niccol Povero (due esperienze poetiche, va aggiunto, fondamentalmente provinciali se non addirittura anguste, che ribadiscono una volta di pi come la preistoria di Burchiello sia, come peraltro la sua storia, in buona sostanza tutta fiorentina), bisogner precisare che lindividuazione di ulteriori tessere per il mosaico incontra, tra gli altri. anche un ostacolo quasi insormontabile in una peculiare condizione psicologica di noi moderni lettori ed esegeti di poesia medievale e che, molto semplicemente, ci rende difficile o addirittura impossibile ammettere che prima di Burchiello si potessero dare casi di nonsense volontario. Da qui ne consegue che le zone di oscurit pi o meno ampia presenti in determinati testi sarebbero da attribuire semmai a difficolt interpretative dovute al gap storico-culturale che ci separa dalla poesia dei primi secoli. La stessa ben nota e discussa operazione di Jean Toscan, per non dire di alcune applicazioni condotte a ritroso su testi due e trecenteschi (a cui neppure io mi sono sottratto, anche se spero in maniera sufficientemente cauta),23
21.Cfr. ivi, p. 165 n. 1. 22.Basti ricordare che la magistrale ed. cit. di Franca Ageno corredata da un commento inappuntabile, certo, ma tuttaltro che ampio e prevalentemente di carattere linguistico. 23.Il riferimento ovviamente a J. Toscan, Le carnaval du langage. Le lexique rotique des e e potes de lquivoque de Burchiello Marino (XV -XVII sicles), 4 voll, Lille, Presses Univ. de Lil le iii, 1981. Non rari gli esempi di applicazione del lessico di Toscan alla poesia duecentesca, soprattutto da parte di Mauro Cursietti: oltre che sulla tenzone Dante-Forese (da lui considerata una falso quattrocentesco, contro ogni evidenza paleografica: cfr. M. Cursietti, La falsa tenzone di Dante con Forese Donati, Anzio, De Rubeis, 1995), lo studioso ha sperimentato il medesimo metodo soprattutto su Cavalcanti, sempre deducendone con-
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marco berisso forse leggibile anche in questa chiave, come sintomo di un rigetto di fronte alla possibile assenza di un significato logicamente restituibile. Il terreno scivoloso e sicuramente non da attraversare in questa occasione. Va detto che ci sono buonissime e condivisibili ragioni culturali per sostenere che determinati temi di ordine sessuale, soprattutto quelli relativi a pratiche ritenute degne addirittura di condanna penale (come la sodomia, etero ed omosessuale), potessero essere espressi solo attraverso la creazione di una sorta di codice cifrato il quale, una volta organizzato in testo, finiva con loriginare evidentemente un nonsense apparente. Non sar un caso, a riprova di questo, che marcate allusioni alla sessualit siano rinvenibili in quasi tutti i testi che sino ad oggi sono stati ricondotti alla pratica del nonsense, dalle fatrasies, appunto, sino a Burchiello, ma anche alle per molti versi analoghe coplas de disparates iberiche. Detto questo, per, pretendere di fornire allanagrafe di questo codice linguistico il nome di un padre ed una precisa data di nascita (come pure si credu to possibile fare) o utilizzare tutto questo come improbabile passepartout per superare difficolt che forse sono insuperabili (perch il significato in quel testo o in quella zona di quel testo , molto semplicemente, sospeso) sono nel complesso operazioni che a mio avviso eccedono la verosimiglianza. In questa chiave possibile indicare almeno un caso notevole in cui lutilizzo dellequivoco linguistico ottiene esiti che ormeggiano molto da vicino il nonsense, ed quello di alcuni sonetti opera di quellenclave di poeti operanti nella Perugia di met Trecento dei quali mi sono occupato ormai parecchi anni fa.24 Da quel corpus, in realt tuttaltro che vasto rispetto allinsieme della silloge, mi limito a segnalarvi come esemplare
seguenze di ordine cronologico (cfr. in partic. Id., Una beffa parallela alla falsa Tenzone di Dante con Forese Donati: la berta di Cavalcanti cavalcato, in LAlighieri , xl 1999, pp. 91-110, e Id., I doppi sensi del sonetto Se non ti cagia la tua santalena, in La parola del testo , iii 1999, pp. 75-83). Una sistematica interpretazione basata sullequivoco linguistico a sfondo sessuale stata di recente avanzata da Silvia Buzzetti Gallarati in pi studi sul Rustico Filippi comico, culminati in una nuova edizione commentata (R. Filippi, Sonetti satirici e giocosi, a cura di S. Buzzatti Gallarati, Firenze, Carocci, 2005). Lautoallusione a M. Berisso, La raccolta dei poeti perugini del Vat. Barberiniano lat. 4036. Storia della tradizione e cultura poetica di una scuola trecentesca, Firenze, Olschki, 2000, in partic. pp. 257-322. 24.Appunto in Berisso, La raccolta dei poeti perugini, cit. Per i testi cfr. Poeti perugini del
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preistoria del nonsense nella poesia medievale il sonetto di Cecco Nuccoli, Andando per via nova e per via maggio. Che si tratti di un caso eccezionale pure per lepoca e per quel contesto letterario dove certo non mancavano eccessi stilistici segnalato dalla presenza, nel codice che solo lo riporta, il Barb. lat. 4036, di una manicula a margine, una delle due uniche che un lettore ancora trecentesco (forse lo stesso copista) vi ha apposto. Altrettanto indubbia la prossimit al nonsense del testo. In effetti, se anche le tecniche retorico-sintattiche utilizzate da Nuccoli non si avvicinano molto a quelle caratteristiche del sonetto burchiellesco, qualche punto di contatto mi pare degno di nota: penso qui soprattutto alluso degli antroponimi e pi ancora di una toponomatica irrazionale che accosta Etiopia e Parigi, Fiandra e Francia e Galizia.25 Ammessa per la superficie del testo para-burchiellesca, il sonetto Andando per via nova riceve comunque una luce forse non totale ma neppure episodica se lo si legge in chiave di racconto cifrato di una anche due avventure erotico-amorose, magari usufruendo alloccasione proprio del lavoro di Toscan.26 Procedure analoghe a quella da me operata sul sonetto di Nuccoli sono applicabili anche a qualche altro testo di appartenenti alla scuola, soprattutto quelli in tenzone (il che ci riporta a quanto detto in precedenza a proposito di Dante e Forese), spesso confermando intuizioni critiche gi presenti nella invero non ampia bibliografia su questi autori. Va per aggiunto che la superficie dei sonetti in questione non forma mai un intrico di sistematica insensatezza come Andando per via nova. Fa parziale eccezione il sonetto di Cione a Neri Moscoli Da po chio foi ne la cit del Tronto, con la risposta (ben pi lineare, al punto che a partire da essa che possibile decifrare almeno in parte il missivo) di Moscoli Ben ve mostra fornito, el vostro conto.27 Anche in que staltro caso la formulazione nonsensical del testo viene prevalentemente a coagularsi attorno ad una serie di elementi geografici, qui per regionalmente congruenti (Tronto, Pugnano, Offida), nonch al campo lessiTrecento (Codice Vaticano Barberiniano Latino 4036), a cura di F. Mancini, 2 voll, Perugia, Guerra, 1996-1997. 25.Al proposito cfr. ad es. Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 24-25. 26.Gli esiti dellesperimento si possono leggere in Berisso, La raccolta poeti perugini, cit., pp. 257-69. 27.Cfr. ivi, pp. 301-9.
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marco berisso cale della guerra, ben familiare tanto ai frequentatori delle fatrasies quanto a quelli del sonetto burchiellesco (ma nemmeno paragonabile per ol tranza duso, sia chiaro). Ancora una volta per il nonsense in realt solo apparente, il segnale codificato che lautore invia al lettore (che spesso un lettore ben determinato, vale a dire il destinatario del sonetto) per segnalargli lentrata nei territori del linguaggio erotico equivoco. Da tutto quanto detto sin qui, insomma, spero risulti ben evidente che il ricorso ad un lessico cifrato di matrice oscena in concomitanza con un primo livello testuale organizzato intorno al nonsense rinvenibile episodicamente anche ben prima del Quattrocento. Non meraviglieranno, al lora, le concordanze rinvenute da Crimi tra Burchiello e lautore che pi sistematicamente ha praticato lequivoco linguistico, Stefano Fininguerri, se le si interpreta come tracce di una relazione pi ampia e forse in parte ancora da indagare.28 Nello stesso tempo, per, non dobbiamo dimenticarci che nel caso dei poeti perugini ci troviamo di fronte ad un contesto socio-culturale molto particolare, ad un gruppo di poeti che condividono il medesimo milieu sociale e politico e che, per di pi, affiancano a complessivamente pochi sonetti di questo tipo altri sonetti comici in senso pi tradizionale (oltre, va aggiunto, ad una strabordante quantit di testi lirici). Insomma, sono appunto casi eccezionali. Altro conto sar dunque estendere la toscanizzazione (mi si permette il gioco di parole, che per non va lontano dal vero, per la magica virt che talvolta i giochi di parole hanno) a testi che non rispondono a queste caratteristiche socio-culturali o ad interi corpora testuali. Per tornare al punto lasciato in sospeso, la resistenza ad ammettere che anche prima del Burchiello vi sia la possibilit di organismi testuali allinsegna del nonsense, come dicevo, comunque fortissima. Vorrei fare un caso recentemente tornato in discussione, quello del Patafo, per il quale Federico Della Corte ha avanzato di recente la candidatura alla paternit di Franco Sacchetti, rovesciando (a mio avviso in modo con vincente) linterpretazione delle concordanze lessicali e stilistiche tra il poeta fiorentino e lautore del poemetto che la tradizione critica aveva gi indicato, salvo vedere nel secondo un imitatore/emulatore del pri28.Cfr. Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 261-316.
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preistoria del nonsense nella poesia medievale mo.29 Ma la novit pi consistente delloperazione editoriale di Della Corte sta nellaver creduto di potere individuare attraverso il dipanarsi dei dieci capitoli del Patafo una vera e propria trama, sviluppata nelle forme di unautentica pice teatrale con tanto di scambi di battute. E quando dico trama non eccedo quanto proposto dallo studioso ma ne cito esattamente i termini. Ecco infatti quanto dice Della Corte: Ma se il Patafo avesse invece una trama e un senso? discontinui e arruffatissimi quanto si vuole, ma li avesse? .30 Prima ancora,31 a rendere ancora pi perspicua lipotesi interpretativa di fondo, veniva fornito uno schematico ma ben conseguente plot ( di nuovo un termine usato da Della Corte) per la vicenda. Restituita coerenza alla macrostruttura, loltranza lessicale del poemetto finir per nascondere, secondo lo studioso (o travestir, magari, per sovrappi di carica ludico-grottesca), un triangolo erotico [] con la presenza del seduttore, della donna disponibile 32 che getta ponti altrimenti insospettabili verso il fabliaux e che per, per colmo di ironia, si dimostra anche e al tempo stesso un preciso camuffamento di vicende biografiche sacchettiane, che vedono coinvolti Franco, il fratello di lui Giannozzo (anchegli rimatore, come si sa)33 e la moglie
29.Cfr. F. Sacchetti, Il Patafo, a cura di F. Della Corte, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 2005 (da integrare con il preparatorio F. Della Corte, Proposta di attribuzione del Patafo a Franco Sacchetti, in Filologia e critica , xxviii 2003, pp. 41-69). Sulledizione si vedano le recensioni di G. Marrani, in Medioevo romanzo , a. xxxi 2007, pp. 221-25, e di G. Crimi, in Bollettino di italianistica , n. s., v 2008, pp. 144-56. Va sottolineato che un netto avvicinamento tra Sacchetti e il poemetto era gi stato effettuato da Roberto Ballerini, prima per cenni nellarticolo R. Ballerini, Rebus di lingua nelle liriche del Sacchetti, in Studi e problemi di critica testuale , num. 21 1980, pp. 25-47, poi pi esplicitamente (anche se non proponendo la paternit del fiorentino ma dettagliando la rete delle coincidenze) in Id., Per la fortuna di Franco Sacchetti nel Quattrocento: il caso del Patafo, ivi, num. 25 1982, pp. 5-17. 30.Sacchetti, Il Patafo, cit., p. xxiv. 31.Ivi, pp. xvii-xviii. 32.Ivi, p. xxvii. 33.Come ricorda Crimi, rec. cit., p. 145, la candidatura di Giannozzo come autore del Patafo stata affacciata da D. Puccini, rec. a Della Corte, Proposta di attribuzione, cit., in Lingua nostra , lxvi 2005, pp. 127-28. Delle poesie di Giannozzo abbiamo una recente edizione critica, G. Sacchetti, Rime, a cura di T. Arvigo, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 2005.
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marco berisso di costui Ghita, al punto da far supporre allo studioso che ci si trovi di fronte al volontario oscuramento del senso di un canovaccio biogra34 fico [] ingombrante e imbarazzante . Loperazione, sia chiaro, condotta da Della Corte con la debita prudenza, molto maggiore di quella che forse potrebbe apparire da questa mia sintesi. Ma resta il fatto che anche in questo caso linterprete moderno, posto di fronte ad un agglomerato testuale che appare rispondere solo alla logica del puro e semplice accumulo di riboboli linguistici senza preoccupazioni ulteriori, reagisce cercando una chiave, magari parziale ma che comunque cerchi di disserrare uno spiraglio di senso. Sin qui ho parlato di esperienze trecentesche, anzi, prevalentemente tardo-trecentesche: ci si chieder quindi come mai il Duecento sia rimasto fuori dal discorso. In realt per il XIII secolo il raccolto , se possibile, con ancor meno frutti. Andranno intanto escluse in primo luogo dal no stro orizzonte le prove di vera e propria enigmistica letteraria ad opera di Guittone e di alcuni altri autori a lui in varia misura riconducibili, perch appunto di enigmi che prevedono una soluzione si tratta.35 Non sembra richiamabile qui neppure il Rustico Filippi comico, che pure presenta zone non limpidissime e che ha perci suggerito di recente una lettura, al solito, in chiave equivoco-erotico che ha suscitato resistenze penso condivisibili nella sostanza.36 Allo stesso alveo, e con le stesse premesse e ricadute in ambito critico, andranno ricondotti pure altri, spo radici sonetti cavalcantiani di pi o meno controversa interpretazione,
34.Sacchetti, Il Patafo, cit., p. xvii. 35.Penso soprattutto ai due sonetti guittoniani Deporto - e gioia nel mio core pporta, edito e decifrato in Guittone dArezzo, Canzoniere. I sonetti damore del codice Laurenziano, a cura di L. Leonardi, Torino, Einaudi, 1994, pp. 230-32, e A far meo porto, c n te, parte cheo, su cui si veda, anche per ledizione, dA. S. Avalle, Un vanto di Guittone, in Id., La doppia verit. Fenomenologia ecdotica e lingua letteraria del Medioevo romanzo, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2002, pp. 197-204. Per altri casi mi permetto di rinviare al mio Crittograe predantesche, in Lenigma, cit. Aggiungo comunque che, almeno nel caso di Guittone, opzione enigmistica ed espressione della sessualit procedono ancora una volta affiancate. 36.Cfr. la gi cit. ed. a cura della Buzzetti Gallarati: la proposta ha avuto appunto riscontri contrastanti, dalla radicale opposizione manifestata da U. Carpi, Stupri lologici: il caso del Barbuto, in Allegoria , n.s., xviii 2006, pp. 196-201, alla convintissima adesione di S. Trousselard, in Italies , xi 2007, pp. 697-700.
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preistoria del nonsense nella poesia medievale nonch la gi citata tenzone tra Dante e Forese. Infine non mi pare che i non molti testi de oppositis della nostra tradizione, a partire da Umile sono ed orgoglioso di Ruggieri Apugliese, possano essere qui evocati. Il ricorso agli opposita certo una tecnica frequente nel devinalh, ma non esclusiva di esso, come ha mostrato qualche decennio fa Nicol Pasero, e dunque non basta al nostro caso.37 Rimarrebbe il Detto del gatto lupesco, sul quale Gianluca Lauta proporr dopo di me una specifica comunicazione, esimendomi perci da ulteriori approfondimenti. Se per posso avanza re una mia personale opinione, credo che tra i due poli del nonsense ed dellallegoria richiamati nel suo titolo da Lauta, sia di gran lunga il secondo a fornire la chiave ideale per accedere al testo, sia lallegoria da intendere in senso stretto, alla Guerrieri Crocetti, o (come mi pare pi verosimile) in chiave parodica, alla Jauss.38 Insomma, quella duecentesca sembra una strada chiusa: se preistoria del nonsense si d, e per quel che poco che di essa si d, si tratta comunque di preistoria molto recente. Concluder dunque queste veloci note col genere che forse pi ci si aspettava che io evocassi in questa occasione, vale a dire quello della frottola. infatti proprio a proposito della frottola che lapparentamento col nonsense stata tradizionalmente evocato in passato. Una tradizione critica che risale almeno a Francesco Flamini ha sempre visto in essa un genere caratterizzato dallunione di una struttura metrica arbitraria e di un procedimento discorsivo allinsegna dellincoerenza e dellaccumulo: viluppo di proverbi e di allusioni difficili a spiegare, con poche traccie di burlesco, ma con bizzarria di modi e punture di sarcasmo .39 Solo in tempi recenti questa ipotesi stata sottoposta ad una radicale revisione,
37.Su Ruggieri (e sulla sua fonte Raimbaut de Vaqueiras) cfr. Pasero, Devinalh, non senso e interiorizzazione testuale, cit., pp. 16-19 (altre considerazioni sul contesto italiano ivi, pp. 27-31). 38.Per unesposizione precisa delle varie interpretazioni succedutesi sul Detto del Gatto lupesco rinvio allIntroduzione a Il Gatto Lupesco e il Mare Amoroso, a cura di A. Carrega, Alessandria, Edizioni dellOrso, 2000, pp. 6-21. 39.Questa la nota diagnosi di F. Flamini, La lirica toscana del Rinascimento anteriore ai tempi del Magnico, rist. an. a cura di G. Gorni, Firenze, Le Lettere, 1977, p. 494. Naturalmente occorre ricordare che il suo giudizio va riferito, giusta la sede in cui espresso, alla frottola quattrocentesca, che dal punto di vista dellorganizzazione discorsiva cosa un po diversa da quella del XIV secolo.
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marco berisso con gli interventi, a voler citare i pi notevoli e in ordine di neutra successione cronologica, di Paolo Orvieto, Rinaldina Russell, Sabrine Ver hulst e Alessandro Pancheri.40 Direi, anzi, che il percorso di studi appena evocato ha operato per un progressivo spostamento dal nonsense al senso pi o meno compiuto. Se Orvieto infatti impostava il suo ragionamen to recuperando lopposizione zumthoriana (su cui torner tra poco) tra non-senso relativo e non-senso assoluto ed anzi lo applicava alla tradizione italiana opponendo la frottola al sonetto burchiellesco come gi Zumthor aveva fatto con resverie e fatrasie,41 la Russell riduceva ulteriormente lo spazio del non-senso ad una coerenza logica che sinterrompe a intermittenza 42 in alcuni (pochi) testi. Il non-senso relativo insomma riceveva unulteriore relativizzazione, tanto che la studiosa poteva affermare apertamente nel caso delle frottole gnomico-politiche che in tali casi lautore mira sempre al significato, anzi intende rafforzarlo e conferirgli autorit inoppugnabile , dal momento che la tiritera di motti, sentenze e proverbi ha la funzione di sottolineare i fatti e i concetti, le minacce e i moniti che si vogliono imprimere nella coscienza dellinterlocutore e del pubblico .43 Ipotesi verificabile puntualmente nella lettura della frottola di Fazio degli Uberti, la prima che ci nota, databile al 1336, O tu che leggi e persino nella risposta di Tommaso di Giunta Negli gnoranti seggi,44 una volta che venga districata con fatica (e spesso cronisti
40.Cfr. P. Orvieto, Sulle forme metriche della poesia del non-senso (relativo e assoluto), in Metrica , i 1978, pp. 203-18; R. Russell, Senso, nonsenso e controsenso nella frottola, in Ead., Generi poetici medievali. Modelli e funzioni letterarie, Napoli, Societ Editrice Napoletana, 1982, pp. 147-61; S. Verhulst, La frottola (XIV-XV sec.): aspetti della codicazione e proposte esegetiche, Gent, Rijksuniversiteit Gent, 1990 (preceduto da Ead., Note per una nuova impostazione delle ricerche sulla frottola, in Studi e problemi di critica testuale , num. 32 1988, pp. 117-35); A. Pancheri, Col suon chioccio . Per una frottola dispersa attribuibile a Francesco Petrarca, Padova, Antenore, 1993 (da leggere in parallelo alla recensione a S. Verhulst, La frottola, in Rivista di letteratura italiana , ix 1991, pp. 331-38). 41.Cfr. Zumthor, Fatrasie, fatrassiers, cit., pp. 111-12. 42.Russell, Senso, nonsenso e controsenso, cit., p. 161. 43.Ivi, p. 154. 44.Per i due testi cfr. Tommaso di Giunta, Il conciliato damore. Rime. Epistole, a cura di L. Pagnotta, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2001, risp. pp. 118-26 (che migliora in qualche punto ledizione da me procurata in Testo e contesto della frottola O tu che leggi di Fazio degli Uberti, in Studi di filologia italiana , li 1993, pp. 53-88) e 128-37.
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preistoria del nonsense nella poesia medievale coevi alla mano) la rettorica rete 45 dei riferimenti e delle allusioni a fatti storici. Quanto poi alle ricerche della Verhulst e di Pancheri, esse hanno deliberatamente ignorato laspetto contenutistico per puntare risolutamente sullindividuazione di una peculiare forma (e in Pancheri propriamente formula) metrica applicabile al genere. Resta il fatto che una riproposizione del nesso tra frottola e resverie, un nesso peraltro gi proposto, indipendentemente da Orvieto, anche da Giovanna Angeli,46 mi pare possa essere giudicato ancora praticabile, anche se andr applicato solo ad una parte del corpus frottolistico trecentesco. Indubbiamente vi sono frottole costruite tramite il ricorso ad un nonsense relativo, frottole cio che se caractrise surtout par une distorsion smantique concerte, qui se situe dans le passage dun nonc lautre, chaque nonc autonome (distique) tant smantiquement acceptable: en somme, une s quence alogique dassertions logiques ,47 dove per contro il nonsense as soluto (caratterizzante ad esempio le fatrasies), che per usare le parole di Zumthor introduce una contraddizione nellenunciato in quanto tale, di cui intende dissociare le unit componenti []: il non-senso penetra allinterno del sintagma stesso, fra gli elementi di cui taglia il flusso dei significati attesi ,48 sembra fondamentalmente estraneo al genere. Naturalmente tutto questo vale, ripeto, non tanto come tentativo di definizione della frottola (che era invece un po lobiettivo di Orvieto e della Angeli) ma in quanto permette di isolare allinterno di essa un filone pi o meno omogeneo. In questa chiave allora potremmo recuperare e segnalare almeno due delle tre frottole attribuite con varia fortuna al Petrarca, ovvero Di rider ho gran voglia e I ho tanto taciuto (ma anche se si vuo le Rerum Vulgarium Fragmenta, cv),49 e poi le adespote Sar che Dio vorr e
45.Che sintagma di Tommaso, del sonetto Termine corto et minacciar dallunga, 13, accluso in coda a Neglignoranti seggi e adibito a definire con felice eleganza il meccanismo di martellanti rime equivoche esibito da Fazio nella proposta. 46.Cfr. Angeli, Il mondo rovesciato, cit., pp. 47-63. 47.Bec, La lyrique franaise, cit., p. 163. 48.Zumthor, Fatrasie, fatrassiers, cit., p. 108. 49.Tutte e tre le frottole attribuite a Petrarca si leggono in A. Solerti, Rime disperse di Francesco Petrarca o a lui attribuite, rist. an. a cura di P. Vecchi Galli, Firenze, Le Lettere, 1997, pp. 261-80 (si vedano anche le schede di aggiornamento bibliografico posposte allanastatica dalla Vecchi Galli, pp. 403-5). Per la prima si pu vedere ledizione fornita-
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marco berisso Le sette son pur sette,50 probabilmente anche laltra adespota Molto al re par possente e la sacchettiana Chi drieto va.51 Non per (a sottolineare una volta di pi quanto il ricorso al nonsense sia eccezionale) le altre quattro di Sacchetti. Se La lingua nova 52 si presenta infatti come castigazione morale della degenerazione linguistica in direzione furbesca e rurale del fiorentino per finire per col trasformarsi, paradossalmente ma in modo esplicito, in repertorio di quello stesso gergo che si vuole additare al ludibrio 53 e dunque non a rigore collegabile col nonsense (e siamo tra laltro al caso assolutamente parallelo del gi citato Patafo), le altre tre frottole sono addirittura lamenti sulla decadenza morale del mondo (che genere particolarmente caro al Sacchetti soprattutto delle canzoni), evidenti ed espliciti come tali sin dalle didascalie dellautografo ashburnhamiano e dai rispettivi incipit: Frottola morale di Franco detto: Pelegrin sono che vegno da terra / e passo su per terra, / e vo a terra (che lAgeno collega rinvia allo scritturale Genesi, iii 19: donc revertaris in terram de qua sumptus es ), Frot tola di Franco sopra le nuove disposizioni del mondo mutate al male: O mondo / immondo / e di ben mondo e infine Frottola fatta per la mala disposizione del mondo: Ohi, ohi, omoi! / Che ha tu, cristian, che
ne da Pancheri cit., pp. 125-34 (segnalo che se ne ha anche unaltra parecchio diversa per opera di P. Trovato, Sullattribuzione di Di ridere gran voglia (Disperse ccxiii). Con una nuova edizione del testo, in Lectura Petrarce , xviii 1998, pp. 371-423); per la seconda (tenendo conto che in tempi pi recenti ne stata ritrovata una nuova testimonianza) cfr. P. Vecchi Galli, Una frottola attribuita al Petrarca, in Atti dellAccademia delle Scienze del lIstituto di Bologna. Classe di scienze morali. Rendiconti , lvi-lvii 1977-1978, pp. 259-73. 50.Entrambe edite in F. Trucchi, Poesie italiane inedite di dugento autori della lingua inno al secolo decimosettimo, 2 voll., Prato, Guasti, 1846-1847, vol. ii pp. 126 sgg. e 16 sgg. 51.La frottola Molto al re par possente, trdita dal codice C 152 della Biblioteca Marucelliana di Firenze, , a quanto ne so, ancora inedita. Per Sacchetti si veda led. cit. a cura dellAgeno, pp. 70-82. 52.Ed. cit., pp. 195-215. 53.Si veda in questo senso il congedo, vv. 375-84, con i rinvii alla pi consolidata tradizione lessicografica medievale con cui la ciancietta si mette in competizione: Ciancietta mia, che nuova ciancia cianci, / certi seran che ti terran ciarliera; / altri diran che dir pi si porria. / A primi d che chi va quanci o lanci, / mal non pu far dun ceston una paniera; / agli altri d chUguccione e Papa, / Grecismo e tutti, ancor non scrisson tutto, / di che si fa costrutto, / Ma prima chi ci dice, il detto chiosi, / poscia componga quel chio non composi .
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preistoria del nonsense nella poesia medievale s ti duoi? .54 Insomma, la distribuzione del nonsense nellambito delle frottole sacchettiane segue una proporzione di quattro testi in cui esso assente contro uno, e ci conferma cos, ancora una volta e infine, la marginalit del registro anche l dove pi ci si aspetterebbe di vederne un seppur modesto successo. Il Libro delle Rime relato autografo dallAshburnham 574, secondo le ipotesi pi accreditate, sarebbe stato compilato da Sacchetti in una successione grosso modo cronologica, cos che la frottola cccviii verrebbe a risultare il penultimo tra i testi scritti dal fiorentino, o perlomeno ad essere trascritto sul codice.55 Secondo lipotesi di datazione dellAgeno, infatti, Ohi, ohi, omoi! risalirebbe al 1399, giusto un anno prima della morte di Franco nel 1400. Per chiudere questa nostra preistoria mancata, insomma, non si potrebbe dare confine pi simbolicamente netto a cui convenga, come sto per fare, arrestarsi.
54.Cfr. risp. ed. cit., pp. 244-51, 389-400 e 495-503. 55.Segue solo la canzone La prima legge, che dal ciel divino, che Sacchetti data all anno MCCCC (Sacchetti, Patafo, cit., pp. 503-6). Sulla stratificazione dellautografo sacchettiano cfr. L. Battaglia Ricci, Tempi e modi di composizione del Libro delle rime di Franco Sacchetti, in La critica del testo. Problemi di metodo ed esperienze di lavoro. Atti del Convegno di Lecce, 22-26 ottobre 1984, Roma, Salerno Editrice, 1985, pp. 425-50, e Ead., Comporre il libro, comporre il testo. Nota sullautografo di Franco Sacchetti, in Italianistica , xxi 1992 [= Studi in memoria di Giorgio Varanini, i. Dal Duecento al Quattrocento], pp. 598-614.
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Michelangelo Zaccarello UNa FOrma isTiTuZ iONaLe DeLLa p Oesia BurC H ieLLesCa: La riC eTTa meDiCa, COsmeTiCa, C uLi Naria Tra parODia e NON S E N S E
1. La ricetta come forma istituzionale della rimeria alla burchia Il sonetto costruito secondo uno schema farmacopeico rappresenta una delle forme pi caratterizzanti della rimeria di stile burchiellesco: la presenza di sintagmi formulari, una sintassi ripetitiva con larga prevalenza della paratassi, lampia libert di utilizzo dei materiali lessicali pi disparati e delle pi bizzarre iuncturae sono elementi distintivi della tecnica alla burchia che trovano nella struttura della ricetta una sede ideale, in forza dellampio orizzonte tematico disponibile. Per la rimeria giocosa, la ricetta costituiva anche un potente veicolo di diffusione, data la familiarit di cui godevano tali forme scritte presso tutte le fasce della societ medievale. Nei vari testi che prenderemo in esame, infatti, un medesimo schema strutturale opera
per la ricetta culinaria, che nei suoi adattamenti letterari ammicca allossessione per il cibo ed alle immagini dabbondanza tipiche del filone carnevalesco;1 per quella medica, dove confluiscono le ricche tradizioni, tra loro collegate, della satira del ciarlatano e dallampia tematica dellinvectiva contra me di cum;2
1.In tal senso, non pu stupire che le pi tarde visioni del Paese di Cuccagna attingano a piene mani dai ricettari coevi, come accertato da Piero Camporesi per il Prologo alla Contralesina. Overo ragionamenti e lodi della splendidezza, del Pastor Monopolitano, Venezia, G.B. Ciotti, 1604, nei confronti della Singolare dottrina del celebre cuoco Domenico Romoli detto Panunto, la cui prima edizione fu pubblicata nel 1560 (P. Camporesi, Il paese della fame, Bologna, Il Mulino, 1978, poi Milano, Garzanti, 2000, da cui si cita: pp. 88-89). 2.Per il primo termine, sia consentito il rinvio al mio Indovinelli, paradossi e satira del saccente: naturale e accidentale nei Sonetti del Burchiello, in Rassegna europea di letteratura italiana , xv 2000, pp. 111-27, con la bibliografia ivi citata; il secondo naturalmente dominato dallarchetipo petrarchesco delle Invective contra medicum che, pur rivolte a un
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michelangelo zaccarello
per quella meno nota, ma assai diffusa nel primo Rinascimento, della ricetta cosmetica (dove si pu pure intravedere un rapporto vitale, anche se meno diretto, con la polemica sulle mode femminili, che attraversa molti generi coevi in verso e prosa).
Com noto, il compiacimento per lelencazione delle vivande possiede radici molto antiche che uniscono la rimeria toscana al plazer transalpino. Difficile stabilire storicamente i canali di diffusione di tematiche tanto diffuse e soggette a performance orale, ma probabile che unimportante ruolo di mediazione sia stato svolto del giullare Niccol Povero. Le sue paneruzzole o mattane si distinguono per il tono burchiellesco prodotto dal vertiginoso accumulo di voci e sintagmi disparatissimi, ove tuttavia prevale il referente gastronomico e non manca un accenno di ricetta, condotta nel consueto tono paradossale:
Piovon frittelle e iscodelle di lente e macheron che son ben incaciati e molte quaglie ci son di presente [] e se ti vuoi guarir del mal del fianco mangia otto some e pi di matton rotti. Se riposar ti vuoi quando se stanco, porta un gran peso e va sempre correndo e di cattivit non sarai manco.3
Con intento pi o meno serio, sono molti i menu messi in rima, per mezzo di testi che si riducono a sfrenata esibizione di prelibatezze, spesso sciorinate con una sintassi di grado zero, mera giustapposizione di sintagmi nominali. Cos gi in Simone de Prodenzani, che descrive una grande abbuffata con un trittico di sonetti (li-liii), in cui sensibile la parodia dei generi seri, a partire dalla invocazione di una specialissima
bersaglio specifico (larrogante e importuno medico di papa Clemente VI), hanno ispirato innumerevoli variazioni sul tema fra XIV e XV secolo: il pi recente editore del libello petrarchesco, Francesco Bausi, ne segnala ben undici esempi (F. Petrarca, Invective contra medicum. Invectiva contra quendam magni status hominem sed nullius scientie aut virtutis, a cura di F. Bausi, Firenze, Le Lettere, 2005, p. 22 e n. 47). 3.Sono i vv. 163-65 e 173-77 della prima paneruzzola, riportata da G. Crimi, Loscura lingua e il parlar sottile. Tradizione e fortuna del Burchiello, Manziana, Vecchiarelli, 2005, p.133.
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una forma istituzionale della poesia burchiellesca triade di santi protettori, quali il pasticciere Macario, Tomaciello e Gaudeno, ricondotti ovviamente a macaroni, tomacelli (ovvero polpette) e godere rispettivamente.4 La consonanza con i testi burchielleschi evidente nel son. lii, dove lapparato sintattico ridotto allosso (vengono impiegati solo tre verbi, evidenziati in corsivo):
Tortelli in scudella e bramangieri, suppa franciesca, lasagnia e ntermesso, raviuoli prima e poi ci venne el lesso: polli sommate, cinghiale e pevieri, poi caprioli e lepori in civieri, tordi, piccioni, starne arrosto apresso, con vin vermegli et aranci con esso, poi parmigiane, tartare e pastieri. Bianchi savori, verdi e camellini, composta, ulive concie qui si pone, per far nostri apititi agui e fini; pere cotte e treggiea quivi sone, uva passarmelle appie e nociellini, poi anasi confetti e l ciantellone.5
La rassegna di pietanze sopraffini solo uno dei modi in cui si concretizza la visione del regno di Cuccagna, motivo letterario dallampio spettro sociologico dove la parata dellabbondanza e della ghiottoneria destinata a strabiliare il pubblico ma soprattutto ad esorcizzare la fame e la carestia, come splendidamente ha illustrato Piero Camporesi nel cit. saggio Il paese della fame. Del resto, il sonetto burchiellesco come qualunque altro testo che prenda ad oggetto il cibo non pu sottrarsi a una delle pi universali chiavi dinterpretazione della letteratura del Rinascimento, la dialettica tra Carnevale e Quaresima, due polarit che il testo comico sviluppa in termini ugualmente iperbolici e paradossali. Nei Sonetti del Burchiello tro4.Simone de Prodenzani, Rime, ed. critica a cura di F. Carboni, Manziana, Vecchiarelli, 2003: si tratta del son. li (i nomi parlanti si trovano ai vv. 1, 5 e 9). San Godenzo che anche un toponimo dellappennino tosco-emiliano appare due volte anche nei Sonetti del Burchiello, xcix 7 e cviii 9. 5.Simone de Prodenzani, Rime, cit., lii, p. 302.
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michelangelo zaccarello viamo infatti uno che f il Burchiello per la quaresima (xc: Apro la bocca secondo i bocconi ; la rubrica del Trivulziano 976, ma condivisa da altri due codici), ove invece di inebrianti visioni dabbondanza troviamo una rassegna di cibi penitenziali, quali pesce minuto e di qualit scadente, legumi vari indicati con voci di sapore gergale: [mangio] talor quel dipintor co suo prigioni / che niun per povert fu mai riscosso / quando quel calzaiuolo (xc 5-7); grazie al soccorso di glosse marginali di alcuni copisti sappiamo che si tratta, rispettivamente, del pisello e del fagiolo.6 Per converso, il sonetto clxxxi, Da buon d, gelatina mie sudata imperniato su ununica vivanda, la gelatina di carne appunto, di cui si tesse un appassionato elogio passandone in rassegna i vari ingredienti; la designazione di questi non tuttavia diretta, ma lambiccatamente perifrastica, al limite dellindovinello o del gergo (vv. 9-14):
Quel tra Lerice e l porto dellAmore o ne primi cuiussi del poeta,7 non ti manc n pesto il venditore, n la dolceza che s gli orsi allieta e quando atrista il suo agricultore, vin, sal, gruogo, acqua, aceto a man discreta.
Anche a fronte della notevole libert concessa dal codice burchiellesco, si tratta di un gioco linguistico decisamente anomalo per un testo farmacopeico, e invano si cercherebbero in questo sonetto le cifre formulari e stilistiche che caratterizzano questo sottogenere e che verranno esaminate in questo contributo. Occorre dunque definire (a) quali siano i connotati formali distinitivi del sonetto farmacopeico allinterno di corpora poetici ispirati allo stile burchiellesco; (b) sia pure in via di approssi6.Si tratta di glosse marginali del Vat. Rossiano 985, c. 105v, ma nel Panciatichiano 25 della Nazionale di Firenze tali glosse appaiono subentrate al testo e creano versi grossolanamente ipermetri: talor quel dipintor pisello co suoi prigioni [] quando quel chal za[i]uolo fag[i]uolo (c. 78r: cfr. il mio Morfologia e patologia della trasmissione nei Sonetti di Burchiello, in Studi di filologia italiana , lvii 1999, pp. 257-76, a p. 266). 7.Lallusione forse al dum conderet urbem, nei primissimi versi dellEneide di Virgilio, il poeta per antonomasia: cfr. P. Vergilius Maro, Aeneidos liber primus, edited with introduction, notes and vocabulary by H.E. Gould & J.L. Whiteley, Bristol, Bristol Classical Press, 1990, i 5, a p. 1.
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una forma istituzionale della poesia burchiellesca mazione, lincidenza quantitativa di questa tipologia testuale nei Sonetti del Burchiello ed in altri corpora poetici che per ampiezza e variet possono fornire indicazioni soddisfacenti. 2. Incidenza quantitativa nel corpus burchiellesco Allinterno dei Sonetti del Burchiello, lincidenza di testi propriamente svolti secondo uno schema farmacopeico significativa ma non amplissima. A prescindere dagli accenni puntuali a questa tipologia testuale, disseminati in moltissimi testi alla burchia, si hanno infatti solo sette testi (su 223) interamente sviluppati sullo schema della ricetta, sebbene con modalit via via divergenti (i testi sono citati da Sonetti del Burchiello 2004):
Se vuoi far larte dellindovinare (iii, p. 5) Se tu volessi fare un buon minuto (xxxi, p. 43) Signor mio caro, se tu hai la scesa (lxxxvii, p. 124) Chi guarir presto delle gotte vuole (ciii, p. 146) Qualunque al bagno vuol mandar la moglie (cxxvii, p. 178) Son medico in volgar, non in grammatica (cxxxi, p. 184) Se vuoi guarir del mal dello nfreddato (clxiii, p. 228)
Solo in tali testi operano tutti i fattori caratteristici di questo particolare filone, e in particolare quel tasso di formularit che rinvia esplicitamente alle compilazioni mediche e culinarie dellepoca:
lincipit ipotetico Se vuoi / Se tu volessi, seguito dalle finalit di applicazione della ricetta medica o dal piatto desiderato, come nei ricettari coevi, dove viene anche usato a mo di rubrica per lintera ricetta: cfr. il tipo Se vuoi buon vermicelli per xij persone, che ricorre nella raccolta dei xii ghiotti;8 il verbo formulare, alla seconda persona, che introduce la lista di ingredienti tipicamente To / Togli: per citare solo passi che presentano affinit contenutistiche con i nostri testi, si confronti questa ricetta dellAshburnham 349, c.
8.Il testo non edito modernamente, ma se ne pu avere una campionatura nel bel saggio di L. Bertolini, Problemi testuali dei libri di cucina: lorganizzazione del testo nella tradizione dei XII ghiotti, Bullettino senese di storia patria , a. c 1993, pp. 47-81.
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11r : Se alcuno fosse refreddato ch(e) non potesse parlare togli orpim(en)to e peve e tritale b(e)n , che si pu confrontare con Sonetti, clxiii, Se vuoi guarir del mal dello nfreddato; nello stesso codice, c. 16v: Se uno avesse cattiva memoria togli unerba ch(e) nome gallitrico e ma(n)za lerba [] , da confrontare con i vari riferimenti alla mnemotecnica presenti nel corpus burchiellesco (specie iii 9 et pparare a mente la memoria).
Togli era il pi diffuso equivalente del latino Recipe, normalmente reso in forma abbreviata, e spesso conservato anche in contesto volgare: di uso diffuso gi nel sec. XIII (Zucchero Bencivenni, GDLI ), passa alluso sostantivato per ricetta solo nel sec. XVI, sulla scorta del francese (DEI).9 A noi interessa solo luso formulare, che introduce lelenco degli ingredienti: Unguento da ochij perfectissimo. R(ecipe) onto sotille onci .j. e lavalo tre over quatro volti cu(m) aqua roxa [] (nel quattrocentesco ms. Laur. Ashburnham 348, c. 95r) o in contesto poetico Recipe a liberar dal mal del morbo , incipit di un so netto trdito dalledizione pseudo-londinese dei Sonetti del Burchiello.10 A questa struttura si conformano non solo i testi di carattere pratico e applicato, ma gran parte delle pi nobili compilazioni in materia. Sebbene il mondo dei ricettari tre-quattrocenteschi sia un mare magnum ancora solo in minima parte esplorato, possono bastare gli esempi pi noti (e diffusi in testimonianze depoca) ad esemplificare il nostro discorso: lano nimo Liber de coquina o de arte coquinaria, lAntidotarium magistri Nicolai, mae stro Martino de Rossi, Bartolomeo Platina, lo pseudo-Michele Savonarola, i citati xii ghiotti. Dal Liber de arte coquinaria, nella versione toscana pubblicata da Francesco Zambrini, possiamo citare uno stralcio casuale:
9.Il riferimento, da intendere s.v., naturalmente risp. a S. Battaglia-G. Brberi Squarotti, Grande Dizionario della Lingua italiana, Torino, Utet, 1961-2002 (21 voll. con un Supplemento 2004), e a C. Battisti-G. Alessio, Dizionario etimologico italiano, 5 voll., Firenze, Barbra, 1950-1957. 10.Si tratta del n. 233 dei Sonetti del Burchiello, del Bellincioni e daltri poeti orentini alla burchiellesca, Londra [ma Lucca-Pisa-Livorno] 1757 (p. 153): esso compare allinizio della parte dedicata ai sonetti trovati in altri Testi sotto suo nome, imper ci parso bene mettergli separati dagli altri (pp. 145-234). Ledizione fu pubblicata con ogni probabilit per iniziativa e cura di Anton Maria Biscioni (1674-1745), il noto bibliotecario della Laurenziana e cultore di testi volgari.
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Sullampio spettro di utilizzo di tali ricettari si dir pi avanti, bastino per adesso alcuni esempi che di tale rigido impianto formulare offre il Ricettario medico-cosmetico attribuito a Michele Savonarola (Ferrara, Bi blioteca Ariostea, Cl. II 147), che illustra tra laltro il modo di realizzare oro liquido e colori per la miniatura:
Recipe lo marmore bianco et mettilo ne lo letame fino che se comincia a regolare, te habbi del fiore di guado, cio de la schiuma, cio quando li tintori tinzeno, sia ben seco et mettilo a tridare suso la pietra et quanto pi ne metti tanto pi viene aperto.12
Da questo passo emerge luso di un altro verbo formulare, (h)abbi, usa to per indicare la disponibilit di un ingrediente o per semplice variatio rispetto a togli e recipe. Anche questa voce prontamente recepita nella parodia burchiellesca (iii 5-8):
poi fa Volterra in tutto dimagrare et habbi del bitur dun anitrocco e di compieta il primo e sezzo tocco e questo l modo se tu vuo volare [].
Tra i verbi caratteristici della preparazione farmacologica, i pi frequenti sono stillare o distillare, che indica lestrazione o purificazione del principio per bollitura dei solidi o per condensa dei liquidi, come nel Ricettario Bardi:
11.Libro della cucina del sec. XIV, testo di lingua non mai n qui stampato, a cura di F. Zambrini, Bologna, Romagnoli, 1863, rist. an., Bologna, Forni, 1968, p. 23. Di tali fonti esistono spesso edizioni parziali e/o sintesi moderne, finalizzate ad estrarne le ricette ad uso di cuochi e curiosi: su questa linea divulgativa, ma di ottimo livello scientifico, O. Redon F. Sabban-S. Serventi, A tavola nel Medioevo, con 150 ricette dalla Francia e dallItalia, pref. di G. Duby, Roma-Bari, Laterza, 2004. 12.Pseudo-Savonarola, A far littere de oro. Alchimia e tecnica della miniatura in un ricettario rinascimentale, a cura di A. P. Torresi, pref. di M.G. Ciardi Dupr Dal Poggetto, Ferrara, Liberty House, 1992, p. 104.
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Recipe il mese di marzo ne fiumi, dove fanno le rane una certa schiuma, che drento vi stanno tre o quattro rane, e radunala, e poi la metterai a stillare a bagno, quando ne avrai ragunata quanta vorrai, e questa si domanda sperma di rane stillata [] ottima per linfiammazione della faccia, di occhi e di tutto il corpo.13
Puntualmente, il verbo compare in vari luoghi dei Sonetti del Burchiello, applicato ai pi disparati ingredienti:
Se vuoi far larte dello ndovinare tgli un sanese pazzo et uno sciocco, un aretin bizzarro et un balocco e fagli insieme poi tutti stillare. (iii 1-4) Stilla tre pipistregli e begli quando il giudice va a banco: questa ricetta buona al mal del fianco. (clxiii 15-17) Scontr messer Mariano che distillava barbe di tartufi per guarir del veder civette e gufi. (clxxii 15-17)
Altrettanto caratteristico, e dunque passibile di impiego allusivo pestare o battere, che indica la frantumazione degli ingredienti nel mortaio dello speziale, come nella ricetta per la tintura azzurra nel Cl. II 147 dellAriostea di Ferrara:
A fare azuro Recipe lapis lazuli et pistalo bene sutilmente, te fa uno pastello di trementina e di sapone, et di rasa di pino, et quando haverai fatto lo pistello lascialo stare per 4 d, te poi fa una liscia dolce che sia bene chiara e bella []14
Al pari di ungere, il verbo si presta a un impiego di forte allusivit erotica, come del resto la metafora del mortaio, vulgatissima a partire dal Decameron;15 nei Sonetti, esso designa la particolare terapia destinata a ri13.Il ricettario Bardi. Cosmesi e tecnica artistica nella Firenze medicea, a cura di A.P. Torresi, Ferrara, Liberty House, 1994, p. 130. 14.Pseudo-Savonarola, A far littere de oro, cit., p. 104. 15.Si tratta delle parole con cui monna Belcolore restituisce il tabarro del prete da Var lungo (si cita da G. Boccaccio, Decameron, a cura di V. Branca, Torino, Einaudi, 1980):
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una forma istituzionale della poesia burchiellesca pristinare la fertilit di una moglie mediante il bagno termale: Credi a me che son medico cerugo: / fa che ogni sera pesti un petronciano / e priemil con duo man e beti il sugo (cxxvii 9-11). Altrettanto si pu dire dellequivalente battere, che pu tuttavia indicare anche latto di sminuzzare finemente gli ingredienti. Lesempio seguente ha un incipit che ricorda da vicino quello di uno dei nostri sonetti, il iii Se tu volessi fare un buon minuto:
Se vuoli fare minuto nella migliore maniera che fare si puote, togli due libre di mandorle et una buona anguilla frescha, e togli buone erbe oglenti bene monde e bene lavate, e mettele a lessare e battile bene.16
Gran parte dei rimedi illustrati nei ricettari del secolo XV sono concepiti per lapplicazione esterna, localizzata nellarea sofferente: impiastri, pittime (cio impacchi, come negli stessi Sonetti, lxxxvii 9), lattovari, ma soprattutto unguenti. La famiglia ungere/unzione/unguento la pi ampiamente rappresentata nel linguaggio farmacopeico, come dimostra questo esempio tratto, ancora dal Ricettario Bardi, che propone un equivalente quattrocentesco dellodierna pillola blu:
Oleum ad erectionem Priapi Recipe olio di pistacchi, olio di seme di senapa ana oncia meza; belgivi dramma una; fa linimento et unta le parti genitali.17
3. Lapporto della tradizione mediolatina e dellInvectiva contra medicum Il sonetto imperniato sulla ricetta medica intrattiene un rapporto di analoga complessit con la tradizione precedente, cui contribuiscono in pari misura da un lato generi seri, quali linvectiva contra medicum (lesem Dirai cos al sere da mia parte: La Belcolore dice che fa prego a Dio che voi non pesterete mai pi salsa in suo mortaio, non lavete voi s bello onor fatto di questa. Il cherico se nand col tabarro e fece lambasciata al sere, a cui il prete ridendo disse: Dirale, quando tu la vedrai, che sella non ci prester il mortaio, io non presterr a lei il pestello (viii 2 44, p. 904). 16.lvii ricette dun libro di cucina [= Ricc. 1071] del buon secolo della lingua, [a cura di S. Morpurgo,] Bologna, Zanichelli, 1890, p. 21. 17.Il ricettario Bardi. Cosmesi e tecnica artistica, cit., p. 130.
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michelangelo zaccarello pio pi cospicuo il Petrarca di Familiares, v 19, e delle Invectivae appunto), dallaltro varie forme di parodia o satira del medico imbroglione o ciarlatano, attestate tanto in prosa quanto in versi. Si pensi a Mariano da Pisa, il messer Mariano citato sopra, che viene satireggiato tanto nei Motti e facezie del Piovano Arlotto quanto nei Sonetti del Burchiello attraverso la ricetta della sua specialit segreta, la famigerata utriaca che gli impostori smerciavano nelle piazze per curare ogni genere dinfermit; quella di Mariano non potrebbe essere pi inconsistente (lx 1-4):
Limatura di corna di lumaca, vento di fabbro, dorgano e di rosta perch mosca giamai non vi saccosta mette mastro Marian nellutraca [].
Il sonetto abbandona poi lo schema della ricetta per dare libero sfogo alla variet tipica dei testi alla burchia, ma Mariano ricompare in un altro sonetto del corpus, il ccxvi, attribuibile ad Andrea de Medici e interamente dedicato a mettere in berlina un impostore anche peggiore del proverbiale imbroglione pisano, il sarto castellan fatto sensale, che vanta anchegli studi nella prestigiosa facolt pisana di medicina (ccxvi 5-14):
Mandagli il segno tuo nellorinale e sollazando fa che fugga lozio, che, non che tu, ma se fusse uno Scozio ti chiarer come fratel carnale. Chicchi bichiacchi dice il tuo sanguigno, intendi me che gi studiai a Pisa et ogni mal conosco senza signo . Mariano chode scoppia delle risa, ondegli stringe i denti e l viso arcigno, bestemmia ogni potenza alla ricisa.
In mancanza di adeguate conoscenze anatomiche, losservazione del campione dellurina era la principale pratica diagnostica insieme a varie forme di palpamento del corpo.18 Chi pretende di conoscere una malat18. Come stabilire una diagnosi, per esempio? Attraverso la vista e il tastamento, il medico riconosce senza sbagliarsi i disturbi la cui manifestazione esterna [] numero-
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una forma istituzionale della poesia burchiellesca tia senza signo (un vero controsenso per un medico serio, specie se laureato a Pisa) non pu che affidarsi a un confuso sproloquio, finalizzato a gettare fumo negli occhi del paziente; la locuzione impiegata denota unignoranza ciarliera e petulante, ed cos spiegata nellHercolano di Be nedetto Varchi:
Dun ceriuolo o chiappolino il quale non sappia quello che si peschi n quante dita sabbia nelle mani e vuol pure dimenarsi anchegli per parer vivo o guizzare per non rimanere in secco, andando a favellare hora a questo letterato o mercante e quando a quellaltro, si dice: egli un chicchi bichicchi e non sa quanti piedi sentrano in uno stivale.19
In epoca antecedente al Burchiello, si trova un impiego diverso della ricetta allinterno di testi dal pi spiccato carattere drammatico o narrativo; nella commedia mediolatina, ad esempio, spesso la preparazione di medicine o unguenti miracolosi a risolvere situazioni complicate. In alcuni casi, gli autori indulgevano ad elencare gli ingredienti del composto, perlopi improntati allossimoro o alladynaton. Da ultimo, questo ti po di ricette impiegate in contesto letterario stato studiato da Armando Bisanti, che si sofferma su un espediente attestato tanto nella commedia latina medievale quanto nella novellistica volgare (con esempi nel Baucis et Traso e nel Novelliere di Giovanni Sercambi), ovvero la ricetta destinata a restituire la malconcia verginit a una futura sposa in vista del suo ma trimonio;20 il pedigree letterario di questo motivo non deve per fare dimenticare che tale prassi ben attestata nei serissimi ricettari delle poca:
Ad restringendam vulvam Recipe grani di sommaco, di mirto, di coriandoli, lente, cappelli di ghiande ana drame dua, palle di cipresso, di quercia preforata ana once quattro, allume di
si trattati laiutano a stabilire la diagnosi fondandosi su due segni principali: il ritmo del polso e il colore o la consistenza delle urine (D. Jacquart, La medicina medievale alla prova, in Per una storia delle malattie, a cura di J. Le Goff e J.-C. Sournia, Bari, Dedalo, 1986 [ed. or. Les maladies ont une histoire, Paris, Seuil, 1985], pp. 71-76, a p. 71). 19.B. Varchi, LHercolano, ed. critica a cura di A. Sorella, pres. di P. Trovato, 2 voll., Pescara, Libreria dellUniversit, 1995, Intr. 704, pp. 620-21. 20.A. Bisanti, Enea Silvio Piccolomini e le ricette impossibili, in Schede umanistiche , n.s., 2 2001, pp. 25-34.
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rocca oncia meza, cime di squinanti mezo manipolo. Farai polvere dogni cosa, e farai bollire in acqua serrata libbre otto, alla consumatione del terzo, poi cola e sprem, e spesso con una spugna in loco vi bagnate, e poi fatto questo userai questaltro: scorze di pino oncia una, allume di rocca oncia meza, cipperi drame dua. Farai polvere dogni cosa e farai e farai bollire nella detta decotione, e poi bagnerete pezete di lino e le metterete spesso nel luoco dentro per otto giorni, che restringer come se fosse fanciulla.21
Ma il saggio di Bisanti sottolinea anche il riutilizzo della ricetta in mbito umanistico, dove la rassegna degli ingredienti stravaganti e paradossali offre il destro per esibire un raffinato repertorio mitologico; lo studioso cita un passo dei Carmina di Enea Silvio Piccolomini:
Tolle sonum ciceris, sicca dum veste tenetur, cum galli cantu decoque utrunque simul; Arpalices, quantum cursus capit, accipe dextra deque domo sumas tres Aquilonis apes; Tres Niobe lachrimas, duo tantum basia Prognes, illud, quod rapuit, det tibi litus, Hylam; Herculee libram dumtaxat sumito clave et pullum, feta est quem tua mula tibi; intuitum post hec captato libistidis urse et quicquid veri Lesbia dicit habe.22
Nelle sue fini annotatiunculae ai carmi del Piccolomini, Mario Martelli rileva il tono burchiellesco di questi adynata, e lo mette in relazione a un testo che si trova giustapposto ai Sonetti in alcune testimonianze quattrocentesche.23 Si tratta di un capitolo ternario indicato dalle rubriche come Medicine; esso narra una visione in cui appare un medico da strapazzo che espone le sue improbabili ricette e le propriet di una moltitudine di
21.Il Ricettario Bardi. Cosmesi e tecnica artistica, cit., p. 56. 22.Aeneas Silvius Piccolomini, Carmina, a cura di A. Van Heck, Citt del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1994, epigr. xli. Il passo in questione citato da Bisanti, Enea Silvio Piccolomini e le ricette impossibili, cit., pp. 26-27. 23.M. Martelli, In Aeneae Silvii Carmina Annotatiunculae, in Interpres , xvi 1997, pp. 245-73; lo studioso cita in proposito due degli esempi farmacopeici offerti dai Sonetti del Burchiello (ciii e clxiii).
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una forma istituzionale della poesia burchiellesca strampalati ingredienti. Ne cito alcuni stralci dal ms. Vat. Barb. lat. 3936, c. 34r-v e 35r :
In prima dicie: A crescier i capelli, togli un quaderno de cichale lesse e grilli bianchi, e mescola co(n) elli; e poi le palme tongirai co(n) esse di piei: e statte al suol tridici nocte sena dormire e faraile spesse. [] A chi avesse i denti troppo secchi dagli a mangiar nove mactine a veglia una carrata di rose e di stecchi [] E si di porri vorrai guarir tosto torrai tre salta di lumacha e fagli bollire al vento e non dir: I mi scosto, et leghategli a piey con tre sonagli e uno archo di ponte e al sereno te sta tre d, e fa che no(n) abagli .
E cos via, per un totale di 209 versi nella redazione del Barberiniano (216 nella versione che Martelli cita dalledizione pseudo-londinese):24 nel Quattrocento era dunque possibile organizzare un intero, lungo testo interamente sullo schema delle ricette bizzarre o paradossali, in modo che sui motivi tradizionali della satira del ciarlatano prevalesse largamente il gusto per il virtuosismo linguistico e retorico, la ricerca ossessiva di adynata e di iuncturae ossimoriche. Nel saggio di Martelli non se ne azzarda lattribuzione; tuttavia, sebbene adespoto (e inserito dalledizione pseudo-londinese nella terza parte, quella delle rime dubbie), il testo da identificarsi con la seconda mattana del giullare Niccol Povero, gi autorevolmente indicato come uno tra i principali precursori dello stile burchiellesco.25 La scelta dei copisti che abbinano questo strano ca24.Sonetti del Burchiello, del Bellincioni e daltri poeti orentini alla burchiellesca, cit., pp. 178-79. 25.Questo rimatore, studiato ai primi del Novecento da Ezio Levi, stato da tempo indicato come uno dei pi significativi precursori dello stile burchiellesco: cfr. principalmente Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 128-29 e n. 6, che riassume la bibliografia pregressa. Delle mattane o paneruzzole del giullare manca unedizione moderna che sostituisca quella offerta da Levi. La prima paneruzzola, riproposta di recente da Tito Saffioti (I giullari
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michelangelo zaccarello pitolo ai Sonetti dunque ben motivata, e non a caso ripresa dai compilatori della citata edizione pseudo-londinese: nonostante la vistosa infrazione dellomogeneit metrica della raccolta (un criterio che porta molti scribi a omettere ad esempio, la canzone Voi che sentite gli amorosi vampi, certamente del Burchiello), il testo condivide con i sonetti alla burchia il gusto per il gioco di parole, linfrazione di varie forme di concatenazione logica, la sbrigliata inventiva lessicale. E come nel sonetto alla burchia, tale caleidoscopica variet convive con una sintassi rigida e monotona, che non solo risulta in cola rigorosamente circoscritti alla singola terzina, quando non al singolo verso, ma scandita periodicamente dalle frasi ipotetiche e dagli altri elementi formulari caratteristici della ricetta (a partire dal canonico Se vuoi). 4. Lorizzonte tematico del ricettario Fin qui, ci si primariamente soffermati su aspetti linguistici e formali del testo farmacopeico; tuttavia, importantissimo notare che la maggioranza dei ricettari, e soprattutto le forme pi comuni di compilazione ad uso familiare o di una piccola comunit, non si limitavano a ricette di carattere medico o culinario, ma cercavano di mettere insieme un autentico prontuario destinato a risolvere i molti problemi della vita quotidiana per tutti i membri della comunit: con un occhio alle donne, destinatarie delle molte ricette di cosmesi, e con una certa attenzione per i pro blemi degli animali da trasporto (vi si trovano spesso intercalate ricette di mascalcia). Infine, in questa svariata fenomenologia testuale venivano mescolate e intercalate ricette di tipo magico-astrologico, incantesimi vari ed excerpta dai pi famosi alchimisti del Medioevo, come dimostra la frequentissima inclusione di testi di Ramon Lull e Arnaud de Ville-Neu ve: si possono citare esempi di notevole pregio estetico o storico come il Laur. Ashburnham 1166 e il citato Ricettario medico-cosmetico attribui to a Michele Savonarola. Ma per illustrare lampio spettro dimpiego di queste compilazioni farmacopeiche, converr citare alcune ricette estratn Italia: lo spettacolo, il pubblico, i testi, Milano, Xenia, 1990, pp. 445-46) pubblicata dallo i stesso Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 129-33.
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una forma istituzionale della poesia burchiellesca te dal ms. Firenze, Biblioteca Laurenziana, Ashburnham 349, codice cartaceo della met circa del secolo XV:
Se tu voli chun arboro n(on) abia foglie fin ala festa de san Zovan batista quella mattina de san Zovan(n)o inanti ch(e) leve el sole p[i]anta q(ual) arboro tu voli e n(on) far foglia fin al dito d de san Zovan(n)o (c. 5v). Se tu voli che le tethe n(on) crescano mai a le fantine, fa castrare un porco e col sangue del coglione destro ungiglie la mamilla destra e con sangue del sinistro ungiglie la mamilla sinistra e mai n(on) cresceran(n)o pi (c. 13v). Se tu vol sempre avere i(n) memoria una do(n)na, q(ua)n(do) tu ma(n)ze de cappone togli q(ue)llossecello pi picholo ch(e) i(n) cima de lala destra e ma(n)za q(ue)llosso p(er) so amore [] (c. 18v).
Credo che esempi come questo ci aiutino a demarcare con maggiore rigore quanto nei Sonetti o in altri testi possa (o non possa) definirsi nonsense. In altre parole, occorre definire in via preliminare lorizzonte di quanto era atto a produrre questo tipo di straniamento in un lettore quattrocentesco, venendo percepito come bizzarro e deliberatamente strampalato; per converso, solo una pi articolata conoscenza di tipologie testuali non letterarie o semi-letterarie, che costituivano nondimeno letture diffuse, addirittura consuete in certi mbiti privati e familiari, pu servire a delimitare proficuamente il territorio della parodia e a distinguerne i bersagli. Se ricettari come i citati vantavano un ampio credito da parte di vaste fasce dutenza, non inverosimile supporre che le fasce in tellettualmente pi avvedute nutrissero per tali testi un divertito scetticismo, che consuonava per giunta con lampia letteratura prosastica (ed il repertorio novellistico) afferenti alla citata tradizione contra medicum. 5. Le raccolte di ricette e le descrizioni di banchetti: effetti di aggregazione spontanea e comicit involontaria Nel 1968, Domenico De Robertis pubblicava un saggio unanimemente considerato un pilastro della critica burchiellesca,26 in cui indicava nei
26.D. De Robertis, Una proposta per Burchiello, in Rinascimento , viii 1968, pp. 1-68.
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michelangelo zaccarello libri di gabella, e pi in generale negli elenchi inventariali, un punto di riferimento importante per comprendere il gusto combinatorio delle enumerazioni burchiellesche, nonch la spontanea formazione di endecasillabi che risulta dalla giustapposizione di sintagmi nominali e dalle movenze di una sintassi modulare e prevedibile. La proposta dello studioso, suggerita in relazione a semplici elenchi e inventari di merci andrebbe per applicata anche ad altre tipologie testuali, basate sullelencazione ma non del tutto riconducibili a serie nominali. Laddove anzi lenumeratio viene introdotta e accompagnata da una sia pure elementare e ripetitiva sintassi, quelle suggestive analogie sembrano moltiplicarsi e estendersi dalla semplice materia lessicale ai connettivi sintattici, dalla rigida scansione della paratassi al ricorrere di giri frasali che assumono spesso il tono formulare e memorabile dei clich burchielleschi. Il testo farmacopeico senzaltro una di queste tipologie: vi concorrono luso di un lessico inconsueto e peregrino, che evoca spesso lesotico e il raro, lampia prevalenza della paratassi, labbondanza dei nessi e delle strutture formulari. Ma i documenti depoca non ci informano sulla gastronomia solo attraverso le ricette: molto apprendiamo anche dai resoconti di banchetti e conviti. Nella notevole variet che li caratterizza (compilati da dipendenti della corte per esigenze di rendicontazione interna, da privati citta dini per informarne familiari e amici, o persino da storici e cronisti nel lambito di opere di ampio respiro, ad esempio Bernardino Corio), essi condividono tratti comuni, specie relativi alla compresenza di una nalitica descrizione delle vivande (eventualmente corredata di informazioni sul costo dei relativi ingredienti) e di dettagliate informazioni sulla presentazione di esse, che non solo privilegiava fattori quali la stravaganza simbolica o levocativit letteraria nella guarnizione dei cibi, ma avveniva con modalit autenticamente teatrali. Nelle varie forme di descrizione di questi sontuosi apparati, la sbrigliata fantasia dei registi dava corpo a visioni pienamente burchiellesche, che accozzavano animali rari e composizioni vegetali con molteplici riferimenti mitologici; al contempo, la modularit del dettato produceva attraverso un ritmo ben scandito e spesso monotono un gran numero di cola ritmici, che risultano assai spesso in endecasillabi involontari. Se ne trova un gran numero nei vari testi pubblicati da Claudio Benporat nella sua monografia sui 62
una forma istituzionale della poesia burchiellesca banchetti di corte nel Quattrocento.27 La casistica tale e tanta che possibile divertirsi a mettere insieme un sonetto burchiellesco di una qualche plausibilit (sistema rimico a parte):
Zellatina de pesci in piatti grandi, el Coliseo contraffatto e ornatissimo fece il Duca presenti di valuta e collui il fattore dellabate. Mense, trespoli et altri fornimenti 5 corso amabile et vino de Grandoli meritamente li fo consegnata cum deci monstri marini argentati. Uno Hercule con un leone socto e colli supradicti Herculi Baccho 10 di duecento miliara di fiorini: ancora furono portate in tavola ficatelli de pulli e de capretti, geladia in conche di vincorno. Per domenicha sera 15 furonvi servitori e cortigiani, finalmente compiuto il desinare.
[p. 159] [p. 157] [p. 144] [p. 137] [p. 137] [p. 159] [p. 188] [p. 272] [p. 169] [p. 170] [p. 141] [p. 174] [p. 281] [p. 175] [p. 145] [p. 240] [p. 143]
Mi si perdoner lo sconfinamento ludico, se pu servire a dare ragione del la relativa facilit di questo tipo di versificazione, in cui la sintassi, frantumata e addomesticata dalle lunghe enumerationes, consegna al rimatore unampia messe di materiale, che permette di impostare il gioco su elementi accessori, quali il virtuosismo lessicale o lesercizio retorico, comunque lontani da un qualsiasi sviluppo dei contenuti logici o narrativi. Solo in questi termini il testo farmacopeico pu vantare una qualche cittadinanza nel variegato mondo del nonsense. 6. Conclusioni Concludo con due avvertenze di carattere generale: se vogliamo attenerci alla sostanza di questi testi, e anche allevidenza delle testimonian27.C. Benporat, La cucina italiana del Quattrocento, Firenze, Olschki, 1997 (20012).
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michelangelo zaccarello ze depoca, sar bene non tracciare un confine troppo netto fra cucina e farmacologia: pi che di contiguit e complementariet tra i due mondi, infatti opportuno parlare di due aspetti della medesima materia. Senza addentrarci in un terreno troppo vasto per gli scopi di questo saggio, si pu dire in sintesi che da un lato la salute umana era descritta in termini di equilibrio dei diversi umori e stabile complessione, riflesso dunque di unalimentazione conforme allindividuo, dallaltro lintervento sulla nu trizione era di fatto lunica terapia farmacologica disponibile, con cibi e ingredienti disponibili in natura e destinati a controbilanciare scompensi nellequilibrio umorale (bisognava attendere per altri due secoli per vedere i primi contributi della chimica applicata alle cure mediche). Infine, la compresenza di una sbrigliata variet tematica e di rigide costrizioni sintattiche e formulari accomuna le sillogi di testi burchielleschi e i ricettari coevi anche sul piano della trasmissione testuale, in forza della notevole fluidit che i testimoni manifestano quanto a canone ed ordinamento, ma anche per la funzione-guida che in tali fluttuazioni assumono certi nuclei testuali. Sia che questi risalgano a precoci sistemazioni redazionali, sia che riflettano lopera pi tarda di copisti-collettori, si tratta di fattori che rendono possibile tracciare un profilo tassonomico della tradizione che pu guidare la restituzione dei testi e al contempo offrire unimmagine del contesto socio-culturale in cui il testo si diffuso, un riflesso insomma delloperato di quanti a partire da un insieme fluido di unit testuali apparentemente slegate tra di loro hanno cercato di al lestire un prodotto funzionale ai gusti o alle esigenze del loro particolare ambiente. In tal modo ha operato Lucia Bertolini, nel saggio citato sopra: ricco di suggestioni metodologiche, esso che analizzava la tradizione dei XII ghiotti attraverso un attento monitoraggio degli spostamenti di determinati blocchi di ricette fra le varie testimonianze manoscritte.28
28.Si veda loriginale approccio metodologico in Bertolini, Problemi testuali dei libri di cucina: lorganizzazione del testo nella tradizione dei xii ghiotti, cit.
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Alessio Decaria CON BurC H ieLLO D Op O BurC H ieLLO. I L NON S E N S E N eLLa p Oesia TOsCaNa DeL seCON D O 400
Dir subito che il titolo, rifatto su quello di un recente libro di Giuseppe Marrani sulla fortuna di Dante lirico nel Trecento,1 promette di pi di quanto potr mantenere: lo dico adesso per evitare di fare la fine del Burchiello, che, secondo che afferma Pietro Aretino nel Ragionamento delle Corti, par che dica gran cose dicendo niente .2 La fortuna della poe sia burchiellesca, com noto, vasta e duratura, per cui ovvio che, pur restando allinterno dellambito cronologico prescelto, non ci si potr che limitare a pochi esempi; anche perch dopo le due meritorie edizioni di Michelangelo Zaccarello e la monografia di Giuseppe Crimi, esplicitamente dedicata alla fortuna dell oscura lingua del barbiere, c pi bisogno di precisazioni puntuali che non di trattazioni generali svolte su unampia forbice diacronica.3 1. Quando giunse a Firenze la notizia della morte di Domenico di Gio vanni detto il Burchiello, avvenuta a Roma nel gennaio del 1449, si destarono le muse dEtruria e molti poeti scrissero lepicedio del defunto. Non il caso entrare nei dettagli dei singoli testi peraltro non tutti
1.Cfr. G. Marrani, Con Dante dopo Dante. Studi sulla prima fortuna del Dante lirico, Firenze, Le Lettere, 2004. A sua volta, il titolo del libro del Marrani debitore del volume di M. Barbi, Con Dante e coi suoi interpreti. Saggi per un nuovo commento della Divina Commedia, Firenze, Le Monnier, 1941. 2. Insomma, il filosofo imita il Burchiello, il quale par che dica gran cose dicendo niente (P. Aretino, Ragionamento delle Corti, a cura di F. Pevere, Milano, Mursia, 1995, p.48). 3.Vd. risp.: I sonetti del Burchiello, ed. critica della vulgata quattrocentesca a cura di M. Zaccarello, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 2000, e led. commentata, da cui si trarranno sempre le citazioni, I sonetti del Burchiello, a cura di M. Zaccarello, Torino, Einaudi, 2004; G. Crimi, Loscura lingua e il parlar sottile. Tradizione e fortuna del Burchiello, Manziana, Vecchiarelli, 2005.
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alessio decaria spregevoli ma alcune considerazioni sono fondamentali per il mio discorso, anche perch nessuno (che io sappia) ha mai proposto una riflessione dinsieme su queste poesie.4 Gi il numero dei componimenti scritti in morte del Burchiello ben sei straordinario, anche ipotizzando, con poco realismo, che ci sia pervenuta lintera produzione che i contemporanei dettero fuori per la luttuosa occasione. Se si vanno a vedere i nomi degli autori di questi testi ci simbatte in alcuni dei maggiori poeti toscani della prima met del secolo (Mariotto Davanzati e Francesco dAltobianco Alberti), in altri decisamente minori (Migliore di Lorenzo Cresci, Betto Busini e Piero di Rosso), pi un personaggio noto per altri meriti come Antonio di Tuccio Manetti, operoso copista e cultore di cose dantesche, in rapporto con alcuni fra i maggiori artisti e intellettuali dellepoca.5 Tanta attenzione da parte dei contemporanei confermata dalle altre notizie che abbiamo sullampio giro di relazioni coltivato dal barbiere anche dopo la sua partenza da Firenze: bench non si possa prendere in tutto per buona la rappresentazione idealizzata della bottega di Calimala come ritrovo di letterati,6 innegabile, anche dal solo esame dei Sonetti del Burchiello, che molti intellettuali furono in contatto col barbiere (bastino i nomi di Leon Battista Alberti e Rosello Ro4.Si d qualche cenno su alcuni di questi testi soltanto nei recenti saggi di G. Crimi, Burchiello e le sue metamorfosi: personaggio e maschera, in Auctor/Actor. Lo scrittore personaggio nella letteratura italiana, a cura di G. Corabi e B. Gizzi, Roma, Bulzoni, 2006, pp. 89-119, alle pp. 90-91, e S. Cremonini, Una topica petrarchesca: i versi in morte di amici, colleghi e mecenati, in Il Petrarchismo. Un modello di poesia per lEuropa, ivi, id.,, 2006, vol. ii, a cura di F. Calitti e R. Gigliucci, pp. 329-47, alle pp. 331-32. Un panorama ancora utile sulle voci bibliografiche pi antiche in C. Mazzi, Il Burchiello. Saggio di studi sulla sua vita e sulla sua poesia, in Il Propugnatore , x 1877, pp. 204-45, a p. 214. 5.Per il Manetti si veda da ultimo la voce di G. Tanturli, Manetti, Antonio, in Dizionario Biograco degli Italiani, Roma, Ist. della Enciclopedia Italiana, vol. lxviii 2007, pp. 605-9, che contiene i rinvii alla bibliografia precedente; si veda inoltre, per qualche dato ulteriore, A. Decaria, Un copista di classici italiani e i libri di Luca Della Robbia, in Rinascimento , s. ii, xlvii 2007, pp. 243-87. 6.Sul mito della bottega di Calimala come ritrovo di letterati si vedano le assennate considerazioni di L. Boschetto, Burchiello e il suo ambiente sociale: esplorazioni darchivio sugli anni orentini, in La fantasia fuor de conni. Burchiello e dintorni a 550 anni dalla morte (14491999). Atti del Convegno di Firenze, 26 novembre 1999, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2002, pp. 35-57, alle pp. 49-51.
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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 selli); altri si espressero sulla sua poesia (si pensi agli epigrammi di due umanisti del calibro di Leonardo Dati e Cristoforo Landino, ma anche quelli di Alessandro Braccesi e Ugolino Verino),7 segno comunque di unat tenzione per quella che certo lesperienza poetica pi innovatrice e sconvolgente della prima met del secolo XV. Bench questi epicedi risentano fortemente della retorica connessa al genere, essi costituiscono comunque un punto di partenza inevitabile per chi intenda concentrarsi sulla ricezione della poesia burchiellesca presso i contemporanei. Qua si tutti gli autori dei testi scritti in memoria di Burchiello accennano in qualche misura alla vena poetica del defunto e, se alcuni adattano, con scarso rispetto per i fatti e contro la presumibile volont del celebrato, il modello paludato e prefabbricato dellepicedio in morte di poeti cor tesi,8 tirando in ballo dei e dee (peraltro non sempre pertinenti),9 perso7.Questo lepigramma del Landino (Xandra, ii xxviii): Plurima mitto tibi tonsoris carmina Burchi; / haec lege. Sed quid tum? Legeris inde nihil (Christophori Landini Carmina omnia, ex codicibus manuscriptis primum edidit A. Perosa, Florentiae, in aedibus Leonis S. Olschki, 1939, p. 79); non diversamente il Dati: Burchius qui nihil est, cantu tamen allicit omnes, / esto parasitus vatibus Etruriae (cfr. F. Flamini, Leonardo di Piero Dati poeta latino del sec. XV, in Giornale storico della letteratura italiana , xvi 1890, pp. 1-107, a p. 9) e il Braccesi: Myrtea, Syllani, componite serta, poetae, / Pinguia quae purgent tempora Lucilii. / Burchius Aoniis migravit collibus alter, / Qui quoque nimirum carmen inane facit: / Lucilius prisco tanto praestantior illo, / Quanto hunc extollit Musa Latina magis (xii 1-6: cfr. Alexandri Braccii Carmina, A. Perosa edidit, Florentiae, Bibliopolis, 1944, pp. 105-6). Il testo del Braccesi, di norma trascurato a vantaggio degli altri due, giustamente riconsiderato da Crimi, Burchiello e le sue metamorfosi, cit., pp. 90-91. 8.Esemplare, a questo riguardo, il testo del Davanzati, nato, del resto, su sollecitazione di quello manettiano, come si apprende dalle rubriche premesse ai due sonetti nel codice II IV 126 della Nazionale di Firenze, autografo del Manetti. Baster qui riprodurre la prima quartina e lultima terzina: Piangete, occhi mia lassi, perchio temo / che, quanto dureracci el mortal vello, / pi risguardiate un s dolce Burchiello, / chor lascia il mondo dogni bene scemo. / [] Piangete Muse, amanti e lor consorti, / po che s car tesauro vi sasconde; / e cantin lalme a cui el cielo el rivela (cfr. Lirici toscani del Quattrocento, a cura di A. Lanza, Roma, Bulzoni, 1973, vol. i p. 440). 9.Su uninsistita esortazione al pianto e sullevocazione di un gran numero di divinit giocato il sonetto di Betto Busini: Or piangi Marte nella tua Tessalia, / e pianga Orfeo e spezzi la sua cetra, / e per dolor Cupido la faretra, / [] Pianga Minerva e con lei pianga Apollo, / piangan lamate donne e giovanetti, / pianga Vulcano e pianga Mungibello! ( il sonetto i del Busini, vv. 1-3, 9-11: cfr. Lirici toscani, cit., vol. i p. 337).
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alessio decaria naggi del mito, satiri e fauni, amanti e amate donne,10 altri forniscono qualche indicazione pi preziosa. Non si hanno dubbi nel conferire il lauro poetico a un poeta come Burchiello (vi insistono Antonio Manetti e Mariotto Davanzati), a immaginarlo in compagnia del pi bel drappello dei poeti del passato (il Davanzati), a farne addirittura la quarta co rona fiorentina (Francesco Alberti). E la poesia, i versi assurdi e surreali, quella buffonesca accozzaglia di riboboli senza nesso, di ghiribizzi senza senso, di slatinature fuor di proposito , secondo la definizione di Vittorio Rossi?11 Apparentemente, queste liriche verbose e costrette nella manierata retorica del planctus non ne fanno parola. Tra qualche notazione curiosa (quella ad esempio del Cresci, secondo cui ogni acqua corse el burchiel con sue vele , v. 10) e il ricorso a temi laudativi di repertorio (lirreparabilit della perdita e la superiorit del defunto a ogni altro),12 un paio di spunti meritano di essere valorizzati. Francesco dAltobianco Alberti, dopo aver individuato rispettivamente in Calliope, nellElicona e nel fonte di Parnaso i responsabili dellispirazione di ciascuna delle tre corone, si chiedeva:
Ma quel Burchiel, che Cloto nha or tolto, chinne concesse al suo dolce intelletto tanto riso e piacere in gioco vlto?13
10.Si veda il Cresci: Piangan gli dei e le dee tanto tesoro, / silvani fauni, satiri e ogni rura , che addirittura arriva a parlare di mite risposte e dolci rime (ii 3-4, 12: ivi, vol. i p.393). 11.Cfr. V. Rossi, Il Quattrocento, reprint delledizione del 1933 riveduta e corretta, aggiornamento a cura di R. Bessi, intr. di M. Martelli, Padova, Vallardi, 1992, p. 409. Anche altrove il Rossi espresse giudizi analoghi: Tutti ormai sanno che duna parte dei sonetti sciamati fuori del cervello fantastico del barbiere sarebbe vano tentare uninterpretazione. Contesti di stramberie, di ghiribizzi, di riboboli, di slatinature, vanno rassegnati nel novero copioso di quelle composizioni che per il regolare andamento delle concordanze e dei nessi grammaticali e il gradevole rotondeggiare dei ritmi, paiono nascondere in quel laccozzaglia il filo di un ragionamento, mentre in realt non dicono cosa alcuna e non hanno un briciolo di senso (V. Rossi, Un sonetto e la famiglia del Burchiello, in Id., Scritti di critica letteraria, Firenze, Sansoni, 1930, vol. ii. Studi sul Petrarca e sul Rinascimento, pp. 359-69, alle pp. 359-60). 12.Sono motivi presenti un po in tutti questi epicedi, ma vi insistono particolarmente quelli di Antonio Manetti e Mariotto Davanzati. 13.Cito il testo dalla mia recente edizione (Francesco dAltobianco Alberti, Rime,
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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 Che gi qualcosa di pi preciso rispetto alle lodi convenzionali di chi faceva del barbiere un campione di poesia amorosa o un sapiente in ogni scienza. Anche il Manetti, vedendo
un burchielletto assai leggieri e snello, carco dassai thesauro e dun gioiello bel s chun simil mai veder potemo14
poneva laccento sul disimpegno dello stile e sulla leggerezza della poesia, in tacita ma evidente contrapposizione allerudizione e alla retorica a volte asfissiante della lirica per cos dire seria dei contemporanei. Entrambi (lAlberti e il Manetti) chiudevano i rispettivi testi (i soli epicedi entrati nella vulgata dei Sonetti del Burchiello) ribadendo luno come lieve burchio mosse s lieta onda (v. 17), laltro dichiarando che lunica ragione di consolazione per gli amici dello scomparso che l gioiel [cio la poesia del Burchiello] rinvolto nelle fronde / dun lauro verde alcuna acqua non vela (vv. 13-14). Dunque, leggerezza e disimpegno, ma anche gioco in grado di suscitare unonda lieta e riso. Laggettivo dolce solo apparentemente generico , assegnato al Burchiello o alle sue rime in diversi di questi epicedi, rimarca invece il lindore armonico di quella lirica, notoriamente esibito nel sonetto Fior di borrana,15 ritenuto da molti una sorta di manifesto della poesia del barbiere di Calimala. Si insiste, insomma, su alcuni aspetti certo fondamentali della poesia del barbiere, che la inseriscono senza esitazione nellarea della produzione comica e realistica. Nessun cenno, invece, alleffetto di nonsense che quella poesia suscitava nel lettore coevo e che per noi posteri giunge amplificato dalla perdita dei dati contestuali che permettono di intendere le allusioni e di
ed. critica e commentata a cura di A. Decaria, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 2008, testo cxcvi, vv. 12-14). Segnalo per che una variante minoritaria legge al v. 14 canto e cos mette a testo Zaccarello nella sua edizione della vulgata burchiellesca, dove il sonetto compare al num. clxxvii. 14.Sonetti del Burchiello, clxxvi 2-4 (ed. cit., p. 247). 15.Fior di borrana, se vuo dire in rima / convienti esser pi grasso dagettivi, / di nomi e verbi, con versi corsivi / salir bello e suave e vago in cima (Sonetti del Burchiello, ed. cit., cxix 1-4). Com noto, il testo diretto al poeta petrarchista Rosello Roselli, e fa parte della lunga e acre tenzone che oppose i due rimatori.
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alessio decaria apprezzare il gioco polisemico che affolla quei versi. Lo provano alcune ben note testimonianze: Burchius qui nihil est scriveva lumanista Leonardo Dati, e il Landino ribadiva il concetto quasi con le stesse paro le; e per restare allinterno della vulgata dei sonetti, Anselmo Caldero ni, collegando la poesia burchiellesca alla maniera dellOrcagna, ne dava unimportante descrizione:
faccendo salti da Roma alla Magna, mettendo granchi per cipolle in resta, cha topi faceva trovar la pesta delle formiche cheran nella Spagna.16
Tutto ci a conferma che tale effetto di nonsense costituiva lelemento pi peculiare e innovatore di quella poesia, bench, appunto, non privo di ascendenti. Preso atto di questi primi indizi sul modo di leggere Burchiello da parte dei contemporanei e di chi gli sopravvisse, bene entrare pi da vicino nel mondo tutto municipale, ma non privo dinteresse, della poesia fiorentina di questo periodo e provare a misurare lincidenza dellesperienza burchiellesca, limitando lanalisi al modo di poetare alla burchia che connota solo alcune delle poesie del barbiere. Se ai poeti a cui si gi accennato si aggiungono quelli che, comparendo nella silloge della vulgata dei Sonetti del Burchiello, testimoniano inequivocabilmente una contiguit alla produzione del barbiere di Calimala, si ottiene un panorama se non completo, comunque ben rappresentativo della lirica toscana del quindicesimo secolo. La rete di rapporti che si dipana intorno a Burchiello lascia in parte sorpresi perch testimonia che egli ebbe relazioni anche con poeti afferenti a tuttaltra area culturale: degli umanisti si gi detto, ma anche la rimeria pi tradizionalista di un Anselmo Calderoni, o di un Domenico da Prato, o il petrarchismo quasi ortodosso di Rosello Roselli e Niccol Tinucci dovevano rappresentare opzioni culturali diverse e spesso in conflitto con la poetica del barbiere; eppure tutti costoro furono suoi corrispondenti.
16.Il sonetto del Calderoni il num. lxxxviii della vulgata. Per i giudizi dati dai posteri sulla poesia del Burchiello si rinvia senza esitazione ai due lavori di Crimi, entrambi gi citati, Loscura lingua e Burchiello e le sue metamorfosi.
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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 Non facile determinare in che misura lo stile di Burchiello influisse sui poeti coevi e quanti di essi fossero in grado di percepirne la novit e di mettere a frutto, magari con qualche necessario adattamento al proprio gusto, le peculiarit di quella che il Varchi avrebbe chiamato la terza forma del poetare fiorentinamente .17 Ai consueti problemi di cronologia, di mediazione e di dipendenza reciproca dei testi che si trova ad affrontare chi intende svolgere un discorso sulla fortuna di un qualche autore, si aggiunge infatti la particolare situazione ecdotica della tradizione burchiellesca. Come insegna Zaccarello, la vulgata dei sonetti si fiss fra gli anni Sessanta e Settanta del Quattrocento e incluse da subito testi sicuramente spettanti a Domenico di Giovanni, ma ospit anche altri componimenti certamente non suoi, oltre a diversi di paternit incerta. Il problema attributivo di molti di questi testi, insomma, si pone al momento come pressoch insolubile, anche perch davvero necessario chiedersi, come avverte il recente editore della vulgata, se Burchiello indicasse il barbiere o non fosse piuttosto una sigla di genere facilmente applicabile ,18 un marchio stilistico pi che una propriet let teraria , secondo la definizione di Stefano Carrai.19 Per schivare quanto pi possibile questi ostacoli, ho pensato di istituire un confronto fra due sillogi liriche ben definite, e cio da una parte lampia edizione dei Lirici toscani del Quattrocento pubblicati da Antonio Lanza, che ho esaminato alla ricerca di testi alla burchia, dallaltra la vulgata dei Sonetti, considerata, come nelledizione di Zaccarello, come corpus unitario, anche se composito. In alcuni casi si registrano interferenze e sovrapposizioni fra le due sillogi, ma per la massima parte dei testi analizzati le tradizioni a cui at17. Poetare si pu fiorentinamente almeno in sette maniere tutte diverse. [] La prima e principale quella di Dante e del Petrarca. La seconda quella di Luigi e Luca Pulci. La terza come scrisse il Burchiello, che fu poeta anchegli. La quarta, i capitoli del Bernia. La quinta, i sonetti dAntonio Alamanni (quesito viii 63-65; cito da B. Varchi, LHercolano, ed. critica a cura di A. Sorella, pres. di P. Trovato, Pescara, Libreria dellUniversit, 1995, to. ii p. 804). 18.Cos leditore nellintroduzione alla sua edizione critica (p. xix). 19. Il nome di B[urchiello], insomma, assai per tempo dovette confondersi con quello del genere poetico da lui messo in voga, passando a denotare un marchio stilistico pi che una propriet letteraria (S. Carrai, Burchiello, in Letteratura italiana, dir. A. Asor Rosa, vol. xviii. Dizionario degli autori A-C, Torino, Einaudi, 2007, pp. 412-13).
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alessio decaria tingono le due raccolte risultano indipendenti e ci permette di distinguere la poesia del Burchiello (impinguata da qualche testo dellOrcagna e da altri della pi precoce e fedele scuola di imitatori) da quella degli altri poeti contemporanei. 2. Anticipando brevemente i principali risultati dellindagine, si deve rilevare che se nei due grossi tomi della raccolta del Lanza i testi composti secondo la modalit alla burchia sono pochissimi, daltra parte linfluenza della poesia del Burchiello molto estesa e non c quasi testo darea comico-realistica che non presenti importanti contatti con la silloge dei Sonetti del Burchiello.20 Volendo fornire una pur minima esemplificazione della penetrazione, limitata ma non trascurabile, dello stile alla burchia nel Parnaso toscano coevo e immediatamente successivo a Burchiello, eviterei di considerare qui gli autori minimi e diffiderei degli scriptores unius carminis, anche se non sempre poco significativi: Iacopo Borgianni, ad esempio, che pure fu copista di alcuni testi del Burchiello in un codice corsiniano (43 C 34), autore di un pregevole sonetto alla burchia, che riproduco qui sotto per dare unidea delladerenza alla maniera del maestro:
Cicerbita e scherola e perpinella e venticinque mogge docchi torti andandone a dormir furono scorti da merli, che guardavan due capella. Allor, vedendo questo, una gonnella baia, stracciata, disse: Tutti morti sarete, prima chusciate di porti, sicch per voi sar trista novella . Dicesi a Norcia che stato veduto un pesce azzurro colla coda verde
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20.Lesito della mia indagine viene dunque a coincidere con le considerazioni proposte da Michelangelo Zaccarello in un suo recente saggio: Burchiello e i burchielleschi. Appunti sulla codicazione e sulla fortuna del sonetto alla burchia, in Gli irregolari nella letteratura. Eterodossi, parodisti, funamboli della parola. Atti del Convegno di Catania, 31 ottobre-2 novembre 2005, Roma, Salerno Editrice, 2007, pp. 117-43, in partic. alle pp. 142-43, non ancora disponibile al momento di scrivere la mia relazione per il convegno cassinese.
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Il sapore burchiellesco di questo testo immediatamente percepibile anche dal lettore meno esperto. bene tuttavia sottolineare, per introdurre il discorso che sto facendo, che rimandano evidentemente al modello la sintassi dei primi tre versi, con la caratteristica enumerazione dei soggetti che ritarda fino al v. 3 il predicato, la corposa irruzione nel testo poetico del mondo animale e vegetale (alle erbe dellincipit, che poi ritornano come cibo del pesce azzurro con la coda verde al v. 12, rispondono i merli, le caprette, limmancabile bertuccia), la presenza di cose animate e parlanti (la gonnella) e di azioni assurde o compiute da soggetti inadeguati (le erbe e gli occhi torti che vanno a dormire). Ma ancora pi significative, perch segno di una penetrazione profonda dei meccanismi della poesia alla burchia, sono certi passaggi logici nascosti e alcune spericolate associazioni che riconducono in recinti pi ragionevoli, almeno per gli iniziati, lapparente nonsense del sonetto. Certe immagini, come quella del pesce che fugge per la piena a Montaguto, sono indubbiamente paradossali: in caso di piena, infatti, non tanto il pesce a fuggirsi, ma il fiume ad espellerlo. E il paradosso cresce poi su se stesso, sfruttando un altro degli strumenti su cui si costruisce questo tipo di poesia, ovvero le potenzialit polisemiche ed equivoche del lessico: il pesce rifugiatosi a Montaguto, pascendosi erbe, conduce una vita da romito e, di conseguenza, il sostantivo piena varr qui anche come sinonimo di calca, folla. Proprio alcuni dei tratti pi nonsensical del testo, poi, si spiegano a norma del modello, cio ripensando a passi o procedimenti adoperati dal barbiere nei suoi testi: parlo della mossa del v. 5, che inscrive sotto una connessione causale del tutto incongrua i quadri oggettivamente separati che occupano le due quartine; e soprattutto delle venticinque mogge doc21.Cito, con qualche aggiustamento, da Lirici toscani, cit., vol. i p. 325.
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alessio decaria chi torti, che furono scorti dai merli certo perch Guardare e merli sogliono e pagoni (Sonetti del Burchiello, cli 1)22 e perch i pagoni portano appunto, secondo il mito ovidiano citato nello stesso sonetto del barbiere, cento occhi nella coda.23 N a un orecchio burchiellescamente esercitato potrebbe sfuggire la motivazione per cui il pesce azzurro dalla coda verde dice pel freddo la coda si perde : questultima sarebbe infatti soggetta al destino delle foglie degli alberi e cadrebbe con larrivo del freddo, certo particolarmente intenso a Montaguto.24 Si potrebbe andare avanti svelando altri dei meccanismi tipici della poesia alla burchia sciorinati in questo sonetto, ma quanto si detto sufficiente per mostrare come nel Borgianni limitazione del modello sia assai raffinata;25 e si pu rimpiangere il fatto che egli abbia composto (o che a noi sia giunto) un solo esemplare di questa sua vena burchiellesca. Gli autori fiorentini pi prolifici e scaltriti, invece, restano tutto sommato insensibili alla sirena della poesia alla burchia: tra questi si devono comprendere anche Francesco Alberti e Mariotto Davanzati, che pure furono corrispondenti del barbiere e ne scrissero accorati epicedi. Per quanto concerne il primo, che, come si visto, quello che nel suo sonetto commemorativo fornisce le indicazioni pi pertinenti riguardo alla poesia del
22.Il contatto di per s eloquente, ma vale la pena riportare il secondo verso di quello stesso sonetto per avere conferma che proprio quel passo doveva avere in mente il Borgianni: nel tempo che le pecore han la tossa . Non forse inutile, alla luce di quello che si dir fra poco, ricordare che Mercurio, quando scese in terra per uccidere, per ordine di Giove, Argo, il mostro dai cento occhi: hac [sc. virga] agit ut pastor per devia rura capellas (Metam., i 676). 23. Ma per la gran malitia / che Giove us ad Argo del vitello / le lepri dorman cogli occhi a sportello (vv. 15-17). 24.Non manca forse unallusione, con evidente scadimento di registro, alla chiusa della seconda stanza della canzone petrarchesca RVF, xxiii: facendomi duom vivo un lauro verde, / che per fredda stagion foglia non perde (39-40). 25.Si portano soltanto altri due esempi: il passaggio dalle erbe elencate nellincipit alle venticinque mogge docchi torti del verso seguente forse giustificato dalla presenza della scarola, che una variet di quella indivia, popolarmente detta anche invidia, che ben si prestava a chiamare in causa gli occhi torti. La coda, invece, nellalludere scopertamente al son. xxxix della vulgata burchiellesca, che si chiude cos: e, come dice Orpheo, / sol dallegrezza la bertuccia toma / portar veggendo agli asin s gran soma (vv. 15-17), vuol dire: andiamocene verso Roma e staremo allegri.
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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 Burchiello, nelle sue 202 rime ci si sarebbe aspettati di trovare qualche esperimento della maniera alla burchia, anche perch lAlberti fu rimatore assai versatile e si applic ai pi svariati generi poetici, non disdegnando affatto la poesia comica. Ebbene, se nel mio commento alle rime albertiane il nome del Burchiello uno di quelli citati con maggiore frequenza, la ricerca di rime alla burchia nel corpus albertiano non darebbe che pochissimi frutti. In sostanza, c solo un sonetto che pare davvero avvicinarsi alla maniera del Burchiello, quello che propongo qui di sguito:
Ritto e rovescio al fodero intarlato della vezzosa e dolze Nastasia per tutto manifesto si scorgia Ferrara e l Mantovan tutto anebiato, Cotron, Salluzo e quel di Monferrato con tutta quanta lor genologia, e ci che l Soldan tiene in Tarteria, e l Vecchio Testamento e l Nuovo allato; eranvi le riccheze di Siccheo, el cuoio di Birsa, che condusse il cerchio cha Roman poi fu s acerbo e reo; eravi Gionas, chiuso nel coperchio del pesce ceto, e Giuda Maccabeo, che vendic de Filistei il soverchio; eravi il gran commerchio del trullo culiseo termini e botte ellei entrovi, atratta colle gotte.26
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Un esame puntuale del testo richiederebbe troppo tempo e non risulterebbe particolarmente utile, in ragione dei molti problemi interpretativi che restano aperti. Per questi aspetti si rinvia dunque al commento del testo nella recente edizione da me curata. Mi piace per sottolineare, per mostrare ladesione alla vena del caposcuola, che, come gi vide Mario Martelli,27 il sonetto adotta nella sua prima parte (e recupera nel finale)
26. il son. lxxxiv della mia edizione. 27.Cfr. M. Martelli, Letteratura orentina del Quattrocento, Firenze, Le Lettere, 1996, p.303.
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alessio decaria il lessico equivoco e osceno caratteristico di certi sonetti del barbiere e adoperato non di rado dallo stesso Alberti: in particolare, liter suggerito ai vv. 4-5, apparentemente assurdo, acquista un senso qualora si ricordi che il carattere comune ai domini evocati quello di far parte di un qualche marchesato: risulter allora chiaro come il gioco verbale, che sar sfruttato anche dal Pistoia, alluda a impedimenti mestruali che impediscono i rapporti sessuali. Anche nella perifrasi del v. 7 probabilmente rintracciabile un senso: il Soldano governa in Tarteria su Bagdad, ossia, per un Fiorentino del 400, Baldacca o Baldracca, che, oltre che designare la capitale dellattuale Iraq, indicava anche una strada di Firenze sede di postriboli e di una celebre osteria (e anche Burchiello ha una citazione ambigua di Baldracca nel son. viii, schiettamente alla burchia).28 La seconda parte del sonetto albertiano, di pi ostica decifrazione, presenta un effetto complessivo ben noto ai lettori della poesia burchiellesca: persa ogni unit tematica, compaiono come in rassegna personaggi del mito greco-romano e della storia sacra, enumerati tramite nessi associativi non sempre evidenti per una sorta di trascinamento (le ricchezze di Sicheo attireranno il cuoio di Birsa, usato da Didone per segnare il tracciato della rocca della futura Cartagine; il v. 8 alluder alla Bibbia, che richiamer forse la sfera del bere, cos come Maccabeo, da scomporre nei due elementi Macca-beo, e forse anche lo stesso Siccheo, che potrebbe rinviare a siccus assetato); n mancano il rovesciamento e la degradazione di spunti desunti dalla letteratura alta e la parodia del relativo linguaggio (si veda la notazione dei vv. 10-11, ma anche la dittologia vezzosa e dolze indicante Nastasia, probabile partner del poeta). Le differenze rispetto alla maniera del maestro, per, sono altrettanto rilevanti, soprattutto per quanto concerne la sintassi, che non si discosta
28. Egli un gran philosopho in Baldracca / che insegna molto ben beccare a polli / e d lor ber con una salimbacca (Sonetti del Burchiello, viii 12-14). Si ricordi che gi il Boccaccio sfruttava lequivoco suscitato da tali designazioni toponomastiche nel discorso di frate Cipolla, che menziona, fra altri luoghi della Firenze dallora, proprio Baldacca: Per la qual cosa messomio in cammino, di Vinegia partendomi e andandomene per lo Borgo de Greci e di quindi per lo reame del Garbo cavalcando e per Baldacca, pervenni in Parione, donde, non senza sete, dopo alquanto pervenni in Sardigna (Dec., vi 10 38; cito da G. Boccaccio, Decameron, a cura di V. Branca, Milano, Mondadori, 1976, p. 571).
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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 di molto dalle abitudini dellAlberti giocoso, morale o anche amoroso. Linfluenza di Burchiello, insomma, c ed evidente, ma tutto sommato resta circoscritta a pochi aspetti; e anche Francesco dAltobianco si produsse in un solo esperimento di poesia alla burchia. Bottino lievemente pi grasso si ottiene scandagliando le poche ma non insulse rime di Giovanni de Pigli, da lui trascritte nel suo ampio zibaldone poetico, conservato nella Nazionale fiorentina (codice II IV 250 del fondo Nazionale), che contiene anche unampia silloge burchiellesca, corredata da rare ma preziose postille. Fra le 21 liriche di Giovanni si possono classificare come genuinamente alla burchia almeno 4 sonetti, di cui si riproduce qui il xvi delledizione Lanza: 29
Prezzemoli bolliti in acqua amara, porri scalogni e agli con cipolle cantavano a Bologna per bimolle, come fanno gli Ermin con voce chiara. Per questanno la mostarda cara, che a mangiarne troppa sarie folle, se gi non vi mettessi vin di Colle o de vermigli del pian di Ferrara. E questi sarieno atti a ristagnare chi orinassi troppo, al parer mio, e con essi mangiar frittelle amare. Per consiglio te, compagno mio, che tu ne faccia ognanno insaleggiare, e farannoti pro per men chun fio. Dimmi s tu credi chio guarisca della tossa o dellorina, usando spesso questa medicina.
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Questi versi, e gli altri alla burchia scritti da Giovanni, testimoniano una radicata assimilazione dello stile del barbiere, bench la dipendenza si fondi soprattutto sulladozione degli artifici pi facilmente imitabili, come la struttura accumulativa dellesordio (da cui si tiene invece alla larga, come si visto, lAlberti, come sempre originale), ladesione allo schema
29.Lirici toscani, cit., vol. ii p. 272.
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alessio decaria del sonetto farmacopeico e a quello della ricetta medica burlesca, per lo pi stipata di ingredienti satirici, inefficaci o indicanti il nulla.30 Fanno la loro comparsa anche personaggi tipici della tradizione burchiellesca come mona Ciola, o luoghi caratteristici di quellimmaginario come il Mugnone, le due fonti senesi Beccia e Gaia, nonch vari esemplari gi compresi nellarca di No burchiellesca (pipistrelli, botte, le immancabili chiocciole, ma anche la ghiandaia, le farfalle, il castrone e la bertuccia), spesso com regola nella maniera responsabili di azioni assurde o bizzarre.31 Significativo per, per limitarmi ora al sonetto riprodotto qui sopra, il trapianto di interi nessi e locuzioni (ad esempio cantare per bimolle associato agli Ermini),32 o di motivi quasi ossessivi della poesia di Burchiello come il prezzo delle derrate (si veda il v. 5) o la presenza del cibo e del vino, ma ancor di pi luso di artifici formali e stilistici peculiari del modello e gi presenti nel sonetto per motti sacchettiano Nasi cornuti e visi digrignati.33 Tra questi si dovr certo comprendere la sintassi incipitaria (e prezzemoli, lemma desordio, inaugura il son. clxi della vulgata), con laccumulazione dei soggetti e la dilazione del verbo reggente al terzo verso, che propone unazione almeno apparentemente in contrasto con la natura dei soggetti che la compiono; ma soprattutto sono degni dattenzione alcuni procedimenti associativi che costituiscono la marca stilistica della poesia alla burchia: da una parte un nesso causale del
30.Particolarmente ricco di questi ingredienti il son. xviii di Giovanni, che inizia cos: A voler ben guarir dellanguinaia, / tolgasi quatro fette di popone / e pestinsi con sugo di mellone / e con un dolce canto di ghiandaia / e mettavi il romor duna pescaia. [] (vv. 1-5). Per questi aspetti della poesia burchiellesca si rinvia a M. Zaccarello, Schede esegetiche per lenigma di Burchiello, in La fantasia fuor de conni, cit., pp. 1-34, alle pp. 28-34, nonch alla relazione dello stesso studioso in questi atti. 31.Cos prosegue il son. xviii: Queste hanno gi guarito pi persone, / mettendovi dellacqua di Mugnone, / o vuoi di fonte Beccia o fonte Gaia (vv. 6-8). 32. Io ho studiato il corso de destini / e truovo che le pillole di gera / fanno cantare a grilli fatto sera / per bimolle la zolfa degli Armini (Sonetti del Burchiello, xcvii 1-4). Su questa locuzione e i suoi molteplici significati si veda, oltre al commento di Zaccarello ad locum, lo studio dello stesso Schede esegetiche, cit., p. 8. 33.Su questo sonetto, vero e proprio incunabolo della poesia alla burchia, vd. lintroduzione di Zaccarello alled. einaudiana dei Sonetti del Burchiello, cit., pp. xv-xvii, e Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 168-93.
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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 tutto incongruo come il per del v. 5,34 dallaltra il trapasso tra fronte e sirma attuato anche mediante un espediente polisemico: Ferrara, citt circondata da luoghi paludosi, richiama ristagnare, che per nel contesto del periodo che sinaugura al v. 9 andr assunto come termine tecnico del linguaggio medico e varr fermare il flusso di una secrezione corporea (in questo caso lorina). Se il gioco polisemico talora scoperto,35 nei sonetti di Giovanni manca del tutto, invece, uno dei motivi portanti della rimeria del Burchiello, la satira antipedantesca, che forse il Pigli si premura di evitare perch anchegli coltivava la partita doppia della lirica giocosa e petrarchista. I casi dellAlberti e del Pigli sono sufficienti a testimoniare la diffusione della tecnica alla burchia presso gli amici e i contemporanei di Burchiello; ma non che poi gli esempi disponibili sarebbero moltissimi. Sembra di constatare, insomma, che i poeti toscani del primo e del pieno Quattrocento ricevono e assimilano il verbo burchiellesco e si provano, in qualche rara occasione, nel nuovo (o rinnovato) genere del sonetto alla burchia, quasi per mostrarsi allaltezza della sfida lanciata dal barbiere di Calimala, ma poi prediligono differenti tecniche espressive, se vogliamo pi tradizionali, anche restando nel perimetro della rimeria co34.Tale nesso richiama alla mente quegli assurdissimi perch che facevano asserire al De Robertis che nella poesia del Burchiello i rapporti logici e temporali sono solo apparenti (D. De Robertis, Una proposta per Burchiello, in Rinascimento , s. ii, viii 1968, pp. 3-119, poi in Id., Carte didentit, Milano, Feltrinelli, 1974, pp. 105-58, a p. 110, da cui si cita). 35.Credo che anche il vin di Colle giochi sullambiguit: assai probabile mi pare che il toponimo Colle celi unallusione alla colla del celebre incipit I beo dun vino a pasto che par colla dei Sonetti del Burchiello (clxxxviii 1), anche perch la rubrica di quel testo lo assegna ad Anibaldo Pantaleoni quando era a fFerrara col marchese . Cos si spiega il riferimento alla citt estense del verbo seguente: dal Colle si passa, per opposizione, al pian, ma la qualit del vino resta scadente: cos seguita infatti il testo del Pantaleoni: e tien di muffa e sa di riscaldato / e parmi con assentio temperato, / con fiele e rabbia e sugo di cipolla (vv. 2-4), e cos recita un sonetto sulla mala cena del Pistoia: Il vin fu da Ferrara moscodato, / tanto bon che filava per paura, / un pan che haveva s la faccia oscura, / che l mi parse il vecchion ch il porco allato (xx 5-8: cfr. A. Cammelli, I sonetti faceti secondo lautografo ambrosiano, editi e illustrati da E. Prcopo, intr. di P. Orvieto, Pistoia, Libreria dellOrso, 2005 [rist. an. delled. Napoli, Jovene, 1908], p. 63). Anche qui, allora, leffetto di non far orinare sarebbe dovuto alla cattiva qualit del vino.
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alessio decaria mica. Pare di osservare, nelle incursioni burchiellesche di questi poeti, un certo gusto di saggiare le possibilit del nuovo linguaggio, un qualche compiacimento nel partecipare a una sorta di gioco di societ per iniziati: non per niente, almeno un paio dei sonetti alla burchia del Pigli fanno appello, allinterno del testo, a un compagno o a un car fratello in grado di decrittare il linguaggio oscuro e percepirne allusioni e giochi verbali.36 Procedendo verso let laurenziana, il panorama non muta di molto: ci sono, vero, altri interpreti, anche squisiti, della maniera burchiellesca; ampia fu, del resto, la fortuna che lintera area comica conobbe almeno nella prima et biografica e culturale di Lorenzo; ma la poesia alla burchia resta un sottogenere tutto sommato poco frequentato: anche chi scrisse diverse liriche in quello stile, come il Bellincioni e il Pistoia, ad esso riserv una percentuale estremamente contenuta della propria debordante produzione sonettistica. Il caso di Alessandro Braccesi, notaio e prolifico poeta in latino e in volgare, che mise insieme un vero e proprio canzoniere burchiellesco di 200 pezzi (di cui almeno una sessantina schiettamente alla burchia) sembra rappresentare la classica eccezione che conferma la regola.37
36.Oltre al sonetto riportato a testo, mi riferisco al xvii, che fa appello allinterlocutore al v. 6 ( non ti maravigliar ) e nella coda ( Deh, non mi dar parole / e dimmi, car fratello, se lortica / sarebbe buona al mal della vescica , vv. 15-17). 37.Lelegante codice Vaticano latino 10681, che conserva le poesie volgari del Braccesi, riserva la prima parte alle rime petrarchesche, mentre la seconda (che inizia a c. 38r) trasmette il canzoniere burchiellesco, introdotto da un sonetto proemiale e apologetico, chiuso da un testo di congedo e di scusa e arricchito da una ricca serie di esplicite dichiarazioni interne ai testi che segnano la struttura chiusa della raccolta. Mi sembra particolarmente rilevante che il Braccesi tenti anche, allinterno della generale imitazione del modello, pi precisi calchi: nel suo canzoniere si trovano infatti imitazioni di singoli pezzi della silloge burchiellesca, come il sonetto latino o quello basato su sistematiche inversioni che inizia Sabato Tessa ci fu mona sera; e, come il caposcuola, Alessandro non rinuncia a comporre e a includere nella silloge una canzone damore (parodica). Molti dei testi comici del Braccesi si leggono anche (autografi) in una sezione del composito Riccardiano 2725, cc. 80r-131v, studiato di recente da M. Zaccarello, An Unknown Episode of Burchiellos Reception in the Early Cinquecento: Florence, Biblioteca Riccardiana, Ms. 2725, fols. 80r131v, in Modern Language Review , c 2005, pp. 78-96 (ora anche in Id., Reperto. Indagini, recuperi, ritrovamenti di letteratura italiana antica, Verona, Fiorini, 2008, pp. 183-215, in italiano e con aggiunte, fra cui unappendice di testi trascritti dal Ricciardiano: Una silloge primocinquecentesca di rime alla burchia nel ms. Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. 2725, pp. 397-422).
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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 Fra i cultori del genere di quella stagione anche Filippo Scarlatti, copista del codice Acquisti e Doni 759 della Laurenziana, altro monumento della rimeria quattrocentesca; e a questo punto non si pu non sottolineare che i protagonisti di questa poesia sono allo stesso tempo suoi autori, copisti e divulgatori, i garanti, vorrei dire, della specificit e della fiorentinit di quella maniera che gi si era fatta tradizione. Fra le sue numerose poesie si rintracciano diversi sonetti alla burchia, nei quali lo Scarlatti mostra una notevole abilit a riprodurre i modi di quelloscura tecnica, a lui certo ben nota, dato che in quello stesso manoscritto copi una novantina di sonetti del caposcuola. Tutto questo rientra nel quadro gi tracciato. Desta una qualche sorpresa, invece, trovare nelle rime scarlattiane una tenzone in sonetti alla burchia col frate carmeli tano Giovanni di Lorenzo 38 Manzi, che, gi corrispondente di Filippo, sembrerebbe il primo a passare al gergo burchiellesco, richiamandomi alla mente il precedente di quel messer Nicol che os sfidare il Burchiello sul terreno sdrucciolevole della poesia alla burchia (sonetti xcvi e xcvii della vulgata).39 Vorrei fermarmi un po pi a lungo su un altro episodio su cui ci ragguaglia il medesimo zibaldone scarlattiano, un episodio che, in verit, concerne pi laneddotica che la poesia. Filippo, dopo aver inviato una lunga serie di sonetti amorosi a Piero di Jacopo Tanaglia dallAncisa, contenenti fra laltro reiterati inviti a rispondere e a ricambiare quella che egli chiama amicizia (e che si preoccupa di distinguere dalla carnalit, 40 ch vizio istrano ), si vide recapitare da questi, in data 23 settembre
Sulla poesia del Braccesi si rinvia alla voce di A. Perosa, Braccesi, Alessandro, in Dizionario Biograco degli Italiani, cit., vol. xiii 1971, pp. 602-8, in partic. a p. 604, e alledizione (comprendente le sole rime petrarchesche) A. Braccesi, Soneti e canzone, ed. critica a cura di F. Magnani, Parma, Studium Parmense, 1983. 38.Le poesie fra lo Scarlatti e il carmelitano occupano i numeri cxviii-cxxi delled. Lanza: con la coppia di sonetti posta sotto il num. cxxi che si passa allo stile alla burchia. 39.Il son. xcvi della vulgata (Pignatte con bombarde e duo mulini: di messer Nicol al Burchiello ) ritenuto da Zaccarello (p. 137 del suo commento) lunica proposta che sfidi il B[urchiello] sul terreno a lui pi congeniale della tecnica alla burchia , ma un altro caso analogo rappresentato dal sonetto di Domenico pisano a cui il barbiere rispose col cli della vulgata. 40. Oh, beato colui chamor dispensa / in perfetta amicizia e faccia triegue / colla carnalit, ch vizio istrano! (cxlviii 12-14: cfr. Lirici toscani, cit., vol. ii p. 604).
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alessio decaria 1474, il sonetto alla burchia che riporto qui sotto, che burla il mittente, ritorcendogli contro quella maniera poetica a lui congeniale:41
Sugo duno scambietto dun coltrone e mescolato col mughio dun bue, del qual se ne vuol tr sei once oppie, encorpora42 con grasso di moscione, et farane di tutto ununzone, et per dicozon beco di grue; ugni le reni et tiralo allo [n]gie,43 se guarir vuoi del mal dellamatrone. Questa t data per prima ricetta et, sella non ti giova, manda tosto per una allo spezial della cornetta. Falla far buona e non guardare al costo, togli unoncia di sguardo di civetta e cuocine con essa un pollo arrosto. Azuffati col mosto,44 chetti far posar po me la testa, fuggendo e ghiribizzi ellor tempesta. La viglia della festa, cio la notte della Ephiphania, molti guariscon dogni malattia.45
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41.Ivi, vol. ii p. 612 (ma il son. che si propone, anche nella risposta che si riproduce poco oltre, rivisto sul codice). Il testo introdotto dalla seguente rubrica: Sonetto fatto per Piero di Iacopo Tanaglia e mandato amme Filippo Scarllatti a d 23 di settenbre 1474. 42.encorpora: mescola. 43.Lanza mette a testo allo gie, ed effettivamente tale la lezione del codice. Mi pare probabile che sia caduto un compendio. Dato il contesto, ci si potrebbe riferire allora alla credenza, gi nota per la cicogna, secondo cui questo uccello, sentendosi malato, si farebbe un clistere col becco (cfr. la nota di Zaccarello a Sonetti del Burchiello, ed. cit., cciii 13-14, p. 282). 44.Azzuffati col mosto: ubriacati. 45.Si allude a una credenza, molto diffusa presso i giocosi e i burchielleschi del Quattrocento e non solo, secondo cui la notte di Befana gli animali avrebbero la facolt di parlare. Basti ricordare Sonetti del Burchiello, xi 9-11: E voi messer lo Giudice de nuovi / gonfalonier del popol verdemezo, / fate che Befania non vi ci truovi , e pi chiaramente cxviii 12-14: Tu nascesti la notte di Bephana, / quando ogni bestia legata si snoda / e nsieme parlan sanza turcimanni .
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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 Lo Scarlatti, nella risposta (significativamente perspicua e non burchiellesca), tra deluso e indispettito per lo smacco ricevuto ( di tal ragion ricette atte saspetta , scrive fra laltro), invita paradossalmente il corrispondente a non seguir de doti lor setta , quasi rinnegando quel latte che laveva cresciuto:
Sugo non di coltron, ma dun metone, che grida come l bo che non pu pie e vuolsi mescolar con chi verte, ma troppo pesa sua prosunzone. E stu farai di ci conclusone, la dicozion saran lopere tue, chesse fien buone ti merranno in se, dove si truova ogni consolatione. Di tal ragion ricette atte saspetta, cio qual sopra appunto t proposto, e non seguir de doti lor setta. Fa chal ben far tu non ne stia discosto, chegli mirato altrui po molto in fretta, scernendo la ignoranza o virt tosto. Se nel mese dagosto, quandio rivolsi alle Muse la cresta, mavessi atteso, i sare daltra gesta. Onde che per te resta et parmi chettu musi villania non volermi mostrar quanto chessia. Deh, per tuo cortesia, sendoti stato, et son, buon servidore, non mi negar deser mie precettore! chttu narai honore, per chogni or mi duplica la voglia, avendo il mezo tuo, sor 46 la soglia.
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La poesia alla burchia, dunque, si rivela sorprendentemente uno strumento di socialit letteraria, bench, almeno in questo caso, una socialit
46.Il manoscritto ha una lezione poco perspicua: sorro, come legge Lanza, che corregge in serra, o forse sorvo. Io preferisco in ogni caso mettere a testo sor , cio se ora ho.
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alessio decaria paradossale, frutto di un dialogo fra sordi che ben sattaglia alluniverso del nonsense. Diventare strumento di condivisione e di conversazione, comunque, non poco per una poesia la cui sostanza , secondo il celebre epigramma landiniano, nihil. 3. Riprendiamo il filo principale del discorso, ricordando come il bottino della nostra ricerca di testi alla burchia nei poeti del Quattrocento si sia rivelato, alla fin fine, piuttosto magro, soprattutto in rapporto alla quantit dei testi esaminati. Giunti a questo punto, non che si debba necessariamente concludere che gi nel Quattrocento la poesia del nonsense avesse solo circolazione limitata e sotterranea. Oltre a ribadire la fioritura di unampia scuola intorno a Burchiello, tanto prossima al maestro da entrare a far parte della sua tradizione (sia nelle stampe sia in manoscritti come il Magliabechiano VII 1167, copiosamente sfruttato dal Messina per i suoi Sonetti inediti ),47 si deve considerare che la nostra indagine si concentrata sulla produzione poetica in sonetti, escludendo un territorio assai fecondo per gli studiosi del nonsense come quello della frottola. Si dovr anche tenere a mente che uno degli indirizzi stilistici dominanti nel secolo quello che stato definito espressionistico,48 fondato su una sistematica oscurit del dettato e sul gusto per unornamentazione retorica che pare compiacersi delle complicazioni e dellinfrazione delle regole, nonch di una sintassi agile quanto brachilogica. Leffetto di questa poesia sui lettori non differisce poi di molto da quello suscitato dai versi alla burchia, bench lo straniamento che ne deriva ab bia diversa origine. E soprattutto per certe poesie di ambito comico-realistico, trasparenti nella lettera, ma oscure nei riferimenti a situazioni o persone per noi ormai misteriosi, non affatto detto che i contemporanei fossero sempre a conoscenza dei fatti sottesi, spesso di minimo momento e legati alla quotidianit anche meschina dellautore e del suo ristretto ambiente; il che poteva generare, anche nel pubblico coevo,
47.Domenico di Giovanni detto il Burchiello, Sonetti inediti, raccolti e ordinati da M. Messina, Firenze, Olschki, 1952. 48.Per questa definizione cfr. Martelli, Letteratura orentina del Quattrocento, cit., pp. 283-85, 303-4.
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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 unapparenza di nonsense.49 Su questo piano si muovono, ad esempio, alcuni sonetti di Francesco Alberti che risulterebbero del tutto incomprensibili se non sincontrassero i nomi di alcuni dei personaggi menzionati nelle portate al catasto dellautore: il lavoratore di un suo podere, un calzaiuolo suo vicino di casa (son. ci) e soprattutto la sua schiava Marta, che bee volentieri , come risulta dal documento archivistico cos come dal gustoso son. clxii.50 Anche per questo sottogenere, del resto, era stato lo stesso caposcuola a dare lesempio e, ancora una volta, non senza avere alle spalle una cospicua tradizione , con sonetti come Quarantaquattro orin dor, brigata (cxli) o Mari Bastari, tu e la tuo Betta (clxiv). Le vie della poesia del nonsenso insomma, come quelle della Provvidenza, sono spesso molteplici e quasi sempre insondabili; solo in qualche caso fortunato possibile rimettere insieme i pezzi che ci permettono di districare alcuni dei nodi che il tempo ha avviticchiato intorno a testi destinati a una circolazione limitata e circoscritta. E non accade forse lo stesso anche per molti sonetti del barbiere? Chi infatti avrebbe potuto ritenere altro che nonsense una locuzione come lo specchio del Gaburro , se una provvidenziale postilla apposta a un codice trivulziano non avesse chiarito che Gaburro era beccaio alla loscia del ponte Vecchio verso Por Santa Maria et il suo specchio era Arno ?51 Alla luce di tutto questo, resta da chiedersi se lo studio di questi testi di autori minori e quasi dambito privato porti qualche utilit pi generale allinterpretazione dei versi del Burchiello. Prescindendo da spunti esegetici applicabili al singolo contesto, ci si dovr porre il problema fondamentale: per la poesia di Burchiello e sodali si pu parlare di nonsense? C qualche metodo in quella pazzia? Nellillustrazione dei sonetti alla
49. un aspetto al quale accenna Claudio Giunta per le tenzoni burchiellesche (ma si pu estendere a diversi altri testi che entrano nella vulgata), dove i dialoganti fanno riferimento a una sorta di codice ristretto per cui le parole adoperate dal poeta sono relativamente chiare ma i fatti, gli eventi a cui il poeta allude, oscuri: per tutti tranne che per il suo corrispondente (C. Giunta, Premesse per un commento alle tenzoni di Burchiello, in La fantasia fuor de conni, cit., pp. 75-100, a p. 80). 50.Anche per questi testi rimando al mio commento. 51.Cfr. Sonetti del Burchiello, ed. cit., lxxiii 7-8, p. 103: chio avevo s secca questa foce, / che vto arei lo specchio del Gaburro e, per la chiosa, il relativo commento.
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alessio decaria burchia proposti, mi sono mosso gli specialisti se ne saranno accorti sulle orme di Michelangelo Zaccarello, che, superando la nozione di nonsenso, rileva come nella poesia burchiellesca il testo si dipani per associazioni immanenti alla materia verbale, utilizzata questultima in modo vistosamente diverso dal suo valore corrente e abituale : di queste associazioni lo stesso studioso ha dato ampia esemplificazione in un suo eccellente saggio del 200252 e nel commento einaudiano. I pi fedeli seguaci della maniera burchiellesca che, come ha rilevato Giuseppe Crimi, non ha bisogno di proclami, ma attua la sua poetica direttamente ed esclusivamente nei sonetti 53 capiscono il meccanismo di quella poesia e lo riproducono, anche se talora evidente lo sforzo di adesione al modello, che toglie naturalezza al dettato: in particolare, negli imitatori manca uno dei fenomeni caratteristici della poesia del barbiere (che gi compare nel brunelleschiano Panni alla burchia e visi barbizechi ), cio la fusione e il trascolorare di un testo meramente comico in poesia alla burchia e viceversa, il saltuario emergere, nelle accozzaglie pi disparate, di un riferimento sensato, di unallusione perspicua, di un indovinello arduo ma solubile, che spesso solo un bagliore; poi, in virt di quellincalzare del ritmo e di quel sottentrare di sempre nuove forze a cui ac54 cennava Domenico De Robertis, si risprofonda nellassurdit, o almeno in quello che per noi ha la sua apparenza. Questo fenomeno testimonia come la maniera alla burchia fosse, in Burchiello, lesito estremo, ma in fondo consequenziale, di un linguaggio comico preesistente (e preesistente era del resto anche quella particolare variante di poesia comica che definiamo poesia alla burchia).55 I seguaci, invece, nella smania di saggiare il nuovo modo, tentano la via delladesione puristica e separano in modo piuttosto netto i due moduli espressivi; tanto che nelle rubriche
52.Zaccarello, Schede esegetiche, cit. (da l, p. 1, provengono le parole riportate a testo). 53.Vd. Crimi, Loscura lingua, cit., p. 282. 54.Cfr. De Robertis, Una proposta per Burchiello, cit., p. 111. 55.Per le tappe essenziali che anticiparono lesperienza del Burchiello si possono consultare i primi quattro capitoli del lavoro di Crimi, Loscura lingua, cit., o anche solo il breve profilo che di quella storia traccia Zaccarello nellintroduzione alla sua edizione commentata (pp. xiii-xx).
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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 autografe, solo i sonetti alla burchia del Pigli sono definiti alla burchiella, cos come un sonetto alla burchia del Libro dei sonetti di Luigi Pulci e Matteo Franco il solo a essere esplicitamente designato, nel recentemente recuperato codice Dolci,56 come burchiellesco, bench lintera opera sia di esclusiva pertinenza comica. 4. Visto che si menzionato Luigi Pulci, non ci si pu esimere di riservare a lui almeno qualche cenno, proponendo alcune considerazioni su quello che giustamente viene ritenuto il pi genuino erede di Burchiello. Mi limiter a qualche riflessione sul Libro dei sonetti,57 che, com noto, accoglie anche i documenti letterari della lunga tenzone che vide sfidarsi Luigi Pulci, gi animatore principe della brigata medicea, e il pi giovane Matteo Franco, astro nascente in quel medesimo circolo. Oltre ai testi della tenzone, il Libro, che reca nella tradizione una configurazione particolarmente instabile per canone e ordinamento dei pezzi, trasmette altri componimenti di entrambi i poeti, diretti a destinatari diversi dal contendente. Nel Libro dei sonetti che testimonia una vera contrapposizione fra i due rimatori e non solo uno scherzo letterario Burchiello una presenza costante;58 la sua influenza si manifesta a vari livelli: ci sono citazioni dirette, richiami di lessemi e sintagmi, o anche limitazione di motivi e luoghi comuni. In particolare, com ovvio, il modello portante ed esplicito va riconosciuto nella vituperosa tenzone del barbiere con Rosello Roselli, di cui si ripropongono analiticamente i temi e il linguag56.Per questo manoscritto, recentemente ricomparso sul mercato antiquario, cfr. A. Decaria-M. Zaccarello, Il ritrovato Codice Dolci e la costituzione della vulgata dei Sonetti di Matteo Franco e Luigi Pulci, in Filologia italiana , iii 2006, pp. 121-54. 57.Il titolo, in verit, non rispecchia i dati della tradizione, ma si adotta per comodit in quanto consente di riferirsi alledizione pi completa di questi sonetti (L. Pulci-M. Franco, Il Libro dei sonetti, a cura di G. Dolci, Milano-Genova-Roma-Napoli, Societ Anonima Editrice Dante Alighieri, 1933). Per una pi precisa trattazione del problema cfr. M. Zaccarello, Continuit e specicit nella tradizione a stampa dei Sonetti iocosi & da ridere di Matteo Franco e Luigi Pulci, in Tipofilo logia , i 2008, pp. 105-27 (ora anche in Id., Reperta, cit., pp. 357-95). 58.Per averne unidea si pu ricorrere al quinto capitolo di Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 317-53, che esamina i passi pulciani che riprendono passi burchielleschi (per i Sonetti vd. in part. pp. 336-48).
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alessio decaria gio. Come ho sostenuto in altra sede,59 per, dietro alla costituzione del Libro c anche qualcosa di diverso e una strategia pi sottile: la configurazione recata dal codice Dolci, in particolare, sembra frutto di una cernita e di un montaggio dei sonetti tesi ad accreditare la vittoria del Franco nella tenzone e il suo subentrare a Luigi nel ruolo di poeta comico principale della cerchia medicea. Anzi, direi piuttosto nel ruolo di erede di Burchiello nellet laurenziana, dato che il pegno reale della disputa dovette risiedere proprio nel riconoscimento di questo ruolo, come si evince da ripetute ed esplicite dichiarazioni dei due contendenti. Nel Libro, infatti, la presenza di Burchiello s costante, ma manca quasi del tutto il poeta alla burchia; n ci deve meravigliare, dato che il genere della tenzone in vituperium non consente mai un linguaggio troppo coperto; figuriamoci se pu sopportarlo una tenzone come questa, svolta manifestamente davanti a un pubblico e per quel pubblico (quel lo della cerchia laurenziana). Nel codice Dolci solo un paio di testi del Franco (uno invero di attribuzione controversa) presentano andamento alla burchia. Basti la prima quartina di uno di essi per evidenziare il rigore dellimitazione:
Un arrosto smarrito sanza taglia e dua Gimignanesi da Romena corson ne frati a far sonare a cena, perch Cupido temessi di maglia.60
I due sonetti si collocano, nella strategia compositiva del codice, in una sezione in cui, venuto meno il contrappunto di botta e risposta, la voce di Luigi ormai assente e il Franco pu esibire sia le sue relazioni coi principali personaggi dellambiente mediceo (destinatari di quasi tutti i sonetti della seconda parte del codice), sia la sua adeguatezza a suben59.A. Decaria, Il Pulci ritrovato e nuove ipotesi sul Libro dei sonetti, in Collezione privata. Notizie storico-lologiche e recuperi testuali dal mondo del collezionismo e dellantiquariato librario. Atti del Convegno di Ascona, Monte Verit, Centro Stefano Franscini, 16-17 novembre 2006 = fasc. mon. del Bollettino Storico della Svizzera Italiana , cxi 2008, pp. 247-81. 60.Pulci-Franco, Il Libro dei Sonetti, cit., lxxiv 1-4, p. 72. Proprio questi versi sono citati e illustrati da Zaccarello, Burchiello e i burchielleschi, cit., pp. 130-31, che vi riconosce uno dei rari esempi di poesia alla burchia det laurenziana.
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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 trare a Luigi come poeta comico per cos dire ufficiale: e saper fare sonetti alla burchia doveva costituire una delle referenze obbligatorie per il curriculum di un aspirante poeta comico. Oltre a questi due esempi, tuttavia, ser Matteo non adopera altrove quella modalit, mentre sfrutta sapientemente tutta la gamma di generi e situazioni caratteristiche della poesia giocosa e burlesca, e anche in quei testi molto forte la presenza del Burchiello (quello, per, dei testi realistici e perspicui). E Luigi, che, quando avveniva tutto questo, era ormai quasi sempre fuori di Firenze? Anche nella produzione del Pulci incredibile a dirsi si stenta a trovare tracce di poesia alla burchia. Eppure egli, funambolo del linguaggio (come dimenticare il Vocabolista, i sonetti dialettali irti di giochi verbali e doppi sensi, la satira antipedantesca nei sonetti contro Bartolomeo Scala e Marsilio Ficino?), in questo senso davvero nuovo Burchiello, riusciva tanto influenzato dal caposcuola da vedere accolti alcuni suoi sonetti gi nella princeps veneziana dei sonetti del Burchiello e quindi (bench col senno del poi) fin nella stampa pseudo-londinese; Luigi, inoltre, aveva assimilato tanto a fondo la maniera del maestro da comporre un sonetto che pare contaminare la modalit alla burchia con quella realistica e polemica (E risono una volta pi di septe).61 Nonostante tutto questo, anchegli lascia alla tecnica alla burchia solo pochi spiccioli della sua ampia produzione, spesso destinando questi testi a una circolazione ristretta e privata che ha permesso solo a pochi di salvarsi fortunosamente dal naufragio. Al contrario, il ritornello ormai noto, del Burchiello realistico e perspicuo trasuda ogni suo verso, e in qualche caso Luigi d un grande aiuto agli esegeti di Burchiello perch trapianta immagini e locuzioni da sonetti alla burchia del barbiere in testi realistici, decrittando lenigma.62 Ad esempio, in uno dei sonetti contro lo Scala (Messer Bartolomeo de bellinchini ) si legge:
61.Per questo sonetto vd. lo studio di S. Carrai, Schede per i sonetti di Luigi e del Franco, in Id., Le Muse dei Pulci. Studi su Luca e Luigi Pulci, Napoli, Guida, 1985, pp. 75-84, alle pp. 80-84, che ne ritrov e pubblic lautografo. Mi sia poi concesso rinviare ad A. Decaria, Luigi Pulci e Francesco di Matteo Castellani. Novit e testi inediti da uno zibaldone magliabechiano, Firenze, Societ Editrice Fiorentina, 2009, pp. 107-8 (per questo sonetto) e 185-92 (per la produzione alla berchia di Luigi). 62. un fenomeno riscontrato anche da Crimi, Loscura lingua, cit., p. 325, che cita altri esempi.
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alessio decaria
Ben tu s fatto un di que paladini, che ne vanno a Firenze con la pala.63
Il Pulci, pur nel furore della satira contro lumanista, ha nellorecchio un passo preciso del suo modello e, piegandolo alle proprie necessit polemiche, scopre il gioco che nei versi del barbiere risultava decisamente pi ostico da decifrare:
I non potrei contar tanta sciagura cio de paladin condotti a tale che ricogliendo van la spazatura.64
5. Venendo al tirar delle somme, il dato nuovo che emerge dallindagine sulla poesia alla burchia nella seconda met del Quattrocento consiste in questo: i poeti di quella stagione si cimentano di rado con la pi genuina maniera alla burchia, preferendo invece adoperare quei testi apparentemente senza senso come miniera da cui estrarre singole tessere e locuzioni da ricontestualizzare in ambito genericamente burlesco. Questi fenomeni, che Giuseppe Crimi constatava per Francesco Berni e, in misura minore, gi per Lorenzo de Medici,65 sono dunque presenti fin dallinizio nella ricezione della nuova maniera. Burchiello risulta insomma, paradossalmente e fin da subito, pi imitato per la sua produzione realistica (tutto sommato pi conservatrice) che come caposcuola di un nuovo modo di far poesia, che poi, peraltro, proprio nuovo non era. Questo almeno per quanto concerne la riproducibilit in proprio, da parte dei poeti coevi, di quella maniera. I rimatori contemporanei e gli immediati discendenti che si muovono sul terreno del riso ammirano il barbiere, alcuni ne piangono anche la morte o corrispondono con lui, ma non lo seguono sulla strada del nonsense (o di quel particolare nonsense,
63.Sonetti del Burchiello, del Bellincioni e daltri poeti orentini alla burchiellesca, Londra [ma Lucca-Pisa, s.c.,] 1757, pp. 161-62 (testo 239, vv. 5-6). 64.Sonetti del Burchiello, ed. cit., xxii 9-11, p. 31. 65.Si rinvia ai capp. vi-vii del pi volte citato lavoro di Crimi, Loscura lingua. Una pi sintetica, ma non meno rilevante indagine sul riuso dei testi burchielleschi nel secondo Quattrocento e oltre si trova ora anche in Zaccarello, Burchiello e i burchielleschi, cit., pp. 130-38.
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il nonsense nella poesia toscana del secondo 400 ch, si visto, il Quattrocento conobbe anche altre esperienze poetiche avvicinabili a tale definizione). I pi stretti seguaci della poesia alla burchia, del resto, li indica la tradizione stessa, dato che i pezzi apocrifi o presunti tali che sinfiltrano da subito nella vulgata dei sonetti costituiscono davvero la massima parte della fortuna e dellimitazione di quello stile, e limitazione pi fedele. Gli altri, come si visto, limitano lomaggio a pochi pezzi. Si ha insomma la sensazione che la scomparsa di Burchiello innescasse il rapido declino di quella societ letteraria che, sullonda degli estri del barbiere di Calimala, aveva alimentato quel particolare genere di poesia e aveva posto le basi per la sua trasmissione alle generazioni future. Con laffievolirsi di quella fitta conversazione fra i burchielleschi della prima ora, un gruppo che pare da collocare in un orizzonte culturale e geografico piuttosto ristretto, la poesia alla burchia era destinata a morire, o a divenire altra cosa. Gi i poeti comici toscani dellultimo quarto del secolo si trovarono ad abitare tuttaltro mondo: chi, fuori di Toscana, come il Bellincioni e il Pistoia (e da un certo momento anche il Pulci), doveva fare i conti con le occasioni che alla poesia offriva, ma anche imponeva, la realt della corte, doveva per forza di cose rivolgersi a un pubblico pi vasto ed eterogeneo di quello che assaporava le fantasticherie del Burchiello. Il poeta cortigiano era costretto a ricorrere a un linguaggio che, se non del tutto alieno da allusioni, enigmi e giochi di parole, doveva limitare gli artifici a un numero ridotto e ben riconoscibile. Non che la burchiellesca fantasia dovesse rinunciare a tutti i suoi colori, ma certo la tavolozza andava un po ridotta. La progressiva mutazione della poesia burchiellesca e il suo trapianto, depurata delle punte pi eversive, in terreni pi prossimi al genere comico-realistico, da altri messa adeguatamente in luce, a mio avviso si spiega anche coi fattori appena indicati.66 E il fatto che questo processo nella patria di Burchiello si inneschi, nei primi anni Settanta, proprio in corrispondenza di un netto e radicale processo di smunicipalizzazione della cultura, conferma
66.Molto verosimile anche lipotesi proposta da Michelangelo Zaccarello per giustificare la rapida eclissi dello stile alla burchia in epoca laurenziana, che andrebbe ricercata nel rapido successo ottenuto in quegli ambienti dalla letteratura carnascialesca (Burchiello e i burchielleschi, cit., pp. 132-33).
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alessio decaria lipotesi della fine di un mondo. A ulteriore riprova, si pu constatare che la strenua imitazione burchiellesca di Alessandro Braccesi tutta creata in laboratorio e non reca alcuna traccia di apertura allesterno: nel suo libro non per niente ermeticamente congegnato alla maniera di un canzoniere lirico, strutturato cio in modo affatto contrario a quello delle sillogi del barbiere, aperte nel canone e nellordinamento alle soluzioni pi varie non entrano altri interlocutori, corrispondenti, complici o avversari, ma c spazio solo per il confronto col modello, anzi con quel libro, fissato proprio in quel torno danni nella rassicurante forma della vulgata. Ma era un libro che ormai apparteneva a unaltra stagione. Questo, almeno, il panorama che emerge dalla mia parzialissima ricognizione sulla prima fortuna della poesia alla burchia; un viaggio che forse valso la pena percorrere, anche per iniziare a riaprire la difficile partita filologica dellassegnazione dei singoli testi che entrano nel corpus della tradizione burchiellesca. Una partita che, senza indagare le personalit poetiche di poca o nessuna fama di cui ho parlato, non pensabile affrontare.
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Carla Chiummo S G raN De ApeLLe, e NON mi NOre Ap OLLO: i L NON S E N S E DeL BrON Z i NO maN ierisTa*
Parlare del Bronzino poeta burlesco significa veramente addentrarsi in una selva ancora in buona parte oscura. Di clandestinit quasi assoluta parlava Mutini nel 1988, nella Introduzione alledizione pi recente e commentata delle Rime in burla bronziniane, a cura di Franca Petrucci Nar delli (Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1988), seguta dal lunica vera edizione critica, sebbene parziale, di questo Bronzino, cio quella dei Salterelli dellAbbrucia sopra i Mattaccini di Ser Fedocco, a cura di Carla Rossi Bellotto (Roma, Salerno Editrice, 1998), ma con unedizione completa ancora addirittura ottocentesca, e niente affatto filologicamente attendibile, del suo Canzoniere petrarchesco (Sonetti di Angiolo Allori detto il Bronzino ed altre rime inedite di pi insigni poeti, a cura di Domenico Moreni, Firenze, Stamperia Magheri, 1823).1 A ci si aggiunga la neces*Desidero anzitutto ringraziare Renzo Bragantini e Giuseppe Crimi per avere pazientemente letto questo lavoro e per i preziosi suggerimenti offertimi. 1.Dopo il meritorio, ma ovviamente ormai datato A. Furno, La vita e le rime di Angiolo Bronzino, Pistoia, Tip. Flori, 1902, lunica monografia dedicata interamente al Bronzino scrittore quella di D. Parker, Bronzino. Renaissance Painter as Poet, Cambridge-New York, Cambridge Univ. Press, 2000, dove al poeta burlesco dei Salterelli si fa solo un rapido cenno nel capitolo dedicato alle Rime in burla, pp. 14-39. Un cenno ancora pi rapido e generico alla sua attivit poetica nella monografia di M. Brock, Bronzino, Paris, ditions du Regard, 2002. Ci sono tuttavia alcuni recenti segnali di una sua maggiore, almeno relativa, popolarit letteraria su questo versante poetico: uno di questi va per esempio ben al di l della ristretta cerchia degli addetti ai lavori, ed la pubblicazione del suo componimento Dello starsi. Cap. i, in Versi da ridere. Poesie comiche italiane, a cura di D. Piccini, Milano, Saggiatore, 2007. Significativo che solo un decennio prima, in unaltra raccolta a carattere divulgativo e di un certo successo, dedicata alla poesia del nonsense, Il piccolo libro del nonsense, a cura di P.P. Rinaldi, Milano, Vallardi, 1997, il nome di Bronzino fosse del tutto assente, mentre il Capitolo de Romori, con commento, in Burchiello e burleschi, a cura di R. Nigro, Roma, Ist. Poligrafico e Zecca dello Stato, 2002, pp. 925-32. Sul Bronzino petrarchista, si veda invece ora G. Tanturli, Formazione dun codice e di un canzoniere: Delle Rime del Bronzino pittore Libro primo, in Studi di filologia italiana , lxii 2004, pp. 195-224, in cui per si fa ancora riferimento alledizione ottocentesca dei Salterelli (Bologna, Gae-
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carla chiummo saria sfida di guardare agli inevitabili rapporti tra il poeta e il pittore, senza cadere nella trappola delle forzature interpretative; per di pi, nel caso delle rime burlesche di cui ci occuperemo, dovendo sciogliere il nodo, tuttaltro che meno intricato, del valutare fino a che punto sia legittimo parlare di nonsense, relativo o assoluto che sia.2 Le risposte qui non potranno che essere parziali. Ma qualche nodo pu essere sciolto (e insieme, per alcuni aspetti, aggiunto, nella prospettiva di nuove, future indagini ed eventuali conferme), se si parte da un discorso di poetica, che, come nel caso pi lampante della sua pittura, pu certamente definirsi, per molti aspetti, manierista. Per il poeta serio e per quello burlesco. Se il Manierismo artisticamente anzitutto gusto del ricalco e del 3 dj lu , certo, come scriveva lo storico dellarte Shearman,4 il parallelo tra il Manierismo pittorico e il petrarchismo alla Bembo, o meglio il bembismo linguistico-poetico, pi o meno ortodosso, pu reggere bene; ma se vero che il concetto di Manierismo ha in s anche il suo con trario, ovvero una tecnica anti-classicistica del ribaltamento e della con5 tropoetica , allora a maggior ragione il nome del Bronzino poeta e pittore avanzato da Pinelli va senzaltro aggiunto.6 Anzi, direi che proprio il Bronzino pittore e poeta risponde al meglio a questa doppia identit artistica. Da una parte il pittore superbamente glaciale 7 come scrisse
tano Romagnoli, 1863); riguardo pi genericamente a questo fronte petrarchesco, cfr. il fasc. monografico a cura di B. Porcelli, Petrarca volgare e la sua fortuna sino al Cinquecento, in Italianistica , v 2004, fasc. 2, sebbene si fermi alle soglie del territorio manierista (mancando quindi di qualsiasi riferimento al Canzoniere bronziniano). 2.Cfr. P. Orvieto-L. Brestolini, La poesia comico-realistica. Dalle origini al Cinquecento, Roma, Carocci, 2000, e in partic. il cap. 11. 3.A. Pinelli, La maniera: denizione di campo e modelli di lettura, in Storia dellarte italiana, vol. vi. Dal Cinquecento allOttocento, Torino, Einaudi, 1981, to. i p. 141. 4.J. Shearman, Mannerism. Style and Civilization, Harmondsworth, Penguin, 1967 (trad. it. Id., Manierismo, a cura di M. Collareta, Firenze, Spes, 1983), pp. 37-39, passim. con questo studio che dialoga anzitutto Pinelli nella sua introduzione ai rapporti tra il Manierismo letterario e quello pittorico e poi tra il Bronzino petrarchista e Bembo (Pinelli, La maniera, cit., pp. 140 sgg.). 5.Pinelli, La maniera, cit., p. 147. 6.Ivi, pp. 146-48. 7.R. Longhi, Un San Tommaso del Velzquez e le congiunture italo-spagnole tra il Cinquecen-
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il nonsense del bronzino manierista Longhi che ritrae la sua Laura, la poetessa Laura Battiferri, con il Canzoniere petrarchesco fra le mani,8 citando lAndrea del Sarto della Giovane donna con un volume di Petrarca; dallaltra il pittore di un allegorismo che sfiora il nonsense apparente dellenigmatica Allegoria londinese (gi nota come Allegoria del trionfo di Venere o Allegoria del Piacere),9 con linquietante inversione nella disposizione naturale delle mani della figura femminile in basso sulla destra (allegoria del Piacere, secondo le indicazioni di Vasari),10 o del ritratto, ricordato con enfasi da Vasari, del nano della corte medicea, Morgante,11 dipinto recto/verso su una stessa tela, o il
to e il Seicento, in Vita artistica , ii 1927, pp. 4-12 (ora in E. Baccheschi, Lopera completa del Bronzino, Milano, Rizzoli, 1999, p. 12). 8.La stessa costruzione en abme (il ritratto che gioca sul citazionismo esibito: una poe tessa che cita un poeta caro sia a lei che al pittore/poeta) un espediente tipicamente manierista, cui Bronzino ricorre volentieri nei suoi quadri, e in particolare nei suoi ritratti. Qui i due sonetti petrarcheschi mostrati dalla poetessa sono facilmente riconoscibili: il xlix e il clxxxii. Su questo ritratto e le sue citazioni da Petrarca, cfr. anche R. Fedi, La memoria della poesia. Canzonieri, lirici e libri di rime nel Rinascimento, Roma, Salerno Editrice, 1990, pp. 79-80; J. Woods-Marsden, In la Persia e nella India il mio ritratto si pregia : Pietro Aretino e la costruzione visuale dellintellettuale nel Rinascimento, in Pietro Aretino nel cinquecentenario della nascita. Atti del Convegno di Roma-Viterbo-Arezzo, 28 settembre-1 ottobre 1992; Toronto, 23-24 settembre 1992; Los Angels, 27-29 ottobre 1992, ivi, id., 1995, to. ii pp. 1099-125, alle pp. 1107-8; Laura Battiferra [sic] and haer literary circle: an anthology, a cura di V. Kirckhan, Chicago, Univ. of Chicago Press, 2006; N. Macola, Sguardi e scritture: gure con libro nella ritratistica italiana della ...... del Cinquecento, Venezia, Ist. Veneto di Scienze, lettere e arti, 2007, pp. 76-85, 172-76; L. Bolzoni, Poesia e ritratto nel Rinascimento, Roma-Bari, Laterza, 2008, pp. 215-17. 9.A questa allegoria sono state date infatti le interpretazioni pi diverse, sempre partendo per da quanto scritto negli studi ancora imprescindibili di Panofsky e di Zeri (cfr. su questo aspetto A. Cecchi, Bronzino, Firenze, Scala/Riverside, 1996, e A. Paolucci, Bronzino, Firenze, Giunti, 2002). Anche la Parker si sofferma su questo quadro nel cap. iv, The poetics of Bronzinos Painting, in Ead., Bronzino, cit., pp. 128-33; pi di recente tornata a parlarne, tra gli altri, S. Malaguzzi, LAllegoria di Bronzino. Il piacere e linganno, in Art e Dossier , xix 2004, fasc. 9. 10.G. Vasari, Le vite dei pi eccellenti pittori, scultori e architetti, a cura di M. Marini, Roma, Newton, 2007, p. 1341. 11. Ritrasse poi Bronzino al duca Cosimo Morgante nano ignudo tutto intero, et in due modi, cio da un lato del quadro il dinanzi e dallaltro il di dietro, con quella stravaganza di membra mostruose che ha quel nano, la qual pittura in quel genere bella e meravigliosa (ivi, p. 1342). Come noto, Morgante figura emblematica della poesia burlesca: da Pulci in poi. Lo stesso fatto che il nano di corte dei Medici abbia il nome di un gigante non poteva non stimolare la vena paradossale di Bronzino, come gi di altri poeti burle-
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carla chiummo disegnatore degli splendidi arazzi che incastonano le figure pi biz zarre.12 Cos, senza voler forzare troppo luso della sua scrittura per spiegare la sua arte pittorica come si rischiato di fare nel suo caso 13 ritroviamo da una parte il poeta di un canzoniere di circa 230 componimenti in stile ipermanieristicamente petrarchesco (il che per significa anche con tradimento profondo del pi rigido petrarchismo bembesco);14 dallaltra,
schi. Ricordo qui lepitaffio del Grazzini/Lasca A Morgante nano: Un nano, chebbe nome di gigante, / giace sepolto in questo ricco avello, / chebbe natura, colore e sembiante / duomo, di bestia, di pesce e duccello. / Fu cos contraffatto e stravagante / e tanto brutto che pareva bello; / onde, e con ragion, si potr dirgli: / tu sol te stesso, e nullaltro somigli. /// . La Longhi nota la citazione petrarchesca dellultimo verso da RVF, clx 4, e ricorda che Grazzini compose anche una madrigalessa per Morgante, dal titolo Ben avrebbe di tigre o di serpente, dove gli stessi spunti si stemperano senza efficacia in un discorso prolungato e monotono (Poeti del Cinquecento, i. Poeti lirici, burleschi, satirici e didascalici, a cura di G. Gorni, M. Danzi e S. Longhi, Milano-Napoli, Ricciardi, 2001, p.996). 12.Vd. Baccheschi, Lopera completa del Bronzino, cit., pp. 96-98 (con utile nota bibliografica sulla arazzeria di Bronzino a p. 96), e Parker, Bronzino, cit., p. 38. 13.Cfr. M. Bugg, Tra immagine e parola, in Critica darte , lxii 1999, pp. 61-71: qui linterpretazione dei rapporti tra scrittura e pittura in Bronzino si fonda su schemi che appaiono un po troppo meccanici e unilaterali (modello opposto di equilibrato e dinamico confronto tra arte visiva e letteraria si trova invece negli studi di L. Bolzoni o, sebbene non inerenti al caso Bronzino, nelle parole di E.N. Girardi, La notte di Michelangelo, in Letteratura italiana e arti gurative. Atti del xii Convegno dellAISLLI, Toronto-Hamilton-Montral, 6-10 maggio 1985, a cura di A. Franceschetti, Firenze, Olschki, 1988, vol. ii pp. 473-83, a p. 473: un tertium che, lasciando alla scultura ci che della scultura, e alla poesia ci che della poesia, ne spieghi innanzitutto la compresenza ; o in R. Scrivano, Il modello e leccezione. Studi rinascimentali e manieristici, Napoli, Liguori, 1993, e pi specificatamente nel cap. La cultura letteraria di Raffaello). 14.Vd. su questo aspetto Parker, Bronzino, cit., in partic. il cap. ii che tocca proprio la questione tuttora aperta del rapporto tra questo Canzoniere e i suoi modelli, Petrarca e Bembo in primis (a p. 48, sul rapporto tra il Canzoniere petrarchesco e quello di Bronzino, a titolo esemplificativo, soffermandosi su un confronto diretto tra i due sonetti proemiali, la Parker scrive: The opening of Bronzinos canzoniere is much more clearly structured than the ending. The first sonnet offers a brief account of the collections contents and, more importantly, exemplifies the way in which the painter tends to engage the lyric tradition []. Bronzinos sonnet is not simply derivative of Petrarchs poem; it lovingly registers and engages lines and motifs from its predecessor . Si tenga presente che solo una minima parte di questo Canzoniere circol in edizioni a stampa e che nel Canzoniere del Magl. II IX 10 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze vi appaiono insieme molti componimenti di altri autori.
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il nonsense del bronzino manierista lautore burlesco dei Capitoli e soprattutto dei Salterelli dellAbbrucia, i pi decisamente sconfinanti nellambiguo territorio del nonsense. Ch va detto subito se gi stato ampiamente confutato come nonsense assoluto15 nella poesia burchiellesca e ancor pi in quella bernesca cui lo stesso Bronzino guarda con molta attenzione (e parziale devozione), ancora pi decisamente confutabile in senso assoluto in un poeta che manieristicamente ricalca le impronte di quella tradizione con una consapevolezza letteraria tuttaltro che scontata. Insomma, la riscrittura del poeta serio sconfina nella parodia del poeta in burla, che, come scriveva recentemente Garavelli a proposito del bernismo atipico di un Caro o di un Molza, o del Della Casa faceto compagni di strada del Bronzino poeta non pu comunque prescindere dalla parola assoluta del Petrar16 ca . E non solo dalla sua, come vedremo.
15. la tesi sostenuta in Orvieto-Brestolini, La poesia comico-realistica, cit., cos come nelle pi recenti e accreditate ricerche su questo versante della poesia burlesca, a partire dai lavori di Zaccarello su Burchiello (oltre alled. crit. da lui curata per la Commissione dei testi in Lingua [Bologna 2000], si veda almeno la sua edizione commentata dei Sonetti, del Burchiello, Torino, Einaudi, 2004) fino al pi recente e densissimo studio di G. Crimi, Loscura lingua e il parlar sottile. Tradizione e fortuna del Burchiello, Manziana, Vecchiarelli, 2005 (e di questa meritoria collana di Vecchiarelli si vedano anche Cinquecento capriccioso e irregolare. Eresie letterarie nellItalia del classicismo, a cura di P. Procaccioli e A. Romano, 1999, e A. Corsaro, La regola e la licenza. Studi sulla poesia satirica e burlesca fra Cinque e Seicento, 1999; sul rapporto arte-letteratura: Autorit, modelli e antimodelli nella cultura artistica e letteraria fra Riforma e Controriforma. Atti del Convegno di Urbino-Sassocorvaro, 9-11 novembre 2007, a cura di A. Corsaro, M. Faini e P. Procaccioli, e, appena pubblicato, quando questo lavoro era gi in composizione, Ofcine del nuovo. Sodalizi fra letterati, artisti ed editori nella cultura italiana tra riforma e controriforma. Atti del Convegno di Utrecht, 8-10 novembre 2007, a cura di H. Hendrix e P. Procaccioli, 2008). Interessanti riferimenti a questo ambito letterario nel vol. Gli irregolari nella letteratura. Eterodossi, parodisti, funamboli della parola. Atti del Convegno di Catania, 31 ottobre-2 novembre 2005, Roma, Salerno Editrice, 2007 (in partic. negli interventi di A. Corsaro, M. Zaccarello, D. Ro mei, A. Amaduri, A. Di Grado, A. Manganaro). Si tratta di una linea di studi sulla poesia burlesca che ha seguito le ricerche filologico-linguistiche imprescindibili avviate diversi decenni fa dalla Ageno e poi portate avanti, anche su altri fronti interpretativi, per citare solo alcuni degli studiosi pi noti, da A. Tartaro, M. Martelli, D. De Robertis, A. Lanza, facendo luce su questo versante apparentemente nonsensical della poesia burlesca, in specie quella fiorentina trequattrocentesca. 16.E. Garavelli, Presenze burchiellesche (e altro) nel Commento di ser Agresto di Annibal Caro, in La fantasia fuor de conni. Burchiello e dintorni a 550 anni dalla morte (1449-1999). Atti
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carla chiummo Un tale impegno su pi fronti poetici smentisce subito la lettera della stessa definizione data da Bronzino alla sua poesia, come ingenua zam17 pogna di contado , puro ripiego alle fatiche dellartista (definizione mo dulata sullantico e fortunato topos rinverdito dalle nugae petrarchesche e spesso usato dai poeti comici cinquecenteschi),18 e spiega gi in parte lentusiasmo di un Cellini che loda proprio il poeta dei sonetti, cos come di un Vasari che invece sa apprezzare anche il poeta faceto; per non parlare delle reiterate lodi del Grazzini/Lasca e di quel Varchi che lo incornicia in un solenne s grande Apelle e non minore Apollo .19 Certo, lappellativo elogiativo del Varchi va subito filtrato attraverso la sua natura, il caso di dirlo, di maniera. Di maniera anzitutto perch lartista/poeta cui era stato prima attribuito era come noto Michelangelo, maestro di arte pittorica e poetica indiscusso per Bronzino e tutta la sua cerchia dellAccademia Fiorentina. E per di pi era stato Berni, nel Capitolo dedicato al pittore Fra Bastian del Piombo (1534), a elogiare in questi termini assieme lartista e poeta Michelangelo, fino a decretarne la superiorit letteraria persino rispetto al modello petrarchesco:
del Convegno di Firenze, 26 novembre 1999, a cura di M. Zaccarello, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2002, p. 231. A proposito di autori come Molza e Della Casa, che giocano sul doppio fronte della poesia petrarchista e della sua parodia apparentemente bernesca, Garavelli scrive, sulla linea degli studi di S. Longhi, Lusus. Il capitolo burlesco del Cinquecento, Padova, Antenore, 1983: La rettifica parodica della parola assoluta del Petrarca sembra approdare cos, anzich alla legittimazione dello spazio alternativo del bernismo, alla formulazione di una proposta che dal Petrarca non pu comunque prescindere ; conclude per, riguardo al Caro e al suo Commento, e insieme a tutta quella cerchia romano-toscana di antibembisti: ci troviamo di fronte al bizantinismo manieristico e un po decadente di una societ letteraria di parvenus che, malata di complessi di inferiorit perch impietosamente subordinata nella quotidianit, tenta di autolegittimarsi sperimentando linversione carnevalesca (p. 238). Scivoloso per laccostamento di manierista e decadente, con una nuance moralistica, che rischia di riportare in acque melmose, secondo un Manierismo storico letto di per s come decadente, con unaccezione tendenzialmente negativa e limitativa di questa seconda voce. 17.Rossi Bellotto, Introduzione a I Salterelli dellAbbrucia, cit., p. 15. 18.Orvieto-Brestolini, La poesia comico-realistica, cit., p. 205. 19.Per una rassegna dei giudizi critici dei contemporanei, cfr. Baccheschi, Lopera completa del Bronzino, cit., p. 11, e Parker, Bronzino, cit., pp. 14-15. La citazione da Varchi tratta da Opere di Benedetto Varchi ora per la prima volta raccolte, 2 voll., Trieste, Lloyd Austriaco, 1858, vol. ii p. 992, son. lxxxix, A Bronzino, pittore.
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Lasciando perdere per ora la valenza realistica di questo raffronto cose/parole ad un primo livello opposta rispetto a qualsiasi poetica manierista e ancor pi nonsensical quello che ci interessa la valenza appunto di maniera che assume subito quel gioco (anche linguistico) Apelle/Apollo. Lo usa, per Bronzino, Varchi, cos come lo usa la Laura, di nome e di fatto (nel senso petrarchistico, e quindi ancora di maniera) Battiferri, poetessa e senhal dafneo delle rime serie del Canzoniere di Bronzino:21 novello Apelle Apollo 22 lo chiama la Battiferri, in uno scioglilingua alle soglie del nonsense di lunga fortuna popolare. Ma di facile maniera si tratta: basti pensare che Varchi nelle sue rime usa pi
20.Cito dalled. delle Rime di Beni a cura di D. Romei, Milano, Mursia, 1985, pp. 183-84 (il sonetto era gi nel Primo Libro del / lopere Burlesche, di M. / Francesco Berni. / Di Messer Gio. della Casa, del / Varchi, del Mauro, di M. Bino, / del Molza, del Dolce, & / del Firenzuola. / Ammendato; e ricorretto; e / con somma diligenza / Ristampato. / In Firenze, mdlii, segnatura Biblioteca Nazionale Centrale di Roma: 68 9 G 4; il corsivo nel testo). 21.La Parker rileva come lappellativo di Apelle/Apollo sia rivolto a Bronzino anche da altri sodali fiorentini, quali Sellori e Antonio de Bardi (vd. Parker, Bronzino, cit., p.60). 22.Ivi, p. 63. Sulla fortuna cinquecentesca del mito di Apelle, vol. R. Arqus, I Sonetti dellarte. Aretino tra Epelle e Pignolione, in Letteratura & Arte , i 2003, pp. 203-12
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carla chiummo volte e per vari artisti le due voci, sebbene non in forma di dittologia co me nel sonetto per Bronzino.23 Interessante per, per avere una prima
23.Opere di Benedetto Varchi, cit., vol. ii, Sonetti Spirituali, lxxxix, Al Bronzino, pittore, p. 992: Dogni cosa rendiam grazie al Signore / Che le ci d, che cos vuole Dio, / Caro e chiaro e cortese Bronzin mio, / Cui ebbi ed aggio ed avr sempre onore. // E se l vostro Alessandro al primo fiore / La bellopera ha fatto, ove ancor io / Sempre vivr fuor del comune oblio, / Solo stata di Dio grazia e favore. // Noi siam nulla, Bronzin, voi che sete /S grande Apelle e non minore Apollo; / Nulla che vostro sia, no, nulla avete / E che voi Bronzin mio, come dovete, / Ogni ben vostro e suo da Dio tenete; / Il credo certo, anzi per certo sollo. /// ; ccxl, Ad Alessandro Allori, pittore, p. 868: Caro Alessandro mio, chal primo fiore / De pi verdi anni, non pur del gran nome / Superbo andate, ma del bel cognome / Vostro, chio porto sacro in mezzo al core; // Seguite il tosco Apelle, eterno onore / DellArno, e fate s chancor si nome / Il secondo Bronzin, pria che le chiome / Cangiate, e l mondo dopo lui vonore; // Questo uman sonno cos breve, nulla / Risvegliare altro e far longevo puote, / Che dardente virt ben caldo raggio: // Io, che pur dianzi maddormiva in culla, / Or di neve mischiato ambe le gote, / Quanto vorrei salir, tanto ognor caggio. /// ; dxv, A M. Lattanzio Roccolini, p. 909: Lattanzio, se l mondo ha nuovo Filippo / A quellantico ed al gran figlio eguale, / Egli ha bene anche un altro nuovo, quale / Fu quellantico, anzi maggior Lisippo. // ; vv. 12-14: Ben deve ogni gentil sopra le stelle / Lo grande Aretin nostro, e Giorgin mio / Alzar, Tosco Mirone e Tosco Apelle. /// ; dai Sonetti colle risposte e proposte di diversi, p.te ii, son. xlvii, A M. Lodovico Castelvetro, p. 926: Voi, che da fragil vetro il nome e lopre / Pi salde e belle chadamante ed oro / Avete; voi, in cui luce e si suopre / DApollo ogni nascosto e bel tesoro: //[] . Altri versi in cui invece Varchi richiama il poeta/pittore, suo amico, sono il son. ccxliii, A maestro Antonio Bacchiacca, ricamatore, p. 868: Antonio, i tanti, e cos bei lavori, / Che vostra dotta mano ordisce e tesse, / Lodi varrecan s chiare e s spesse, / Che piccioli appo voi fieno i maggiori. // Chi , non dico tra i pi bassi cori, / Ma fra i pi alti ingegni, il qual credesse, / Che poca seta, e picciol ferro avesse / Agguagliato il martel, vinto i colori? // Onde superbo, e pien di gioia parmi / LArno veder, che s felice chiami, / E dica: i figli miei mhan fatto bello: / I bronzi al gran Cellin deono; i marmi / Al Buonarroto; al Bacchiacca i ricami; / Le pietre al Tasso; al Bronzino il pennello /// ; il son. ccxxxix, Al Bronzino, pittore (ibid.): Ben potete, Bronzin, col vago, altero / Stil vostro, eletto a s grande speranza, / Formare coi color lalta sembianza / Della donna gentil dArno e dIbero: // Ma l bel di dentro e quello invitto, intero / Cortese cor, che sol tutti altri avanza, / Chi ritrarr, dove non ha possanza / Vostra arte, e nulla val gran magistero? // Voi, ma con altro e non men chiaro stile, / N meno ornato che dal quarto cielo / Febo vinspira e con pi bei colori; // Raro ed esempio e pregio il mortal velo / Potete eterno e leterno a migliori / Far dal mar dIndia conto a quel di Tile. /// . Ma anche i Componimenti pastorali, pubblicati postumi a cura di Cesare Salvietti (1576), hanno qualche interesse nel nostro discorso, per i possibili rinvii cifrati e con sottintesi osceni, riferiti alla cerchia di amici e artisti, Bronzino incluso, nascosti sotto i nomi arcadici (ivi, pp. 1003 sgg.).
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il nonsense del bronzino manierista idea della fama e dei riconoscimenti del Bronzino poeta fra i suoi contemporanei: un vero e proprio erede del Michelangelo artista e letterato, stimato da autorit indiscusse quali Varchi, Doni, Berni, Caro, Grazzini, e ovviamente Vasari. E non c da meravigliarsi, dal momento che Agnolo di Cosimo, alias Bronzino, una delle presenze pi in vista di quella Accademia Fiorentina, nata dalla libera Accademia degli Humidi, coercitivamente riformata e posta sotto pi stretto controllo mediceo da Cosimo, nel 1541, con lanno di massima crisi, il 1547, che vede lespulsione dei pi riottosi, tra cui lo stesso Bronzino, poi riammesso solo nel 1566.24 Fatto ancora pi interessante: sappiamo dalla viva voce del Lasca, curatore del Primo Libro dellopere Burlesche (1548) oltre che dei Sonetti del Burchiello (1552) e dei Canti carnascialeschi (1559) , che lAccademia degli Humidi principalmente fa professione [] dello stil burlesco, giocondo, lieto, amorevole e, per dir cos, buon compagno (Dedica del Lasca a messer Lorenzo Scala, Primo Libro dellopere Burlesche).25 Una traccia fondamentale da seguire per i sonetti dei Salterelli, cos come per i Capitoli bronziniani in terza rima. Lomaggio burchiellesco dei Salterelli, sulla scia di Caro, era stato preceduto dai suoi primi Capitoli berneschi, in prevalente concomitanza cronologica piuttosto che come eredit letteraria, come pi volte stato detto con quella terza decade del Cinquecento che vede una fiorente pratica collettiva 26 in questo ambito poetico: il Berni comico del decennio precedente inizia infatti a circolare in edizioni a stampa proprio negli anni Trenta.27 E alcuni Capitoli Di Bronzino pittore (Capitolo primo in lode della Galea; Capitolo secondo in lode della medesima; Capitolo de Romori, M. Luca Martini; Capitolo contro le Campane, al medesimo; e Capitolo in lode
24.SullAccademia degli Humidi e questo contesto culturale fiorentino si veda ancora il classico M. Plaisance, Culture et politique Florence de 1442 1551: Lasca et les Humidi aux prises avec lAcadmie Fiorentine, in Les crivains et le pouvoir en Italie lpoque de la Renaissance, a cura di A. Rochon, iie srie, Paris, Univ. de la Sorbonne Nouvelle, 1974, pp. 149-242, ora in Id., LAccademia e il suo Principe. Cultura e politica a Firenze al tempo di Cosimo I e di Francesco de Medici, Manziana, Vecchiarelli, 2006, pp. 123-234. 25.Dora in poi citer dalledizione del Primo Libro dellopere Burlesche, cit. 26.Orvieto-Brestolini, La poesia comico-realistica, cit., p. 201. 27.Vd. F. Berni, Rime, a cura di D. Romei, Milano, Mursia, 1985, p. 20.
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carla chiummo della Zanzara, Messer Benedetto Varchi ) finiscono nel Secondo libro dellopere Burlesche, nelledizione giuntina che segue la prima curata direttamente dal Lasca:28 due Libri che fisseranno il canone della poesia burlesca del Cinquecento (insieme al commento doniano a Burchiello), secondo quel linguaggio cifrato e con doppi sensi equivoci, se non proprio esplicitamente osceni, utile a rileggere anche i Salterelli di Bronzino. Lo stesso Lasca definir Bronzino poeta e pittor [] / di molto pre29 gio e di poca ventura , per quanto nella sua cerchia fiorentina, inclusi tutti gli addentellati romani, fosse tuttaltro che sconosciuto come poeta. Di questo Bronzino scrittore, Vasari dir che sopra tutto (quanto alla poesia) maraviglioso nello stile e capitoli berneschi, intantoch non oggi chi faccia in questo genere di versi meglio, n cose pi bizzarre e capricciose di lui .30 Ma il fatto che, sebbene abbiano avuto una fortuna relativamente maggiore e duratura rispetto a quella incontrata dai suoi Salterelli 31 e sebbene si inseriscano pi facilmente in una tradizione in senso generico bernesca, e quindi bene in vista nella tradizione comica cinquecentesca, poco hanno a che vedere con un discorso sul vero nonsense : paradosso, doppio senso osceno, capovolgimento delle ortodosse gerarchie morali e non; un nonsense solo relativo, insomma. Mentre le pa role di Vasari fanno intuire quali spunti favoriscono sul versante di una poetica che possiamo definire manierista. Di bizzarria e capriccio parlava Vasari; e rispetto alle coeve teorizza28.Nel Primo libro il Lasca aveva inserito le Opere burlesche di M. Francesco Berni, di Messer Gio. Della Casa, del Varchi, del Mauro, di M. Bino, del Molza, del Dolce, e del Firenzuola, creando il canone della poesia burlesca cinquecentesca, tuttora imprescindibile. Nel Secondo libro / Dellopere Burlesche, di M. /Francesco Berni. / Del Molza, di M. Bino, di M. / Lodovico Martelli. / Di Mattio Francesi, dellAretino, / Et di diversi Autori. / Nuovamente posto in Luce, Et con / diligenza Stampato. / In Fiorenza, mdlv. / Con Privilegio (segnatura Biblioteca Nazionale Centrale di Roma: 68 9 G 5), la dedica a Messer Alessandro Ottaviano de Medici firmata da Filippo Giunti (8 maggio 1555) e non pi dal Lasca. 29.Sono versi dallEpitafo in morte del Bronzino (cfr. Baccheschi, Lopera completa del Bronzino, cit., p. 11). 30.Vasari, Vite, cit., p. 1344. 31.Vd. Introduzione ad Agnolo Bronzino, Rime in burla, cit., e Introduzione ad Agnolo di Cosimo (il Bronzino), I Salterelli dellAbbrucia, cit. pur vero comunque che i Salterelli furono scelti come testi di riferimento da Salviati, allievo di Varchi, per il Vocabolario della Crusca.
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il nonsense del bronzino manierista zioni classicistiche, come tali possono suonare queste rime in burla. In effetti, quei cinque Capitoli inseriti nel Secondo libro dellopere Burlesche, gi solo dai titoli richiamano un particolare genere, o sottogenere, tutto cinquecentesco, che quello dellencomio paradossale, squisitamente manieristico.32 Questo, certo, implica una ostentata ascendenza classica, ma in una rilettura burlesco-erasmiana (si rileggano le ascendenze dirette segnalate nella breve Dedica di Erasmo a Tommaso Moro nellElogio della follia) che capovolge per un momento lordine costituito, cui per Bronzino sembra sempre alludere, tanto nei suoi versi ortodossamente petrarcheschi, quanto in quella superficie levigata e apparentemente soddisfatta di s che la sua pittura. Ad esempio, alla smaccata citazione del Culex pseudo-virgiliano del Capitolo delle zanzare, dedicato allamico Varchi, si accosta sin dallincipit un paradosso al quadrato nella operazione di deminutio, anzi superamento, per quanto burlesco, di quel modello classico:
Varchi, io vo sostener con tutti a gara che fra le bestie, chhanno qualche stocco, il principato tenga la zanzara. Ecci qualchautor, che nha gi tocco, ma non la conoscendo, ha detto cose, che non si saren dette dun allocco.33
Una sorta di gioco nel gioco, nellanticlassicistico rifiuto del modello virgiliano, in nome di un presunto ma chiaramente paradossale realismo assoluto; anzi, medico-scientifico si potrebbe dire, nelle ragioni addotte ai vv. 73-87 ( Cercon la prima cosa di destarci / co canti lor, perch noi ci coprino / [] e par che dican: Poi che costui / vuole del male a far, che nabbia; non di meno / gl mal che giova molto e poco duole, / chelle ci traggon certo sangue, pieno / di materiaccia ), oltre
32.Cfr. anzitutto P. Cherchi, Lencomio paradossale nel Manierismo, in Forum Italicum , ix 1975, pp. 368-84; fino al pi recente vol. di M.C. Figorilli, Meglio ignorante che dotto. Lelogio paradossale in prosa nel Cinquecento, Napoli, Liguori, 2008 (altri rinvii a questo versante, in partic. per la poesia cinquecentesca, Longhi, Lusus, cit., pp. 138-81; OrvietoBrestolini, La poesia comico-realistica, cit., p. 201). 33.Il corsivo nostro. Si cita, dora in poi, dalled. a cura di Petrucci Nardelli.
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carla chiummo che morale (vv. 49-51: La vorrebbe veder gluomini in atto, / travagliarsi, star desti e far faccende, / come colei chintende il mondo affatto ). Il dettato linguistico, poetico, metaforico dei Capitoli non presenta oscurit e slittamenti vistosi (neanche dove il nonsense sembra in effetti in agguato, come nel dialogo filosofico del Capitolo in lode del dappoco, tutto rivolto alla gatta Corimbo: A te mi volgo, a te vo favellare, / Corimbo mia , vv. 22-23); e anche il sottinteso osceno altrettanto vistoso nelle due Lodi alla galea, nei Romori e Contro a le campane34 non gioca su implicazioni sottilmente ambigue, come invece nei Salterelli e ancor pi nella tradizione burchiellesca cui questi ultimi guardano pi direttamente. Nei Capitoli si tratta di un codice noto, largamente condiviso dalle altre Lodi paradossali che riempiono il primo e il secondo Libro delle Opere burlesche,35 sebbene senzaltro interessante per i rinvii molteplici al rap34.Cfr. il commento della Petrucci (cui resta sostanzialmente fedele la Parker): la galea rinvierebbe al membro maschile nella pratica omosessuale (soprattutto ai vv. 12732); i rumori al movimentato rapporto sodomitico e le campane agli organi femminili. Ma questultima voce, nel Dizionario storico del lessico erotico italiano, a cura di V. Boggione e G. Casalegno, Milano, Tea, 1999 (ne esiste unedizione pi recente per la Utet, 2000, ma si citer sempre dalled. Tea), indica i testicoli o pi in generale gli organi maschili (vd. anche Crimi, Loscura lingua, cit., p. 270). 35.Oltre alla gi citata Dedica del Lasca a messer Lorenzo Scala , con lesplicito riferimento allappartenenza allAccademia degli Humidi, in cui lo stil burlesco di casa, ancora nel Primo Libro dellopere Burlesche, a p. 2 v si legge: Ma tu Berni dabbene, Berni gentile, [] ci fai conoscere la perfezzione della Peste, la bont della Gelatina, la bellezza della Primiera, lutilit delle Pesche, la dolcezza dellAnguille, e i segreti e la profondit di millaltre cose belle & buone ). Ai Capitoli di Berni in lode si affiancano poco pi di trenta sonetti: tra questi ultimi, appaiono i pi celebri Chiome dargento ne, irte & attorte; O spirito bizzarro del Pistoia; Cancheri & beccachi, magri arrosto; Contro M. Pietro Aretino ( lingua fracida, marcia, senza sale / [] / presuntuoso porco, mostro infame, / [] ). Di Varchi si legge il Capitolo del nocchio / Al Bronzino / Dipintore / ( S io dovessi Bronzin, perdere unocchio / E da fanciulli haver dietro la caccia, / Io v dir qualche cosa del finocchio. // Che non cibo che tanto mi piaccia, / Ne che piacer pi dovesse ad ognuno / Che avesse qualche gusto, qualche faccia. // In questo almen non scrupolo alcuno, / Che non sia buon, perch si vede ognora, / fra frati e specialmente nel digiuno. // O finocchio gentil, chi non thonora / Chi non ti loda, si pu dir che sia / Tutto e per tutto di Bologna fuora. // Sio fossi inquisitor delleresia, / Io vorrei pur intender la cagione, / che ti tien impiccato tutta via. // Forse ch te sha far le fregagione / Come le fave, e altri semi et frutti; / Tu non dai un disagio alle persone. // Tu fai per luoghi molli, e per li asciutti, / In piani e monti, e sei propio un solazzo / Duomini, e donne, di vecchi e di putti. // E se non chio
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il nonsense del bronzino manierista porto poesia/pittura36 (un topos manieristico e tardo-cinquecentesco) e per il dialogo parodiante con il modello tanto dantesco quanto petrarchesco.37 La Petrucci Nardelli e la Parker insistono quasi esclusivamente sulla valenza erotica dei sottintesi di questi Capitoli; altri ha insistito su quella autobiografica (per es. esplicita nel Capitolo contro a le campane e nei Romori nel dettato a prima vista cronachistico; pi sofisticatamente manieristica la lettura in chiave autobiografica del Nigro dellOrologio del Pon tormo, a proposito in particolare della rievocazione, o forse sarebbe meglio dire ricreazione leggendaria, dei rapporti Bronzino/Pontormo, allievo e maestro, nella Prigione).38 Direi per che la chiave pi interessante resta quella del gioco letterario, raddoppiato dal rovesciamento ludico di un genere gi di per s a contraggenio come quello dellencomio paradossale. Ma di vero e proprio nonsense, soprattutto a livello linguistico, non si pu parlare, anche l dove la Petrucci ha rilevato una concomitanza pi stringente con i Salterelli, e cio nei due Capitoli Delle scuse, dove peraltro lanalogia mi sembra si fermi genericamente al tema metaletterario e metartistico, presente in altri di questi componimenti. Nel primo dei due Capitoli, per le scuse addotte per il suo sacrificare tempo e forze allarte poetica invece che a quella artistica di cui ben pi esperto: Riprendami chi vuol, cha tutti cedo / per la mia parte in dir chio farei meglio / a non tentar quel che ben far non credo (vv. 334-36: probabile allusione allallontanamento
sarei tenuto pazzo, / Sempre come divoto e tuo fedele / Ne porterei da ogni mano un mazzo. // Quel darti sempre dietro fra le mele, / E una usanza che sha presa il mondo; / come de fare i zuccherin col mele. // [] // E voi Bronzino, in questa Primavera, / Senza che pi ve l dica, velo scriva, / Fatemene una selva intera, intera. // Io ne voglio in iscorcio e n prospettiva, / Dolce, forte, piccin, grande, e mezzano, / Tanto in su quanto la pittura arriva. // [] Voi direte Bronzin, chio vinnocchi, / ma non ve ne mostraste mica schivo, / Che non si lascia intendere gli sciocchi. // [] // Per hora ho disegnato di finire, / Darengli unaltra volta il suo dovere: / Odi le sette, io voglio ir dormire, / Bronzin, senza dir pi che d buon bere. /// (le citazioni sono riprodotte fedelmente, con interventi di ammodernamento minimi. Il corsivo nostro). 36.Cfr. in partic. i Capitoli Delle scuse, i (vv. 316-67) e ii (vv. 52-272). 37.Cfr. La serenata, vv. 133, 272; Contro a le campane, v. 38; Della cipolla, ii 112-13. 38.Cfr. S.S. Nigro, Lorologio di Pontormo. Invenzione di un pittore manierista, Milano, Rizzoli, 1998, pp. 42-43, 72-73.
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carla chiummo forzato dallAccademia Fiorentina, dice la Nardelli; ma forse questa implicazione non poi cos cogente). Nel secondo Capitolo omonimo, per il discorso artistico, moderno, manierista, gi da Querelle des Anciens et des Modernes, sulla libert inventiva rispetto ai canoni classici, con pi di una pointe ironica rivolta contro gli anticlassicisti assoluti e coloro che si riparano dietro la scusa, appunto, che l sentiero / omai del Buonarroto sia tropperto (vv. 145-46):
Cos glAntichi si posson da banda mandare, anzi si mandano, e lonore nha delle scuse la schiera onoranda. Chi sa se forse col tempo in favore saranno certe cose che son oggi dogni buon uso e dogni legge fuore? [] Non fia vago a veder nascer nel seno forsun d duna donna, ovha le poppe, le gambe? architettando non di meno? E porre il viso loro in su le groppe, forar gli stinchi e turar bocche e occhi e i veli in terra e n su tener le cioppe?
e qui potrebbe riferirsi ai celebri nonsense pittorici di artisti come Bosch, visto che ai vv. 199-201 scrive: E se gi si pigliar glOltramontani / tanta licenzia e furon s lodati, / con tutto choggi ognun ne levi i brani [] .39 Ma persino nel terzo Capitolo dedicato Alla Cipolla c un confronto diretto tra poesia e pittura, secondo un Leitmotiv culturale primo e tardorinascimentale: Son due sorelle e ciascuna si parte / da un padre medesimo e un fine / conseguono immitando o in tutto im parte. // (vv. 193-95; si ricordi che lo stesso Bronzino risponde allinchiesta voluta da Varchi nel 1547 sul primato della pittura o della scultura, parteggiando per la prima). Ben pi interessanti per il territorio del nonsense comunque parziale, mai assoluto i suoi Salterelli, in continuit diretta e ineludibile con i Mat
39.La Petrucci Nardelli suppone invece cautamente un riferimento al passato stile gotico.
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il nonsense del bronzino manierista taccini di Annibal Caro. Tra la fine del 1560 e linizio dellanno se guente,40 Bronzino compone infatti una corona di undici sonetti caudati, con il titolo di Salterelli dellAbbrucia sopra i Mattaccini di Ser Fedocco.41 Forma metrica e titolo dicono gi molto della loro collocazione letteraria: la prima li pone lungo la linea, ricchissima nel Cinquecento, della tradizione burchiellesca (si badi, ormai in un territorio di fruizione squisitamente letteraria di quella tradizione;42 nel caso specifico del Bronzino, o del Caro o del Varchi burleschi, rientrando in un canone, per quanto inverso, addirittura paritetico rispetto a quello petrarchesco). Il riferimento diretto ai Mattaccini nel titolo43 li colloca nel territorio incandescente ( il caso di dirlo, pensando alla condanna al rogo per eresia inflitta a Castelvetro e ricordata dallAbbrucia del titolo bronziniano) della polemica fra il Caro/ Ser Fedocco e il Castelvetro, posto qui sul banco degli imputati. Non ripercorrer tutta la storia di questa disputa, scoppiata a Roma nel 1555 e protrattasi per oltre un lustro,44 rinviando in particolare allIntroduzione di
40.La studiosa retrodata la stesura dei Salterelli al 1555-1558, perch sembrerebbero [] antecedenti allApologia del Caro, se non alla stesura del 1555 almeno alla pubblicazione del 1558 (Rime in burla, cit., p. 418); pi convincente la datazione della Rossi Bellotto (I Salterelli, cit., pp. 45-62), che li colloca dopo la pubblicazione dellApologia e forse anche dopo la pubblicazione delle Ragioni di Castelvetro avvenuta nel 1560; a favore di questa ipotesi soprattutto il riferimento alla condanna per eresia contro Castelvetro, emanata nellottobre del 1560 (l abbrucia del titolo sarebbe unallusione piuttosto chiara al rogo per eresia). 41.La Rossi Bellotto, contrariamente alla Petrucci Nardelli, si schiera contro lattribuzione a Bronzino dei tre sonetti dellAggiunta di Fra Stoppino, presenti in coda ai Salterelli nel codice Magliabechiano VII 115 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, il codice pi importante per il testo dei Salterelli; questo peraltro presenta delle glosse di tipo soprattutto linguistico ai testi dei sonetti, che per, anche in questo caso, la Rossi non attribuisce allo stesso Bronzino, come invece fa implicitamente la Petrucci (cfr. I Salterelli, cit., pp. 53-62). 42.A. Corsaro, Burchiello attraverso la tradizione a stampa del Cinquecento, in La fantasia fuor de conni, cit., p. 129: nel secondo Cinquecento Burchiello diventa insomma un testo da biblioteca ; o come scrive Zaccarello un repertorio di immagini che pu definirsi manieristico (Burchiello e i burchielleschi, in Gli irregolari nella letteratura, cit., p. 143). Per le stesse ragioni non condivido del tutto il riferimento a una tradizione popolareggiante e antiletteraria fiorentina avanzato dalla Rossi Bellotto per i Capitoli berneschi (I Salterelli, cit., p. 19). 43.Come I Mattaccini, anche I Salterelli rinviano a una forma di danza (ivi, pp. 59-60). 44.Ma se includiamo lHercolano di Varchi si arriva al 1570, anno della sua pubblicazione postuma (sebbene sembri che i primi progetti riguardanti questopera siano stati addi-
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carla chiummo Jacomuzzi allOpera di Caro (Torino, Utet, 1974, vol. i) e alledizione critica dei Salterelli curata dalla Rossi Bellotto. Ricordo solo che, nata da un commento durissimo, in chiave linguistica e rigorosamente petrarchesca, di Castelvetro alla Canzone di Caro Venite allombra de gran gigli doro, in lode dei Valois e dei Farnese,45 vede scatenarsi una diatriba antiCastelvetro in parte seria si pensi allHercolano di Varchi in parte in forma di invettiva e parodia. Ne protagonista Caro, autore di quellApologia che, come scrive lo stesso autore per bocca del personaggio di Pasquino,46 include appunto i dieci pazzi sonetti dei Mattaccini, dove appaiono gi metro, schema rimico, nomi, protagonisti e gesta puntualmente ripresi da Bronzino nei Salterelli. Che ci troviamo sul terreno della poesia di eredit burchiellesca, riscritta in quella che si chiamer lingua ionadattica47 e passata per la deterrittura precedenti rispetto alla polemica Caro-Castelvetro: cfr. A. Sorella, Introduzione a B. Varchi, Hercolano, ed. crit. a cura dello stesso, pres. di P. Trovato, Pescara, Libreria dellUniversit Editrice, 1995, to. i pp. 45, 69. Di diverso avviso Marazzini: cfr. Id., Il secondo Cinquecento e il Seicento, in Storia della lingua italiana, a cura di F. Bruni, Bologna, Il Mulino, 1993, p. 150 n. 1). 45.Sulle ragioni storico-politiche della diatriba, cfr. S. Lo Re, Venite allombra de gran gigli doro . Retroscena politici di una celebre controversia letteraria, in Giornale storico della letteratura italiana , clxxxii 2005, fasc. 599 pp. 362-97. 46.Cfr. Caro, Opere, cit., vol. ii p. 254. Il personaggio di Pasquino richiama quel genere delle pasquinate ormai ben noto, secondo Marzi, fuori di Roma nella seconda met del Cinquecento che, attraverso Caro e non solo, porta alcune movenze linguistiche e formali interessanti per il nostro contesto (Pasquino e dintorni. Testi pasquineschi del Cinquecento, a cura di A. Marzo, Roma, Salerno Editrice, 1990, p. 17; sui rapporti tra la tradizione burlesca toscana e la Roma delle pasquinate, Id., Contro lortodossia: da Pasquino ad Aretino, in Gli irregolari nella letteratura, cit., p. 177): oltre al motivo religioso (sebbene solo legato al personaggio di Castelvetro nei Salterelli ), si vedano ad esempio i doppi sensi osceni, e in particolare quelli legati alla rima in -oni e -one (ad es. in Pasquino cerca il suo naso o in Delli cozzoni, pur se non rilevati da Marzi in questultimo; e il guardanaso di Pasquino cerca il suo naso sembra avere la stessa funzione dei cogloni / consolti di maglia a tutta botta in Salterelli, vii 7-8: cfr. Pasquino e dintorni, cit., pp. 125 sgg.; ma vd. anche Pasquinate romane del Cinquecento, a cura di V. Marucci et alii, 2 voll., Roma, Salerno Editrice, 1983, passim, e il pi recente Ex marmore. Pasquini, pasquinisti, pasquinate nellEuropa moderna. Atti del Convegno di Lecce, 17-19 novembre 2005, a cura di C. Damianaki, P. Procaccioli e A. Romano, Manziana, Vecchiarelli, 2006). 47.Di una lingua ionadattica nella poesia cinquecentesca parlava gi nel 1903 Re-
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il nonsense del bronzino manierista minante esperienza di Berni (e almeno dei Canti carnascialeschi e delle pasquinate), ce lo dicono subito alcuni vistosi elementi strutturali: a livello retorico, il contesto corale di parodia e scambio di invettive; a livello metrico, la ripresa dello stesso schema rimico dei sonetti caudati48 del Caro, con un pericoloso a livello metaforico scheletro in otta : oni : oni : otta : otta : oni : oni : otta : aia (nel i sonetto in rima ricca con paia) : elli : uche : aia : elli : uche : uche : ollo : ollo (nel i sonetto in rima ricca con collo); e da qui al livello linguistico-semantico il salto breve, anzi brevissimo. Per chi ha un minimo di familiarit con la tradizione burlesca e carnascialesca, gi quella rima in -oni mette subito in guardia,49 e infatti il son.
nier, in un pionieristico studio sul linguaggio a doppio senso, in parte soggettivo ed in parte convenzionale, fondamentalmente scherzoso, talora accortamente trovato per celare pensieri e fatti che non piaccia di far intendere a tutti, talaltra condotto sino alla stranezza di accozzaglie insensate di vocaboli , tipico di una tradizione fiorentina quattrocinquecentesca (aggiungendo, secondo un adagio oramai obsoleto, che in questa lingua si sbizzarr la scioperataggine accademica fiorentina, facendo poco opportuno sfoggio di acume ). I meccanismi linguistici riportati, principalmente attraverso le parole di Lorenzo Panciatichi, uno dei suoi artefici cinquecenteschi, sono la designazione di oggetti per metafora, il vocabolo sostituito che conserva una reale analogia con quello di partenza solo nella prima sillaba, la deformazione della parola, i nomi di citt per suggerire altri concetti (riportando Verona per verit, Piacenza per piacere); tutti meccanismi che si ritrovano nei Salterelli (R. Renier, Cenni sullantico gergo furbesco nella letteratura italiana, in Miscellanea di studi critici edita in onore di Arturo Graf, Bergamo, Ist. italiano darti grafiche, 1903, pp. 123-42, alle pp. 126 sgg.). 48.Sulla tradizione del sonetto burlesco, cfr. in partic. Longhi, Lusus, cit., capp i 1-4, e P. Orvieto, Sulle forme metriche della poesia del non-senso (relativo e assoluto), in Metrica , i 1978, p. 218. Vi fa riferimento la Rossi Bellotto (I Salterelli, cit., p. 62), che evidenzia anche la presenza dello stesso richiamo fonico, con vibrante+vocale, nelle due corone di sonetti (ivi, pp. 60-61). 49.Cfr. la famosa Canzone de cialdoni di Lorenzo (e cfr. G. Ferroni, Il doppio senso erotico nei Canti carnascialeschi orentini, in Sigma , xi 1978, pp. 233-50). Sui rapporti Lorenzo/ Burchiello, cfr. almeno Crimi, Loscura lingua, cit., p. 364, e, prima, M. Zaccarello, Buffon non di comun n dalcun sire: il Burchiello posseduto da Lorenzo (Laur. Pl. XL, 48), in La Toscana al tempo di Lorenzo il Magnico. Atti del Convegno di Firenze-Pisa-Siena, 5-8 novembre 1992, Lucca, Pacini, 1996, vol. ii pp. 609-36. In Caro ci sono degli equivoci spenzoloni ( e n su la stanga spenzoloni : ii 2); spuntoni ( dove le vespe aguzzan gli spuntoni , iii 3); cos come potrebbero essere equivoci soffioni e maccheroni (iii 7 e iv 3: lo sospetta anche Gorni, cfr. il suo commento a Mattaccini, iv, in Poeti del Cinquecento, i. Poeti lirici, burleschi, cit.), ma anche mosconi , occhioni , stranguglioni (vi 7), pifferoni (vii 3), culattando i colombi e i perticoni (vii 6), i gazzoloni (viii 2), i fia sconi e panioni
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carla chiummo vii vede puntualmente realizzarsi questa equivoca aspettativa metricolinguistica, ai vv. 5-8: Nuove cose vedrai, se vai a buonotta, / felice etade, e quasi in processioni / ir glalfabeti e glenni andar cogloni / consolati di maglia a tutta botta (dove la maglia a tutta botta direi che potrebbe celare un coerente senso osceno, non meno burchiellesco). Certo, la creativit anarchica della originaria poesia alla burchia si riconvertita ormai, nella poesia burlesca del maturo Cinquecento, in un repertorio e in un lessico preordinato e inquadrato, come ha chiarito Zaccarello.50 Ma proprio questo secondo aspetto che apre le porte ad una lettura pi stratificata dei Salterelli, rispetto alle ultime interpretazioni, tenendo presente la funzione anti-pedantesca della tradizione burlesca e insieme lausilio filologico-linguistico dellHercolano di Varchi per alcune voci popolari e proverbiali citate nei Salterelli. Il commento della Rossi Bellotto chiarisce sonetto per sonetto il contenuto e le modalit parodiche della diatriba inizialmente solo linguistica tra Caro e Castelvetro e il ruolo pro-Caro dei Salterelli. Non ripeter i puntuali rinvii a questo discorso avanzati dalla studiosa; ma al suo commento e alla sua linea interpretativa provo ad aggiungere alcune componenti che, nella felice ambiguit linguistica e semantica, mi sembra svelino altre movenze di eredit burlesca, ridimensionando lapparente nonsense 51 a un linguaggio oscuro con un suo proprio vocabolario e una sua propria tradizione. Riassumo subito queste possibili componenti in quella oscena e della parodia letteraria; e questultima non solo in una chiave petrarchesca, come poteva autorizzare direttamente la polemica
(x 2 e 6); nei Salterelli di Bronzino troviamo altrettanto equivoci braconi , cicaloni , fiaccoloni , berrettoni , stalloni , calzoni , capponi , stranguglioni , fiasconi . 50.Sonetti del Burchiello, cit., pp. xxiii-xxiv. Interessante per le consonanze lessicali e anche il contesto un dirompente effetto nonsense sullinserimento di nuovi vocaboli nella lingua fiorentina la Frottola della Lingua nova di Sacchetti: cfr. F. Brambilla Ageno, Riboboli trecenteschi (1952), in Ead., Studi lessicali, a cura di P. Bongrani, F. Magnani e D. Trolli, Bologna, Clueb, 2000, pp. 32-72: ad es. per le voci barbaro (per la lingua), altri discesi da Nembrotto , ruggioloni e sergozzoni (vv. 43-48); dicon sciarpelloni (v. 51); segli avvalla / e calla, / la palla / andr di palo in passo / e l sasso / far fracasso / insin dentro la berta (vv. 64-70); e caricangli la berta (v. 338). 51.La Nardelli scrive che nei Salterelli le argomentazioni di costui [scil. Bronzino] sono spesso generiche e sempre di ardua interpretazione (Rime in burla, cit., p. 418).
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il nonsense del bronzino manierista in oggetto e in particolare il porsi lo stesso Caro, nellApologia, a cavallo tra Petrarca e Burchiello 52 quanto anche dantesca, come appare ovvio pensando alla eredit burchiellesca, alla tradizione dellinvettiva e delle tenzoni e allo stesso stile comico53 (in Caro e in Bronzino con forti implicazioni anti-bembesche).54 Due chiavi di lettura che rappresentano peraltro un passepartout privilegiato non solo genericamente al territorio della poesia burlesca del Cin quecento, ma altrettanto al territorio contiguo o pi spesso parte in tegrante di quello del commento burlesco e della tenzone parodiante55 (e si ricordi che il giovanile Commento cariano di Ser Agresto da Ficaruolo sopra la prima cata del padre Siceo si richiamava sin dalla scelta del nom de plume del Caro allautorit di Burchiello).56 Soprattutto riguardo alla interpretazione oscena, sono ben consapevole di trovarmi sul fronte opposto rispetto alla Rossi, che nellIntroduzione ai Salterelli si dichiara convinta che questo tipo di lettura, in specie omosessuale, apra ben poche porte .57 Ma quella lettura era gi implicita nel linguaggio burchiellesco (e non solo) di maniera, e in questo il suo interesse. Anzi, ribalterei linterpretazione che ne d la studiosa, che parla di una doppia chiave di lettura e gi qui direi che i piani vanno al di l della secca duplicit dove da quella pi superficiale risulta un Bronzino burchiellesco e faceto [] , e dallaltra, un secondo livello di interpretazione testuale, dal
52.Caro, Opere, cit., p. 255. 53.Sul codice parodico dantesco e petrarchesco gi di origine burchiellesca, cfr. D. Poggiogalli, Dalle acque ai nicchi. Appunti sulla lingua burchiellesca, in Studi di lessicografia italiana , xx 2003, pp. 65-126. Sulla tenzone , cfr. C. Giunta, Premesse per un commento alle tenzoni di Burchiello, in La fantasia fuor de conni, cit. (ora Id., Sulle tenzoni di Burchiello, in Id., Codici. Saggi sulla poesia del Medioevo, Bologna, Il Mulino, 2005, pp. 253-78) e Id., Versi a un destinatario. Saggio sulla poesia italiana del Medioevo, ivi, id., 2002, e in partic. il Cap. iii, La Tradizione comico-realista, pp. 267-354; Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 197-203. 54.Sul Caro anti-bembesco, cfr. E. Garavelli, Perch Prisciano non facci ceffo . Ser Agresto commentatore, in Cum notibusse et comentaribusse. Lesegesi parodistica e giocosa del Cinquecento. Atti del Convegno di Viterbo, 23-24 novembre 2001, a cura di A. Corsaro e P. Procaccioli, Manziana, Vecchiarelli, 2002, pp. 57-78; P. Cosentino, LAccademia delle Virt: dicerie e cicalate di Annibal Caro e di altri Virtuosi, ivi, pp. 177-92. 55.Cfr. Longhi, Poeti lirici, burleschi, cit., p. 627; Cosentino, LAccademia delle Virt, cit. 56.Garavelli, Presenze burchiellesche, cit., pp. 233-34. 57.I Salterelli, cit., p. 18.
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carla chiummo quale emerge, in filigrana, un poeta colto e capace, pur ricorrendo ad espressioni gergali e popolari, di ammiccare maliziosamente al pubblico di accademici suoi pari .58 A me pare che questo secondo livello sia quello da cui non poteva non partire Bronzino (e che riassorbe in s il primo), e senza il quale infatti tutta la costruzione dei Salterelli resta del tutto priva di senso; mentre quella maniera burchiellesca che la Rossi definisce gergale e popolare , era unintricata rete allusiva entrata nel canone (o se vogliamo controcanone) cinquecentesco, in cui si inserisce il Bronzino serio e faceto (Caro Berni Varchi Doni Grazzini: sono i compagni di strada di Bronzino e sono coloro che avevano canonizzato Burchiello in quello che qualcuno si ostina a chiamare Antirinascimento ,59 ma che cultura rinascimentale tout court, o se vogliamo proprio aggiungere un aggettivo, diciamo pre-controriformistica, o cripticamente anti-controriformistica ormai negli anni Cinquanta e Sessanta).60 A questo fine prender in esame pi specificatamente il ii, il iv e il ix componimento dei Salterelli, ma aggiungo in forma parentetica uno o due note sul I sonetto, che introducono nel nostro percorso.61 La prima riguarda il nome di Bertuccia gi al v. 3 di questo primo sonetto. La Rossi Bellotto ricorda che mona Berta era evocata anche nel primo sonetto dei Mattaccini; ma Berta nome burlesco, lungo la linea burchiellesca e quattrocentesca, fino alla famosa Berta dellOrlandino del Folengo, di ascendenza anzitutto dantesca, come spesso in questa tradizione,62 e
58.Ivi, p. 95. 59. la Bugg del saggio bronziniano prima citato che adotta la definizione di Antirinascimento per la maniera di Bronzino. 60.E basti pensare al successivo ripudio delle sue rime burlesche da parte di Della Casa per avere un referente chiaro di questo drammatico cambiamento culturale. 61.Riproduco qui di seguito il testo del son. i: Mentre che l Gufo ruguma, e la frotta / gli cresce intorno degli scioperoni, / Bertuccia, toi de fogli e de carboni, / fammel da piedi infin alla cicotta. // Questa mi par la Brutta inculincotta. / Dov la pelle? O questi drappelloni? / Ecco il giudice, o Ribi, ecco i braconi; / Maso ecco, Matteuzzo, e lasse rotta. // Tu lhai schizzato? O buono! Or, perche paia / pi desso, to l colore e de pennelli; / finiscil tosto pria chaltri il dibruche, // chi corbi, e le cornacchie, e l Trentapaia / ci son volti e voglionlo in brandelli. / Gli sta ben troppo! Or vo che si conduche // un che me lo riduche / in istampa, e mandarne pi dun collo / pel mondo, e che si venda a fiaccacollo. /// (Salterelli, cit., p. 73). 62.Vd. Par., xiii 139: Non creda donna Berta e ser Martino / [] . Per la tradizione
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il nonsense del bronzino manierista che in Bronzino, come gi nei Mattaccini del Caro, annuncia il contenuto da berta , da burla appunto, dei sonetti (ribadito nel son. viii 12: ora converso il tutto in berta e n baia ). Inoltre si colloca in una tradizione ben precisa, cui concorre il terzo richiamo semantico del nome, e cio quello inerente a un bestiario perfettamente integrato nella tradizione burlesca e nel gioco letterario di Caro.63 Infatti, la bertuccia accompagna nel primo sonetto di Bronzino quel Gufo/Castelvetro, protagonista di tutta la polemica dellApologia, in versi e in prosa, con Il sogno di ser Fedocco incentrato sullo stesso Gufo, cui risponder Castelvetro scegliendo come suo emblema invece la civetta, nel senso di uomo saggio, e ponendola sul frontespizio delle sue Ragioni, risposta allApologia cariana. Ma oltre che nel prosastico Sogno, anche nei sonetti dei Mattaccini Caro approfittava del gioco di tradizione burlesca sul nome di gufo e di altri uccelli notturni, con allusione a persona sciocca (lo chiama di nuovo gufo nella Corona, vi 9-11, e Barbagianni nei Mattaccini, iii 16), risalente gi a Burchiello, allo Za e a Pulci.64 Il secondo punto interessante, in questo primo sonetto, riguarda il doppio gioco di specchi tra letteratura e pittura in Bronzino, dal momento che alla Bertuccia che la voce poetante chiede di fare un ritratto del Gufo, pria chaltri il dibruche : e sul senso, anzi i sensi ambigui di
epica e pulciana del nome, cfr. Brambilla Ageno, Studi lessicali, cit., p. 396; sullequivoco monna associato a scimmia e Berta , cfr. anche G. Folena, Il linguaggio del caos. Studi sul plurilinguismo rinascimentale, Torino, Bollati Boringhieri, 1991, p. 87 n. 36 (e p. 47 per berta con significato di gazza , con attestazioni quattrocentesche milanesi-fiorentine), per berta e berteggiare , vd. anche lHercolano (op. cit., to. ii p. 566). 63.Zaccarello, I sonetti del Burchiello, cit., pp. 273-74, vv. 10-11: lallusione a questo animale lascivo e forse ai cinedi , per postura e natiche colorate (ivi, p. 274). In Burchiello o la bertuccia era in cxcvi in un chiaro contesto osceno (con tafani, meloni e granchiolini ), e anche in zoccoli nel son. vi, v. 9 ( lo stesso sonetto dell imbottar nebbia ), come pure nel Pulci (Morgante, viii 74 8). 64.Ivi, p. 12 (per la voce fatappio ), p. 13 (per la voce civetta ). Un possibile senso osceno di questo animale suggerito, nellHercolano di Varchi, da una glossa sulla civetta, uccello spesso assimilato al gufo nella tradizione burlesca (vd. pure GDLI, alla voce gufo , nel significato di Persona sciocca , le citazioni da Pulci e Cammelli): alla voce civettare si precisa che sinonimo di uccellare , ovvero prendere in giro, ed usato in quel proprio significato che i Greci dicono [] fare alla civetta, cavando hora il capo della finestra, e hora ritirandolo dentro (Varchi, Hercolano, cit., to. ii p. 566).
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carla chiummo quel dibruche pi di un sospetto di oscenit viene fuori,65 legittimato peraltro dalle allusioni equivoche della voce bertuccia 66 nel lessico post-burchiellesco, e dal contiguo riferimento ai pennelli , oggetto di uno dei Capitoli pi noti di Bronzino, a evidente doppia chiave, artistica e sessuale. Sono per il ii e il iv sonetto a essere considerati dalla Rossi Bellotto i pi vicini a un linguaggio oscuro, ai limiti del nonsenso burchiellesco. Tuttavia, in questi sonetti, proprio come in quellapparente tradizione di nonsense, non uno, ma pi sensi riposti vengono fuori, man mano che si scava nei meandri del loro linguaggio e del contesto in cui si muovono.
65.Scrive la Rossi Bellotto che lannotatore anonimo del Magl. VII 115 spiega che dibrucare e sbrucare diciamo la selbastrella e il cavolo, quando non si lascia loro altro che le costole o il nervo , e lei stessa aggiunge che ancora in Toscana significa mondare una frasca facendovi scorrere la mano semichiusa (Salterelli, cit., p. 89); lo stesso rinvio fatto dalla Rossi ai versi dei Mattaccini non contraddice, anzi, rafforza il possibile sottinteso osceno (cfr. ii 16, ma anche vi 14). Tanto pi che Bronzino gira ripetutamente intorno a questa voce verbale nei versi equivoci del i e ii sonetto: (cfr. il dibruche di i 11 e lo sbruche di ii 11, cui corrispondono semanticamente e metaforicamente in ii 9 la voce verbale sprunate e nei Mattaccini, vi 14 il sintagma li suoi lauri imbruche (nel GDLI, alla voce dibrucare si legge: Letter. Liberare un albero (o un bosco) dai polloni inutili e dannosi ). 66.Per le implicazioni oscene della bertuccia nella poesia burlesca, oltre ai I sonetti del Burchiello, cfr. Brambilla Ageno, Studi lessicali, cit., pp. 183-84 ( berta, come incrocio, a sua volta, del nome proprio Berta col gergale berta tasca, bisaccia, che continua il latino averta, viene a significare genitale muliebre, ed anchesso parola gergale ) e la voce corrispondente nel DEI e nel Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit. Riguardo al primo sonetto dei Salterelli, si veda in questultimo Dizionario anche alla voce gufo (con citazioni da Burchiello, e dai Nuovi canti carnascialeschi con senso osceno); ai capitoli 1.7.4. Tessitura e confezioni degli abiti e 2.1.4. Filatura, tessitura e abbigliamento per lambito semantico connesso al vestiario, ricorrente nei sonetti seguenti di Bronzino (con le voci drappelloni , braconi ); e alla voce schizzare (vd. anche a p. 237, alla voce frugatoio , per luso della doppia zz, come in schizzare, in allusioni oscene: Qualche folte per sollazze / scazzatoie su lanzi rizze, / e spinzende queste mazze / sue materie fuori schizze : / quando drente, tutte guizze / queste sode frugatoie: / perch nostre scazzatoie / star galante scutte vaie! (Giuggiola, Canzona di lanzi che fanno schizzatoi, 26, in Canti carnascialeschi, 24); seguono due altre citazioni dallAretino in prosa delle Sei giornate. Per il possibile sottinteso equivoco in presenza della doppia zz, si leggano anche i vv. 16-17 del son. viii dei Salterelli (e per il senso osceno dello schizzare , cfr. F. Sacchetti, Il Patafo, ed. critica a cura di F. Della Corte, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 2005, p. 156).
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il nonsense del bronzino manierista Qui il primo livello di interpretazione chiaramente legato alla questione linguistica al centro della disputa Caro/Castelvetro, riassunta nei versi finali del secondo sonetto,67 nellauspicio da parte del Bronzino a che il fiorentino artificioso, letterario e iperpetrarchesco sostenuto da Castelvetro faccia invece un bagno rigeneratore nelle taverne fiorentine, se condo un adagio variamente modulato anche dal Caro dellApologia e dal Varchi dellHercolano 68 ( e n qualche Marmeruche / dun catelano a buche / vestite il parlar tosco ). Ma gi la doppia metafora iniziale della bi scotta / lama 69 di Caro/Ser Fedocco e della trivella del Gufo/Ca stel vetro che va strasciconi si apre subito a una chiave di lettura oscena,70 confermata dai versi seguenti: con la minchiatarra che, nella frequente ambiguit paretimologica della tradizione burlesca, include il significato osceno (la Rossi qui si spinge solo ad ammettere una punta maliziosa e
67.Riproduco qui di seguito il testo del son. ii: La targa del Fedocco e la biscotta / lama, provata a tutti i paragoni, / fannandar la trivella strasciconi, / n pi si ficca, anzi sdrucciola e smotta. // E poi che minchiatarra e bergamotta / ci arreca il Bratti ciarpa, i mascalzoni / nostri aprir doverranno a cicaloni / e metter dentro gongole e pagnotta. // O sprunate mai pi questa callaia, / e passisi alle verze e a limonchielli, / e ognerba e ognalbero si sbruche. // Pongasi fine a questa ciangolaia; / e cavinsi le stanghe e chiavistelli, / o sardan glusci; e n qualche Marmeruche // dun catelano a buche / vestite il par lar tosco, e por si vuollo / con quattro filze di lingue a armacollo. /// (Salterelli, cit., p. 74). 68.Cfr. Caro, Opere, cit., pp. 212-13, e Varchi, Hercolano, cit., to. ii p. 888 (e le riflessioni sulla esuberante variet morfologica del fiorentino , nellIntroduzione di A. Sorella, ivi, to. i pp. 120-21). Serianni si soffermato sulla consuetudine col Varchi da cui il Caro dellepistolario dovette trarre quel senso della lingua viva, alloccorrenza speziata di forme strettamente idiomatiche e di immagini triviali (L. Serianni, La lingua letteraria. La prosa, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni e P. Trifone, vol. i. I luoghi della codicazione, Torino, Einaudi, 1993, p. 500), mentre Marazzini sottolinea piuttosto limportanza per Varchi del fiorentino parlato colto (Il secondo Cinquecento, cit., p. 153). 69.Lequivoco linguistico si fonderebbe ovviamente sulla polisemia di quella prima voce (cfr. Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit.: Inzuppare il biscotto : per il rinvio osceno cfr. p. ix, con ulteriori rinvii al Molza della Ficheide e al Caro del Ser Agresto per la sola voce biscotto ) e insieme sullallusivit della seconda. 70.Come la bertuccia e in parte lo stesso Gufo, anche il simbolo del trespolo , proprio dellemblema della citt di Modena, ha un doppio senso osceno nella tradizione burchiellesca (cfr. Sonetti del Burchiello, cit., p. 32), su cui sembrano giocare sia Caro nei Mattaccini (con la gruccia di i 5; anche con la trivella del Sogno di ser Fedocco), sia Bronzino nei Salterelli (con la trivella di ii 3 e la trivellotta di iv 1).
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carla chiummo lallusione, anche, alla minchionate;71 ma predilige il senso di giocatori di tarocchi , anche per il sonetto di Pulci in cui gi appariva lespressione minchiatarr Napoletani ).72 Eppure il rinvio alla tradizione burchiellesca esplicito, per la Rossi Bellotto, nella citazione del sintagma del v. 8, gongole e pagnotta ; e dunque quasi certamente anche il doppio senso osceno della biscotta lama e della trivella , come pure dei cicaloni , delle verze , delle stanghe e dei chiavistelli , per non parlare delle buche , era facilmente fruibile per i lettori contemporanei del Bronzino, in quanto parte viva della tradizione burchiellesca.73 Daltronde, accanto al lessico con precise corrispondenze oscene, il rinvio figurato e il doppio senso di certe voci e paretimologie ad avallare questa ipotesi. Si pensi ai vv. 5-8 del secondo sonetto, dove, secondo unallusivit semantica comune al territorio burlesco, i mascalzoni a fine verso richiamano i calzoni , che aprir doverranno a cicaloni / e metter dentro gongole e pagnotte .74 In questo componimento, il piano
71.Salterelli, cit., p. 93. Il senso confermato dalla ripresa del son. ix 17: Vostra Minchioneria . Per la voce minchia , con esempi da Matteo Franco e Aretino, cfr. Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit. 72.Interessante a questo proposito il confronto con il son. xxxi di Burchiello, per il contesto linguistico in cui inserita la voce (si pensi anche al Ser Agresto di Caro): poi gli condisci con uno scrignuto / e per sal vi trita entro votacessi, / e per agresto minchiatar fra essi / [] ; il votacessi richiama quel castellan della rocca de carrelli , ovvero castellano della rocca delle latrine, come verr definito Castelvetro da Bronzino nel Salt. v 10, e linvito finale a Castelvetro nel Salt. x 16-17, a prendere laccollo / la Civillara e l chiasso Buongigollo , ovvero, come riporta in nota la Rossi Bellotto, svuotare i pi grandi chiassi del ducato in cui si scaricano gli escrementi (per il minchiatar , nelle note a Burchiello, Zaccarello riporta invece la definizione del GDLI cialtroni, buoni a nulla : ed. cit., p.43). 73.Si veda per tutte queste voci il commento ai testi di Burchiello a cura di Zaccarello (Sonetti del Burchiello, cit.) e con la dovuta cautela a volte carente, in questo studio J. Toscan, Le Carnaval du langage. Le lxique rotique des potes de lquivoque de Burchiello Marino, 4 voll., Lille, Presses Univ. de Lille, iii, 1981, soprattutto alle voci chiavistelli, buche e uccelli notturni. 74.Peraltro il son. v espliciter questo rinvio: cfr. vv. 5-8 ( E sun mi presta e poi me le rimbrotta, / tengasi le sue brache e suoi calzoni, / chi vo pi presto al palio ir zoppiconi, / che sul dosso dun barbero che trotta ), con tutte le possibili allusioni ad atti di sodomia passiva e attiva (per landare al palio , cfr. Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit.). A proposito del senso osceno, cfr. qui iii 15-17 ( Ben vo, pria che si sdruche / la cornamusa, ognun le dia lo ngollo, / ma che saccordi al nostro torlorollo ) con Burchiello, lxviii 9-11
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il nonsense del bronzino manierista metaforico sessuale coerentemente battuto e ribattuto in tutte le quartine e terzine, pi compattamente, mi sembra, che in qualsiasi altro sonetto della corona dei Salterelli (e persino il rinvio alla taverna delle Marmeruche strizza locchio al linguaggio burlesco, includendo il frequente ricorso di questo a nomi di taverne e luoghi fiorentini pi o meno postribolari, con allusioni, in parte rimaste oscure, implicite in quei nomi. Qui, avverte la stessa Rossi Bellotto, il significato letterale delle marmeruche indica la rucola e larbusto spinoso della marruca , riportando allo sprunare e sbrucare di ognerba e ognalbero dei versi precedenti, con la possibile accezione equivoca, prima ricordata per il primo so netto).75 Se passiamo poi al iv sonetto,76 considerato dalla studiosa il pi burchiellesco , non si pu dimenticare che limmagine della Torre di Nembrot, prima che dal Varchi e dal Caro, in un contesto per loro evidentemente legato al motivo linguistico di questa querelle, era stata portata in auge dal Burchiello del son. lx (Limatura di corna di lumaca, v. 9; e nella tradizione preburchiellesca, gi dalla celebre frottola di Sacchetti sulla Lin( Portando a battezzare un lor fanciullo, / gli suonan lo stento colla ribeca / e colla cornamusa il tullurullo ; e il verso dopo contiene un riferimento al battezzare alla greca , con rinvio allusivo alla sodomia. Una ribeca, con rinvio osceno, gi nel Sacchetti del Patafo: cfr. la voce corrispondente nel Glossario, cit.). Per i significati osceni della cornamusa (con interessante menzione della raffigurazione pittorica fattane nellInferno musicale di H. Bosch: p. 253) e delle danze per lo pi vivaci e rumorose (p. 161), come gli stessi saltarelli , si vedano le voci corrispondenti in Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit. (per i rapporti Bosch/letteratura e arte nonsensical, vd. anche G. Cocchiara, Il mondo alla rovescia, Torino, Bollati Boringhieri, 20073, in partic. il cap. 17, e Crimi, Loscura lingua, cit., passim). 75.Ma anche la voce callaia qui richiamata (v. 9: O sprunate mai pi questa callaia ) presente nel Dizionario storico del lessico erotico italiano per il sottinteso sessuale (peraltro con un rinvio al Pulci della Beca). 76.Riproduco qui di seguito il testo del son. iv: Dovarren la fusta trivellotta, / armata di chimere e rovescioni, / e quanti furno a peso i verrettoni / che percosson la fabbrica nebrotta, // e se un ranocchio, a dir guotte e non guotta, / sarebbe censurato da rabboni, / e quanto buio, andando brancoloni, /simbottere con la vostra barlotta, // vorrei sapere, e se la succiolaia / dal Pontevecchio, stampando cartelli, / vuol far tropparti, e a questo che linduche, // e quanto sia l pescar duna ragnaia / da grilli a braccia quadre e martinelli / tirato, e se tra granchi e le pesciuche // di loliche e ferruche / pu farsi un ponte, e di lolla, che n collo / tenga la piena che s mal conciollo. /// (Salterelli, cit., p. 76).
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carla chiummo gua nova, mirabilmente studiata dalla Brambilla Ageno);77 cos come il gracidare del ranocchio col gioco linguistico anti-Castelvetro sulle desinenze finali, in guotte/guotta era nel son. cxlix di Burchiello, con i ranocchi [] nel fangaccio che dicono il mattino avaccio avaccio .78 Mentre il buio [che], andando brancoloni, / simbottere con la vostra barlotta (vv. 8-9), riporta alla memoria quellespressione quanto mai burchiellesca dell imbottar nebbia , gi usata nel primo sonetto dei Mattaccini (v. 4: ove il Gufo ancor buio e nebbia imbotta ), dove in Btonzino forse incluso il doppio senso paretimologico del barlotta/Barletta , in Burchiello richiamante il campo semantico del barile e quindi del bere (ma l imbottare associato pi realisticamente ai piaceri della carne, con valenza anche sessuale, era gi nello Za della Buca di Montemorello e ancor pi nel Franco del sonetto Non so come non thai laria corrotta, vv. 3-4: la casa tua di soddoma coverta, / dove semprolio si trangugia e mbotta ).79 Per non parlare della succiolaia / dal Pontevecchio . La Rossi annota a questo proposito che le argomentazioni del critico modenese sono paragonabili alle castagne bollite vendute sul Pontevecchio . Ma non si pu dimenticare che in un sonetto (ix 9-11) Burchiello scriveva Fichi
77.Cfr. Brambilla Ageno, Studi lessicali, cit., pp. 32-72. 78.Per la polemica anti-Castelvetro del grotte / grotta , vd. Rossi Bellotto, I Salterelli, cit. 100 n. 5. Per il sottinteso osceno del ranocchio , cfr. alla voce corrispondente nel Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit. Nello stesso son. cxlix di Burchiello su citato si trova limmagine del vescovo [che] tien ritto el pasturale (per lallusione oscena, vd. il commento di Zaccarello), che pu aiutare a leggere il senso equivoco del son. viii dei Salterelli, vv. 10-11: e stavan co mantelli / tesi a spettar le grazie modenuche . Infine, il ranocchio che dice guotte e non guotta al v. 5 del quarto Salterello potrebbe anche essersi ricordato, nel senso propriamente uditivo, del son. ix di Burchiello, per quel Voi non sapete porger gli utti (v. 14), che peraltro rinviava proprio allambito sonoro (Zaccarello spiega in nota che porger gli utti equivale a dare il la, la nota dattacco ). 79.Per il significato osceno di botte , specie con citazioni da Aretino, e per i rinvii in questo senso di barile e bariletto , cfr. Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit. (con un rinvio alluso realistico della voce imbottare nel Simposio di Lorenzo: capp. vi 116 e vii 26). Per lambiguit sul vin di Barletta ; cfr. M. Zaccarello, Schede esegetiche per lenigma di Burchiello, in La fantasia fuor de conni, cit., p. 16; per una lettura equivoca dell imbottar nebbia di Burchiello, cfr. Toscan, Le Carnaval du langage, cit., vol. iii p. 1600. Varchi, nellHercolano, riporta anche la fraseologia toscana inerente al barlotto (cfr. Glossario allHercolano, cit., to. i p. 292).
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il nonsense del bronzino manierista aquilini e succiole ghiacciuole / e l sol Lion co chiavistelli asciutti / pigliavan tordi colle vangaiole , dove ricorreva una delle antitesi pi note del lessico burchiellesco (la castagna lessa80 peraltro con possibile rinvio osceno del succiare etimologico nelle succiole di contro ai chiavistelli asciutti: latto sessuale consueto e quello sodomitico), insieme a un contesto con pi analogie con quello di Bronzino. Qui infatti, nei versi seguenti del iv sonetto, si trova un adynaton nonsense, in perfetto stile Burchiello: e quanto sia l pescar duna ragnaia / da grilli a braccia quadre e martinelli / tirato, e se tra granchi e le pesciuche / di loliche e verruche / pu farsi un ponte, e di lolla, che n collo / tenga la piena che s mal conciollo (si rileggano i versi del son. ix di Burchiello prima citato, anche per il rinvio al sol Lion co chiavistelli asciutti e al pigliare tordi colle vangaiole ). Il riferimento principale allassurdit delloperazione del Castelvetro, ancora simile al significato del burchiellesco e gi cariano imbottar nebbia 81 (oltre a esserci il rinvio ai burchielleschi chiavistelli , di cui abbiamo gi detto, e ai granchi e avannotti con possibile traslato osceno).82 Comunque, certo che la succiolaia che vuol far tropparti lascia ampio spazio alle ipotesi pi ardite sulle arti da lei esercitate a Pontevecchio. E arriviamo al ix sonetto83 forse il meno ermetico della collana ,
80.Per le castagne lesse e il rinvio osceno del binomio lesso/secco, cfr. Sonetti del Burchiello, cit., p. 15; vd. anche le voci castagna e succiole in Toscan, Le Carnaval du langage, cit., vol. ii p. 831; nel vol. iii pp. 1215-19, viene discusso il significato osceno del succiare in rapporto alla voce soffiare (ma, nonostante i dubbi di Toscan, la citazione da lui stesso fatta dalla Canzone delle forese di Lorenzo Apri ben la bocca e succia! porta verso il sottinteso osceno). 81.Cfr. Sonetti del Burchiello, cit., pp. 14-15. 82.Cfr. per granchio , Sonetti del Burchiello, cit., pp. 5, 37, 67, 152. 83.Riproduco qui di seguito il testo del son. ix: Gi nove volte in man la scurotta / s presa, o arcifnfan de frusoni, / per farvi andar girando a balzelloni / come palo che barbera e pirlotta. // Dovete aver sentito una manotta / gagliarda intorno al capo, di tempioni / fornirvi, di cazzotti e rugioloni, / n per molto aggravar mai perder dotta. // Imparerete a frugar la vespaia, / e destare il Giordan che vi sbudelli, / e sverre al lion bravo le peluche. // Or nuova tela, e con nuova telaia, / daltra trama e daltropra in su cannelli / si mette in punto a far toghe e vestuche, // acci sinconte e nduche / di Giron, di Grosseto e Battifollo / Vostra Minchioneria, che pur dirollo. /// (I Salterelli, cit., p.81).
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carla chiummo annota prudentemente la Rossi Bellotto 84 dopo il vii, con i suoi richiami diretti (anche stilistici) al Petrarca al centro della polemica letteraria, e lviii, in cui vengono evocate le tre Corone, nei toponimi Certaldo Ancisa e l ponte alla Carraia , come sempre anche con possibili sottintesi osceni ( Certaldo, Ancisa e l ponte alla Carraia / facean gi trebbio, e stavan co mantelli / tesi a spettar le grazie modenuche : la Rossi non accenna affatto a quegli strani mantelli tesi pronti allassalto del modenese, n al sottinteso osceno di tradizione burchiellesca dell Ancisa ).85 A me sembra che la parodia dantesca chiuda questo trittico con stilemi e richiami impliciti a quel nume tutelare non solo della lingua eletta tra i modelli pi alti tanto dal Caro quanto dallo stesso Bronzino (e poi dal Varchi dellHercolano), ma di tutta la tradizione burchiellesca. Il primo richiamo dantesco, nel son. ix, gi forse in quel nove che contraddistingue la posizione del componimento allinterno del ciclo dei Salterel li, e insieme, nellesordio tutto parodisticamente dantesco, non solo nella numerologia sacra: Gi nove volte (un Dante cui si aggiunge, nel l arcifnfan de frusoni del v. 2, un richiamo cariano-rabelaisiano).86 A
84.Ivi, p. 111. 85.Per lallusione oscena dell Ancisa , Sonetti del Burchiello, cit., p. 5. A rafforzare il sottinteso osceno, quel mattufol che si vede sur un zollo / rizzar e alla guazza pollo dei versi finali del son. viii (cfr. le voci rizzare e guazza in Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit.; per il possibile significato equivoco del mattufol , cfr. Toscan, Le Carnaval du langage, cit., vol. ii p. 1029). La polisemia del mantello, che indica anche una parte dellarmatura (cfr. G. Crimi, Ispirazione proverbiale, polisemia e lessico criptico nei sonetti di Burchiello, in Studi di italianistica per Maria Teresa Acquaro Graziosi, a cura di M. Savini, Roma, Aracne, 2002, p. 86), coerente con il linguaggio bellicoso della disputa in oggetto, non esclude, come sempre in questo ambito, il significato da me richiamato. 86.Riguardo al doppio richiamo all arcifnfan delle lingue usato da Caro per apostrofare Castelvetro nella Rimenata del buratto dellApologia (ma anche il barbassoro delle fanfaluche dei Mattaccini, i 14) e lorigine prima della voce, che, come gi suggeriva Jacomuzzi (Caro, Opere, cit., p. 209), potrebbe essere direttamente rabelaisiana: vd. Les Fanfrelouches antidotes ( le fanfaluche antidotiche ) che aprono il cap. ii del libro di Gargantua, in pieno stile nonsense (F. Rabelais, Gargantua, a cura di P. Michel, Paris, Gallimard, 1969, p. 69; la nota esplicativa precisa: Les Fanfrelouches sont une nigme, genre littraire la mode au XVIe s. , ivi, p. 68; si tenga per anche presente che lantico francese fanfaluce derivava dal tardo latino fanfaluca: cfr. Dictionnaire de la langue franaise par P. Robert, Paris, Snl, 1979, p. 758). Negli anni Sessanta, Rabelais senzaltro noto ai letterati italiani ed dunque da valutare meglio il rapporto di questo contesto letterario con il Gargantua e
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il nonsense del bronzino manierista questa parodia dantesca incipitaria si affianca quella, direi palese e su pi piani, dei vv. 9-11, dove giustamente la Rossi azzarda un riferimento allHercolano che stava elaborando Varchi sullonda della polemica Caro/ Castelvetro: Or nuova tela, e con nuova telaia, / daltra trama e daltropra in su cannelli / si mette in punto a far toghe e vestuche , con eco di Par., xxv 7-9 ( con altra voce omai, con altro vello / ritorner poeta, ed in sul fonte / del mio battesmo prender l cappello ). Una parodia su pi piani, perch, pur con ben altri significati, Bronzino sembra riutilizzare anche la stessa metafora tessile (giocando sullaequivocatio del vello dantesco, e sul cappello preso nel significato letterale), che allo stesso tempo si aggancia allirriverente critica di Caro, nellApologia, alla cantonata di Castelvetro riguardo al sintagma panno a vergato .87 E la parodia dantesca mi sembra ulteriormente confermata dallaequivocatio sulla fede che fa conte / lanime a Dio (Par., xxv 10-11), con quel conte isolato a fine verso che rimbalza nella parodia del verso seguente di Bronzino, acci sinconte e nduche , dove il parasintetico inconte per di pi neoformazione di stampo linguistico, appunto, squisitamente dantesco.88 Dunque, probabile parodizzazione in chiave dantesca, dopo quelPantagruele: per es. anche per luso delle false etimologie, per gli stessi versi nonsense delle Fanfaluche antidotiche, per il sottinteso burlesco dei nomi inventati, ecc. In Rabelais c anche un avalleurs de frimars (ivi, p. 185; ruminatori di nebbia , Id., Gargantua e Pantagruele, a cura di M. Bonfantini, Torino, Einaudi, 1993, p. 65), contiguo all imbottar nebbia di eredit burchiellesca. Resta per il divario di fondo tra la poetica e la filosofia di vita libertaria, erasmiana e pi pulciano-folenghiana di Rabelais e la temperie italiana degli anni Cinquanta e Sessanta in cui agiscono Caro e Bronzino, trovandosi sul fronte opposto al perseguitato ed eretico Castelvetro (sebbene la loro ortodossia cattolica sia tuttaltro che inattaccabile). Aggiungo che la voce rabelaisiana fanfaluche in Aretino fanfalughe si ritrova nel Varchi dellHercolano (ed. cit., to. i p. 622) e in un testo assai interessante proprio sui ghiribizzi di chi pazzeggia col poetizzare , e cio una lettera di Aretino del 1540; e ancora in Doni, che nel 1550 usa la voce fanfalucole per definire le poesie di Burchiello (cfr. La fantasia fuor de conni, cit., pp. 141, 174), oltre che nel sottotitolo della sua Zucca. Per un accostamento Aretino/Rabelais, vd. anche F. Guardiani, Aretino e Rabelais, in Pietro Aretino nel cinquecentenario, cit., to. ii pp. 1009-25. 87.Cfr. Caro, Opere, cit., pp. 212-13; ne parla anche Varchi nellHercolano (ed. cit., to. ii pp. 813-14). 88.Oltre ad esserci, in quei versi danteschi, il Mira, mira (Par., xxv 17), che sar pi volta rimodulato dalla poesia burlesca del Cinquecento, da Berni in poi (cfr. Crimi, Loscura lingua, cit., pp. 392-93).
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carla chiummo la petrarchesca del son. vii,89 e ancora riuso del doppiofondo osceno del la tradizione burlesca: a cominciare dalla prima quartina, con la scurotta , ovvero sferza, in man [] presa dall arcifnfan de frusoni , ovvero dei passeri,90 insieme al possibile sottinteso osceno del seguente girando a balzelloni / come palo che barbera e pirlotta ,91 su una variazione delle stesse immagini e voci equivoche del son. v 6-8 ( tengasi le sue brache e suoi calzoni, / chi vo pi presto al palio ir zoppiconi, / che sul dosso dun barbero che trotta ). Con qualche ulteriore ombra equivoca sulla manotta / gagliarda intorno al capo dei vv. 5-692 e qualche dubbio su una possibile allusivit oscena anche di quei toponimi finali, di Giron, di Grosseto e Battifollo , tra le pieghe del doppio senso non osceno delle tre voci, equivalenti rispettivamente a matto idiota e 93 folle , come segnalato dalla Rossi Bellotto. Gli esempi di questo linguaggio burlesco e cifrato, ormai di maniera, si moltiplicano se si prendono in considerazione anche gli altri sonetti. Ma certo che questa contaminazione tra serio e faceto che attraversa lintera produzione poetica di Bronzino va inserita nel nobile ter89. [] / dove saran gli strigoli e glarnioni / digrassati al Petrarca otta per otta? // Nuove cose vedrai, se vai a buonotta, / felice etade [] , vii 3-6. Ricordo che peraltro nel Cinquecento il parallelo letterario Dante-Petrarca si rispecchiava spesso nel parallelo artistico Michelangelo-Raffaello (cfr. Pinelli, La maniera, cit., p. 138). 90.Cfr. alla voce passero nel Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit. 91.Qui il commento autografo del codice Magliabechiano di grande aiuto, con il rinvio alla commedia veneta rinascimentale: barberare della trottola che, mentre gira, quando ha il ferro torto, gira balzellando e non continuata. Pirlotta un verbo bergamasco tolto da Zanni che pirlava il tondin . A proposito del barbero e della polemica con Castelvetro: cfr. Sonetti del Burchiello, son. viii, al v. 1 (dove usa Barberia e il sintagma camarlingo dellortografia , citato da Caro nellApologia parlando di Castelvetro; interessante per il contesto linguistico di questa polemica il verso finale di Burchiello, e le civette studiano in gramatica ). Per luso di barbaresco riferito alla tenzone BurchielloRoselli, cfr. Crimi, Ispirazione proverbiale, cit., p. 89. Per il palio , vd. il cap. 1.6.b. Giostra in Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit. 92.E forse per il frugar la vespaia del v. 9 (in Burchiello, son. xxxvi, il gran vespaio del v. 14 si colloca in un contesto ambiguo, con allusivit oscena). 93.Peraltro anche solo in questo significato di matto, minchione , rinviano a un ricco sottobosco equivoco cariano che parte dal Commento di ser Agresto (cfr. Garavelli, Presenze burchiellesche, cit., pp. 235-36). Vd. anche alla voce battifolle nel Dizionario storico del lessico erotico italiano, cit.
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il nonsense del bronzino manierista reno, ancora in parte da dissodare, della messa in discussione cinquecentesca, mai radicale ma oramai disinibita, di qualsiasi rigido dettame classicistico rispetto ai grandi modelli (pur continuando altrove a omaggiarli ed emula