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Si parlerà anche dei primi anni del Seicento (come limite si pone il 1642,
Lettere Amorose di Girolamo Brusoni); nel primo Seicento, la produzione
letteraria è ancora riconducibile al petrarchismo man on sempre, ad esempio
le stesse lettere del Brusoni, si contrappongono alla concezione petrarchista.
In questo libro, la nozione di petrarchismo viene assunta in senso ampio,
considerandone le ramificazioni che si estendono anche al di là del campo
lirico. Il petrarchismo lirico è presente nel terzo punto, mentre i primi due
sono dedicati a generi limitrofi quali dialoghi e trattati d‟amore, commenti e
lezioni sul canzoniere, lettere. Dunque è importante superare il confine lirico.
Luigi Baldacci, nel suo classico libro sul petrarchismo italiano del
Cinquecento, spazia indifferentemente tra testi lirici, dialoghi, trattati
d‟amore (con una particolare attenzione agli Asolani), lettere (esempio,
quelle tra Bembo e Maria Savognan), commenti al canzoniere. Dopo i
volumi di Gino Belloni, William J. Kennedy, Florian Mehltretter e Catharina
Busjan, si segnala in particolare il recente database PERI-Petrarch Exegesis
in Renaissance Italy, frutto di un ambizioso progetto svolto nel Regno Unito,
il quale allo stato attuale offre informazioni su circa trecento edizioni a
stampa e oltre quattrocentocinquanta manoscritti relativi alla pluralità di
forme di esegesi dei Rerum vulgarium fragmenta e dei Trionfi nel periodo fra
il 1350 e il 1650, comprendendo commenti, lezioni, varie modalità di
sussidio al lettore (vite di Petrarca, annotazioni, indici e materiale analogo),
nonché altre fonti quali glossari, dialoghi e lettere. Il progetto inglese ha
accresciuto l‟interesse degli ultimi tempi verso il canzoniere. Riguardo
l‟epistolografia, si ricordi il progetto Archilet-Archivio delle corrispondenze
letterarie di età moderne (secoli XVI-XVII) che vede un gruppo di studiosi di
varie università impegnato a realizzare un archivio sulle corrispondente
letterarie italiane del 500-600 ma anche a promuovere studi critici
sull‟epistolografia della prima età moderna. In merito ai dialoghi e ai trattati
d‟amore, gli studiosi negli ultimi anni si sono concentrati al loro rapporto con
al fiorente tradizione cinquecentesca del dialogo, come nella recente
monografia di Reinier Leshuis oppure alla rilevanza ottica degli woman‟s
studies, indagando non solo la rappresentazione di donne all‟interno dei
dialoghi d‟amore ma anche il loro impegno come autrici, come nel caso del
Dialogo della infinità di amore di Tullia d‟Aragona. Il primo capitolo (di
questo libro) richiama l‟attenzione sui punti in cui l‟autorità di Petrarca si
rivela problematica per i trattatisti d‟amore, intenti a dissezionare il
canzoniere. Con la forma “trattati d‟amore” facciamo riferimento al dibattito
critico di Giuseppe Zonta e Paolo Lorenzetti e poi ripreso da Mario Pozzi,
ossia un corpus di opere che non rientrano sempre nel genere del trattato
inteso stricto sensu, bensì possono essere di volta in volta catalogabili come
dialoghi, discorsi, lezioni. Sono però tutti accomunati dal proposito di
riflettere sulle caratteristiche dell‟amore e sulla sua fenomenologia. La nostra
analisi mirerà a identificare i patterns logico-argomentativi ricorrenti con cui
i trattati d‟amore giustificano le contraddizioni petrarchesche, reali o
apparenti (tenendo conto al tempo stesso anche delle osservazioni espresse
nei coevi commenti al Canzoniere). Oltre a una questione di ordine generale,
ossia quella del tipo di amore nutrito da Francesco nei confronti di Laura, gli
esempi di tali patterns saranno tratti da „questioni d‟amore‟ riguardo a cui
l‟autorità del poeta appare particolarmente ambigua e contraddittoria, ossia:
se si ami per destino o per libero arbitrio; se sia possibile amare senza gelosia
e senza speranza; se sia possibile innamorarsi „per fama‟, ossia senza aver
visto le bellezze della donna (o dell‟uomo), ma avendole solo sentite lodare.
Vedremo che i trattatisti ricorrono a una pluralità di strategie per giustificare
le incongruenze petrarchesche, di volta in volta appellandosi a sottili
distinzioni terminologiche; sostenendo che Petrarca menta per varie ragioni,
oppure che erri in buona fede (magari perché il suo giudizio è offuscato dalla
passione amorosa); spiegando che „parla come poeta‟, senza per forza
scrivere ciò che pensa davvero ma limitandosi a riecheggiare un‟opinione
comune, grazie ai minori vincoli del poeta rispetto al filosofo nell‟attenersi
alla verità; minimizzando la portata delle contraddizioni petrarchesche;
richiamando l‟attenzione sul fatto che le dichiarazioni fra loro contrastanti si
riferiscono a momenti diversi della vicenda amorosa narrata nel Canzoniere;
oppure ancora ricorrendo all‟arma dell‟allegoria. Negli altri due capitoli
vengono analizzate due opere che appaiono interessanti per il modo in cui
attingono al canzoniere nel sostenere tesi fra loro opposte. Il secondo
capitolo analizza un testo anonimo testimoniato da due manoscritti della
Biblioteca Nazionale di Firenze (Magliabechi XXI e Fondo Nazionale).
L‟opera, intitolata nell‟esemplare ma gliabechiano Discorsi sopra questioni
amorose, è dedicata a Cesare Gonzaga (1530-1575), conte di Guastalla, e
risale alla metà del secolo. L‟autore discute dodici questioni amorose in
larghissima parte sulla base di Petrarca, anche se non mancano le citazioni da
altri autori (soprattutto Boccaccio e Bembo, ma anche occasionalmente
Cavalcanti, il Dante lirico, Cino da Pistoia, Dragonetto Bonifacio, Ippolito
de‟ Medici e lo Speroni del Dialogo d‟amore). Nel testo viene valorizzato il
lato „miracolistico‟ e paradossale di Amore, che vive di ossimori e di
continue oscillazioni fra condizioni opposte. Ciò che risalta, anche dal
confronto con la trattatistica cinquecentesca d‟amore nel suo complesso, non
è solo il grado di puntigliosa acribia con cui viene compulsato il Canzoniere,
ma soprattutto, per l‟appunto, l‟attenzione alle contraddizioni ricavabili
dall‟opera di Petrarca.
1. Questione di interpretazioni
2. Le bugie di Petrarca