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Stando alla Prefazione, fu redatto tra gli ultimi mesi del 1944 (Firenze) e
terminato nel 1947 (Milano). La sua uscita nel 1948 si colloca sincronica-
mente con la seconda edizione del Canzoniere-, lungo soliloquio critico, get
ta le basi per l’interpretazione dell’opera sabiana in qualità di monumento
anomalo e in buona parte incompreso a causa del suo porsi controcorrente.
Costruito con grande accortezza, il volume si dispone secondo una linea cro
nologica dove ogni capitolo illumina ciascuna delle 21 sezioni in cui era sud
diviso il Canzoniere - almeno fino al 1948. Ma questo svolgimento è incor
niciato tra due sezioni di carattere complessivo, dedicate quella iniziale alle
premesse critiche per una lettura della poesia di Saba, la finale alle tre voci
fondamentali di Piovene, Quarantotti Gambini e Gargiulo, seguiti in chia
ve minore da Varese, Debenedetti (cui l’opera è dedicata), De Michelis.
Per quanto nel corso della scrittura Saba ponga in essere diverse tecniche
di distanziamento, dal trattare di se stesso in terza persona, allo sdoppiarsi
con lo pseudonimo di Giuseppe Carimandrei, fino a creare il fantomatico
corrispondente e interlocutore Tullio Mogno, s’intende che questo volume
è non solo una autodifesa e parenesi, ma la manifestazione più incondizio
nata e insieme accorta, non senza un sottile impasto tra ipocrisia e ironia, del
narcisismo di Saba. La sua confessione in chiave di autobiografia critica ri
sulta controllata e mai del tutto priva di riserve. Interessante come, fin dal
l’inizio, il mito di Trieste venga fruito intelligentemente per giustificare in
termini positivi una certa inattualità stilistica e sentimentale; allo stesso mo
do tratti quali perifericità, conservatorismo, autobiografismo, dilettantismo
ed epicità vengono rovesciati in valore etico che fa della poesia una difesa del
la verità umana contro le menzogne della letteratura. A questi cardini il di
scorso ritornerà nella sintesi finale, sfociando nell’apologià appassionata del
la propria prim itività e del proprio moralismo: il che significherà reclamare
spazio e dignità per una poesia che ricrei dal di dentro, verdianamente, for
me predeterminate. Alla categoria di astrazione, Saba contrappone quella di
sublimazione, cui riferisce la propria prodigiosa capacità di innalzare conte
nuti e situazioni umili a livello di verità universali. Si tratta, in sostanza, di
una fortissima rivendicazione di antipetrarchismo, che implica se non la li
quidazione, certo il ridimensionamento di molta letteratura italiana nove
centesca; e ciò con tutto il possibile rispetto verso i grandi, anche se da lui
diversi, Ungaretti e Montale, e con avversione assoluta verso l’irritante ipo
tesi di una sua affiliazione ai crepuscolari. L’autore non trascura di indicare
via via le proprie fonti, specie per quanto riguarda i versi giovanili: influssi
ammessi con sorprendente sincerità, e non a prima vista evidenti (è il caso
di Parini, Carducci, del giudizio assai equilibrato e non privo di generosità
nei confronti di D ’Annunzio; rilevante l’indicazione del modello heiniano,
mai verificata a fondo dagli specialisti); più complesso è il discorso per Leo
pardi, amato fin dai 16 anni, l’affinità verso il quale, non imitativa, ma di
vocazione, viene designata con un aggettivo molto rivelatore: “prenatale”, che
indirizza alla definizione che gli sta a cuore.18Tuttavia si tratta di suggerimenti
che andranno maneggiati con molta precauzione, perché coinvolti nell’am
bigua risistemazione a posteriori della genesi interna dei propri versi. Piut
tosto, significativo come si stagli, al di là forse delle stesse intenzioni, una di
mensione linguistica di ritrovamento, sia verso le forme trite della tradizione
sia verso il proprio personale parlare: cosicché il rapporto con i classici è sem
pre una rilettura.
L’analisi che Saba-Carimandrei effettua sulla propria poesia è, oltre che
un esempio di critica di altissimo livello, condotta su tre piani - estetico, sti
listico e psicologico - una argomentazione assai mossa, un dialogo con i cri
tici, specie con l’avverso Gargiulo, pervaso in misura uguale di appassionata
volontà di autodifesa e di distacco ironico. Incisi, parentesi e digressioni for
niscono esiti di stile affini alle pressoché contemporanee Scorciatoie e raccontini,
dove la finezza interpretativa nutrita di categorie freudiane e nietzscheane si
distende in gustosi aneddoti e parabole, a voler chiaramente testimoniare una
disimmetria di fondo incolmabile tra un’opera grande sorta da un grande do
lore umano, e la sostanziale sordità dei contemporanei.
Saba non cela le circostanze dell’assiduo rifacimento della propria opera
che egli richiama più che a un intento costruttivo, a coazioni di autenticità
sentimentale: da ciò l’insistenza su un’immagine organica del proprio can
zoniere e una crescita di esso, sia pure con errori e deviazioni, in termini di
potenziamento e maturazione. In tale strategia, diventa essenziale connota
re positivamente la svolta di Parole, innanzitutto anticipandone l’incubazio
ne, che viene retrocessa fino a Preludio efughe e addirittura a Cuor morituro;
e soprattutto facendo coincidere la raccolta con il superamento dell’ambiva
lenza affettiva. In termini stilistici, l’attenuazione della vena narrativa impli
ca che le voci diventino una sola voce, senza intersecarsi ma conservando co
munque alla poesia del Saba anziano uno spessore drammatico (mai idilli
co), dato che vi coesistono un vecchio, un giovane e un fanciullo. Pare
evidente che ci si trova in presenza, sul piano dell’autoesegesi, di un bisogno
di convalida successivo al chiarimento psicanalitico, e alla ricostruzione di
un passato fittizio che quello aveva comportato; ora quel passato e quell’in
fanzia convivono sul medesimo piano con il presente, imponendo le ragio
ni della poesia pura. Testo di eccezionale abilità retorica, Storia e cronistoria
si impone come un percorso o un riepilogo omologo al Canzoniere, del qua
le ribadisce ragioni e stratagemmi: Saba non vi confessa alcunché di nuovo
o di originale sulla propria poetica, ma racconta le medesime istanze che ave
vano imposto il Canzoniere.