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DI GASPARA STAMPA
di Marina Zancan
1. Genesi e storia. 4
2. La struttura del testo. Modelli e fonti. 17
3. Tematiche e contenuti. Modelli e fonti. 22
4-5. Lingua e stile. Modelli e fonti. 27
6. Nota bibliografica. 30
La storia del canzoniere di Gaspara Stampa nella fase costitutiva del testo – il bre-
ve arco d’anni che racchiude la composizione e la parziale pubblicazione delle ri-
me, l’ideazione e la prima edizione del canzoniere – conserva la trama di un per-
corso in cui si intrecciano, sullo sfondo di Venezia, la storia culturale della Repub-
blica e le scelte personali di questa donna. Nata a Padova intorno al 1525 da una fa-
miglia di commercianti (il padre Bartolomeo era orafo), Gaspara si trasferisce a Ve-
nezia con la madre Cecilia e i fratelli Baldassare e Cassandra alla morte del padre:
l’anno del trasferimento non è certo, ma un documento del 15 settembre 1544 in-
dica Cecilia Stampa come dimorante a Venezia1. È possibile quindi dire che da un
anno imprecisato antecedente al 1544 e fino al 1554, anno certo della sua morte
(«Adì 23 April 1554. M.a Gasparina Stampa in le case de messer Hieronymo Mo-
rosini la qual è stà malà da febre, et mal Colico, et mal de mare zorni 15, è morta in
questo zorno. licentiata»)2, Gaspara è a Venezia: un arco d’anni totalmente interno
a quel ventennio (1540-60) in cui le donne nella letteratura italiana, come scrive
Carlo Dionisotti, «fanno gruppo»3. L’emergenza di questo nuovo soggetto è forse il
più vistoso dei fatti che connotano quel processo di trasformazione della cultura
letteraria, veicolato tra il XV e il XVI secolo dall’espansione del mezzo a stampa e
dalla codificazione del volgare letterario, che ha visto Venezia in funzione di centro.
Le date di edizione dei testi dicono che la presenza delle donne nel mondo dell’e-
ditoria si configura come segno visibile intorno agli anni Quaranta, quando la tra-
sformazione ha ormai perduto le valenze alte di continuità con il passato di cui l’a-
vevano segnata, agli inizi del secolo, le personalità affiancate di Aldo Manuzio e di
Pietro Bembo, e si avvia a definire invece uno spazio culturale aperto a forme di in-
tellettualità fino ad allora impensabili. Se Aldo Manuzio, nel 1500, aveva pubblica-
to tra i primi classici in volgare le Epistole devotissime di Caterina da Siena4, Ga-
briele Giolito de’ Ferrari, che inizia la propria attività a Venezia nel 1536, darà in-
* In questo saggio la sezione Modelli e fonti risulta tematicamente distribuita nelle sezioni 2, 3, 4-5.
1 Cfr. R. CESSI, La famiglia di Gasparina Stampa, in «Il Fanfulla della Domenica», XXXVI (1914), 29, pp. 2-3: Ces-
si ricostruisce, per ipotesi, le origini di Gaspara Stampa basandosi sugli estimi della prima metà del XVI secolo ri-
guardanti la famiglia Stampa, conservati al Museo Civico di Padova: Archivio Civico, Estimi, vol. 654, pol.. 5, 6, 7; vol.
1286, c. 235v; vol. 1306, c. 386. In particolare cita la scheda presentata il 15 settembre 1544 da Giacomo Stampa per
nome Cecilia, in cui si dice: «Cecilia Stampa sta in Venetia, secondo la sua polizza per s. Jacomo Stampa producta cum
iuramento adì 15 septembris 1544».
2 E. MINOZZI, Gaspara Stampa. Studio, Verona-Padova 1893, pp. 40-41, nota 2.
3 C. DIONISOTTI, La letteratura italiana nell’età del concilio di Trento (1965), in ID., Geografia e storia della let-
vece largo spazio alle donne italiane del suo tempo, che guardano a Venezia come
al centro tipografico più prestigioso della penisola e insieme come ad una città li-
bera e aperta, valenze di un mito alimentato dalla Repubblica stessa. Gaspara
Stampa vive all’interno di questo spazio5 perfettamente inserita nella società lette-
raria di quegli anni, come può testimoniare la rete di relazioni documentata sia
dal suo canzoniere sia da testi coevi che, nominandola, ne rievocano la presenza:
il canzoniere conserva i nomi di Fortunio Spira (CCXCIV)6, Luigi Alamanni
(CCXLVIII), Sperone Speroni (CCLIII), Domenico (?) Venier (CCLII), un tal
Zanni (Bernardo o Jacopo Zane, CCLIV), Girolamo Molino (CCLX, CCLXI),
Michiel (Domenico, Michele o Marcantonio, CCLXXI), Giacomo Balbi
(CCLXXIII), Leonardo Emo (CCLXXV, CCLXXVI), Nicolò (?) Tiepolo
(CCLXXVII), Giov. Andrea Guiscardo o Viscardo (CCLXXX, CCLXXXI)7,
Marcantonio Soranzo (CCLXXXIX), Ortensio Lando (CCXCII), Giovan Jacopo
Bonetto (CCLXIII), Vinciguerra II di Collalto (CCLVII, CCLVIII), Giovanna
d’Aragona (CCXC), Elena Barozzi Centani (CCLXXVIII), Ippolita Mirtilla
(CCXCVI). Nello stesso tempo, tra gli autori coevi, Francesco Sansovino le dedi-
ca l’edizione di una lezione accademica di Benedetto Varchi sul sonetto di Gio-
vanni Della Casa Cura che di timor ti nutri e cresci8; il Ragionamento nel quale bre-
vemente s’insegna a giovani uomini la bella arte d’amore (Mantova e Venezia
1545)9; la ristampa dell’Ameto di Giovanni Boccaccio, edito da Giolito nel 1545,
con una lettera in cui rievoca discussioni letterarie intorno allo stile di Castiglione
e di Boccaccio avvenute forse nella stessa casa di Gasparina10. Girolamo Parabo-
sco le dedica una delle sue Lettere amorose (Giolito, Venezia 1545); Perissone
Cambio (Pierre o Pierchon de La rue) nel 1547 la seconda raccolta di madrigali a
5 Cfr. ID., Venezia e il Veneto, in Letteratura italiana. Storia e geografia, diretta da A. Asor Rosa, II/1. L’età moder-
Bari 1913, pp. 1-227, a cui si rimanda per tutti i riferimenti numerici e per tutte le citazioni. In questa edizione il so-
netto CCXCIV risulta dedicato a Giovanni Francesco Fortunio, ma A. SALZA, Madonna Gasparina Stampa e la so-
cietà veneziana del suo tempo. Nuove discussioni, in «Giornale storico della letteratura italiana», LXX (1917), p. 16, ac-
cetta invece l’identificazione con Fortunio Spira, dovuta a E. INNOCENZI GREGGIO, In difesa di Gaspara Stampa,
in «L’Ateneo Veneto», (1915), 1-2, pp. 26-28 e Appendice III. Fortunio Spira, pp. 118-24.
7 Indicato come il secondo amore di Gaspara in G. REICHENBACH, L’altro amore di Gaspara Stampa. Giovanni
degl’Infiammati di Padova, Mantova 1545: il testo, dedicato «Alla nobilissima e bellissima Madonna Gaspara Stam-
pa», posseduto da Apostolo Zeno e pubblicato nell’edizione Piacentìni (G. STAMPA, Rime [...] con alcune altre di
Collaltino, e di Vinciguerra Conti di Collalto [...], Piacentini, Venezia 1738, pp. 262-63), è ristampato da A. SALZA,
Madonna Gasparina Stampa secondo nuove indagini, in «Giornale storico della letteratura italiana», LXII (1913), pp.
7-8.
9 La dedica, in cui Sansovino ricorda anche Baldassare e Cassandra, edita in G. STAMPA, Rime, ed. Piacentini cit.,
pp. 261-62, è ristampata in A. SALZA, Madonna Gasparina Stampa secondo nuove indagini cit., pp. 8-9.
10 La lettera è parzialmente riportata in G. STAMPA, Rime, ed. Piacentini cit., pp. XXIV-XXV.
più voci11, mentre Ortensio Lando nei Sette Libri de Cathalogbi a varie cose [...]
(Giolito, Venezia 1552) la ricorda come «gran poetessa et musica eccellente»12.
Nel 1552 Anton Francesco Doni dedica «Alla virtuosissima Madonna la Signora
G. S. [...] » uno dei suoi Pistolotti amorosi13; Orazio Brunetti, friulano, uomo di
lettere legato, negli anni veneziani, agli ambienti della Riforma e autore di un epi-
stolario che ne documenta l’ampia diffusione in città, scrive a Gaspara Stampa nel
1547 tre lettere14, interessanti non solo perché consentono di pensare che Gaspa-
ra Stampa tenesse in casa sua un «ridotto», ma anche perché sembrano collegar-
la, sia pure indirettamente, a quel movimento riformista che Brunetti frequenta-
va. Scrive a monsignor S. (probabilmente Vittore Soranzo): «Se io non havessi per
altro da ringratiare, Monsignor mio Reverendo, il gentile ridotto de la Cortese et
Virtuosa Madonna Gaspara Stampa, per questo ho sommamente da ringratiarne-
lo, per haver acquistata l’intrinsichezza, oltre l’haver conosciuto molti altri gen-
tilhuomini honoratiss., di V. S. R.»15. Nel 1544, con una lettera datata Milano 20
agosto e stampata nel 154516, scrive a Gaspara suor Angelica Paola Antonia de’
Negri, al secolo Virginia de’ Negri, figlia di Lazzaro e di Elisabetta Doria, donna
di fama e di cultura; Ippolita Mirtilla le dedica un sonetto edito nella raccolta del
Domenichi del 1559; le dedicano ancora rime Carlo Zancaruolo, Girolamo Para-
bosco, Fiordiano Malatesta, Torquato Bembo, Leonardo Emo, Girolamo Molino,
Benedetto Varchi, Giulio Stufa, Giorgio Benzone e altri non identificati. Tra que-
sti è anche l’autore di un epitaffio infamante, conservato alla Biblioteca Trivulzia-
na (codice n. 115), in una copia di mano di Gian Giacomo Trivulzio, con una no-
ta che lo dice l’unico conservato di ventun sonetti contro Gaspara Stampa, indivi-
duato e stampato da Salza17.
11
La dedica è riportata in A. SALZA, Madonna Gasparina Stampa secondo nuove indagini cit., pp. 18-19.
12 Ibid., pp. 17-18.
13 Notizie sul testo del Doni sono in ID., Madonna Gasparina Stampa e la società veneziana del suo tempo. Nuove di-
scussioni, in «Giornale storico della letteratura italiana», LXIX (1917), pp. 282-88: il testo della dedica è alle pp. 284-
85.
14 Per le tre lettere indirizzate «A la Signora G. S.», «A la virtuosa Madonna, Madonna G. S.», «A la medesima», in
O. BRUNETTI, Lettere [...], Venezia 1548, rispettivamente alle pp. 181-86, 215, 216, cfr. E. INNOCENZI GREG-
GIO, In difesa di Gaspara Stampa cit., pp. 36-55; A. SALZA, Madonna Gasparina Stampa e la società veneziana cit., pp.
293-306 («GSLI», LXIX), e ID., Appendici, III. Lettere di Orazio Brunetti a Gasparina Stampa, in ID., Madonna Ga-
sparina Stampa e la società veneziana cit., pp. 291-299 («GSLI», LXX).
15 O. BRUNETTI, Lettere cit., pp. 208-9.
16
A. P. A. DE’ NEGRI, Lettera a Gasparina Stampa del 1544, in Nuovo libro di lettere de i più rari auttori della lin-
gua volgare italiana, di nuovo et con nuova additione ristampato, Paolo Gherardo, Venezia 1545, cc. 98b-100a; poi in
Lettere spirituali della Devota religiosa Angelica Paola Antonia de’ Negri Milanese. Vita della medesima raccolta da Gio.
Battista Fontana de’ Conti, Roma 1576, con la specificazione «Questa si mette qui per essere stata stampata altre vol-
te»: la lettera e le notizie sul testo sono ora in A. SALZA, Madonna Gasparina Stampa secondo nuove indagini cit., pp.
64-65.
17 I testi sono in G. STAMPA e V. FRANCO, Rime cit., Appendice I, pp. 187-96.
18
Per la storia del testo cfr. A. SALZA, Nota, ibid., pp. 363-80.
13 pagine non numerate la Tavola, gli Errori incorsi nello stampare, il Registro. L’e-
dizione, uscita postuma (la dedica di Cassandra è datata Venezia, 13 ottobre
1554), non avrà altra stampa fino all’edizione Piacentini del 1738, in cui è detta da
Antonio Rambaldo di Collalto, a pagina XIX, «libro divenuto raro sopra ogni
credenza».
La prima parte della storia del testo dice, dunque, che l’autrice ha pubblicato
in vita unicamente tre sonetti, un dato che sorprende, se letto all’interno di quel
ventennio in cui l’editoria veneziana sembra non solo prevedere, ma addirittura
incentivare la presenza di firme femminili, come dimostrano i dati bibliografici
relativi ad altre autrici quali Vittoria Colonna, Laura Terracina, Tullia d’Aragona,
Isabella Andreini, Chiara Matraini19. Il dato richiede pertanto di essere interpre-
tato: se pensiamo allora a Gasparina come ad una figura di quella comunità colta
e mondana che anima la vita culturale della Venezia di quegli anni, in cui la co-
municazione poetica, petrarchista, aveva tanta parte nei rituali dell’intrattenimen-
to, le sue rime possono essere lette come espressione di modi di essere, tra oralità
e scrittura, composte per essere scambiate senza necessariamente essere destinate
alla pubblicazione. Ma se questo, come è probabile, è almeno in parte reale, se
cioè è vero che Gaspara ha speso la sua scrittura entro le dinamiche della vita
quotidiana, la pubblicazione del canzoniere subito a ridosso della sua morte por-
ta invece a pensare che lei stessa lo avesse composto, per fame un libro, con la vo-
lontà di darlo alle stampe. La perdita del manoscritto consente di parlare solo per
ipotesi; tuttavia, attenendoci ai materiali raccolti dalla prima edizione, noi vedia-
mo che se Cassandra nella dedica a Giovanni Della Casa scrive di avere lei stessa
raccolte insieme quelle rime «che si sono potute trovare», costretta a questo dalla
volontà di «molti gentiliuomini di chiaro spirito» 20, Gaspara dice invece nella de-
dica «Allo illustre mio Signore»
Poi che le mie pene amorose, che per amor di V. S. porto scritte in diverse lettere e ri-
me, non han possuto, una per una, non pur far pietosa V. S. verso di me, ma farla né an-
co cortese di scrivermi una parola, io mi son rissoluta di ragunarle tutte in questo libro,
per vedere se tutte insieme lo potranno fare 21.
Il nuovo genere letterario, rappresentato dalle raccolte autonome di rime a
firma femminile, era stato del resto avviato già nel 1538 dall’edizione delle Rime
de la Divina Vittoria Colonna (s. e., Parma), e si era affermato con successo nel
quadro dell’editoria del secolo, come può testimoniare la storia di quel primo te-
19 Cfr. Appendici. III del volume Nel cerchio della luna. Figure di donna in alcuni testi del XVI secolo, a cura di M.
sto che ebbe almeno diciassette edizioni, mentre cinque ne ebbero le Rime spiri-
tuali, della Colonna stessa22. E’ facile quindi pensare che Gaspara, che già godeva
di un indiscusso successo mondano, abbia potuto progettare per sé, con il canzo-
niere, un’affermazione più alta, un riconoscimento diverso e duraturo della sua
«nobiltà et eccellenza»: in questo senso, l’edizione postuma e unica del canzonie-
re parla allora non solo di un mancato successo editoriale del testo, ma insieme,
attraverso di esso, di una figura intellettuale femminile in qualche modo disso-
nante rispetto al nuovo modello, o non prevista in quella forma dalla società let-
teraria della città. Per comprendere l’andamento della prima fase della storia di
questo testo è necessario allora considerare in modo intrecciato da un lato la poli-
tica che Venezia tiene nei confronti delle sue donne, dall’altro la particolarità del-
la figura impersonata da Gaspara Stampa23.
La Repubblica, se consideriamo le sue carte, quelle letterarie e quelle a carat-
tere giuridico, sembra riconoscere al proprio interno due figure contrapposte di
donna, la donna «onesta» e la meretrice.
La prima viene formata in figura letteraria e proposta come modello nei pri-
mi decenni del XVI secolo, quando alla donna onesta per definizione, in quanto
nobile di nascita, si affianca una nuova figura femminile, la cui onestà è definita
invece dalle virtù del costume, la castità e la fedeltà, trasmesse e avvalorate da un
vasto patrimonio culturale, ora accessibile alle donne stesse. Un testo esemplare
in questo senso è il dialogo di Ludovico Dolce, Della Institution delle Donne. Se-
condo li tre stati che cadono nella vita humana, edito nel 1545 da Gabriele Giolito
de’ Ferrari e più volte ristampato (1547, 1553, 1559, 1560): dedicato «Alla Illustre
Signora la S. Violante da S. Giorgio Presidente di Casale», donna d’alta aristocra-
zia, per natura figura esemplare di ogni virtù femminile, il testo è normativo già
nella riduzione che di fatto attua della forma dialogica a monologo. Nel dialogo
infatti la figura di Dorothea è totalmente funzionale all’esposizione, da parte di
Flaminio, di un insieme di norme accertate, che non prevedono possibilità di con-
traddittorio e che tendono a regolare non solo i comportamenti sociali delle don-
ne, ma anche quelli intellettuali, in un contesto in cui le donne opponevano, sul
piano del pensiero e della scrittura, una pluralità di percorsi soggettivi.
L’altra donna che la Repubblica dice attraverso le parole della legge è la me-
retrice («Quelle veramente se intendino meretrice quale non essendo maritate ha-
verano comertio et praticha con uno over più homeni. Se intendino etiam mere-
22 Cfr. L. BORSETTO, Narciso ed Eco. Figura e scrittura nella lirica femminile del Cinquecento: esemplificazioni ed
trice quelle che havendo marito non habitano con sui mariti, ma stano separate et
habino comertio con uno over più homeni»)24: una figura che la legge contempla,
regola e amministra, ostinatamente contraddetta dalla disobbedienza civile delle
donne le cui parole, in questo caso, si conservano unicamente se consegnate alle
carte processuali. Negli anni Quaranta-Sessanta, gli anni veneziani di Gaspara
Stampa, il tessuto della città è in piena trasformazione: la Repubblica, se sul piano
formale della codificazione della regola conserva e ripete i suoi principi, nello
stesso tempo, sospinta in questo dai comportamenti sociali e grazie all’ambiguità
della sua classe dirigente, consente anche alle donne uno spazio reale in cui vive-
re dentro e fuori dalle norme codificate. In questo spazio di confine si profila al-
lora una terza figura femminile, la «cortesana», una donna sola (né figlia, né mo-
glie) come la meretrice, una donna colta, come la veneziana onesta per aristocra-
zia di nascita, una figura interna allo spazio della città, ma esterna alle definizioni
formali della Repubblica che, mentre la onora e ne gode, ne rinserra i tratti entro
il tempo breve del vivere quotidiano 25. Gaspara Stampa, donna sola e colta, non
veneziana, né aristocratica, né cittadina originaria, è una cortesana veneziana che
ha usato pubblicamente di sé e della sua cultura per determinare il proprio desti-
no sociale e che in più, unico nome veneziano di rilievo nel gruppo di poetesse
italiane di primo Cinquecento, ha preteso di dirsi in forma letteraria, giocando
con questo la sua scommessa con la storia: in questo senso, quell’unica edizione
postuma è allora il segno di un itinerario individuale tenacemente perseguito.
La seconda edizione del testo segue la prima dopo quasi due secoli, mossa an-
che in questo caso da un interesse di carattere privato e familiare; essa sarà infatti
realizzata da Luisa Bergalli per iniziativa di Antonio Rambaldo di Collalto: Rime
di madonna Gaspara Stampa; con alcune altre di Collaltino, e di Vinciguerra Conti
di Collalto: e di Baldassare Stampa. Giuntovi diversi componimenti di vari autori in
lode della medesima, Francesco Piacentini, Venezia 1738. L’edizione apre con i
due ritratti di Gaspara Stampa e di Collaltino di Collalto. Precedono il testo:
un’ampia dedica di Luisa Bergalli «A Sua Eccellenza il Signor Conte Antonio di
Rambaldo» in cui si esaltano Gaspara, Collaltino e Rambaldo stesso; la dedica di
Cassandra Stampa; una nota A’ Lettori in cui si espongono i criteri dell’edizione,
le modificazioni attuate, le raccolte cinquecentesche da cui sono state tratte le ri-
me di Collaltino, Vinciguerra II di Collalto e quelle di Baldassare Stampa, qui riu-
nite per la prima volta. Alla nota seguono le Memorie di S. E. il Sig. Conte Antonio
Rambaldo di Collalto, intorno alla vita di Gaspara Stampa e intorno a Collaltino e
24 Legge del 21 febbraio 1543, in G. B. LORENZI, Leggi e memorie venete sulla prostituzione fino alla caduta della
26
Cfr. G. M. CRESCIMBENI, Dell’Istoria della volgar poesia, V, libro V, Venezia 1730, p. 247.
27
Si veda A. ZILIOLI, Historia delle vite de’ poeti italiani (1600 ca.), cod. Marciano Italiano X, 118, cc. 75 sg., ri-
prodotto in A. SALZA, Madonna Gasparina Stampa e la società veneziana cit., pp. 230-31 («GSLI», LXIX).
28 ANTONIO RAMBALDO DI COLLALTO, Memorie [...] in G. STAMPA, Rime, ed. Piacentini cit., pp. XVI-
XVIII.
29 A. ZILIOLI, Gaspara Stampa, in ID., Historia delle vite de’ poeti italiani cit., p. 230.
delkader Salza, nei lavori da lui dedicati alla figura e all’opera di Gaspara Stam-
pa30, tesi a confutare la verità storica trasmessa dalla biografia settecentesca, di-
mostra e documenta l’intenzionalità dell’errore su cui è fondata l’immagine di
Gaspara, ricostruendo il percorso che aveva portato all’edizione Piacentini. Il de-
siderio di Rambaldo di Collalto di ristampare le rime di Gaspara Stampa è raccol-
to da Apostolo Zeno, in quegli anni a Vienna, che oltre a mettere in relazione il
conte con Luisa Bergalli, raccoglie lui stesso materiali per l’edizione, mentre se-
gue e indirizza il lavoro della Bergalli. La fonte utilizzata da Salza è l’epistolario di
Apostolo Zeno, da cui ricava almeno due informazioni sicure: la prima è che Ze-
no conosce la vita di Alessandro Zilioli fin dall’inizio del suo lavoro sulla biogra-
fia di Gaspara. In una lettera del 1722 indirizzata al fratello Pier Caterino, a Ve-
nezia, in cui illustra il progetto di Rambaldo di Collalto, chiede un esemplare del
canzoniere della Stampa, che definisce «rimatrice insigne Padovana, comeché il
Zilioli e ’l Crescimbeni la dicano Veneziana»31; la seconda è che altrettanto nota
gli era la condizione civile della poetessa. Scrive infatti a Luisa Bergalli: «Mi scor-
dava di dirvi, che questa donna singolare fu Padovana di nascita, e Veneziana di
domicilio, di condizione civile, e alla quale non è mancata che un’alta nobiltà per
andar più lodata, come di fatto meritava, più di Vittoria Colonna, di Veronica
Gambara, e di tante altre donne Italiane, che scrissero nello stesso secolo assai
pulite e lodate poesie»32. Il profilo delineato dalla biografia premessa all’edizione
del 1738 di una Gaspara Stampa nobile di nascita e onesta nel costume non deri-
va dunque da una documentazione parziale e incompleta, ma dalla volontà del
committente dell’edizione e firmatario della nota che il ritratto dell’autrice del te-
sto potesse coincidere con quel modello di donna onesta e onestamente colta che
la cultura letteraria di primo Cinquecento aveva formato e che donne quali Vitto-
ria Colonna o Veronica Gambara, incarnandolo, avevano confermato e avvalora-
to. L’operazione di ritocco sull’immagine di Gaspara Stampa che accompagna la
seconda edizione del canzoniere interessa la storia del testo per almeno due moti-
30 Negli anni vicini all’edizione da lui curata, Salza dedica alla figura e all’opera di Gaspara Stampa i seguenti sag-
gi: nel 1913 Madonna Gasparina Stampa secondo nuove indagini cit.; nel 1917 i saggi omonimi Madonna Gasparina
Stampa e la società veneziana cit., comparsi rispettivamente nei volumi LXIX (pp. 217-306) e LXX (pp. 1-60 e 281-
99) del «Giornale storico della letteratura italiana».
31 A. ZENO, Lettere [... ] (1775), III, Francesco Sansoni, Venezia 1785, p. 348: nella lettera (n. 586), datata Vienna
8 agosto 1722, Zeno chiede al fratello, che sta a Venezia, di trovare per lui un esemplare delle Rime della Stampa: «Di
quello ch’io aveva, mi è convenuto privarmi, per farne un dono al Sig. Conte Collalto, che ardentemente desiderava di
averlo, per essere la maggior parte di quelle Rime in lode del Conte Collaltino da Collalto, di cui la Stampa fu oltre-
modo innamorata. Anzi vorrei, che scriveste a Padova, per intender, se di tal famiglia sopravviva alcuno, e se presso gli
eredi della medesima, o altrove si conservi il suo ritratto, che ad ogni costo si comprerebbe, ovvero se ne faria prender
copia [... ]. Il Sig. Conte Collalto cerca notizie spettanti alla vita di lei, perché vorrebbe farne ristampare le Rime illu-
strate come sue note, e col ritratto della medesima, se si potesse avere, e con quello del Conte Collaltino suo amante».
32 ID., Lettera a Luisa Bergalli a Venezia, datata Vienna 19 agosto 1724, ibid., p. 456 (lettera 630).
vi; innanzi tutto perché documenta la totale casualità del suo recupero, realizzato
non in ragione di motivi interni alla tradizione letteraria, ma affinché adornasse il
nome dei Collalto del valore trasmesso dalla pratica delle lettere; in secondo luo-
go perché da questa edizione in poi la riproposta del canzoniere sembra procede-
re integrata a quel ritratto di donna innamorata, per confermarlo, per confutarlo
o per distanziarlo.
Lo confermano, divulgandolo in un clima culturale che prevede un pubblico
allargato in parte immaginato al femminile, le due edizioni di tardo Ottocento,
quella realizzata nella «Collezione Diamante» del Barbera, del 1877, e l’edizione
curata per la «Biblioteca classica economica» di Sonzogno, del 188233. L’edizione
Barbera, la terza nella storia del testo, Rime di Gaspara Stampa novamente pubbli-
cate per cura di Pia Mestica Chiappetti (Firenze 1877), presenta il canzoniere tra i
testi della «Collezione Diamante», che offriva ad un pubblico colto i profili intel-
lettuali della tradizione nazionale. L’incipit della Prefazione dice:
Il vivo immaginare, la tenerezza dell’affetto, il delicato gusto dell’armonia e della grazia,
onde si privilegia la donna, fanno si che ella sentasi particolarmente inclinata alla poe-
sia. E però vediamo le più di quelle che si sono date agli studi, aver coltivato di prefe-
renza la bellissima delle arti, e alcune esser venute per essa in gran fama. Fra queste pri-
meggia Gaspara Stampa, l’emulatrice delle Vittorie e delle Veroniche, non inferiore a
quelle per ingegno e più di loro infelice34.
Segue il racconto di un itinerario di amore e morte, così concluso: «Tu splen-
di fra le chiare donne come l’astro della notte fra le altre stelle, e come quello a
malinconia e a lacrimare ne inviti»35. Ne emerge il profilo di una donna onesta e
colta, innamorata e sfortunata, modello, come Vittoria Colonna e Veronica Gam-
bara (delle quali, nella stessa collana, escono i volumetti di Rime e lettere), per le
donne colte di fine Ottocento.
Dopo i ritratti di Gaspara e di Collaltino, e la Prefazione di Pia Mestica
Chiappetti, il volume presenta il canzoniere diviso in due parti: la prima, intitola-
ta Rime di Gaspara Stampa, comprende la dedica di Cassandra «A M. Giovanni
Della Casa», la lettera di Gaspara «Allo illustre mio Signore», e 220 rime (216 so-
netti, 2 canzoni, 2 sestine, numerati progressivamente in serie distinte), secondo
l’ordine delle edizioni precedenti. La seconda, sotto il titolo Rime di vario argo-
mento, presenta 64 sonetti, numerati progressivamente in una nuova serie, e una
canzone; sette Capitoli e diciannove Madrigali, numerati in due serie progressive,
33 Per il carattere delle due iniziative editoriali e delle rispettive collane cfr. G. RAGONE, La letteratura e il consu-
mo: un profilo dei generi e dei modelli nell’editoria italiana (1845-1925), in Letteratura italiana, diretta da A. Asor Ro-
sa, II. Produzione e consumo, Torino 1983, pp. 731, 736-37.
34
P. MESTICA CHIAPPETTI, Prefazione alla sua edizione di G. STAMPA, Rime, Firenze 1877, p. XI.
35 Ibid., p. XXXIX.
ognuna intitolata in modo distinto come nella prima edizione: il capitolo VII (Fe-
lice in questa e più ne l’altra vita, CCXCVIII), assente nell’edizione Pietrasanta e
nella Piacentini posto in chiusura della raccolta, è invece in questa riaccorpato al-
la sezione dei Capitoli. Seguono, riprese dalla seconda edizione, le Rime di Collal-
tino e di Vinciguerra di Collalto e quelle di Baldassare Stampa; le Note ai singoli
testi e un Indice alfabetico delle rime pubblicate.
L’edizione Sonzogno, la quarta, Rime di tre gentildonne del secolo XVI, Vitto-
ria Colonna, Gaspara Stampa, Veronica Gambara, con prefazione di Olindo Guer-
rini (Milano 1882), riprende senza modificazioni il testo dell’edizione Barbera
(ma elimina i due ritratti, le Note e l’Indice) e lo accosta, nel volume, a quelli di
Vittoria Colonna e di Veronica Gambara, riproponendo, in edizione economica e
per un pubblico diverso, la triade di gentildonne poetesse già individuata nella
«Collezione Diamante». Nella Prefazione il curatore scrive:
Le rime delle tre poetesse italiane che nel loro secolo furono reputate e tuttora paiono
le migliori, escono alla luce unite per la prima volta in volume di prezzo mitissirno. Del
che, siamo certi, ci saranno grati, non solo i numerosi e benevoli che hanno dato si buo-
na fortuna a questa Collezione Classica, ma ancora le donne, l’educazione delle quali va
oggi crescendo di coltura, e non isdegna ricordare, ammirare ed oramai seguire, gli illu-
stri esempi del passato36 .
Le due edizioni ottocentesche riproducono dunque il canzoniere senza nes-
sun intervento critico o filologico di rilievo, senza in realtà nessun interesse diret-
to al testo in sé, mentre per gli anni di pubblicazione e per il loro carattere diver-
samente divulgativo si inseriscono in un’operazione culturale tesa a definire il mo-
dello nuovo di donna italiana. Nei decenni che seguono la creazione dello Stato
unitario, gli intellettuali – e i letterati in modo specifico – si dànno il carico di
creare l’immagine di un’entità nazionale avviata ad un progressivo e concorde
processo di sviluppo, e insieme quello di educare a questo la società civile. In
questo quadro, la figura femminile, protagonista della realtà dei sentimenti e in
quanto tale depositaria dei valori profondi e primari dell’essere umano, ha dele-
gato la funzione altissima di ricondurre la molteplicità conflittuale del reale ad
unità, attraverso immagini e storie d’amore. In un quadro completamente muta-
to, affollato di immagini, di firme e di generi letterari, trovano il loro posto anche
le poetesse italiane del XVI secolo, figure d’amore sfocate dal tempo, il cui corpo
poetico, corroso dall’incuria della tradizione letteraria, è potuto con naturalezza
diventare parte di un ritratto, funzione di un modello normativo.
36 O. GUERRINI, Prefazione alla sua edizione di Rime di tre gentildonne del secolo XVI.: Vittoria Colonna, Gaspa-
ra Stampa, Veronica Gambara, Milano 1882, pp.5-16. La citazione è a p. 5. Le Rime di Gaspara Stampa sono alle pp.
177-342.
Nel 1913 Abdelkader Salza, esponente persuaso della scuola storica e colla-
boratore assiduo del «Giornale storico della letteratura italiana», cura una nuova
edizione delle rime di Gaspara Stampa, accostandole a quelle di Veronica Franco,
nella collana «Scrittori d’Italia» di Laterza37. L’edizione pubblica la dedica di Ga-
spara «Allo illustre mio Signore»; le Rime d’amore (I-CCXLV), che comprendono
alla fine, distinti, i Madrigali (CCXXII-CCXL) e i Capitoli (CCXLI-CCXLV); le
Rime varie (CCXLVI-CCCXI); in Appendice: I: Rime di diversi in lode e in morte
di Gaspara Stampa (I-XVIII); II: Rime di Baldassare Stampa (I-XXXIV); III: Rime
del conte Collaltino di Collalto (I-XI); IV: Rime del conte Vinciguerra II di Collalto
(I-VII). Tutti i testi, sotto la numerazione, presentano un titolo o un breve argo-
mento, di mano del curatore. I criteri del lavoro sono esplicitati in una Nota38 a
cui si rinvia in particolare per la documentazione delle correzioni apportate alle
rime della Stampa e di quelle pubblicate in Appendice; per la documentazione re-
lativa alle modifiche attuate nell’ordinamento delle rime di Gaspara Stampa; per
il lavoro relativo ai testi pubblicati in Appendice (collazione con le edizioni origi-
nali delle rime affiancate al canzoniere nell’edizione del 1738, recupero di nuovi
testi, nuovo ordinamento). Per quanto riguarda il canzoniere di Gaspara Stampa,
l’intervento più consistente di Salza consiste nel nuovo ordine dato alle rime: pur
prendendo le distanze dalla proposta avanzata nel 1893 da Elisa Minozzi39 di or-
dinare cronologicamente i versi, in modo tale che essi potessero narrare lo svol-
gersi della passione amorosa di Gaspara poiché, scrive, «essa è tale che sconvolge
quasi interamente l’ordine che le rime hanno nell’edizione del 1554, né credo si
possa sostenere che risponda alla più esatta interpretazione psicologica del canzo-
niere della nostra poetessa»40; e nonostante l’affermazione di avere sostanzial-
mente seguito l’ordine della prima edizione, in realtà gli spostamenti non solo so-
no consistenti, ma, come diremo, esplicitamente tendono a ricomporre il canzo-
niere entro un nuovo ordine. Anche in questa edizione, il lavoro sul testo sembra
essere stato attraversato, e disturbato, dall’incombenza di un’immagine femmini-
le, ora di segno opposto a quella offerta dalle edizioni sette-ottocentesche, come
preannuncia l’accostamento nel testo delle rime di Gaspara Stampa a quelle di
Veronica Franco, come esplicita l’incipit della Nota («Gaspara Stampa (n. verso il
1525 - m. 1554) e Veronica Franco (1546-1591) si trovano unite in questo volume,
37
Cfr. G. STAMPA e V. FRANCO, Rime cit., pp. 3-227.
38
Ibid., pp. 365-80.
39 E. MINOZZI, Nuova disposizione delle Rime di Gaspara Stampa, in ID., Gaspara Stampa cit., pp. 87-101: la Mi-
nozzi delinea lo schema di una nuova struttura da dare al canzoniere che consentisse di «seguire nel suo svolgersi la
passione amorosa di Gaspara Stampa e dare un ordine di tempo a’ suoi versi» (p.87). Lo schema prevedeva numero-
sissimi spostamenti ma, nelle sue linee di fondo, ricostruiva una storia non molto diversa da quella poi ricomposta da
Salza.
40 A. SALZA, Nota cit., p. 372 (corsivo nostro).
perché furono nella condizione della vita molto più vicine che finora non siasi,
nonché creduto, nemmeno sospettato»)41, come spiega e ampiamente documenta
Salza nei quattro saggi su Gaspara Stampa editi tra il 1913 e il 1917 nel «Giorna-
le storico della letteratura italiana».
Dopo l’edizione Laterza, l’ultima è quella pubblicata nel 1954 (in occasione
del quarto centenario della morte di Gaspara) nella BUR, a cura di Gustavo Ro-
dolfo Ceriello42: il testo ripropone unicamente le rime della Stampa (eliminando
quindi tutti i materiali ad esse accostati nel corso della storia del testo), secondo
l’edizione di Salza (ma senza distinguere madrigali e capitoli, ed eliminando gli
argomenti preposti ai singoli testi), precedute da una Nota di Ceriello e seguite da
un apparato di Note, l’Indice dei temi e l’Indice dei capoversi. Il testo pubblicato
nella BUR è in commercio nella seconda edizione, del 1976, con un’introduzione
di Maria Bellonci che con passione e intelligenza legge le rime di Gaspara, allon-
tanandone con ironia i ritratti delineati nel corso della tradizione del testo, per
rintracciarne la persona nell’opera, in quello che lei definisce «un lungo sotterra-
neo esercizio letterario legato alle sue avventure umane»43.
41
Ibid., p. 365.
42
G. STAMPA, Rime, a cura di G. R. Ceriello, Milano 1954.
43 M. BELLONCI, Introduzione a G. STAMPA, Rime, Milano 1976, p. 7.
44 Cfr.
R. ANTONELLI, «Rerum vulgarium fragmenta» di Francesco Petrarca, in Letteratura italiana. Le opere, I
cit., pp. 379-471, in particolare alle pp. 400-10.
45 G. STAMPA e V. FRANCO, Rime cit., p. 4.
sore e valore alla propria figura. Questo scarto, che necessariamente rende impra-
ticabile la scansione petrarchesca delle rime «in vita» e «in morte» dell’unico og-
getto d’amore, fedelmente ripresa e codificata al femminile nel suo canzoniere da
Vittoria Colonna46, porta ad un diverso ordinamento delle rime, legato al tempo
interiore e soggettivo della passione d’amore, più che alla successione oggettiva
delle vicende d’amore.
Alla sostituzione degli amores all’unicità dell’amato corrisponde infatti la rap-
presentazione dell’amore semplice, non corrisposto, anziché quella dell’amore re-
ciproco: la topica dell’amore semplice che in sé non consente l’identificazione
dell’amante con l’amato e quindi la riduzione ad uno delle due figure speculari
(come nel canzoniere della Colonna), porta, sul piano della rappresentazione
poetica, alla messa in scena della differenza tra i due soggetti della vicenda amo-
rosa. In questo processo di riconduzione dell’uno al due, l’amato, in quanto «em-
pio in amore», perde in virtù e slitta quindi in un piano secondo del discorso, la-
sciando emergere come soggetto di valore l’amante virtuosa in quanto fedele ad
Amore: Gaspara, dunque, non scrive dell’altro per dire in riflesso di sé, ma par-
lando d’amore direttamente scrive di sé.
Se questa è la griglia concettuale sottesa alle rime, la loro scansione, mentre non
può narrare la storia di un amore reciproco ed esemplare, guida nell’itinerarium ad
deum, né la semplice successione di amori infelici, può invece coerentemente segui-
re il tracciato di una passione d’amore, esperienza totale e solitaria («Voi potete, si-
gnor, ben tormi voi [...] | ma non potete già ritormi poi | l’imagin vostra, il vostro al-
mo sembiante | [...]| non potete ritormi quei desiri, | che m’acceser di voi sì calda-
mente»: CLXXI)47: una passione che per esistere deve narrarsi, i cui frammenti
prendono vita all’interno di un forte immaginario poetico, senza il limite astratto
della forma perfetta del modello ed oltre i confini oggettivi di una vicenda quotidia-
na. L’apparente disordine della prima edizione del canzoniere – pur senza dimenti-
care che al testo, passando alle stampe, è comunque mancata la cura della sua autri-
ce – segue allora l’ordine interiore di un universo singolare femminile che, mentre
trasforma le esperienze d’amore in un pensiero di sé, tenacemente cerca, nella so-
cietà letteraria in cui si muove e si rappresenta, le parole e le forme per dirsi.
L’edizione Pietrasanta apre e chiude con rime d’amore: le prime utilizzano le
forme metriche più legate ai RVF (216 sonetti, 2 canzoni, 2 sestine), le seconde, le
due serie di Capitoli in terza rima e Madrigali (in endecasillabi e settenari, con for-
te predominanza del settenario), adottano invece registri stilistici più narrativi e
46 Per il canzoniere di Vittoria Colonna, in rapporto al modello petrarchesco e alla lirica femminile cinquecentesca,
48
«Nella riproduzione del canzoniere di madonna Gaspara Stampa io mi sono attenuto rigorosamente al testo del
1554» (A. SALZA, Nota cit., p. 372; seguono tuttavia indicate tutte le variazioni apportate alla prima edizione).
49
Cfr. J. CABIANCA, L’ultimo dei Königsmarck. Gaspara Stampa. Drammi in versi, Milano 1857, pp. 1-180.
50
G. PIERI, Gaspara Stampa. Dramma in tre atti in versi, Firenze 1858.
51 G. TORELLI NODARI, Gaspara Stampa, in «Letture di famiglia», VI (1857), pp. 40-42.
52
G. D’ANNUNZIO, Il fuoco (1900), in ID., Prose e romanzi, edizione diretta da E. Raimondi, a cura di N. Lo-
renzini, II, Milano 1989, p. 440: il pezzo continua con citazioni dalle rime fatte da Foscarina che a quattordici anni, di-
ce, ha recitato come protagonista in una tragedia romantica intitolata Gaspara Stampa (pp. 440-42). Nel romanzo,
inoltre, uno dei personaggi è Baldassare Stampa, discendente della famiglia di Gaspara, «giovine dalla lunga capella-
tura febea ch’egli portava come un retaggio della Saffo Veneziana, dell’ «alta Gasparra», della sventurata amica di Col-
laltino» (p. 291).
nomia di contenuto, mentre il tema religioso si configura invece sia come funzio-
ne del discorso dominante, sia come motivo centrale di una breve serie di rime. In
quanto frammenti del discorso d’amore i contenuti della cristianità subiscono una
brusca inversione di senso: così la festività del Natale, che scandisce (come la Pa-
squa in RVF) il tempo esterno del primo amore (il primo incontro e l’innamora-
mento: II; il riemergere della nostalgia, quando l’amore è già finito: CCIX), è il
giorno in cui come Cristo, che aveva assunto forma umana nel ventre verginale di
Maria (e «ne l’altezza sua potea restarsi»: II), così il suo signore aveva fatto «nido
e ricetto» nel suo cuore, «potendo in luogo più alto annidarsi» (II). Così l’estasi
divina di cui gli angeli godono «a l’alto Sire avanti», è pari all’estasi amorosa del-
la donna alla presenza de «la beltà infinita» dell’amato (XVII: Io non v’invidio
punto, angeli santi). Nei sonetti del secondo amore, l’immaginario poetico relati-
vo al tema religioso, coerentemente al tono complessivo delle rime, si applica in-
vece al precetto evangelico, totalmente riportato alla legge d’amore:
Dove volete voi ed in qual parte
voltar speme e disio che più convegna,
se volete, signor, far cosa degna
di quell’amor, ch’io vo spiegando in carte?
Forse a Dio? Già da Dio non si diparte
chi d’Amor segue la felice insegna:
Ei di sua bocca propria pur c’insegna
ad amar lui e ‘l prossimo in disparte. (CCXCVIII)
Le otto rime spirituali che in Salza seguono il capitolo in lode dello stato mo-
nacale (CCXCVIII), la canzone (CCXCIX) e quattro sonetti (CCC-CCCIII) in
morte di una monaca e chiudono il canzoniere forzandolo ad un modello non ri-
percorso dalla sua prima edizione, segnano, nei toni sommessi del colloquio acco-
rato con Cristo «dolce Signor», il tema del pentimento, delineando i tratti di un
itinerarium ad deum («Volgi, Padre del cielo, a miglior calle | i passi miei»: CC-
CIX): il modello petrarchesco è, in queste rime, rivissuto con un sentimento an-
cora una volta del tutto terreno, segnale, in questo caso, di profonda stanchezza e
di malinconico abbandono:
Mesta e pentita de’ miei gravi errori
e del mio vaneggiar tanto e sì lieve,
e d’aver speso questo tempo breve
de la vita fugace in vani amori,
a te, Signor, ch’intenerisci i cori·
e rendi calda la gelata neve,
[...]
ricorro; e prego che mi porghi mano. (CCCXI).
53
Cfr. L. BORSETTO, Narciso ed Eco cit., pp. 188 sgg.
54
Ma confronta anche le seguenti coppie di incipit (il primo elemento è riferito a Stampa, il secondo a Petrarca):
XLVII, 96; LI, 192; LXXXI, 152; CXI, 145; CXXVIII, 206; CXL, 234; CLI, 92; CLXIV, 14; CLXXIII, 224; CCXII,
150 le citazioni dai RVF sono tratte da F. PETRARCA, Canzoniere, introduzione di R. Antonelli, saggio di G. Conti-
ni, note al testo di D. Ponchiroli, Torino 1992.
55
«Ma perché chi cantò Sorga e Gebenna, | e seco il gran Virgilio e ’l grande Omero | non basteriano a raccontar-
ne il vero, | ragion ch’io taccia a la memoria accenna».
comporre le rime in canzoniere: «mi son rissoluta» – dice nella lettera «Allo illu-
stre mio Signore» – «di ragunarle tutte in questo libro». «E tu, che’n cave e soli-
tarie grotte, | Eco, soggiorni, – scrive nel capitolo CCXLIV, suggerendo per le sue
rime l’immagine del frammento ripetuto da una voce poetica, – il suon de’ miei la-
menti | rendi a l’orecchie sue con voci rotte».
In questo dire di sé in frammenti di un discorso d’amore i toni si fanno di-
scorsivi, assumendo forme dialogiche o epistolari in particolare là dove l’intreccio
tra l’accusa e la lode è più serrato, là dove l’argomentazione dei modi dell’empietà
dell’amato, segnati dalla forza del desiderio dell’amante, evocano nelle rime la
presenza dell’altro:
– Io ti scriverò subito – mi dite –
ch’io sarò giunto al loco ove andar chero, –
e poi la vostra fede a me tradite. (CXXXVI).
Conte, dov’è andata
la fe’ si tosto, che m’avete data?
Che vuol dir che la mia
è più costante, che non era pria? (CCXXXV).
Conte, scrive Gaspara in questo madrigale, appellativo ripetuto di frequente
nelle rime, in alternanza con signore (donno in CXII), parola breve come donna in
Petrarca, in grado di inserirsi nel verso senza morbidezza, scrive Maria Bellonci56,
parola quotidiana in grado di alludere ad un potere esercitato. «Deh, dolce conte
mio» scrive nel capitolo CCXLIII, in cui la forma metrica accompagna ed accen-
tua la narratività dell’enunciato; «s’io t’amassi come l’altre fanno, | t’amerei solo e
seguirei fin tanto | ch’io ne sentissi utile, e non danno»: è il sonetto CLXXVIII, in
cui il discorso d’accusa, violentissimo («Perché mi sii, signor, crudo e selvaggio, |
disdegnoso, inumano ed inclemente»), acceso dal furore della passione negata e
dalla gelosia, sostituisce per la prima volta al voi il tu, accostato per contrapposi-
zione netta all’io che lo precede.
Nelle rime più legate al secondo percorso interiore, in cui la donna «abietta e
vile», distanziata la figura dell’amato in pretesto alla scrittura poetica, si rigenera
in figura d’amore, il tono discorsivo proprio a tutto il canzoniere tende a risolver-
si invece nella forma del soliloquio («Io penso talor meco»: CLXXXV), o nei toni
della meditazione in cui prendono forma l’esperienza profonda della solitudine,
come stanchezza e malinconico abbandono («in amor non è altro il morire, | [...]
| che aver poca speranza e gran disire»: CC), o senso orgoglioso della propria for-
za («Poi che m’hai resa, Amor, la libertade»: CCVII); la nostalgia «de l’antico
56
M. BELLONCI, Introduzione cit., p. 24.
amor», nella ricorrenza del Natale (CCIX), la gioiosa festa per un nuovo amore
(«Si suol pur dir che foco scaccia foco»: CCXIV), il trionfo della passione: «Ma
che poss’io, se m’è l’arder fatale» (CCXXI).
L’intreccio tra i due discorsi, e insieme l’uso di diversi modelli retorici e la va-
rietà di prestiti e di forme poetiche, segnali tutti di una cultura letteraria media
conforme al quadro veneziano di quegli anni, e insieme segno di una forte inten-
zione soggettiva di inventare le parole poetiche per dirsi oltre il limite di una (per
lei impossibile) ripetizione delle forme dell’altro, determinano nel canzoniere un
evidente abbassamento stilistico della lingua del modello: identificata in Amore,
Gaspara Stampa, l’amante fedele, può dunque, piegando a sé nell’uso la lingua
della tradizione poetica, aderire in scrittura al proprio mondo interiore, e dargli
forma, valore e vita in personalissime ed intense rime d’amore.
6. Nota bibliografica.