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STEFANO DAL BIANCO Vittorio Sereni: Petrarca come forma interna

La maggior parte dei poeti non molto affidabile quando si tratta di dichiarare i modi e i tempi dei propri debiti letterari, ma il quasi proverbiale senso di responsabilit delluomo Sereni credo che mi autorizzi in qualche misura a fare quello che non farei per quasi nessun altro, e cio a prendere le mosse proprio da un intervento dal titolo Petrarca, nella sua finzione la sua verit, che Sereni tenne alla biblioteca cantonale di Lugano nel 1974 1. Qui la devozione per Petrarca emerge con parole inequivocabili: sia in giovent sia negli anni di Stella Variabile per Sereni Petrarca lessenza (o la quintessenza) della poesia. In assoluto, Sereni un poeta parco di citazioni. Nei due principali commenti alla sua opera, quello di Luca Lenzini2 e quello di Dante Isella3, trovano posto riferimenti a Dante, Ariosto, Tasso, Leopardi e a molti altri: Petrarca nominato pochissimo, e per di pi mai in qualit di vera e propria citazione, ma sempre come probabile o possibile eco. Faccio velocissimamente degli esempi, rubati da Lenzini e anche da unutile monografia sereniana di Francesca DAlessandro, che dedica al rapporto con Petrarca quasi un intero capitolo (Il dialogo con i classici)4. Sottolineo soltanto che parecchi dei riscontri lessicali sono sospetti o contaminati con altre fonti possibili:
Un grande amico che sorga alto su me (Il grande amico), Ben venne a dilivrarmi un grande amico (RVF 81) 5;

Da ultimo in V. SERENI, Sentieri di gloria. Note e ragionamenti sulla letteratura, a cura di G. STRAZZERI, introduzione di G. RABONI, Mondadori, Milano 1996, pp. 127-146. 2 V. SERENI, Il grande amico. Poesie 1935-1981, introduzione di G. LONARDI, commento di L. LENZINI, Rizzoli, Milano 1990. 3 V. SERENI, Poesie, edizione critica a cura di D. ISELLA, Mondadori, Milano 1995. 4 F. DALESSANDRO, Lopera poetica di Vittorio Sereni, Vita e Pensiero, Milano 2001, in particolare alle pp. 163-210, cui rimando per altri esempi. 5 Ma c il romanzo di Henry Alain-Fournier, Le grand Meaulnes, amatissimo da Sereni e tradotto in italiano appunto con Il grande amico.

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Stefano Dal Bianco e forte ami ove io accenni a invaghirmi (Il grande amico), Larbor gentil che forte amai moltanni (RVF 60), io amai sempre et amo forte ancora (RVF 85); Quanti anni che mesi che stagioni (Viaggio allalba), Benedetto sia il giorno e il mese e lanno / e la stagion (RVF 61); gesto leggiadro che preserva / il lembo della gonna (Le Fornasette), herba e fior che la gonna / leggiadra ricoverse [] qual fior cadea sul lembo (RVF 126); Venivano spifferi in carta dallaltra riva (Un posto di vacanza I), invidia a quei che son su laltra riva (RVF 124) 6; muore / oggi un mio caro e con lui cortesia (Niccol), Nel tuo partir, part del mondo Amore / et Cortesia (RVF 352)7; di costa in costa (Autostrada della Cisa), Di pensier in pensier, di monte in monte (RVF 129) 8.

Ora, essendo Petrarca la poesia (come dice Sereni), un po normale e valido per quasi tutti i poeti del Novecento che i riferimenti tendano, si pu dire naturalmente, a mimetizzarsi o a nascondersi magari dietro a Leopardi e dAnnunzio, o davanti a Dante, ma questa povert di riferimenti puntuali in Sereni d da pensare. I prelievi citazionali veri e propri di solito in Sereni sono espliciti ed esibiti in funzione ironica o sarcastica, come segnale di letteratura. Questo vale per Dante: Navigando / oltre Marocco allisola dei Sardi (Il male dAfrica, da Inf. XXVI, 104), Mia donna venne a me di Val di Pado (parlando ornato in Intervista a un suicida, da Par. XV, 137); vale per Ariosto: le figure di Orlando e Angelica in Mille miglia; per Leopardi: E di me si spendea la miglior parte (Una visita in fabbrica, da A Silvia), e vale per dAnnunzio: Anche agosto / [] / anche agosto andato per sempre! (La poesia una passione?, da Il novilunio, 131-2), ma non vale per Petrarca. Ed strano che proprio la poesia per antonomasia non venga mai citata tra virgolette, n mai esplicitamente parodizzata.

6 Qui, come spesso avviene, Dante il modello petrarchesco: I vegno per menarvi a laltra riva (Inf. III, 86); e lespressione, del resto comunissima, poi tra gli altri in dAnnunzio, nel finale di Bocca di Serchio (Alcyone): La pi gran gioia sempre allaltra riva. 7 Si tratta tuttavia di un modulo canonico della lirica antica: Con la morte dellamico o dellamata scompare dal mondo anche la nobilt danimo (LENZINI, cit., p. 265), e cfr. Dante: Dal secolo hai partita cortesia (Morte villana, di piet nemica, VN VIII). 8 Il riferimento particolarmente vago, e fa da tramite subconscio, probabilmente, certo Luzi degli anni Cinquanta, appassionato di simili coppie di uguali (cfr. P.V. MENGALDO, Poeti italiani del Novecento, Milano, Mondadori 1978 (19812), p. 651.

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A chiarire il perch di questo divieto ci aiuta lintervento di Sereni stesso, che dopo aver citato:
e l vago lume oltra misura ardea di quei begli occhi, chor ne son s scarsi (RVF 90)

sostiene di non avere alcuna difficolt ad ammettere che il vago lume, in quel contesto, lo incanta da sempre, e aggiunge:
Fuori da quello riconosco che vieto, non ripetibile nonostante sia forte la tentazione di adottarlo, applicarlo a determinati trasalimenti, illuminazioni, apparizioni che lesistenza ci offre 9.

Sereni ci d insomma due argomentazioni inscindibili: la prima che, se altri possono utilizzare il Canzoniere come un serbatoio tematico o stilistico, egli paradossalmente attratto da Petrarca in quanto esempio valido per lesistenza10, e dunque: Petrarca non pu entrare in poesia se non come maniera. Vale la pena di leggere per esteso un altro passo, in cui Sereni ripropone questa doppia prospettiva in chiave anche formale:
Linsigne impresa stilistica che risulta dal procedimento riduttivo del Petrarca uno sguardo gettato in continuit seguendo gli spostamenti minimi di una lente precisa, al fondo di una corrente che varia ma ha pur sempre la stessa origine pu averci indicato la strada per cui attimi della nostra esistenza, del nostro vissuto, si fanno memorabili; e, almeno ai nostri occhi, memorabili in concreto. Ma basta adagiarsi in questa fiducia, in questa giustificazione ed ecco il procedimento impoverirsi a meccanismo ripetitivo; lo sguardo minacciato di cecit; lorizzonte stesso chiudersi, raggelarsi; larco desperienza ridursi a sempre pi infrequenti e illusori sussulti in un ambito di progressiva aridit11.

In realt, tutto lintervento di Sereni, a pi riprese e secondo prospettive diverse, ribadisce il legame implicito tra petrarchismo novecentesco (o petrarchismo in proprio) e esistenza. Le figure petrarchesche valgono per quanto hanno saputo e sanno far rivivere e muovere in noi. Insomma, come stato detto, Petrarca lautore che ha connotato di valori simbolico-esistenziali lo spazio del vissuto sereniano, e ne ha fatto una serie di luoghi dellanima12.

V. SERENI, Sentieri di gloria, cit., p. 142. il modo sereniano di avvicinarsi alla poesia altrui, ma nella conversazione ticinese su Petrarca linsistenza su questo aspetto massima. 11 Ivi, p. 145, corsivi miei. 12 F. DALESSANDRO, op. cit., p. 179. Uno di questi luoghi Vaucluse, come punto di confluenza Petrarca-Char; la DAlessandro ne parla diffusamente.
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Il fatto che Petrarca agisca sulla vita, e in quanto vita, in quanto atteggiamento esistenziale, implica un forte cortocircuito nientemeno che allinterno della mente sereniana nel suo complesso, quella mente che ritroviamo in forme autonome e inconsce nei fatti di lingua. Da questo punto di vista la povert di citazioni e allusioni petrarchesche da mettere in rapporto con la nota avversione di Sereni per il sonetto, e in genere per tutte le manifestazioni di una forma data a priori, di una gabbia precostituita da riempire di contenuti a piacere. Mi spiego: Petrarca quasi assente dalle forme esteriori o apparenti della poesia di Sereni, ma presentissimo e agisce in profondit su quella che Mengaldo (ricordandosi di Lukcs) ha chiamato la forma interna della sua poesia. Tra poco cercheremo di vedere che cosa ci possa significare in concreto. Per intanto, cerco subito di contraddirmi almeno in parte fornendo (con laiuto della critica e di Sereni stesso) un breve elenco dei punti tematici di contatto che pure esistono fra i due, ma senza sovracaricarli di significato. Io direi che alcuni dei grandi temi sereniani come lamicizia, il viaggio, il sogno, sono solo tangenti o occasionali in Petrarca. E per ci sono almeno due atteggiamenti di Sereni che lo portano naturalmente sul piano di un petrarchismo caratteriale, di indole, prima ancora che letterario: innanzitutto la stessa centralit dellesperienza, che produce in entrambi da una parte un sicuro antidogmatismo e insomma una certa laicit nei confronti delle ideologie del tempo13 e dallaltra quella fissit o fissazione tematica che fa s che Petrarca si dedichi tutta la vita a scrivere sempre della stessa persona (che un fatto pi unico che raro) mentre per Sereni significa fedelt estrema al proprio mondo. Siamo insomma al libro unico e allesile mito, ma non nel senso del canzoniere, cio di una costruzione organica e para-narrativa, che in Sereni non esiste come in altri poeti del Novecento (ed anche per questo che il mito esile)14, quanto proprio nel senso dellimpossibilit di distaccarsi da una forma di vissuto interiore, per cui le tappe del libro sono anche le tappe della vita. Tanto vero che nella sua conversazione ticinese Sereni interpreta autobiograficamente linquietudine correttoria di Petrarca come alta fedelt ai moti cherano sorti in lui e alle figure che dentro di lui avevano assunto. Non si tratta, ovvio, di incontentabilit o di perfezionismo rispetto a un modello esteriore15.

13 Sullantidogmatismo sereniano insiste Raboni nellintroduzione a Sentieri di gloria, cit., p. 9. 14 I modelli classici della narrativit sereniana sono altri: Dante e Ariosto soprattutto. Petrarca citato nella conversazione sempre e soltanto come modello di illuminazione lirica, e quasi solo dai sonetti, non dalle canzoni. 15 V. SERENI, Sentieri di gloria, cit., p. 139.

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Il secondo punto fondamentale di contatto il dualismo costitutivo di entrambi, cio il dubbio e linsicurezza elevati a tema: corpo e spirito, terra e cielo, passione esistenziale e vita eterna in Petrarca (almeno ufficialmente); partecipazione e contemplazione, engagement e fedelt ai morti, e in ultima analisi vita e poesia in Sereni. , tra laltro, la potenza pervasiva di tali oscillazioni a procurare la figura principe in entrambi, che lantitesi: di Sereni basta leggersi Lequivoco, o anche Amsterdam, Situazione, La poesia una passione? negli Strumenti umani 16. Queste due componenti primarie (fedelt allesperienza e dualismo) stanno probabilmente alla base dei riscontri tematici che si possono fare in generale, e che sono: 1. Il senso di colpa innato, che pu anche manifestarsi come vergogna: vergogna tout court e vergogna della poesia. La colpa ha tra laltro leffetto di produrre situazioni processuali in entrambi: si pensi al Secretum e, per Sereni, a Un sogno, ma il giovenile errore ha numerosi altri addentellati negli Strumenti umani, dal finale di Nella neve (sbandavo, tradivo ancora una volta) alla fitta di rimorso che lanima in Intervista a un suicida. Manca del tutto in Petrarca il senso dellinadeguatezza nei confronti della storia o della vita civile, un atteggiamento novecentesco che Sereni ha in sommo grado, ma linadeguatezza della lingua poetica a rappresentare la realt c, eccome:
Perchio tabbia guardato di menzogna a mio podere et honorato assai, ingrata lingua, gi per non mi renduto honor, ma facto ira et vergogna: ch quando pi l tuo aiuto mi bisogna per dimandar mercede, allor ti stai sempre pi fredda, et se parole fai, son imperfecte, et quasi duom che sogna. (RVF 49, 1-8)

e bisogner ricordarsi almeno del sonetto proemiale del Canzoniere (et del mio vaneggiar vergogna l frutto) o dellunderstatement petrarchesco nel concetto stesso di nugae. E c, in generale, la vergogna del parlare di s, pur nellostinazione a farlo, perch entrambi sanno che da qualche parte del s, nel profondo della coscienza, nascosta la scintilla di un legame comunitario, di

16 Testi gi segnalati da P.V. MENGALDO, Iterazione e specularit in Sereni, in ID., La tradizione del Novecento. Prima serie, Bollati Boringhieri, Torino 1996 (Feltrinelli, Milano 19751), p. 408. Dal noto saggio di Mengaldo derivano quasi tutte le osservazioni tematiche che seguono.

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un aggancio del logos lirico alla comunit umana che entrambi subodorano come politico 17. 2. Si connette di solito a situazioni di colpa anche il tema ricorrente del viaggio, che spesso loccasione di un ritorno del passato nel presente (ritorno e ancora sono parole chiave dei titoli sereniani)18. Lo spostamento veicola di solito e paradossalmente il motivo della effettiva invarianza nelle occasioni dellesistenza e il rimanere ancorato del soggetto allinterno di un circolo vizioso fatto di ricordi ed esperienze appunto immutate e immutabili (per esempio nel trittico DallOlanda). La stessa invarianza sentimentale, gli stessi fantasmi non obliabili che troviamo in Petrarca:
I dolci colli ovio lasciai me stesso, partendo onde partir gi mai non posso, mi vanno innanzi et mmi ognor adosso quel caro peso chAmor m commesso. (RVF 209)

e si veda anche questo passo dal sonetto 301, interessante perch prefigura il motivo ben sereniano (Ancora sulla strada di Zenna) di una immutabilit del paesaggio contro lo spaesamento o spossessamento dellio:
ben riconosco in voi lusate forme, non, lasso, in me, che da s lieta vita son fatto albergo dinfinita doglia. (RVF 301)

3. Ci sono poi le situazioni dialogate. Il dialogismo sereniano, soprattutto quando si tratta di parlare con i morti (Ancora sulla strada di Creva, Intervista a un suicida), ha pi a che fare con Dante che con Petrarca, ma quando si tratta di parlare con se stessi o con un alter ego occasionale (come in Nel sonno e in Paura prima e Paura seconda, e in molti altri luoghi tipici) il riferimento potrebbero essere i famosi dibattuti monologhi di Petrarca con Amore o con altri (I dico a miei pensier). Lo stesso dialogo amoroso, che un tema ricorrente in Sereni, mi pare particolarmente affine a situazioni petrarchesche, soprattutto dagli Strumenti umani in poi, quando il dialogo avviene sempre in presenza dellinterlocutrice e abbandona i modi ancora ermetizzanti e alla grossa stilnovistici che la vedevano proiettata in una lontananza numinosa e priva di riferimenti concreti19.

Per Petrarca rimando al bel saggio di A. ZANZOTTO, Petrarca fra il palazzo e la cameretta [1976], ora in ID., Scritti sulla letteratura, a cura di G. M. VILLALTA, Mondadori, Milano 2001. 18 Cfr. P. V. MENGALDO, Iterazione e specularit in Sereni, cit., p. 395. 19 Ivi, p. 403.

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4. Segnalo in fretta ancora la ricorrenza in sogno di apparizioni fantasmatiche, tipica di Sereni, che si trova in qualche luogo petrarchesco, come nei sonetti 279 e 342, e 5. la fascinazione di Sereni per alcune idilliache descrizioni di paesaggi, e insomma per la qualit petrarchesca del suo locus amoenus, come in Ancora sulla strada di Creva:
cantavano gli uccelli dalle rogge e quante ancora verdi intatte foglie recava in grembo lautunno.

Passerei adesso alla questione della forma interna, che abbiamo lasciato in sospeso, con la premessa che il tratto linguistico pi generale, comune a Petrarca e Sereni, la medietas e insomma lequidistanza tra i registri alto e basso della lingua, e anche la distanza da una lingua media ma non eletta. Cos, non sembrer forzato lapplicare idealmente a Petrarca il seguente giudizio del maggior critico di Sereni:
Iterante lentezza ritmica [] e programmatica parsimonia cromatica fanno lincanto di uno stile che punta tutto sullapparente uniformit con cui gioca ogni volta sulla sua scacchiera pochi elementi-base, rinunciando a splendore timbrico e variet e facilit di ritmi in favore di un lavoro pi sottile di parca, sapiente modulazione armonica20.

chiaro che non c contrapposizione possibile, se non terminologica, fra il dominio della variatio in Petrarca e quello della ripetizione in Sereni. Si tratta di luoghi comuni della critica, rispettivamente utilissimi, che sottolineano due aspetti complementari del medesimo senso di crisi del linguaggio, di sfiducia nella lingua e della difficolt/impossibilit di dire. Oltre a esercitarsi tipicamente fra testo e testo pi che allinterno dello stesso, i processi di variazione in Petrarca presuppongono lossessione di un ritorno dellidentico in forme e luoghi diversi, mentre la ripetizione in Sereni ha poco a che spartire con meccanismi di refrain popolareggianti: non esiste in lui figura di ripetizione che non abbia in s il germe dinamico della variazione, e sempre in forme raffinatissime 21. Ma c dellaltro. Partirei da un assunto semplicissimo: in realt Sereni un grande poeta della variazione; se indulge in procedimenti iterativi (di variazione dellidentico) non soltanto per una sorta di scommessa sulla capacit del discorso poetico di accogliere lorrore del vuoto nella ripetizione, anche per farsi del male, per una sorta di masochismo etico-stilistico, per castigare in s il petrarchista:

Ivi, p. 398. Cfr. S. DAL BIANCO, Anafore e ripetizioni lessicali nella poesia italiana fra le due guerre, in Studi novecenteschi, XXVII (1998), 56, pp. 207-237.
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Stefano Dal Bianco Vorrei dire, semplicisticamente, che un Petrarca e un antipetrarca coesistono in noi a ennesima conferma dellantico dissidio, o dello sdoppiamento, che era nel poeta22.

Sereni era non solo ossessionato, ma anche terrorizzato dalle proprie ripetizioni23. Forse non c poeta pi affezionato di lui alla intrinseca unicit e irripetibilit degli eventi della propria vita e della propria scrittura, ed limpossibilit di rappresentare la vita in scrittura a generare i suoi lunghi periodi di silenzio creativo:
Si convive per anni con sensazioni, impressioni, sentimenti, intuizioni, ricordi. Il senso di rarit o eccezionalit che a ragione e a torto si attribuisce ad essi, forse in relazione con lintensit con cui lesistenza li impose, la prima fonte di insoddisfazione creativa, anzi di riluttanza di fronte alla messa in opera, che si traduce (peggio per chi non la prova) in nausea metrica, in disgusto di ogni modulo precedentemente sperimentato24.

uno dei passi degli Immediati dintorni in cui pi chiaramente emerge il nesso sereniano tra esistenza e forma. Nausea metrica, disgusto di ogni modulo precedentemente sperimentato: orrore della ripetizione manieristica, sua impossibilit. Perci, quando ripete, Sereni va contro se stesso: un atteggiamento costitutivo del suo proverbiale rigore etico. Lintransigenza non tale se non si esercita prima di tutto verso se stessi, e Sereni era un vero maestro nellautocastigarsi. Come in Petrarca, il senso di responsabilit etica si traduce in necessit stilistica. In ci Sereni davvero un punto di riferimento per coloro che abbiano ancora lardire di scommettere sulla moralit della forma. Ed ecco che al culmine di un suo meccanismo proiettivo egli si pu permettere di riconoscere nel grande capostipite i propri stessi cedimenti; la sostanza della poesia di Petrarca,
ridotta, per via di contenuti o dastrazione, alle sue componenti, rivela in s anche la traccia di quella che sar in altri la sua ripetitivit, la musica facile; e per altro verso la piega mentale derivante dal ricorrente assetto psicologico tra luce e ombra, lo sviluppo e la chiusa dobbligo sullo scatto dun ma espresso o taciuto, un vizio dello spirito, una distorsione stabilizzata; in una parola: la maniera25.

V. SERENI, Sentieri di gloria, cit., p. 146. E non solo dalle proprie, dato che in veste di traduttore egli elimina molte delle ripetizioni presenti negli originali, cfr. P.V. MENGALDO, Sereni traduttore di poesia, introduzione a V. SERENI, Il musicante di Saint-Merry, Einaudi, Torino 20012, pp. V-XXVII. Mengaldo motiva il diverso comportamento rispetto alla poesia in proprio dicendo in sostanza che la traduzione una diversa attualizzazione delle proprie, varie, possibilit poetiche, il che porta allemergere di automatismi estranei al poeta in quanto tale ma fortemente caratteristici della tradizione poetica nazionale, cio in questo caso limperativo della variatio e lantipatia (del tutto sconosciuta ad altre letterature) per la repetitio (p. XV). 24 V. SERENI, Gli immediati dintorni primi e secondi, il Saggiatore, Milano 1983, p. 76. 25 ID., Sentieri di gloria, cit., p. 133.
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Sereni sta stigmatizzando, in Petrarca, la propria, personale, insistenza sul ma come una debolezza manieristica da vincere. Ricordo che la conversazione ticinese da cui tratta la citazione del 1974, lo stesso anno delluscita di Ritorno sopramonte, il libro delle traduzioni di Sereni da Char. In una variante coeva di Traducevo Char (Stella variabile), riportata da Isella alle pp. 800-801 del Meridiano, Sereni elimina la ripetizione ravvicinata di due ma proprio perch sentita come ormai inerte e troppo scopertamente propria; il passo:
Non sovrumani spazi qui, n sterminati silenzi ma vento vento e sole, polvere e vento ma un grande discorso di siepi []

diviene in una lezione successiva:


Non sovrumani spazi qui n interminati silenzi ma una siepe pi siepi allintorno vento e siepi, siepi e polvere, vento []

Si tratta infatti di un tic sereniano inconfondibile allaltezza degli Strumenti umani, e gi presente in Diario dAlgeria:
ma un occhio lustro ma un tatto febbrile (Diario dAlgeria, X) Ma venga, a ora tarda, venga unora di vero fuoco unora tra me e voi, ma scoppi infine la sacrosanta rissa (Scoperta dellodio) Ma non che si burlino di te, hanno ben altro in corpo. Questo certo. Dunque dov loffesa? Ma non offesa [] (Un incubo) ma in comunione ma tutti ma in una volta sola (Pantomima terrestre)

Inutile sottolineare che in Stella variabile non v pi traccia di siffatte insistenze sul ma. un esempio di come Petrarca sia direttamente coinvolto nel dominio della forma interna in Sereni. Ma ricominciamo da alcuni dati pi estrinseci o minimali. I due sono accomunati da una propensione ai finali sentenziosi; solo due esempi dagli Strumenti:
Ma nulla senza lamore laria pura lamore nulla senza la giovent. (Mille Miglia)

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Stefano Dal Bianco Troppe ceneri sparge attorno a s la noia, la gioia quando c basta a s sola (Le ceneri).

Nel primo sono coinvolti pi direttamente altri due padri: Saba per limmanenza del tema, e Ungaretti per il gusto della chiusa su distico stroficamente isolato, mentre il secondo un campione egregio del modo tutto sereniano di fondere inavvertitamente alto e basso, raffinata elaborazione formale e naturalezza di tono: endecasillabo con due scontri di arsi ben petrarcheschi, in 6 e 7 e in 9 e 10, con allitterazione di s nel finale e identit timbrica delle vocali toniche di 6 e 9, entrambe su monosillabi (c, s), ma lo scontro in 6 e 7 prodotto da un inserto parlato (quando c) e buttato l con la tipica irresistibile economia sereniana delle virgole 26. Cosicch il verso risulta altrettanto autoritario nel suo composito assetto intonativo quanto sotto sotto arricchito e reso instabile dalle armoniche di una pronuncia interiore sbrecciata e quasi rabbiosa. Sottigliezza psicologica sub specie formale, ambiguit prosodica congiunta a perentoriet e freschezza di tono sono le qualit petrarchesche di questo finale sereniano. Ed ecco un altro esempio medio di equidistanza da alto e basso, ma giocata in un paradigma tutto letterario:
nelle mani sempre dalla tua polvere riarse (Algeria).

Qui un elemento iperletterario come linversione di complemento e verbo, caratteristica della lingua di Sereni e pi tipica rispetto a quella semplice di aggettivo e sostantivo , pare del tutto a suo agio in un endecasillabo al limite del canonico (con spazio atono tra 1 e 6 sede) scorrevole e tutto dun fiato, e/ma con ictus di 6 su sdrucciola. Ricordo che la sdrucciola in 6 sede stilema gi petrarchesco poi accolto come preziosismo dannunziano da Montale Ungaretti ed ermetismo; in Sereni per utilizzato (gozzanianamente?) in funzione prosastica e dinamizzante. Un esempio di interiorizzazione ritmica di un modulo petrarchesco:
Adesso dentro lei par sempre sera (Via Scarlatti),

endecasillabo con apocope di par e assillabazione sempre sera; lei la stessa via Scarlatti, secondo un uso personificante del pronome per le cose inanimate che tipico della poesia antica; rallentamento giambico su elementi lessicali deboli (dntro) e soprattutto oscillazione fra tre accenti contigui lei par sem-

La geniale ecolalia fra antonimi a cavallo di verso (noia: gioia) procura una pausa ideale dopo il secondo termine, contribuendo allisolamento intonativo dellinserto incidentale che segue.

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pre con indebolimento di quello centrale di 7 (par), da confrontare se si vuole con:


Con leggiadro dolor par chella spiri (RVF 158) Che la tempesta e l fin par chabbi a scherno (RVF 189).

E ora un endecasillabo di chiusa con polisindeto, dittologia sinonimica e accordatura sulla tonica e (frequentissima tra le parole-rima di Petrarca), anzi assonanza cerca: tenta: rassegna:
e cerca e tenta e ancora si rassegna (Finestra).

E una eloquente accumulazione di sinalefi, con allitterazioni, ictus ribattuti in 6 e 7 e altro per cui non vale neanche la pena di commentare:
Ombra verde ombra, verde-umida e viva (Giardini).

E passo a una considerazione pi generale. Nella sua introduzione al Musicante di Saint-Merry 27, Mengaldo individua tra le altre una costante delle traduzioni di Sereni: quella che oppone al fraseggiare lineare dei poeti tradotti la sintassi sereniana basata sullordo artificialis, e insomma ricca di inversioni, iperbati ecc. Rubo solo un esempio da Williams, Nuovo Messico: Anger can be transformed / to a kitten diventa In un soffice gatto / pu mutarsi la furia. C di mezzo il diverso genio della lingua italiana
che, fino a tempi recenti, gradisce o sollecita lordo artificialis. Ma la spinta primaria va indubbiamente cercata in quella che possiamo chiamare la forma interna della lingua poetica di Sereni, nella quale la torsione e trazione sintattica del verso straordinaria regola, e per almeno tre motivi: come icona di una profonda tortuosit psichica; come segno di un rifiuto quasi eroico dei modi linguistici dati, che peraltro tuttuno con la nota difficolt verso la parola o minaccia dafasia che abitava paradossalmente il grande poeta; infine come mezzo privilegiato per sottrarre linearit e meccanicit e per rimotivare stilisticamente e innalzare il verso lungo libero, altrimenti piatto, [] caricandolo di peso.

Senza fermarmi sul primo punto, cio la profonda tortuosit psichica che forse il pi forte punto di contatto fra le due menti di cui ci stiamo occupando, ho ragione di ritenere che questa torsione e trazione della sintassi di Sereni sia molto spesso, in realt, una dilazione: un tentativo di posticipare, di spostare in avanti il momento risolutorio del discorso, cos da lasciare il pi possibile

27 P. V. MENGALDO, Sereni traduttore di poesia, cit., pp. XV-XVII (anche per le citazioni successive).

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aperto, sia per lautore che per il lettore, il campo dellincertezza sintattica e tematica, vale a dire lo spazio di vuoto semantico in cui prende forma quella incapacit decisionale cui Sereni accenna in pi luoghi degli Immediati dintorni, e quella sospensione esistenziale che una delle caratteristiche delluomo e del poeta. Ma cosa centra Petrarca? Uno dei tratti distintivi della mobilissima sintassi petrarchesca, rispetto alla relativa fissit e modularit della sintassi del Duecento (compresi Cavalcanti e Dante), la prolessi: Petrarca tende insomma ad anteporre gli elementi gregari o circostanziali del discorso rispetto alla principale o agli elementi importanti 28. Ci fa s che, per esempio, nella prima quartina del sonetto lelemento atteso, sia sintatticamente che intonativamente, sia collocato al terzo (per lo pi) o al quarto verso:
Era il giorno chal sol si scoloraro per la piet del suo factore i rai, quando i fui preso, et non me ne guardai, ch i be vostrocchi, donna, mi legaro. (RVF 3) Poi che mia speme lunga a venir troppo, et de la vita il trappassar s corto, vorreimi a miglior tempo esser accorto, per fuggir dietro pi che di galoppo; (RVF 88) Come l candido pie per lerba fresca i dolci passi honestamente move, vert che ntorno i fiori apra et rinove, de le tenere piante sue par chesca. (RVF 165) Mirando l sol de begli occhi sereno, ove chi spesso i miei depinge et bagna, dal cor lanima stanca si scompagna per gir nel paradiso suo terreno. (RVF 173)

il meccanismo che, al limite, gli fa comporre quartine (o intere fronti) integralmente aperte, nelle quali lintonazione dei versi sempre ascendente o sospesa, in attesa della principale, come nel sonetto 279:
Se lamentar augelli, o verdi fronde mover soavemente a laura estiva,

Cfr. N. TONELLI, Variet sintattica e costanti retoriche nei sonetti dei Rerum vulgarium fragmenta, Olschki, Firenze 1999, e soprattutto A. SOLDANI, Sintassi e partizioni metriche del sonetto, in La metrica dei Fragmenta, a cura di M. PRALORAN, Antenore, Roma-Padova 2003, pp. 383-504, nonch S. DAL BIANCO, La struttura ritmica del sonetto, ivi, pp. 249-381.

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Vittorio Sereni: Petrarca come forma interna o roco mormorar di lucide onde sode duna fiorita e fresca riva, (RVF 279).

Sono versi che Sereni cita a proposito del paesaggio nel suo intervento ticinese, ma chiaro che egli ne subisce anche il fascino sintattico. In Sereni queste modalit prolettiche sono lungi dallessere accolte massicciamente o pedissequamente, anche per il fatto che la componente dello pseudo-parlato in lui sempre fortissima, e lavora contro gli eccessi di classicismo sintattico. Eppure ci sono, in forme personali e caratteristiche: sappiamo che da questa dialettica tra pseudo-parlato e linea alta (petrarchistica) della sintassi scaturisce il tono peculiare della sua poesia. Ecco degli esempi di prolessi sereniana:
[] ove al chiaro prato che di compianto circonfonde ogni luogo gi nostro torneremo anche noi due (Te nandrai nellassolato pomeriggio) E come un guizzo illumina gli opachi vetri volgenti in fuga il tuo volto che sprizza laggi (La ragazza dAtene) O tu cos leggera e rapida sui prati ombra che si dilunga (Diario dAlgeria 3) Non lunga tra due golfi di clamore va, tutta case, la via (Via Scarlatti) tutte le mie ragazze tra loro per mano in semicerchio intorno a me venire (Frammenti di una sconfitta).

Blocco lo spoglio allincipit di Una visita in fabbrica, che ci offre su piatto dargento un campione di quella tipica prolessi con ellissi del verbo che diverr sempre pi frequente nella successiva produzione di Sereni:
Lietamente nellaria di settembre pi sibilo che grido lontanissima una sirena di fabbrica. Non dunque tutte spente erano le sirene?

Da questo punto in poi degli Strumenti umani si verifica uno scarto di qualit nella strategia della dilazione sintattica di Sereni, che comincia a trasferire sulla lunghezza del verso laccumulazione di elementi prolettici che prima si distribuiva in sequenze di versi pi brevi. Il procedimento di dilatazione e dilazione della sintassi diviene insomma parossistico, ed qui che si fa magistrale la fusione del tono alto con gli elementi di pseudo-parlato: la lunghezza prosastica dei versi, la velocit di elocuzione (accenti molto distanziati tra loro), ladozione di polisillabi pi o meno pesanti e luso di parole sdrucciole (sibilo, lonta-

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Stefano Dal Bianco

nissima, fabbrica) che fanno scattare in avanti il discorso. Il primo verso una giustapposizione di endecasillabo e settenario, il secondo un endecasillabo crescente (contenente due sdrucciole). Complessivamente abbiamo: un avverbio di modo, un complemento di luogo, unespressione predicativa modale, un avverbio di luogo, e poi finalmente il soggetto. Al terzo verso il discorso riprende con un verso di tredici sillabe (Non dunque tutte spente erano le sirene?) tonalmente e sintatticamente alto, che un mezzo calco dantesco, come segnala Lenzini (Inf. XXXIII, 105: Non quaggi ogni vapore spento?); un calco che per si fonde con uno stilema tipico petrarchesco che lo scontro di accenti in 6 e 7 sede con sinalefe su sdrucciola (spnte rano). Dunque anche qui, in piccolo, si avverte la consueta fusione tra stile alto e stile parlato: Sereni da un lato adotta stilemi petrarcheschi e dallaltro dilata prosasticamente lendecasillabo (ma giocando anche con la misura del doppio settenario: basta non applicare la sinalefe in cesura). Poco pi sotto c un altro accorpamento di endecasillabo e settenario in un solo verso, e sempre in attacco di periodo, come a dare il respiro fondamentale del testo. Il passo ritmico dellendecasillabo anche qui dilatato e ternario, di 3 e 6, isoritmico rispetto allincipit (Lietamente nellaria di settembre):
Col silenzio che in breve va chiudendo questa calma mattina prorompe in te tumultuando quel fuoco []

Giover ricordare, se non troppo, che labbondanza di endecasillabi di 3 e 6 tipica di Petrarca rispetto alla poesia del Duecento, e poi del petrarchista Ariosto 29, altro grande immissario della ritmica sereniana, ma non solo: questo respiro appunto una commistione o fusione di misure canoniche, tono alto e pseudo-parlato. Anche qui landamento prolettico, col verbo (prorompe) che compare solo al verso successivo, e con il soggetto (quel fuoco) ancora pi in gi. Il verso prorompe in te tumultuando rima imperfettamente al mezzo con lendecasillabo (chiudendo: tumultuando), rafforzandone lautonomia nel verso lungo esattamente come avviene ai versi iniziali tramite il richiamo settembre: fabbrica (e con lassonanza settembre: sirene). Lattacco di sequenza ancora successivo un altro verso lungo composto da endecasillabo pi settenario, stavolta decisamente dantesco e infernale (episodio di Ulisse), a parte il solito petrarchismo sommerso dello scontro di accenti in sinalefe tra 2 e 3 sede (O vce ra):

Cfr. i saggi del curatore e del sottoscritto in La metrica dei Fragmenta, cit., e S. DAL BIANCO, Ritmi e toni negli episodi del Furioso, Stilistica e metrica italiana, 1, 2001, pp. 159-206.

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Vittorio Sereni: Petrarca come forma interna O voce ora abolita, gi divisa, o anima bilingue

Interessa notare che tutti e tre questi versi lunghi sono bifronti, ovvero sono scomponibili tanto in 11 + 7 quanto in 7 + 11, sempre mantenendo una accettabile canonicit anche ritmica, dal momento che contengono al centro dei sintagmi quadrisillabici omologhi che teoricamente possono stare sia di qua che di l: di settembre, va chiudendo, gi divisa (per sintassi soprattutto gli ultimi due). Questa forma di concatenazione sortisce un doppio effetto: da una parte rende particolarmente accettabile il verso a un orecchio abituato al ritmo endecasillabico, dallaltra rafforza lidentit di questo verso lungo cos com. Eccone un altro, sempre da Una visita in fabbrica:
e persino fiorirvi, cuore estivo, pu superba la rosa.

Chi un po addentro in questioni di metrica novecentesca sa che non il caso di gridare al miracolo: non cos difficile trovare questo genere di versi lunghi, compositi e anche concatenati, in altri autori del Novecento (Montale, Luzi forse gi a questa altezza cronologica: 1952-58). Ma lattenzione che Sereni sembra dedicare a questi accorgimenti io non saprei come definirla se non tirando in ballo la psicologia della forma di Petrarca. Sono cose che succedono a un tipo non generico di coscienza dei fatti formali che quasi esclusivo privilegio della mente petrarchesca, e comunque ha direttamente in Petrarca il suo capostipite.

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