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Francesco Petrarca
[Canzoniere, 1]
1. Un unico e ampio periodo sintattico occupa la quartine. Il vocativo iniziale Voi e il verbo alla seconda
persona plurale ascoltate restano come isolati, dato che il resto del discorso è incentrato sulla prima
persona singolare del soggetto. L’irregolarità sintattica serve a dare maggiore risalto all’invocazione
rivolta al lettore, ripresa anche nel v.7, in forma impersonale e con valore restrittivo.
2. Rime sparse indica la natura non sistemetica né organica dell’opera che raccoglie i vari e diversi testi
poetici, con richiamo del titolo originale latino della raccolta Rerum vulgarium fragmenta. Vario stile
del v.5 richiama la diversa riuscita artistica dei vari componimenti.
3. La descrizione della propria esperienza amorosa ne mette in risalto l’elemento di incertezza e di
sofferenza ora definiti nella loro inutilità (cfr. vane e van) e nella loro illusorietà colpevole (cfr.
errore). Ma tale esperienza è riferita a un periodo ormai superato (la giovinezza) grazie alla
trasformazione intervenuta nel poeta. Al lettore non si chede pertanto complicità (come nella tradizione
stilnovistica) ma perdono e pietà secondo una prospettiva cristiana.
4. All’illusione descritta nelle quartine corrisponde nelle terzine la disillusione, alla pietà e al perdono
che si chiedono al lettore corrispondono invece vergogna e pentersi.
Francesco Petrarca
Era il giorno ch’al sol si scoloraro
[Canzoniere, 3]
1. Con riferimento al racconto del Vangelo, secondo cui il sole subì un’eclissi e perciò si oscurò in
coincidenza con la morte di Cristo: segno di pietà per la sofferenza di colui chel o aveva creato.
3. Il clima di lutto e di sofferenza rendeva indifeso il poeta rispetto al rischio dell’inanamorarsi. Egli
perciò fu colpito da Amore (rappresentato secondo la tradizionale personificazione); e ttttttttttttttttra il
dolore generale per la morte di Cristo nacque la sofferenza particolare dell’infelice amore per Laura.
4. Con le sue armi tradizionali, l’arco e la freccia, Amore ha aggredito il poeta, lasciando invece illesa
Laura, ben diffesa (probabilmente dalla propria onestà). Amore ha compiuto un’azione ville, facendo
innamorare solo il poetae non anche la sua amata; e anche questo motivo è convenzionale, presenta già
in Ovidio e rilanciato dai poeti provenzali.
Francesco Petrarca
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
[Canzoniere, 90]
1. Tre le condizioni rievocate da Petrarca come ragioni dell’innamoramento: la bellezza di Laura, il suo
atteggiamento disponibile nei confronti del poeta, la predisposizione di questi all’amore. La
specificazione sul possibile carattere illusorio della seconda condizione, al v.6 indica la natura infelice
dell’amore non ricambiato.
2. La bellezza di Laura assume qui i tratti angelici della tradizione stilnovistica.
3. L’ipotesi del v.13 riprende il riferimento del v.4 al mutato aspetto fisico di Laura, ormai invecchiata
rispetto al momento del primo incontro con il poeta. Ma qusto fatto non implica la fine dell’amore, così
come una ferita non guarisce per il solo fatto che si allenta l’arco che ha lanciati la freccia. C’è qui
riferimento alle armi tradizionali di Amore (arco e frecce), benché, nel concreto sistema metaforico,
all’arco corrisponda Laura; alla ferita l’amore del poeta; alla freccia, l’evento dell’innamoramento qui
rievocato.
La composizione di questo testo è assegnata agli anni tra il1339 e il 1347 quando sono
trascorsi molti anni dal giorno del primo incontro con Laura; l’amore del poeta non
diminuisce , nonostante il progressivo venir meno della bellezza fisica della donna.
L’innamoramento è rievocato con intensità e al momento stesso con tono quasi favoloso,
venendo a coincidere con un passato lontano e quasi mitizzato dai ricordi del poeta. Sui segni
fisici concreti dominano la stilizzazione e la raffigurazione astratta; e fa solo eccezione lo
straordinario inizio, tutto concentrato sul particolare fisico dei capelli biondi mossi dal vento:
segno pregnante di identificazione dell’amata, anche per il rafforzamento del senhal «l’aura»
(= Laura).
Francesco Petrarca
Solo et pensoso i piú deserti campi
[Canzoniere, 35]
Sonetto tra i più celebri e lodati del Canzoniere, composto prima del 16 novembre 1337. Il
poeta cerca luoghi isolati per nascondere agli altri uomini la vista del proprio stato, dal quale
risulta evidente il suo amore. I vari aspetti del paesaggio divengono i testimoni e inqualche
modo i complici della vicenda interiore del soggetto, ovunque seguito da Amore.
La compresenza dei temi della solitudine, dell’isolamento sociale, del rapporto privilegiato
con il paesaggio e del dialogo interiore con i sentimenti fa di questo testo un eccezionale
prototipo del modello lirico petrarchesco. Ciò è dovuto anche all’equilibrio formale e
soprattutto stilistico, capace di contenere entro una perfetta armonia espressiva le tensioni
implicite nel componimento.