Sei sulla pagina 1di 17

Wiki Loves Monuments: fotografa un monumento, aiuta Wikipedia e vinci!

Scopri di più
Canzoniere (Petrarca)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Canzoniere
Titolo originale Rerum Vulgarium Fragmenta
Altri titoli Le cose volgari, Le rime
Prima pagina istoriata di un manoscritto quattrocentesco de Li sonetti et canzone;
con il sonetto proemiale Voi che ascoltate in rime sparse il suono. Il ritratto di
Petrarca è una miniatura di Matteo da Volterra.
Autore Francesco Petrarca
1ª ed. originale tra il 1336 e il 1374
Editio princeps Venezia, Vindelino da Spira, 1470
Genere Raccolta di liriche
Lingua originale italiano
Protagonisti Petrarca, Laura
Modifica dati su Wikidata · Manuale
Il Canzoniere, meno comunemente conosciuto col titolo originale in latino Rerum
vulgarium fragmenta (o, comprensivo del nome dell'autore, Francisci Petrarche
laureati poete Rerum vulgarium fragmenta[N 1], "Frammenti di componimenti in
volgare di Francesco Petrarca, poeta coronato d'alloro")[N 2], è la storia,
raccontata attraverso la poesia, della vita interiore di Francesco Petrarca.
Composto a più riprese nel corso di tutta la vita del poeta (vissuto tra il 1304 e
il 1374), il Canzoniere comprende 366 componimenti in versi italiani ed è una delle
opere principali della letteratura italiana per la profondità del linguaggio, del
pensiero, della sofferenza interiore e per la speranza di una redenzione. Inoltre
ha segnato per secoli il modello poetico letterario italiano grazie all'azione del
cardinale Pietro Bembo.

Indice
1 La genesi
1.1 Il Vaticano Latino 3195
1.2 Gli altri codici
2 Titolo e struttura
2.1 I titoli
2.2 La struttura bipartita
3 Poetica
3.1 La figura di Laura
3.1.1 Laura in vita e in morte
3.1.2 Distanza dallo stilnovismo e influssi provenzali
3.2 Una raccolta di pentimento
3.2.1 Il sonetto introduttivo: Voi ch'ascoltate in rime sparse il sono
3.2.2 La speranza dell'umano: Vergine bella, che di sol vestita
3.3 L'agostinismo petrarchesco
3.3.1 Influenze bibliche
3.4 Dalle preghiere alla concezione del paesaggio
3.5 I sonetti "avignonesi"
3.6 Le canzoni civili
4 Lo stile
5 Le edizioni a stampa
5.1 L'editio princeps e altre del '400
5.2 L'edizione aldina del 1501
5.3 Le edizioni ottocentesche
5.4 Il Novecento
6 La fortuna
7 Note
7.1 Esplicative
7.2 Bibliografiche
8 Bibliografia
9 Voci correlate
10 Altri progetti
11 Collegamenti esterni
La genesi
Il Vaticano Latino 3195
La ricostruzione della storia del Canzoniere non è affatto semplice, dal momento
che essa si svolge per gran parte della vita del Petrarca, dal 1336 alla vigilia
della morte. Ipotizzando che il giovane Petrarca abbia realizzato in un corpus non
organico 22 liriche tra il 1336 ed il 1338 messo poi in ordine nel 1342[1], bisogna
però aspettare il 1356 prima che il poeta aretino metta assieme tutte le liriche
fin lì composte e le dedichi all'amico e protettore Azzo da Correggio, signore di
Parma[1], in quella che viene definita la redazione Correggio[2]. Il vero e proprio
lavoro di redazione, revisione e conclusione della raccolta di poesie iniziò a
partire dagli anni '60 quando, nella quiete di Arquà e aiutato del copista Giovanni
Malpaghini, Petrarca realizzò il codice su cui si studia il Canzoniere, ossia il
codice Vaticano Latino 3195[2], impegnandosi nell'aggiunta e nella selezione delle
liriche sia nella sezione in vita che in morte di Laura[3]. Le aggiunte successive
di mano del Petrarca (compiute tra il 1367 ed il 1374) consistono nell'aggiunta
della canzone dedicata alla Vergine e ad alcune indicazioni per la sistemazione
definitiva delle liriche anche se, come sottolinea Michelangelo Picone, Petrarca
non riuscì mai a dare una forma definitiva alla sua raccolta[N 3] in quanto «la
fabula [...] è affidata alla gestione dell'io, e non posta nelle mani di Dio»[4].
Dal punto di vista critico, il codice è stato riprodotto diplomaticamente da Ettore
Modigliani[5]. Di esso ha procurato il testo critico Giuseppe Savoca nel 2008[6]
[7].

Gli altri codici


Questa è la storia del codice privato su cui lavorava incessantemente Petrarca.
Nonostante ciò, esistono altre versioni del Canzoniere che ci inducono ad
ipotizzare la sua diffusione in certi ambienti elitari[2]:

Il Codice Vaticano Chigiano L.V. 176, redatto tra il 1363 ed il 1364[8] da uno dei
più cari amici del Petrarca, Giovanni Boccaccio[9].
Il Codice Laurenziano XLI 17, di fine Trecento, la cui genesi si riscontra in una
lettera inviata da Petrarca il 4 gennaio 1373[10] al signore di Rimini Pandolfo II
Malatesta (copia malatestiana, che però non ci è pervenuta ma è ricostruibile
tramite la succitata lettera)[11].
La Raccolta (o forma) queriniana che si trova nel codice D.II.21 di fine Trecento,
conservato alla Biblioteca Queriniana di Brescia[12].
Il Codice Vaticano Latino 3196, detto anche "codice degli abbozzi" in quanto
riportante non solo le liriche del Petrarca, ma anche altre sue opere e le
annotazioni in latino[13]. Inoltre il codice, interamente autografo, colloca in
apertura il sonetto Almo sol, quella fronde ch'io sola amo al contrario di Voi
ch'ascoltate in rime sparse il sono[14].
Per stabilire la forma pre-definitiva del codice originale si fa riferimento anche
al Codice Laurenziano XLI 10 e al Parigino italiano 551[15].
Titolo e struttura
I titoli

Francesco Petrarca.
Il titolo Canzoniere compare in campo editoriale per la prima volta nel 1515,
nell'edizione: Canzoniere et Triomphi, Impresso in Florentia, per Philippo di
Giunta, 1515 di aprile[16], e l'anno dopo nell'edizione bolognese di Tommaso
Sclaricino Gammaro, per diventare estremamente comune dall'800 in poi[17], quando
in realtà per tutto il corso dell'ultimo venticinquennio del '300 e per tutto il XV
secolo non si diede un nome specifico alla raccolta di liriche dell'opera del poeta
aretino[18]. In sostanza, «ma quanto e quando il nome Canzoniere si sia diffuso a
designare l’opera volgare (non sempre i soli Fragmenta) di Petrarca resta
incerto...»[19], anche se da alcuni codici prodotti sul finire del '400 a Firenze
il titolo originale petrarchesco cominciò ad essere affiancato da quello più comune
di "canzoniere": «Il titolo canzoniere si affaccia quindi, anche se non da una
posizione eminente, accanto al nome originale e ad altre formule più correnti»[20].
Oltre alle denominazioni ufficiali provenienti dalla filologia e dall'ecdotica, si
sa che Petrarca chiamava scherzosamente tutta la sua produzione volgare, in
un'ottica diminutiva dal sapore leggermente dispregiativo, col nome latino di
nugae, termine utilizzato già a suo tempo dal poeta latino Catullo[21]. Lo si
ricava ad esempio dalla Familiare I, 1, 16, 18:

(LA)
«Hoc mediocre domesticum et familiare dicendi genus amice leges, ut reliqua, et
boni consules, his quibus in communi sermone utimur, aptum accomodatumque
sententiis. [...] Sed fieri potest ut nugas meas tibi habere, tibi legere nilque in
eis aliud quam nostros ac nostrorum casus meminisse cogites; sic enim et petitio
tua non neglecta videbitur et fama mea tuta erit.»

(IT)
«Tu leggerai, con lo stesso animo di amico con il quale hai letto gli altri, anche
questi miei scritti di genere basso, domestico e familiare; guarda a questo genere
con favore, ritenendolo adatto e confacente a esprimere i concetti di cui ci
serviamo nel comune parlare. [...] Ma può anche accadere che tu decida di tenere
per te queste mie cosette e di leggertele cercandovi solo il ricordo delle vicende
nostre e dei nostri amici; sarebbe una decisione a me assai grata: così infatti la
tua richiesta sarebbe stata esaudita e il mio buon nome non correrebbe pericoli.»

(traduzione di Marco Santagata, p. 51)

La struttura bipartita

Laura e Petrarca, miniatura dal Canzoniere.


La raccolta comprende 366 (365, come i giorni in un anno, più uno introduttivo:
"Voi ch'ascoltate") componimenti: 317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate e 4
madrigali. Non raccoglie tutti i componimenti poetici del Petrarca, ma solo quelli
che il poeta scelse con grande cura; altre rime (dette estravaganti o extravaganti)
andarono perdute o furono incluse in altri manoscritti[22]. La maggior parte delle
rime del Canzoniere è d'argomento amoroso, mentre una trentina sono di argomento
morale, religioso o politico.

Per lungo tempo, si è pensato che le due parti in cui risulta diviso il manoscritto
originale del Canzoniere (Vat. Lat. 3195) permettessero di distinguere le rime "in
vita" dai componimenti "in morte" di Madonna Laura. Attualmente si è propensi a
credere che la bipartizione della raccolta rispecchi, in chiave simbolica, le
distinte fasi di un tormentato percorso di maturazione del poeta, che volle e seppe
passare dall'infatuazione giovanile per l'Amore e la Gloria (prima parte: rime I-
CCLXIII) a una matura e più cristiana dedizione ai valori della Carità e della
Virtù (seconda parte: CCLXIV-CCCLXVI)[23]. Secondo alcuni studiosi (in particolare
Marco Santagata e Giovanni Biancardi) la struttura del Canzoniere istituirebbe uno
stretto legame simbolico (di sapore pienamente medioevale) fra l'intera vita del
poeta e l'anno solare: le rime del Canzoniere sono infatti 365 (escludendo il
sonetto introduttivo, da considerarsi a sé stante), come i giorni che trascorrono
dall'inizio di un anno (la vita terrena) al ritorno della medesima data (principio
di una nuova esistenza dell'anima, in cielo)[N 4]. Secondo queste ipotesi
calendariali, alcune date acquisirebbero un valore particolare per la struttura
dell'opera. Prima fra tutte il 6 aprile (giorno in cui, nel 1327, Petrarca si
innamorò, ma anche giorno in cui, nel 1348, Laura morì)[24]. Fondamentali, inoltre,
risulterebbero il giorno anniversario della nascita di Petrarca, 20 luglio, e
quello della sua incoronazione poetica a Roma (8 aprile): tra l'uno e l'altro,
trascorrono 263 giorni e giustappunto 263 sono le rime che compongono la prima
parte del Canzoniere[25]. Infine, la collocazione della poesia non rispecchia
l'ordine reale di composizione, ma risponde all'esigenza di concludere in maniera
esemplare la vicenda del poeta con il rifiuto delle tentazioni terrene e dell'amore
per Laura[26].

Poetica
La figura di Laura

Ritratto di Laura.
Figura dominante nella produzione lirica petrarchesca del Canzoniere, oltreché lo
stesso Petrarca, è la donna di nome Laura. Voluta identificare con una Laura de
Noves da parte dell'abate de Sade nel XVIII secolo[27][28] (infatti Laura de Noves
avrebbe sposato un Ugo de Sade nel 1325), la tesi dell'incarnazione fisica della
Laura petrarchesca è stata rigettata dalla maggior parte dei critici letterari[29]
[30][31]. Laura, anzi, potrebbe essere addirittura un nome fittizio per esprimere
l'alloro poetico, la pianta del lauro: «Laura infatti si identifica e si confonde
con il lauro, la pianta di Apollo e della poesia, la pianta trionfale con cui lo
stesso Petrarca venne coronato poeta nel '41»[32]. Laura rappresenta tutte quelle
caratteristiche seducenti che fanno soffrire Petrarca in nome di una sensualità e
di una forza provocatrice che sfiniscono l'animo del poeta aretino teso verso la
redenzione e la pace interiore. Questo lo si vede chiaramente nella descrizione
fisica della donna, nel suo sorriso, nei suoi occhi, nei suoi «capei d'oro a l'aura
sparsi»[33] o nelle «belle membra» della canzone Chiare, fresche e dolci acque ove
c'è l'apoteosi della bellezza della donna e del suo carattere sovrannaturale[34].
Insomma:

«Il principio motore del Canzoniere non è nella fantasia ma nella realtà, non è
un'idea di donna, ma una donna viva e vera; e a lei, al suo vario atteggiarsi e ai
vari aspetti che assume, deve pure aver l'occhio chi voglia intender l'amor di
Petrarca e trovar la ragione intima della sua poesia. Petrarca ama una donna e
scrive per immortalarla»

(Zendrini, p. 48)

Laura in vita e in morte

Laura strappa il cuore a Petrarca, affresco tratto da un verso del Canzoniere[35]


conservato nella Casa di Francesco Petrarca.
Come si è detto, la bipartizione del Canzoniere è dovuta, da un primo punto di
vista tematico, alla morte di Laura. Da qui le rime in vita e in morte di Laura.
Questa divisione suscita nell'economia del Canzoniere dei cambiamenti della figura
della donna amata e temuta al contempo. Se nella prima parte la figura di Laura è
indifferente alla passione del poeta, nella seconda parte Laura appare al poeta più
affettuosa e compassionevole. Tutto sommato, però, il ruolo che la donna possiede
nella vita del poeta è struggente e terribile: «personaggio tutto terreno»[29], il
«ruotare intorno all'immagine assoluta di Laura [...] esprime la perdita di sé,
l'oscillazione perpetua che nega ogni pace al poeta»[32]. Questo stato d'animo è
espresso già bene nel sonetto Era il giorno ch'al sol si scoloraro (III) ove il
poeta, sotto il dominio di Amore, incontra per la prima volta Laura nel giorno del
Venerdì Santo e si sente colpito, ferito dallo stesso Amore e dalla donna,
esprimendo così una natura cruda e dolorosa del sentimento amoroso:

«Trovommi Amor del tutto disarmato


et aperta la via per gli occhi al core,
che di lagrime son fatti uscio e varco:

però al mio parer non li fu honore


ferir me de saetta in quello stato,
a voi armata non mostrar pur l'arco.»

(Petrarca, Canzoniere, III, vv. 9-14)

La stessa natura del dominio amoroso di Laura non si rompe neanche in seguito alla
sua morte, avvenuta ad Avignone nel 1348 lo stesso giorno in cui si conobbero,
ossia il 6 di aprile[36]. Nel sonetto Arbor victoriosa triumphale, quel sonetto 263
che segna la fine della prima parte del Canzoniere, Petrarca dà il suo commiato a
Laura, espressa sotto la figura fitomorfa del lauro («Arbor victoriosa
triumphale, / onor d'imperadori e di poeti, / quanti m'ài fatto dì dogliosi e lieti
/ in questa breve mia vita mortale!»), in una riflessione sulla caducità dei beni
terreni e sulla stessa fugacità del tempo[37].

Codice del Canzoniere realizzato a Venezia intorno al 1470 riportante la canzone


CCCXXIII.
Nella seconda parte del Canzoniere, la figura di Laura sembra mutata: non più
capricciosa, crudele e vana, sembra ora dare dei consigli all'antico amante,
chiarendo anche che il fatto di non essersi concessa a lui era necessario per la
sua sopravvivenza spirituale. In Levommi il mio penser in parte ov’era (CCCII), per
esempio, Laura prende per mano il poeta («per man mi prese», v. 5) e gli spiega che
lo attende nel Cielo di Venere («in questa spera»)[38] per poter infine stare
sempre con lui. Come ricorda Alberto Chiari:
«Laura appare in sogno, si avvicina al letto del suo Poeta, lo conforta, lo prende
per mano, gli parla a lungo, non si adira più, gli sorride sempre; è il Poeta
invoca il sogno, quello della poesia ma anche quello dell'anima, che lo astragga
dal mondo reale e lo metta a contatto continuo con Laura ché è quello tutto il suo
mondo.»

(Chiari, p. 20)

Distanza dallo stilnovismo e influssi provenzali


La figura di Laura appare lontana, per le caratteristiche sovra esposte, da quelle
angelicanti e salvifiche di una Beatrice. Se per Dante Beatrice era il simbolo
della Salvezza, della Redenzione, qui invece Laura, assumendo la dimensione della
temporalità[29][39][N 5] e una visione quasi sadica dell'esperienza amorosa, è
espressione invece dell'amore terreno con tutte le sue contraddizioni:

«Laura ci appare un personaggio tutto terreno perché è oggetto di un amore terreno,


sia pur sublime, e perché, come tutto nel Canzoniere, è calata nel concreto fluire
del tempo. La bellezza di Laura, ad esempio, sfiorisce; il poeta può immaginarla
accanto a sé in vecchiaia; la morte che gliela sottrae è un evento naturale; e se
essa viene assunta in cielo questo non è che il destino di qualunque anima buona,
non invece - come per Beatrice - il ritorno alla propria sede naturale donde era
giunta per disegno provvidenziale, angelo calato di cielo in terra a miracol
mostrare.»

(Guglielmino-Grosser, p. 185)

Ma sono anche significativi gli influssi della poetica provenzale e successiva[40]


che renderanno la figura di Laura un «modell[o] che si imporr[à] per secoli»[41]:

«La donna è splendente e preziosa; in primo piano sono i suoi "capei d'oro a l'aura
sparsi", le nobili vesti, la bianca carnagione del volto, gli occhi luminosi; su
ttute le cose che essa tocca si posa qualcosa di tenero, di leggero; i suoi
movimenti si svolgono secondo pause e cadenze soavi; i fiori si raccolgono intorno
a lei; ella appare su sfondi di natura appartatai, dai contorni elementi e
antirealistici, lontana dai rumori della folla e piena di delicata mollezza»
(Ferroni, p. 21)

Una raccolta di pentimento


Il sonetto introduttivo: Voi ch'ascoltate in rime sparse il sono

Petrarca e Laura.
Il sonetto introduttivo, considerato proemiale in relazione al numero dei
componimenti che andrebbero a riallacciarsi a ciascun giorno dell'anno[42], esprime
tutto il dolore dell'uomo Petrarca nell'essersi abbandonato al «primo giovenile
errore» (v. 3), ossia all'amore per Laura[43]. Il tono dolente e patetico, in cui
Petrarca cerca conforto presso i lettori cui è destinato il libro[44], si basa su
un ondeggiamento lessicale determinato dalla congiunzione o dalla ripetizione della
parola («piango et ragiono», v. 5; «fra le vane speranze e 'l van dolore») e dal
soggetto sottinteso («spero», v. 8, verbo rafforzato dalla prima parte del verso e
captatio benevolentiae «trovar pietà») che, secondo le parole del critico
letterario cinquecentesco Lodovico Castelvetro, genera turbamento nel cuore del
lettore[45]. L'io del poeta è turbato e scisso «tra ideali e sconfitte, che non può
mai avere soddisfazione, sempre perdente»[44] e agogna quella pace e quella
serenità dovuta al «pentirsi» per tutto quello che di caduco ha da offrire il
mondo, aprendo in tal modo, quasi come se fosse una ring composition, alla canzone
alla Vergine che chiude l'opera[46].

La speranza dell'umano: Vergine bella, che di sol vestita

Lo stesso argomento in dettaglio: Vergine bella.


«Vergine bella, che di sol vestita,
coronata di stelle, al sommo Sole
piacesti sí, che ’n te Sua luce ascose,
amor mi spinge a dir di te parole...»

(Francesco Petrarca, Canzoniere, CCCLXVI vv. 1-4)

Con la canzone Vergine bella, che di sol vestita, nella quale il poeta implora
perdono ed esprime un intenso desiderio di superare ogni conflitto, spera di
trovare finalmente la pace. E "pace" è appunto l'ultima, emblematica parola della
canzone, la parola che chiude e suggella il libro. La lirica, frutto di una forte
devozione mariana che Petrarca aveva sviluppato negli ultimi anni di vita[47],
presenta una forte tensione spirituale ed ha il tono di una confessione verso Maria
invocata dal poeta a giustificare gli errori commessi: Petrarca vive tra il peccato
e le ansie di redenzione, tra una solenne tensione spirituale e il ricordo delle
passioni terrene[48]. I versi sono contraddistinti da espressioni liturgiche e da
accenti mistici. Il vocativo Vergine è la parola iniziale del primo e del nono
verso di ogni stanza, cosicché il ritmo è quello di un'invocazione strutturata
rigorosamente. Nel congedo il poeta non si rivolge alla Canzone, ma ancora alla
Vergine perché lo accolga nella pace eterna[49].

Agostino d'Ippona.
L'agostinismo petrarchesco
Il Canzoniere può essere considerato alla stregua di un'autobiografia spirituale
del poeta, come le Confessioni di sant'Agostino, scrittore e teologo che fu modello
spirituale e religioso per Petrarca: «Tutta la lirica del Petrarca è un sommesso
colloquio del poeta con la propria anima»[50]. La sua poesia ha un carattere
psicologico, senza toni realistici o narrativi. Il tema dominante è il "dissidio
interiore" che il poeta prova tra l'attrazione verso i piaceri terreni e l'amore
per Laura, e la tensione spirituale verso Dio. Dall'idea di amore-peccato del primo
sonetto («in sul mio primo giovenile errore») il poeta giunge alla conclusione del
Canzoniere con la canzone alla Vergine (Vergine bella che di sol vestita): è una
palinodia religiosa che chiude l'opera secondo una parabola spirituale ascendente
tipicamente medievale[51]. Il messaggio petrarchesco, nonostante la sua presa di
posizione a favore della natura umana, non si dislega dalla dimensione religiosa:
difatti, il legame con l'agostinismo e la tensione verso una sempre più ricercata
perfezione morale sono chiavi costanti all'interno della sua produzione letteraria
e filosofica. Rispetto, però, alla tradizione medievale, la religiosità
petrarchesca è caratterizzata da tre nuove accezioni prima mai manifestate: la
prima, il rapporto intimo tra l'anima e Dio, un rapporto basato sull'autocoscienza
personale alla luce della verità divina[52]; la seconda, la rivalutazione della
tradizione morale e filosofica classica, vista in un rapporto di continuità con il
cristianesimo e non più in chiave di contrasto o di mera subordinazione[53];
infine, il rapporto "esclusivo" tra Petrarca e Dio, che rifiuta la concezione
collettiva propria della Commedia dantesca[54].

Influenze bibliche
Frequenti sono i riferimenti biblici e spesso il verso petrarchesco ricalca passi
della Bibbia come nel sonetto LXXXI (Io son sì stanco) dove ad esempio il verso "O
voi che travagliate, ecco 'l camino" riprende il Vangelo di Matteo (XI,28)[55] e la
terzina finale ("Qual grazia, qual amore o qual destino/ mi darà penne in guisa di
colomba/ ch'io mi riposi e levimi da terra?") riprende il salmo LIV,7[56]. Petrarca
si sente smarrito tra realtà e sogno (Di pensier in pensier, di monte in monte),
immerso nell'angosciosa solitudine (O cameretta che già fosti un porto),
ricercatore di un isolamento dal mondo (Solo et pensoso), aspiratore a una
dimensione spirituale che però è difficile da conquistare (Padre del ciel, Movesi
il vecchierel)[N 6]. Egli riconosce, già alla fine del primo sonetto, che frutto
del suo seguire le vanità terrene sono la vergogna, il pentimento e il riconoscere
che «quanto piace al mondo è breve sogno», riecheggiando così il biblico vanitas
vanitatum ("vanità delle vanità") dell'Ecclesiaste (Qoelet 2)[57][58].

Dalle preghiere alla concezione del paesaggio

Arnold Böcklin, Petrarca alla sorgente di Valchiusa, 1863-64.


Certi componimenti hanno il carattere di splendide preghiere, come i sonetti Padre
del ciel (LXII), Tennemi Amor (CCCLXVI), Io vo piangendo (CCCLXV), la canzone alla
Vergine (CCCLXVI). La canzone Chiare fresche e dolci acque (CXXVI) mostra un'anima
tra l'angoscia della realtà e la dolce malinconia del sogno. Come in questa canzone
e nel sonetto O cameretta che già fosti porto (CCXXXIV), la valle piena dei suoi
lamenti e l'aria calda dei suoi sospiri ed il dolce sentiero (CCCI), l'usignolo
(CCCXI), i dolci colli (CCCXX) ed il vago augelletto (CCCLIII) non rappresentano
una natura esteriore ma creature di un mondo interiorizzato, vagheggiato
nell'immaginazione, confidenti delle pene recondite del poeta che spesso si rifugia
in un clima di sogno e di immaginazione. Il paesaggio è funzionale ai moti
dell'anima ed esprime tutta la vaghezza del sentimento amoroso:

«[I]l linguaggio petrarchesco evita una caratterizzazione troppo concreta e minuta,


che rifugge da ogni particolare " realistico" e filtra la realtà utilizzando le
forme e le categorie più generali [...] l'indeterminatezza di questo linguaggio ne
fa la figura di una bellezza che si affaccia alla mente e al cuore senza lasciarsi
afferrare, che fa balenare un desiderio senza nome che può vivere solo nella
memoria, che può proiettarsi solo fuori dai limiti del presente e dai confini
stessi della vita.»

(Ferroni, p. 157)

I sonetti "avignonesi"

Il Palazzo dei Papi ad Avignone.


«L’avara Babilonia à colmo il sacco
d’ira di Dio, e di vitii empii et rei,
tanto che scoppia, ed à fatti suoi dèi
non Giove et Palla, ma Venere et Bacco.»

(Francesco Petrarca, Canzoniere, CXXXVII, vv. 1-4)

Un gruppo a sé stante nel Canzoniere sono i cosiddetti sonetti "avignonesi".


Petrarca, tra il 1320 e il 1351, risiedette principalmente ad Avignone, dove il
padre aveva trovato un'occupazione presso la corte papale, la quale si era
trasferita lì nel 1309 con Clemente V[59]. Il poeta, divenuto intimo della famiglia
romana dei Colonna e presi quindi gli ordini sacri, entrò a far parte della corte
pontificia avignonese. Col passare degli anni, però, in Petrarca iniziò a maturare,
insieme ad una più intima adesione ai valori classici, anche una conversione
interiore maturata sull'insegnamento di Agostino d’Ippona e quindi sul
neoplatonismo cristiano[60]. Negli anni ’40, distaccatosi progressivamente dai
Colonna e ritiratosi a Valchiusa, maturò una profonda avversione verso la mondanità
della Chiesa scrivendo, tra il 1345 e il 1347, tre sonetti contro la corte papale.
I sonetti, inseriti poi nel Canzoniere, dai critici verranno definiti “avignonesi”
o "babilonesi"[61] e mostrano uno slancio di indignazione civile e religiosa di
forte intensità[N 7] in cui la curia avignonese è paragonata alla grande meretrice
dell'Apocalisse[62].

Le canzoni civili

Lo stesso argomento in dettaglio: Italia mia, benché 'l parlar sia indarno.

Federico Faruffini, Cola di Rienzo.


«Italia mia, benché 'l parlar sia indarno
a le piaghe mortali
che nel bel corpo tuo sì spesse veggio,
piacemi almen che' miei sospir' sian quali
spera 'l Tevero et l'Arno,
e 'l Po, dove doglioso et grave or seggio.»

(Canzoniere, CXXVIII, vv. 1-6)

Petrarca nel Canzoniere si dedica anche alla letteratura civile. Nel '300 l'Italia
era divisa in tanti Stati in lotta fra di loro e su di essa v'era la minaccia
dell'invasione straniera e della decadenza civile e spirituale. Le due più
significative sono le canzoni Spirto gentil e Italia mia.

Nella prima canzone (componimento LIII) Petrarca si aspetta un condottiero, un


«signor valoroso, accorto et saggio» (v. 3), capace di risollevare le sorti di Roma
e così dell'intera nazione italica, «vecchia, otïosa et lenta» (v. 12)[63]. Dietro
a questo personaggio vi sono varie interpretazioni, tra cui la figura di Cola di
Rienzo con cui Petrarca era in relazione dopo un'ambasciata del primo ad
Avignone[63].

Nella seconda, invece, i reggenti delle Signorie italiane sono invitati a chiamare
a raccolta il popolo, erede delle virtù romane («Latin sangue gentil», v. 75)
contro i soldati mercenari germanici discendenti dai barbari sconfitti dai Romani
(«Vertù contra furore/prenderà l'arme e fia il combatter corto: /ché l'antico
valore/ ne l'italici cor non è ancor morto», vv. 93-96)[64].

Lo stile
Per definire il Canzoniere dal punto di vista linguistico il critico Gianfranco
Contini ha usato il termine unilinguismo, contrapposto al plurilinguismo della
Divina Commedia dantesca. Con questa espressione il Contini intende uno stile medio
che evita sia il registro alto sia il registro popolare, basso nonché i toni
accesi[65]. Si registra quindi uno stile mediano, moderato, incentrato sulla scelta
ben definita dei vocaboli da utilizzare che non cadano nell'aulicismo né nel
registro comico-popolare. Bisogna inoltre ricordare che il volgare, per Petrarca,
non aveva quel valore artistico e di celebrazione della propria figura presso i
posteri che voleva consegnare tramite l'Africa e le altre opere latine:

«Giustamente Coletti osserva che il volgare è per Petrarca lo strumento di una


esercitazione letteraria, senza che dietro questo gusto poetico ci sia, come c'era
in Dante, un ambizioso progetto culturale basato sulla promozione di nuovi ceti
sociali e sulla divulgazione del sapere mediante la nuova lingua, 'sole nuovo'
destinato a brillare al posto del latino.»

(Marazzini, p. 220)

Le edizioni a stampa

Incipit miniato dell'editio princeps del Canzoniere (Venezia, Vindelino da Spira,


1470).
L'editio princeps e altre del '400
La prima edizione a stampa del Canzoniere, insieme ai Trionfi, si ebbe nel 1470 a
Venezia presso il tipografo tedesco Vindelino da Spira[66]. Di questa editio
princeps sopravvivono meno di trenta esemplari, conservati presso biblioteche
italiane, europee e americane[67].

Nelle decine di altre stampe del Petrarca volgare fatte in tutta Italia nell'ultimo
trentennio del Quattrocento si distingue per il suo notevole valore filologico
quella del 1472, approntata dall'editore padovano Bartolomeo Valdezocco (Bortolamio
Valdezoco)[7][68]. Questa edizione (nonostante gli errori di lettura e
trascrizione) si rivela condotta direttamente sull'originale vaticano (o su un
esemplare per la tipografia derivato dall'originale).

L'edizione aldina del 1501


Fondamentale per la costituzione della vulgata petrarchesca è stata l'edizione
aldina, stampata a Venezia dalla tipografia di Aldo Manuzio nel 1501 e curata da
Pietro Bembo. L'edizione veniva presentata come fondata sull'originale del
poeta[69], ma in realtà essa riproduce una copia manoscritta del Canzoniere
approntata dallo stesso Bembo e pervenutaci come codice Vat. Lat. 3197, che non
deriva direttamente dall'originale. Le cose volgari di messer Francesco
Petrarcha[70] del 1501[71] furono poi, con variazioni, ripubblicate da Aldo nel
1514, col titolo Il Petrarcha, sempre in piccolo formato, dando inizio alla moda
dei petrarchini[7].

Per tutto il corso del Cinquecento le edizioni del Canzoniere si moltiplicarono,


anche sulla scia del fortunato commento di Alessandro Vellutello del 1525[72]. Da
segnalare inoltre l'edizione giolitina del 1547 a cura di Ludovico Dolce[73].

Nel Seicento, la temperie barocca, ostile all'idea di classicismo in nome della


libertà formale, declassa il valore dell'opera petrarchesca; la decadenza si
protrae per tutto il Settecento e l'edizione bodoniana del 1799 in folio spicca
solo per l'eccellenza tipografica[74], eguagliata solo dall'edizione del prof.
Giovanni Rosini (Rime di Francesco Petrarca, 2 voll., Pisa, Tipografia della
Società Letteraria coi caratteri dei fratelli Amoretti di Parma, 1805) il quale
ricevette lodi anche per la vita del poeta ivi premessa al canzoniere [75] .

Le edizioni ottocentesche

Giacomo Leopardi fu un "interprete" editoriale delle Rime del Petrarca.


Tra le edizioni successive è da citare quella curata dall'abate Antonio Marsand (Le
Rime del Petrarca, 2 voll., Padova, Tipografia del Seminario, 1819-20), più che per
il valore filologico, per la bellezza tipografica e per essere l'edizione a cui si
rifà esplicitamente Giacomo Leopardi per la propria "interpretazione" delle Rime,
uscita nel 1826[7][76], seguendola in ogni cosa, «eccetto solamente nella
punteggiatura»[N 8].

Dopo Leopardi, una svolta decisiva nella filologia petrarchesca si ebbe nel 1886,
quando venne riconosciuto, dal De Nolhac e dal Pakscher, nel codice Vat. Lat. 3195
l'originale del Canzoniere. Dieci anni dopo (1896) usciva a Firenze l'edizione di
Canzoniere e Trionfi dovuta a Giovanni Mestica[77]. Nel 1899 anche Giosuè Carducci
e Severino Ferrari pubblicavano le sole rime del Canzoniere[78].

Qualche anno dopo, nella ricorrenza del sesto centenario della nascita di Petrarca,
Giuseppe Salvo Cozzo, giudicando una sciocca pretesa quella di «rimodernare
l'ortografia», pubblicava un'edizione del Canzoniere[79] basata sull'originale, e
che si proponeva di «conservare al testo la sua fisonomia», collazionando anche le
principali varianti tra l'originale e le edizioni del Mestica e di Carducci-
Ferrari[7].

Il Novecento

Gianfranco Contini, uno dei massimi esperti del Petrarca nel '900.
Porta la data editoriale del 1904, ma in realtà uscì nel maggio del 1905, la
trascrizione diplomatica dell'originale che la Società Filologica Romana aveva
affidato a Ettore Modigliani[7]. Questa edizione (pregevole, ma non priva di
numerosi errori e di sviste, specie per quanto riguarda l'interpunzione) è tuttora
un autentico contributo per la conoscenza dell'originale, ma ha finito, sulla base
dell'erroneo presupposto che esso fosse un documento perfettamente aderente al
testo trascritto, per esimere gran parte dei filologi e degli editori dallo studio
diretto del codice vaticano. A questo distacco dall'originale ha concorso (anche se
in misura minore) la riproduzione fototipica dell'originale curata per la
Biblioteca Vaticana da monsignor Marco Vattasso nel 1905.

Il testo di maggiore risonanza nell'editoria del Canzoniere nel secondo Novecento


è, senza dubbio, quello approntato da Contini per le edizioni Tallone nel 1949
(ripubblicato per Einaudi nel 1964). Il testo di Contini tanto nella prima quanto
nelle successive edizioni dipende totalmente dall'edizione diplomatica di
Modigliani, dalla quale gli derivano direttamente numerosi errori di lettura e di
trascrizione[80].

Nel 2008 Giuseppe Savoca ha pubblicato un'edizione critica basata sull'originale.


Questa edizione riconduce la punteggiatura al sistema «punto, virgola, punto
interrogativo»[81], apportando modifiche (rispetto all'edizione Contini e
successive) a 3685 versi (dei 7785 che compongono il Canzoniere), a 1542 parole
(delle oltre 57.000 del corpus), per un totale di oltre 8000 interventi[82].

La fortuna

Lo stesso argomento in dettaglio: Francesco Petrarca § Fortuna e critica letteraria


e Pietro Bembo.

Tiziano, Ritratto del cardinale Pietro Bembo.


I Rerum vulgarium fragmenta non furono immediatamente recepiti tra la produzione
più significativa del Petrarca: l'età dell'umanesimo, incentrata sul monolinguismo
latino e sul valore dei classici latini e greci, recepì invece il Petrarca
dell'Africa e del De viris illustribus. La situazione cominciò a mutare quando,
verso l'ultimo quarto del XV secolo, si assistette alla rinascita del volgare (si
parla di umanesimo volgare, difatti) grazie agli sforzi di Lorenzo il Magnifico, di
Agnolo Poliziano e al loro entourage, si procedette alla valutazione dell'opera
volgare petrarchesca, destando in questi uomini l'ammirazione per il Canzoniere
come testimoniato dalla Raccolta aragonese del 1477[83]. Ne seguì un rinnovato
interesse generale per il Petrarca volgare[84].

Alla consacrazione di Petrarca a supremo modello di arte poetica, però, si


assistette al principio del XVI secolo ad opera del letterato e futuro cardinale
Pietro Bembo (1470-1547). Costui, già curatore delle Rime petrarchesche nel 1501,
con le Prose della volgar lingua del 1525 procedette alla canonizzazione del
Petrarca quale maestro di poesia volgare[85], come riassunto da Claudio Marazzini:

«Requisito necessario per la nobilitazione del volgare era dunque un totale rifiuto
della popolarità. Ecco perché Bembo non accettava integralmente il modello della
Commedia di Dante, di cui non apprezzava le discese verso il basso nelle quali noi
moderni riconosciamo un accattivante mistilinguismo. Da questo punto di vista, il
modello del Canzoniere di Petrarca non presentava difetti, per la sua assoluta
selezione linguistico-lessicale.»

(Marazzini, p. 265)

La lezione di Bembo diede adito alla nascita del petrarchismo, che trovò come
movimento reagente l'antipetrarchismo di Pietro Aretino[86]. Dopo la parabola
discendente del '600 barocco[87] e il recupero parziale della lezione stilistica e
metrica durante l'età neoclassica con l'Accademia dell'Arcadia[N 9], Petrarca ebbe
una rinascita di serio interesse a partire dall'età romantica, come testimoniato
dai saggi di Ugo Foscolo e dalla riflessione di Giacomo Leopardi. Con essi si fondò
la critica petrarchesca[88], seguita poi da degni discepoli quali Francesco de
Sanctis nella sua Storia della letteratura italiana. Petrarca, nel corso del
Novecento, ebbe due critici d'eccezione: da un lato Gianfranco Contini, che coniò
il termine di monolinguismo o unilinguismo petrarchesco; dall'altro Giuseppe
Billanovich, che ne studiò più il carattere elitario di nume protettore
dell'umanesimo[89].

Note
Esplicative
^ Tale è il titolo nel codice Vat. Lat. 3195 (c. 1r), da considerarsi quello
ufficiale voluto da Petrarca (Picone, p. 85), con la grafia medievale del dittongo
ae ormai pronunciato monottongato. L'editio princeps del 1470 non è intitolata,
mentre l'incunabolo di Bartolomeo Valdezocco del 1472 reca lo stesso titolo della
tradizione manoscritta, ma nella grafia: Francisci Petrarcæ laureati poetæ Rerum
vulgarium fragmenta (c. t5r).
^ Fragmenta ha il significato di "Rime sparse", espressione che ricorre nel primo
verso del Canzoniere, in cui essi sono raccolti quali tessere (i singoli fragmenta)
di un mosaico esistenziale (il Canzoniere): Vecchi Galli 2005, p. 31.
^ Partendo dal titolo (Rerum vulgarium fragmenta), ossia i frammenti delle rime
volgari, Petrarca cercò nel corso della sua vita di dare un'organicità alla sua
opera che però non ci riuscì: «il progettato libro di poesie verrà ridimensionato
allo stato di 'frammenti' lirici, organizzati sì ma non in maniera definitiva»
(Picone, p. 86).
^ Secondo Rossetti, p. 909 nell'antichità la pianta del lauro, quando indossata per
le celebrazioni, era composta da 365 foglie come il giorno dell'anno.
^ L'idea della fuga inesorabile del tempo era un topos dei classici latini cui
Petrarca si ispirò: Virgilio (Georgiche, III, 284; "fugit inreparabile tempus"),
Orazio (Odi II, 14; "Eheu fugaces... labuntur anni"), Seneca nel De brevitate
vitae. Questo tema, fondamentale nell'opera petrarchesca, è rielaborato in chiave
cristiana anche alla luce del pensiero di sant'Agostino.
^ Nel sonetto Movesi il vecchierel il poeta crea un perfetto equilibrio tra amore
sacro e amore profano. In una similitudine che occupa tutto il componimento,
Petrarca paragona la partenza di un vecchio per recarsi a Roma a vedere il Velo
della Veronica, immagine di Cristo, alla ricerca che fa il poeta dell'immagine
della donna amata in quella di altre donne (o di un'altra donna). Nel sonetto Solo
e pensoso il poeta presenta una solitudine impossibile e tra i precetti dell'amore
cortese c'era anche quello di tenere celato l'amore. Petrarca immagina che i segni
del proprio innamoramento siano troppo evidenti e teme che le "genti" possano
accorgersene. Per questo cerca la solitudine in mezzo alla natura dove però pare
che anche "monti e piagge / e fiumi e selve" si rendano conto del suo stato, in
quanto accanto a lui c'è sempre Amore.
^ Il sonetto Fiamma dal ciel su le tue trecce piova, insieme ai successivi L’avara
Babilonia à colmo il sacco e Fontana di dolore, albergo d’ira, forma il trittico
detto “dei sonetti babilonesi”. A questi va aggiunto il sopraccitato sonetto 114 De
l'empia babilonia.
^ Nella canzone CXXIX (Di pensier in pensier, di monte in monte), al v. 63,
Leopardi si era accorto di una lezione erronea, correggendola, come si legge
nell'inedito Frammento di un abbozzo della prefazione:
«In questo volume ci siamo discostati una volta dalla edizione del professore
Marsand, e ciò è nell'infrascritto passo della tredicesima Canzone […]: "Poscia fra
me pian piano:/Che sai tu lasso? forse in quella parte/Or di tua lontananza si
sospira:/Ed in questo pensier l'alma respira.". Così leggono diverse edizioni
antiche e forse la più parte delle moderne, e così leggiamo noi. Ma le tre edizioni
seguite dal Marsand, in cambio di che sai, hanno che fai, lezione che, secondo me,
in questo luogo non viene a dir nulla»

(Giacomo Leopardi, Tutte le poesie e tutte le prose, a cura di Lucio Felici e


Emanuele Trevi, Roma, Newton & Compton, 1997, p. 1027)

Stranamente, però, sia nell'edizione delle Rime del 1826 (vol. I, p. 289), sia in
quella postuma del 1839 (Firenze, per David Passigli, p. 793), con nuova
prefazione, l'errore (che fai) rimase.
^ Parte infatti dei letterati accolsero il ritorno al modello petrarchesco. Tra i
più accesi critici dell'aretino fu Saverio Bettinelli, già critico di Dante (cit.
Ariani, p. 362)
Bibliografiche
Santagata, p. 133.
Ferroni, p. 19.
^ Wikins, p. 288.
^ Picone, p. 87.
^ Ettore Modigliani (a cura di), Il Canzoniere di Francesco Petrarca riprodotto
letteralmente dal Cod. Vat. Lat. 3195 con tre fotoincisioni, Roma, Società
Filologica Romana, 1904.
^ Francesco Petrarca, Rerum vulgarium fragmenta, a cura di Giuseppe Savoca,
Firenze, Leo S. Olschki, 2008, ISBN 9788822257444.
Le edizioni del Canzoniere.
^ Chines-Guerra, p. 26.
^ Padoan.
^ Santagata, p. 272.
^ Santagata, p. 274.
^ Le forme.
^ Marazzini, p. 220.
^ Chines, p. 121.
^ Carlo Pulsoni, Il metodo di lavoro di Wilkins e la tradizione manoscritta dei
Rerum vulgarium fragmenta, in «Giornale italiano di filologia», 61 (2009), pp. 257-
69 ( Copia archiviata (PDF), su insulaeuropea.eu. URL consultato il 28 dicembre
2013 (archiviato dall'url originale il 12 novembre 2013).).
^ Vecchi Galli 2005, p. 35. Ma già nell'incunabolo di Piero de Piasi del 1484 nel
colophon si legge: «Finis dil canzionero di Franciescho Petrarcha».
^ Vecchi Galli 2005, p. 40, n. 3.
^ Vecchi Galli 2005, p. 34: «Prima di quei Fragmenta le rime, o la raccolta di
rime, non avevano nome».
^ Vecchi Galli 2005, p. 36.
^ Vecchi Galli 2005, p. 37.
^ Maria Carilli, Le 'nugae' di Catullo e l'epigramma greco, in Annali Della Scuola
Normale Superiore Di Pisa. Classe Di Lettere e Filosofia, vol. 5, n. 3, 1975, pp.
925–953, ISSN 0392-095X (WC · ACNP). URL consultato il 12 aprile 2020.
^ Guglielmino-Grosser, p. 184.
^ Guglielmino-Grosser, p. 184:
«Il Canzoniere è tradizionalmente diviso in rive in vita (263) e rime in morte
(103) di Laura [...] a questa distinzione piuttosto estrinseca si è affiancata e
talora sostituita una distinzione fondata su due diversi atteggiamenti nei
confronti della vita e della propria vicenda esistenziale che il Petrarca mostra
nella prima e nella seconda parte della raccolta.»

^ Santagata, pp. 125-127.


^ Biancardi, pp. 1-55.
^ Dendi-Severini-Aretini, p. 433.
^ Laura, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. URL consultato il 15 aprile 2020.
^ Zendrini, p. 25.
Guglielmino-Grosser, p. 185.
^ Ferroni, pp. 20-21.
^ Bentivogli-Vecchi Galli, p. 104.
Ferroni, p. 20.
^ Canzoniere, XC, v. 1
^ Ferroni, p. 157.
^ Canzoniere, XXIII vv. 72-73: «Questa che col mirar gli animi fura, / m'aperse il
petto, e 'l cor prese con mano...»
^ Chines-Guerra, p. 17.
^ Ferroni, p. 186.
^ Chiari, p. 448, n. 3.
^ Contini, p. 579 parla di «il senso del tempo che scorre».
^ Finzi, p. 103:
«I quattro anni passati a Montpellier, nel cuore della Provenza letteraria, i tre
anni vissuti a Bologna, dove già una pleiade di rimatori aveva genialmente
rimaneggiato il motivo trovadorico dell'amore, doveva aver esercitato un influsso
notevole sul primo atteggiarsi dell'ingegno poetico del Petrarca.»

^ Ferroni, p. 21.
^ Noferi, p. 166.
^ Chiari, p. 53, n. 3.
Ferroni, p. 125.
^ Noferi, p. 167.
^ Chiari, p. 53, n. 14.
^ Wilkins, pp. 288-289.
^ Chines-Guerra, p. 91.
^ Cfr. l'analisi operata da Ferroni, pp. 206-214
^ Sapegno, p. 181.
^ Pacca, Petrarca - Vinicio Pacca - Google Libri.
^ Significativo il titolo del settimo capitolo di Ariani, pp. 113-131, Lo scavo
introspettivo.
^ Ferroni, p. 10.
^ Ferroni, pp. 10-11.
^ Chiari, p. 175, n.10-11.
^ Chiari, p. 175, n. 13-14.
^ Per l'argomento si veda il saggio di Martinez.
^ Santagata, p. 185.
^ de Lignerolles-Meynard, p. 127.
^ Ferroni, pp. 4-5.
^ Santagata, p. 168.
^ Contini, p. 606.
Voci, p. 281.
^ Giudice-Bruni, pp. 316-317.
^ Chines-Guerra, p. 12.
^ Petrella, pp. 51-52.
^ Giuseppe Savoca, Il Canzoniere di Petrarca. Tra codicologia ed ecdotica, Firenze,
Leo S. Olschki, 2008, capitolo IV, I testimoni manoscritti e le stampe.
^ Francesco Petrarca, Rerum vulgarium fragmenta, Anastatica dell'edizione
Valdezoco, Padova, 1472, a cura di Gino Belloni, Venezia, ed. Regione del Veneto-
Marsilio, 2001.
^ Nel colophon si legge: «tolto con sommissima diligenza dallo scritto di mano
medesima del poeta havuto da m. Piero Bembo».
^ Il titolo (c. a1r) traduce quasi alla lettera Rerum vulgarium fragmenta, ma
comprende anche i Triumphi.
^ Edizione aldina 1501 (Biblioteca Marciana).
^ Le volgari opere del Petrarca con la esposizione di Alessandro Vellutello da
Lucca, Stampate in Vinegia, per Giovanniantonio & fratelli da Sabbio, del mese
d'agosto 1525.
^ Il Petrarca corretto da m. Lodovico Dolce et alla sua integrità ridotto, In
Vinegia, appresso Gabriel Giolito de Ferrari, 1547.
^ Rime di Francesco Petrarca, 2 voll., Parma, nel regal palazzo co' tipi bodoniani,
1799.
^ Le rime del Petrarca secondo l'edizione di Marsand con tavole e illustrazioni,
Pagni, 1826. URL consultato il 23 settembre 2020.
^ Rime di Francesco Petrarca colla interpretazione composta dal conte Giacomo
Leopardi, 2 voll., Milano, presso Ant. Fort. Stella e figli, 1826, SBN IT\ICCU\
RMLE\004850.
^ Le Rime di Francesco Petrarca restituite nell'ordine e nella lezione del testo
originario sugli autografi col sussidio di altri codici e di stampe e corredate di
varianti e note da Giovanni Mestica, Firenze, G. Barbèra, 1896, SBN IT\ICCU\RMR\
0277912.
^ Ariani, p. 364.
^ Francesco Petrarca, Le Rime secondo la revisione ultima del poeta, a cura di
Giuseppe Salvo Cozzo, Firenze, G.C. Sansoni, 1904, SBN IT\ICCU\LO1\0385952.
^ Giuseppe Savoca (a cura di), Letture filologiche del Canzoniere nel Novecento, in
Sentimento del tempo. Petrarchismo e antipetrarchismo nella lirica del Novecento
italiano, Firenze, Olschki, 2005.
^ Davide Rondoni, Petrarca è più grande se ritrova le sue virgole, in Il Tempo, 5
luglio 2009 (archiviato dall'url originale l'8 luglio 2009).
^ Petrarca, 4th Dimension e Università: per una nuova edizione del Canzoniere
^ Pugliese Carratelli, p. 421.
^ Di Benedetto, p. 170.
^ Ariani, p. 360.
^ Bertani, pp. 248-249.
^ Ariani, p. 361.
^ Ariani, p. 363.
^ Ariani, p. 365.
Bibliografia
Marco Ariani, Petrarca, Roma, Salerno Editrice, 1999, ISBN 88-8402-275-4.
Bruno Bentivogli e Paola Vecchi Galli, Filologia italiana, Milano, Bruno Mondadori,
2002, SBN IT\ICCU\MOD\0716813. URL consultato il 15 aprile 2020.
Carlo Bertani, Pietro Aretino e le sue opere, Sondrio, E. Quadrio, 1901, SBN IT\
ICCU\NAP\0237077.
Giovanni Biancardi, L'ipotesi di un ordinamento calendariale del Canzoniere
petrarchesco, in Giornale storico della Letteratura italiana, vol. 557, 1995, pp.
1-55, ISSN 0017-0496 (WC · ACNP).
Loredana Chines e Marta Guerra, Petrarca: profilo e antologia critica, Milano,
Bruno Mondadori, 2005, ISBN 88-424-9163-2. URL consultato il 22 aprile 2020.
Loredana Chines, Giorgio Forni, Giuseppe Ledda ed Elisabetta Manetti, Dalle origini
al Cinquecento, in Ezio Raimondi (a cura di), La Letteratura Italiana, Milano,
Bruno Mondadori, 2007, ISBN 978-88-424-9164-4. URL consultato il 15 ottobre 2015.
Gianfranco Contini, Letteratura italiana delle origini, 3ª ed., Firenze, Sansoni
Editore, 2006 [1994], ISBN 88-383-1866-2.
Alberto Dendi, Elisabetta Severini e Alessandra Aretini, Dalle origini al Trecento,
in Cultura letteraria italiana ed europea, vol. 1, Milano, Carlo Signorelli, 2005,
SBN IT\ICCU\CFI\0665428.
Arnaldo Di Benedetto, Un'introduzione al petrarchismo cinquecentesco, in Italica,
vol. 83, n. 2, American Association of Teachers of Italian, pp. 170-215, ISSN 0021-
3020 (WC · ACNP). URL consultato il 1º maggio 2020.
Giulio Ferroni, Andrea Cortellessa e Italo Pantani, L'alba dell'umanesimo: Petrarca
e Boccaccio, in Giulio Ferroni (a cura di), Storia della letteratura italiana, vol.
3, Milano, Mondadori, 2006, SBN IT\ICCU\IEI\0250981.
Giuseppe Finzi, Petrarca, Firenze, G. Barbèra Editore, 1900, SBN IT\ICCU\
TO0\0815761. URL consultato il 20 aprile 2020.
Aldo Giudice e Giovanni Bruni, Dalle origini all'Umanesimo, in Problemi e scrittori
della letteratura italiana, vol. 1, 2ª ed., Torino, Paravia, 1973, SBN IT\ICCU\
TO0\0445719.
Salvatore Guglielmino e Hermann Grosser, Dal Duecento al Cinquecento, in Il sistema
letterario, 1. Storia, Milano, Principato, 2000, ISBN 88-416-1309-2.
Philippe de Lignerolles, Jean-Pierre Meynard, Storia della spiritualità cristiana.
700 autori spirituali, Milano, Gribaudi, ISBN 978-88-7152-821-2. URL consultato il
30 aprile 2020.
Giacomo Leopardi, Poesie e prose, a cura di Rolando Damiani, vol. 2, Milano,
Arnoldo Mondadori, 1988, SBN IT\ICCU\RMS\2839217.
Claudio Marazzini, La lingua italiana: profilo storico, 3ª ed., Bologna, Il Mulino,
2002, ISBN 978-88-15-08675-4.
(EN) Ronald L. Martinez, Mourning Laura in the "Canzoniere": Lessons from
Lamentations, in MLN, vol. 118, n. 1, The Johns Hopkins University Press, pp. 1-45,
ISSN 0026-7910 (WC · ACNP). URL consultato il 20 aprile 2020.
Adelia Noferi, Da un commento al «Canzoniere» del Petrarca: lettura del sonetto
introduttivo, in Lettere Italiane, vol. 26, n. 2, Firenze, Leo S. Olschki, aprile-
giugno 1974, pp. 165-179, ISSN 0024-1334 (WC · ACNP). URL consultato il 18 aprile
2020.
Vinicio Pacca, Petrarca, Roma-Bari, Editori Laterza, 1998, ISBN 9788858124390.
Giancarlo Petrella (a cura di), Il fondo petrarchesco della Biblioteca Trivulziana,
Milano, Vita e Pensiero, 2006, ISBN 978-88-343-1379-4.
Giorgio Padoan, Boccaccio, Giovanni, in Enciclopedia dantesca, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, 1970. URL consultato il 6 aprile 2020.
Francesco Petrarca, Canzoniere, a cura di Alberto Chiari, Milano, Mondadori, 1985,
ISBN 88-04-25829-2.
Michelangelo Picone, Petrarca e il libro non finito, in Italianistica: Rivista di
letteratura italiana, vol. 33, n. 2, Accademia Editoriale, maggio-agosto 2004, pp.
83-93, ISSN 0391-3368 (WC · ACNP). URL consultato il 6 aprile 2020.
Giovanni Pugliese Carratelli (a cura di), Storia e civiltà della Campania: Il
Rinascimento e l'Età barocca, vol. 3, Napoli, Electa, 1993, SBN IT\ICCU\NAP\
0135825. URL consultato il 1° maggio 2020.
Gabriele Rossetti, Il mistero dell'amor platonico del Medio Evo, derivato
da'misteri antichi, vol. 3, Londra, Riccardo e Giovanni E. Taylor, 1840, SBN IT\
ICCU\RAV\0199056. URL consultato il 30 aprile 2020.
Marco Santagata, I frammenti dell'anima. Storia e racconto nel Canzoniere di
Petrarca, 2ª ed., Bologna, Il Mulino, 2004 [1992], ISBN 88-15-09712-0.
Natalino Sapegno, Dalle origini alla fine del Quattrocento, in Compendio di storia
della letteratura italiana, vol. 1, Firenze, La Nuova Italia, 1967, SBN IT\ICCU\
CSA\0160976.
Paola Vecchi Galli, Onomastica petrarchesca. Per il «Canzoniere», in Italique.
Poésie italienne de la Renaissance, vol. 8, Genève, Fondation Barbier-Mueller
(Librairie Droz), 2005, pp. 27-44, ISSN 1423-3983 (WC · ACNP).
Ernest Hatch Wilkins, Vita del Petrarca, a cura di Luca Carlo Rossi e Remo
Ceserani, Milano, Feltrinelli, 2012 [1964], ISBN 978-88-07-72364-3.
Anna Maria Voci, Per l'interpretazione della canzone Spirto gentil di Francesco
Petrarca, in Romanische Forschungen, vol. 91, n. 3, Vittorio Klostermann GmbH,
1979, pp. 281-288, ISSN 0035-8126 (WC · ACNP). URL consultato il 22 aprile 2020.
Bruno Zendrini, Petrarca e Laura: studio, Milano, Tipografia Lombardi, 1875, OCLC
63893132. URL consultato il 15 aprile 2020.
Voci correlate
Francesco Petrarca
Petrarchismo
Petrarchino
Altri progetti
Collabora a Wikisource Wikisource contiene il testo completo di o su Canzoniere
Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su
Canzoniere
Collegamenti esterni
Canzoniere, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Modifica su Wikidata
(EN) Canzoniere, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica
su Wikidata
Le forme, su viv-it.org, VIVIT. URL consultato il 6 aprile 2020.
Il senhal di Laura, su viv-it.org, VIVIT. URL consultato il 18 aprile 2020.
Concordanze del Codice degli abbozzi, Vat. Lat. 3196, su insulaeuropea.eu. URL
consultato il 6 marzo 2012 (archiviato dall'url originale il 12 novembre 2013).
Le edizioni del Canzoniere, su viv-it.org, VIVIT. URL consultato il 28 aprile 2020.
Alcune edizioni digitalizzate
Petrarca, [Canzoniere], Venezia, Vindelinus, 1470.
Francesco Petrarcha, Le cose volgari, Impresso in Vinegia, nelle case d'Aldo
romano, nel anno 1501 del mese di luglio. URL consultato il 23 aprile 2020.
V · D · M
Francesco Petrarca
V · D · M
Le tre corone fiorentine della lingua italiana Italia
Controllo di autorità BNF (FR) cb119536457 (data)
Portale Letteratura: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di letteratura
Categorie: Opere letterarie del XIV secoloOpere letterarie in italianoCanzoniere di
Francesco PetrarcaRaccolte poetiche di autori italianiLetteratura rinascimentale
italiana[altre]
Menu di navigazione
Accesso non effettuato
discussioni
contributi
registrati
entra
VoceDiscussione
LeggiModificaModifica wikitestoCronologiaRicerca
Cerca in Wikipedia
Pagina principale
Ultime modifiche
Una voce a caso
Nelle vicinanze
Vetrina
Aiuto
Sportello informazioni
Comunità
Portale Comunità
Bar
Il Wikipediano
Fai una donazione
Contatti
Strumenti
Puntano qui
Modifiche correlate
Carica su Commons
Pagine speciali
Link permanente
Informazioni pagina
Cita questa voce
Elemento Wikidata
Stampa/esporta
Crea un libro
Scarica come PDF
Versione stampabile
In altri progetti
Wikimedia Commons

In altre lingue
‫العربية‬
Català
Deutsch
English
Español
Français
Furlan
Slovenščina
中文
Altre 19
Modifica collegamenti
Questa pagina è stata modificata per l'ultima volta il 17 set 2023 alle 21:42.
Il testo è disponibile secondo la licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi
allo stesso modo; possono applicarsi condizioni ulteriori. Vedi le condizioni d'uso
per i dettagli.
Informativa sulla privacyInformazioni su WikipediaAvvertenzeCodice di
condottaVersione mobileSviluppatoriStatisticheDichiarazione sui cookieWikimedia
FoundationPowered by MediaWiki

Potrebbero piacerti anche