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Poetiche. fascicolo i /2002

ANDREA

ZANz0rro

Organini e diapositive
Il mistero del suono di un attrezzo perduto come fosse scheggia di scheletro dun maledetto.
Lo stesso, divenuto soffio-mantice ma fonte e frontiera damoroso perdono.

La dizione, la recitazione almeno, curate!


Loralit di tuoneggiamenti

Questo numero di Poetiche raccoglie gli interventi della giornata dedicata ad Andrea Zanzotto nel Dipartimento di Italianistica dellUniversit di Bologna il 14 novembre 2001. Il numero stato curato da Francesco Carbognin e Riccardo Stracuzzi.

da una arcata di senso connessi in pelli miti e sobri conati. Quello sarebbe lo zampettante lo zoppicante tono chiave per la poesia n pura n impura // ma altastrangolata

cio impiccata sul lato della strada comunque stimolata da fervide sgommate, stridori dolcori

a nutrire a mantenere ad ingozzare (con mantici e soffietti ad ogni angolo).


Dissero: quello lo spelling della poesia: aprite le fittizie orecchiepupille

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a depresse ostinate midriasi o sevizie a strusci e baci di sauriansauro, o forse di


rimosso e scattante organino a cilindri:

nel pi sacro risucchio o rigetto a cogliere il glykypikron amachanon orpeton cio la dolceamara indominata fiera che di vestirsi e travestirsi e attrezzarsi mai si stanca da era a era: con ridondanza di organini ad aghi. sarete poemi catarri da divo gurgite emunti ed organismi ad aghi, a iniezioni, anzi a piercing, e avrete nomi sigle jingle canzonette di luci tirate a fino su su dal doppio fondo del
VERTICALE ORGANINO.
E cos vibreranno pomes divinamente catarrosi,

Pubblicato in Modena nel mese di maggio 2002

ANDREA

ZiuzoYfO

Poetiche, fascicolo i /2002

Esso sul punto di schiattare in vetri, ma a definitive fiamme di canzonettate, a fumi e dolciumi di nomi
roride IPERCALISSI

pi di piegarsi

STEFANO AGOSTI

grazie a Weil Brecht o

chissach: MONT RAMU? CARA BAMBINA MIA LUNA DALABAMA? I cilindrati impettiti VERTICALI ansando girano e drenano su lestasi in due tre suoni i reciproci piercing industremente calettati tra maipi e vergine presente, in promesse ancora, in riprese effettuate gratis da digitali e digitate fotomacchine in colori giulivi, grazie agli obiettivi del niente. Ci nutr, ci sop, ci rapi, ci invaghi nel famoso stanzone dellosteria della Maria, della mora, della magia, col suo ruttino LA POESIA: confidenziale colpo di gomito alla morte qui inibita dalle sue (per un attimo) gambe corte. (uanante, aprite MMII)

Luoghi e posizioni del linguaggio di A. Zanzotto


Nuove precisazioni in forma di appunti
emplificando molto, e perci sottoponendo il testo a una certa prova di violenza, anche per constatare come reagisce, indico subito tre fasi o luoghi demarcativi del percorso globale di Zanzotto, cui corrispondono altrettante posizioni di linguaggio, vale a dire i la fase iniziale da Dietro il paesaggio a, almeno parzialmente, Vocativo ove il linguaggio in posizione di letterariet, e magari di iper letterariet; 2. la fase centrale da IX Ecloghe a Idioma, con fuicro nella Belt ove il linguaggio figura gene ralmente in posizione di significante; 3. la fase ultima, cronologicamente quella che va, per ora, da Meteo a Sovrimpressioni, e compren de altres la sezione Inediti del Meridiano Mon dadori ove il linguaggio in posizione di og getto metonimico. (Questultima, la fase su cui mi soffermer in questa breve comunicazione, il cui scopo solo quello di fornire alcune precisazioni supplementari su quanto ho riferito soprattutto nellultima parte della prefazione al Meridiano). Salto perci la prima fase (fase delle letterariet), che, credo, non ha bisogno di commenti, e per la quale rinvio comunque alla precitata prefazione. Quanto alla seconda, la pi complessa, ed alla quale ho dedicato il nucleo centrale e pi ampio della prefazione, mi preme qui soltanto dissipare un formidabile equivoco (chiamiamolo cos: ma di
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I verticali erano marchingegni possenti (pre jukebox) che suonavano nelle sale da ballo degli anni 2030.
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Poetiche, fascicolo 1/2002

NWA L0RENzINI Citazione e mise en abime nella poesia di Andrea Zanzotto*


orse la letteratura affermava Zanzotto in unintervista pubblicata sulla rivista Spi rali nel luglio-agosto 1979 col titolo Lalan gue, il dio birbante non che una corrente di cita zioni e ricitazioni: vocali, scritturali-visive, sotterra nec, rasoterra e in piena luce, in frammentazioni di singoli enunciati o di comportamenti di codici. La letteratura esiste quasi come invito a entrare in un coro di citazioni E aggiungeva: Ma poi si sa che nella citazione mai ritorna il comera : il ripetuto, iii1 proprio perch tale, lantitesi A seguire stanno riflessioni complesse sul manierismo e sul convenzionale, che costringerebbero a una lunga digressione. Da una parte, dunque, Zan zotto difende il carattere dialogico del testo, il suo essere attraversato, se non addirittura costituito, da interferenze continue. Dallaltra, in parallelo, ac cenna al problema della metamorfosi del testo, del suo mutare interagendo con un altro testo, ponen dosi in prospettiva. E si comprende bene che il discorso va oltre il fenomeno della citazione, spingen dosi alle radici dellinvenzione della parola letteraria.

Lintervento riprende, con alcune modifiche, il testo letto al convegno Il libro invisibile. Forme della citazione nel Novecento, tenutosi presso lUniversit di Firenze il 25-26 ottobre 2001. i Lintervista, a cura di Letizia Lionello, comparve sul n.7 della rivista; ora pubblicata in A. Zuzorro, Le poe sie e prose scelte, Milano, Mondadori, 1999, col titolo Su Il Galateo in Bosco. Si cita dalla p. 12 19 del volume (da qui in avanti siglato PPS).

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Cita;ione e mise eii abiine nella poesia di Andrea Zan:otto

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Ma alla citazione voglio attenermi. E non tanto al fenomeno visualizzato in una sua presunta e im possibile astoricit, quanto alle modalit assunte dalla citazione nei testi del Novecento, e pi ancora in quelli del secondo Novecento, segnatamente in quelli poetici. La rifrazione, linterscambio si affer mano infatti come categorie novecentesche soprat tutto quando si collegano, al di l del semplice processo di assorbimento e trasformazione, con le tematiche del doppio e della perdita didentiti, confrontandosi con il rovesciamento parodico o appli cando la tecnica neutralizzante del montaggio, della combinazione di codici. Anche se resta poi una distinzione non marginale tra intertestualit come interdiscorsivit alla Bachtin, per intendenderci e citazione come interruzione di un continuum, alla Benjamin (e dunque tra citazione semplicemente distanziante, che fa del recupero testuale, quando non dellallusione, una maniera di tensione diversi il caso dellinterte ficata verso modelli comuni stualit che interessa, un esempio fra tanti, Montale e Sereni e la citazione come rottura, scarto stilistico radicale). In ogni caso, lungo il corso del Novecento e soprattutto della sua seconda met, nella lacuna di ogni compiutezza, la citazione si pone come elemen to strutturante, affidata com a uno sguardo rifrat to, obliquo, straniato e che strania, nella dissimulazione, nella distanza ironica. Ma anche spazio di slittamenti metonimici, in un percorso graduale di avvicinamento a una realt, o a una verit, non solo minuscola, ma in mutamento e deformazione inces santi. E se vero che ogni scrittura letteraria, in quanto bachtinianamente dialogica e plurivoca, sempre in qualche modo riscrittura, resta comun que aperta la verifica sulle modalit che la riscrittu ra assume nellapplicazione a singoli casi specifici. Quello di Zanzotto esemplare. Citazione come rapporto biunivoco di trasformazione del testo nellimpatto con altra scrittura, lungo lasse para digmatico delle infinite possibilit di pronuncia? Ma

quale la funzione del riuso? Fino a che punto esso si pone come significativo e centrale nella produzio ne di Zanzotto? Quale transfert subiscono modelli fondanti, archetipici, della tradizione poetica italiana (penso soprattutto a Petrarca e Leopardi) o di quella europea Lorca, Hlderlin, Eluard trasferiti nel suo contesto lirico? Ne costituiscono tappe gene tiche? E si danno anche come affioramenti di memoria culturale involontaria? Sono domande a cui si parzialmente tentato di dare risposta. Mi riferisco allitinerario tracciato da Agosti, e in parte da Lonardi, lungo il leopardismo del Novecento, e lungo il leopardismo zanzottiano in particolare. Se Lonardi segnalava il carattere di una derivazione da Leopardi, nella poesia del Novecento in genere, pi caratterizzata dalla presenza di motivi scriveva in forma trasposta e metaforica che dal recupero di singole occorrenze lessicali (pi dunque, il recupero di unesperienza precisava nei casi memorabili altamente solitaria e radicale, nel sen so della scoperta della zona di negazione, allinterno di una teologia rovesciata, che unincidenza o unesibizione di calchi e prelievi sistematici, Agosti 2 la ripercorre per gradi, quella derivazione. E ricono sce intanto in Leopardi il modello operativo cui guarda la prima fase della poesia di Zanzotto come a quella in cui la propriet del sentimento riven dicata dai romantici, viene assunta nelle forme pi illustri e magari pi collaudate della tradizione let teraria ; ma poi sottolinea la differenza tra il poeta dellOttocento neoclassico e romantico (Leopardi, appunto), che distanzia sempre pi gli oggetti della propria contemplazione in dettagliata figurativit ed embiematicit e il poeta contemporaneo Zan zotto, che avverte presto, a partire almeno da Voca tivo, lincrinatura, e pu pronunciare lio lirico or

2 Il rinvio a G. LoNrI, Leopardismo. Tre saggi sugli usi di Leopardi dallOtto al Novecento, Firenze, Sansoni, 1990 (ed. ampliata del saggio 74).

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Citazione e mise en abnie nella poesia di Andrea Zan:otto

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mai solo come finzione, figura non creduta, messa in crisi dalla crisi dellio empirico. Cos, da una ungua per la poesia, cui ancora Leopardi affidava gli esiti della propria immaginazione, si passa a un tessuto testuale fittizio, arbitrario, in cui il topos letterario viene corroso, destituito da una parte di verit e dallaltra di contatto e influenza sul reale. 3 Non posso indugiare su questo. Tanto pi che, a ripercorrere singole derivazioni, occorrerebbe fare spazio, naturalmente, al Petrarca, cui un recente commento dellIpersortetto approntato da Luigi Tas soni dedica un ampia verifica oltre che a una co , 4 spicua mole di presenze messe in luce, con indagine puntuale, nelle note dai commentatori del Meridia no. Ma ora devo scegliere, e non solo per ragioni di spazio, tra due opzioni: quella di ripercorrere litine rario testuale della citazione, per cos dire, esplicita, e quella di una diversa, o pi ritagliata prospettiva ermeneutica. Di questultima sento lurgenza di occuparmi. E vengo dunque al mio oggetto. C chi ritiene che la vicenda testuale di Zanzotto muova sino dalle prime poesie confluite in A che valse e soprattutto in Dietro il paesaggio da una iperletterariet che denuncia la messa in crisi delle possibilit di verbalizzazione del reale. E nota al riguardo la posizione di Agosti; ad essa si aggiunge lipotesi di Tassoni, che parla del configurarsi della scrittura di Zanzotto direttamente come processo informale basato o addirittura partito dallinsieme delle citazioni quasi che la citazione, anzi linsie : 5 me delle citazioni, sia da assumersi da subito come elemento strutturante e strutturale del testo.

Ma occorre un chiarimento sul carattere di que sta citazione. Tassoni accenna non tanto a derivazioni riconoscibili nella loro definita natura quanto a schegge di memoria, riferimenti grafico-fonici, spazi significanti e sicuramente non concettualizzati n finalizzati in partenza, interagenti a vario livello nei modi di un discorso disgregato. Si dunque lontani dallaccezione comune di citazione in quanto immissione nel testo di una pronuncia altrui preci samente documentabile (anche se essa non certo assente da Zanzotto, nei modi per lo pi del ribal tamento non necessariamente parodico, ma defor mante, o dello slittamento metamorfico: penso agli esiti della luna leopardiana lungo le diverse fasi della sua scrittura, o alle variazioni sul tema della Sera del d di festa, o al Petrarca dellIpersortetto ospitato nel Galateo in bosco). Certo unaccezione semplice, tradizionale di cita zione non compatibile con la nuova dimensione del tessuto testuale disgregato. Nel caso del rilievo di Tassoni, si accenna a una inintenzionalit, o for se meglio a un darsi del testo come spazio di detriti, una sorta di caotico plasma totale (queste sono parole di Zanzotto) che di volta in volta viene ad 6 articolarsi nellordine del discorso: ed un ordine inciso da interruzioni e balbettii, pause e ripetizioni. Quel plasma, quella pulsante materia vitale, var rebbero del resto alla pari della ripetizione dei significanti fonico grafici o della tecnica di sostitu zione semantica come accumulo differito manipolazione che mantiene il contatto con il contesto di partenza perch ne richiede la trasformazione .7

Cfr. S. AG0sTI, Introduzione alla poesia di Andrea Zanzotto, in A. ZArizoi-ro, Poesie (1 938-1 986), Milano, Mondadori, 1993, pp. 10-11. 4 A. ZANzorro, Ipersortetto, a cura di L. Tassoni, Roma, Carocci, 1999. 5 Ivi, p. 13 dellIntroduzione (Ipersonetto: dagli ipotesti al discorso).

6 A. ZNzorro, Vissuto poetico e corpo, in PPS, cit., 1250. Si cita qui pi estesamente: [. . .] il corpo-psiche p.

qualche cosa di spaventosamente scritto, inscritto, ri

scritto, scolpito, sbalzato, modellato, colorato, graffiato da

un infinito insieme di elementi, in quel brodo generale, in quel plasma totale di cui esso non che un grumo o un
ganglio. 7 L. TAssoNI, Introduzione

cit. p.2O.
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Citazione e iiiise en abne nella poesia di Andrea Zan;otto

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Che un simile processo sia centrale in Zanzotto, e che si conservi e si intensifichi, anzi, di raccolta in raccolta, a mano a mano che si disgrega la compat tezza architettonica di insiemi ridotti a lavori in corso se non a lavori alla deriva lo dimostrano le note apposte dallautore in chiusura dei testi pi recenti, in particolare di Sovrimpressiorn dove si , 8 avverte: Il titolo Sourimpressiorti va letto in relazio ne al ritorno di ricordi e tracce scritturali e, insie me, a sensi di soffocamento, di minaccia e forse di invasivit da tatuaggio . Se alla citazione vuole alludere quel ritorno di ricordi e tracce scritturali si tratta certo di una citazione che ha trasformato il proprio campo connotativo, estendendolo fino a modi quasi di contatto fisico, di incisioni sul corpopsiche del testo. E qui occorrerebbe anche soffermarsi su un aspetto della scrittura recente di Zanzotto, messo in luce con diverse modalit da Modeo e Agosti. Mi riferisco allintensificarsi di una tendenza lo scrive Modeo in Zanzotto e il rtoumerto, uscito nel 96 sulla Rivista dei libri a torcere, diffrangere, estendere, espandere, ramificare lepifenomeno linguistico dentro e fuori le cose, dentro e fuori se stesso in modo che il linguaggio diventa inappartenente a chi scrive, coinvolgendo organico e inorganico, naturale e artificiale. La poesia si afferma cos come spazio dello psichico e non dello psicologico, dellemozione pura e non del sentimento, della velocit e non della stasi, della complessit e non della semplicit. Una poesia, insomma, che esercita il pi traumatico break rispetto alla tradizione, peraltro profondamente metabolizzata .9 Si pu intuire quanto divenga precario e traumatizzato il ruolo della citazione quando il linguaggio per ricordare ancora Modeo non si presenti pi come rispondente a paradigmi riconosciuti, non sia
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8 A. Ziuzorro, Sovrtmpressiorti, Milano, Mondadori, 2001. Si cita da p133. 9 S. MODEO, Zanzotto e il noumeno, p.37.

pi un insieme organizzato di segni e di suoni au toreferenziali e autosufficienti, ma la punta di un iceberg esperienziale e biologico ben pi vasto e complesso. Gi. Come possono schegge, tracce, ade rire a un comportamento stilistico preesistente? E come pu la parola accogliere faglie stratificate di sedimentazioni lessicali quando essa si riduce a ele mentari epifanie che accadono sul foglio, battiti, battute, pulsazioni molecolari del tutto inappartenen ti al soggetto, coinvolto suo malgrado nel disincar namento delle cose, in un reciproco non sapere, ormai fuori idioma (Adocchio solitudini I gi mie ora di se stesse I unicamente I [. . .] Tutto distra zione [ ...] Il cielo limpido sino ad, in Idioma)? Per riconoscere una similarit, impostare un confronto, occorre che le categorie retoriche, lessicali, sintattiche, metriche siano definibili. Ma quan do i codici si divaricano al punto da andare oltre il confine del linguaggio codificato, e presuppongono la distrazione nellaccezione particolarissima cui si accennato, o una nuova grammatica del prolife rare di immagini disgregate, sintomi di natura che si accompagnano alla perdita del paesaggio, nello smaterializzarsi dellesperienza, quale riconoscibilit si potrt attribuire, quale contesto di appartenenza, a quelle tracce esplose nel magma, anzi nel plasma di cui il testo materiato, e che controlla, con una minuziosa se non patologica attenzione grafica? A quel brusire in deliquio, che solo una auscultazione live pu registrare, nellassenza di un messaggio verbalizzabile? Smarrito il codice, il linguaggio tenta il ricorso a diversi sistemi significazionali, extralin guistici, che colgano e restituiscano la destruttura zione di un corpo-paesaggio devastato nella propria coesione semantica. Agosti parla cos sto parafra sando di un io che si pone al massimo in una po sizione di ascolto o interrogazione, avvertendo lestraneit di un fuori da cui il soggetto escluso, proprio perch non verbalizzabile, reticente, fitto di emergenze residuali insieme rarefatte e dense (infruttuosi e patetici i tentativi di restituirle a una
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Citazione e in/se en abime nella poesia di Andrea Zanzolto

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parola ridotta a brusio tra i denti, bisbigli, microgrugniti). Fuori di divagazione, non resta che prendere atto del fatto che dato credito, con Agosti, al configu rarsi nel sistema espressivo dellultimo Zanzotto, specie tra Meteo (1996) e Sovrimpressioni (2001), di un inedito soggetto-ragno, anche un po cieco, avviluppato in una tela di cui ha perduto il signifi cato originario 10, non solo le valenze della citazione e della ripetizione (qualora la si intenda, pensando ancora a Derrida come differenza, trasformazione), ma insieme quelle della variante testuale, sono destinate a mutare radicalmente. E ora di passare a qualche verifica, e mi scuso per la non sistematicit di appunti ancora provviso ri. C da constatare intanto come il coro di cita zioni che Zanzotto lo si ricordava poco fa ritiene componente strutturale del fare letterario, si restringa sempre pi nei suoi lavori pi recenti. Nes suna citazione segnalano le note di Meteo: semmai un intensificarsi dellautocitazione, e in modi singo lan, che chiedono attenzione. Si tratta a volte di nuclei che concrescono su di s, e non tanto o non solo in sviluppo lineare, quanto in perfetta reversi bilit e compresenza. E del resto proprio Zanzotto a fornire al riguar do spunti di intensa riflessione. Che neppure la citazione vada assunta, nel suo caso, come semplice recupero intenzionale di repertori gi dati, e cio come pura memoria testuale, puntualizzato in vari interventi. Il pi esplicito si legge in Qualcosa al di fuori e al di l dello scrivere, e riguarda il sistema compositivo del Galateo in bosco: il libro chiarisce Zanzotto tutto giocato su citazioni di citazioni, che si richiamano di componimento in componi mento specie nei sonetti. Si tratta dunque di sen tieri nel bosco non solo in riferimento ad un bosco reale (il Montello), non solo simbolici, ma anche

letterari. E avverte ancora : Sentieri di citazioni che si perdono nella non-citazione o in nessun luo go (o senso), quasi a tener viva almeno lallusione a una possibilit di incontro, simbiosi, e poi anche uscite di sicurezza. La citazione, insomma, segue per Zanzotto percorsi sotterranei, si infolta in un groviglio di itinera ri, per emergere di tratto in tratto, quasi per spinta endogena. E tanto pi il discorso vale per lautoci tazione, la cui intricata vicenda affidata ad annotazioni e appunti variamente disseminati lungo lelaborazione testuale. Significativa tra tutte la ri flessione dedicata alla Belt nel corso di unintervi sta del 68, ove si accenna allesistenza di nuclei sempre attivi nella scrittura, come sequenze di componimenti in cui lesperienza dei libri precedenti viene ripresa, frantumata e ricostituita in altra for ma Non certo nei modi del recupero lineare: ci che si attiva piuttosto a dar credito a Zanzotto una sorta di autocontestazione tra ironia e urto, nella riesumazione di versi precedenti, al punto che si pu parlare di una critica e verifica sul linguag gio e contenuto di essi, compiuta misurandone i limiti e riprospettandolo su altri sfondi. Tentiamone una verifica, isolando tra tutti lem blema del verde per illustrare un percorso-tipo di autocitazione. Esso passa attraverso varie stratifi cazioni redazionali, tra Vocatiuo e Meteo, raggiun gendo in questultima raccolta una significazione intensa: in mezzo, a volerne ricostruire il tracciato, si pone la sequenza del Galateo in bosco ((Sotto lalta guida) (Abbondanze), (Che sotto lalta guida), Che sotto lalta guida), ove il motivo segue un itinerario il_i progress, tra rimandi intricatissimi che non ri sparmiano lo si sar avvertito la scelta dei titoli.
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AG0sTI, Lesperienza di linguaggio di Andrea Zart zotto, in A. ZNzorro, PPS, in particolare le pp.XLIII-XLIL.

A. Z,uzoyro, PPS, p.l234. Lintervista, dal titolo Una poesia al rtapalm. fu pub blicata su Momento sera il 14 luglio 1968. riprodotta parzialmente in A. ZANzoyro, PPS, da cui si cita (pp. 172212

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(itu:ione e

mise ?1

(ibliflE? nella poesia di lndlLa Zaiiotto

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Lo svilupparsi di un motivo tematico se non ico fico, fonico appartiene ovviamente al sistema com positivo profondo di un autore, e con la citazione pare avere ben poco da spartire ( semmai citazione im plicita, allusione). E per che dire quando la ripresa di vicende testuali cos indiziate, il richiamo di luo ghi gi stabilizzati nella loro 1etterariet, risultano pretesto per una operazione di deformazione sarcastica e sminuizione comica che si applica al lessico come alle valenze tematiche, alleco fonica? Leggia mo in Da unaltezza nuova, da Vocativo:

Ancora, madre, a te mi volgo, non chiedermi del vero, non di questo precluso estremo verde chio ignorai per tanti anni e che maggio mi tende ora sfuggendo; alla mia inquinata mente, alla mia disfatta pace. Madre, donde il mio dirti, perch mi taci come il verde altissimo il ricchissimo nihil che incombe e esalta [...] E da Meteo: Non si sa quanto verde sia sepolto sotto questo verde

[. . .1
Non-si- sa Questo il relitto di tale relitto piovoso il verde in cui sta reticendo lestremo del verde I Quanto mai verde dorme sotto questo verde e quanto nihil sotto questo ricchissimo rtihil?
[...].

La versione-variante di Meteo corrode alla base la verticalit, il sostrato geologico-tellurico, per cos dire, del primo testo, esibendone alla superficie una versione deprivata, prosciugata, residuale. Perch proprio il testo, in cui il paesaggio si rifrange e si rende verbalizzabile, che si presenta in Vocativo come grumo, sostanza materica. O come icona, se non sindone, reliquia, che si stinge progressivamen te, nel percorso memoriale. a quel testo, non a unipotetica natura abissalmente lontana, inarriva bile, esterna al soggetto-ragno divenuto cieco, che la scrittura infatti si rivolge: e lo nomina, fuor di pos sibili fraintendimenti, con citazione diretta (Qui dove pensai di pensare / e di afferrare e sbilanciare I come Da unaltezza nuova). A seguire, a scanso di equivoci e per agevolare lidentificazione, sta una nota a pi pagina che avverte: Cfr. Da unaltezza nuova, in Vocativo). Siamo dunque di fronte a una sorta di mise en abime esplicita, rivelata, che nulla perde della sua duplice valenza, di contenitore che esso stesso contenuto, quasi in tautologica assolutezza; ma poi di fatto si autocorrode, si risemantizza nel distacco, nel capovolgimento. Lautocitazione si intensifica comunque nelle ultime raccolte, raggiungendo pun te massime tra Meteo e Sovrimpressioni, ove si im pone, si direbbe, nel suo significato metatestuale: ma non appare pi solo tentativo di rammemorare la genesi dei versi per tenerne in qualche modo viva, aperta, letimologia, attraverso un percorso di infinite possibili precisazioni, digressioni e varian 13 i Piuttosto lautocitazione pare qui coincidere cori un tentativo estremo di coesione semantica per
,

13 Si fa qui riferimento a una fra le riflessioni pi acu te destinate da Zanzotto al proprio fare poetico: Tentativi cli esperienze poetiche (poetiche lampo), pubblicato dap Prima su il verri, n.1-2, n.s., marzo-giugno 1987, cli cui

le note al volume dei Meridiani forniscono parte di una

versione dattiloscritta e ampliata. Le parole citate appar


tengono

al curatore Gian Mario Villalta, p. i 733.

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Cita:ione e mise eii abime nella poesia di Andrea Zan:otto

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un corpo-testo frantumato e destrutturato in quan to organismo. I riscontri sono numerosi. Si potrebbe accennare, ad esempio, alle sequenze dei papaveri, testual mente affermati e negati, in una rilettura spietata di s (Currunt, in Meteo: Papaveri ovunque, oggi, os sessivamente essudati; e da (Ore di crimini), in Sovrimpressiorti: Nessun papavero ormai [. . .] No 1/ un solo papavero sta (e si scopre poi, in congedo, che lio-narrante un papavero piegato I entro questo verso / un verso mal sopravvissuto I da tanto in s scaduto). E si potrebbe continuare con la serie delle vitalbe, che in apertura di Meteo pa rassitano gli occhi, superflue e superfluenti, natura-UVE anchessa contaminata dallinquina mento e inacidita, tra sangue e pus . E poi si disseminano in anafora sintattica quasi metafora ossessiva lungo la raccolta (Sedi e siti: Volo del grigiore I glomi e giorni delle superflue I super fluenti vitalbe) e intanto mutano di segno (Sedi del grigiore I sedi delle disfatte vitalbe, mentre si ac celera e pur sacqueta il superfluo del grigiorevitalbe, e si spinge fino allannientamento, neilac cezione irta e dissonante, al limite dellirnpronuncia bilit e dellabiura, che solo lasprezza e immedia tezza del dialetto pu veicolare (Perch che rio posse dirghe VIDISON, da Sovrimpressiorji: I vidison i I cif vide ustinade e cative, I i vidison no i I che pae frghen fassine e falive Le vitalbe sono I come viti ostinate e cattive, I le vitalbe non sono I che per farne fascine e faville; I vidison i sfega e i se intriga I fa serp e bis e cavei mati che ziga Le vitalbe soffocano e si aggrovigliano I come serpi e bisce e capelli pazzi che gridano). E che dire del tormentone circa il sopravvivere, testuale innnanzitutto, della Maestra Morchet (da La maestra Morchet vive, di Fosferti a La maestra Morchet vive? di Sovrimpressioni)? Gi il testo di Fosferti era attraversato da una mise ert abime sciol ta in ironia affettuosa, l dove si chiamavano in causa i MISTERI DELLA PEDAGOGIA che aprono

Pasque per tratteggiare il comportamento della maestra (Divaga dalla propria medaglia doro Divelge (poco) I par che remeggi e poi Rientra I pi che in quella mia-poesia di I pi che 10 anni fa e nella 4 nota a Fosferii si commentava poi che quella poesia veniva cos degradata a materiale teorico da trafu gare). Poco oltre, in quel testo, si collocava anche unammissione funzionale ad arricchire la tipologia del tema che stiamo trattando, bench in accezione differenziata, che meriterebbe un ulteriore e diverso indugio (e, sia ben chiaro, : noi tutti e voi siamo I qui meno che citazioni I che proverbi). E in chiu sura la citazione dilatava ulteriormente il proprio arco referenziale, sino a comprendere un riferimen to diretto al libro Pasque etichettato e schedato nel piccolo Centro di Lettura protagonista di Misteri della pedagogia ([. . .] nellarmadio ci sono I bei libri qui al Centro di Lettura I niente di marcio niente di anche moderni, si assicura [ ...] ). 15 impostura I informa unaltra nota, E l, tra i libri moderni apposta dallautore a Misteri della pedagogia gia ceva, cito, anche il presente libro. Leggiamoli, dunque, gli ultimi versi de La mae stia Morchet vive, da Fosferii: [. . .] La maestra confermer I la nostra mise-en-abime che letichetta comporter . Loccasione sollecitava poi Zanzotto a una nuova nota, labirintica e sorniona digressione sulla mise en abime in cui si chiamava in causa Dio (Abisso, cito, altres uno dei nomi di Dio nella gnosi) e le etichette come mini-etiche, e la normalizzazione delle altolocate gerarchie, tra bolli di biblioteca e scatole di cacao (quello olandese, in particolare, con leffigie di una cito di nuovo ragazza mise-ert-abme che procurava la vertigine 16 dellinfinito al giovane Leiris (Lge de
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14 A. Zuizorro, PPS, p1370. La nota si legge a p. 1621. 15 Ivi, p382. La nota, collocata dallautore a corredo delledizione mondadoriana 1973 di Pasque, si legge ora
alla p.455 di PPS. 16 Ivi, p.l1322.

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Cita:ione e mise en abime nella poesia di Andrea Zan:otto

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Un intrico da cui non si esce. Ma per tornare alla prospettiva che qui si sta privilegiando, ci si potr confermare nella convinzione che lungo il testo si sviluppa un procedere compositivo complesso, ca ratterizzato da una ostentata coazione a ripetere che si trasforma in reversibilit incessante: e non solo nellironizzazione di s sino alla degradazione comica, ma anche nellaccumulo di materiale di segno contrastivo, che si lascia convivere in simul taneit, senza opzioni risolutive. E si pu pensare alle tante riletture annunciate e orientate sino dai titoli verso il rinvio, la ripresa letteraria (Riletture di Topirtambr, o Postremi luoghi del Galateo in Bosco, in Sovrimpressioni). uno snodo cruciale, che richiede il massimo di attenzione. Quei titoli non possono lasciare indiffe renti. Pi che titoli di poesie, sembrano configurarsi come proposte di mini-saggi critici (Riletture di Topirtambr, appunto, o Postremi luoghi del Galateo in bosco): e dunque come scrittura che filtra il dato percettivo attraverso un percorso metonimico di slittamenti prospettici, lasciando convivere come materiale da costruzione le acquisizioni che si stra tificano lungo il testo. E del resto su questo concre scere simultaneo dei materiali delle proprie raccolte era lo stesso autore lo si ricordava a richiamare lattenzione, sia quando accennava alla variante come bisogno di rammemorare la genesi dei versi, sia quando parlava della circolarit di ogni libro di poesia (I libri di poesie sono come il serpente che si morde la coda, linizio ritorna dentro la fine, lultimo verso uguale a quello iniziale) i 7 Ma qui c dellaltro ancora: il testo viene a confi gurarsi il caso soprattutto di Meteo come va riante o incerto frammento di datazione incerta o ibrida, lavoro in corso in cui nulla definitivo. Un testo dato in redazioni diverse, stesura in progress di percorsi paralleli e simultanei non finalizzati a sciogliersi in compiutezza e aperti alle citazioni in

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A. Zzoi-ro, Intervento, in PPS, p. 1258.

crociate ed davvero un sistema variantistico anomalo quello che prende corpo. Intanto se la ripresa anaforica dei titoli era gi fenomeno macroscopico nel Galateo in bosco, in Meteo si intensifica, tra slittamenti metonimici dei titoli (sempre da Meteo: La citt dei papaveri AIITL Altn topirtambr), replicapapavert Topinambr zioni apparentemente senza sviluppo (Ticchettio parte strutturante Ticchettio) e note accolte come quasi ostensiofle del senso in della pagina poetica, forma di chiosa o icona grafica, a sfida fortemente dissacratoria della reale inattingibilit o inviolabilit del testo. In conclusione davvero provvisoria provo appena sta a ridurre a sintesi i poli estremi. Da una parte che comporta la ri dunque un sistema citazionale presa eplicita, quando non la mise eri abime, di un materiale tematico gi definito, quasi a contraccol dellimpossibilit, per la p0, o a tacita denuncia, parola di proporsi se non nelle forme della sublimadeformazione comica del gi zione ironica o della dato. Come capita ed caso clamoroso alla poe sia della Belt, Al mondo, inserita e citata, in Meteo, nella sezione conclusiva di Tempeste e nequi-zie equinOZiali. Un testo, quello di Meteo, che con ferocia estrema esibisce lapprodo dei melliflui richiami delledonismo consumistico, fino a rappresentarl0 il mondo nella Belt ancora autosalvabile anche se alla maniera un po ingloriosa del barone di Mnch hausen, o in Fosfeni miracolato alla maniera di Laz zaro (E ancora insisto baroccamente esortando I sul tuo avello I che sono io che il mondo I Risor giunge dunque a gi, s, te lo comando Nitro) impegnato in un suicidio rappresentarlo, il mondo, da pratica sadica, orgastica (Non ottenesti tu forse la massima pratica orgastica I a testa infilata entro un sacchetto di plastica?). Dallaltra la citazione rinuncia al proprio tradi zionale perimetro di applicazione e si estende ab bracciando opzioni che concrescOno su di s, mai risolutive e definitive, o disperdendo i propri conno tati in un orizzonte da fine del dicibile. Che altro

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NIVA LORENZINI

Citaione e mise en abi,ne nella poesia di Andrea Zan-otto

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Dirti natura se non citazione protratta, comprensi. va di una tradizione lirica giunta allestremo della possibilit di verbalizzazione, tra decantazione e degradazione consumistica? E poesia da leggersi e ascoltarsi interamente virgolettata, al di l delle virgolette che pur compaiono gi nel titolo, a sottolineare la separatezza del complemento oggetto (la natura) rispetto al verbo che lo regge (il dire, appunto). Cos quel complemento si distanzia, si disloca, mettendo a nudo la propria virtualit di segno che rinvia ad unappartenenza e consistenza che appartengono al rimosso, a un dirti natura murato, afono: e infatti lo perimetra il passato remoto, che rintocca occupando lintera prima strofa, ultimativo, terminale, come la celebrazione del lut to: Che grande fu I poterti chiamare Natura ul tima, ultime letture I in chiave di natura, I su ci che fu detto natura I e di cui spar il nome I natura che pot avere nome e nomi che fu I folla di nomi in un sol nome I che non era nome. Non dunque ci che fu, ma ci che fu detto. Il nome finisce per rimare con se stesso, per restare, solo, a nominare se stesso, la propria tautologica dicibiljt. E non raggiunge davvero pi loggetto, verso cui tende sfiatato (Al labbro vieni mia ultima, sfinita goccia di I possibilit di dirti, I natura -). E questa una poesia dellineffabile laico, quasi davvero un terminale significar per verba non si pora, giunti allestremo confine della degradazione, tra loschi affari e re di denari. E non c citazione che tenga, n mise en abime. Resta per a Zanzotto, dopo tutto, nonostante tutto, la consapevolezza irrazionale e un po bizzar ra, oltre che molto autoironica e il pensiero va qui proprio a Leopardi consegnata alla nota apposta alla terza sezione di Carit romane: Nel nostro tem 0 la poesia subisce un processo che rasenta lemarginazione (anche se non sparir mai del tut to). 18

Non sparisce di fatto, in Sovrimpressioni, la poe sia, quella della tradizione lirica alta, intendo. Vir golettata, si esibisce in icona colta da elefantiasi, in un processo di monumentalizzazione applicato, quando si ormai alla fine del libro a Hlderlin, al suo Met della vita (Hdlfte des Lebens). Con gialle pere pende : MIT GELBEN BIRNEN HANGET si staglia a stampatello, a caratteri cubitali, faraonici o forse anche da stele di Rosetta, chioserebbe lo Zanzotto di Pasqua di maggio. Quasi un grafema, inciso in successione verticale, sul margine destro del foglio, e protratto in espansione grafica, in ger minazione fonica (MIT GELBEN GELBEN BIRNEN BIRNEN) lungo il testo Uno vi fu, urto, celebrazione del lutto per labbattimento di un pero iperbolico, un ur-pero, un arcipero strappato dalla radice con scosse e terremoti enormi. Monumento funebre, icona, reliquia, o calco dellassenza sublime alienit che si chiude, paro la di Zanzotto, su un gelido stridore. Davvero qualcosa di definitivo, di lapidario, ma come di lapide che sia metafora tanto di una eternit man cata quanto di una morte che resta pur sempre inquieta multa come si legge nel saggio intensis 19 Quelle parole statuarie e simo dedicato a di Hlderlin sono comunque da leggersi ingigantite a fianco, e in sovrimpressione, e in controcanto, a contrappasso, con la macerazione e il deformarsi del senso, in un intruglio verbale di acuminata vio lenza che decompone e squarcia, e punzecchia e ingurgita:

18 A. ZANzoyro, Sovrimpressjonj cit. p46.


,

19

A. Zuizorro, Per Paul Celan, in PPS,

p. 1333.

Poetiche, fascicolo i /2002

GIAN MARIO VILLALTA

Sul maestro
scritto un libro su Andrea Zanzotto, edito nel 1992 da Guerini e Associati di Milano, intitolato La costanza del vocativo (il sottoti tolo lo presentava come una lettura della trilogia composta da 11 Galateo fa Bosco, Fosferti e Idioma) ; ho scritto inoltre sul poeta di Pieve di Soligo altri inter venti di carattere saggistico, ho firmato alcune inter viste, ho tenuto lezioni e conferenze; ho collaborato alla realizzazione del Meridiano Mondadori (1999) e, infine, allallestimento degli Scritti sulla letteratura recentemente riediti (autunno 2001), sempre da Mon dadori, con una consistente aggiunta di interventi. Oggi mi rendo conto che in tutte quelle pagine e con tutte quelle parole talmente numerose da indurre un sospetto di accanimento non ho mai avuto occasione di dire qualcosa di fondamentale, per me, che riguarda in profondit lesperienza della poesia. Quanto sto per affrontare richiede un iniziale ri corso a riferimenti autobiografici: me ne scuso, e chiedo che li si pensi soltanto come necessari alla sostanza del discorso. Credo che sarei andato a cercare Andrea Zanzot to anche in Toscana o in Calabria. Indubbiamente, per, il fatto che abitasse a una trentina di chilome tn da casa mia ha reso tutto pi semplice. A diciannove anni, iniziati da poco gli studi universitari, avevo appena letto Il Galateo in Bosco, uscito qual che mese prima, e per me era stato vedere il mondo con occhi nuovi, con una lingua nuova, con una molteplicit di prospettive inedite di realt. Mi sono presentato a casa sua senza alcuna let tera o telefonata preventiva e Andrea Zanzotto non mi ha accolto a braccia aperte: stava uscendo, ave-

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GIAN MARIO VLLLA-LTA

Sul maestro

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va fretta, mi ha dato una fotocopia di Gli sguardi, i mi ha, diciamo, fatti e senhal, allora introvabile e paginette me ne liquidato. Fiero di quelle quattro sono tornato a casa. Le mie manovre (e le mie fantasie) di avvicinamento a Zanzotto, lopera e la persona, sono continuate in seguito, con alcuni incon tn, qualche suo prezioso biglietto postale, fino a quando parecchi anni dopo gli ho portato le bozze del libro che avevo scritto sulla trilogia. Dopo luscita del libro ci siamo incontrati sempre pi spesso, fino a che la strada verso Pieve di Soligo mi diventata dapprima ben nota e infine abituale. Abbiamo parlato spesso della sua opera, di tanti altn poeti, di pensatori dei pi vari argomenti della storia come della minuta quotidianit. Ma non avrebbe significato rievocare tutti questi incontri e questi discorsi se non ci fosse stata sempre una tensione, una spinta di arricchimento e di conoscenza che mi metteva nella posizione attiva di chi vuole imparare, confrontarsi, ma anche di chi com batte per la sua identit, per un sapere suo proprio, per la definizione di un margine di autonomia che non fosse semplice distacco, ma un procedere con il peso e la misura del proprio passo. La parte autobiografica pi personale finisce qui, e vorrei invece parlare di qualcosa che oggi sembra lontano dalla realt della letteratura, fatta di studi scientifici di didattica di ricerca sempre pi af fine alle esigenze di un oggi (che pare nascere gi domani) in cui linformazione domina sulla formazione, in cui la ricerca della quantit e dellogget tivit del dato vuole confondersi e sovrapporsi a una pi che altro spietata oggettivazione dellimpersOna le inseguimentO dellattualit. Si arriva a proporre linsegnamento on lirte come il massimo dellappeti bilit culturale, in perfetta solidariet con lesaltazione per la moltiplicazione esponenziale dei dati accumulabili, lacquisizione cio di ingigantiti sche letri di saperi spolpati dallesperienza che essi dovrebbero veicolare. Quello che intendo dire : ho la sensazione che spero sia sbagliata di un solipsismO sfrenato nel, ,

lesperienza della letteratura, che va di pari passo con una organizzazione produttiva (di tipo postin dustriale) atta a finalizzare al mercato quella stessa esperienza della letteratura in tempi reali. Questo processo elimina la figura del maestro. Forse elimina anche la dimensione del libro, e con essa quella dellopera? E una domanda legitti ma, questa, perch lopera, il libro, non forse un maestro silenzioso, ma non meno tenace, sempre pronto a parlare, a porre nuove domande, ma anche a resistere nella sua fermezza e autorevolezza? Per dissacrare qualcosa occorre che ci sia qual cosa di sacro. Forse la parola autoreuolezza menterebbe dissacranti sbenleffi se ci fosse ancora qual che sacralit in essa. La usiamo oramai soltanto come sinonimo di un valore consolidato o di una competenza certa, non riconoscendo pi la diffenen za simbolica profonda che agisce al suo interno. Maestro e autore sono parole che Dante riunisce, come del resto le parole studio e amore. Un sapere disincarnato dallamore (cio dalla co noscenza di s attraverso laltro) solo una parven za, informazione forse. E questa conoscenza di s attraverso laltro non un facile gioco dove si vince sempre, e tanto meno dove limportante parteci pare Comporta invece angoscia, sforzo di trasfor mazione e sforzo per mantenere una propria identi t, un processo fatto di errori, dolore, ma anche meravigliose scoperte e conquiste. La letteratura conoscenza, elaborazione del sapere, anzi, di molti sapeni strutturati in forme com plesse, che trovano la loro realt di sapere in quelle date forme, e proprio perch complesse. Quella real t che le forme non avrebbero pi, qualora venisseno scomposte e ridotte ai semplici dati che le costituiscono. Questo avviene perch la letteratura (la parola a cui data una forma) ha una dinamica che non si lascia ridurre ad alcuna somma o planime tnia: solo quello che accade nellatto del leggere (e rileggere) mette in atto le sue potenzialit. Perch questa pedante puntualizzazione? Perch a sua volta le scelte che facciamo, e che ci costano, nel corso del tempo della vita, ci rendono adatti a
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Su1maesro

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quando comprendere una cosa e non unaltra, e endiamo a realizzare la comprensione in un compr modo e non in un altro. E questo sapere e questo comprendere non mai soltanto quello che uno dice (come un libro non mai solo una sequenza di pa role) ma ancora una volta la dinamica di un rappor to. Il maestro non parla soltanto, il maestro legge, tace, ha un viso che esprime. Il maestro fa sentire la distanza e la vicinanza. Il maestro ha una terra di uomini e libri (come direbbe Celan) dove la vita si articola ai segni delloperare. Una dinamica che nel presente accelera e accen tua la percezione della temporalit dellessere e dellagire: ecco, il maestro ha un tempo, quello della storia passata e dellopera gi compiuta. Il senso profondo che lega lopera alla storia non fatto solo di informazioni (che devono essere am pie, corrette, com necessario) n solo di concetti e schemi operativi (anche questi, certo, rielaborati con efficacia e coerenza). La forma della sensibilit, la forma dellintelligenza, la forza di significazione delloperare agiscono pi in profondit, con un ap pello che tende a coinvolgere la vita nella sua intera domanda di senso. Detto cos pare tutto un concerto di violini: ma il maestro si sente depredare dallallievo, ha paura di essere divorato, tradito, abbandonato. Ha paura an che di rappresentare un modello troppo forte, teme quindi leccessiva obbedienza, che si trasformerebbe in una triste vivente parodia, una brutta copia di s che gli fa orrore. Il maestro odia le nuove esperienze dellallievo, le possibilit che questi ha ancora aper te, i suoi anni a venire. Ma ama lallievo perch gli moltiplica il suo essere, d nuova vita e nuove for me al suo fare. Allo stesso tempo, lallievo sa che deve difendersi dal maestro, si sente manovrato, sfruttato, lo trova spesso ridicolo e ossessivo. Lallievo sente che i suoi pensieri, che si nutrono di quel magistero, devono a loro volta prendere unaltra via, attingendo a fonti proprie, trasformarsi dentro la sua testa per avere una propria forma.

I I

Il peso della differenza di sapere (che anche il peso della differenza di esperienza) a volte umi liante per lallievo, a volte irritante e minaccioso per il maestro. Gelosia, possessivit, seduzione, attenzione, cu ra, insegnamento divieto, intelligenza, gratitudine, rifiuto e potrei continuare lelenco compongono il quadro delloperare del maestro e dellallievo su questa scena sempre arrischiata. Naturalmente, il maestro e lallievo si scelgono reciprocamente, non possibile che solo uno dei due scelga laltro. Anzi, proprio al fondo di questo riconoscimento reciproco c qualcosa di forte e dif ficile da definire, un punto di partenza che non si pu mai vedere prima che il cammino sia ben avviato. Il maestro se qualcuno ha la fortuna di averne uno, il protagonista e il correlato di unesperienza che insegna quanto vi sia di magistero anche nelle altre relazioni della vita, nellamicizia per esempio. Mi fermo qui. In questo modo, sicuramente an cora troppo emotivo e confuso, ho cercato di dire cosa in gioco nella letteratura, perch, lo ripeto, non riesco a capire che cosa possa essere la letteratura se non contiene lessenza del magistero e dellamicizia, ovvero il confronto e lo scambio di co noscenza, il conflitto dei saperi, il mettere alla prova la propria sensibilit e la propria affettivit, il risve glio della riflessione sulla propria condizione e sulle proprie potenzialit. Oggi, sulla soglia dellimpossibilit di qualsiasi magistero, difficile e rischia di riuscire patetico il richiamo a questa dimensione della vita e del sape re, ma la verit che non ne conosco di migliori. E neppure ne conosco di pi veri. Occorre sicuramen te evitare qualsiasi nostalgia, ma forse occorre an che, finch ancora visibile, mantenersi su questa soglia, rischiare. Per quanto riguarda Andrea Zanzotto, che ha saputo scrivere del muto insegnamento di tutto a tut to e, pi volte, dei misteri che agiscono il teatro di ogni pedagogia, non so quanto questo mio interven to sia stato del tutto inutile, o invece possa mostra

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Zanzotto, che sicurare qualcosa della sua opera. vestitura di qualsiasi mente rifiuterebbe per s lin questo tema nei suoi magistero, ha messo in gioco critica, con straordi scritti, nella poesia come nella e, con lironia che tutti nana lucidit, con passion conosciamo. il Meridiano, dato Ancora solo due parole per parlare (eppure cre che era di questo che si doveva conti). do di averne parlato, in fin dei truzione della teBasterebbe riflettere sulla cos libro per immaginare trarchia destinata a firmare il stato il progetto. E quanto elaborato possa esserne nsamente da Renata se non fosse stato voluto inte collana, e non ci fosse Colorni, alla direzione della della redazione, con stato lapporto fondamentale utore sempre com Elsabetta Risari, primo interloc ancabile nel ricucir petente, e Nicoletta Reboa, inst ero state anche loro, ne le varie parti, se non ci foss o non ci sarebbe mai tengo a precisare, forse il libr sarebbe stato peggiostato, comunque sicuramente dellamicizia, con Ste re. A proposito di magistero a e spero che non fano Dal Bianco era iniziato prim finisca. dellinsieme. Questo per dare una prima idea stato fondamen Poi cera Andrea Zanzotto, che bbe comunque potu tale per tutto, e che non si sare Chi volesse pretendere to far finta che non ci fosse. sto tipo ignorando di affrontare un lavoro di que o che una pretesa lautore, non esprimerebbe altr i i punti di vista (per semplicemente ridicola, da tutt che lautore ancora cominciare quello delle carte possiede). tretti a riprendeAnche in questo caso siamo cos a un maestro re il tema proposto: la fedelti o volont di compiatuttaltro che condiscendenza che sudditanza. Si cere, lammirazione tuttaltro o c sempre stato un co tenga conto che in Zanzott o, tendente a inglo stante processo autoermeneutic oni che venivano a bare criticamente le interpretazi a inoltre conto (e proporsi della sua opera. Si teng sullargomento) del lac una letteratura ben vasta e dellio e dellimvoro di costante ristrutturazion ognuno, di cui Zan magine di s che presente in

zotto sempre stato consapevole come dimostrano molti Suoi scritti e che veniva accelerato e portato al limite dallinvestimento di monumentalit legato al progetto. Ecco dunque come il lavoro si veniva a complicare, dovendo tenere conto di una intenzio nalit strutturante dellautore, che era utilissima per certi aspetti, ma che doveva per continuamen. te essere verificata, riaggiustata mediante il control lo dei dati oggettivi (fin dove era umanamente pos sibile) e poi di nuovo vagliata dagli strumenti della critica. Cos sono rimaste fuori molte notizie che sarebbero state importanti, perch non si riuscivano a verificare, sono state accantonate molte suggestioni interpretative assai appetitose, perch non costrui bili nel discorso critico, mancanti di quel passaggio che trasforma la dichiarazione dellautore in eviden za condivisibfle da una presupposta comunit di lettori. E potrei continuare. Ma credo sia pi che abba stanza cos. Non mi resta che ringraziare ancora tutti quelli che hanno collaborato, a vari e diversi titoli, alla realizzazione del libro, nonch tutti gli studiosi ne vedo molti qui intorno riuniti di Andrea Zanzotto, il quale ci ha offerto e ci offre ancora oggi unavventura del sentire e del pensiero che vale veramente la pena di percorrere.

Poetiche, fascicolo i /2002

FRANCESCO CARBOGNIN Percorsi percettivi e finzione tra Dtetro il paesaggio e Vocattvo


Dal cielo e la pieta che il moridofa consistere
(A Zanzotto)

poetica di Zanzotto, elaborata per oltre un cinquantennio di fertile e appassiona Jesperienza sostenuta da una tensione conota attivit, scitiva che, avvalendosi di risorse attinte ai pi disparati campi del sapere scientifico contemporaneo (dalla medicina alla fisica dall astronomia alle scienze linguistiche e cognitive) si esplica in solu zioni testuali che paiono resistere ai piu scaltri ten tativi di avvicinamento esegetico E una tensione conoscitiva che alimenta d altro lato un ininter rotta riflessione sul proprio operare sviluppata pa rallelamente all attivita poetica in sede di interventi e saggi critici Ed e significativo che molti luoghi delle prose cri tiche zanzottiane dedichino un attenzione particola re al problema della poesia in rapporto al sapere della scienza: proprio in virt di questinsistita at tenzione Zanzotto si rivela un acuto interprete di un orizzonte iii complesso quale quello che caratterizza la cultura italiana a partire dal secondo dopoguerra, tra la fine degli anni 50 e linizio dei 60.
i

N. L0RENzINI, Il presente della poesia, Bologna, Il Mu

lino, l 13. l,p. 99

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in tale clima, contesto di tensioni e proposte relative al tema della crisi della poesia e dei rapporti tra letteratura e industria, oltre che della messa in discussione della figura del letterato tradizionale, che vengono alla luce le IX Ecloghe Esse infatti re. 2 gistrano la definitiva irruzione, nel mondo poetico zanzottiano, della realt storica e delle sue violente contraddizioni, cos come delle nevrosi, delle lacerazioni, delle strutturazioni tensive oscillanti dellio 3 che gi orientano lesperienza di linguaggio perseguita da Zanzotto nel primo decennio di attivit verso quel punto di non ritorno rappresentato, per unanime riconoscimento della critica, da La Belt . 4 Ma la questione del rapporto del soggetto lirico con la realt extratestuale era stata gi posta da Zanzotto in termini originali in quei testi che hanno preparato lavvento di IX Ecloghe e La Belt con i loro scricchiolii, le loro faglie, le loro improbabili iperbellezze. Nelle raccolte anteriori alle 1K Ecloghe la realt 5 storica (il mondo sconvolto dai fatti della Seconda Guerra) era saldamente perimetrata dietro le forme smaltate di quel particolare rovescio arcadico appre stato da Zanzotto fin da Dietro il Paesaggio ( i 95 1): at traverso la trasfigurazione iperletteraria della Heimat
2

A. Zjzorro, IX Ecloghe, Milano, Mondadori, (1962);

ora in Le poesie e prose scelte, a cura di S. Dal Bianco e G.M. Villalta, con due saggi di S. Agosti e F. Bandini, Milano, Mondadori, edizione I Meridiani, 1999, p.2Ol Per tutte le poesie e le prose di Zanzotto da cui si cita si fa
.

Soligo (per lui un vero e proprio coro di citazioni ), 6 Zanzotto vi denunciava una finzione provocatoriamene esibita dalla parola, sempre inautentica. La poesia di Zanzotto non poteva, cio, sfuggire allipoteca di falsit e di implicita violenza che gra vava su qualsiasi altro atto di pensiero (dalla filoso fia alla scienza) e di linguaggio (dalla pura notificazione di presenza allequazione matematica), ormai irrimediabilmente compromessi con le ragioni economiche o con quelle dellindustria bellica, se non ponendosi al culmine tecnico del dire e, in un certo senso, al culmine delleloquenza di una conven 7 zione linguistica esaltata come artificio: proprio nello scarto che instaurava rispetto al linguaggio duso o di consumo, inteso come istituto convenzionale atto a una riduzione dellesistente in termini di fun zionalit (massimamente rappresentato dal lin guaggio scientifico e dalla retorica dellopus mwcime oratorium di stampo ciceroniano), la langue seconda della letteratura sembrava poter costituire una valida alternativa (un potere alternativo, una diversa e non meno efficace forma di resistenza) alla storia e alle sue catastrofi. Questa sorta di proclamata non-contiguit al 8 vissuto esibita da Dietro il paesaggio, rappresenta il primo tentativo di definire quellunica forma pos sibile di sguardo prospettico che, secondo Zanzotto, occorre gettare sulla realt storica per comprender ne le contraddizioni e denunciarne le falsificazioni: il trionfo del non-senso e di unidiozia feroce al di l di ogni ragionevole motivazione storica (il nazi9
6 Cfr. A. Zjusizorro, Su Il galateo in bosco (1979), PPS, p. 12 19: La letteratura esiste quasi come invito a entrare in un coro di citazioni. 7 S. AG0sTI, Introduzione alla poesia di Andrea Zanzot to, in Andrea Zanzotto. Poesie (1 938-1 982), a cura di S. Agosti, Milano, 1993, p. 10. 8 G. SPAMPINATO, La Musa interrogata, Milano, Hefti

esclusivo e immediato riferimento, quando possibile, a questa edizione, da questo momento in poi siglata PPS. Tra parentesi viene posta la data delledizione originale. 3 A. GicoMINI, Da Dietro il paesaggio alle IX Ecloghe: lio grammaticale nella poesia cli Andrea Zanzotto, in Stu

di Novecenteschi, Padova, IV, 8-9 (luglio-novembre),


1974, p. 190. 4 A. Zzoyro, La Belt (1968), PPS, p. 265. 5 Mi soffermer, in questa sede, su A. ZArzovro, Dietro il Paesaggio (1951), PPS, p. 37 e Vocativo (1957), PPS, p.

Ed., l l. 7 ,p. 996


9 A. Zpzorro, Parole, comportament gruppi (appunti) (1971), PPS, p. 1191.

129.

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fascismo), e lassurdo toccato dagli esiti del progresso scientifico (la bomba atomica) trasposti nellartificiosit di cui il proprio linguaggio poetico era
,

capace in quanto struttura arbitraria e iperlettera riamente articolata, venivano pertanto da Zanzotto implicitamente equiparati a quella medesima forma di eccesso verbale. Solo nellambito, cio, di un unguaggio massimamente artificioso (attinto prevalen

complice un originale hlderlinismo ancora incerto nelle sue potenzialit, ma assolutamente estraneo, per linsolito rilievo conferito alla Heimat, alla contemporanea temperie postermetica: la realt stori ca, allora, poteva essere intuita nelle volute, negli avvallamenti, nelle crepe di un paesaggio lirico che
aveva rinunciato a costituire la superficie di rifles sione levigata e rassicurante di una soggettivit in-

temente, nei momenti di maggior eversione seman tica, dalla derivazione surrealista; cfr. : lerba mette becco e penne), Zanzotto poteva evidenziare gli ec cessi della funzionalizzazione del reale operata dalla scienza e dalla radicalizzazione ideologica, affabu landoli come enigmatici eventi di natura, e risol vendone gli effetti distruttivi in stilizzazione decora tiva (>gli artifici del fosforo), senza soluzione di continuit rispetto al linguaggio poetico:
Lerba mette becco e penne e gli artifici del fosforo sorprendono lombra dentuta del vento che lass ha scavato la luna.

tegra, per rivelarsi terreno scabro, tagliente, poroso, forato dai proiettili della Seconda Guerra:
Un arso astro distrusse questa terra profonda in pozzi e tane savventa lombra dellestate da vicoli e da altane i12 e dai rotti 3 Refoulemertt della realt storica (degli istituti

normalmente addetti alla sua rappresentazione) e


della crisi vissuta dallermetismo proprio negli anni di composizione di Dietro il paesaggio provocato, 4

ria esibizione della finzione di ingenuit di fronte alla rimozione programmatico epigortismo indu cono a credere, in effetti, che Zanzotto riconoscesse
, ,

Viene insomma rovesciato, nella poesia desordio di Zanzotto, ogni ottimistico postulato di ascenden za ermetica, tanto nella sua variante fiorentina orfi co-simbolista quanto in quella di matrice surreali
sta (alla quale lesperimento del primo Zanzotto resta, per non pochi tratti formali, rapportabile), Dietro il paesaggio, Notte di guerra, a tramontana, pps, p. 64, vv. 32-36. 11 Cfr. S. D BIANco, Profili dei libri e note alle poesie, pps, p. 1399: la grammatica dominante in DP [Dietro il paesaggio] si rif piuttosto al gelido intellettualismo di Quasimodo e De Libero e insomma alle frange estremiste del movimento, che meglio si accordano con il radicalismo stilistico dei mdelli surrealisti, Lorca e Eluard. Sullargomento, cfr. F. BARDINI, Zanzotto dalla Heimat al mondo, PPS, pp. LIII-LXV; R. DONNARUMMA, Zanzotto da Die tro il paesaggio alle IX Ecloghe, in Allegoria, 24, anno VIII, 1996, pp. 48-59.
lo

nellarbitrario, nel convenzionale, lunica dimensio ne di sopravvivenza, e lunica possibilit di resistert

za del soggetto.
Lipotesi di un annichilimento totale dellumani-

t, elaborata e concretamente verificata dalla scien

Dietro il paesaggio, Adunata, vv. 6-10, PPS, p. 60. Per una storia del linguaggio poetico di A. Zanzotto, in Studi Novecenteschi, cit., p. 210. 14 Sullargomento, ancora, R. DONNARUMMA, op. cit. 15 Presentando a Ungaretti il proprio Dietro il paesag gio, Zanzotto afferma: [. . .] n a me dispiacerebbe se arri vassi a configurarmi come una specie di Jacopo Vittorelli di quello che si volle chiamare ermetismo; cfr. G. UNGARETrI, Piccolo discorso sopra Dietro il paesaggio di Andrea Zanzotto [relazione al convegno di 5. Pellegrino Terme, 1954], in ID., Vita dun uomo. Saggi e interventi, a cura di Mario Diacono e Luciano Rebay, Milano, Monda dori I Meridiani, 1974, p. 693.
13 LuIGI MILONE,

12

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za con la realizzazione della bomba atomica, era in-

fatti divenuta, per Zanzotto (suggestionato da ten denze filosofiche improntate allesistenzialismo), lassurdo, ma autentico, fondamento di ogni pensare ed agire umani: la stessa integrit o identit del soggetto, necessaria alla strutturazione dei diversi campi del sapere umano, non poteva che rivelarsi come un artificio, arbitrario e immotivato rispetto alla sempre soggiacente verit della deflagrazione e della morte. La possibilit di una separazione tra soggetto lirico-sintattico e soggetto psicologicoesistenziale, evocata in pi luoghi di Dietro il pae saggio, non poteva, allora, che enunciarsi nellam bito della finzione pi ostentata: il mio male lontano, la sete distinta
come unaltra vita nel petto 6

lativo (necessario) mentire la necessaria conven , 9 zionalit di ogni pensare e agire umani poteva rivelarsi, paradossalmente, contigua alla forma di ec cesso verbale rappresentata dal linguaggio poetico: Io sono spazio frequentato dal tuo sole deserto 2
quando mi si abbassavano

le palpebre come ariste


su unindolenza lucente di paglia 2

e bevo al di l delle labbra 7 Daltro lato, le enunciazioni dellimpossibilit, da parte dellio lirico, di svincolarsi dalla convenzione lirica (dallebriet del paesaggio) per assumere un pe so autenticamente esistenziale, si ponevano come la diretta elaborazione poetica della coazione allartificio patita dal soggetto empirico nella realt storica:
oltre questebriet

di nevi e dacque non dato a me, se cos mi creasti, discendere 8 Lo stesso significato assumono le continue e scorporizzanti metamorfosi dellio che si succedono in Dietro il paesaggio: se, come crede Zanzotto, il convenzionale a partire dalla ripartizione delle armi in pi o meno convenzionali, ripartizione convenzionale essa stessa da quando esiste la bomba atomica si autorizzato come <(unico usabile e in ci risulterebbe verodicente proprio per il suo re

Occorre insistere sul fatto che in Dietro il pae saggio liperletterariet, contenutistica ed espressiva, non assume alcuna autorit che le derivi da una supposta funzione di ordine salvifico delegata alla Poesia: per lesordiente Zanzotto liperletterariet, lostentazione dellartificio rappresentano piutto sto, lunica strada percorribile dalla lirica per com prendere la realt storica, per prospettivizzare le sue devastanti lacerazioni. Liperletterariet, detto altrimenti, quella prima, sofferta, forma di resistenza (pi che di salvezza) che la poesia di Zanzot to oppone allinsensatezza della storia. Per questo motivo, al di l del paesaggio iperletterario, non si schiude alcun genere di Assoluto esperibile dal sog getto lirico: vi si intuisce, al contrario, una natura estranea, ovvero, a parte subjecti, limpossibilit, per il soggetto, di riconoscersi autenticamente tale, di riuscire a possedere, cio, uneffettiva conoscenza del reale. Gi in Dietro il paesaggio emerge uno dei temi fondamentali della poesia di Zanzotto: quello della ferita, del taglio, della faglia che separa la 22
, ,

A. Zzoyro, Su Il galateo in bosco, op. cit., PPS, p.

1219.

16 7 18

Dietro il paesaggio, Ormai, PPS, p. 46, vv. 6-7. Thid. Loma, PPS, p. 89, v. 40. Ibid. Montana, PPS, p. 54, vv. 3-5.
,

to in cui si cade fuori di qualsiasi possibilit di ricupero, di qualsiasi con [. . .1 nella distorsione delluomo singolo e poi del mondo a nonsenso (A. Zjuzoiro, Per Jcthier

Dietro il paesaggio, Distanza, 6-7, PPS, p. 52. Thid., Con dolce curiosit, PPS, p. 84, 17-19. 22 Per faglia Zanzotto intende un mancamertto totale [. . .] il luogo in cui ognuno muore, e muore solo [. . .] il pun
21

20

96

FRANCESCO CARBOGNIN

Percorsipercettivi efirtzione tra Dietro il paesaggio... Vedr lacqua che cade e sparisce nel cofano e nella tomba 27 nelle botole dellautunno28

97

realt dallimmagine che il soggetto ne ha, e alla quale pur costretto a rimanere invischiato. Le interferenze semantiche provocate dallapparizione di fessure, feritoie, buchi, pozzi, crepe, baratri, abissi, incrinano, allora, la superficie tematica-figurativa del favoloso paesaggio poetico di Zanzotto, impri mendo inequivocabili segni di inappartenenza su , 23 ci che un giorno fu heimish [patriol, familiare col risultato di rovesciarne, quasi, la connaturata in quanto confluenza di familiarit al soggetto memoria privata (Pieve di Soligo) e letteraria (cita : 24 zionismo) nella pi radicale estraneiti

25 le crepe dellabisso 26 il duro avello si scava la sera

[1966], ora in Scrttti sulla letteratura, a cura di G.M. Viilalta, Milano, Mondadori (Oscar saggi), 2001 voi. I, p. 166; corsivi miei; da questo momento in poi siglato SL). Cfr. la linea degli ossari sovrastante la faglia Periadria tica della crosta terrestre in Il Galateo in Bosco (1978), Note, PPS, p. 644. 23 S. FREUD, Il perturbante, (1919), ora in Opere, voi. Ix, Torino, Boringhieri, 1980, p. 298. 24 Provoca il medesimo effetto linsistenza, in Dietro il paesaggio, di quelle che si possono interpretare come le
,

varianti metonimiche dei semema taglio

e che inaugu

rano tracciati di senso fortemente contaminati dai semi della malattia (Elegia pasquale, PPS, p. 49, v. 18: Discrete febbri screpolano la luce; Adunata, PPS, p. 60, v. i i : un morbo splende) della putrefazione e della mor te (Primavera di Santa Augusta, PPS, p. 42, v. 3: leggero come scheletro; La fredda tromba, PPS, p. 97, v. 1 5: il
,

mare imputridisce). Lisotopia del sonno e del sogno


sembra rivelare il carattere programmatico del refoule ment della realt storica compiuto da Zanzotto: cfr. Quart ta notte, PPS, p. 67, vv. 35-39: e una morta meravigliosa

Nonostante lasci scorgere in profondit, dietro levidenza del proprio porsi come artificio, una na tura, ormai, radicalmente altra, il paesaggio di Zan zotto scopre il proprio principio resistenza nella convenzione del genere lirico; il paesaggio, nucleo tematico sempre e comunque iperletterariamente connotato, riesce infatti a mantenere, per tutta la raccolta, la funzione di catalizzare attorno a s lassunzione delle diverse fonti, costituendosi quale artificioso tessuto connettivo delle diffrazioni semantiche che le analogie scatenano a livello della superficie discorsiva. Alla divaricazione esistente sul piano del contenuto (<paesaggio-finzione I reale radicalmente altro) corrisponde, cio, al livello dellespressione, una conciliazione dei corrispon denti poli formali i due contenuti, infatti la (pa : 29 tita) necessit della finzione-convenzione e, paralle lamente, il sottrarsi della realt storica alle capacit cognitive dellio confluiscono simultaneamente nella linearit e nella metafonicit di una scrittura che, in quanto tale, risolverebbe entro la propria ratio [. . .1 quellantitesi massima . 30 La netta scissione che si verifica, invece, in Voca tivo (1957), tra il Soggetto dellEnunciazione e lIo lirico, sembra derivare dallemersione, al livello del piano dellespressione, della divaricazione che connotava lesperimento di Dietro il paesaggio a livello contenuistico-figurativo. Nei casi pi eloquenti infatti la stessa dinamica dellenunciazione, in quanto vera e propria struttura di separazione di soggetto

e dolce I [. . .] I con lo sguardo vietato al proprio giaciglio, I ha dormito tutto il mio sgomento I e il mio nuovo martino. 25 Dietro il paesaggio, Arse il motore, PPS, p. 4 1 v. 8. 26 Ibid., Grido sullago, PPS, p. 71, v. il.
,

Ibid., Polvere, PPS, p. 72, vv. 9-10. IbicL, Elianto, PPS, p. 100, v. 4. 29 s AGOSTI, Zarizotto o la conquista del dire, in Il testo poetico. Teoria e pratiche danalisi Milano, Rizzoli, 1972, p. 217. 30 Thid.
28

27

98

FRANCESCO CARBOGNIN

Percorsi percettivi efirtziorte tra Dietro il paesaggio...

99

empirico e soggetto lirico, a essere qui tematizzata (coerentemente con riflessioni sulla natura lingui stica del vissuto psichico-percettivo praticate, da diversi punti di vista, dalle nascenti scienze umane negli anni di composizione di Vocativo). A ruolo di oggetto del discorso possono allora assurgere, alloccorrenza, la poesia, lio lirico stesso, il paesaggio, e i loro diversi modi di rapportarsi nel testo:
Ancora lo stupore, io me stesso

parlo a me stesso e la valle rilevo 31 e i profondi suoi veri.

o miei mozzi trastulli


pensieri in cui mi credo e vedo,

ingordo vocativo 32 decerebrato anelito

, 35 ne la razionalizzazione dellesperienza compiuta con Dietro il paesaggio. La grammatica elementa 36 re che in Dietro il paesaggio regolava le transa zioni metaforiche tra il soggetto e gli oggetti a lui circostanti, e tra gli oggetti della realt storica e gli elementi del paesaggio lirico, si apre, in Vocativo, alle profondit della propria origine enunciativa, lasciando scorgere la consistenza puramente imma ginaria, psichica, linguistica (e quindi arbitraria, ar tificiosa), della realt umana. A essere qui presi di mira sono, soprattutto, gli scorporizzanti processi metamorfici che l presiedevano al rapporto ionatura, tanto quelli a connotazione disforica quan to, e soprattutto, quelli evocati a designare una gioiosa familiarit con gli elementi naturali, come accadeva in Lorrta e so cos spontaneamente tante gioie e tanto sento
legate insieme dita e mani

in tremiti continui, io disperso e presente: mai giunge lora tua, . 33 mai suona il cielo del tuo vero nascere
Io

ombra e respiro [. . .]37 Per quanto riguarda questo specifico testo, sono il sapere spontaneamente e il tanto sentire del soggetto lirico trasfondentesi nel paesaggio (legate insieme dita e mani I ombra e respiro) a subire il trapianto critico nellottica razionalistica di Voca tivo. Mani, lingua, respiro, vedere, udire delluo mo non possiedono, cio, altra esistenza da quella che vengono effettivamente ad assumere in un contesto semantico-percettivo presieduto da un codice di apparenze fisiche gi dato alla coscienza (com, da sempre, dato, percettivamente, il cielo): un co dice che vale indipendentemente dalleffettivo verifi carsi dellatto percettivo, come anche da una sua
35

Le nuove possibilit operative derivanti da una collocazione metalinguistica della voce lirica (gi, ) 4 comunque, sperimentata in Dietro il paesaggi& si rivolgono primariamente alle dinamiche intertestua li, favorendo, attraverso la pratica dellautocitazio
Vocatiuo, Prima del sole, PPS, p. 181 vv. 1-3. Thid., Caso vocativo, PPS, p. 145, vv. 1-4. 33 Thid., Primapersorta, PPS, p. 162, vv. 1-4. 34 E la sezione mediana Sponda al sole ad accogliere il maggior numero delle formulazioni metalinguistiche che appaiono in Dietro il paesaggio (cfr. : Nel mio paese, PPS, p. 77, vv. 16-18: tutta lacqua doro nel secchio I tutta
31
,

32

la sabbia nel cortile / e fanno rime con le colline I [. . .] I e il sole limpido sta chino /su unaltra pagina del vento; A foglia ed a gemma, PPS, p. 78, v. i 7: Sul libro aperto

della primavera). Posta al centro dellopera, Sponda al

sole (che porta ad epigrafe un verso dellode di Hlderlin


Die Heimat) rappresenta simbolicamente il luogo che op pone la pi forte resistenza allo sfacelo che caratterizza,

a livello tematico, le altre due sezioni del libro.

in Zanzotto, e che si conservi e si intensifichi, anzi, di raccolta in raccolta, N. LORENZINI, in Citazione e mise eri abime nella poesia di Andrea Zartzotto, nel presente volume. 36 s Du. Bco, op. cit., PPS, p. 1400. 37 Dietro il paesaggio, Loma, PPS, p. 89, vv. 4 1-44.

A ricordare quanto un simile processo sia centrale

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FRANCESCO CART30GNIN

Percorsipercettivi efinziorte tra Dietro il paesaggio...

101

reale corrispondenza alla realt esterna. Una faglia, infatti, divelse il soggetto da s stesso, dotandolo di congiunture I nuove (i sensi) affermanti la piena signicabilit del mondo (che il mondo af fermano) e, attraverso questa, della possibilit illu soria di esperirsi identico nel variare delle percezioni (cfr. ancora I a me nuovi ritornano?): Mani, lingua, respiro, dal cielo questo mio conoscervi, dal cielo vita immemore
ti componi al tuo sguardo e il tuo sguardo dal cielo si compone.

E in volto di mattino si riannuncia a s quanto da s fu oppresso:


vedere, udire, ancora

a me nuovi ritornano?
E questo io posso donde

la faglia senza fondo mi divelse e, fatto sangue, nelle congiunture


nuove che il mondo affermano,
viventi sensi, muovere a me stesso?

Riproposte realt

qui dal vuoto che smuore


vi attendo perch io sia

[. .138

Ma la particolarit pi interessante di Vocativo, a ben vedere, riguarda la storictzza.zione di questa stes sa riflessione di natura filosofico-linguistica impron tata sul linguaggio come struttura di separazione del soggetto: sembra infatti che, secondo Zanzotto, a rendere irreversibilmente, realmente illusoria la realt umana sia la stessa raggiunta consapevolez za, per opera dellevoluzione della scienza, di questa verit (larbitrariet di ogni atto e pensiero umani, cos come di ogni ipotesi formulabile sulluomo):
le ultime verit dovevano stordire e bruciare la mente, dovevano togliere il significato anche al fatto stesso della loro conquista, volatilizzare nellinerte banalit il sacrum dello sforzo compiuto dalla ragione per attingerle,

La scissione operante in Vocativo, sembra, in ef fetti, riprodurre, a unindagine pi ravvicinata dei testi, quella che Zanzotto riconosce essersi ormai instaurata tra la necessit di auto-riconoscimento del Soggetto in un mondo interamente significante, pieno di senso (un mondo necessariamente conver tito in stabilit e permanenza dalla convenzione lin guistica e lirica), e leffettiva instabilit di un mondo che muta e complica, a ogni scoperta scientifica, il proprio assetto significante. Come se un vorticoso succedersi di sistemi di conoscenze del mondo sempre pi aggiornati, di convenzioni scientificamente pi attendibili, avesse messo in crisi, senza annientarlo, ma inabissandolo e fossilizzandolo negli strati pi profondi dellessere lintero sistema , 40 di categorizzazione del reale, il millenario codice preposto alla regolamentazione dei rapporti intrat tenuti dalluomo con il mondo. La riflessione di Zanzotto sembra allora precisare i termini coinvolti nella divaricazione tra finzione e reale radicalmente altro intuita allepoca di Dietro il paesaggio: da un lato la convenzione, struttura di omologazione del mondo, risponde allinsopprimibi le necessit per luomo, rimasta abbastanza stabile per millenni quale profonda norma di ricono , 41 scersi come lidentico soggetto delle proprie perce zioni, ai fui di una salda strutturazione della sog gettivit, codificando in significati stabili gli effetti daltro lato, le notificazioni di presenza (notifica 42 zioni di presenza a s, le percezioni) effettivamente
possibili alluomo, sono scoordinate per gli sconvol
40 A. ZpNzorro, Il mestiere di poeta (1965), PPS, p. i 132: ogni acquisizione tecnico-scientifica d origine ad infinite rielaborazioni emozionali nelluomo che pure

sensibili del mondo sulle sue strutture percettive:

39 farlo persino dimenticare.


38 39

Vocativo, Dal cielo, PPS, p. 183, vv. 56-72. A. ZANz0rro, Linno nelfartgo (1953), SL, I, p. 16.

fondi (almeno per il durare delle strutture encefaliche. 41 A. ZNzorro, Alcune prospettive sulla poesia oggi (1966), PPS, p. 1137. 42 A. ZNzorro, IX Ecloghe, Notificazione di presenza sui colli euganei, PPS, p. 253.

permane anche pari a se stesso nei suoi strati pi pro-

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Percorsipercettivi efirtziorie tra Dietro il paesaggio...

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giment impressi, sullo stesso principio cui sarebbe devoluto il compito di organizzare i dati dellespe rienza (la convenzione linguistica), dalla (<fuga in avanti dell<lan febbrilizzato e distorto che muo 43 ve il progresso scientifico e tecnologico. Significativi, a riguardo, sono i frequenti cortocircuiti provocati, in Vocativo, dallinserzione strate gica di inserti scientifici violentemente realistici in contesti iperletterariamente connotati, magari im plicati con il motivo dellavvenuta vanificazione del senso umano (deterso I presto di me; mia men te defunta) per opera del progresso scientifico:
E alla forza degli addii
irreversibili, al fragore

cazione proiettiva, per il soggetto che lo abita, se non a un livello puramente immaginario:
Sei, venerd di cereo sole

e di tetre lusinghe di vallate,


intorno alla mia mente come un gemito, sei, stretto come tomba, errante come scala percossa da un mattino che rispecchia follia. Sei me, sei questa ebete iena

di muco e dastenie,

vicinanza che gli occhi cauterizza 46

sovrano del motore arretro esile fisima, e deterso presto di me il petrigno bosco . 44
,

[. . .1 Strugge la mite notte Hitler, difosforo, e congiunta


in alito di belva sugli estremi muschi dardeggia Diana le impietrite
verit della mia mente defunta 45

In Elegia del venerd, per esempio, la vicinanza di un venerd di cerco sole I e di tetre lusinghe di
vallate cauterizza> (termine scientifico : sottoporre,

a scopo terapeutico, allazione del cauterio, a bru ciatura) i sensi del soggetto, debilitato a puro para digma della conativitft (o, appunto, a vocativo, ge mito, ebete lena) e teso a sollecitare e a sondare verbalmente, lungo le asfittiche verticalit scavate dalle insistenti iterazioni, un paesaggio lirico che non pi in grado di costituire il terreno di identifi
43

Lungi dal risolvere il succedersi dei propri atti percettivi in logica consequenzialit, lungi dal com porli nella continuit di una pacifica durata interio re, per ergersi a unico e inequivocabile protagonista della storia dei propri stati di percezione-coscienza, il percipiens (il soggetto lirico) di Vocativo non pu allora muovere incontro alla propria esistenza (alla propria origine enunciativa) che come a una domanda priva di una risposta: un vocativo, appunto. Ma resta, questo vocativo, una domanda iperlette rariamente articolata, ingegnosamente strutturata, alle soglie del grammaticalismo essa denota una : 47 complessa strategia di tipo semiotico che investe il fare poetico di Zanzotto nella sua totalit. Il vocati vo di Zanzotto risulta infatti consistere in quellartificio di unficare, convogliandoli in ununica istan za di espressivit, gli aspetti morfologi, sintattici, semantici e retorici del linguaggio poetico: esso pu essere insomma definito come quellunico signifi cante che, per Zanzotto, riesce a catalizzare tutti gli sforzi compiuti dal soggetto lirico per integrare i propri brandelli psichici-percettivi, al fine di porsi come minima notificazione di presenza del soggetto
dellenunciazione.

A. ZAsizorro, Sviluppo cli una situazione montaliana

(1966), SL, I, p. 27. 44 Vocativo, Esperimento, PPS, p. 143, vv. 19-23; corsi-

In Fiume allalba, per esempio, la mancata percezione del movimento e dello scintillio dellacqua
46 47

vi miei.
Ibid., I compagni corsi avanti PPS, p. 149, vv. 22-25; corsivo mio.
45

Ibid., Elegia del venerd PPS, p. 142, vv. 46-53. MICHEL DAVID, La psicoanalisi nella cultura italiana,

Torino, Boringhieri, 1966, p. 585.

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Percorsi percettivi efinziorie tra Dietro il

paesaggio...

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pu essere da Zanzotto significata attraverso linsistente ricorso a epiteti significativamente contras segnati dal prefisso negativo ((in-:
Fiume allalba acqua infecortda tenebrosa e lieve non rapirmi la vista non le cose che temo e per cui vivo

48 Acqua irtcortsistente acqua incompiuta

Il fluire dellacqua viene, infatti, significato mediante il ricorso a percezioni gi codificate (inerenti alla sua freschezza e ((lucentezza>)) e gi sperimen tate (digitate logge) come efficaci, tanto al suo ri conoscimento (poich ctrtcorava-no lacqua a fiori troppo amati) quanto, per loro stesso tramite, allautoriconoscimento del soggetto (il Montello e il caro [...1 volto); ma questo confronto, a ben vedere, finisce per manifestare una contrapposizione tra ci che si pone come uno stato di percezione-coscienza (odori di larva odori di menta), dagli effetti co munque perduranti nel presente, e il suo annullarsi nellistantante stesso della sua posizione (odori di larva e trapassi ; odori di menta e gi tignoro); tanto che, alla fine della poesia, lio finisce per disperare persino di riflettersi in unimmagine com piuta di primavera:
,

che odori di larva e trapassi

che odori di menta e gi tignoro


acqua lucciola inquieta ai miei piedi

da digitate logge
da fiori troppo amati ti disancori tinclini e voli

oltre il Montello e il caro acerbo volto


49 perchio dispero della primavera.
48

Il ((ricchissimo alfabeto di significati percettivi che in Dietro il paesaggio poteva ancora connotare Lacqua di Dolle, giunge qui a manifestarsi, nel fallimento di ogni tentativo di una sua correlazione ai realia, nella disarmante natura di convenzione. Lincessante, inconsistente e incompiuto, fluire dellacqua, metafora dellimpossibilit di una pren sione razionale del reale, riesce a trovare solo nella convenzione lirica il luogo della possibilit di un suo significativo darsi al soggetto empirico: la scena, infatti, quella del paesaggio letterariamente conno tato (odori di larva, di menta); una lunga anafo ra, poi, irreggimenta i sintagmi appositivi di ac qua, corrispondenti a diversi stati della percezione del fiume (acqua E. . .1, acqua [. . .1, acqua E. ..] che odori di [. . .] e, che odori di [. . .] e, acqua [. . da [. . .], da [. . .]), stati che, frustrato ogni tentativo dellio lirico di ricomporli in ununica primavera, rifluiscono comunque nel medesimo affiato vocativo che permea da cima a fondo la sequenza. La poesia, allora, raduna e ricompone reperti di genere (io lirico, calcolata strutturazione formale, forme metriche consacrate, il topos del fiume, 1 imagery ermetico- surrealista, lipotesto cavalcan tiano presupposto dallultimo verso) attivandone una rifunzionalizzazione al fine di riproporre la necessit di unideale di umanitt autenticamente integra; conferendo a tali reperti (attraverso la tematizzazione del rapporto io-paesaggio) il significato di frammenti, di residui percettivi, giunge, nellistitu zione dellio lirico evocata come necessit strutturale, a inerire concretamente allesistenza del soggetto empirico, a una sua impossibilit reale e storica. Lio lirico finisce s per disperare di riuscire a riflettersi in unimmagine compiuta di primavera, e, in questo, a significare una reale e storica impos sibilit; ma lo pu fare soltanto in quanto istituto convenzionale, e cio a patto che il suo frantumato pae
50

Vocativo, Fiume allalba, PPS, p. 134, vv. 1-6; corsivi Fiume allalba, cit., vv. 7-14.

miei.
49

26: lei [lacqua] dal fittissimo alfabeto.

Dietro il paesaggio, Lacqua di Dolle, PPS, p. 82, v.

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Percorsipercettivi efinzione tra Dietro il paesaggio...

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saggio si ostini ad alludere, in quanto paesaggio un CO, letterariamente connotato, allideale di integrit (di autentica e piena significazione) da cui si per sempre separato, anche se per assurdo, in forma necessariamente rovesciata: allo stesso modo, cio, in cui la primavera di cui lio lirico dispera allude alla stilnovistica Toscana cui Cavalcanti invia, leg gera e piana)), la ballatetta Perchi no spero di tor nar giammai, ipotesto presupposto dallultimo verso di Fiume allauba perchio dispero della primavera. Unaltra poesia, Esis tere psichicamente, descrive, in maniera esemplare, il titanico sforzo richiesto al percipierts lirico per una sintesi soggettiva dei bru ciori dinferno patiti dal soggetto empirico nel reale. Faticosi tentativi di notificazione di presenza (vv. 113) vi si accumulano progressivamente, finendo per stratificare la materialit significante del testo della densit fonico-timbrica che li compete in quanto oggetti verbali, privati di un significato accertabile che non sia quello della loro necessaria implicazio ne con il paesaggio in cui si verificano (una artifi ciosa terra-carne) . Costretti in blocchi frastici rela tivamente chiusi e paratatticamente giustapposti, tali iterati tentativi, tali sconnessi stati di soggettivit, vengono qui significati per mezzo di un processo di accumulo di materiali significanti, reso formal mente possibile dalla prevaricazione della costru zione nominale sulla linearit sintattica e dalla segmentazione del paesaggio in elementi naturalistici (soli, ariste, nevi, vento, primavera)), ecc.) correlati a impersonali brandelli di una soggettivit debilitata (esili acuminati sensi, sussulti e silen zi, egro spiraglio). Essi vengono infine semanti camente derealizzati dal giudizio formulato dal sog getto lirico al v. 13 (da tutto questo che non onuua), che chiude la sequenza come tra parentesi, ri badendo il riconoscimento, espresso al v. 1 (Da questa artficiosa terra-carne) della precaria corivenzionialit o artificiosit su cui si regge lincerta geografia del proprio terreno di identificazione:
,

Da questa artificiosa terra-carne


esili acuminati sensi

e sussulti e silenzi,

da questa bava di vicende soli che urtarono fili di ciglia ariste appena sfrangiate pei colli da questo lungo attimo inghiottito da nevi, inghiottito dal vento, da tutto questo che non fu

primavera non luglio non autunno

ma solo egro spiraglio ma solo psiche, da tutto questo che non nulla 51

Situatosi davanti a un paesaggio non pi arbi trariamente evocato a interpretare in absenttia, co me un fluente velo o uno schermo, la propria egre tudinie, ma de-composto in residui percettivi e (au
to)citazionisticj52 e passibile di unintermittente no-

tificazione, negli imprevedibili punti di coincidenza di esili acuminati sensi con la luce e il calore di un sole che stenta a essere percepito come medesimo (cfr. il plurale soli il percipients lirico di Zanzotto ), 53 riacquista unintegrit soltanto in forza di artificio: soltanto lartificiosa terra-carne del paesaggio lirico riesce infatti a conferire unorganizzazione ai dispersi stati di percezione-coscienza, irreggimentandoli in una lunga anafora (<Da questa [. . .1 da questa [. . .1 da questo [. . .], da tutto questo [. . .], da tutto questo
51

13.

Vocativo, Esistere psichicamente, PPS, p. 174, vv. 1-

52 interessante constatare come venga qui spezzato (e cio razionalizzato) lanalogismo che legava palpebre e ariste nellipotesto presupposto (Dietro il paesaggio, Con dolce cuniosit& PPS, p. 84, vv. 17-19: quando mi si abbassavano I le palpebre come aniste I su unindolenza lucente di paglia). Cfr. poi, pomo (v. 16), che, collocato in similitudine con verit, allude al frutto dellalbero della conoscenza di Genesi, Il, 17. 53 Si veda anche Prima persona, PPS, p. i 62, v. 7: soli aperti come vive ventose; Da unaltezza nuova, PPS, p. 170, v. 55: dinsetti e fiori e soli; Fuisse, PPS, p. 188, v. 51 : e urticano soli in formazione.
,

108

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Percorsipercettivi efinzione tra Dietro il paesaggio...

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coesa dal nucleo tematico del paesaggio e da una sorta di climax ascendente (dai quasi impercettibili esili acuminati sensi alla, pur fatiscente, psiche), permeato da un medesimo affiato vocativo. Nei versi immediatamente successivi, la densit fisica di questi materiali, il corporizzarsi esclusivamente linguistico dei significati percettivi (per i quali non vi fu reale primavera non luglio non autun no), ribadita dal riferimento del deittico leopardia no questo (denotante una qualche vicinanza tan gibile dei percepta) a un nulla di significato, viene da Zanzotto equiparata alla consistenza dellio lirico (tutto ci chio sono): da tutto questo che non nulla ed tutto ci chio sono: tale la verit geme a se stessa,
54 si vuole pomo che gonfia ed infradicia.

[. . .1; ma solo [. . .], ma solo [. . .1) semanticamente

Secondo Zanzotto, il soggetto psichico-lirico nulla pi che convenzione; specularmente, nulla pi che arbitrario (non pi che immotivato, non pi che omogeneo allo psichico) il mondo su cui lio chiamato a esercitare i propri diritti di soggetto (cfr. il titolo: Esistere psichicamente). Lunica verit di cui la poesia pu ancora rendere assertivamente testimonianza sembra restringer si, allora, a quella dellestremo artificio, dellestrema finzione cui si riduce il soggetto lirico, equivalente allartificiosit che contamina, fin nei recessi della sua biologia, il soggetto empirico, nellatto stesso di notificarsi come io simulando unimpossibile inte grit. Specularmente, dato per certo che ogni tentativo di oggettivazione non pu restituire il dato sen sibile che in uneccedenza di significato, anche alloggetto reale, a un pomo, resta preclusa leven tualit di manifestarsi innocentemente, a partire dalla nuda evidenza percettiva, come lintegro ogget
54

to di una salda presa di coscienza, si trattasse an che solo di quella mediata, nel testo, dalla similitu dine (si vuole pomo). pur vero che la consapevolezza dellillusoriet e della conseguente insignificanza del senso uma no, propriamente una verit avviluppata nella tau 55 tologia (dato che il mondo sta allio come lio stes so sta allio, come la convenzione sta alla conven zione), non pu essere elaborata e enunciata che dentro e attraverso la finzione (per questo la verit geme a se stessa) e il riferimento intertestuale allipotesto biblico si pone come ironica allusione al limite che la scienza, nella sua presunzione, sup pone di avere superato. La poesia lirica, pertanto, deve, per Zanzotto, es sere in grado di produrre un punto di vista prospet tico sul senso derivandolo dal suo stesso denunciarsi come convenzione: la via intrapresa dalla poetica di Zanzotto con Vocativo, cio, quella di deprimere la stessa ipotesi di un fondamento trascendente lidenti t dellio lirico a mero sussulto di coscienza diversifi cante><, ma tale che laderire delluomo al pavimen to della propria insignificanza consenta una sia pur minima distanza prospettica (lezione montaliana, come avverte lo stesso Zanzotto in un saggio di qual che anno posteriore a Vocativo ). 56 Questiridescenza, che prima di inabissarsi ed estinguersi nuovamente nella verit dellinsignificanza delluomo ne produce loggettivczzione, ren dendone possibile la presa di coscienza e lenun ciazione, resta, secondo Zanzotto, la poesia lirica stessa in quanto ridotta, a tutti i livelli, a vocativo, a pura notificazione di presenza. Essa non pu che prodursi, allora, che come chiarore acido, artifi cioso (ma di un artificio non dissimile da quello di chi si crede un ben unico io in unepoca contras segnata dalle devastazioni della storia e della scien

Esisterepsichicamente, cit., vv. 13-16.

S. DALBuNco, op. cit., PPS, p. 1453. A. ZANzoyro, Sviluppo di una situazione montaliana (Escatologia-scatologia) (1966), SL, I, p. 22.
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FiANCESCO CARBOGNIN

Poetiche, fascicolo i /2002

za); un chiarore-uovo, che nasca da s stesso, dalle risorse offerte dallo stesso artificio di cui il prodotto; ma anche, e soprattutto, un chiarore mala to, insinuantesi attraverso legro spiraglio della psiche lirica: Chiarore acido che tessi
i bruciori dinferno degli atomi e il conato torbido dalghe e vermi, chiarore-uovo

STEFANO COLANGELO

Il giardino dei semplici: una traccia tematica


1 dolore dellassenza, dellesiziale estraneit e persino dellinnominabilit del paesaggio rintoc ca da ogni luogo visitato nelle Sovrimpressiorti. Non c quasi domanda, formula esclamativa o invocazione, in cui il soggetto motore della descri zione, e antenna di rilevamento che necessariamen te affiora, come una deriva atomistica, dal paesag gio stesso che sta descrivendo non si trovi smarri to. Al tempo stesso, da molti punti il paesaggio manda segnali di una vitalit autonoma ed anche, in certo modo, di una continua disponibilit, di un ininterrotto stato di attesa: lattesa di poter venire compreso, disoccultato, decifrato nei suoi rimandi significativi, e daltro canto con eguale rilievo di poter illuminare, decifrare a propria volta il soggetto stesso che in esso si immerge. Lio poetico di Zanzotto diventa cos testimone dellagonia sacrificale, e insieme della risposta dinamica di questo paesaggio. Un singolo fenomeno, quanto pi si fa remoto e inattingibile, tanto pi partecipa della fondamentale scossa vitalistica che gli ha conferito evidenza e possibilit di esistere; e quanto pi va perdendosi per lazione del tempo, tanto pi rischiara lautocoscienza del soggetto che lo attraversa ad occhi aperti. E non certo a partire da Sovrimpressiorti che Zanzotto ha scoperto nelle forme riposte del paesaggio naturale questa sorta di impulso reattivo, pieno di energia disvelatrice: certe forre, certi grumi vegetali, certi addensamenti di vita miniaturizzata presenti, a non far menzione daltro, nel Galateo in Bosco, tornano qui ad avvol

che nel morente muco fai parole 57 e amori. Il chiarore acido, la poesia del vocativo, lartificio di tenere assieme, tessere liricamente i bruciori dinferno I degli atomi patiti nella storia, oggettivcrndoli in quellultima forma di integrit che il soggetto lirico in grado di assumere: e cio la forma del muco, della bava, di ((tutto ci che terrestre o rasoterra, e dunque fangoso, putrescen . 58 te inquinato Una ((parola tuttaltro che iperuranica, di fango e pietra, piuttosto: come si addice a chi ha dissipato nella banalit inerte anche il sacrum della ragione , 59 dopo quello della trascendenza viene insomma accolta dallo Zanzotto di Vocativo a significare quanto resiste dellidentit lirica e del paesaggio, degradati a puri istituti, a meri significanti accettati per convenzione, contro il deflagrare del senso u mano nella realt storica.
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Esistere psichicamente, cit., vv. 17-23. S. DAR BIANco, op. cit., PPS, p. 1453. 59 N. L0RENzINI, recensione ad Andrea Zanzotto, Fcrnta sie di avvicinamento, in Il Verri, IX, 1992, n. 1-2, p. 1 1 1.
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Poetiche. fascicolo i /2002

MARCO A. BAzzoccHl

Zanzotto: nutrimenti terrestri


volte, nelle meditazioni di Zanzotto, rito rna il problema del legame che unisce auto re e testo, corpus poetico e corpo autoriale. Ogg i noi ci troviamo nella situazione eccezion ale di avere di fronte un intero, complesso corpus (il meridiano: Le poesie e prose scelte) da cui si stac ca, quasi in fuga, una diramazione gemmante: in fuga, ma an che in collegamento con quello stes so corpus (cor po?). Sovrimpressiorii: un organo cres ciuto dallintemo del corpus e poi protesosi fuori, con una forza vitale appunto quasi arborea, fitom orfa. Con una famosa immagine freudiana, potremmo dire che sovrimpressioni rimanda alla scri ttura segreta di un blok-notes magico, quel quader no-memoriainconscio in cui la scrittura si deposit a e sovrim prime secondo le modalit del palinse sto. Ricordi e tracce scritturali parafrasa lautore, e subito dopo, con la mossa di reversibilit tipica del suo stile, sensi di soffocamento, di minaccia e forse di inva sivit da tatuaggio: al blok-notes scri ttura che fa intravedere sotto altra scrittura si sov rappone Ka fka, Nella colonia penale, come ha giu stamente visto Nicola Gardini, e c anche lidea di una scrittura che si aggiunge a-su un corpo-corpus, e lo marca. Allinterno della raccolta, in una di quel le note che fanno presa con i versi invasivame nte Zanzotto accende la scintilla di una poetica-lamp o. E il grup 0 delle Carit romane, che doveva dar titolo al libro. Ed un richiamo a Dante, gi acc ennato altre volte da Zanzotto nel descrivere il pro cesso di infan tilizzazione subito da Dante nel corso del suo viag gio, con relativo apparato di presenze materne che
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MARCO ANTONIO BAzzoccHI

Zcin2otto: Nutrimenti Terrestri

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lo accompagnano. Le muse che fecero pi pingui i poeti del latte br dolcissimo (Pd. XXIII) sono figure (materne) di una donazione che viene da remote corrispondenze ed intrichi quasi biologici Ma, con unaltra mossa di reversione circolare, i poeti, a loro volta creatori delle Muse, si trovano ad esser padri in tal modo nutriti dalle loro figlie. Di quali nutrimenti si tratta? Al posto del puro latte succhiato da Omero e da Dante, Zanzotto propone ora veleni as sorbiti da una figura di reietto con una attualis sima circolazione di liquidi e miasmi: Il padre velenoso in quanto possibile interprete dei veleni attuali e dei loro linguaggi generer un ghost, una figlia che gli rinvier col suo latte malsano linsieme ingi gantito dei suoi mali. Limmagine straordinaria. Racchiude un intero possibile discorso sulla lingua come nutrimento e sulla necessit, che ogni epoca ha interpretato a suo modo, di agganciare ad unorigine esterna il discorso poetico: siamo dalle parti di Curtius e della sua indagine sulle muse (ogni pagina della letteratura europea parla di loro) cui si pu aggiungere limmagine della lacrima-perla di alcune poetiche medievali, le versioni pi o meno sacre delle muse-madonne rinascimentali, e poi lintero apparato romantico simbolista della femmi nilit- maternit- sororalit (Pascoli, ma non solo) che presiede al discorso poetico. Qualcosa di simile si trova in Pasolini, negli appunti per il IV canto della Divina mimesis. Attraverso la figura di Rimbaud, Pasolini da una immagine moderna del poeta come produttore che non guadagna in quanto produce merce che pu e non pu essere acquistata ma in ogni caso non pu essere consumata Materiale inquinato e inquinante: peggio della plastica o del catrame o dei detersivi! urla Rimbaud, che poi traccia un ritratto del poeta vagabondo (reietto). A Rimbaud segue Dylan Thomas, tornato giovane co me suo figlio e per questo simile alla madre: .e, in quanto assomigliava a quel suo figlio imberbe, coi capelli un po goffi ma puri dei ragazzi sportivi e barbarici, egli appunto assomigliava a sua madre.
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Era divenuto lei Qui, con un cortocircuito che Zanzotto direbbe shoclcirtg, abbiamo una trafila proiettiva e regressiva: attraverso Dylan Thomas Pasolini parla di s e di un suo ritornare ad una madre-poesia che completamente antiidillica. Qui la Madre (con la m maiuscola) non n Beatrice n Matelda: Regina Inferi, figura di una femminilit bestemmiata come la Madre di Jan in Bestia da stile. Anche in Sovrimpressiorti appaiono segnali di un nutrimento perverso. Limmagine centrale delluovo come nutrimento che si consumava allinterno di un circuito chiuso, luovo-psiche-cosmo di cui proprio Pasolini aveva parlato in una folgorante recensione del 1974, divenuto poi materia diffusa nel Galateo (con una serie di atti legati alla nutrizione-scrittu ra) insomma luovo come resistenza e insieme proiezione, luovo celeste, viene oggi sostituito da nuovi nutrimenti terrestri. Cito: Quei ramoscelli che si addensano in I immote emanazioni di I pa ralizzanti spari raffiche accecanti I di buriana I che ci avviluppa portandoci in bocca I latte-veleno di sue glaciali mammelle (da Carit romane 1 con un doppio riferimento: Dante, la selva dei suicidi, e Montale, la buriana); Abbeverarci a mammelle di filiali anguane mammane I nel gelo incrudelire col rosso delle bacche oblique I ardere, infine, col rossore tuo pi intimo?, sempre C.R. 2; le gran matasse dacqua I che sembrano dar qualcosa I da bere e da mangiare (. . .) lacqua si riprende tutte le sue vec chie strade I i suoi pozzi ora sallattano I e poi saranno loro ad allattare- (. . .) (da Stereo, trad.). C allora anche per questo Zanzotto una Atem wende una svolta del respiro come diceva Paul Celan nel famoso discorso del 1970, Il meridiano con limmagine che diventava poi guida per la sua raccolta del 1976 (una svolta dentro il meridia no: il gioco allusivo irresistibile .). Ritorno ad alcuni esempi di immagini nutrizionali. La doppia valenza, alternanza di seno buono e seno cattivo se vogliamo citare la ormai desueta Melania Klein,
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MARCO ANTONIO BAzzoccHl

Zanzotto: Nutrimenti Terrestri

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inequivocabilmente al centro di un percorso che u nisce La Belt a Pasque. Ricordo (velocemente): il grande magazzino I- ai piedi della grande selva-I dove c pappa bonissima e a maraviglia I per voi bimbi bambi con diritto I e programma di pappa, per tutti I ferocemente tutti, voi (sniff sniff I gnam gnam yum yum slurp slurp di S, ancora la neve, dove la presenza invasiva di cibi truffaldini allude a una impossibilit di perfezione, o perlomeno di ricerca di perfezione (nivale, poetica ecc.); e poi S, vedo il mondo caldo come un uovo, I tuorlo soave daromi e di sicurezza. di In una storia idiota di vampiri dove la chiusura delluovo rimanda ad una falsa sicurezza nutritiva dietro cui si nascon dono le violenze vampirizzanti del mondo, di fronte a cui il poeta ostenta la sua iniziazione sanguinolenta (ne grondo I di plasma ambrosiaco) ; e anco ra la zuppa di fagioli della quarta sezione di Reto rica su: lo sbandamento, il principio Resistenza (per cui va letta la nota dautore: I fagioli, allora tanto ricercati e argomento di sogno, hanno salvato, dal medioevo in poi, lumanit dalla fame pi volte, e oggi diventano lemblema di una nuova vittoria mondiale, dei poveri, contro tutte le forme di fame); e poi La mia crema la mia ambrosia la mia pappina di bario I nel vasetto dove mi rimpolpo in Gli Sguardi i Fatti e Senhal. Con Pasque assistiamo alla pungente retroversione del tema nutritizio in escrementizio, con un arco complesso che va da Proteine, proteine (Proteine in quantit- per la Sua felicit, I mille vasi di Loyal e di Kik e Ciappi e Pal; I pieno colmo vo che sia ogni tage giardino o via I della kukka del mio Lassi che a ciascun suggelli i passi, I vo che il cantico di Fido nelle psichi faccia nido; I proteine proteine bilanciate, sopraffine) a Pasqua di maggio a Biglia (Pasqua e antidoti) che termina con un ritorno nelluovo-casetta, luogo di origine e di nutrizione, di escremento e di morte: Ci si intuorla alluovo/sepolcro, donde / chi? tu? io? nemo? feto? LLLui? / nel suo- suo di nutrimenti escrementi / energizza servomeccanismi
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I onanistici mistici cosmici orgiastici I finti-o-effet tivamente ditirambici / leporeambici (senza spettatori / auditori). Nel Galateo il processo di incontroscontro con la materia e il movimento continuo dellio che si dissolve e si ricostruisce a partire dalla presenza di forme iscritte nella materia (il galateo interno al bosco) conducono a unultima metamor fosi del soggetto: il bruco lattiginoso e mielato, tubo digerente sputato fuori dalla brodaglia, mate ria che aspira ad una sublimazione, ad una risalita verso lalto che prelude allimmaginario luministico di Fosfeni. lo scrittore-tenia di cui parlava Jung in un famoso saggio su Joyce. Torniamo dunque a SovrimpressiortL Tenendo conto delle prime analisi che abbiamo letto (Loren zini, Gardini, Cortellessa, e naturalmente Agosti) direi che lirradiazione di motivi che dalla nuova rac colta riillumina il corpus completo molteplice. Il sistema di rimandi complesso. Seguo comunque il tema che mi sono preposto. Il paesaggio di Sovrim pressioni si rinnova-permane secondo un modello ascrivibile a due testi capitali della nostra modernit poetica: La ginestra di Leopardi e Il vischio di Pascoli. I dissestamenti, le devastazioni, le ferite del paesaggio-testo rimandano alla Ginestra linvasivit vegetale, nel suo aspetto di invasivit di un lin guaggio parassitario dentro il linguaggio poetico (e dentro un corpo-psiche) rimandano a Pascoli. Il percorso dove possibile verificare questi fenomeni, e che ricollega a Meteo, quello della produttivit naturale che non pi materia-frutto (uovo) ma fore-bacca, cio una natura che attira-respinge nel suo manifestarsi nello sperpero. Si pu individuare un intero gruppo di testi, da Ligons TI, al gruppo coeso delle Carit romane e Spine, cinorrodi, f bule a Su un nuovo campo di fagioli sbucato co me madeleine su dai forami del remoto banco dati, allApocolocintosi delle Canzonette ispide, alla sarabanda finale delle Avventure metamorfiche del feudo alleggerita dal congedo di Topinambr e sole. Ho detto Leopardi e Pascoli, ma ci sono almeno
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MARCO

ANTONIO BAzzoccHI

Zanotto: Nutrimenti Terrestri

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due altri nomi da fare, interni a questi testi: Sereni e Pasolini. Guardano a Sereni (e ancora, a Pascoli) le tormente nubi di petali di meli I e di ciliegi (Pascoli, Il vischio: Nuvole a nostri occhi, I rosee di peschi, bianche di susini) di Ligons dove il paesaggio ormai scheletro con pochi brandelli capace di autorimpolparsi (un raggio di sole basta a far rinvenire) con un processo simile-opposto a quello delle colline in fiore (falso-fonte) di Addio Lugano bella (unora di sole le sbriner) E forse viene da Sereni quella atmosfera serpeggiante di amori-umori che Zanzotto stesso rileva come sostanza-sustrato nella poesia dellamico, quel ritro vare nel paesaggio spore di racconti e figure che ap paiono e si disfano. C insomma in molti di questi testi un sottofondo di erotismo terrestre che si esprime non pi nelle immagini aggressive del mor dere-mangiare (penso al Galateo all Ipersonetto) ma nel cromatismo dei fiori, infestante e insieme beneaugurante (quei fiori che a Sereni parlano spesso al posto dei morti, lanciano segnali che sono barlumi di salvezza) Non c pi un sistema simbo lico -direi- ma gli elementi naturali sono divenuti elementi corporei trasposti, un indefinito corpopaesaggio che parla attraverso il manifestarsi di pa role-colori-fiori sbucanti dalla devastazione della pagina e del reale (insieme). E allora i petali che ac carezzano in Ligons possono anche graffiare in Stri-stri originare uno sconcerto che accompa gna il loro prodursi, parto beffardo: Stridi Stridi stridete alberi arbusti in fiori I nostre fibre folli strappate qua e l I di nostre false storie, di falsi appelli I di una neo-natura che punta a uscir dalvo. E alla spazialit giallo-suadente dei topinambr si affianca la presentificazione intricata di fittissime bacche rosse ( a pannocchiette e pen nacchi: la vigna di Renzo, il giardino scomposto dove la vitalit naturale va oltre qualsiasi sguardo umano), bacche cresciute tra le spine al confine I del visibile e avvelenate (affatturate) da streghegiocattolo barbie-miniwitches (laspetto comico
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delle inquietanti anguane mammane?). Ma queste bacche, dissolte come forme nel rosso, sono anche lofferta di una possibilit di trasformazione che passa attraverso leros, il farsi frutto nel rosso: O frutterellare di destini minimi di piante I addensati qui a darci tortura I o forse insieme adorarci- I solo se accogliendo tradimenti e lontananze, I per un istante -in sogno o no- di essi I osiamo farci sostan za? I Abbeverarci a mammelle di filiali anguane mammane I nel gelo incrudelire col rosso delle bac che oblique I ardere, infine, col rossore tuo pi intimo?. E questo cespuglio (grugoviglio una neofor mazione che allude al guazzabuglio manzoniano, poi gaddiano) si anima in creatura, in organismo modificato geneticamente (OGM, il titolo della III Carit romana), con forte coesistenza di opposti: intreccio di seduzioni e dinsidie in s rattratto ma anche sparato come mille arpioni in atto mo tore di combustioni convulsioni che spingono tut to il mondo intorno I e le cavitt caine I a un futuro a un rovescio senza ritorno con un gioco allusivo e perverso per cui da padre (GRAN KHAN degli alberi-piante) diventa figlia del gran KHAN del CATAI la figlia altera nientemeno avverte ironica la nota, che lAngelica ariostesca. E allora non sar un caso che, nel proliferare ca otico di questo corpo-paesaggio, nel groviglio di ar busti, spini, cinorrodi, dove i nini (fagioli) spuntano come madeleine, e i topinambr figliolini del sole sono le uniche divinit capaci di reggere al disordine del tempo, non un caso che in questo pa esaggio sia inscritta la memoria di un secondo cor 0 poetico, un doppio che proprio nel paesaggio, nel farsi e disfarsi I di prati pensieri spini arsi, ha lasciato tracce di s, altri grovigli, altri elementi: il Benandante Pier Paolo Pasolini.
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ESZTER RN
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Poetiche, fascicolo i /2002

(Zanzotto, i 99 1 p. 87) e il cui punto focale invece riguarda sempre linterazione degli elementi del corporale e dello psichico, della lingua-corpo o del corpo-da-dire (Agosti, 199 1 p. 14) o della lingua non effabile che diventano elementi fondamentali tanto di questa critica intertestuale, intratestuale, quanto dellesercizio quotidiano dellimmaginario di un poeta, della sonda nel proprio linguaggio messo a dura prova.
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DREA COELLESSA

Geiger nellerba
Prospezioni su Zanzotto critico*
Per Raffaele Manica, radioricettivo pure lui

Riferimenti bibliografici

Agosti S. (1991), Zanzotto critico in Poesia IV, 45. Tassoni L. ( i 99 1), Zanzotto dentro il discorso disgregato in Poesia IV, 45. Zanzotto A. (199 1), Fantasie di avvicinamento. Le lettura di un poet Milano, Mondadori. . Id. (2000), Le poeste e le prose scelte, a cura di. S. Dal Bianco e G.M. Villalta, Milano, Mondadori.

Winde [...] Klirren die Fahrtert. Wo aber Gefahr ist, wchst Das Rettende auch.
HOLDERLIN

A chi la tocca, la tocca,


MANZONI

identificarli davvero un amore esclusivo, fatale, per la mai stanca violenza con cui sale dal fondo dei fondi e
spinge come fuoco sotterraneo.
*

sinuano quella di introiettarli quasi fisicamente, tanto sono vibranti di vitalit intrecciate e dense. Essi esistono in tutto il mondo, e lItalia ne colma. Ci che spinge a

mappa, a fissarvi itinerari. La voglia che tali luoghi in-

dentri, e per quanto li si pensi e ripensi, o li si colga tutti insieme come in un plastico fissato da una prospettiva dallalto, mai si riuscirebbe a precisarne una vera

o arcipelaghi di luoghi in cui, per quanto ci si ad-

sistono davvero certi luoghi, anzi, certe concrezioni

vento stata pubblicata in Omaggio a Zanzotto per i suoi ottanta anni, a cura di Raffaele Manica, Manziana (Ro ma), Vecchiarelli, 2001, pp. 33-53. i Andrea Zanzot to, Colli Euganei [1997], in Id. Le Poe sie e Prose scelte, a cura di Stefano Dal Bianco e Gian
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Una differente, pi breve, versione di questo inter

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ANDREA

CORTELLESSA

Geiger nellerba

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Il luogo di cui parla Zanzotto un luogo concre to, fisico. (I Colli Euganei.) Ma anche la sede di uno spettro: la poesia. (Laura, infatti.) E quindi una casa, affettiva e mentale. Heimat. Come ha di recente evidenziato Fernando Bandi, 2 ni a partire dalla penultima sezione di Dietro il paesaggio, introdotta in esergo proprio dai versi di Heimat, che la presenza di Hlderlin si fa esplicita, nella poesia di Zanzotto. Non un caso, allora, se anche la storia della sua scrittura critica Zanzotto, a posteriori, la faccia iniziare da un saggio coevo:

quello su Montale uscito sulla Fiera letteraria nel 53, che pare seguire la produzione del poeta-mae stro apprezzandone disparit, concavit e nervature come passando il polpastrello su una carta geo grafica in rilievo. 1 fango, terra, suolo insomma una componente del teatro naturale la sostanza ultima (meglio, prima) della poesia di Montale. Del
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dunque, lo scritto (dalla valenza soprattutto autobiografi ca) preposto dal poeta alla recente edizione di Friedrich Hlderlin, Tutte le liriche, a cura di Luigi Reitani, Milano, Mondadori I Meridiani, 2001 (Con Hlderlirt, urta leg gertda, pp. IX-XXIV): Il mio primo incontro con Hlderlin
avvenuto nel momento in cui stavo entrando alluni versit, avevo diciassette anni e iniziavo le frequenze a

Mario Villalta, con due saggi di Stefano Agosti e Fernando Bandini, Milano, Mondadori I Meridiani, 1999, p. 1079. 2 Cfr. Fernando BNDINI, Zanzotto dalla Heimat al mondo, ivi, pp. LVIII-LXII. Suona come un adempimento,

no di contrasti e di reazioni tra lanimo del poeta e [. . .1 particolari aspetti della realt naturale a defi 3 nire la portata, il senso, di unesperienza poetica. In altri termini: ogni poeta labitante, e insieme la piccola divinit, di un luogo. immediatamente, habitat fisico, concreto un luogo del quale la sua poesia denuncia con sempre mag giore intensit, sino allultimissimo Sovrimpressiorti, il deturparsi appunto storico, immanente Ma . 4 almeno altrettanto vero che quel luogo , appunto, un luogo dellanima. O pi fedelmente allovvio

resto, par dato indurre, sempre un rapporto pie-

E senzaltro vero che quel luogo per Zanzotto,

Padova, continuando per a vivere nel mio paese. Nelle


universit cera un attivo movimento culturale, cui molti partecipavano. Un amico mi fece avere una vecchia edi

zione di Hlderlin in caratteri gotici, assicurandomi che


avrei riconosciuto senza alcun dubbio un grande poeta, e io cominciai, col poco tedesco che avevo, a decifrarlo. In quel periodo esercitavo il massimo bricolage tra varie ungue e materie cercando di imparare un po di questo e un p0 di quello al di fuori dei programmi ufficiali. Lincontro

con Hlderlin stato tanto intenso quanto quello con


Rimbaud, e i due incontri sono avvenuti quasi contemporaneamente (pp. X1-XII). Seguono alcune fondamentali tappe, in questa lunga traiettoria di avvicinamento: dalla poesia per la nonna tradotta in dialetto da Noventa e imi tata da Zanzotto in MLstieri alla rielaborazione da Hlfte des Leberts in Sovrtmpressiorti (sulla quale non potr fare a meno di tornare) non senza passare, naturalmente, per la fatidica citazione allesergo di Sponda al sole, in Dietro il paesaggio, focalizzata come Wertdepunkt da Ban dini...

lontana, impraticabile, inabitabile (La poesia come messaggio sullo stato del mondo, in Id. Nel caldo cuore del mondo. Lettere sullItalia, Firenze, Liberai Libri i 999, p. 77).
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dici che il tuo luogo minacciato e che la patria italiana

3 Andrea Zzorro, Linno nel fango [1953], in ID., Fantasie di avvicinamento. Le letture di un poeta, Milano, Mondadori, 1991 p. 15 (ora in Id., Scritti sulla letteratura, a cura di Gian Mario Villalta, Milano, Mondadori, 2001, volume I, Fantasie di avvicinamento, p. i 5; da ora in poi le citazioni dai saggi compresi in questultima edizione che riproduce limpaginato delle Fantasie e del successivo, pure mondadoriano, volume del 94, Aure e disincant nel Novecento letterario avverranno direttamente nel testo, con la sigla SL seguta dal numero romano del volu me e da quello arabo della pagina relativa, restando inte so che i passi in oggetto possono essere rintracciati nei due volumi indipendenti, I e Il, allo stesso numero di pa gma; si far invece eccezione per le aggiunte del 2001 in coda a Aure e disincanti). 4 Alfonso BERARDIN ELLI: con la lingua della poesia tu
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ANDREA CORTELLESSA

Geiger nellerba

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timo heideggeriano dellessere. Non solo infatti luomo abita (poeticamente) i luoghi; ma ogni opera ogni singolo testo poetico, anzi un luogo (perch, sempre in Heidegger, se essere sulla terra co me mortale abitare, significa per anche, nello stesso tempo, custodire e coltivare il campo [...], coltivare la vigna , cio costruire 5 ma infine: poetare, in quanto far abitare, un costruire) . 6 E infatti. Heideggeriano il presupposto dellintervento del 66, Prospettive sulla poesia doggi, che si conclude con lidea di una poesia [. . .] che non vada verso nessun luogo e che non venga da nessun luogo perch essa il luogo, la condizione, lmi7 zio (pienamente rispondente al commento heideg geriano ad Arrivo a casa di Hlderlin: Lessenza originaria della gioia il divenire di casa nella vici nanza dellorigine [. . .1 nel poetare che consiste il primo tornare a casa) Mentre nel 76 esplicita. 8 mente definir il testo, Zanzotto, come un corpo vivente che non richiede di esser capito n tantomeno fruito (il verbo fruire indica lidea del consumo); un luogo in cui ci si pu incontrare talvolta a livello razionale, talvolta a livello non razio nale ma di simpatia inconscia, talvolta a tutti questi . 9 livelli Le sue pagine critiche mostrano proprio questo imprevedibile intreccio di ricostruzione ra zionale del pensiero poetato cos come si deposita

nelle sue movenze visibili a giorno, nei testi ma anche di incontro non razionale con quelli che sono gli altrui barlumi e lampi, illuminazioni e oscuramenti. Uno scintillare contuitivo, direbbe Pizzuto. Unesplosione meglio: scoppetto di tric chetracche, festosa luminaria di paese direbbe lartificiere, per simpatia (pi o meno inconscia). Per questo, come le ha descritte Pier Vincenzo Men galdo, queste pagine procedono come ad accumu lo, a sinusoide, a sbalzi-sussulti, con momenti di geniale improvvisazione incuneati bene spesso nel discorso . E per questo paiono assolutamente personal(, senza padri n i

,

Magari un padre lo si potrebbe indicare proprio

nellHeidegger critico: per il quale il discorso di delucidazione deve ogni volta distruggere se stesso e ci che ha tentato e lobiettivo del commento

devessere dileguarsi, di fronte alla pura presenza

della poesia , in modo da far risplendere la poesia

5 Martin HEIDEGGER, Costruire, abitare, pensare

in Id. , Saggi e discorsi, a cura di Gianni Vattimo, Milano, Mursia, 1976, pp. 97-98.
6 ID.,
.. .

[19511,

Poeticamente abita luomo...

[1951], ivi, p.

126.
7

o Ha scritto dei saggi di Zanzotto uno dei suoi inter preti pi assidui e penetranti, Stefano Dal Bianco, che Alla fine di un saggio uno si chiede: Che cosa ha det to? . Ma quando ci si mette a rileggere lautore in que stione, ci si accorge che lo si ama pi di quanto lo si amaya prima, perch Zanzotto ci ha aiutato a capirlo. Ogni saggio una sorta di labirinto densissimo di esattezze psichiche, che ci cattura in un mondo esatto e fiabesco, intessuto di tangenti e di secant come una luna fugitiva, come una belt. come se lamore comportasse comples sit, come se Zanzotto, mostrando, sempre ci ricordasse

Andrea ZANzorro, Prospettive sulla poesia di oggi

[1966], in Id. , Le Poesie e Prose scelte, cit. , p. 1142. 8 Martin HEIDEGGER, Arrivo a casa. Ai miei familiari [1944], in ID. , La poesia di Hlderlin [1944], a cura di
Friedrich-Wilhelm von Herrmann, edizione italiana a cura

di Leonardo Amoroso, Milano, Adelphi, 1988, p. 30. 9 Andrea ZANzovro, intervista a Larena , 5 marzo 1976 (cit. da Gian Mario Villalta nel commento a Le poe sie e le prose scelte, cit., p. 1725).

lincommensurabilit, lirrazionalit (in senso matemati co) dellopera e si rifiutasse di restituirne unimmagine univoca. Egli si avvicina e ci avvicina allautore, non lo blocca, non lo inchioda in definizioni da manuale (La critica dei poeti, in Nuovi Argomenti, IV s. , 3, AprileGiugno 1995, p. 129). 11 Pier Vincenzo MENGALDO, Andrea Zanzotto, in Id., Profili di critici del Novecento, Torino, Bollati Boringhieri 1998, p. 71.

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della propria luce 12 A sua volta Zanzotto lascia spesso spazio allerrore di coincidenza, alla contraddizione: o, meglio, alladdizione di senso non . 3 lineare Non si pensi per che un oggetto ricco e strano come la critica di Zanzotto si lasci ricondur re docilmente al vieto formulano dellinternazionale post-heideggeriana. Non solo ne elude le pi vessa te retoriche ma introduce anche, nel mlartge, com ponenti a essa perfettamente estranee, et pour cau se (per esempio unattenzione acutissima, in lui ov via, al fatto stilistico). Non c dubbio, comunque: rispetto al livello concettuale normale del discorso critico, Zanzotto scava sotto o schizza in alto, non sta a livello del 14 suolo La metafora di Mengaldo azzeccata, an che perch doppia uno degli aspetti semiotica mente meglio connotanti, com noto, la poesia di Zanzotto (dai cunicoli radicolari del Galateo in Bosco alle vette vertiginose di Fosferti). Per la verit per la sua critica, fuor di metafora, vuole con msistenza aderire sin dalle origini, come s visto proprio a livello del suolo. Acutamente Stefano Agosti, alla prima apparizione di Fantasie di avvicinamento, lha letto divaricando la geniale contrapposi zione disegnata da Zanzotto (nella Testimonianza del 79 su Ungaretti) tra un polo Artaud, tutto ca lato nellima e incomposta corporeit, e un polo Mallarm tutto astratto e disincarnato (cfr. SL, I, 87 sgg.) Ma, come Zanzotto chiarisce in uno stra . 5

ordinario intervento del 90, polo Artaud vuoi dire


s richiamo ad una matericit, ad una fisicit, ad

uno psichismo ridotto alle sue fasi primordiali ma non per questo meno potenti, ma anzitutto contrassegnato dallessere sempre immersi, diciamo pure infangati, interrati, allinterno di una lingua,
che e d ii16 (segue, a evidenziare con nega-

zione quasi freudiana il sostrato concettuale di que


sto presupposto, una presa di distanze dalla per-

cezione confusa della realt della lingua che ha portato Heidegger al delirio per lidiomaticit pura, nel suo attaccamento al luogo dorigine, con relati
vi linguaggi eppure ancora in una conferenza del ; 7

92 Zanzotto ha definito lo stesso Heidegger, pur con tutte le sue carenze enormi e certi comportamenti addirittura ripugnanti [. . .1 poeta infernale del
. 8 linguaggio)

Non a caso, al momento di raccogliere nel Meri

12 Martin HEIDEGGER, Prefazione alla seconda edizione [1 95 1], in Id. La poesia di Hlderlin, cit. p. 6. 13 Anche per questo cfr. HEIDEGGER (Terra e cielo di H5lderlin (1960], ivi, p. 184): Non c una via che sia la via, lunica vera per accedere alla grandezza della poesia di Hlderlin. Ciascuna delle varie vie , in quanto mortale, una via errante. Un sentiero interrotto, insomma. 14 Pier Vincenzo MENGALDO, Andrea Zanzotto, cit. p. 74. 15 Cfr. Stefano AG0sTI, Zanzotto critico, in Poesia IV,
, , , ,

diano una scelta delle prose auto-critiche e insomma di poetica, Zanzotto ha dato loro un titolo ancipite, Prospezioni e consuntivi. Se il secondo termine ha valore di bilancio e insomma daprs coup, il primo annota Villalta tecnicismo geo logico che allude a un mettere a fuoco lopera [. . .] a i (postilliamo di passaggio come anche in questo caso, e con pi evidente intenzionalit dal momento che per loccasione recupera un dattiloscritto inedito, Situazione della letteratura Zan zotto voglia far cominciare la sua storia nei primi anni Cinquanta). Ma nel contesto heideggeriano prospezione pare avere un pi definito carattere spaziale che temporale: il gesto dellarchitetto che

descrive un edificio

la casa del linguaggio

of

45, novembre 1991, pp. 9 sgg.

16 Andrea Zuzono, Tra ombre di percezioni fondanti [1990], in ID., Le Poesie e Prose scelte, cit. p. 1338. 17 pp 1340-4 1. 18 Andrea ZNzorro, Versi provvisori [discorso tenuto a Ferrara il 10 marzo 1992], cit. da Gian Mario Villalta nel commento a ID., Le Poesie e Prose scelte, p. 1727. 9 Gian Mario VILLALTA, ivi, p. i 7 1 1.
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frendone una visione non dallalto, radiale, in piort ge, bens frontale, orizzontale. In prospetto, appun to. La parzialit della visione programmatica; delloggetto resta celato, nonch il noumeno, persino il retro (cosa c, infatti, dietro il paesaggio?). Ma il deficit informativo risarcito dal mettersi-insituazione di chi contempla, dal suo programmatico evitare ogni fantasia di onniscienza, di onnipotenza interpretativa. La fantasia di avvicinamento, inve ce: a un obiettivo, a un fuoco dellattenzione che slontana, che renite a definirsi nel dettaglio e resta forse, almeno in parte, fabuloso come quando alla sua volta ci si era messi in marcia. Non importa troppo (e qui si sente, certo, pi Lacan che Heidegger) se ledificio sia altrui (lopera di un altro poeta) o proprio (lopera di io che ovviamente un altro). Lo dice, Zanzotto: chi si immag na, e con qualche fondamento, come ospite provvi sono, inevitabilmente portato a sentirsi pi spet tatore che attore Rester insomma prospeziorte, . 20 sempre, lo sguardo: anche se rivolto allo specchio. Incapace se non per piccoli strappi brucianti, co me si vedr di forare lo schermo percettivo. Ma Zanzotto, lo sappiamo, fa di necessit virt. Forse il primo scritto critico di cui si abbia notizia, pur indiretta, la lettera con cui presenta a Ungaretti Die tro il paesaggio e che lo stesso Ungaretti cita con ampiezza nel Piccolo discorso del 54 che si pu indicare (dopo lincerto inizio del lungo dialogo con Fortini, nel 52, sulle pagine poi assiduamente fre quentate di Comunit) quale vero, deflagrante mizio della fortuna zanzottiana: non potei capire nes sunaltra ragione fuori dallesile mito (per usare unespressione di Sereni) circoscritto come in una mia Arcadia [. . ., il mito di alcune lucenti evidenze di paesi e di sentimenti antichissimi ed ossessivi, di alcune entit mentali e sensibili a un tempo, al di l

delle quali io non riuscir mai a vedere veramente . 2 nulla 11 vecchio Ung, vulnerato dalla sfolgorante maturit del trentenne di Pieve di Soligo, fissa, gi a questaltezza, significativi paletti: Che cosa ci pre senta in Dietro il Paesaggio, Andrea Zanzotto? Il segreto dun panorama E. . .1, a ogni variare e a ogni pienezza di stagione, sempre stupefacente come avesse ogni volta per noi un nuovo volto straniero; e sempre uguale, familiare, e a questo modo era l prima della nostra nascita, e a questo modo sar l dopo di noi, sempre il medesimo. un modo leo pardiano di sentire il paesaggio. Il nostro amico sa scegliersi i maestri. Parole che, come si vede, po trebbero valere a mezzo secolo esatto di distanza ancora per il poeta di Sovrimpressiorii (compreso il riferimento a Leopardi). Ma quasi in coda aggiunge un altro tassello decisivo, Ung: il Canzoniere del Petrarca dove da sonetto a sonetto appare sempre lo stesso fantasma, ma lanimo da sonetto a sonetto si modula a un grado diverso . 22 Proprio nel grande saggio del 76, Petrarca fra il palazzo e la cameretta, Zanzotto precisa fra laltro condizioni e limiti del suo heideggerismo. Prende le mosse da quello che riconosciamo come stigma, ormai (SL, I, 26 1 : Se vero che un libro un luo go in cui gli uomini si riconoscono [. . .1 mai forse stato pi giusto affermano che per il Canzoniere di Petrarca) , ma aggiunge sbito dopo una considerazione di straordinario rilievo anche per i lavori, allora in corso, alla Trilogia (e in particolare al GaIateo in Bosco, che di questa ambivalenza petrarche sca , com noto, emblema e insieme straordinaria perforrrtance): E unopera che certamente d il sen

21 Giuseppe UNGAREYI I,

20 Andrea ZNzoyro,

Autoritratto [1977], ivi, p. 1208.

paesaggio di Andrea Zanzotto [1954], in Id. , Vita dun uomo. Saggi e interventi, a cura di Mario Diacono e Luciano Rebay, Milano, Mondadori I Meridiani, 1974, p. 693. 22 p. 698.

Piccolo discorso sopra Dietro il

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so di una perfetta, adamantina unit, che d limmagine pi pura appunto del luogo chiuso, dello spazio templare ritagliato nellindistinto della realt o nel nulla: ma essa tuttavia gremita di indizi, di aperture, di indicazioni al movimento (le pi varie anche se in qualche modo dissimulate). Noto di passaggio che la metafora templare lungi dallalludere a qualche medievismo deforme rinvia (e non per la prima volta; si vedano le note autoriali alla Belt) a un preciso, assai vulgato luogo hei 23 deggeriano ossa al grande saggio del 46, Perch i poeti?, dove si legge che lessere, in quanto se stesso, misura la propria regione che ritagliata (ti!ivav, tempus) mediante il suo attuarsi [wesenl nella parola. Il linguaggio il recinto (templum), cio la casa dellessere . 24 Ma qui cinteressa come per Zanzotto ladaman tino templum, quandanche accuratamente ritagliato nellindistinto (lIpersortetto, diciamo, entro il Galateo ritagliato nel circostante Gnessulogo) , 25 non possa essere concepito separato da preoccu panti indizi e laceranti aperture come nel sonetto VII, per esempio, dove il linguaggio stesso, nel suo graficizzarsi, a graffiare: a pungere come ago nella

23 A proposito di Retori ca su: lo sbandamento, il prirtci pio Resistenza: questo un modo di entrare nel tem plum-tempus di una storia finalmente vera, che tuttavia, sotto un certo angolo di visuale, pu apparire fuori tempo

massimo, nellombra di un possibile vanificarsi dellidea


stessa

tema heideggeriano, qui ripreso liberamente : Andrea Zanzotto, Note a La Belt [1 968], in ID. Le Poesie e Prose
,

piattificarsi in microstoria (storiella). Il templum-tempus

di storia, oggi attuale. In questombra tutto tende a

carne, con spine unghie lame che, frartgertdo ogni diaframma, cercano i punti in cui la vita fiamma. Come annota Luigi Tassoni nel suo recentissimo commento, il sonetto pone in primo piano il corpopsiche come trama e come superficie aggredita e graffiata, in parallelo da un lato con il corpo del hosco [. . .1 e con il vero e proprio atto della scrittu . 26 ra Si pu aggiungere come tale dolorosissima Cura sia in primo luogo esame diagnostico, sondag gio infraepiteliale alla ricerca dellinfiammazione che pulsa nel profondo (stupenda lambiguit alla quale si piega il titolo dellamato Biagio Marin, La vida xe senza che, peraltro, risultino alla fine fiama!) guarite le malattie del linguaggio, elencate nel penultimo verso: la fLsima, il sofisma, lerttimema. Termine retorico, questultimo, che richiama irresi stibilmente il componimento del Galateo (in pieno Griessulogo) Dfffraziorti, eritemi: la cui ustione deri va, spiegher lo stesso Zanzotto, dalla reazione tremenda che colpisce luomo nellosservare da vicino i fatti sotto la luce violenta dellilluminazione 27 storica (il componimento travolgente excursus verbovisivo che sovrimpressioria eventi e traumi ap partenenti agli almeno tre piani temporali annodati fra loro dal libro sinterrompe solo perch, con ul tenore allusione medico-diagnostica, [. . .] trancia ta la bobina / della scorretta endoscopia per entro il dentro-tenia dei tempi) . 28 Non solo la casa dellessere, vista da vicino, meno inattaccabile e adamantina del previsto, dunque. E il suo recinto, cio il linguaggio stesso (con la sua capacit di illuminare, anche storica,

La Nuova Italia, 1968, p. 287. 25 Per una convin cente lettura in questa chiave del Ga lateo rinvio a Marco MANOYPA, La tentazione della quadratara del cerchio. Il Galateo in bosco di Andrea Zartzotto, in il piccolo Hans, 1992, 74.

scelte, cit. p. 352. 24 Martin HEIDEGGE R, Perch i poeti? [1946], in ID., Sentieri interrotti [1950], a cura di Pietro Chiodi, Firenze,

cit., pp. 1254-1255. 28 ID Dffrazion eriterni, in Id. Il Galateo in Bosco, ed. cit., p. 559.
, ,

26 Andrea Zsizo rro, Ipersortetto, a cura di Luigi Tas soni, Roma, Carocci, 2001 p. 85. Cfr. In., Sonetto del soma in bosco e agopuntura, in Id. Il Galateo in Bosco [1978], in Io., Le Poesie e Prose scelte, cit. p. 600. 27 ID., Interve nto [1980], in Id., Le Poesie e Prose scelte,
, , ,

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mente, i fatti) quello che infatti gi in Heidegger ritaglia, taglia che scava cunicoli profondi, che frange diaframmi: che graffia punge e irrimedia bilmente ustiona, insomma, la preziosa epidermide dello stile, della maniera pi smaltata-protettiva. E attizza, cos, fiammelle brucianti che sono, poi, la vita (la mia sostanza grama). Al solito, in Zanzotto, quanto vale per lIo, o meglio per il S-Soma, vale anche per il paesaggio. Lo dice nel gi ricordato Au toritratto del 77: cera una specie di circolazione tra la mia interiorit e questo mondo esterno tutto fatto di punti roventi, vette o pozzi, preminenze in ogni caso Ma lo dice anche, magnificamente, in . 29 una recente, bellissima intervista: mano a mano che si accumula una nostra storia psichica, ci ac corgiamo di trovarci perpetuamente nascosti dietro il paesaggio [. . .1 oppure davanti, o immersi in un continuo gioco del suo trapungere . Un paesaggio ideato come qualcosa che punge e trapunge e di cui noi siamo una specie di spoletta, che si aggira in mezzo, che cuce. . . oppure qualcosa che taglia . 30 C tutto. Con la straordinaria condensazione ana logica tipica del linguaggio di Zanzotto anche quan do pi rilassato, feriale (se non proprio quando tale. . .): il paesaggio come costruzione psicolingui stica, filtro pesante e pervasivo ma al tempo stesso coltre protettiva (la trapunta, specie dinverno, torna assai utile), e il linguaggio (noi) che fa da strumento e insieme tessuto, sede e oggetto di questo lavoro incessante: ago e spoletta che provvidenzialmente cuciono, ma anche tagliano dolorosamente (sullo sfondo lallegoria tremenda, da Zanzotto varie volte ricordata, della Colonia penale kafkiana). Non che con ci ltimo heideggeriano sia messo fra parentesi. 1D lo stesso Heidegger, infatti natu
,

ralmente commentando i versi celeberrimi di Pat mos (Ma dove il pericolo, cresce I Anche ci che d salvezza) ma riferendosi, qui, soprattutto a 3 Rilke che spiega come ogni salvezza appaia dis solta

sugli uomini. Il pericolo consiste nella minaccia che irive ste lessenza delluomo nel suo rapporto allessere e non in qualche pericolo momentaneo. Questo pericolo il pe ricolo. Esso si nasconde nellabisso che investe ogni ente. Per vedere il pericolo e rivelarlo occorrono mortali che
giungano pi rapidamente nellabisso

a meno che non ci siano mortali in grado di vedere la minaccia della mancanza di salvezza i n q u a n t o minac cia. Essi debbono poter vedere quale pericolo incombe

vezza che non provenga da dove ha luogo il pericolo, ancora sventura. 32

[. .1 Forse ogni sal


.

Perch, con le parole di Rilke, ci che custodisce: il nostro esser-senza-protezione, e che noi / ci siamo rivoltati nellAperto, avendo visto la minac . 33 cia Di pi. Per Heidegger coloro che vedono la Minaccia e che a essa si Aprono i pi arrischian ti sono anche i pi dicenti Cio (ecco il loro . 34 perch. . .) i poeti il cui canto volge nellAperto il nostro esser- senza-protezione : nella miseria rimemorano la salvezza Del resto gi nel 36 Heideg . 35 ger siegava che soltanto il linguaggio [. . .1 crea il luogo manifesto dellerramento e della minaccia dellessere e, cos, la possibilit della perdita delles sere, insomma: il pericolo . Come dice il poeta in 36 un frammento datato 1800, cio, il linguaggio il pi pericoloso dei beni . 37

31 32

29

33

30 Marco PA0LINI Carlo MAZZACURATI, Ritratti. Andrea Zanzotto, prefazione di Marco Lodoli, Pordenone, Edizioni Biblioteca dellImmagine, 2001 pp. 27-28 (della trascri zione acclusa al video).
-

ID. Autoritratto, cit. p. 1206.


, ,

34 35 36

[1936], in Id., Lapoesia di Hlderliri, cit., p. 45. 37 Cit. ivi, p. 44.

Friedrich HLDERLIN, Tutte le liriche, ed. cit. p. 315. Martin HEIDEGGER, Perch ipoeti?, cit., pp. 272-273. Ivi, p. 276. Ivi, p. 292. Ivi, p. 295. Martin HEIDEGGER, Hlderlirt e lessenza della poesia
,

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Zanzotto, lui, questo lha sempre saputo. E tra i primi ad ammonirlo stato proprio Hlderlin: di cui ho presto imparato a memoria alcuni componi menti in tedesco, ha finito col trasformarsi per me in una specie di nume e insieme di idolo pauroso. Il suo ottenebramento divenuto, in certi momenti, la 38 mia paura dellottenebramento (importante rico noscere, dunque, quanto sia venato di persistenti immagini hlderliniane, magari capovolte di segno, il leopardismo ostentato dallultimissimo Zanzot . 39 to) Ancora ultimamente Zanzotto ha insistito sullesemplarit dellesperienza del poeta svevo come incontro con un vissuto estremo, in quella situazione che Dante espresse col suo tremendo Io . 40 non mori e non rimasi vivo (davanti a Satana) Ma almeno dal 5441 che la dimensione della storica (definita frana con significativo ricor so alla metafora geologica, nel coevo intervento Si42 tuaziorte della letteratura) s intrisa, per Zanzotto, di profondo disagio psichico individuale il terrore di ogni giorno (o, col titolo di un libro a venire di Ottiero Ottieri da Zanzotto molto amato, lirrealt

quotidiana)43. Ed col saggio montaliano del 53 che questo disagio dellIo-nel-mondo, e del mondo, 44 nellIo si riflette nella sua scrittura critica. Par trovare in questa, anzi, una sede privilegiata: dove appena come incrinature, sommessi scricchiolji.
si percepiscono cio allarmi che, ancora nei versi di Vocativo per esempio in Prima persona suonano
-

dei gusci vuoti, di un uomo fatto in definitiva solo di terra, di una realt [. . .1 testa di Medusa (ricon dotta alltimo leopardiano), e insomma di una ter ra E. . .1 desolata non in superficie, ma in profondit (SL, I, 1 5- 1 8). Proprio ai saggi montaliani si ri volta Niva Lorenzini per delimitare lo spazio di una parola tuttaltro che iperuranica, di fango e pietra, piuttosto: come si addice a chi ha dissipato nella banalit inerte anche il sacrum della ragione dopo quello della trascendenza, e insieme con esso ogni sforzo verso la conquista del limite, con la sua veri-

passato di un presente come regno delle scorze e


,

destinata in ogni caso a perire, valida solo come

Mentre nellInno nelfango si parla gi di una vita,

Cito dallintervista ad Antonio Debenedetti pubbli cata sul Corriere della Sera il 18 settembre 1998 (cfr. ora Antonio DEBENEDETrI, Unode a pap Freud, in Omag gio a Zartzotto per i suoi ottanta anni, cit. p. 64). 39 Lha fatto Michele BORDIN nella sua analisi delle Sere del d difesta contenuta nel fascicolo monografico Per Andrea Zartzotto, a cura di Andrea Cortellessa e Niva Lorenzini, de limmaginazione, XVIII, 175, febbraio-marzo 2001, specie a p. 6. 40 Andrea ZANzoro, Con Hlderlin, una leggenda, cit., XV. p.
38
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Ossia dallintervento sul Contemporaneo cit. da Stefano AGOSTI nellIntroduzione alla poesia di Andrea Zanzotto premessa allOscar antologico pi volte ri stampato (nelledizione del 1993 a p. 13). 42 Andrea Zzorro, Situazione della letteratura [medito del 1955 circa], in Le Poesie e Prose scelte, cit. p. 1088.
41
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Non appare fuor di luogo, in questo contesto, il pa rallelo svolto da Arturo MAZZARELLA (I poeti e la loro poetica, in Poesia 97. Annuario, a cura di Giorgio Manacorda, Castelvecchi 1998, p. 56) con la Poetica dellextrasistole del BERTOLUccI di Aritmie: basterebbe sostituire, come principio di scansione ritmica, al tempo storico privilegia to da Bertolucci il tempo biologico intorno al quale gravita la poesia di Zanzotto. 44 Stefano AGOSTI (Lesperienza di linguaggio di Andrea Zanzotto, in Andrea Zanzotto, Le Poesie e Prose scelte, cit. p. XIII) ha parlato di omologazione distruttiva IoMondo . Mentre di recente il poeta ha interpretato un celebre titolo di un poeta a lui molto caro come Alfonso Gat to, Morto ai paesi, come una dichiarazione di morte del soggetto del discorso, unassenza [. . .1 attraverso i paesi, attraverso il mondo messo al muro da una negativit, che si fa tuttavia sostegno (Andrea Zanzotto, PerAlfonso Gat to [1996], in Id. Scritti sulla letteratura, cit., voi. Il, p. 412).
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43

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. 45 t parziale La poesia, qui, ormai ridotta a cam 0 di sintomi, a sede di violenta allergia (inevitabi le, nellallievo di Ungaretti, che suoni pure come cciiembour sul titolo pi celebre del maestro...), mentre risolutamente escluso qualsiasi risarci mento tragico, catartico (o, se per questo, psica nalitico): la stessa espressione delle orrende verit non viene [. . .] a superarle concretamente, e infatti: occorreva [. . . che [. . .1 la tragedia si sfacesse nella noia, che divenisse quotidiana e generale una posizione prima di pochi, che si formasse una specie di monotono comune universo ed orizzonte degli uo mini-oggetto (SL, I, 15-17). Una paragonabile esplosione in versi deve atten dere il 62 di IX Ecloghe. Dove forse non per caso si trova un emblema destinato a tornare, nella scrittu ra critica di Zanzotto: la sfigurata, ulcerata Arcadia collinare (nella quale si gi verificata, cio, la sim bolica catastrofe della Quercia sradicata dal vento 46 nella notte del i 5 ottobre McMLVIIJ) infatti defini . 4 zo ta [. . .1 vigna di Ren7 Connotaziofle che a distanza di qualche anno (nella raccolta dove la crisidel1ioLinguaggiOM0nd0 presenta, frana si nellatroce splendore delle macerie, ormai irrime diabile: La Belt) Zanzotto potr catastroficamente generalizzare ora non pi una mille vigne di mille Renzi bolle blu-mnchhaUsen I su verso il subli . 48 me Lallusione naturalmente (oltre che al proprio stesso componimentOimPre5a Al mondo, nonch ovviamente a Mina) al celebre episodio del XXXIII capitolo dei Promessi Sposi, nel quale Renzo
45 Niva Lorenzini, recensione ad Andrea ZNzoTrO, in il verri s. IX, 1 992 i -2, p.
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(dopo fuga peste guarigione) torna allH eimat tro vando la vigna dove per due inverni di segu ito, la gente del paese era andata a far legna nel luogo di quel poverino, come dicevano ridotta a inferno devastazione caos. Ogni volta che si trove r a parlare di Manzoni Zanzotto torner su questo curioso tour de force botanico, in cui si assiste ad una esplosione furiosamente ironica di rime inte rne in una prosa fatta di versi, versetti, versicoli, prolife ranti in un manierismo spericolatissimo che sem bra, in certe sue volute, anticipare addirittu ra Gad da (da una conversazione radiofonica dell 85: SL, I, 2 10). Quel che nellepisodio attrae Zanzotto, per lo dice in unintervista del 73 (SL, I, 208) soprattutto la metafora globale eppure aper tissima di un chaosmos su cui si appunta una ttenzione traumatizzata, fra terrori e gioie quasi fisic he di scoperta, in una massima mobilitazione e fermentazione delle possibilit del sistema linguistic o a tutti i livelli. E nel 78, recensendo Rizoma di Dele uze e Guattari (SL, TI, 168), tirer in ballo (non senz a un sorriso, magari) la botanica terrificante e stupen da, lumorismo nero della vigna di Renzo come fi gura della realt in cui ordine e caos appa iono en trambi tracce di qualcosa che sta dietro la scena, reversibilmente naturale o perverso in unoscillazione perenne e compresente di pros pettive Il senso dellepisodio, nel sistema zanz ottiano, appare a questo punto chiaro. Gnosticamen , 49 Io te e Mondo hanno due facce. Una in luce, laltr a in

Fantasie di avvicinamento,
111.
46

Cfr. Andrea ZANz0YrO, IX Ecloghe [19621, in Id. Le Poesie e Prose scelte, pp. 2 19-220. 47 Cfr. ID. Ecloga V. Lama, Gemma delle colline, ivi, p. 237. 48 ID. Profezie o memorie o giornali murali, in Id. La Belt, ed. cit. p. 327.
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vedano a titolo desempio le allusioni agli eoni negli articoli su Santi di Dicembre di Fernando Band ini e su Gior gio Caproni, usciti sul Corriere della Sera rispettivamente il 20 dicembre 1994 e il 13 giugno 1997 (cfr. Scritti sulla letteratura, cit. voi. TI, p. 377 e p. 421).
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nuova Gnosi ; ma allusioni a ques to universo culturale spesseggiano nella sua produzione critica pi recente: si

49 Nellultimo contributo su Montale, La freccia dei Diari (SL, TI, 41), ZNzovro ha parlato della map pa di una

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ombra. Questo qualcosa che sta dietro la scena il Pericolo: che si annida dietro il paesaggio ma fa capolino, a tratti, da questaltro lato dello schermo: Testa di Medusa che occhieggia nelle lacerazioni, nelle aperture e negli indizi prodotti dallago ta gliente del linguaggio nel tessuto, altrimenti coeso, dei fenomeni. Io, il Poeta, agente e insieme vittima di questa catastrofe percettiva. Campo di questa percezione il Testo. Percezione pericolosa e insie me, hlderlinianamente, necessaria. Proprio pen sando a Hlderlin si capisce forse perch Zanzotto preferisca ricorrere a Manzoni piuttosto che allimmagine, in questo senso pi consueta, del jar dia de la souffrance (nello Zibaldorie leopardiano): come il Viandante in tanti componimenti del poeta tedesco (fra i quali quello lungamente commentato ; 50 da Heidegger, Arrivo a casa. Ai mieifamiliari si ri cordert, poi, come coltivare la vigna sia fra i gesti rituali di Costruire abitare pensare. . .), infatti, Renzo inquadrato nella situazione topica del ritorno (lepisodio manzoniano introdotto, quasi a rituale apertura di sipario, da unespressione vagamente thrillen Verso sera, scopr il suo paese) . Ma Renzo scopre che proprio nellHeimat vagheggiata che, a sorpresa, si annida la devastazione, lulcerazione dalla quale aveva creduto monda la propria stessa compagine corporea. Come Io, il Poeta, scopre nel Mondo le tracce del Caos e ne reca testimonianza nel suo linguaggio cos Io, il Critico, in grado di avvertire, nel unguaggio altrui, quelle stesse tracce allarmanti. Gli stessi indizi, le stesse aperture. Cos fa con Petrar ca, cos con Manzoni, Zanzotto: che in quella scrit tura cerca infatti il lapsus, lantinomia, e insomma la pronuncia di uno stato di allarme che conta anche o soprattutto? oggi, per lorecchio di oggi (SL, I, 208). C una sconvolgente poesia di
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Hlderlin, se non sbaglio non commentata da Hei Hlfte des Leberts. La terra per una volta non lazzurra sede della conciliazione. lD invece dipinta a tinte forti, spiattellate a spatola su una tela sovrailluminata da colori acidi, fauves: Con gialle pere scende I E folta di rose selvatiche. In clausola a questo Munch si sente un suono da far accapponare la pelle: I muri stanno I Afoni e fred di, nel vento I Stridono le bandiere (im Wirtde I Klirrert die Fahrtert) Nel terzo dei cinque strepitosi . 51 episodI delle Avventure metamorfiche del feudo che mettono punto allultimissimo Sovrimpressioni, Zanzotto esibisce uno dei non moltissimi espliciti caichi hlderlinjani presenti nella sua opera (segnalato come tale in nota, oltre tutto) : e questo proprio in uno dei testi che pi violentemente, dai tempi della Belt& hanno proposto il cosmos come chaos (i frutti marciti a terra, [. . .1 poltiglie-fanghi di pere, palte e / infere malte anchesse brulicanti I dinsetti e ratti, che attirano persino preistorici [. . .1 archaeopterix a picco I su altri sbafanti I nel convito straricco E cornacchie e perfino gabbiani mutanti I sozzure di alame vario, guano ed esal tazione / della signoria di quei frutti I cos tanti e farabutti): i versi italiani affiancati, in colonna, dallossessiva ripetizione, in maiuscoletto e in corpi tipograficamente sempre pi pronunciati, dellirtcipit hlderliniano: MIT I GELBEN I BIRNEN Il HNGET 1/
degger:
,

/1 MIT I

GELBEN

GELBEN

Il linguaggio un congegno percettivo, minusco lo o spropositato segnavento (cos preferiva tradurre quel Fahrtert Enzo Mandruzzato) che sus 3 5 surra, o sempre pi forte strilla, il suo allarme. Zanzotto percorre il suolo del testo; lo ausculta at tentamente; il suo corpo leggente, vibrante, coned. cit. p. 299. metamoijche delfeudo, in Id. Sovrimpressioni, Milano, Mondadori, 2001 p. 124. 53 Friedrich HLDERLIN, Le liriche, a cura di Enzo Man
Friedrich HLDERLIN, Tutte le liriche,
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Il 1/

BIRNEN

. 52 BIRNEN

52

Andrea ZANzarro, Avventure

Cfr. liari, cit. ,

50

Martin HEIDEGGER, cit. , pp. 7 sgg.

Arrivo a casa. Ai miei fami-

druzzato, Milano, Adelphi, 1977, p. 569.

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suona dimprovviso a quegli allarmi. E lui, allora, ne d conto. Vertiginosamente. Ricorre spesso, infatti, la metafora assolutamente esemplare, nella sua ambiguit fra naturale e umanamente perverso: fra isotopo previsto dalle Leggi del cosmos e scoria ivi deposta dal criminale chaos industriale della radioattivit. Una presenza ticchettante che sintomo, o meglio precondizione, di malattia; ma alla quale le antenne del poeta riservano unattenzione traumatizzata, fra terrori e gioie quasi fisi che di scoperta In unimportante intervista del 72, si dice per esempio che la regressione allinfanzia tema che nel Novecento ha sempre rivestito qual cosa di ambiguo e di terrificante-atterrito, e co munque resta una delle rare fonti di radiazioni: ferma, lontana, pericolosa, bloccata; resta uno dei pochi riferimenti probabili: non sappiamo se e . 54 quanto valido E nel recente saggio su Hlderlin non possono mancare i residui di questa radiaizo ne fossile, peraltro collegata a una resistenza e con la gi tradizionale spes contra spem, a denti . 55 stretti Dove si noter la stessa, implacabile am biguit assiologica che abita ancora oggi chi ri sponde alla lettera di Berardinelli sul dissesto dei luoghi, citata allinizio, in questi termini:

del traffico per strade sempre pi insufficienti e pericolose causa i continui treni di long vehicle e per lassatanata velocit di tutti. Io, tardo biciclettaro non mi sento pi sicuro in nessun posto. Ma esistono tuttavia i meravigliosi colori delle piante anche infestanti se si vuole ma felici, come i gialli topinambur, di infischiarsi di ogni ordine co atto di giardini. Esistono per chi li cerca sparsi a gruppi o
mana ancora quel fortissimo erotismo che pare diffonder si dalla terra stessa alla bellezza femminile come espres sione della terra, sua punta di diamante [. . .1 I luoghi ci

folle in luoghi remoti (ma quanto dureranno?) da cui e-

sono, consistono, convivono; chiamano pertanto a nuovi 56 confronti. In quei luoghi a loro volta inquinati che sono i testi (Non del resto che gli scriventi versi non concorrano al massacro della lingua, che come si sa destinata a essere continuamente ferita per poter sussister veramente) Zanzotto, a piedi o in bici, 57 insiste ad aggirarsi. Magari in scafandro ma mu nito, pure, di un sensibilissimo contatore Geiger (parlando della scrittura critica di un altro poeta, Giorgio Orelli, Zanzotto una volta ha parlato invece di un sonar unico per le capacit di sondaggio nelle acque pi profonde della poesia: SL, TI,

Questo male che pure c, va comunque osservato sempre dallinterno di unetica che non si piega mai del tutto allidea di una natura sempre maligna, e quindi non si fa vittimismo. Si costeggia qui latteggiamento leopardia no, cos eccelso esiliato e insieme cos congenere allo spaventoso corpus viverts della realt materica, un atteg giamento in continua autocontraddizione [. . .] Non sono pi i tempi (pur da non rimpiangere per le miserrime situazioni reali e pratiche del popolo) quando Hugo von
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2 19)58. Rivelare quella che potremmo definire (col suo Bataille, ripetutamente tradotto negli anni Set 59 tanta) la part mauclite dei testi non assoluta-

mente in contraddizione, dunque, con lamore che Zanzotto riserva ai loro autori anzi. S visto il ca

Hoffmannsthal descriveva esaltato questi luoghi scen dendo dalle Alpi verso Venezia. Oggi c la fabbrichetta velenosa, la puzzolente discarica, lorribile intasamento
Andrea ZANz0YF0, Uno sguardo dalla periferia [1972], in ID., Le Poesie e Prose scelte, cit. p. i 151. 55 ID. Con Hlderlin, urta leggenda, cit. p. XX.
54
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ID. Tra passato prossimo e presente remoto [1999], in Id. Le Poesie e Prose scelte, cit. p. 1369 e p. 1376. 57 Ivi, p. 1377. 58 J sonar tornano anche nel pi recente dei saggi di Zanzotto, quello gi citato premesso a Tutte le liriche di Hlderlin (Sarebbero necessari dei veri sonar comun que, per scandagliare i cristalli delle postreme poesie hl derliniane: Con Hlderlin, una leggenda, cit. p. XXII). 59 Cfr. Carlo Ossou, Un oeil immense artificiel [1984], in Id. Figurato e rimosso. leone e interni del testo, il Mulino 1988, pp. 168-171.
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Montale. Di Giovanni Comisso scrittore ammi ratissimo ma, prima ancora, venerato maestro in quello che forse il suo assoluto desistenza capolavoro critico, il breve saggio del 74 intitolato I cento metii (SL, I, 219 sgg.), Zanzotto non sita a decostruire la uulgatct della nuda e tersa superfi cie dellinnocente bidimensionalit panica: per enucleare invece il nucleo impronunciabile oscu ro, dal quale appunto si allontana come sfuggendo e che rivelato, al vibratilissimo congegno percet tivo del critico, dal tic vagamente, sottilmente sadi co, in cui si completa la struttura narcisistica del mondo di Comisso (un iper-Bataille: lidea di sovranit come la propose Bataille, senza mai realiz zarla, fa ridere se paragonata ai motivi che reggono il vissuto di Comisso) . Per inciso: nella successiva, ampia e affettuosa rievocazione comissiana (non a caso denunciata come indirizzata agli studenti delle medie di Treviso) si durerebbe fatica a rintracciare il minimo isotopo di radioattivit ; proprio in clau sola, anzi, il nucleo sadico esplicitamente negato (cfr. SL, I, 233): perfetto esempio di quella licenza di senso non lineare, diciamo, evocata in precedenza. A questo punto basta ripercorrere i due volumi di saggi di Zanzotto per trovare puntuali ricorrenze del sistema descritto. Con compiaciuto divertis sement, a volte (come nel tour deforce del 79, in cui ad accomunare Leopardi Belli e Manzoni il nu cleo purulento di una grandezza loscuro rappor to di connivenza/rifiuto con la parte peggiore di tut ti noi: SL, I, 137), ma, molto pi spesso, con mo per capacit di menti autenticamente esaltanti per scintillante ol penetrazione critica prima che tranza di scrittura: penso al marchio del diavolo dissimulato nelle pieghe del lungo romanzo impie gatizio di Giudici (SL, Il 1 34); o allimmagine fra tutte suggestiva delle ambiguit di Parise, simili a polle che portano su dalle viscere della terra, e se si vuole della geopsiche, le pi incantate verit: e le grave, il vastissimo letto del Piave, sono piene di queste polle, di questo andirivieni di acque tra luce
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della superficie e grembi nascosti (SL, Il, 256). Semplicemente magnifico, poi, lacrobatico capovol gimento assiologico in virt del quale nellostinata, plumbea malinconia che pertiene alluniverso di Sereni il denso residuo radioattivo di gra zia-eros-euforia che vi reagisce, si fa circoscrivibile quanto pi viene investito e smentito; sviluppa dife se sempre pi violente e snobba il disincanto nel modo stesso in cui ne viene snobbato, pur non perdendo mai il contatto con esso . E insomma clau sola perfetta la gioia si fa micidiale (SL, TI, 44). Qui si vede benissimo unaltra costante del discorso critico zanzottiano, ben evidenziata da Men galdo: motivo dominante senza dubbio quello della reversibilit o compresenza o rovesciamento che abitano lopera. Prosegue, forse lievemente infasti dito, Mengaldo: per Zanzotto tutti gli autori rile vanti sono bipolari Si capisce. Ci devessere il pe . 60 ricolo ma anche la salvezza. O viceversa. Per que sto Zanzotto da sbito (nel saggio di Comunit del 62: SL, Il, 24 sgg.) avverso ai Novissimi: la loro malattia, diciamo (solipsismo e depersonalizzazio ne), non condannata in s (con quel che s visto, farebbe assai specie il rintracciare in Zanzotto residui di moralismo idealistico): ma in quanto fatta sistema, norma. Istituziortalizzata (in senso ance schiano), insomma, in grammatica. Riempiendo cos tutti gli spazi del testo, senza che sia possibile co gliervi eventuali indizi di un suo superamento: senza che si possa salvare, attraverso tanto legit timo disamore, qualche cosa che alluda, almeno, allamore, ne isoli limmagine per assurdo. Non c insomma in Sanguineti (almeno nel Sanguineti 6 1 . . .) neppure un frstolo di cobalto sentimentale che, come invece in Sereni, sostini comunque, na scosto da qualche parte, a ticchettare. Mentre, di converso, tutto il campo dosservazione appare,

60 Pier Vincenzo MENGALDO,

72.

Andrea Zartzotto, cit. p.


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allinfrarosso, violentemente illuminato: senza che sia possibile avvertire, nellurlo continuato e com patto delle sirene sovrapposte, alcun segnale dallarme. Tanto che insomma e qui c tutto il trans-storico romanticismo di Zanzotto, la tendenza a ontologizzare il linguaggio che non pu stupire nel discepolo di Heidegger viene il sospetto che la mancanza di rispetto ostentata da Sanguineti non sia tanto da guariti ed esorcizzati [. . .1 ma da non pienamente contagiati. Inconcepibile credere di poter minare lo sfacelo restandone, tutto sommato, fuori. Non a caso linsofferenza di Zanzotto sale, in climax, sino ad appuntarsi al concetto pi puntuto, e intellettualmente pi brillante, dellintroduzione di Giuliani ai NovissimL che senso ha [. . .1 parlare di una dialettica dellalienazione? A questa mimesi della malattia (anche in senso specificamente teatrale), gi in questo intervento Zanzotto contrappone lautore da lui forse pi amato in assoluto: Henri Michaux. Colui del quale aveva scritto nel 60, appunto, che la malattia necessaria a saggiare la consistenza della salute (SL, I, 101: par di sentire, con buoni trentanni danticipo, il Deleuze di Critica e clinica. . .). La sua u na vera vittoriosa discesa del Logos aglInferi (ivi, O5): perch i milioni di malattie fanno da sgabello ai piedi della salute e guarda un po! ritorna la Heimat, la casa natale, la casa del padre e dei fratelli. Solo dopo questa nekya, conclude Zanzotto, si pu leggere litinerario e cos conoscere lantefatto di un uomo migliore, di un uomo veramente libero (ivi, 106). Michaux, insomma, preci samente larrischiante di Heidegger: colui che si espone in pieno al Pericolo, alla Testa di Medusa. Magari artificialmente (per esempio sperimentando stupefacenti), ma sempre sulla propria pelle. Con la forza, poi, di tornare a casa Per questo tipico di . 61

Michaux proprio lo stato di allarme (come si legge in un altro intervento del 66, SL, I, 107 sgg.): in ci antitetico, appunto, rispetto a un certo settore della neo-avanguardia per il quale ogni rischio pu ramente convenzionale, endoletterario; tutto ribal tabile; ogni segno o senso pu essere affacciato, modificato, sostituito poi con qualche cosa di diver so . proprio la dialettica di Giuliani che Zanzot to rifiuta, e lo fa brandendo il no di Michaux: il piccolo no che mobilita tutto lessere, il no che po trebbe dare il via anche al grande gioco della dialet tica. La quale invece resta alle porte del mondo di Michaux, tutto antinomia e iato. Con Michaux giungiamo allultima stazione del nostro viaggio. Perch il Rischio che affronta Michaux non solo personale; ma acquisisce anche unatroce paradossale esemplarit. pedagogico, insomma (e Zanzotto, com noto, assai sensibile a questa dimensione). Testi come quelli di Michaux, allora, sono test (curioso come tanto Zanzotto che Sanguineti utilizzino questa medesima metafora calembour peraltro secondo finalit, e modi, perfettamente antitetici): test di una realt metafisica [. . .1 di una realt psicologica sottesa da conflitti ir risolvibili. Non sorprende, a questo punto, come veri punti di riferimento di Zanzotto, tra i poeti ita liani della sua generazione, siano due assidui, msistenti (al limite insopportabili) autori-pedagoghi Pasolini e Fortini. Si badi, pedagoghi non tanto negli interventi in prosa, etico-politici o generica,

61 Non per caso, nel commemorare lamico Parise,

Zanzotto sceglier di parlare del reporter in contatto con le situazioni pi esposte, estreme, con una connotazione

zotto, Parise dopo dieci anni [1996], in ID. Scritti sulla let teratura, cit. vol. Il, p. 415). Ha commentato acutamente Dal Bianco: Il filo che collega la maggior parte degli autoii indagati, il battito che li fa consanguinei in una Ur costellazione di sturtt-mert della vita e della letteratura lamore e la necessit del rischio psichico connesso con lesercizio della scrittura. La scrittura critica di Zanzotto si pu dunque definire unenciclopedia delloltranza (La critica dei poeti, cit. p. i 31).
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da inviato e anche da chiamato in causa (Andrea Zan

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mente civili: bens nel vivo dei testi poetici per Zanzotto sede naturale, s visto, nella quale esporsi al Rischio. I testi di Fortini vengono infatti a loro volta presentati, da Zanzotto, quali sensibili stru menti di misurazione di un disagio altrimenti mvisibile, sotterraneo: terremoti nel profondo, di cui E. .1 la lingua non pu dare che sismogrammi, mentre in superficie pare che poco deflagri o si obliteri, se non in certe improvvise accelerazioni e spinte (da uno scritto del 1980: SL, TI, 224-225 e 227). Infine assolutamente paradigmatico il grande saggio del 77, Pedagogia, scritto ancora nellemo zione per la tragica fine di Pasolini, e sin troppo noto perch se ne debba ripetere largomentazione: basti notare come anche i suoi testi vengano letti da Zanzotto, sia pure tragicamente a posteriori, come test: Pasolini era [. . .1 in una situazione da pelle di zigrino [. . .] egli da gran tempo avvertiva leccidio nellaria, come lozono nella tempesta, e non lo av vertiva solo per s, ma per lepoca (SL, Il, 150). Quanto mai eloquente la piega atmosferica inferta dal futuro autore di Meteo alla sua prediletta metaforologia allarmistica . Forse Pasolini resta per Zanzotto lautore in assoluto esemplare: pi di poeti indubbiamente pi grandi, e probabilmente pi amati (da Michaux a Celan, da Hlderlin a Mon tale): proprio perch nella sua opera, e nella sua vita, lallarme non tanto quello gridato a piene lettere dallautore, bens quello tanto pi sottile e inquietante che, se muniti di antenne sensibili, dato avvertire nellopera (ivi compresa, certo, la vita). Spiega la differenza, Zanzotto, in un bellissimo intervento uscito sul verri nel 76, Poesia?:

faglia che ci riguarda e che noi non vediamo: pu espri mere un sottinteso di minaccia: o forse di speranza? Si pu rovesciare il segno; si costretti, nel momento stesso in cui ci si lascia andare allo scrivere, ad ammettere che chiesto non la ricezione di una comunicazione immedia ta: piuttosto un contagio, se possibile. Non da colui che scrive viene richiesto tale contagio, tale profondo rischio, ma tramite colui che scrive . 62

tale gesto possa avere un significato. Ma ci che viene

il-

La distinzione tra irtsegrtamertto e contagio spiega molto dellideologia (tutta implicita e interiorizzata, ma non per questo meno attivamente reagente) di Zanzotto. Una distinzione che lo vaccina per tempo, e senza residui, contro ogni sospetto di didascalici t, di pedagogia volgare o (al limite) di idealismo rovesciato. Il Poeta non portavoce di un messag gio (figurarsi); n propriamente latore di un significato (laveva detto, Hlderlin: Noi siamo un segno non significante). I suoi testi di cui egli tuttal pi un tramite sono per, s visto, sin tomi eloquenti di un allarme di un profondo ri schio. Ed attraverso i testi che avviene non cer to la comunicazione il contagio. Labbiamo imparato bene, ahinoi. Caro Zanzotto. Streghesco, magnifico untore.

coloro che si accostano a un libro di versi non si trovano di fronte a una comunicazione e nemmeno a un oggetto, ma a un corpo tendenzialmente vivens, nato per generazione attraverso inquietanti processi che non sono chiari neppure a chi ha collaborato in qualche modo a questa generazione [. . .1 Nonostante tutto la poesia E. . .1 pu segnare per lo meno uno stato di allarme, evidenziare una

62 Andrea Zizono, Poesia? [1976], in Le Poesie e Prose scelte, cit. pp. 1200-1201.
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