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XIII
2
Lo
sviluppo
di
questo
blocco
di
lezioni
• In
questo
blocco
di
lezioni
proporremo
piucosto
un
punto
di
vista
poli/co:
dando
per
assodato
che
i
legami
di
parentela
avessero
un
ruolo
nella
poli/ca
a
Roma,
vedremo:
– Gli
strumen/
acraverso
i
quali
i
legami
familiari
potevano
essere
valorizza/.
– Il
valore
che
l’esempio
degli
antena/
poteva
avere
per
un
uomo
poli/co
romano.
– I
modi
acraverso
i
quali
i
legami
familiari
potevano
essere
estesi
e
rafforza/:
le
adozioni
e
i
matrimoni.
– Il
diba?to
intorno
al
problema
dell’assoluta
prevalenza
del
“familismo”
nella
poli/ca
di
Roma.
3
Nobilitas
e
appartenenza
ad
una
famiglia
• La
nozione
di
ascendenza
familiare
e
di
s/rpe
è
strecamente
legata
al
conceco
di
nobilitas.
– E/mologicamente
il
nobilis
è
“colui
che
è
noto”,
“che
può
essere
riconosciuto”:
e
un
facore
di
questa
riconoscibilità
è
la
sua
appartenenza
familiare.
• Qualche
studioso
si
spinge
ad
affermare
che
la
nozione
di
s/rpe
sia
esclusiva
della
nobiltà.
• Personalmente
ipo/zzerei
che
questa
nozione
possa
essere
penetrata
anche
in
gruppi
sociali
inferiori:
ma
in
questa
lezione
non
approfondiremo
il
problema.
4
CIL
I2,
15:
l’epitafio
di
Scipione
Ispano:
l’esaltazione
della
s/rpe
5
CIL
I2,
15:
l’epitafio
di
Scipione
Ispano
• Gneo
Cornelio,
figlio
di
Gneo,
• Cn(aeus)
Cornelius
Cn(aei)
Scipione
Ispano,
pretore,
edile
f(ilius)
Scipio
Hispanus,
/
curule,
questore,
tribuno
pr(aetor),
aid(ilis)
cur(ulis),
m i l i t a r e
p e r
d u e
v o l t e ,
q(uaestor),
tr(ibunus)
mil(itum)
decemviro
per
il
giudizio
delle
II,
Xvir
stl(iLbus)
iudik(andis),
/
controversie,
decemviro
per
Xvir
sacr(is)
fac(iundis).
/
l’esecuzione
dei
ri/
sacri.
Ho
Virtutes
generis
mieis
moribus
assommato
nei
miei
costumi
le
accumulavi,
/
progeniem
genui,
virtù
della
mia
s/rpe,
ho
facta
patris
peLei,
/
maiorum
generato
figli,
ho
cercato
di
optenui
laudem
ut
sibei
me
essere
pari
alle
imprese
di
mio
esse
creatum
/
laetentur,
padre,
ho
ocenuto
la
lode
degli
sLrpem
nobilitavit
honor.
antena/,
che
furono
felici
di
avermi
generato,
la
mia
carica
ha
nobilitato
la
s/rpe.
6
L’epitafio
di
Scipione
Ispano
• L’iscrizione
appare
sul
sarcofago
del
personaggio,
pretore
del
139
a.C.,
ed
è
inserita
nel
complesso
del
Sepolcro
degli
Scipioni,
sulla
via
Appia,
poco
entro
porta
S.
Sebas/ano,
a
Roma.
• Nel
cursus
honorum,
discendente,
da
rilevare
la
carica
di
Xvir
stliLbus
iudicandis,
una
delle
magistrature
che
componevano
il
vigin/virato,
prima
tappa
della
carriera
senatoria.
– Le
altre
cariche
del
vigin/virato
erano
IIIvir
capitalis,
IIIvir
monetalis,
IIIIvir
viarum
curandarum.
– Stlis
è
una
forma
arcaica
per
lis
“lite,
controversia”.
• L’elogio,
in
dis/ci
elegiaci,
è
una
sorta
di
manifesto
dell’importanza
di
quello
che
è
stato
definito
il
“capitale
familiare”:
il
lustro
che
una
persona
deriva
dalle
figure
dei
suoi
antena/.
– Scipione
Ispano
aveva
davan/
il
modello
dei
suoi
antena/,
e
in
par/colare
quello
del
padre,
e
di
quel
modello
si
è
rivelato
degno.
– Egli
inoltre
ha
dato
con/nuità
alla
famiglia,
generando
dei
figli.
7
L’ingresso
al
Sepolcro
degli
Scipioni
8
Uno
scorcio
dell’interno
del
Sepolcro
degli
Scipioni
9
La
valorizzazione
del
capitale
familiare
• Avveniva
acraverso
diversi
strumen/:
– La
propaganda
acraverso
la
monetazione.
– Le
immagini
degli
antena/
esibite
nei
ri/
funebri
e
conservate
negli
atrii
delle
domus
aristocra/che.
– Gli
alberi
genealogici,
pure
esibi/
negli
atrii
delle
domus.
– Gli
elogi
funebri.
– Lo
stesso
sistema
onomas/co
romano.
10
L’affermazione
del
capitale
familiare
acraverso
la
moneta
• I
magistra/
monetali
di
età
repubblicana,
nella
scelta
dei
/pi,
di
frequente
fanno
riferimento
alle
glorie
familiari.
– Il
riferimento
poteva
essere
molto
chiaro
e
univoco:
così
il
/po
dell’elefante
nella
monetazione
dei
Caecilii
Metelli,
a
ricordo
di
un
episodio
del
250
a.C.
– In
altri
casi
il
riferimento
risulta,
almeno
per
noi,
più
ambiguo:
così
il
riferimento
al
culto
familiare
di
Giove
nella
monetazione
dei
Cornelii
Scipiones.
11
La
monetazione
di
Quinto
Cecilio
Metello
Pio
• Denario
d’argento
coniato
nell’
81
a.C.
Al
drico
testa
di
Pietas
a
destra,
con
diadema,
e
cicogna.
Al
rovescio
elefante
e
legenda
Q(uintus)
C(aecilius)
M(etellus)
P(ius)
i(mperator).
12
La
monetazione
di
Quinto
Cecilio
Metello
Pio
• Monete
coniate
da
Metello
Pio
in
Italia
secentrionale
nell’81
a.C.,
durante
la
campagna
contro
i
Mariani
che
gli
valse
il
/tolo
di
imperator.
• Il
/po
del
drico
allude
alla
Pietas
mostrata
da
Cecilio
Metello
nel
richiamare
dall’esilio
il
padre
Quinto
Cecilio
Metello
Numidico
(che
aveva
rifiutato
di
giurare
osservanza
alla
lex
agraria
del
tribuno
della
plebe
L.
Apuleio
Saturnino,
nel
100
a.C.).
• Al
conceco
di
pietas
rimandava
anche
l’animale
simbolico
della
cicogna,
vedi
l’Appendice
a
questa
stessa
lezione.
• Il
/po
del
rovescio
allude
alla
cacura
di
tu?
gli
elefan/
del
comandante
cartaginese
Asdrubale
da
parte
del
proconsole
L.
Cecilio
Metello
nel
250
a.C.
a
Palermo
(Polibio,
I,
40).
13
Genealogie
inventate
nella
monetazione
• Alcuni
riferimen/
suggeriscono
genealogie
che
ci
appaiono
chiaramente
false:
– Così
per
esempio
i
riferimen/
al
re
sabino
Tito
Tazio
da
parte
dei
magistra/
monetali
L.
Titurius
Sabinus
e
T.
Ve3us
Sabinus.
• Queste
connessioni,
che
di
regola
nascevano
da
coincidenze
onomas/che,
evidentemente
avevano
una
certa
credibilità
per
i
contemporanei.
– Del
resto
era
difficile
dimostrare
la
loro
falsità:
i
riferimen/
erano
spesso
ad
un
passato
lontanissimo
e
mi/co.
14
La
monetazione
di
L.
Titurio
Sabino
• Denario
d’argento
coniato
nell’89
a.C.
Al
drico
testa
del
re
sabino
Tito
Tazio
e
legenda
Sabin(us)
e
Ta(Lus).
Al
rovescio
scena
del
raco
delle
Sabine
e
legenda
L(ucius)
Tituri(us).
15
Il
riferimento
ad
un
passato
più
o
meno
an/co
• Di
regola
nella
prima
fase
della
monetazione
romana
i
magistra/
monetali
prediligono
i
riferimen/
al
passato
più
lontano,
per
mostrare
l’an/chità
della
loro
famiglia.
• A
par/re
dal
II
sec.
a.C.
accade
che
i
magistra/
monetali
si
richiamino
ad
un
passato
più
recente,
alle
imprese
del
nonno
o
del
padre.
– Così
la
monetazione
dei
figli
di
Pompeo,
che
cercano
di
sfrucare
a
loro
vantaggio
l’immensa
popolarità
del
padre.
• Ma
più
spesso
si
tracava
di
una
scelta
obbligata:
la
famiglia
non
aveva
glorie
an/chissime
da
mostrare,
poiché
era
di
nobiltà
recente.
16
La
monetazione
di
Sesto
Pompeo
• Aureo
di
7,85
coniato
nel
37-‐36
a.C.
in
una
zecca
siciliana.
Al
drico
testa
di
Sesto
Pompeo
sormontata
da
una
corona
di
quercia
e
legenda
Mag(nus)
Pius
imp(erator)
iter(um).
A
rovescio
teste
affrontate
di
Cneo
Pompeo
Magno
e
di
suo
figlio
Cneo
Pompeo
(fratello
di
Sesto),
lituus
e
tripode,
e
la
legenda
praef(ectus)
clas(sis)
et
orae
marit(imae)
ex
S(enatus)
c(onsulto).
S/ma:
100.000
€
17
L’efficacia
propagandis/ca
dei
riferimen/
familiari
nella
monetazione
18
I
ri/
funebri,
momento
privilegiato
per
la
propaganda
familiare
• Even/
episodici,
ma
fondamentali
per
richiamare
le
glorie
familiari.
• Non
casuale
il
faco
che
Polibio
dedichi
all’esaltazione
delle
virtù
degli
antena/
nelle
cerimonie
funebri
i
cap.
53-‐54
del
libro
VI.
– La
connessione
tra
questo
tema
e
quelli
principali
sviluppa/
nel
libro
VI
(la
cos/tuzione
romana,
ma
anche
le
is/tuzioni
militari
di
Roma)
resta
incerto,
a
causa
delle
lacune
del
testo.
– Ma
non
è
illegi?mo
ipo/zzare
che
per
Polibio
i
ri/
funebri
e
il
loro
corredo
ideologico
fossero
un
altro
dei
segre/
del
successo
di
Roma.
• Un
messaggio
veicolato
in
forme
diverse:
– In
forma
figura/va
grazie
all’esposizione
di
ritra?
degli
antena/
(imagines),
talvolta
accompagnate
da
didascalie.
– In
forma
narra/va
nell’elogio
funebre
(laudaLo
funebris).
19
L’uso
delle
imagines
durante
le
cerimonie
funebri
• Nella
pompa
funebris
erano
erano
face
sfilare
maschere
che
riproducevano
in
modo
realis/co
le
facezze
degli
antena/
che
avevano
rives/to
le
magistrature
superiori.
– Il
realismo
derivava
dal
faco
che
queste
maschere
erano
realizzate
originariamente
in
cera,
direcamente
prese
sul
volto
del
personaggio
al
momento
della
sua
morte.
• Erano
indossate,
insieme
all’abito
proprio
della
magistratura
rives/ta,
da
acori
o
da
membri
della
famiglia
che
assomigliavano
per
corporatura
a
quegli
antena/.
• Maggiore
il
numero
degli
antena/
che
simbolicamente
sfilavano
nel
corteo
funebre
(e
maggiore
la
loro
an/chità),
maggiore
il
pres/gio
della
famiglia.
20
Una
maschera
funeraria
22
Polibio,
VI,
53,
4-‐10:
l’uso
delle
immagini
durante
i
ri/
funebri
• Costoro,
dunque,
procedono
su
carri,
precedu/
da
fasci,
scuri
e
dalle
altre
insegne
che
di
solito
accompagnano
le
magistrature
a
seconda
della
dignità
della
carica
pubblica
ricoperta
da
ciascuno
in
vita
e
quando
arrivano
ai
Rostri
si
siedono
tu?
in
fila
su
seggi
d’avorio.
Non
è
facile
per
un
giovane
amante
della
gloria
e
della
virtù
vedere
uno
specacolo
più
bello:
chi
non
resterebbe
colpito
nel
vedere
le
immagini
di
uomini
celebri
per
la
loro
virtù,
tuce
insieme,
quasi
fossero
dotate
di
vita
e
respiro?
Quale
specacolo
potrebbe
apparire
più
bello?
23
Plinio
il
Vecchio,
Storia
naturale,
XXXV,
2,
6:
i
ritra?
degli
antena/
e
gli
stemmi
negli
atrii
• Plinio
lamenta
che
ai
suoi
tempi
l’arte
del
ritraco
degli
antena/
è
in
piena
decadenza:
si
preferisce
adornare
le
case
con
opere
dell’arte
greca,
che
ritraggono
sogge?
estranei
alla
famiglia:
“quelli
che
costoro
lasciano
sono
ritra?
del
loro
denaro,
non
delle
loro
sembianze”
(XXXV,
2,
5).
• A
questo
punto
Plinio
inserisce
un
ricordo
dei
bei
tempi
anda/:
• “Ben
altre
immagini
si
vedevano
negli
atrii
degli
an/chi:
non
opere
di
ar/s/
stranieri,
né
bronzi
o
marmi,
ma
vol/
di
cera
erano
messi
in
ordine
negli
armadi,
affinché
queste
immagini
seguissero
i
funerali
gen/lizi
e
ad
ogni
nuovo
morto
era
sempre
presente
la
folla
dei
familiari
vissu/
prima
di
lui.
E
gli
alberi
genealogici,
con
le
loro
ramificazioni,
cos/tuivano
dei
quadri”.
24
Il
Togato
Barberini
e
i
ritra?
degli
avi
• Nella
celebre
statua,
un
nobile
mostra
con
orgoglio
i
ritra?
di
due
dei
suoi
antena/,
dalle
facezze
realis/che.
• La
statua
risale
alla
fine
del
I
sec.
a.C.
(la
testa
del
personaggio
principale,
non
per/nente,
è
di
qualche
decennio
anteriore).
• Già
nelle
collezioni
della
famiglia
Barberini,
oggi
è
conservato
nella
s e z i o n e
d e l l a
C e n t r a l e
Montemar/ni
dei
Musei
Capitolini.
25
L’atrium
come
luogo
di
esposizione
delle
glorie
familiari
• Nucleo
e
stanza
centrale
della
an/ca
casa
romana,
si
sviluppa
almeno
a
par/re
dal
IV
sec.
a.C.
• In
questa
primi/va
domus
era
il
luogo
dove
si
lavorava,
si
mangiava,
si
dormiva.
– Dalla
presenza
del
focolare
su
cui
si
cucinava
una
delle
possibili
e/mologie
del
nome
della
stanza:
da
ater,
“annerito”
dal
fumo.
• Varrone,
La
lingua
laLna,
V,
33,
161
lo
descrive
come
uno
spazio
comune
a
tu?
gli
abitan/
della
casa:
ad
communem
omnium
usum.
• Un
probabile
sviluppo
da
una
corte
interna
alla
casa,
completamente
scoperta.
26
L’atrium
come
luogo
di
esposizione
delle
glorie
familiari
• Anche
dopo
lo
spostamento
del
focolare
in
altro
ambiente,
l’atrio
rimane
una
stanza
dalle
molte
funzioni:
– È
stanza
di
lavoro,
in
par/colare
per
le
donne
ai
telai,
grazie
alla
sua
spaziosità
e
alla
luce
che
penetra
dall’apertura
nel
teco,
il
compluvium.
– È
spesso
la
stanza
del
Larario.
– Nell’atrio
era
esposto
il
defunto
prima
del
funerale.
– Nell’atrio
si
conservavano
le
maschere
degli
antena/
e
altre
glorie
familiari:
così
il
loro
messaggio
andava
al
di
là
del
momento
par/colare
della
cerimonia
funebre,
sopracuco
perché
era
nell’atrio
che
il
patronus
riceveva
i
suoi
clientes.
27
Un
esempio
di
atrio:
la
Casa
della
Poeta
Tragico
a
Pompei
28
L’atrio
della
Casa
del
Poeta
Tragico
(ricostruzione)
29
La
decorazione
dell’atrio
della
Casa
del
Poeta
Tragico
30
Sallus/o,
La
guerra
di
Giugurta,
4,
5-‐6:
il
valore
esemplare
delle
immagini
• Spesso
ho
udito
narrare
che
Quinto
[Fabio]
Massimo,
Publio
[Cornelio]
Scipione
[Africano]
e
altri
personaggi
insigni
della
nostra
cicà
solevano
dire
che
nulla
accendeva
il
loro
animo
a
egregie
cose
quanto
i
ritra?
degli
avi.
Non
era
né
la
cera
né
le
effigi
a
provocare
quella
emozione,
ma
la
memoria
delle
imprese;
essa
alimentava
nel
peco
di
quei
magnanimi
una
fiamma
che
non
si
es/ngueva
se
non
quando,
con
i
propri
meri/,
avevano
eguagliato
la
fama
di
quelli.
31
Tacito,
Annali,
II,
27:
le
imagines
inducono
a
concepire
le
più
alte
ambizioni
32
Tacito,
Annali,
II,
27:
le
imagines
inducono
a
concepire
le
più
alte
ambizioni
33
Gli
alberi
genealogici
• Un
importante
complemento
ai
ritra?
degli
antena/
espos/
nell’atrio
della
casa
erano
gli
alberi
genealogici
(stemmata),
come
rilevato
nella
tes/monianza
di
Plinio
il
Vecchio
a
diapo
24.
• La
tes/monianza
pliniana
autorizza
a
pensare
a
stemmi
in
cui
non
vi
erano
solo
i
nomi,
ma
anche
i
ritra?
dei
personaggi,
collega/
tra
di
loro
da
linee.
– Nella
stessa
direzione
depone
la
tes/monianza
di
Giovenale,
SaLre,
8.
• Anche
se
la
documentazione
su
ques/
stemmi
è
prevalentemente
di
età
imperiale,
la
loro
origine
potrebbe
essere
assai
an/ca,
forse
a
seguito
di
un’influenza
etrusca.
34
Svetonio,
Vita
di
Galba,
2:
lo
stemma
della
famiglia
di
Galba
• A
Nerone
successe
Galba,
non
legato
da
alcun
grado
di
parentela
alla
famiglia
dei
Cesari,
ma
ciò
nonostante
nobilissimo
e
discendente
da
una
famiglia
an/ca
e
illustre.
Infa?
non
dimen/cò
mai
nelle
iscrizioni
soco
le
sue
statue
di
designarsi
pronipote
di
Quinto
Catulo
Capitolino
e
quando
fu
imperatore
espose
nell’atrio
il
suo
albero
genealogico,
per
mostrare
che
per
parte
di
padre
risaliva
fino
a
Giove,
e
per
parte
di
madre
a
Pasifae,
moglie
di
Minosse.
35
Giovenale,
SaLre,
8:
stemmi
con
ritra?
• Che
ci
stanno
a
fare
gli
alberi
genealogici?
A
che
serve,
Pon/co,
esser
considerato
di
una
grande
famiglia,
mecere
in
mostra
le
facce
dipinte
degli
antena/
e
gli
Emiliani
in
piedi
sui
cocchi,
e
i
Curi
smozzica/
e
Corvino
senza
più
le
spalle
e
Galba
senza
orecchie
né
naso?
Che
guadagno
/
viene
dal
poter
ostentare
un
Corvino
sul
grande
quadro
della
tua
famiglia
e
poter
indicare,
con
la
cima
di
una
baccheca,
affumica/
comandan/
di
cavalleria
e
un
dicatore,
se
poi
vivi
malamente,
soco
gli
occhi
dei
Lepidi?
36
Giovenale,
SaLre,
8:
stemmi
con
ritra?
• Una
sa/ra
assai
cri/ca
nei
confron/
di
chi
cerca
di
coprire
una
vita
meschina
con
le
glorie
degli
antena/,
a
par/re
dal
primo
verso:
Stemmata,
quid
faciunt?
– Una
cri/ca
verso
il
conceco
di
capitale
familiare
che,
come
vedremo,
ha
le
sue
origini
fin
dalla
tarda
età
repubblicana.
• Lo
sconosciuto
des/natario
della
sa/ra,
Pon/co,
poteva
annoverare
una
serie
impressionante
di
antena/
(con
tuca
probabilità
fi?zia):
– P.
Cornelio
Scipione
Emiliano,
il
distrucore
di
Cartagine
e
Numanzia.
– Manio
Curio
Dentato,
il
vincitore
dei
Sanni/.
– Marco
Valerio
Corvino,
altro
protagonista
delle
Guerre
Sanni/che
(o
piucosto
il
padre
Marco
Valerio
Corvo,
che
con
l’aiuto
del
nero
pennuto
avrebbe
sconfico
un
gigantesco
Gallo
a
duello
nel
349
a.C.).
– La
nobile
famiglia
dei
Sulpicii
Galbae.
–
Gli
altrecanto
nobili
Aemilii
Lepidi.
37
Gli
elogi
funebri
• Come
dimostra
il
nome
stesso
di
laudaLones
funebres,
il
loro
intento
non
era
consolatorio,
ma
di
esaltazione
del
defunto
(e
della
sua
famiglia).
– Cicerone,
Bruto,
16,
62
affermava
che
il
loro
scopo
era
quello
di
perpetuare
le
glorie
della
famiglia
e
di
illustrarne
la
nobiltà.
• Anche
se
pronuncia/
in
un
momento
par/colare,
non
erano
effimeri:
il
loro
testo
era
conservato
negli
archivi
familiari.
• A
pronunciare
il
discorso
poteva
essere
uno
streco
congiunto
del
defunto,
per
esempio
un
figlio.
• Ma
anche
colui
che
si
poteva
considerare
il
suo
erede
poli/co:
l’elogio
funebre
di
Cesare
fu
pronunciato
da
Antonio,
quello
di
Agrippa
da
Augusto.
• La
volontà
propagandis/ca
non
si
fermava
nemmeno
alle
falsificazioni,
come
denunciava
sempre
Cicerone,
Bruto,
16,
62.
38
Polibio,
VI,
53,
1-‐3:
gli
elogi
funebri
• Quando
fra
loro
muore
un
uomo
in
vista,
durante
la
celebrazione
delle
esequie
egli
viene
trasportato,
con
tu?
gli
onori
presso
i
cosidde?
Rostri,
nel
Foro,
a
volte
in
posizione
ereca,
in
modo
da
essere
ben
visibile,
raramente
adagiato.
Mentre
tuco
il
popolo
gli
sta
acorno,
un
figlio,
se
il
morto
ne
ha
lasciato
uno
in
età
adulta
e
se
ques/
si
trova
presente,
o
altrimen/,
se
c’è,
un
altro
membro
della
famiglia,
sale
sui
rostri
e
parla
delle
virtù
del
morto
e
dei
successi
da
lui
consegui/
in
vita.
La
conseguenza
di
ciò
è
che
la
folla,
ricordando
e
richiamando
alla
mente
l’accaduto
–
non
solo
coloro
che
hanno
preso
parte
ai
fa?,
ma
anche
gli
estranei
–
sia
tanto
commossa
che
non
sembra
tracarsi
di
una
disgrazia
privata,
limitata
alle
persone
in
luco,
ma
comune
a
tuco
il
popolo.
39
Polibio,
VI,
54,
1-‐3:
gli
elogi
funebri
• Colui
che
commemora
l’uomo
che
sta
per
essere
seppellito,
dopo
aver
pronunciato
un
discorso
su
di
lui,
comincia
dal
più
an/co
degli
altri
presen/
e
cita
i
successi
e
le
imprese
di
ciascuno.
Di
conseguenza,
venendo
sempre
rinnovata
la
fama
di
virtù
degli
uomini
di
valore,
la
gloria
di
coloro
che
hanno
compiuto
qualche
bella
azione
si
fa
immortale
e
la
celebrità
di
coloro
che
hanno
reso
benefici
alla
patria
diviene
nota
ai
più
e
viene
trasmessa
ai
posteri.
Ma
la
cosa
più
importante
è
che
i
giovani
sono
incoraggia/
a
sopportare
qualunque
cosa
per
il
bene
dello
stato,
per
conseguire
la
gloria
che
accompagna
gli
uomini
di
valore.
40
Cicerone,
Bruto,
16,
62:
falsi
storici
negli
elogi
funebri
• E
ques/
[gli
elogi
funebri]
ci
restano,
per
Ercole!
Le
famiglie
stesse
li
conservavano
quasi
come
/toli
d’onore
e
come
documen/,
per
farne
uso
in
caso
di
morte
di
altri
membri
della
stessa
casata,
per
tramandare
la
memoria
delle
glorie
familiari
e
per
dar
lustro
alla
propria
nobiltà.
Tucavia
da
ques/
elogi
la
nostra
storia
nazionale
è
stata
alquanto
alterata.
Vi
si
trovano
scrice
molte
cose
mai
accadute:
trionfi
falsi,
un
numero
esagerato
di
consola/,
anche
genealogie
false
e
passaggi
alla
plebe,
quando
si
riversavano
personaggi
di
origine
più
umile
in
altra
famiglia
dello
stesso
nome;
come
se
io
dicessi
di
discendere
da
Manio
Tullio,
patrizio
che
fu
console
con
Servio
Sulpicio
dieci
anni
dopo
la
cacciata
dei
re.
41
Il
sistema
onomas/co
• Il
par/colare
sistema
onomas/co
romano
era
concepito
per
esprimere
con
una
certa
precisione
i
legami
familiari.
– Acraverso
il
prenome,
per
la
consuetudine,
sopracuco
osservata
dall’aristocrazia,
di
trasmecere
il
prenome
paterno
al
figlio
maggiore.
– Acraverso
il
gen/lizio,
che
si
trasmeceva
a
tu?
i
membri
della
gens.
– Acraverso
la
menzione
del
patronimico
(e
a
volte
dell’avonimico),
con
il
riferimento
specifico
al
padre
(e
al
nonno).
– Acraverso
il
cognome,
che
in
età
repubblicana
dis/ngueva
le
diverse
famiglie
nobili
all’interno
della
medesima
gens.
42
CIL
X,
6087
da
Gaeta:
L.
Munazio
Planco
ricorda
i
suoi
antena/
nella
sua
formula
onomas/ca
43
Il
mausoleo
di
Munazio
Planco
a
Gaeta
44
CIL
X,
6087
da
Gaeta:
L.
Munazio
Planco
ricorda
i
suoi
antena/
nella
sua
formula
onomas/ca
• L’iscrizione,
apposta
sul
grandioso
mausoleo
funebre
di
Planco
a
Gaeta
(1
d.C.),
ricordava
anche,
senza
seguire
un
par/colare
ordine
cronologico,
il
cursus
honorum:
– Il
consolato
del
42
a.C.
– La
censura
del
22
a.C.
– Le
due
acclamazioni
a
imperator.
– La
carica
sacerdotale
di
VIIvir
epulonum.
– Il
trionfo
sui
Re/
del
43
a.C.
(e
l’impiego
del
bo?no
di
questa
campagna
per
il
rifacimento
del
tempio
di
Saturno
a
Roma).
– La
fondazione
delle
colonie
di
Lugdunum
(Lione)
e
Augusta
Raurica
(Augst)
verso
il
43
a.C.
– L’incarico
di
assegnare
terreni
ai
veterani
della
campagna
di
Filippi
nel
territorio
di
Benevento,
poco
dopo
il
42
a.C.
• Ma
interessa
qui
la
formula
onomas/ca,
in
cui
Planco
richiama
il
padre,
il
nonno
e
il
bisnonno,
sebbene
provenisse
da
una
semplice
famiglia
equestre.
45
Il
riferimento
esplicito
ai
propri
avi
nelle
iscrizioni
di
età
imperiale
46
Appendice:
la
cicogna
come
simbolo
di
Pietas
Nell’immagine:
due
cicogne
nel
BesLario
di
Aberdeen,
del
XII
secolo.
47
La
pietas
nei
confron/
dei
genitori
• Accanto
al
ben
noto
sen/mento
di
devozione
religiosa
nei
confron/
degli
dèi
(pietas
erga
deos),
la
pietas
designa
anche
una
devozione
nei
confron/
dei
genitori
(pietas
erga
parentes).
– Cicerone,
Le
parLzioni
dell’oratoria,
78:
“la
parte
di
questa
virtù
[ovvero
della
magnitudo
animi,
la
grandezza
d’animo]
che
si
esercita
nella
comunità
è
deca
iusLLa,
nei
confron/
degli
dèi
è
chiamata
religio,
nei
confron/
dei
genitori
è
deca
pietas,
nei
confron/
della
gente
è
chiamata
bonitas”.
48
La
pietas
erga
parentes
della
cicogna
• Secondo
una
tradizione
consolidata
nell’An/chità,
da
Sofocle
(V
sec.
a.C.)
a
Cassiodoro
(inizi
VI
sec.
d.C.)
la
cicogna
era
un
animale
caracerizzato
dalla
devozione
nei
confron/
degli
anziani
genitori.
• Cf.
Petronio,
Satyricon,
55,
6,
che
definisce
la
cicogna
pietaL
cultrix.
• L’espressione
più
completa
di
questa
tradizione
si
trova
nel
commento
ai
Dieci
Comandamen/
del
filosofo
ebraico
Filone
di
Alessandria
(20
a.C.
circa
–
45
d.C.
circa).
• Non
solo
una
tradizione
doca:
la
statua
di
Pietas
che
si
trovava
nel
tempio
della
dea
presso
il
Circo
Flaminio
recava
in
braccio
una
cicogna.
49
Filone,
Sui
dieci
comandamenL,
116-‐117:
la
pietà
delle
cicogne
nei
confron/
dei
genitori
• Tra
le
cicogne
gli
uccelli
più
anziani
restano
nel
nido
quando
sono
incapaci
di
volare,
mentre
i
loro
figli
volano,
potrei
dire,
per
terra
e
per
mare,
raccogliendo
da
ogni
dove
provviste
per
i
loro
genitori;
e
così,
mentre
ques/
ul/mi
pur
nell’ina?vità
gius/ficata
dalla
loro
età
con/nuano
a
godere
dell’abbondanza,
gli
uccelli
più
giovani,
senza
dare
importanza
alla
fa/ca
sostenuta
nella
loro
ricerca
di
cibo,
mossi
da
pietà
e
dall’aspeca/va
che
il
medesimo
tracamento
sarà
riservato
loro
dalla
propria
prole,
ripagano
un
debito
che
non
possono
rifiutare,
un
debito
che
contraggono
ed
es/nguono
a
tempo
debito,
ovvero
quel
debito
per
il
quale
l’una
o
l’altra
delle
par/
è
incapace
di
mantenersi,
i
piccoli
nella
prima
parte
della
loro
esistenza,
i
genitori
alla
fine
della
loro
vita.
E
così,
senza
bisogno
di
alcun
insegnante
ma
per
loro
is/nto
naturale,
danno
volen/eri
alla
vecchiaia
il
nutrimento
con
il
quale
sono
sta/
alleva/
in
gioventù.
50
Pietas
e
la
cicogna
nella
monetazione
• Sesterzio
coniato
tra
il
134
e
il
138
d.C.;
al
drico
busto
di
Adriano,
con
corona
d’alloro
e
legenda
Hadrianus
Aug(ustus)
co(n)s(ul)
III,
p(ater)
p(atriae);
al
rovescio
Pietas
con
le
braccia
levate
in
segno
di
preghiera,
e,
alla
sua
destra,
una
cicogna.
51
Per
saperne
di
più
• D.
P.
Miquel,
DicLonnaire
symbolique
des
animaux.
Zoologie
mysLque,
Paris
1991,
pp.
101-‐108
[SA
CONS
ENC
84]
• M.
Salanitro,
L'uccello
pio:
Petronio
55,
6
v.
4,
«Rivista
di
Filologia
e
Istruzione
Classica»,
124
(1996),
3,
pp.
300-‐305
[SA
VI
piano].
• C.
Perassi,
La
creazione
di
un
Lpo
monetale.
Il
caso
di
Pietas
sulle
emissioni
romane
di
età
repubblicana,
«Aevum»,
71
(1997),
1,
pp.
123-‐149
[Biblioteca
digitale].
52