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Note generali sulla scrittura: un'unica mano, quella di Francesco Petrarca, che vi
trascrisse testi propri (con copiose varianti) e di alcuni corrispondenti.
Edizione diplomatica del Vat. lat. 3196 a cura di Angelo Romanò: Il codice degli
abbozzi [Vat. Lat. 3196] di Francesco Petrarca, Roma, Bardi Editore, 1955.
È stato pubblicato da Laura Paolino, Il codice degli abbozzi. Edizione e storia del
manoscritto Vaticano latino 3196, Milano- Napoli, Ricciardi 2000., e in ed. Mondadori
(con i Trionfi) ed. coordinata da Marco Santagata.
La facies materiale del codice degli abbozzi
Il Petrarca, in queste carte di uso privato, segna anche i tempi di
stesura o di correzione, e talvolta anche l’ora precisa in cui aveva
ripreso in mano la penna, ed il tempo intercorso dall’ultima stesura:
per tali ragioni il codice ha offerto notizie per la ricostruzione della
elaborazione dei testi nei loro insiemi (varie redazioni, o come sono
state chiamate “FORMS”, “FORME” del Canzoniere, studiate per la
prima volta da Ernest H. Wilkins e, in Italia, da Arnaldo Foresti.
Cosa contiene
Una cinquantina di liriche del Canzoniere, ma anche rime di
corrispondenti, risposte di Petrarca a loro, lacerti poetici non finiti nel
Canzoniere, stralci di epistole latine (della raccolta delle Familiares) e,
dei Trionfi, parti di quello Triumphus Cupidinis, e quello dell'Eternità.
L’ultima redazione del Canzoniere :
La tensione concettuale del sonetto si riflette, d’altra parte, nella cura formale della
lirica. Il proemio è infatti uno dei sonetti petrarcheschi più ricchi di allitterazioni: si
veda ai vv. 1-2 sparse, suono, sospiri la cui eco si prolunga in stile, speranze, spero,
sogno; ai vv. 7-8: per prova, pietà, perdono al cui suono si riconducono anche primo,
parte, piango, popol, pentérsi, piace; al v. 10 favola fui, ripreso in frutto; al v. 13
conoscer chiaramente; e, fra il v. 5 e il v. 12: vario, vane, van, vergogno, vaneggiar,
vergogna; al v. 11, infine, (di me medesmo meco mi vergogno) il protrarsi
dell’allitterazione e il poliptoto del pronome personale (me ... meco mi) scandiscono i
vari momenti dell’io e rendono l’intimità del conflitto psicologico. Nel gioco fonico,
dunque, la complicità dei suoni rimanda a quella dei significati. Il flusso costante e
incalzante dei diversi stati emozionali è reso, nella terzina finale, dalle coordinate per
polisindeto et...vaneggiar... e ’l pentérsi, e ’l conoscer in cui l’uso del verbo all’infinito
evoca una condizione analitica ancora in atto, in continuo divenire.
Analisi e commento
1. Voi ch’ascoltate… core: in rime sparse: “in poesie composte singolarmente e diffuse
in modo autonomo” (a questa condizione delle liriche allude anche il titolo latino di
Fragmenta apposto dal poeta alla sua opera); il suono: “il tono, l’espressione, l’accento”;
di quei sospiri: “di quei lamenti, di quegli affanni” (il termine è legato in enjambement al
suono del v. 1, con cui stabilisce una suggestiva allitterazione); ond’io … core: “di cui io
alimentavo la mia anima”.
2. in sul...errore: Petrarca si riferisce ai tempi della sua prima giovinezza, quando cadde
nella deviante illusione della follia amorosa che lo allontanò dal vero bene, Dio. Il
significato di errore, legato latinamente al concetto dello ‘sviamento’, del perdere la
strada maestra, va dunque tematizzato nella sua complessità: è un errore amoroso, e
diviene lo strumento analitico di conoscenza della propria interiorità.
Analisi e commento
3. quand’era ...sono: “quando io ero, ma solo in parte, un uomo diverso (altr’uom) da
quello che sono adesso”. Il poeta, che pur vuole presentarsi come uomo maturo e rinsavito,
non è, per sua stessa ammissione, ancora completamente immune dalla passione.
L’itinerario che egli ha avviato non è dunque compiuto, ma ancora fluttuante, in via. Non
sfugga che il termine sono (v. 4) è in assonanza con il suono del v. 1.
4. del vario ... perdono: “io spero di trovare pietosa comprensione e perdono per le diverse
cadenze (del vario stile), in cui si esprime il mio doloroso discorso poetico (in ch’io piango
et ragiono) (oscillante) fra inutili speranze e vani dolori presso chi (ove sia chi) comprende
le sofferenze amorose (intenda amore) per averle provate (per prova)”. Si noti al v. 6
l’efficace anafora vane ... van.
Analisi e commento
5. Ma ben …vergogno: “ma adesso (or) mi accorgo (veggio) bene come per tutta la gente
(al popol tutto) io sia stato per molto tempo oggetto di discussione (favola fui), motivo per
il quale (onde) spesso mi vergogno di me stesso con me stesso (meco)”. Di grande forza è
l’avversativa Ma, in posizione incipitaria nonché ad apertura della seconda parte del
sonetto.
6. et ... frutto: “e la vergogna è il risultato (frutto) del mio inseguire illusioni vane
(vaneggiar)”. Si noti che il verbo riprende i precedenti aggettivi vane e van, e che è
presente la struttura retorica dell’anastrofe, ossia l’inversione del normale ordine delle
parole o dei sintagmi di una frase.
7. e ’l pentérsi ... chiaramente: “e il pentirsi e il capire chiaramente”. I due infiniti
sostantivati sono sempre retti dal precedente è ’l frutto. Attraverso l’ conoscer , il
comprendere l’illusione del mondo, il poeta avanza al tempo nella conoscenza di sé.
8. che ... sogno: “che ciò che lusinga gli esseri terreni (mondo) è solo un sogno di breve
durata, un’illusione vana” (come appunto l’amore sensuale). Il sonetto si conclude in tono
sentenzioso con una sorta di ‘massima’.
Il primo testo rivolto a Laura nei RVF (11)
Vat.lat. 3195, c.2r
Schema metrico: ballata grande di una sola
strofa, composta da endecasillabi e settenari (v.
2; v. 12), con schema XyYX ABCBAC CdDX
vv. 1- 12
A qualunque animale alberga in terra,
se non se alquanti ch'ànno in odio il sole,
tempo da travagliare è quanto è 'l giorno;
ma poi che 'l ciel accende le sue stelle,
qual torna a casa et qual s'anida in selva
per aver posa almeno infin a l'alba.