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Lingue speciali e destini incrociati, con una nota sulla mozionalità

Maria Lida Mollo


Università della Calabria

C’era da perdersi, non sempre, ma inevitabilmente in alcuni casi. Quelli in cui il saggio che Pio
Colonnello mi chiedeva di tradurre in spagnolo riguardava Heidegger, Gaos o addirittura entrambi.
Penso al bellissimo La “cura” y la mocionalidad1, laddove “cura” sta – molto pacificamente per il
lettore italiano familiarizzato con la traduzione di Chiodi di Sein und Zeit, ma meno per quello
spagnolo che lo avverte come un arcaismo2 – al posto di Sorge, mentre mocionalidad (neologismo
ottenuto per suffissazione della base derivata mocional: moción → mocional → mocionalidad)
designa, per Gaos, l’attività psichica nella sua costituzione cinetica.
Insomma, tra la creatività neologica del Gaos filosofo, le scelte estranianti del Gaos traduttore di
Heidegger e la perseveranza con cui Colonnello indugiava sui temi del “nulla”, della “cura” e della
“temporalità”, la faccenda si faceva sempre più seria. Come in questi passaggi: “la esfera psíquica se
constituye principalmente a partir de las emociones y de las mociones. Pero si lo psíquico es pura
actividad y si se observa que el modo activo por excelencia es el movimiento, entonces se puede
afirmar que ‘lo psíquico es pura mocionalidad’”; “si el ser del ser-ahí es la Cura, esta también
comprende en sí la posibilidad de ser ‘fundamento de una nulidad’”; “Comprensión de la no-
posibilidad del ser del ser-ahí, es decir, comprensión del ‘estado de yecto’ fundamental del existir”;
“La Weltanschauung de Heidegger sería entonces ‘pandemónica’, refiriéndose con ‘pandemónico’ a
lo que es ‘omnianiquilador’”; “El ser y tiempo [...] ‘desnaturaliza’ de algún modo la instancia del
tiempo de la facticidad de la vida al traducir esta misma instancia en ‘cumplimiento’ (Vollendung) y
‘destino’ (Geschik)”3.
Vero è che lo smarrimento era collettivo e translinguistico: non riguardava solamente il traduttore che
avrebbe dovuto andare oltre il criterio di accettabilità della lingua meta (in questo caso lo spagnolo),
in una ricerca-ritrovamento del non-normato4, fino ad includervi il troppo nuovo, il troppo vecchio e
finanche il troppo composto, come l’appena apparsa sinapsi “estado de yecto”. E, si badi, non perché
quelle di Gaos fossero cattive formazioni, e neanche perché le scelte fossero arbitrarie. Sulla bontà
delle formazioni gaosiane dirò più oltre, cercando di integrare l’analisi morfofonologica, semantica e

1
P. Colonnello, La “cura” y la mocionalidad. Una confrontación entre Gaos y Heidegger, in S. Sevilla (a cura di),
Visiones sobre un transterrado, Iberoamericana-Vervuert, Madrid-Frankfurt a. M. 2008, pp. 139-156.
2
Real Academia Española, Diccionario de la lengua española, XXIII, Espasa-Calpe, Madrid 2014 (d’ora in poi DRAE
XXIII): “7. f. desus. cuidado”.
3
P. Colonnello, op. cit., pp. 143, 150, 155, 152, 154.
4
A. Berman, La traduzione e la lettera o l’albergo nella lontananza, Quodlibet, Macerata 2003, p. 110.
sintattica delle strutture sottostanti, con la considerazione di fattori extralinguistici5, in questo caso la
ricezione in spagnolo dell’ontologia heideggeriana.
Quanto alla scelta di tradurre Sorge con cura, che potrebbe sembrare motivata dal mero gusto per il
desueto – tale è la marca variazionale che il DRAE attribuisce al termine, nell’accezione 7, col
significato di “cuidado” – il latinismo è la pista di un prestito concretamente avvenuto. Così infatti si
evince dalla linea cura-Sorge-cura ricostruita da Gaos e richiamata da Colonnello6: dalla favola del
poeta latino Igino, “cura” passa, attraverso Herder, a Goethe, che la inserisce nella seconda parte del
Faust, così come scoperto da Burdach in un articolo pubblicato nel 1923 e che Heidegger, allora alle
prese con la redazione di Sein und Zeit, legge imbattendosi quasi per caso nella dimensione
preontologica della Sorge, che poi Gaos avrebbe tradotto con “cura”. Non essendo mio compito
soffermarmi qui sulle corrispondenze tra il Faust e Essere e tempo e neanche sulle relazioni
individuate da Gaos e finemente analizzate e poi ricondotte da Colonnello nell’alveo della
meontologia, ci basti trovare la giustificazione dell’arcaismo nel prestito, sia di parola sia di motivo.
Siccome però le asperità della scrittura e delle traduzioni di Gaos non finiscono qui e, come detto
poc’anzi, riguardano anche il lettore ideale, lasciamo la parola a Ramón Rodríguez, spagnolo, nonché
uno dei più autorevoli studiosi e traduttori di Heidegger:

Quienes han dado algún curso sobre Ser y tiempo han podido hacer la experiencia de la perplejidad y
desconcierto que su lectura producía en el estudiante: el texto no “suena” a castellano ni en castellano. A ello
contribuían, sin duda, tres criterios técnicos de Gaos: la fidelidad férrea al alemán, transliterando a veces, más
que traduciendo, los neologismos heideggerianos y manteniendo inflexibles los términos, con independencia
del contexto; el uso inmoderado de las comillas, recurso que Gaos aplica sistemáticamente a cuantas palabras
le parecen poseer un sentido peculiar, propio del vocabulario heideggeriano, pero que al empedrar los párrafos
con múltiples expresiones entrecomilladas dificulta la comprensión [...]; por último, cierta preferencia por
arcaísmos (“cura”, “cabe a”, “por mor de”, etc.), ausentes del uso actual del español. El resultado era, pese a
su fidelidad al original, al que nunca traiciona, la interposición de una cierta barrera entre el texto y el lector,
al que se le exige, para superarla, un esfuerzo denodado y constante7.

D’altra parte, la tendenza estraniante sembra essere, con qualche eccezione8, un tratto distintivo della
fervida attività traduttiva di chi ha fatto parlare in spagnolo testi scritti in greco, latino, inglese,
italiano, francese, tedesco, e soprattutto in tedesco. Tra i nomi di una lista pur sempre incompleta

5
Cfr. M.F. Lang, Formación de palabras en español. Morfología productiva en el léxico moderno, Cátedra, Madrid 2009,
p. 266.
6
J. Gaos, La ‘Cura’ en Goethe y Heidegger, in Obras completas, 10, UNAM, México 1999, p. 178; P. Colonnello, op.
cit., p. 148.
7
R. Rodríguez, ¿Qué queda de Heidegger?, in “Revista de Libros”, n. 42, junio 2000.
8
Un’eccezione sarebbe la traduzione di Gaos del primo libro delle Ideen, frutto di “maniobras, toscas o sutiles, empleadas
para poder presentar un texto que se lee en un español más o menos terso” (cfr. A. Zirión Quijano, Presentación, in E.
Husserl, Ideas relativas a una fenomenología pura y una filosofía fenomenológica. Libro primero: Introducción general
a la fenomenología pura, nueva ed. y refundición integral de la traducción de J. Gaos por A. Zirión Quijano, UNAM-
FCE, México 2013, p. 9).
figurano Eraclito, Aristotele, Cicerone, Spinoza, Kant, Hegel, Fichte, Marx, Kierkegaard, Heimsoeth,
Dilthey, Brentano, Husserl, Scheler, Ebbinghaus, Hartmann, Celms, Dewey, Huizinga, Jaspers,
Szilasi, Funke, Lavelle, Abbagnano, Sciacca e naturalmente Heidegger. Nel commento alla
traduzione, inedita, della Metafisica di Aristotele, in cui spiccano, per analisi contrastiva in un
confronto a tre con le versioni di Valentín García Yebra e di Tomás Calvo, scelte gaosiane forti come
quella di tradurre ousia con entidad, hypokeimenon con subyacente e soprattutto il sintagma to ti en
einai con el que había de ser, il compianto ispanista Antonio Jiménez ribadisce, in linea con
Rodríguez, che si tratta di un modello di traduzione “muy pegada a la literalidad” e sottolinea la
fedeltà finanche alla sequenza proposizionale della LO (lingua d’origine)9.
Ritornando ai tempi in cui scelte forti erano causa di grandi vacillazioni, i luoghi però dove proprio
si rischiava di perdere la testa – e per il traduttore la faccia – erano quelli in cui il vigore derivativo
dello spagnolo, che va di pari passo con la preferenza per le strutture lessicali sintetiche a discapito
di quelle analitiche e, quindi, la malleabilità e flessibilità di una morfologia, in cui appare
particolarmente vitale e fecondo il processo di suffissazione, ponevano di fronte al problema del
copioso repertorio dei morfemi implicati, nonché alla rivalità esistente tra non pochi suffissi, a sua
volta e ulteriormente complicata dall’allomorfia10.
E allora rammentiamo senza altri indugi il senso di smarrimento che si provava, allorquando nelle
citazioni di Sein und Zeit si poneva ogni volta, e di nuovo, la scelta tra la pionieristica versione di
Gaos e quella più recente di Rivera11: è meglio mundanidad o mundaneidad [Weltlichkeit], con la
variante del suffisso deaggettivale che presenta una vocale intercalata? E, giusto per dare un saggio
della virtualità di avvolgere la base della circonfissione, e quindi delle strutture (ternarie) delle
formazioni parasintetiche12, intese in senso lato e non esclusivamente nei termini di prefissazione e
suffissazione simultanea13, e neanche in quelli della successione di stadi derivativi14, è da preferire
circunmundanidad a circunmundaneidad per tradurre il derivato Umweltlichkeit? E che fare quando

9
A. Jiménez, La labor traductora de José Gaos (1900-1969), in “Anales del Seminario de Historia de la Filosofía”, n.
18, 2001, pp. 219-235, p. 235.
10
Cfr. M.F. Lang, op. cit., p. 46.
11
M. Heidegger, El Ser y el Tiempo (1951), tr. di J. Gaos, FCE, México 1971; Id., Ser y tiempo (2003), tr. di J.E. Rivera,
Trotta, Madrid 2012.
12
Sulle strutture ternarie delle formazioni di tipo parasintetico nelle lingue romanze, che rappresenterebbero un problema
per le teorie basate sul principio di ramificazione binaria postulato da Aronoff, fino al punto di vedersi costrette ad
aggettivare la base come “putative” o “possibile”, cfr. M.F. Lang, op. cit., pp. 243, 267.
13
M. Alvar Ezquerra, La formación de palabras en español (1993), Arco/Libros, Madrid 2017, p. 64: “Según una postura
más restrictiva sólo serían elementos parasintéticos aquellos que fuesen resultado de la composición y la sufijación a la
vez, aunque con la condición de que no exista de forma aislada en la lengua el segundo elemento del compuesto con ese
sufijo”.
14
Cfr. S. Scalise, Morfologia, Il Mulino, Bologna 1994, pp. 218-222; cfr. A. Fábregas, La morfología. El análisis de la
palabra compleja, Síntesis, Madrid 2013, pp. 103-105, in cui, in una prospettiva diversa da quella prima accennata di
Lang, e in sintonia con Scalise, si analizza la parasintesi in ramificazioni binarie, nelle quali è possibile osservare passaggi
intermedi di strutture non ben formate, in cui il prefisso ha una virtualità legittimante.
di contro a quello che, fino ad un certo punto, è stato un postulato di alcune teorie lessicaliste, come
quella di Scalise, secondo cui pochi composti si possono derivare15, Gaos traduce Weltmäßigkeit con
un “composto stretto” dal punto di vista fonologico ma i cui elementi costitutivi mantengono
individualità semantica16, ovvero, “mundiformidad”, mentre Rivera con mundicidad? Come
decidersi poi tra temporalidad e temporeidad [Zeitlichkeit] o – visto che la hybris della parasintesi
non si arresta neanche di fronte al “tempo” – tra intratemporacialidad e intratemporeidad
[Innerzeitigkeit]?
V’è poi un’occorrenza di affissazione ricorsiva in spagnolo assai rivelatrice di quanto sia
imprevedibile l’intreccio dei destini linguistici. Mi riferisco alla traduzione di innerumweltlich per
cui Gaos indica due corrispondenze, una sintetica, intracircunmundano, con accumulo di prefissi con
significato spaziale, e una analitica, dentro del mundo circundante, nell’Índice de traducciones17,
mentre nel TM (testo meta) figura soltanto quella diluita, la stessa che ritroviamo in Rivera.
Quest’ultima corrispondenza appare interessante non solo in quanto caso di diluizione, che quindi
presenta un numero superiore di termini rispetto a quello del TO (testo d’origine), ma almeno per altri
due motivi: 1. perché in essa è avvenuta la conversione dei prefissi avverbiali intra- [inner-] e circun-
[um-] nell’avverbio dentro e nell’aggettivo circundante, rispettivamente18 e 2. perché il neologismo
circunmundano è per certi versi il calco di un calco, quello fatto in tedesco per tradurre Milieu
(ambiente) con Umwelt19. Non v’è dunque affissazione ricorsiva in inner-umweltlich, diversamente
da quel che accade in intra-circun-mundano, al quale, se non fosse stato per il peso del concetto

15
S. Scalise, op. cit., pp. 237 ss.
16
Cfr. A. Bisetto, Composti come basi di derivazione, in M. Grossmann, F. Rainer (a cura di), La formazione delle parole
in italiano, Max Niemeyer, Tübingen 2004, p. 55, che considera la derivazione in casi di composti “meno stretti”,
sottolineando altresì il ruolo svolto dalla semantica. Si veda anche A. Ralli, Compouding versus derivation, in S. Scalise,
I. Vogel (a cura di), Cross-Disciplinary Issues in Compounding, J. Benjamins, Amstedam/Philadelphia 2010, che, in
stretto accordo con Bauer– in cui si iscrive la conclusione secondo cui derivazione e composizione devono essere
considerate come processi di uno stesso dominio, la morfologia – constata, a partire da un caso di cline rilevato in greco
moderno e in due varietà dialettali, che “derivation may occur before or after compounding” (p. 72).
17
Del prezioso apparato paratestuale con cui Gaos ha corredato El Ser y el Tiempo, fa parte un Índice de traducciones, in
cui non poteva mancare il lemma Welt. Limitandomi qui ai processi di derivazione e di parasintesi, riporto, oltre a quelle
già segnalate, le seguenti corrispondenze: Entweltlichung = desmundanación; Verweltlichung = mundanación; umweltlich
= circunmundano, en o del mundo circundante (J. Gaos, Introducción a El Ser y el Tiempo, FCE, México 1971, p. 146).
18
Questo particolare caso di diluizione di un aggettivo relazionale prefissato potrebbe apparire interessante a chi come
Fábregas, partendo dal presupposto sintattico della “condizione di nucleo”, avanza l’ipotesi che gli aggettivi non siano
una classe primitiva o categoria naturale ma, piuttosto, il frutto del riciclaggio categoriale di preposizioni. Cfr. A.
Fábregas, Morphologically derived adjectives in Spanish, J. Benjamins, Amsterdam 2020, pp. 63 ss.; I. Arroyo
Hernández, Adjetivos denominales en -ado y -ato. Una aproximación contrastiva español-italiano, in “Cuadernos Aispi”,
n. 14, 2019, pp. 99-126, p. 105. Insistendo sulla base “mundano”, il derivato “mundanidad” potrebbe, nei termini di
Fábregas, essere glossato in questo modo: non come “cualidad de mundano”, bensì, secondo il “quale constitutivo”, come
classe formata da entità che contengono la proprietà di mundano come parte costituente. Cfr. A. Fábregas, Las
nominalizaciones, Visor, Madrid 2016, p. 325.
19
W. Pfeifer et al., Etymologisches Wörterbuch des Deutschen (1993), <https://www.dwds.de/wb/etymwb/Umwelt>,
abgerufen am 16.04.2021: Später (um 1870) wird Umwelt Übersetzungswort von ↗Milieu (s. d.) in der
Gesellschaftstheorie von Taine.
filosofico, e quindi della lingua speciale, si sarebbe potuto preferire “intraambiente”, con
mantenimento della vocale finale intatta del prefisso intra-.

Das ontologisch verstandene Bewendenlassen ist vorgängige Freigabe des Seienden auf seine
innerumweltliche Zuhandenheit20.

El “conformarse” ontológicamente comprendido es un previo dar la libertad a los entes en punto a su “ser a la
mano” dentro del mundo circundante (Gaos, 99).

El dejar ser, entendido ontológicamente, es la previa puesta en libertad del ente con vistas a su estar-a-la-mano
dentro del mundo circundante (Rivera, 106).

Un’analisi contrastiva dei passi appena citati mostrerebbe che coincidono solo due traducenti, il primo
per ontologisch e il secondo per innerumweltliche. Pur non volendo ripetermi, segnalo le due
corrispondenze per Zuhandenheit: “ser a la mano” e estar-a-la-mano. Un’alternativa, questa, tra ser
(Gaos) e estar (Rivera) rinvenibile in altre polirematiche, almeno sempre tali per Gaos, come ad
esempio “ser en el mundo”/estar-en-el-mundo [In-der-Welt-sein]; “ser en”/estar-en [In-Sein]: “ser
con”/coestar [Mitsein]; “ser ahí con”/coexistencia [Mitdasein]; “ser ante los ojos”21/“estar-ahí”
[Vorhandenheit]; “ser total”/estar-entero [Ganzsein]; “ser relativamente a la muerte”/estar vuelto
hacia la muerte [Sein zum Tode]; “ser relativamente al fin”/estar vuelto hacia el fin [Sein zum Ende].
I dubbi erano quindi tanti, non soltanto quelli legati al più grosso dei problemi, ovvero, la traduzione
di Sein in spagnolo, un’aporia assai fertile, che portava in grembo metafisiche stative e appositamente
pensate come alternative all’ontologia heideggeriana22, e ciò sin dalla traduzione di Dasein. Meglio
tradurlo col calco “ser ahí”, come aveva fatto Gaos ripristinando la funzione locativa che aveva il
verbo ser nello spagnolo medievale, o con il prestito crudo, così come deciso da Rivera e da altri
traduttori – lasciando però il problema intatto23? Ora però varrebbe la pena di andare oltre la questione

20
M. Heidegger, Sein und Zeit (1927), GA 2, hrsg. von F.-W. von Herrmann, Klostermann, Frankfurt a. M. 1977, p. 114.
21
Gaos giustifica il cambiamento operato sulla base metonimica da “mano” a “occhi” nella traduzione di vorhanden =
“ante los ojos”; Vorhandensein, Vorhandenheit = “ser ante los ojos” rispetto a zuhanden = “a la mano”; Zuhandensein,
Zuhandenheit = “ser a la mano”, appellandosi al contesto, in cui tali formazioni (sintetiche in tedesco, polirematiche in
spagnolo) appaiono relazionate più alla vista che al tatto, e aggiungendo che “las traducciones corrientes, existente,
presente, incurrirían en equívocos inadmisibles” (J. Gaos, Introducción a El Ser y el Tiempo, cit., p. 127).
22
Di questo ho provato a parlare in “Ser” e “estar” nelle traduzioni spagnole di Sein und Zeit (in corso).
23
Cfr. J.A. Escudero, Traducir a Heidegger, in “Investigaciones Fenomenológicas”, n. 8, 2011, pp. 89-95, in part. pp.
93-94. Cfr. M. Borghi, Dasein e traduzione. Note sull’esperienza traduttiva in lingua italiana, in I. Borges Duarte et. al.
(a cura di), Heidegger, Linguagem e Tradução. Colóquio internacional, Centro de Filosofia da Universidade de Lisboa,
Lisboa 2003, pp. 497-503, in part. p. 502, in cui prendendo le distanze dall’attribuzione al Da- di un valore meramente
locativo, condivide la scelta di Zaccaria di rendere in italiano Da-sein con “ad-essere” e afferma: “In latino, il prefisso
‘ad-’ raccoglie e compagina una molteplicità di tratti spaziali e temporali, che vanno precisamente nel senso
dell’estendersi di una prossimità, del prendere contatto, dell’andare incontro e, simultaneamente, essere toccati e
riguardati da ciò verso cui ci si dirige”; e più avanti: “Alla voce ‘ad’ del Dictionnaire étymologique de la langue latine di
Ernout e Meillet, leggiamo: ‘Comme préverbe, ad- marque l’approche, la direction vers, et par suite le commencement
d’une action […] Comme ab, ad se joint à des adverbes de lieu marquant un mouvement vers un but’. Questo tratto di
della fedeltà all’ontologia – che, in barba all’accettabilità della lingua meta, non può essere se non
del ser – e iniziare a vedere in quell’uso immoderato di virgolette, in quei paragrafi infarciti di
espressioni virgolettate, prima richiamati da Rodríguez, molto di più di quel che appare a prima vista,
a cominciare dal conferimento di coesione sintattica. Con le virgolette Gaos fa molte cose, ma quello
che a mio avviso si rivela come l’operazione più radicale riguarda la formazione di verbi sintagmatici
in un sistema linguistico come lo spagnolo, in cui quei verbi scarseggiano, e quelli che ci sono non
hanno caratteristiche spiccate né un comportamento omogeneo24.
Tornando ai processi derivativi, c’è da dire che le domande riapparivano ogni volta che si andava
incontro alla produttività del processo di suffissazione. E allora come vincere senza fare troppo male,
né al testo né al lettore, le ambasce di altri dilemmi, come quello existenciario o existencial e, ancora,
existencial o existentivo? Certo, in molti casi, non in tutti (non ad esempio in quello della traduzione
di Weltlichkeit e di Umweltlichkeit), tutto sembra dipendere dall’unità lessicale di partenza, dalla
suffissazione in existenziell e existenzial, o dalla base in Zeitlichkeit e Temporalität; e il primum non
nocere dovrebbe prioritariamente riguardare la differenza, e quindi la relazione, tra ontico e
ontologico. Eppure la rivalità tra schemi derivativi in spagnolo non combacia, neanche nei casi in cui
è motivata dalla salvaguardia della differenza ontologica, con le serie aggettivali e nominali del TO
(testo d’origine). Che non c’entri solo il segno linguistico della LO e neanche il senso globale del TO,
ma che in gioco vi sia soprattutto la prima accennata produttività della suffissazione in spagnolo è
stato reso oltremodo evidente dalle incoincidenze, che sono innanzitutto di gerarchia e poi di strategia
e di scelta, tra i due traduttori spagnoli.
Se infatti la biforcazione dei sentieri lessicali viene in molti casi imposta dai due sensi, quello ontico
e quello ontologico, riprendendo il caso della traduzione della coppia existenziell-existenzial, si può
osservare che Gaos, sul modello del neologismo e non del formante prescelto da Heidegger, opta per
l’innovazione nella suffissazione ai fini della resa del senso ontologico, mostrando come la
fossilizzazione di -ario sia soltanto apparente25; mentre, invece, Rivera innova per la resa del senso
ontico optando per una insolita formazione con -ivo combinata all’aggettivo deverbale existente, per
tradurre il termine non coniato da Heidegger, ma già presente in tedesco, existentiell; e così abbiamo,
da un lato, existenziell (Heidegger), existencial (Gaos), existentivo (Rivera) e, dall’altro, existenzial
(Heidegger), existenciario (Gaos), existencial (Rivera).

motilità, e più precisamente di innesco di un movimento in sé compiuto e compaginato (telos), sembra particolarmente
consonante con l’ascolto che Heidegger presta al ‘Da-’ tedesco”.
24
Cfr. C. Calvo Rigual, I verbi sintagmatici italiani, con appunti contrastivi con lo spagnolo e il catalano, in C. González,
P. Mogorrón (a cura di), Estudios y Análisis de Fraseología Contrastiva: Lexicografía y Traducción, Universidad de
Alicante, Alicante 2008, pp. 47-66, in part. p. 63.
25
Cfr. M.F. Lang, op. cit, p. 199.
Considerata la produttività della disgiunzione “sostantivo + aggettivo” e l’alto grado di frequenza
delle formazioni con existenzial, il parallelismo tra schemi rivali fa molta strada. E così, per la serie
heideggeriana existenzialer Entwurf, existenziale Interpretation, existenziale Struktur, existenziale
Frage, existenziale Analytik, existenziale Analyse, existenziale Verfassung, existenzialer Begriff,
existenzialer Ursprung abbiamo due sentieri, assai lunghi, ugualmente percorribili. Quello di Gaos
con la serie di disgiunzioni proyección existenciaria, exégesis existenciaria, estructura existenciaria,
cuestión existenciaria, analítica existenciaria, análisis existenciario, constitución existenciaria,
concepto existenciario, originación existenciaria; e quello di Rivera che invece opta per proyecto
existencial, interpretación existencial, estructura existencial, pregunta existencial, analítica
existencial, análisis existencial, constitución existencial, concepto existencial, origen existencial. Le
scelte si mantengono anche nelle rispettive versioni delle contrapposizioni existenzial-ontologisch e
existenzial-zeitlich; se, infatti, Gaos traduce con ontológico-existenciaria e temporal-existenciaria,
Rivera riconferma la scelta del suffiso -al e procede tranquillo con ontológico-existencial e tempóreo-
existencial.
D’altro canto, che il fattore dell’opponibilità sia stato determinante nelle scelte di Gaos e che
all’opposizione chiara rispetto a parole appartenenti ad altri schemi di formazione che, però, occupano
diversi spazi semantici26, fosse in questo caso affidata la salvaguardia della differenza ontologica è
chiaramente desumibile dal “juego, plenamente heideggeriano”27, che egli stesso ripropone alla fine
del suo Índice:

ontisch-óntico: existenziell-existencial zeitlich-temporal


ontologisch-ontológico: existenzial-existenciario temporal-temporario

Nondimeno, la fedeltà gaosiana alla lettera non si esplica soltanto nel ricorso alla suffissazione ma,
come forse non sarà sfuggito ad un rapido sguardo gettato sull’elenco delle disgiunzioni, nei prestiti
e soprattutto nell’attenzione rivolta alla marca variazionale. Avendo premura di preservare
l’opposizione Interpretation/Auslegung, Gaos traduce il latinismo Interpretation28 con il grecismo
exégesis29, riservando ad Auslegung e al suo derivato Selbstauslegung, il più consueto interpretación

26
Cfr. R. Almela, Procedimientos de formación de palabras en español, Ariel, Barcelona 1999, p. 46; R.F. Zacarías,
Esquemas rivales en la formación de palabras en español, in “Onomázein”, n. 22, 2010/2, pp. 59-82, in part. p. 79.
27
J. Gaos, Introducción a El Ser y el Tiempo, cit., p. 150.
28
W. Pfeifer et al., Etymologisches Wörterbuch des Deutschen (1993),
<https://www.dwds.de/wb/etymwb/interpretieren>, abgerufen am 29.03.2021.
29
Cfr. R. Mendizabal, Acentuación de los grecismos, in “Boletín de la Real Academia Española”, XI, pp. 408-426, p.
414.
e il derivato autointerpretación30, a differenza di Rivera che, dando meno dell’originale, disperde la
quantità dei significanti31, traducendo sia Interpretation sia Auslegung con interpretación. Non
sarebbe questo l’unico caso in cui, più che il prestito, quel che Gaos cerca di non perdere è il cultismo,
come quando traduce Explikation con explanación, a cui Rivera preferisce – non bisogna mai
dimenticare che la sua traduzione è sempre, a volte anche in maniera esplicita, in confronto con quella
di Gaos – explicación.
In conclusione, possiamo affermare che, o nei termini di un’etica dell’accoglienza – e per di più
“materna” – o, al contrario, in quelli della violenza del “letto di Procuste”, praticata stavolta sulla
propria lingua, le estensioni morfologiche che Gaos impone allo spagnolo per tradurre Heidegger, e
soprattutto le unità fraseologiche inedite, potrebbero essere intese come un’ulteriore espressione della
sua filosofia della mocionalidad, in un utilizzo del codice linguistico che è nel contempo
sovvertimento, talora spiazzante.
Riservo ad altro luogo un elenco completo delle formazioni di verbi sintagmatici nella traduzione dei
verbi prefissati tedeschi, ma qui non posso fare a meno di notare quanto sia significativo che
mozionalità – vale a dire, il peso maggiore o minore “che ogni lingua attribuisce alla codifica del
path” – sia un parametro, utilizzato ora nella cornice teorica della Grammatica di Costruzioni e
Categorie, da chi, come Simone, i verbi sintagmatici li ha scoperti in italiano32. Una lingua, questa,
che, secondo la sua tipologia, sarebbe “a bassa mozionalità”, diversamente dal latino, in cui, in virtù
della preverbazione, la base verbale lessicalizza invariabilmente la Traiettoria, come in As-sisto,
‘sono presente (a un evento)’; De-sisto, ‘cesso di essere presente, abbandono’; In-sisto, ‘sono presente
(in un posto stabile)’; Per-sisto, ‘sono presente attraversando’; Re-sisto, ‘sono presente con
insistenza’; Sub-sisto, ‘sono presente sotto (un posto determinato)’33.

30
Benché nelle ultime edizioni del DRAE, compresa la XXIII, si consideri il morfema “auto-” come elemento compositivo
tanto nell’accezione 1 col significato di “proprio” quanto nell’accezione 2 col significato di “automobile” (1. elem.
compos. Significa 'propio' o 'por uno mismo'. Autosugestión, autobiografía, automóvil, automedicarse), la NGRAE lo
considera prefisso: “Se reconoce la estructura de las palabras derivadas con prefijos cuando el significado de estos es
transparente y los paradigmas que forman tienen propiedades identificables. Algunos prefijos, como anti-, auto-, contra-
, des-, ex-, hiper-, in-, inter-, semi-, sub-, super-, son sumamente productivos, por lo que los diccionarios no pueden
registrar muchas de las formaciones a que dan lugar” (RAE, ASALE, Nueva gramática de la lengua española. Manual,
Espasa, Madrid 2010, p. 174). Alla discrepanza tra grammatici, da una parte, e lessicografi accademici, dall’altra, già
segnalata da Torres Martínez, che considera questi elementi grecolatini che hanno perso la loro specificità semantica
come morfemi prefissali, richiama Stehlík. Cfr. P. Stehlík, Aspectos problemáticos de la prefijación en español,
Masarykova Univerzita, Brno 2011, pp. 48 ss.
31
Sull’“impoverimento quantitativo”, cfr. A. Berman, op. cit., pp. 49-50.
32
R. Simone, Esistono verbi sintagmatici in italiano? in “Cuadernos de Filología Italiana”, n. 3, 1996, pp. 47-61.
33
Id., Verbi sintagmatici come categoria e come costruzione, in M. Cini (a cura di), I verbi sintagmatici in italiano e nelle
varietà dialettali. Stato dell’arte e prospettive di ricerca. Atti delle giornate di studio. Torino 19-20 febbraio 2007, Peter
Lang, Francoforte sul Meno 2008, pp. 13-30, in part. pp. 23-24. Per una messa in discussione della posizione di Simone
che, incrociando il criterio di Talmy con quello della mozionalità, riconduce l’italiano al tipo SFL (satellite-framed
language) a bassa mozionalità, cfr. A. Artusi, Los verbos sintagmáticos italianos y sus equivalentes en español, Peter
Lang, Berlin 2019, p. 116: “en esta lengua [italiano] hallamos numerosos verbos que cumplen plenamente con las
características de las lenguas de marco verbal, al codificar el Camino en la base verbal (ignorando la expresión de la
Avendo però esaurito lo spazio qui consentito, rimando altrove uno studio dei verbi sintagmatici, una
parte assai interessante di quelle polirematiche virgolettate, con cui Gaos, traducendo da una SFL
(satellite-framed language) come il tedesco, riesce a far fare a una VFL (verb-framed language) come
lo spagnolo, quello che in base al tipo non sarebbe portata a fare, vale a dire, codificare il Path nella
particella, ossia, all’esterno della base verbale, operando così un passaggio di prospettiva, da sinottica
a sequenziale34, come in “ser ahí” [Dasein]; “ver en torno” [umsehen]; “ser en” [In-sein]; “habitar
en” [innan-wohnen]; “detenerse en” [sich aufhalten]; “andar en torno” [Umgang]; “tomar sobre [sí]”
[übernehmen].

Manera)”. Cfr. L. Talmy, Lexicalization patterns semantic structure in lexical Forms, in T. Shopen (ed.), Language
Typology and Syntactic Description, vol. III. Grammatical Categories and the Lexicon, Cambridge University Press,
Cambridge 1985, pp. 57-149.
34
Cfr. R. Dewell, The Semantics of German Verb Prefixes, J. Benjamins, Amsterdam/Philadelphia 2015, pp. 20-21.

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