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COLLANA

RICERCA CONTINUA

2
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Università di Roma “Tor Vergata”
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Pennsylvania State University, USA
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Mt. Allison University, Canada
Petros Petsimeris
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Università di Roma Tre

COMITATO DI REDAZIONE
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Alessandro Ricci
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La Collana “Ricerca Continua” di Universitalia, fondata dall’Associazione “Ricerca Continua.


Alumni Lettere e Filosofia Tor Vergata”, si propone tra le sue finalità la pubblicazione di lavori
dei dottorandi e dei dottori di ricerca della Macroarea di Lettere e Filosofia dell’Università degli
Studi di Roma “Tor Vergata”. Condizione imprescindibile e obiettivo della Collana è la serietà
e la qualità scientifica degli elaborati, pertanto essa è organizzata attorno a un comitato scienti-
fico, un comitato direttivo e un comitato redazionale, i quali collaborano al fine di garantire
pubblicazioni in linea con gli standard qualitativi richiesti dall’Anvur. La Collana ha un carattere
multidisciplinare e in essa potranno essere ospitati studi giudicati meritevoli di stampa secondo
le procedure della double blind peer review.

www.ricercacontinua.uniroma2.it
Angela Sileo

«DOPPIAGGESE»:
VERSO LA COSTRUZIONE DI UN METODO

UniversItalia
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
Copyright 2018 - UniversItalia - Roma
ISBN 978-88-6507-962-1

A norma della legge sul diritto d'autore e del codice civile è vietata la riprodu-
zione di questo libro o di parte di esso con qualsiasi mezzo, elettronico, mec-
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per finalità diverse da quelle per uso personale deve essere autorizzata specifi-
catamente dagli autori o dall’editore.
INDICE

PREFAZIONE ..............................................................................................................7

PREMESSA ................................................................................................................ 15

INTRODUZIONE METODOLOGICA ...................................................................... 17

CAPITOLO 1
L’INTERFERENZA ATTRAVERSO L’AUDIOVISIVO E IL “DOPPIAGGESE”....... 23

CAPITOLO 2
IL DIALOGO ADATTATO: BEAUTIFUL ............................................................... 55

CAPITOLO 3
IL DIALOGO ITALIANO: CENTOVETRINE ....................................................... 127

CONCLUSIONI ................................................................................................. 175

BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................... 179

SITOGRAFIA .......................................................................................................... 191

5
INTRODUZIONE METODOLOGICA

L’interferenza non dipende necessariamente dalla distanza o vici-


nanza tipologica delle lingue coinvolte. Nel caso particolare della
trasposizione di un testo da un sistema linguistico a un altro,
l’influenza della lingua fonte, che sembra inevitabile, può produr-
re transfer negativo (quando si hanno deviazioni dalle pratiche co-
dificate del sistema di arrivo) o positivo (quando aumenta la fre-
quenza nell’uso di elementi già esistenti nella lingua ricevente: cfr.
Toury 2012: 311). La produzione di un testo tradotto totalmente
scevro da tracce dell’originale necessita di condizioni e/o sforzi
speciali da parte del traduttore e può dipendere, tra le altre cose,
dal modo in cui il TP viene affrontato, cioè se questo viene sud-
diviso in segmenti minori e in quali modalità (cfr. ivi, p. 311 e
sgg.).
Il lessico è l’area maggiormente studiata in termini di fenome-
ni di contatto, ma non ne è l’unica interessata. Nei livelli più
strutturati (fonologia, morfologia10 e sintassi11), l’influsso straniero

10 Influssi inglesi sembrano coinvolgere anche la formazione delle parole

(creazione di neologismi, combinazione/abbreviazione/rifusione degli elemen-


ti lessicali ricevuti) e portano, tra le altre cose, all’attenuarsi delle differenze tra
le parti del discorso, specie fra sostantivi e aggettivi, tendenza tipica di una lin-
gua ‘economica’ come l’inglese (cfr. ivi, p. 163).
11 Sembra che anglicismi esistano anche nella punteggiatura: si veda, ad e-

sempio, le virgolette “” e quelle ad apice ‘’, che sostituiscono quelle a caporale


«»; la fusione di più parole unite da trattini a formare un unico composto;
l’occasionale abuso di maiuscole (cfr. ivi, p. 162). Per quanto riguarda
quest’ultimo fenomeno, la stessa Accademia della Crusca non si pronuncia in
maniera univoca, perché la scelta tra maiuscola o minuscola è ancora una delle
numerose zone d’ombra della grammatica italiana, soprattutto quando occorre
17
18 ANGELA SILEO

è raro e difficilmente rintracciabile. Pertanto, il tentativo primario


di questo studio è individuare se e in quali sottoaree più profonde
della lingua italiana sia effettivamente rinvenibile un’influenza
dell’inglese giunta attraverso l’adattamento di prodotti audiovisivi.
La tendenza alla traduzione letterale, ancor più diffusa quando si
tratta di adattare un testo audiovisivo da una lingua a un’altra,
produce brutture stilistiche e strutture artificiose ricalcate
sull’originale. Ne risulta una lingua artificiale nota anche come
“doppiaggese”.
Il primo capitolo tenterà di fare il punto della situazione sui
casi già analizzati dalla letteratura di riferimento, distinguendo i
fenomeni di transfer positivo e negativo12 (TP e TN) dai casi dub-
bi. Per raggiungere tale scopo, si è proceduto a un’analisi di tipo
lessicografico, mirata a determinare la prima attestazione o entra-
ta di ogni costrutto in italiano, basandosi su un’ampia lista di di-
zionari più o meno recenti, inclusi quelli etimologici (elencati in
bibliografia).
Una tabella riassuntiva dei risultati prodotti da questa prima
analisi chiude la prima sezione, lasciando aperte ipotesi che la sola
consultazione di dizionari non è sufficiente a dirimere. In tal mo-
do, si apre la trattazione del secondo capitolo, il fulcro di questa
ricerca, dove una prima parte del corpus selezionato (tratto da Be-
autiful) viene sottoposta a un nuovo metodo di studio.
Quest’ultimo non può che fornire dati più certi per determinare
se ci si trovi effettivamente davanti a un caso di interferenza. La

indicare categorie o enti (cfr. http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-


italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/uso-maiuscole-minuscole,
ultimo accesso: 03/01/2015). Tuttavia, l’Accademia non cita il caso dei nomi
dei mesi, che invece spesso vengono scritti con la lettera maiuscola, come or-
mai alcuni maestri di scuola elementare tendono a insegnare ai propri alunni.
12 «In translation, phenomena pertaining to the make-up of the source text

tend to force themselves on the translators and be transferred to the target


text» (Toury 2012: 310). Questi fenomeni possono rivelarsi un transfer negativo
(quando si hanno deviazioni dalle pratiche codificate del sistema di arrivo) o
positivo (quando aumenta la frequenza di elementi che esistono nel sistema di
arrivo e possono quindi essere utilizzati: cfr. ivi, p. 311).
«DOPPIAGGESE»: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN METODO 19

nuova metodologia prevede comunque la consultazione dei prin-


cipali dizionari della lingua italiana, sia etimologici (nuovo DELI
e Volpi, occasionalmente il Battista-Alessi, ed altri, eventualmente
indicati nel corso della trattazione) sia contemporanei (prevalen-
temente il GRADIT), a cui si aggiunge, dove opportuno, un di-
zionario italiano delle collocazioni online (il Dizionario delle Col-
locazioni Zanichelli) e alcuni dizionari di francese13.
La vera novità è, però, l’interrogazione di corpora relativi
all’italiano scritto e cinematografico (quindi scritto per essere par-
lato): per quanto riguarda il primo, si prenderanno in considera-
zione i testi giornalistici degli ultimi trent’anni, tramite la consul-
tazione degli archivi di testate nazionali, in particolare «La Re-
pubblica» (abbreviato LaR) e, in seconda battuta e solo ove perti-
nente, «Il Corriere della Sera» (abbreviato Corriere). Il linguaggio
dei quotidiani è tradizionalmente più nuovo e aperto. Presenta,
infatti, una forte spinta verso la lingua comune, parlata, in modo
particolare «La Repubblica», che dalla sua nascita (1976) ha im-
presso al linguaggio del settore una potente spinta innovativa (cfr.
Bonomi 2003: 128). Inoltre, essendo modificate le condizioni di
creazione e stesura di un testo giornalistico (fra le altre cose,
sembra sparita la figura del correttore di bozze), molti refusi e
strutture poco naturali vengono pubblicati e finiscono in pasto al
lettore ignaro (cfr. ivi, pp. 128-129).
In aggiunta, per garantire maggiori efficacia e precisione
dell’analisi qui proposta (pur in un campo di studi profondamen-
te «impressionistico», come lo definisce Fabio Rossi), ancora su
suggerimento dello studioso, oltre a un corpus di prodotti cinema-
tografici adattati nella lingua citata, verranno interrogati anche cor-
pora di letteratura italiana. Per quanto concerne questi ultimi, gli
strumenti utilizzati sono stati principalmente due:
1) la BIZ (ex LIZ) o Biblioteca Italiana Zanichelli: una rac-
colta digitale (dal funzionamento altamente intuitivo) di oltre mil-

13 È una lingua di cui non si può non tenere conto là dove si intenda discu-

tere sui fenomeni di contatto dell’italiano con altri sistemi linguistici, dacchè
fino a pochi decenni fa la maggior parte dei prestiti proveniva dal francese.
20 ANGELA SILEO

le testi della letteratura italiana, che vanno dalle origini fino agli
inizi del Novecento e che si rivela, in alcuni casi, di enorme im-
portanza per determinare la prima attestazione di un fenomeno
linguistico;
2) il Tesoro, ovvero il Primo Tesoro della Lingua Letteraria
Italiana: un corpus di cento romanzi, sessanta tra i vincitori e qua-
ranta selezionati tra i primi classificati al Premio Strega dal 1947
(anno in cui fu assegnato per la prima volta a Ennio Flaiano, con
Tempo di uccidere) fino a Caos calmo di Sandro Veronesi (2006), per
un totale di 8.076.576 occorrenze (raggruppate in 94.254 lemmi:
cfr. Tesoro 2007: 6-7), utile per registrare eventuali variazioni
nell’uso della nostra lingua in una fase epocale in cui, da una rile-
vante percentuale di analfabeti (il 58,2% della popolazione adulta
degli anni Cinquanta era privo anche solo della licenza elementa-
re: cfr. ivi, p. 5), il livello di istruzione si è quadruplicato e
l’italiano ha acquisito un uso abituale di gran lunga più ampio ri-
spetto ai dialetti e alle varietà regionali.
Infine, per i prodotti cinematografici adattati, si è fatto ricorso
al progetto Forlixt, a cura del Dipartimento di Studi Interdiscipli-
nari su Traduzione, Lingue e Culture (SITLeC) dell’Alma Mater
Studiorum Università di Bologna (sede di Forlì), un innovativo
ausilio tecnologico per la ricerca accademica nell’ambito della scre-
en translation, della didattica della traduzione multimediale e della
glottodidattica. La banca dati integra un corpus testuale (di dialoghi
filmici originali14 allineati ai corrispettivi dialoghi tradotti) e uno
multimediale annotato (di film e telefilm originali allineati alla re-
lativa versione doppiata/sottotitolata). L’applicazione web è di-
sponibile sul sito forlixt2.sitlec.unibo.it.
Se nella prima sezione i fenomeni illustrati sono suddivisi e-
sclusivamente in TP e TN, qui si introdurranno nuove categoriz-
zazioni, che tengono conto delle diverse classificazioni finora
proposte dalla letteratura di riferimento (Sandfeld Jensen 1912,
Martinet 1974, Gusmani 1993, Dardano 1996, Giovanardi-
14 Più di settanta film e prodotti televisivi originali, doppiati e/o sottotitolati

nelle seguenti lingue: cinese, francese, inglese, italiano, neerlandese e tedesco.


«DOPPIAGGESE»: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN METODO 21

Gualdo-Coco 2008, Klajn 2012). In particolare, si trarrà spunto


principalmente da Dardano 1996, distinguendo (da un punto di
vista qualitativo) tra: calco del significante o strutturale (secondo
la definizione di Antonelli-Serianni, di Gusmani e di Bombi), che
può essere perfetto (ad esempio, “fuorilegge” da outlaw) o im-
perfetto (“grattacielo” per skyscraper); e calco del significato o
calco semantico (Gusmani, Dardano e Giovanardi).
A questa distinzione, di natura qualitativa, ne verrà affiancata
un’altra di tipo quantitativo, un criterio che si basa sull’estensione
dell’elemento di interferenza, a partire da un’ampiezza di tipo les-
sicale15 ed estendendosi al livello sintagmatico16 e sintattico17 e
frasale18. Ogni elemento analizzato, poi, sarà ulteriormente distin-
to in TP o TN.
Nella sezione finale, verranno analizzati i dialoghi della soap
CentoVetrine. Lo scopo del terzo capitolo è esaminare i calchi già
rinvenuti in Beautiful assieme ad altri nuovi casi, sottolineandone
la diffusione in italiano anche là dove non vi è un testo di parten-
za a influenzarne l’occorrenza. Per raggiungere tale obiettivo, il
metodo messo a punto nel corso della trattazione verrà perfezio-
nato, ovvero ci si interrogherà su ulteriori eventuali influenze (in
particolare, del francese), in modo da non ignorare una possibile
interferenza di altre lingue, anche solo come veicolo dall’inglese.

15 Riguarda principalmente i calchi semantici, essendo limitata ai singoli


lemmi, e tuttavia ci interessa in maniera minore, in quanto livello già ampia-
mente analizzato dalla letteratura di riferimento.
16 Tiene conto dei rapporti tra le unità linguistiche e il loro ordine

all’interno del singolo sintagma, come la sequenza determinante-determinato e


viceversa, oppure l’espressione dell’aggettivo possessivo o, ancora, i calchi
strutturali più o meno perfetti.
17 Prende in considerazione i fenomeni che avvengono immediatamente

all’esterno del sintagma e che coinvolgono sintagmi distinti, ad esempio la va-


riazione in alcune reggenze verbali e in determinate collocazioni, quindi le mu-
tate relazioni tra il verbo e i suoi argomenti, oltre ad alcuni tipi di dislocazioni
particolarmente incassate.
18 Espressioni o modi di dire, ricalcati sulla lingua fonte; elementi olofrastici

con valore asseverativo, come “esatto/esattamente”; avverbi qualificativi come


“assolutamente” usato in maniera ‘assoluta’ per affermare o negare.
22 ANGELA SILEO

Inoltre, si prevede la consultazione del LIP, Lessico di frequenza


dell’Italiano Parlato, strumento indispensabile per definire se una
determinata espressione o un certo elemento fosse in uso nella
lingua spontanea già nei primi anni Novanta. Il tentativo è, dun-
que, quello di dimostrare che è possibile giungere a conclusioni,
che possono certamente essere discusse, ma che sono dotate di
un certo fondamento, dacché i corpora consultati coprono un am-
plissimo spettro di produzioni linguistiche in italiano, scritte e o-
rali, più o meno recenti, letterarie, giornalistiche e audiovisive,
spontanee e più o meno pianificate.
Le conclusioni saranno volte a tracciare un filo conduttore che
unisca ogni sezione di questo scritto e a tentare di offrire una ri-
sposta, quanto più oggettiva e meno impressionistica possibile,
relativa alla effettiva presenza di anglicismi nelle strutture più pro-
fonde della lingua italiana da ascrivere alla traduzione per il dop-
piaggio.
CAPITOLO 1

L’INTERFERENZA ATTRAVERSO
L’AUDIOVISIVO E IL “DOPPIAGGESE”

La traduzione o trasposizione di un testo da un sistema linguo-


culturale a un altro rappresenta un luogo esemplare di contatto
linguistico e un canale privilegiato per le interferenze. Il risultato è
una terza lingua, una varietà ibrida interferita, il cosiddetto “tra-
duttese” o translationese (Salmon-Mariani 2008: 110-12), che si dif-
fonde anche tra persone che non conoscono quella determinata
lingua straniera e quindi non sarebbero soggette al contatto, anzi
raggiunge soprattutto persone dotate di minori strumenti di dife-
sa in tal senso (cfr. Motta 2012: 1-2). I fenomeni di contatto han-
no molteplici aspetti e si manifestano, sotto svariate spoglie, per-
fino fra professionisti del settore e soprattutto tra lingue affini.
Può accadere che il traduttore, ad esempio, non suddivida il testo
di partenza in stringhe di parole indivisibili che rispecchino la
formulaicità delle espressioni cristallizzate, oppure che tale suddi-
visione sia errata: si producono così interferenze fraseologiche o
formulaiche (cfr. Salmon-Mariani 2008: 134-35). Oppure
l’orecchio interno del traduttore non è sufficientemente addestra-
to o, ancora, è sotto l’effetto della cosiddetta “memoria ecoica”,
cioè dell’eco mentale della lingua fonte, quindi non nota il difetto
e crea un calco (cfr. ibidem). Nel momento in cui il testo di par-
tenza si trasforma in testo di arrivo senza attraversare una fase
intermedia, cioè senza essere trasformato in materiale mentale,
poi riconvertito e ri-verbalizzato, si crea un «prodotto di scarto di

23
24 ANGELA SILEO

cui a volte si percepiscono le tracce in quello che viene chiamato,


appunto, “traduttese”» (Osimo 2004: 95), una scrittura sorveglia-
ta e forzata presente soprattutto in quelle aree della lingua che
sono maggiormente instabili, quelle in cui si innestano più facil-
mente i fenomeni di interferenza (cfr. Garzone 2005: 53).
Il doppiaggese, argomento principale di questo lavoro, non è che
un iponimo del traduttese, seppur dotato di potenzialità ben più
vaste. Le interferenze che giungono nella nostra lingua attraverso
il doppiaggio e si diffondono poi ai parlanti e alle varietà medie
dell’italiano contemporaneo sono riconducibili a vari fattori (esi-
genze di sinc; condizioni lavorative difficili, che impongono fretta
nella consegna; errori di traduzione/adattamento; pigrizia
dell’adattatore). Le tracce lasciate nella lingua di arrivo sono più o
meno visibili, e provocano spesso una riorganizzazione del siste-
ma ricevente: quando il traduttese e il doppiaggese escono dal ri-
stretto ambito della traduzione per infiltrarsi nel linguaggio quo-
tidiano, si crea una varietà ibrida che potremmo definire “italiano
interferito”, cioè interessato da fenomeni di interferenza, o di
contatto, a tutti i livelli linguistici. Si tratta di una varietà stereoti-
pata piena di tic verbali, tra cui abbondano prestiti e calchi giunti
in italiano tramite il doppiaggio cine-televisivo dall’inglese, quali
“esatto”, “OK”19, “è un problema tuo”20 o “non c’è problema”.
L’italiano, oggi, risulta fortemente interferito, a causa dei mass me-
dia in generale e della televisione in particolare, data la potenza di
questo elettrodomestico apparentemente inerme, dalle linee sem-

19 È il più frequente anglicismo della lingua parlata (cfr. Giovanardi-


Gualdo-Coco 2008: 105), una delle due parole più note al mondo (assieme a
Coca-Cola: cfr. Beccaria 2008: 192). Ormai, infatti, sembra che il “va bene”
non lo dica più nessuno. Potrebbe trattarsi della sigla di all correct o ancora di of
course; potrebbe addirittura risalire all’Old Kinderhook Club (OK Club, appun-
to), riunitosi per la prima volta nel 1840 per eleggere van Buren come nuovo
presidente USA nel villaggio natio di quest’ultimo, Kinderhook per l’appunto.
È spesso usato “È tutto OK” al posto del più italiano “Va tutto bene”.
20 Espressione rinvenuta anche in produzioni televisive italiane, come

nell’esempio seguente: VIOLA: Ah, trovi umiliante il tuo comportamento? Al-


lora questo è un problema tuo! [CentoVetrine P3013].
«DOPPIAGGESE»: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN METODO 25

plici, il cui schermo possiede, però, potenzialità infinite. Lo spet-


tatore è esposto in maniera massiccia e prevalentemente passiva a
questa varietà linguistica. Se è vero che apprendiamo per imita-
zione, è inevitabile che adulti e bambini assorbano anche l’italiano
televisivo (interferito) e parlino doppiaggese, dato che lo ascolta-
no per ore al giorno dalla televisione e poi dai dialoghi degli altri.
Dalla fine degli anni Ottanta si manifestavano già influenze più
profonde nelle strutture morfologiche e sintattiche della lingua
(cfr. Fanfani 2002: 229), in larga parte a causa di un doppiaggio
poco accurato delle produzioni americane, che ha continuato a
proporre un modello di dialogo sintatticamente semplificato,
punteggiato qua e là d’interferenze con la lingua originale (cfr.
Antonelli 2007: 118).
Pare che gli adattatori italiani compiano uno sforzo consapevole
allo scopo di rendere il doppiaggio ‘invisibile’ ed evitare attriti con
la lingua di partenza del film (cfr. Pavesi-Perego 2006: 106), pur
tentando di rispettarne le esigenze primarie, a partire dalla sincro-
nizzazione21. Ciò nonostante, i fenomeni di contaminazione
permangono più o meno vistosi e si è creata una serie di abitudi-
ni, di routines traduttive o stock translations22 che vanno ad alimenta-

21 Tra le priorità dei dialoghisti vi sono il realismo linguistico (a volte essi

intervistano un certo tipo di parlanti per accedere a uno slang in particolare, ad


esempio quello giovanile) e la dicibilità o recitabilità dei dialoghi (di grande rile-
vanza qui, come nella traduzione per il teatro). L’oralità è sempre da tenere a
mente quando si adatta un dialogo per l’audiovisivo, e la sincronizzazione, di
conseguenza, non sembra l’unico constraint cui questo tipo di trasposizione è
sottoposto (cfr. Pavesi-Perego 2006: 107-109). Data la compresenza di più co-
dici (di cui solo quello verbale è componente modificabile e manipolabile), nel
caso della traduzione filmica si è parlato di “traduzione vincolata” o constrained
translation (Pavesi 2005: 9-12). Tra i principali vincoli di cui si è detto: il sincro-
nismo articolatorio, che è quantitativo (coincidenza tra la lunghezza delle battu-
te o isocronia) e qualitativo (coincidenza tra suoni emessi e movimenti articola-
tori o “battiti”); e il sincronismo paralinguistico o espressivo, anche noto come
“sincronia cinetica” (Chaume 2004c: 41), che coinvolge, cioè, movimenti cor-
porei, gesti ed espressioni del viso.
22 Se il numero degli addetti ai lavori è, appunto, ristretto e si è soliti ricor-

rere alle buone soluzioni dei colleghi, guardando film adattati da altri, come
26 ANGELA SILEO

re il cosiddetto doppiaggese, un fenomeno ampio e ramificato


che si può analizzare da diversi punti di vista, come si evince an-
che dal grafico che segue. Si può prendere in esame, ad esempio,
l’aspetto dell’oralità simulata, quindi i segnali discorsivi e i fatismi
tipici della lingua parlata, oppure si può indagare la mancata cor-
rispondenza tra il registro del testo di partenza e di quello
d’arrivo. Qui mi concentrerò esclusivamente su fenomeni di in-
terferenza linguistica dall’angloamericano all’italiano contempo-
raneo, veicolati da un adattamento eccessivamente ricalcato sul
modello originale.

DOPPIAGGESE

Lingua “Italiese” o
“prefabbricata” Lingua neutra “itangliano”

Oralità simulata Variazione Interferenze


linguistica
azzerata

Tutti questi elementi fanno del doppiaggese (termine forte-


mente connotato in senso dispregiativo: cfr. Perego 2005: 26,
mentre l’inglese dubbese ne sembra privo) una lingua artefatta, di
plastica, un registro sterile e uniforme, “autoreferenziale” e “au-
toistituzionalizzante”, perché non fa riferimento alla norma della
lingua fonte né a quella della ricevente, ma a una terza norma

detto poc’anzi, è facile che si creino le suddette routines.


«DOPPIAGGESE»: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN METODO 27

(cfr. Cipolloni 1996: 43; Pavesi 1996: 128). Questa varietà è pro-
dotta da diversi fattori, tra cui una certa pigrizia dell’adattatore
(per usare le parole di Toni Biocca, vicepresidente dell’AIDAC),
una cattiva traduzione o un successivo adattamento errato, esi-
genze di sincronizzazione e anche ingiuste condizioni lavorative,
là dove i tempi si restringono e i compensi si fanno sempre più
contenuti.
Se gli adattatori si definiscono attenti a non produrre dop-
piaggese, soprattutto sul piano lessicale, il livello sintattico e quel-
lo discorsivo non sembrano essere tra le loro prime preoccupa-
zioni, con alcune eccezioni per quanto riguarda il transfer poten-
ziale dell’aggettivo prima del nome (cfr. Pavesi-Perego 2006:
108). Ciò nonostante, pare che essi non riescano, come suggeri-
sce Galassi (cfr. 1994: 64), a dimenticare come era stata costruita
la battuta e riformularla in italiano come se fossero sceneggiatori.
Infatti, esempi di interferenze dall’inglese sono rinvenuti costan-
temente nei prodotti adattati, e sorprendentemente anche in quel-
li italiani, dove la loro presenza risulta ingiustificata, non essendo-
ci un testo di partenza a influenzarne la resa. Pensare, infatti, che
tutto ciò possa non aver avuto un riflesso sulle abitudini linguisti-
che degli italiani è inconcepibile (cfr. Giovanardi-Gualdo-Coco
2008: 22).

“Doppiaggismi”

La permeabilità del testo di arrivo alla lingua di partenza, che


si manifesta tramite l’interferenza (sia essa lessicale, fraseologica o
pragmatica), è una costante universale del linguaggio doppiato
(cfr. Pavesi 2005), non solo a causa del sinc. In generale, si tende
ad apprezzare l’ampiezza e profondità di tale influenza nel caso
dell’italiano, sebbene alcuni vi riscontrino delle limitazioni, soste-
nendo che il fenomeno agirebbe in maniera selettiva e limitata
(cfr. ivi, p. 12).
Per ovvi motivi, non è facile dimostrare che un determinato
28 ANGELA SILEO

elemento sia effettivamente un doppiaggismo (Rossi 1999b). So-


prattutto per alcuni fenomeni, anzi, ciò sembra impossibile. Tut-
tavia, rimane indubbio il ruolo di film e telefilm doppiati nel con-
tribuire alla diffusione nell’italiano contemporaneo di un certo
numero di costrutti di origine angloamericana (cfr. Rossi 2007:
96).

L’anglomania si diffonde a macchia d’olio in tutti gli strati sociali grazie


ai fumetti [...], alla letteratura rosa [...] e gialla [...] e soprattutto al parlato
“trasmesso” da cinema e televisione. Da queste fonti, numerosi anglo-
americanismi s’infiltrano nel lessico e nella fraseologia quotidiani: okay
(il più frequente anglicismo della lingua parlata), wow o i calchi «non c’è
problema» da no problem o «il fatto è che...» da the matter is... [...],
l’asseverativo «assolutamente» per «sì, senz’altro» e numerosissimi cal-
chi di espressioni idiomatiche, come «ti sei bevuto il cervello» per ‘sei
impazzito’ (Giovanardi-Gualdo-Coco 2008: 105).

Il caso dei prestiti, in realtà, risulta meno rilevante ai fini di


questo lavoro, in quanto la lingua del doppiaggio accoglierebbe
soltanto gli anglicismi già assimilati in italiano, introducendone di
nuovi solo raramente (cfr. Minutella 2009: 79). Inoltre, l’area les-
sicale è stata ed è ancora quella maggiormente studiata (come si è
già detto). Per i motivi esposti, dunque, qui mi occupo prevalen-
temente di calchi. È la presenza, in alcuni casi massiccia, di questi
doppiaggismi a rendere innaturale la lingua prodotta dal processo
di adattamento di un testo audiovisivo. La categoria comprende
modi di dire e costruzioni come quelli elencati nella tabella che
segue (tratti dalla letteratura di riferimento, come indicato):

Caso di interferenza ..rdall’inglese Equivalente italiano


Vuole/Volete scusar- Will you excuse us? Permette?
ci?23
Datemi/Dammi cinque Give me five minutes Ho bisogno di/Mi servono
minuti24 cinque minuti

23 Cfr. Alfieri-Contarino-Motta 2003.


24 Cfr. Rossi 2010.
«DOPPIAGGESE»: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN METODO 29

Voglio dire25 I mean26 Cioè


Lo voglio I do Sì
Abuso di interiezioni Hey, wow, yuhù Oh, ah, vai
(ehi, uau, iuhù)
Prego Please Per favore
Celebrare To celebrate Festeggiare
Essere in condizione di To be in condition to Potere/Essere
in grado di
Posso aiutarla? May/Can I help you? Desidera?
Andare a vedere To go and see Andare a trovare
qualcuno someone qualcuno
Sì? Yes? Pronto?
Chiamami Maria Call me Mary Dammi del tu
Puoi scommetterci! You bet! Naturalmente!/
Lo credo bene!

Si tratta di espressioni (per alcuni) irritanti che possiamo in-


cludere tra i “misfatti di moda”, se non addirittura tra le “provo-
cazioni”: sul podio, secondo Severgnini, ci sarebbe l’avverbio
“assolutamente” e poi un sostantivo, il “problema” (cfr. Sever-
gnini 2007: 28-31), che verranno illustrati dettagliatamente nei
prossimi paragrafi, assieme ad altri doppiaggismi.
Come si diceva, si è cercato innanzitutto di consultare diziona-
ri più o meno recenti al fine di individuare la prima attestazione
del costrutto in esame o, quanto meno, determinare una possibile
datazione sul suo inserimento nei dizionari, che equivale al rico-
noscimento ufficiale di un elemento come facente parte a tutti gli

25 Da qui in poi, i casi esposti nella tabella sono tratti da Rossi 1999b.
26 Spesso, però, questo elemento viene adattato con l’italiano “insomma”,
che riproduce più fedelmente i cosiddetti “battiti”, ovvero i movimenti artico-
latori più evidenti, del TP. Nel caso del corpus qui analizzato, circa venti volte
l’originale è andato perso, mentre in dieci occorrenze è stato adattato con “in-
somma” e in una sola con “voglio dire”. Questa struttura frasale lessicalizzata,
che segnala una prossima modificazione nel significato di quanto appena detto,
è prevalentemente una strategia di riparazione. Si pensa che non venga sempre
necessariamente riprodotta nella lingua di arrivo perché si tratta di una struttura
aggiuntiva, non intesa per chiarire un possibile fraintendimento, quindi non
avrebbe grossa utilità e, per questo motivo, viene spesso omessa o ignorata nel-
la traduzione (cfr. Chaume 2004b: 853).
30 ANGELA SILEO

effetti di un determinato sistema linguistico. Si è osservato, tutta-


via, che la mancata presenza di una costruzione o espressione nei
dizionari interrogati non è sempre indice necessario della sua as-
senza dalla percezione linguistica e dall’uso concreto dei parlanti.
Alcune strutture, in particolare, mal si prestano alla ricerca lessi-
cografica (come si evincerà dalle pagine che seguono).
Alla fine dell’esposizione dei risultati conseguiti, verrà propo-
sta una tabella riassuntiva degli elementi analizzati (corredata dei
rispettivi equivalenti in italiano), suddivisi in casi più o meno certi
di transfer positivo o negativo (contrassegnati dalla sigle TP e TN,
rispettivamente) e casi ancora dubbi (abbreviati in D).

I casi nel dettaglio

Nel tentativo di offrire una ricognizione per quanto possibile


esaustiva dei casi finora rilevati e studiati (non esclusivamente dal-
la letteratura critica di riferimento), verranno proposti alcuni e-
sempi tratti da un corpus costituito prevalentemente da prodotti
televisivi seriali, adattati (la soap opera Beautiful e la serie americana
Friends) e italiani (la soap CentoVetrine e le serie TV Un medico in fa-
miglia, Le tre rose di Eva, I Cesaroni, Braccialetti rossi e Tutti pazzi per
amore). L’obiettivo è quello di illustrare l’occorrenza (ingiustificata
da motivi di sinc, data l’assenza di un testo di partenza in un’altra
lingua) dei suddetti fenomeni perfino in prodotti italiani. Si è te-
nuto conto anche di film (doppiati e non), oltre che di alcuni spot
pubblicitari e, per meglio dimostrare la diffusione di determinati
casi nella lingua colloquiale e quotidiana, del linguaggio dei social
networks (Facebook, in particolare).

Transfer negativi

 Assolutamente per absolutely [cfr. Rossi 1999b: 26]


«Ha la stessa origine dei vecchi esatto! e non c’è problema» (Antonelli 2007:
«DOPPIAGGESE»: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN METODO 31

37). In inglese, absolutely è usato con valore olofrastico affermativo; in


italiano, invece, “assolutamente” non ha mai senso compiuto, se usato
da solo, e costituisce una frase a-grammaticale, o perlomeno marcata,
quindi non standard. Sarebbe, dunque, preferibile sostituirlo con “deci-
samente”, oppure dire “assolutamente sì/no” in base alle esigenze. Tut-
tavia, in GRADIT compare come «risposta, con valore affermativo o
negativo a seconda del contesto: “sei d’accordo con me?” “a.!” (affer-
mativo), “non sei d’accordo con me?” “a.!” (negativo)». La datazione
piuttosto recente di questo uso e la sua assenza negli altri dizionari con-
sultati ci fa dedurre che potrebbe trattarsi di un caso recente di interfe-
renza (è assente, infatti, in Garzanti, come in IEI, dove però può essere
anteposto ad aggettivo, a formare un costrutto aggettivale, come si ve-
drà nel paragrafo successivo).
In una classifica pubblicata il 28/12/2003 in occasione di un referendum
(indetto dal Sole 24 Ore, a opera di Diego Marani), il presente avverbio è
risultato come la seconda delle dieci espressioni (che provengono quasi
tutte dalla stampa e dalla televisione) più aborrite e da avviare allo smal-
timento. E dallo schermo televisivo molte di esse vengono riflesse nei
copioni di programmi italiani, dove si trovano esempi come il seguente:

ASSISTENTE SOCIALE: Quindi lei, dottor Levi, mi conferma


che il suo impegno professionale in Africa è terminato?
MARCO: Assolutamente! [Un medico in famiglia S8E10]

Nel sondaggio effettuato nel 2010 da chi scrive, in cui si chiedeva


a un determinato numero di parlanti di scegliere tra l’uso assoluto
dell’avverbio con valore olofrastico e “assolutamente sì/no” e di
dichiarare quale dei due preferissero nell’uso quotidiano, la situa-
zione appariva piuttosto indefinita da un punto di vista generale.
Inoltre, gli intervistati non mostravano incertezza nel riconoscere
il costrutto italiano, esclusa la fascia venti-trent’anni, quella che
maggiormente guarda i prodotti adattati e, quindi, la più ‘conta-
minata’. Questo caso verrà ripreso e approfondito nei prossimi
capitoli, in cui saranno proposti esempi tratti da altri corpora al fine
di determinare l’effettiva origine di tale uso.
32 ANGELA SILEO

 Il problema
«Qual è il (tuo, suo…) problema» [cfr. Alfieri-Contarino-Motta 2003:
127] sembra ormai preferita al più italiano “Cosa c’è che non va”: da un
punto di vista generale, secondo quanto risulta dal sondaggio già citato
per il caso precedente, i parlanti sono indecisi su quale sia la versione
italiana corretta, ma non hanno dubbi su quale sia la più usata. Il co-
strutto inglese, infatti, è preferito da tutte le fasce di età analizzate, an-
che tra quegli adulti che non guardano la televisione. La versione ingle-
se (che, occorre sottolineare, non viola le norme morfosintattiche
dell’italiano) sembra ormai così diffusa che molti non ne riconoscono
più la provenienza.

- Non c’è problema27 per no problem [cfr. Rossi 1999b: 26]

Insieme all’“attimino”, ha segnato gli anni Novanta, mentre ora


sarebbe in forte declino (cfr. Antonelli 2007: 36), probabilmente a
favore di “Nessun problema” [cfr. Pavesi 2005: 48-49], un calco
ancor più perfetto. Questo costrutto viene rinvenuto anche là
dove la sua presenza non è giustificata dal testo di partenza

CAROLINE: I don’t really have a problem with it!


Per me non c’è nessun problema! [Beautiful P6544]

al posto del più italiano “Per me va benissimo”, senza dubbio


maggiormente naturale, sebbene troppo breve rispetto alla battu-
ta originale. Anche questo caso verrà approfondito nei capitoli
che seguono.

27Secondo il Dizionario etimologico a cura di Cortelazzo e Zolli, l’espressione


ricalcherebbe «“il francese Il n’y a pas des problèmes e il prototipo inglese No pro-
blem.” Le esigenze di sincronizzazione nel doppiaggio dei film americani – so-
stiene un altro linguista – hanno fatto il resto. Il problema s’è affermato, e non
ha più mollato» (Severgnini 2007: 31).
«DOPPIAGGESE»: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN METODO 33

 Quello che vedi è quello che hai28 per What you see is what you
get
Rinvenuta in Beautiful (P6535), l’espressione è assente nella lette-
ratura di riferimento e anche nei dizionari consultati, non trattan-
dosi di un singolo elemento lessicale facilmente rinvenibile trami-
te una ricerca lessicografica. Si tratta, senza dubbio, di un esem-
pio di transfer negativo (non giustificato dal sincronismo) per cui
non esiste un equivalente diretto e unico in italiano, che potrem-
mo individuare in “Sono quello che vedi”, sebbene più breve ri-
spetto alla battuta originale e meno elastico, perché meno adatto
a ricoprire le numerose sfumature semantiche di «what you see is
what you get».

 Aggettivo possessivo ridondante


Le traduzioni troppo meccaniche, che tendono a ricalcare fedelmente il model-
lo, diffondono brutture stilistiche, quali le ripetizioni martellanti dei pronomi tu
e tuo («condividi le tue foto e i tuoi video con i tuoi amici grazie al tuo telefono
cellulare»), dipendenti certamente dalla struttura dell’inglese, ma anche, nel caso
di testi pubblicitari, dalla volontà di sottolineare la personalizzazione del mes-
saggio, orientandolo sul cliente29 (Giovanardi-Gualdo-Coco 2008: 87).

In italiano, l’aggettivo va omesso se il termine di riferimento appare ov-


vio; l’omissione è obbligatoria quando il verbo reggente include un
pronome atono con funzione affettivo-intensiva30 (cfr. Serianni 2006:
271-72), come nell’esempio che segue, tratto da una soap opera di produ-
zione italiana:

28 Rilevato anche nelle versioni «Quello che vedi è quello che c’è» e «Quello
che vedi è quello che avrai».
29 Come è possibile vedere nei seguenti esempi, tratti da un canale di acqui-

sti, QVC, in diretta televisiva: «La puoi usare dentro la tua borsa. Qui davanti
posso mettere il mio cellulare» (invece di «La puoi usare dentro la borsa. Qui
davanti posso mettere il cellulare») e ancora «Soprattutto in estate, la nostra ma-
no si gonfia» (invece di «le mani si gonfiano»).
30 Tra cui: indicare le parti del corpo, quindi per esprimere “appartenenza

somatologica” (“lavarsi le mani”); esprimere azioni (psico)biologiche


dell’organismo (“asciugarsi le lacrime”); fare riferimento a nomi di vestiario
(“togliersi il cappello”) (cfr. Serianni 2006: 250).
34 ANGELA SILEO

JACOPO: Non permetterò a queste persone di rovinarci la nostra


vita! [Centovetrine P2891]

Se ne ricava un’impressione di ridondanza tautologica e irritante, che


parte dai prodotti americani adattati e, di riflesso, giunge nei dialoghi
televisivi italiani:

DAMIANO: Così avresti messo la tua coscienza a posto!


[CentoVetrine P2879]
[Così ti saresti messa la coscienza a posto!]

nella pubblicità:

La sera sentiamo le nostre gambe affaticate, gonfie e stanche


[La sera sentiamo le gambe affaticate, gonfie e stanche]

e, infine, nei social networks, a dimostrare la diffusione del fenomeno in


esame e la sua estensione anche nelle aree in cui la lingua viene prodot-
ta spontaneamente:

Spotted: Tor Vergata31 (del 29/05/2013; corsivo mio)


# 2087 FACOLTÀ LETTERE – BIBLIOTECA
Al bel moretto che è in biblio […]. Ti ho visto che passi il tuo tempo a
studiare... perché non ti prendi una pausa e vieni a conoscermi?...

Nel 2012, chi scrive ha proposto lo slogan pubblicitario esposto


poc’anzi (tratto da una pubblicità che reclamizza un medicinale contro
il gonfiore alle gambe) in un ulteriore sondaggio, in cui alla domanda
«Quale espressione ti ‘suona’ più italiana?», gli intervistati hanno rispo-
sto con incertezza, seppure minima. Solo il 15,4% dei parlanti, infatti,
non è riuscito a riconoscere il costrutto italiano, mentre l’11% dichiara

Lo Spotted universitario è una moda nata recentemente in Europa, che sta


31

prendendo piede anche in Italia. Si tratta di un gruppo in cui gli studenti o chi-
unque si iscriva possono inviare messaggi o condividere commenti sui colleghi
o sul mondo universitario in generale, in maniera completamente anonima. Il
commento qui riportato è tratto dal gruppo “Spotted: Tor Vergata”, attivo su
Facebook dal 2012.
«DOPPIAGGESE»: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN METODO 35

di preferire la versione inglese nell’uso quotidiano (una percentuale


molto esigua, ma non trascurabile). Anche questo caso verrà approfon-
dito ed esteso nei capitoli seguenti.

 Aggettivo qualificativo pre-nominale


In italiano, nell’ordine non marcato della frase, l’aggettivo qualificativo
segue in genere il sostantivo a cui si riferisce, soprattutto se la sua fun-
zione è restrittiva e quindi esso va interpretato in senso letterale. Può,
tuttavia, precedere il nome se la sua funzione è descrittiva, quindi il suo
significato è in genere figurato: se si elimina l’aggettivo, il senso della
frase rimane sostanzialmente invariato. Non tutti gli aggettivi possono
essere preposti al sostantivo cui si riferiscono, ovvero: quelli di relazio-
ne o che reggono un complemento, gli alterati e, infine, quelli che deri-
vano da un participio, presente o passato (cfr. Trifone-Palermo 2007:
71-2), come nell’esempio seguente (in cui, tra l’altro, troviamo un utiliz-
zo inappropriato dell’aggettivo “impressionante” che è connotato in
italiano in senso negativo, come qualcosa che fa impressione, che spa-
venta o desta stupore e turbamento):

MARCUS: ...Mr. impressive guy...


...mio impressionante fratello... [Beautiful P6522]

Siccome l’italiano ammette quasi sempre entrambi gli ordini, non si ot-
tengono necessariamente enunciati a-grammaticali, bensì sequenze a-
nomale dal punto di vista semantico (cfr. Cardinaletti-Garzone 2005:
13). In generale, risulta innaturale l’utilizzo di una lunga serie di aggettivi
e intensificatori a precedere il sostantivo, come nell’esempio seguente:

CAROLINE: There I was, standing in awesome, expensive lingerie


Avevo indossato apposta per te una fantastica e molto costosa lingerie [Beauti-
ful P6538]

Mentre la posizione di “fantastica” può essere accettabile, anteporre


una sequenza avverbio + qualificativo a un sostantivo è da evitare.
36 ANGELA SILEO

 Pronome personale soggetto ridondante [cfr. Motta 2012: 127 e


sgg.]
Nel doppiaggio capita spesso di trovare battute con pronome personale
ridondante anche là dove quest’ultimo non ha scopo di enfasi, senza
dubbio per transfer negativo dalla lingua di partenza:

MAYA: When the clerk slipped up and called him Mr. Forrester, at first
it didn’t register.
Quando la commessa per sbaglio l’ha chiamato “signor Forrester”, io
non avevo realizzato [Beautiful P6533]

 Parlando di (calco di Speaking of) al posto del più italiano A


proposito di
Si tratta di un caso piuttosto recente (risulta, infatti, assente dai dizionari
e dalla letteratura finora consultati), ma è rinvenuto dapprima in alcuni
prodotti adattati:

ARABELLE: Speaking of tomorrow night, I bought …


Parlando di domani sera, ho comprato …
[Natale a Castlebury Hall (A Princess for Christmas), 2011],

e perfino nel parlato non sorvegliato dei nativi, compresi i social networks:
Parlando di Persuasione... Amori d’altri tempi
[https://www.facebook.com/pages/Letters-from-JANE-
AUSTEN/127193320718916 (ultimo accesso: 8 agosto 2014)]

 O (che) cosa? (calco di Or what?) per O no? oppure Per caso


…? [cfr. Rossi 2007: 96]
Assente nei dizionari consultati, è stato rinvenuto anche in prodotti ita-
liani, come si evince dagli esempi che seguono:

ETTORE: Cosa sei? Sei un uomo, o cosa? [CentoVetrine P2381]

FRANCESCO: Vogliamo risolvere il caso Renzi prima della fine


di questa era geologica, o che cosa? [Fratelli detective S2E3]

 Realizzare per to realise [cfr. Rossi 1999b: 26]


Voce italiana che deriva dal latino dotto medievale col significato di
«DOPPIAGGESE»: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN METODO 37

«rendere reale qualcosa attuandola praticamente» (De Mauro-Mancini


2001). Già nel 1938 Migliorini afferma che il termine non ha più il solo
significato di “effettuare”, ma anche quello inglese di “rendersi conto
di”, to realise, importato sul continente dai romanzi di Bourget. Anche
questo caso è stato sottoposto a sondaggio da chi scrive: ai parlanti è
stato chiesto se il verbo “realizzare” suonasse loro più o meno italiano
della perifrasi “rendersi conto”, oltre a “capire” e “accorgersi”, che ne
rappresentano un diretto equivalente. I risultati mostrano grande incer-
tezza nella scelta: il 41,4% degli intervistati (una porzione piuttosto con-
sistente, dunque) non riconosce il costrutto italiano.
Secondo Klajn (cfr. 2012: 146-47), in realtà, questo uso del verbo sa-
rebbe poco diffuso in francese e ancora meno in italiano. I capitoli suc-
cessivi riprenderanno questa argomentazione, riportando dati tratti da
altri corpora.

 Fare la differenza (calco di To make the difference) per Essere


importante o Cambiare le cose [cfr. Pavesi 2005: 49]
Nei dizionari consultati è presente soltanto “(non) fare differenza”, col
significato di “è lo stesso”. Ricorre, tuttavia, molto frequentemente nel
parlato spontaneo, o perlomeno in quello televisivo:

GUEST IVANA: Questo è un prodotto che fa la differenza.


[QVC – 14/10/2015]

 Per tua informazione (calco strutturale di For your information)


[cfr. Sileo 2010: 134]
Costrutto assente nei dizionari consultati32, eppure rinvenuto di sovente
nel linguaggio televisivo (adattato o meno), non necessariamente di re-
centissima realizzazione (si veda l’esempio proposto, tratto dalla quinta
stagione di Friends, mandata in onda negli anni 1998-1999), senza dub-
bio perché più fedele al sincrono della battuta originale. Per quanto ri-
guarda il suo equivalente italiano, “Sappi che” e “Devi sapere che”
sembrano avere la stessa funzione comunicativa dell’espressione origi-
nale, sebbene non gli stessi movimenti articolatori, fattore non trascu-

32 Nel vocabolario compilato dagli Accademici della Crusca, è presente la

costruzione “per informazione a qualcuno” o “per informazione con questa


mia”.
38 ANGELA SILEO

rabile nella trasposizione interlinguistica di un testo audiovisivo.


Un’altra possibilità potrebbe essere “Guarda che”: senza dubbio molto
colloquiale (occorre, però, tenere presente che la lingua del doppiaggio
dovrebbe ricalcare quella effettivamente parlata), risulta forse troppo
breve, ma si potrebbe pensare di utilizzare qualche segnale discorsivo o
un vocativo come riempitivo. Le esigenze di sinc, tuttavia, non valgono
nell’esempio che segue:

PHOEBE: Well, I’ve been reading up and, for your information,


minks are not very nice.
Beh, ho fatto una ricerca e, per tua informazione, i visoni sono poco
simpatici. [Friends S5E6]
[Beh, ho fatto una ricerca e devi sapere che i visoni sono poco sim-
patici.]

Allo stesso tempo, l’enunciato seguente:

IVAN: Per tua informazione, non la tengo accesa per paura!


[I Cesaroni S6E01]

equivale al più naturale (soprattutto data l’età di chi pronuncia la


battuta):

IVAN: Guarda che non la tengo accesa per paura!

 Qual è il tuo nome? (calco di What’s your name?) per Come ti


chiami? [cfr. Alfieri-Contarino-Motta 2003: 127]
Si tratta di un caso classico di interferenza negativa dall’inglese, ormai
piuttosto diffuso anche tra i parlanti nell’italiano quotidianamente uti-
lizzato (scritto e orale).

LEO: Comunque, qual è il tuo nome? Non sarà mica “Chicco”?!


[Braccialetti rossi S2E2]

Lo stesso vale per la sua declinazione, ovvero “Il mio nome è” al posto
di “Mi chiamo” o “Sono”, che è rilevata costantemente in prodotti a-
dattati perfino là dove, nel filmato originale, il personaggio è fuori cam-
«DOPPIAGGESE»: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN METODO 39

po, quindi la sua occorrenza non è dettata da esigenze di sinc:

OLIVER: My name is Oliver Queen


Il mio nome è Oliver Queen

Così, infatti, inizia ogni episodio della serie TV americana Arrow, men-
tre in italiano «Mi chiamo Oliver Queen» risulterebbe più naturale.

 Eccitante (calco semantico di Exciting) per Divertente, stupen-


do [cfr. Pavesi 2005: 48]
In italiano, l’aggettivo ha una connotazione molto diversa che in ingle-
se. Secondo IEI, infatti, indica qualcosa «che eccita, che produce eccita-
zione […], incita, stimola». In GRADIT è riferito a una sostanza che
stimola il sistema nervoso, o a qualcosa di entusiasmante o che stimola
sessualmente (anche come sinonimo di “sexy”, “erotico”, “sensuale”).
Ritengo si tratti di un calco semantico, come nel caso di “realizzare”.

 Altri casi
Di seguito sono elencati doppiaggismi non rinvenuti nei dizionari con-
sultati, per motivi diversi. Spesso, infatti, si tratta di costrutti che mal si
prestano a un’analisi di tipo lessicografico, ma che sono stati rinvenuti
in prodotti (non) adattati e, per la maggior parte, sono contemplati nella
letteratura di riferimento (come indicato tra parentesi):

Cosa abbiamo? (calco di What have we got?) al posto di Che sintomi ha? o Che
tipo di incidente ha avuto? [Alfieri-Contarino-Motta 2003: 138];
Stanne fuori per Stay out of this al posto di Non ti intromettere [cfr. ivi, p.
143];
L’hai detto (calco di You said it) per Proprio così [cfr. Rossi 1999b: 26];
Vuole scusarci? al posto di Permette? per Will you excuse us? [cfr. Alfieri-
Contarino-Motta 2003: 138];
Il tuo segreto è al sicuro con me (calco di Your secret is safe with me) al posto di
Manterrò il segreto;
Ben fatto (calco di Well done) per Bravo/a.
40 ANGELA SILEO

Transfer positivi

 Avverbio di modo/qualificativo + aggettivo [cfr. Alfieri-


Contarino-Motta 2003: 143]
Esistono alcuni avverbi in -mente che, preposti a un qualificativo
di grado positivo, ne ottengono un’intensificazione asseverativa al
massimo grado (simile a quello superlativo) in costrutti di tipo
aggettivale. Essi equivalgono a “davvero”, “veramente”, “pro-
prio”, e alcune locuzioni, quali “sul serio” e “per davvero” (cfr.
Serianni 2006: 216-17). Questi ultimi, di recente, e tramite il dop-
piaggio (senza dubbio, anche per motivi di sincronizzazione), so-
no stati soppiantati da nuovi e, a volte, improbabili avverbi di
modo formati con il suffisso -mente (il più produttivo), che soven-
te risultano assenti dai vocabolari italiani fino a tempi piuttosto
recenti. Alcuni di essi sono elencati qui di seguito, con indicato
tra parentesi il programma e l’episodio da cui sono tratti:

- meravigliosamente + aggettivo (Beautiful P6525): l’avverbio è presente in


IEI («in modo meraviglioso: […] una donna meravigliosamente bella; anche
con generico valore superlativo: la sinfonia è stata eseguita meravigliosamente
bene») e in GRADIT, che lo fa risalire al secolo XIV («attribuisce valore
superlativo all’aggettivo o all’avverbio che segue: […] è m. bravo!»);
- dolorosamente + aggettivo (Beautiful P6534): in IEI è presente come av-
verbio, ma non davanti ad aggettivo, mentre in Pavese: “dolorosamente
isolato” (cfr. Garzanti), probabilmente un uso esclusivamente poetico;
- dannatamente + aggettivo (Beautiful P6537): GRADIT lo fa risalire al
XX secolo, col significato iperbolico di «esageratamente, assai, troppo:
sono d. sfortunati, è stato un esame d. difficile»; anche in Devoto-Oli 2007
l’avverbio è attestato al XX secolo, mentre è assente in Crusca, dove
troviamo dannato, dannare, dannazione, dannatore e dannatissimo. Solo que-
sto, tra gli avverbi qui analizzati, sembra un caso di transfer negativo, da-
ta la sua attestazione piuttosto recente;
- tremendamente + aggettivo (Beautiful P6538): avverbio risalente, secondo
GRADIT, al 1694, che «attribuisce valore superlativo all’aggettivo o
all’avverbio che segue: […] la situazione sta diventando t. preoccupante»; stes-
so uso in IEI e Garzanti.
«DOPPIAGGESE»: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN METODO 41

Si tratta, nella maggior parte dei casi, di transfer positivo (tranne che per
“dannatamente”, mentre per “dolorosamente” gli strumenti di consul-
tazione non forniscono informazioni sufficienti), in quanto gli avverbi
appena elencati erano già presenti nel vocabolario italiano, alcuni molto
prima che scoppiasse la cosiddetta “anglomania”, che però sembra a-
verne aumentato l’occorrenza.

 Significare (da To mean) per Essere importante


In GRADIT e nel nuovo DELI, è attestato nel 1922; secondo
UTET, era usato già da Mazzini e Baretti, quindi potrebbe trat-
tarsi non di un calco semantico, ma di un accresciuto utilizzo del
verbo in questione a scapito della locuzione “essere importante”,
senza dubbio più lunga e meno adatta per questioni di sincroni-
smo.

 Sai (una/che) cosa?/Sai che ti dico? (calco di (Do) you know


what?) [cfr. Motta 2012: 127 e sgg.]
Il costrutto è presente solo in Volpi,

§ 46. Sai che cosa? Sai una cosa?, maniera famil. per dare più importanza a
ciò che vogliamo dire, quasi avvertendo che è cosa inaspettata o da fare
effetto in qualche modo. “Sai che cosa? A Roma non ci vengo più. –
Sai una cosa? È una gran birba”.

La letteratura critica non ha finora proposto un equivalente in italiano.


Per questo motivo, il sondaggio effettuato da chi scrive nel 2010 si limi-
tava a chiedere agli intervistati informazioni relative all’utilizzo della
struttura in questione nella lingua quotidianamente usata (parlata e scrit-
ta). I risultati hanno dimostrato che potrebbe trattarsi di un caso relati-
vamente prematuro di interferenza, usato raramente da tutte le fasce di
età, sempre più utilizzato anche in produzioni nazionali, come si evince
dagli esempi seguenti:

TESSA: E poi, sai cosa? [Le tre rose di Eva S1E2]

EMANUELE: Anzi, volete sapere cosa? [Tutti pazzi per amore S3E12]
42 ANGELA SILEO

 Sicuro (dall’inglese Sure) per Certo [cfr. Rossi 1999b: 26]


Presente in GRADIT come avverbio di uso comune per denota-
re un’affermazione o una negazione e in UTET, «con funzione
asseverativa, in partic. in espressioni esclamative: certo! davvero! pro-
prio così! ma sì!» in Ungaretti; nel nuovo DELI viene fatto risalire a
prima del 1735, attestato già in N. Forteguerri.

 Già (per Yeah) al posto di Sì, hai ragione [cfr. Rossi 1999b:
26]
Secondo il Vocabolario degli Accademici della Crusca,

§ XIX. Usasi familiarmente come particella affermativa o denotante approvazione,


consenso, e simili; ed equivale a Sì, oppure a Certamente, È vero, e simili: […]
Manz. Prom. Spos. 323: Ma sopra tutto tende a far qualche tiro a Milano;
perché vede bene, il furbo, che qui sta la forza del re. “Già”. Ne volete
una prova? ec..

assente in nuovo DELI, è presente in GRADIT, «come risposta


affermativa, sì» e in IEI («isolato, esprime assenso o conferma»).
L’uso di “già” pare sia frequentemente attestato anche nei sottoti-
toli dall’inglese all’italiano, dove la mancata necessità di sincroniz-
zazione labiale ne testimonia l’utilizzo ormai altamente conven-
zionale (cfr. Bucaria 2008: 151).

 Il punto (in espressioni quali: È (proprio) questo il punto, Non


è questo il punto, Questo è anche il punto, Il punto è un altro, ec-
cetera)
In UTET è presente “fare il punto”, “il punto è che” e, «in frasi
incidentali o in esclamazioni come Questo è il punto, Qui è o sta il pun-
to» già in S. Bernardino da Siena e nell’introduzione ai Promessi Spo-
si; in GRADIT «qui sta il p.: in questo consiste il problema, l’aspetto
più difficile». In Tommaseo: «[G. M.] E Annot. 17. Ma non è il
punto quale locuzione egli usasse più spesso». L’espressione, rin-
venuta costantemente in prodotti adattati, rivela un’ampia occor-
renza anche in programmi italiani e radiofonici italiani oltre che sui
social networks, a dimostrazione della sua diffusione.
«DOPPIAGGESE»: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN METODO 43

DIANA: Ma non è questo adesso il punto!


JACOPO: Invece è questo il punto! [CentoVetrine P2866]

SPEAKER: Invece non è un reato. Questo è il punto! [“Radio Ra-


dio”, 21/07/2013]

Nella discussione rinvenuta in un forum linguistico (su Wordre-


ference.com), il membro junior “queenelisabeth84” (madrelingua
italiana) scrive, il 01/06/2010:

“Hi everyone, I’m wondering how to say “non è questo il punto”


/ “il punto è”; it occurred to me while I was speaking to a child: I
wanted to say: “il punto è che tu non ascolti”, and I said: “the
point is that you don’t listen”, but I’m not sure it’s the right way...
Thanks a mill!”

Il membro senior “Alxmrphi” (madrelingua BrE) risponde:

Il punto è che.... = The point is that....


Non è questo il punto! = That isn’t the point!
La tua domanda in inglese è perfetta.
[http://forum.wordreference.com/showthread.php?t=1823570
&langid=14
ultimo accesso: 30/12/13]

Sebbene non si possa affermare di trovarci di fronte a un caso


evidente di transfer negativo, l’occorrenza ripetuta del costrutto e
delle sue numerose varianti porta a identificarlo come
un’interferenza di tipo positivo.

 Ehi, amico calco di Hey, man al posto di Senti, bello [cfr. Rossi
1999b: 26]
Assente in GRADIT e UTET, in IEI è presente «per chiamare
qualcuno senza nominarlo», ad esempio «amico!, o quell’a.!». La let-
teratura di riferimento lo riconosce come uno dei tanti casi di vo-
44 ANGELA SILEO

cativi ed esclamazioni ricalcati sul modello inglese, per cui si rile-


va spesso nei prodotti adattati in italiano un uso sovraesteso di
interiezioni per interferenza dalla lingua di partenza.

Casi dubbi

 Ringraziare per (da To thank for) invece che Ringraziare di [cfr.


Antonelli 2007: 118]
In IEI, abbiamo solo “ringraziare di”, mentre in UTET compaiono tut-
te e due le preposizioni; GRADIT, invece, riporta un unico esempio:
«La ringraziò per il gradito pensiero». Trifone-Palermo (cfr. 2007: 312)
prevede entrambe le reggenze. In Tommaseo: «[T.] Nel Gloria, […] vi
ringraziamo per la grande vostra gloria, Re celeste», e poi «[T.] Ringra-
ziare per, segnatam. di bene, o favore avuto dagli uomini, e per tale o tal cosa de-
terminata. – Ringraziare di…, e gli uomini e Dio». In Devoto-Oli 2007, so-
no presenti entrambi i costrutti.

 Potere vs Riuscire
Il modale inglese can racchiude il significato di abilità e permesso,
cioè “essere in grado di/riuscire a (fare qualcosa)” ma anche
quello di “avere il permesso di (fare qualcosa)”. Tuttavia, questo
duplice significato viene spesso concentrato nella resa italiana nel
verbo “potere”, senza distinguere debitamente tra le due accezio-
ni, con risultati sovente innaturali o a-grammaticali.

MONICA: Oh, that’s so sweet! Look, Chandler, I don’t care if


you can’t cry. I love you.
Oh, come sei dolce! Non mi importa se tu33 non puoi piangere. Io
ti amo. [Friends S6E14]

Il verbo “potere”, inoltre, compare in numerose espressioni, qua-


si cristallizzatesi nell’uso, come “non posso crederci” (presente in
GRADIT), nelle varianti “non posso credere che/di” e “non ci

33 Da notare qui la ridondanza del pronome personale soggetto.


«DOPPIAGGESE»: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN METODO 45

posso credere” sul modello di I can’t believe it (non sempre presen-


te nell’originale):

CHANDLER: I can’t believe her! Did she tell we were having


money problems?
Non posso crederlo34! Lei ti ha detto che abbiamo problemi econo-
mici?! [Friends S9E16]

Se in GRADIT è presente “non poter soffrire”, in IEI si registra


l’accezione di non riuscire o non essere capace di fare una cosa
(«non ho potuto dormire tutta la notte; non può darsi pace; non potei tratte-
nermi dal ridere; non posso proprio farne a meno»). Le espressioni rileva-
te indicano spesso un impedimento a fare qualcosa, forse un ob-
bligo morale, ma (pare) sempre al negativo.
In conclusione, sebbene gli esempi proposti risultino evidente-
mente innaturali, si rimanda ai capitoli seguenti per una trattazio-
ne più esaustiva del caso, che per ora non è possibile definire
come un transfer negativo.

 Oh, mio Dio! vs Oh, Dio mio!


L’ordine aggettivo + sostantivo, come detto sopra, è meno familiare alla
lingua italiana. In espressioni esclamative o vocative, poi, il possessivo
(che, in genere, precede il nome) viene posto dopo il sostantivo cui si
riferisce (cfr. Trifone-Palermo 2007: 81). Nel caso in questione, però,
entrambi i costrutti ricorrerebbero ugualmente in una preghiera così
come in una esclamazione, senza particolari sfumature stilistiche (cfr.
Serianni 2006: 270). UTET registra esclamazioni come “Dio mio!” e
“Oh Dio!”. Nel Vocabolario degli Accademici della Crusca: «O Dio,
Dio mio, in te spero, ec. […] Dio mio, non tardare. […] Grazie, grazie,
o mio Dio». Nel sondaggio effettuato da chi scrive nel 2010, la maggio-
ranza degli intervistati riconosceva in “Oh, mio Dio!” il costrutto italia-
no (soprattutto la fascia 20-30 anni) e preferiva usarlo nel linguaggio
quotidiano, rispetto alla sequenza inversa.

34 In Garzanti abbiamo non riesco a crederlo, a nostro avviso più italiano.


46 ANGELA SILEO

 Esatto o Esattamente (da Exactly) per Sì, hai ragione/Sono


d’accordo [cfr. Rossi 1999b: 26]
Più tagliente e meno breve di “sì”, può darsi che «sia giunto a noi arta-
tamente, come qualcuno ha osservato, da tanto cinema americano di
cui ci siamo ipernutriti: nella inevitabile consuetudine del doppiaggio,
infatti, la parola “yes” viene tradotta in modo quasi indolore con “esat-
to”» (La Porta 1997: 75-6). L’espressione viene collegata a un personag-
gio televisivo italiano, Mike Bongiorno, il quale avrebbe contribuito
all’unità d’Italia (scrive paradossalmente Beccaria), più di Camillo Benso
conte di Cavour (cfr. Beccaria 2008: 113).
“Esatto” è registrato nel nuovo DELI col significato di “riscos-
so”, ma già in GRADIT e in IEI abbiamo l’uso di “esattamente”
«come affermazione o conferma: sì, proprio così: “Il treno arriva
alle dieci?” “E.”», sinonimo di “esatto” nello stesso utilizzo.

 Dacci un taglio (calco di Cut it out) per Piantala/Finiscila [cfr.


Rossi 1999b: 26]
Rinvenuto già in IEI («come esclam. spazientita, sméttila!») e
GRADIT (con lo stesso significato), in UTET è utilizzato per
«porre fine a un discorso, a un comportamento. […] Trovare un
compromesso, una mediazione. […] Risolvere una questione
complessa». È presente anche in Tommaseo e in Tommaseo-
Bellini col significato figurato di “troncare un discorso”. La pre-
senza in questi ultimi dizionari ci fa pensare a un caso di calco
apparente, cioè a una coincidenza lessicale tra le due lingue, che si
verifica anche in altre locuzioni (come si vedrà più avanti). Tutta-
via, manca un’attestazione che lo indichi con certezza. Anche nel
presente caso, gli strumenti di consultazione utilizzati non sem-
brano sufficienti a definire l’espressione un TN o meno.

 Perifrasi progressiva stare + gerundio (anche nella varian-


te stare a + infinito35 [cfr. Durante 1988: 268-69]
Detti anche “ausiliari di tempo” o “aspettuali”, verbi come “stare”,
“cominciare”, “prendere”, eccetera segnalano, in unione con un

35 Attestata già in Pirandello, Cecè, «sto a farmi la barba».


«DOPPIAGGESE»: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN METODO 47

infinito o un gerundio, un particolare aspetto dell’azione (nel pre-


sente caso, il suo svolgimento, dunque l’aspetto progressivo: cfr.
Serianni 2006: 397). Si tratta di una costruzione dalle radici latine
che, però, solo di recente (nel Novecento) ha subìto in italiano un
rapido incremento e assunto l’attuale valore, per cui si ipotizza per
le due lingue un processo parallelo di specializzazione semantica
(cfr. Degano 2005: 93). Prima, infatti, indicava la duratività di uno
stato (“sto aspettando”, “sto scrivendo”), poi nei secoli è andata
acquisendo il senso della duratività di un processo trasformativo
(“sta accadendo”, “sto andando”). La spinta decisiva ha avuto luo-
go dopo la seconda guerra mondiale e la costruzione ha ‘attecchito’
più facilmente presso il pubblico giovane (come in genere accade
per i doppiaggismi: cfr. Alfieri-Contarino-Motta 2003) grazie alle
traduzioni dall’inglese e anche nei film (cfr. Durante 1988: 268-69).
In inglese, oltre al significato progressivo, questa costruzione as-
sume valore abituale, enfatico e di futuro36, mentre il suo uso in ita-
liano è marcato, ovvero meno frequente e meno naturale e non vi
è (ancora) opposizione semantica tra essa e il presente semplice,
come invece avviene in inglese37 (cfr. Degano 2005: 88-9). Proprio
in virtù di questa fluidità che permane nell’uso e nella scelta dei
tempi verbali (i due concorrenti principali sono il presente e
l’imperfetto), si può riconoscere qui un’area di transizione, di in-
stabilità, una scarsa sistematicità che facilita il processo di trasferi-
mento/interferenza tra i due sistemi linguistici (cfr. ivi, pp. 94-5). Si
ipotizza, altresì, che nella mente del parlante la forma progressiva
sia abbinata a un registro più basso rispetto agli equivalenti non pe-
rifrastici (cfr. ivi, p. 100). Nel corpus analizzato:

36 Di recente, è capitato a chi scrive di ascoltare nella conversazione spon-

tanea di parlanti italiani, da collocarsi diatopicamente nell’area laziale e diafasi-


camente su un registro basso e colloquiale, usi della perifrastica in senso futuro,
quali stai a venire stasera?, che equivale a vieni stasera? (accezione futura).
37 Inizialmente, le due forme non erano in rapporto di opposizione seman-

tica in inglese e la forma perifrastica si trovava soprattutto in testi tradotti dal


latino. La sua espansione risale ai secoli XVIII e XIX, specie in prosa e poesia,
con una graduale specializzazione del significato, fino a che la forma semplice
mantiene la sola funzione predicativa (cfr. Degano 2005: 92-93).
48 ANGELA SILEO

Stare + Presente o
Gerundio imperfetto
Beautiful 6 10
(P6516, 22/02/13)
CentoVetrine 11 4
(P3006, 07/01/14)

La tabella sopra proposta confronta la presenza della struttura qui


analizzata con le sue alternative principali in una puntata della so-
ap Beautiful (selezionata in maniera casuale) tratta dal corpus analiz-
zato nel capitolo successivo. Ancor più rilevante è il paragone tra
le due occorrenze in CentoVetrine, a dimostrare la tesi di questo
studio, ovvero che alcuni doppiaggismi sono presenti in prodotti
italiani anche più che in quelli adattati.
La scelta tra la perifrasi progressiva e il presente/imperfetto sem-
bra essere casuale. Se in alcuni casi, infatti, si preferisce
l’indicativo, come nell’esempio seguente:

HOPE: I’m just saying it’s incredibly convenient that Steffy is all
of a sudden pregnant as soon as we find out the truth
Dico solo che è un’incredibile coincidenza che Steffy sia rimasta
incinta all’improvviso proprio ora che abbiamo scoperto la verità
[P6516],

appena qualche battuta dopo:

HOPE: I’m just saying, Liam, that it is incredibly convenient...


Sto solo dicendo, Liam, che è un’incredibile coincidenza... [P6516]

La selezione di una forma piuttosto che di un’altra non pare ri-


spondere a criteri definiti a priori, se si eccettua l’esigenza di ri-
produrre il nome Liam nella versione italiana di modo che coin-
cida con l’originale, esigenza che non si verifica nell’esempio pre-
cedente. “Dico solo”, infatti, è più breve di “sto solo dicendo”,
eppure la sua lunghezza corrisponde quasi perfettamente a quella
di I’m just saying, quindi non riteniamo si tratti di una scelta dettata
«DOPPIAGGESE»: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN METODO 49

da motivi di sinc, quanto piuttosto di una decisione del tutto ca-


suale, come detto, e probabilmente inconsapevole. Nell’esempio
che segue, invece, si nota che nella versione adattata la perifrasi è
stata inserita là dove nell’originale risulta assente. Di nuovo, senza
motivi evidenti, nella battuta successiva, il progressivo scompare:

HOPE: If she’s changed, why does she still lie?


Se è cambiata, perché sta ancora mentendo?
LIAM: I don’t think she does.
Io38 non credo che lei menta. [P6516]

Su un totale di sedici occorrenze della perifrasi progressiva nei


dialoghi originali di Beautiful, tuttavia, soltanto sei sono rese in ita-
liano con stare + gerundio, mentre in ben dieci occasioni gli adat-
tatori hanno optato per l’indicativo presente o imperfetto. In due
casi, il Present Progressive è assente nel TP mentre è stato prodotto
nel TA. Per quanto riguarda CentoVetrine, invece, su un totale di
quindici occorrenze, ben undici volte gli sceneggiatori hanno fat-
to ricorso alla perifrasi. Mentre, infatti, in alcuni casi la scelta
dell’imperfetto non sembrava opinabile,
CECILIA: Lui e Frida lavoravano insieme. Magari una sera l’ha ac-
compagnata a casa [P3006],
in altri, si è optato per la perifrasi progressiva, là dove un sempli-
ce “Ma che dici?” avrebbe avuto la stessa forza comunicativa.
CAROL: È un gesto di debolezza essertela portata a letto!
LEO: Ma cosa stai dicendo? [P3006]
In conclusione, la costruzione stare + gerundio ricorre più fre-
quente nella soap italiana che in quella adattata dall’inglese per
motivi che si possono soltanto ipotizzare, tra cui una probabile
influenza del doppiaggio di prodotti TV angloamericani.

38 Segnalo anche qui l’uso ridondante del pronome personale soggetto.


50 ANGELA SILEO

Riflessioni conclusive

Buona parte dei casi illustrati nei paragrafi precedenti è costituita


da esempi di transfer positivo, ovvero casi in cui i fenomeni sono
comunque già utilizzati nella lingua di arrivo e l’interferenza ne
altera semplicemente il numero di occorrenze, aumentandole.
Numerosi sono, però, i transfer negativi, cioè le deviazioni dalla
norma della lingua ricevente, che rappresentano i casi più ‘preoc-
cupanti’ per l’integrità (utopica) di un sistema linguistico, soprat-
tutto perché molti di quelli appena illustrati sono calchi di lusso,
avvalorando così la tesi di alcuni (neo)puristi. Infatti, se non sono
necessari, perché non respingerli oltre la soglia attraverso cui so-
no penetrati in italiano? Si veda, per tutti, l’esempio di «assoluta-
mente sì, che equivale a sì ed è SEI volte più lungo» (Severgnini
2007: 12), eppure è preferito al più immediato sì, appunto, e per-
fino da «persone apparentemente normali» (ibidem). Alla fine, pe-
rò, lo dicono tutti e quindi ci si rassegna a dirlo (cfr. ivi, p. 28),
come ci si rassegna a una nuova moda: è “assolutamente” sco-
moda, ma è un must (con tutte le implicazioni del modale in que-
stione), soprattutto perché viene dall’inglese. La cosa più inquie-
tante, tuttavia, è che lo si userebbe perché si è convinti che “sì”
da solo non basti: «la più bella, semplice e netta tra le affermazio-
ni italiane – come sanno gli amanti e gli sposi39 – è affievolita
dall’abitudine, minata dalle bugie, segnata dalla disattenzione» (ivi,
pp. 28-29). Pensare che tutto ciò possa non aver avuto un riflesso
sulle abitudini linguistiche degli italiani è, come già detto, incon-
cepibile (cfr. Giovanardi-Gualdo-Coco 2008: 22). Sebbene, infat-
ti, il parlato comune sembri al riparo da una forte presenza di an-

39 Oggi, però, sembra che gli sposi non lo conoscano nemmeno più: infatti,

secondo molti per influsso del doppiaggio, in televisione (anche in prodotti


italiani) gli sposi spesso non pronunciano più il fatidico “sì”, ma “lo voglio”. Il
campione di parlanti intervistato in occasione di uno studio effettuato alcuni
anni fa (cfr. Bucaria 2008) riteneva in generale che “lo voglio” fosse effettiva-
mente e comunemente utilizzato durante le cerimonie nuziali in Italia (cfr. ivi,
p. 158).
«DOPPIAGGESE»: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN METODO 51

glicismi e di altri tipi di neoformazioni, lo stesso non vale per le


interferenze a un livello più profondo dell’analisi linguistica (cfr.
ibidem).

Di fronte a tante ‘malefatte’, non servirebbero, però, processi né


condanne: «una lingua dev’essere maltrattata. È una prova
d’affetto (nostro) e di vitalità (sua). L’eccessivo rispetto maschera
il disinteresse. Le lingue morte non le molesta nessuno» (Sever-
gnini 2007: 10) e «la lingua che non cambia assomiglia a un cimi-
tero» (Beccaria 2008: 187).
52 ANGELA SILEO

Tabella riassuntiva

Caso di Calco Equivalente in Transfer40


interferenza dall’inglese Italiano
Assolutamente (no) Absolutely (not) Assolutamente sì/no TN
Qual è il (tuo, suo...) What’s Che c’è/hai/ha che TN
problema? the/your/his... non va?
problem?
Non c’è problema / No problem Va bene / TN
Nessun problema Non fa niente
Quello che vedi è What you see is Sono quello che TN
quello che hai/c’è what you get vedi
Possessivo ridondante Possessivo al Articolo determina- TN
posto del de- tivo
terminativo
Qualificativo Qualificativo Qualificativo post- TN
pre-nominale pre-nominale nominale
Soggetto ridondante Soggetto obbli- Caduta del soggetto TN
gatorio
Parlando di Speaking of A proposito di TN
O (che) cosa? Or what? O no? TN
Realizzare To realize Rendersi conto / TN
Capire / Accorgersi
Fare la differenza To make the Essere importante TN
difference Cambiare le cose
Per tua For your informa- Sappi che / TN
informazione tion Devi sapere che /
Guarda che /
Qual è il tuo nome? What’s your na- Come ti chiami? TN
me?
Il mio nome è My name is Mi chiamo / Sono TN
Eccitante Exciting Stupendo / Diver- TN
tente
Cosa abbiamo? What have we Che sintomi ha? TN
got? Che tipo di
incidente ha avuto?
Stanne fuori! Stay out of this! Non ti intromettere! TN

L’hai detto! You said it! Proprio così! TN

40 TN = transfer negativo; TP = transfer positivo; D = caso dubbio; N-C =

non-calco.

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