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CORSO DI SOCIOLINGUISTICA PROF.SSA E.

MILANO
La sociolinguistica si occupa delle relazioni tra la lingua e la società. Noi come individui ci
collochiamo all'interno dello spazio sociale attraverso le lingue che parliamo in quanto ognuno di
noi ha un repertorio linguistico composito. Attraverso le risorse linguistiche ci collochiamo nello
spazio sociale e rimarchiamo l'appartenenza ad un gruppo sociale e la distanza da un altro, questo
fenomeno non avviene in astratto ma concretamente e si verifica costantemente.
La lingua è uno degli indicatori più forti del rapporto tra gli uomini. Noi stessi, infatti, utilizziamo
la lingua ad esempio per creare vicinanza con altre persone, accorciare le distanze oppure, al
contrario, attraverso la lingua marchiamo di non appartenere ad un determinato gruppo sociale.
Dunque, continuamente, sia quando parliamo che scriviamo utilizziamo le risorse linguistiche in
modo diverso in base al modo in cui ci vogliamo far identificare. Quando si parla del rapporto tra
lingua e società non si parla solo in astratto dell'oggetto lingua e dell'oggetto società ma di qualcosa
di concreto che incontriamo continuamente nella nostra vita quotidiana. La sociolinguistica,
dunque, si occupa delle relazioni tra lingua e società con la consapevolezza che non stiamo parlando
di organismi astratti. I nuclei intorno cui verte la sociolinguistica sono le lingue, gli individui e la
società.
La sociolinguistica ha diversi centri di interesse:
La variazione linguistica è il primo nucleo di interesse in quanto le lingue cambiano. La variazione
è un aspetto costitutivo fondamentale delle lingue, non si potrebbe comunicare se la lingua non
variasse perché risorse linguistiche diverse portano a delle differenze nei rapporti umani.
Il cambiamento linguistico è il secondo nucleo di interesse. La variazione e il cambiamento sono
strettamente connesse in quanto la variazione è la causa e il cambiamento linguistico la
conseguenza, cioè la fissazione della variazione che si verifica continuamente in sincronia che porta
alcuni fenomeni a standardizzarsi (cioè entrare ufficialmente nel sistema linguistico) e di fatto
questi fenomeni determinano un cambiamento linguistico (di conseguenza il cambiamento
linguistico riflette cambiamenti interni alla società).
Il plurilinguismo, cioè il fatto che gli individui della società dispongono di più lingue, è il terzo
nucleo di interesse.
L'altro nucleo di interesse è la lingua come atto di identità, esso è legato all'utilizzo simbolico del
linguaggio per rimarcare l'appartenenza, l'identità, l'inclusione, l'esclusione e così via.

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LA NASCITA DELLA SOCIOLINGUISTICA
La sociolinguistica è una disciplina degli anni '60-70 del secolo scorso. Si considera un articolo di
Haver C. Currie del 1952, in cui usa per la prima volta il termine sociolinguistica ma in realtà
questo termine si è affermato solo agli inizi degli anni ’60, in quanto è in questo periodo che si
collocano le prime conferenze, riviste e ricerche focalizzate su questo aspetto.
La sociolinguistica si occupa di studiare le correlazioni tra l'uso della lingua e la struttura
sociale. Il suo focus è diverso da altre discipline del linguaggio, in particolare dalla
"linguistica teorica", psicolinguistica e neurolinguistica, che sono interessate rispettivamente
alla mente umana, all'acquisizione e all'uso del linguaggio da parte dell'individuo e
all'apparato cognitivo e biologico di immagazzinamento ed elaborazione del linguaggio.
La sociolinguistica si occupa di descrivere l'uso della lingua come fenomeno sociale e, ove
possibile, tenta di stabilire legami causali tra lingua e società. La lingua può essere guardata in due
modi diversi: la lingua come sistema e la lingua come uso. La sociolinguistica si occupa della
lingua come uso, mentre la linguistica teorica si occupa della lingua come sistema. Domande a
cui prova a rispondere la sociolinguistica sono: “Quali lingue contribuiscono a creare possibili
comunità e come le comunità modellano le lingue usandole?” In quanto le lingue giocano un ruolo
fondamentale nel creare comunità e nel mantenerle e tra lingua e società c’è un rapporto biunivoco.
Le professionalità che entrano in gioco sono: i linguisti e i sociologi. Quindi attraverso la
correlazione tra sociologia e linguistica, la sociolinguistica può entrare in gioco attraverso due
approcci: macrolinguistica (che si concentra più sulla società) e microlinguistica (che si
concentra più sull’individuo e di conseguenza sulle lingue utilizzate dagli individui. Si può
parlare anche di microlinguistica come sociolinguistica in senso stretto o linguistica
relazionale che indaga come la struttura sociale influenza il modo in cui le persone parlano,
quindi inevitabilmente riguarda gli individui).
La macrosociolinguistica che è la sociologia del linguaggio si occupa dei processi di varietà
linguistica, mantenimento e sostituzione di lingua (language shift, language maintenance, language
substitution). Il language shift è quel processo di cambiamento, di sostituzione di lingua a cui
alcune comunità sono sottoposte (ad esempio in ambito di colonizzazione o di minoranze
linguistiche) e cioè quando c'è una lingua maggioritaria che si impone per prestigio o per altre
caratteristiche su una lingua minoritaria. Si può intervenire sulla lingua? Si, attraverso la
pianificazione linguistica cioè quando vengono messe in atto politiche sul piano legislativo di un
Paese per proteggere le minoranze linguistiche. Nello specifico un esempio per ridurre il fenomeno
del language shift è l’introduzione di leggi che tutelano le minoranze che hanno bisogno di essere
preservate o perché stanno scomparendo o perché si sta imponendo una lingua maggioritaria o per
altri fattori. Una delle strategie è far acquisire ai parlanti il valore del multilinguismo.
Testo tratto da Making Waves: the story of Variationist Sociolinguistics, di Sali Tagliamonte,
sociolinguista americana: racconta nell’introduzione, di aver avuto la fortuna di conoscere una
serie di sociolinguisti che hanno fatto la storia di questa disciplina, e spesso si era chiesta come
questi si fossero avvicinati ad essa, perché fossero stati sollecitati in questa direzione. Ad un certo
punto ha pensato, da sociolinguista, di impostare una ricerca sulla nascita della sociolinguistica
facendo raccolta di dati sul campo, e intervistando proprio una serie di studiosi, attraverso le loro
storie personali, ricostruisce la storia della disciplina.

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Traduzione del testo di S. Tagliamonte: La sociolinguistica non è più vecchia di cinquant’anni, è
una disciplina piuttosto nuova. Nonostante ciò, molte persone non sanno cosa la sociolinguistica
sia e, seppure lo sappiano, loro non si rendono conto di quanto la vita in generale è intrisa,
intrecciata con la sociolinguistica. Quelli che sono attratti dalla varietà, variazione, dal
caleidoscopio del linguaggio possono essere sociolinguisti istintivi, possono essere sociolinguisti
naturalmente, anche se non lo sanno. La sociolinguistica pervade il mondo, l’umanità e per questa
ragione si potrebbe pensare che lo studio del rapporto tra lingua e società abbia una storia lunga,
ma non è così. La sociolinguistica in realtà nasce in un particolare tempo e spazio, in un clima
particolare negli Stati Uniti nel dopoguerra. Infatti, l’alba della sociolinguistica variazionistica
può essere proprio individuata in un momento e in un luogo molto specifico ed è legata ad una
serie di cambiamenti, incontri, interessi condivisi, etc. Bisogna dire che in realtà comunque questa
disciplina ha avuto origine solo perché un insieme chiave di individui ha abbracciato l’idea della
vita sociale del linguaggio e della sua struttura variabile intrinseca e si è messo a studiarla.
L’America degli anni 50 è caratterizzata da un punto di vista generale dalla diversificazione etnica e
culturale: melting point. Da un punto di vista più specifico legato alla ricerca linguistica, rispetto
all’Europa, l’America è caratterizzata da un approccio di tipo storico-comparativo e, pur senza
generalizzare, potremmo dire che in Europa la linguistica è prettamente connessa alla filologia,
mentre in America è molto forte la tradizione antropologica. In questo contesto generale a giocare
un ruolo determinante sono state delle figure-chiave e tra queste Labov [sociolinguistica
correlativa/variazionistica].
Labov nasce nel 1927 in una cittadina del New Jersey e a dieci anni si trasferisce in un'altra
cittadina sempre del New jersey, caratterizzata linguisticamente in maniera diversa per cui lui dai
10 ai 12 anni si ritrova a vivere una serie di situazioni che qualcuno, in linguistica sociale, definisce
di “conflitto proprio”. Infatti, lui racconta che ha vissuto una serie di situazioni di conflitto che gli
hanno fatto acquisire consapevolezza di se, ma anche una certa abilità a districarsi da un punto di
vista dialettico in situazioni difficili. Cresce, si iscrive all’università e studia chimica industriale poi
si laurea e inizia a lavorare come chimico. In realtà questa esperienza giocherà un ruolo nel suo
futuro da sociolinguista perché lui lavora in laboratorio, ma gira anche molto e interagisce con
molte persone, e dunque ha un bacino di osservazione abbastanza ampio. Come dice Tagliamonte,
Labov rimane colpito moltissimo dalla variazione intesa in chiavi diverse. Innanzitutto, dal fatto che
persone diverse parlano in modo diverso pur essendo nello stesso posto, si accorge, quindi, che
esiste una variazione individuale. Ma non solo, lui osserva che la stessa persona parla in modo
diverso a seconda delle situazioni, dell’interlocutore, del contesto, a seconda anche di tutta una serie
di aspetti psicolinguistici che possono avere a che fare con fattori emotivi, stanchezza ecc.
Addirittura, nota che anche nella stessa frase, nella stessa situazione, con lo stesso interlocutore,
stesse condizioni psicolinguistiche, anche a breve distanza, un parlante può dire una parola nella
frase in modo diverso, es ordine delle parole diverse. Lui, notando una certa “sistematicità” e
ripetitività, si chiede, quindi, cosa ci sia dietro a questo apparente dominio caotico e disordinato.
Si iscrive di nuovo all’università e inizia a studiare linguistica all’età di 33 anni, va alla Columbia
University e qua incontra Uriel Weinreich, il fondatore della linguistica del contatto,
inevitabilmente questo incontro stimola una serie di riflessioni. Nel frattempo, il background da
chimico non lo mette completamente da parte perché lui conserva un approccio da scienziato, uno
dei suoi obiettivi sarà quello di individuare un sistema e raccoglierà una mole di dati. Due ambiti di
interesse si possono riconoscere in Labov: la variazione e un altro aspetto che lo incuriosisce molto
cioè esigenze di tipo militante in particolare in campo educativo. C’erano difatti tutta una serie

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di questioni relative alle minoranze, gli americani neri, i portoricani, che non raggiungevano livelli
accettabili di successo scolastico, che lo coinvolgono.
I tre lavori di questa prima fase di Labov:
1) The Social Motivation of a Sound Change, la sua tesi di master che è il lavoro su Martha’s
Vineyard, un’isola molto bella, posto di vacanza, lui va lì in vacanza e anche lì viene colpito dalla
variazione, dal fatto che intravede differenze legate alla variazione, all’etnia e quindi decide di
andare lì con un registratore e inizia a fare delle inchieste. Quest’articolo è molto importante perché
avvicinerà molto figure alla linguistica.
2) The Social Stratification of English in New York, anche questo lavoro giocherà un ruolo
fondamentale e si focalizza sull’inglese a New York in relazione alla stratificazione sociale. Lui
osserva e in particolare è attratto da un fenomeno cioè la R post-consonantica e la R in finale di
parola che viene pronunciata in maniera variabile nell’American English perché a volte viene
pronunciata e a volte è muta. E siccome ha il sospetto che questo fenomeno possa essere attratto
dalla stratificazione sociale, individua tre grandi magazzini, in tre zone diverse di New York con
una clientela diversa, un grande magazzino con una clientela master class, un magazzino con un’
utenza middle class e un magazzino con utenza di livello basso e siccome a lui interessa il parlato
spontaneo si piazza vicino all’ascensore, a piano terra e chiede ai venditori dove avrebbe potuto
trovare le scarpe. In realtà lui già sa che sono al quarto piano e in questo modo raccoglie dati
omogenei perché già sa che gli risponderanno che le scarpe sono al quarto piano. A quel punto però
finge di non capire e fa ripetere due volte perché così facendo c'è un maggior controllo,
stilisticamente è come se si ottenesse un parlato di tipo diverso, il secondo è più monitorato. In
questo lavoro si occuperà anche di altri fenomeni di variazione a New York, rifletterà su una serie
di questioni metodologiche di raccolta dati, campionamenti.
La sociolinguistica, quindi, pur essendo una scienza, può avere delle ricadute applicative e tra tutte
ci sono quelle sul piano educativo cioè l’ambito in cui Labov ha in qualche modo militato. Molto
belle sono delle citazioni che troviamo nell’introduzione di Lorenzo Renzi, linguista italiano che
ha curato la pubblicazione per il Mulino di un testo "Il continuo e il discreto del linguaggio" , si
tratta di alcuni saggi tradotti in italiano di Labov e Renzi ne cura la traduzione:
«…quella che noi chiameremo la militanza politica-sociale del linguista Labov sembra essere stata
molto importante per le sue vedute scientifiche: Labov stesso ricorda che l'idea stessa che esistano
regole variabili è venuta dalla necessità di risolvere i problemi della copula nel Black English
Vernacular» (Labov 1971) (Renzi 1975: 16-17) .
• Labov appare chiaramente come un interprete sensibile di un'America cosciente del
fallimento del 'melting pot', e del crogiolo di fusione dei gruppi etnici.
• Di fronte all'astratto universalismo eroico e umanistico di Chomsky […] l'atteggiamento di
Labov è determinato da un’opzione chiara a favore della diversità e dei suoi diritti (Renzi
1975: 16-17)».
«Non è il caso, o l'amore del pittoresco, che fanno sì che negli studi di Labov compaiono i
negri del ghetto di New York, gli ebrei, i portoricani di New York, i discendenti degli
Scandinavi dell'Upper Midwest, fino ai piccoli gruppi di pescatori portoghesi (i damn
portagees) a Martha's Vineyard, e poi parlanti creoli inglesi e spagnoli.

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Quella che Labov si augura di contribuire a instaurare è una linguistica "mondana", (secular),
cioè non accademica, una linguistica che si guarda intorno che vive nel mondo. Noi diremmo
nella storia. Questo non vuol dire che i suoi studi hanno fretta di inquadrarsi in un’ideologia o
in prassi politica, ma piuttosto che il suo quadro teorico di riferimento si situa coscientemente
nel cuore dei problemi sociali del nostro tempo» (cfr. Renzi 1975: 16-17).
3) The logic of non standard English. Articolo cruciale, in cui Labov si concentra in particolare
su un fenomeno di variazione sintattica del black american english cioè sulla copula perché
nell'american english c'è un fenomeno della contrazione della copula che è considerato in
maniera pregiudiziale come un indizio della mancanza di logicità di linguaggio della varietà
parlata dai neri americani. Dire che l'inglese americano parlato dai neri è illogico significa che
evidentemente anche loro sono illogici, non hanno un quoziente di intelligenza alto. Labov
dimostra che in realtà la copula è presente nella struttura profonda di entrambe le varietà di
inglese e che nella varietà dell'inglese americano dei neri viene semplicemente cancellata nella
struttura superficiale. La struttura superficiale e struttura profonda sono argomento di Chomsky,
per capire cosa sono si può fare riferimento alla frase " ho visto la ragazza con il binocolo".
“con il binocolo” che è un sintagma preposizionale, in realtà potrebbe avere un legame più
stretto dal punto di vista sintattico con sintagma che lo precede " la ragazza" quindi è la ragazza
che ha il binocolo in mano, oppure, con il soggetto, sono io che ho visto la ragazza utilizzando il
binocolo. Questa frase ha dal punto di vista della struttura la stessa struttura superficiale, ma ha
due strutture profonde diverse perché la struttura profonda è legata alla semantica della frase.
Labov allora sottolinea proprio come la semantica, cioè la struttura profonda, della frase con la
copula, in inglese parlato dai neri d’America è la stessa di quella parlata dai bianchi d'America,
cambia la struttura superficiale e lo dimostra da linguista. Quello che cambia tra struttura
profonda e struttura superficiale è il risultato di una serie di trasformazioni per cui dalla struttura
profonda, attraverso una serie di regole (es regole del movimento) si arriva alla struttura
superficiale. Questo lavoro di Labov è molto interessante, ma in realtà Labov partecipa al
dibattito razziale da protagonista, in prima persona, non soltanto lavorando sul black english ma
traendone le conseguenze e mettendoci la faccia.
• La risoluzione presentata e approvata dalla Linguistic Society of America nel congresso
annuale di San Diego del 1971
– Il contesto: le tesi razziste dello psicologo Arthur Jensen
• I lavoratori negri sono provvisti di intelligenza inferiore, rivelata dalle prove
dei quozienti di intelligenza e riflessa dalla lingua che parlano.
• La lingua dei neri è una forma emotiva di espressione, manchevole sotto il
profilo logico.
• Ricadute sul piano politico-sociale delle tesi di Jensen:
– allocazione delle risorse educative esclusivamente in base al merito
– stretta correlazione tra intelligenza e status occupazionale: gli
impieghi dei negri vanno predeterminati in lavori meccanici di
esecuzione, che non richiedano intelligenza superiore
– un programma eugenetico comprendente in certi casi addirittura la
sterilizzazione di donne negre di provata intelligenza inferiore

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Art 1969 dice delle cose abbastanza inquietanti, ovvero che una serie di evidenze descrivono un
quadro, secondo lui, piuttosto ragionevole che va nella direzione di ritenere che fattori genetici
giocano un ruolo fondamentale nelle differenze di intelligenza tra neri e bianchi. Secondo lui
l'ipotesi ambientale che non può essere completamente esclusa deve essere comunque affiancata, se
non sostituita da quella genetica, c'è sicuramente (lui dice) un’influenza del contesto ambientale, ma
una cosa è certa e cioè che le differenze di razza giocano un ruolo fondamentale. Implicita in questa
posizione, e ancora più inquietante, è che chiaramente una società che valorizza il merito e il
talento, inevitabilmente i fattori genetici giocano un ruolo fondamentale. Il problema fu che le tesi
razziste di Jensen vennero sostenute da forze politiche e la loro ricaduta sul piano politico-sociale fu
abbastanza inquietante. In un’intervista del ’69 di Labov si inserisce in questa questione e si chiede
cosa possa succedere a un bambino che parla in classe in un certo modo e percepisce che il modo in
cui lui parla non viene recepito e accettato dall’insegnante. La prima possibilità è che il bambino
cerca di adeguarsi, modificando il suo linguaggio, l’altra possibilità e che il bambino sarà sempre
meno disposto ad apprendere, alza un muro e decide che non gli interessa imparare ed era quello
che praticamente succedeva. La prima alternativa sembra più efficace, ma ci sono dei limiti, il
bambino può avere ricadute sull’apprendimento e sulla sua crescita di individuo a 360gradi, viene
svalorizzata la sua dimensione identitaria e linguistica. Un esempio può essere il fenomeno di attrito
linguistico che colpisce le seconde generazioni di migranti, fenomeno per cui si perde la lingua
madre, la lingua parlata in casa con i genitori che più i bambini frequentano le scuole più diventa
sempre meno dominante. Allora quale sarebbe l’alternativa, cosa si può fare? Valorizzare il
patrimonio linguistico individuale. Costruire un ponte tra una lingua ed un’altra, creare interazione.
LA NASCITA DELLA S.L. COME LINGUISTICA MILITANTE
La SL come una linguistica militante:
«Al suo apparire sulla scena degli studi linguistici la sociolinguistica suscitò un vivo interesse e
facili entusiasmi, specie presso i non addetti ai lavori, per il suo presentarsi quasi come una sorta
di linguistica dal volto umano, più realistica concreta e vicina all'esperienza quotidiana rispetto ad
altre dimensioni della linguistica, e come una linguistica militante, impegnata nella società,
suscettibile di agire sulla prassi quotidiana (Berruto 1995: 3)»
In realtà questo entusiasmo era animato dalla speranza che la sociolinguistica potesse risolvere una
serie di problemi sociali, e da questo punto di vista in realtà all’entusiasmo iniziale seguirà la
disillusione perché le aspettative che si erano inevitabilmente create vengono disattese. Per tracciare
la parabola tra l’entusiasmo e la disillusione vi ho individuato due interventi di Dittmar (un
sociolinguista tedesco che citeremo). Per tracciare una sorta di parabola utile il confronto tra le
affermazioni di Dittmar a distanza di dieci anni le une dalle altre:
• Nel 1978 lo studioso parla in termini di grandi speranze «Nell'ultimo
decennio la sociolinguistica è diventata fonte di grandi speranze di
emancipazione (Dittmar 1978: XIII)»
• Nel 1989 lo studioso cita le disillusioni, la caduta dei sogni originali circa
«la speranza di intellettuali accademici insegnanti che l'analisi
sociolinguistica potesse aiutare a risolvere I problemi sociali della
comunicazione riguardanti l'uso sociale dei codici e dei sottocodici del
linguaggio (Dittmar 1989)»

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Come giustificate questa disillusione? Dove è il trucco? Diciamo che una cosa è analizzare i
problemi, un’altra cosa è risolverli. È chiaro che l’analisi è un aspetto fondamentale, ma ad una
scienza non si può attribuire valore salvifico e infatti Berruto dice (nel 1995):
1. La speranza nel valore taumaturgico, salvifico si può avere per una fede, una
religione, un’ideologia, ma non per un’area di ricerca o un approccio scientifico
2. È sbagliato misurare il successo delle ricerche di un’area disciplinare in termini di
efficacia nel risolvere problemi sociali.
• Teoria e applicazione sono due ambiti diversi
Ci tenevo a specificarlo perché non volevo darvi l’impressione che la sociolinguistica fosse la
bacchetta magica che risolve i problemi sociali. In conclusione:
– Gli studi di Labov non sono, naturalmente, contributi diretti alla rimozione delle
barriere sociali cui le lingue sono collegate
– Il superamento dell'emarginazione resta un problema sociale e politico
– Le ricerche di Labov possono fornire tuttavia i fondamenti scientifici per inquadrare,
comprendere i caratteri dell’emarginazione.
Su questa dimensione della sociolinguistica militante noi ritroveremo anche una parte del manuale
di Milroy e Gordon dal titolo “The researcher’s responsabilities of the communities” che
affermano che (prendendo spunto dai vari riferimenti di Labov) la ricerca deve produrre vantaggi
alla comunità che investiva. Citano Labov che nel 1982 parla di due principi:
• «Il principio della correzione dell’errore»
The Principle of Error Correction
Uno studioso i cui dati invalidano un'idea o una pratica sociale diffusa è obbligato a portare questo
errore all'attenzione del pubblico più vasto possibile. (Labov 1982: 172)
– «Il principio del debito contratto» elaborati da Labov
The Principle of the Debt Incurred
Un ricercatore che ha ottenuto dati linguistici grazie allo studio sui membri di una comunità
linguistica ha l'obbligo di utilizzare le conoscenze ottenute da tali dati a beneficio della comunità,
qualora ce ne fosse bisogno. (Labov 1982: 173)
Esempi: denuncia dei pregiudizi nei confronti del linguaggio vernacolare dei neri d’America
considerato evidenza di deficit linguistico e cognitivo.
Definire lo statuto della sociolinguistica e collocare la sociolinguistica all’interno delle scienze
del linguaggio:
Proviamo a prendere in considerazione la definizione di Berruto e Cerruti di sociolinguistica:
«La sociolinguistica si occupa dei rapporti fra lingue e società, e quindi dei fatti e dei valori sociali
connessi alla lingua e ai suoi usi; il suo carattere essenziale sta nel vedere i sistemi linguistici inseriti
nella vita della società. Tratta quindi sia della correlazione tra fenomeni linguistici e determinati fatti
sociali, sia dell'influenza che la società e i fatti sociali hanno riguardo ai fatti linguistici e delle

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conseguenze che tale influenza produce, sia della funzione sociale che la lingua ha e delle azioni
sociali che attraverso essa si svolgono (Berruto, Cerruti 2015: 3)»

– La sociolinguistica si occupa
• dei rapporti fra lingue e società
• dei fatti e dei valori sociali connessi alla lingua e ai suoi usi
• dei sistemi linguistici inseriti nella vita della società
– La SL tratta
• della correlazione tra fenomeni linguistici e determinati fatti sociali
• dell'influenza che la società e i fatti sociali hanno sui fatti linguistici e sulle
conseguenze che tale influenza produce
• della funzione sociale che la lingua ha e delle azioni sociali che attraverso
essa si svolgono (Berruto, Cerruti 2015: 3)»
I due poli sono la lingua e la società. Cosa è una lingua? Cosa si intende con lingua e fenomeni
linguistici? La lingua è sicuramente un sistema articolato su più livelli (fonetica, morfologia,
sintassi, semantica). E perché la definiamo un sistema? Cosa è un sistema? Per il Novecento la
linguistica si lega ad un indirizzo predominante ovvero lo strutturalismo. Quindi il sistema è un
insieme di elementi che hanno una relazione tra di loro, una interconnessione. Prendiamo la
definizione di Berruto e Cerruti:
«Si definisce lingua qualunque sistema linguistico esistente, o insistito in passato, presso un certo
gruppo di individui parlanti, come manifestazione, in concrete situazioni sociali e culturali, della
facoltà umana del linguaggio verbale.
Ogni idioma riconoscibile come distinto da altri idiomi per le sue caratteristiche fonetiche e
fonologiche, morfologiche, sintattiche e lessicali costituisce in questo senso una lingua: non solo
l'italiano il francese o il cinese, ma anche il piemontese o il ladino delle valli dolomitiche o l'idioma
di una tribù australiana (Berruto, Cerruti 2015: 10»
– La lingua come sistema
• ... la lingua è un sistema di cui tutti i termini sono solidali ed in cui il valore
dell'uno non risulta che dalla presenza simultanea degli altri (Saussure 1916:
139)
• La lingua è un insieme di tratti, il valore dei quali dipende dalle relazioni che
ciascuno di essi ha con gli altri elementi facenti parte dello stesso insieme.
Diciamo che la sociolinguistica si occupa di tutto ciò che riguarda l’esecuzione, e fa riferimento
all’uso concreto della lingua. Quindi quando noi parliamo di lingua distinguiamo: la lingua come
sistema e la lingua come uso. La differenza tra sistema e uso è la differenza tra sistema astratto e
realizzazione concreta:
– Con sistema si intende l'insieme di conoscenze mentali di regole interiorizzate insite
nel codice lingua che costituiscono la nostra capacità di produrre messaggi in una
certa lingua e sono possedute come sapere astratto in egual misura da tutti i membri
di una comunità linguistica idealmente omogenea

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– Con uso si intende invece l'atto linguistico individuale, la realizzazione concreta qui
e ora di un messaggio verbale di una certa lingua.
La sociolinguistica si interessa, non alla lingua come sistema astratto, ma a come essa si realizza
concretamente nell’uso che ne fanno gli individui e i gruppi sociali e alle variazioni cui essa è
soggetta in relazione ai suoi contesti d’uso.
La SL è una linguistica dei parlanti e in quanto tale privilegia lo studio della comunicazione (uso e
funzioni) rispetto alla struttura formale della lingua.
La SL si occupa della variazione linguistica e del suo significato sociale.
La variazione linguistica e il contesto sociale di uso della lingua prima della nascita della
sociolinguistica ha trovato spazio in alcuni paradigmi di pensiero:
– Schuchardt: Sulle leggi fonetiche contro i Neogrammatici (1885)
• la pronuncia di un individuo non è mai libera dalla variazione.
– Meillet: Linguistica storia e Linguistica Generale (1921)
• stretta interrelazione tra funzionamento sincronico di una lingua e
organizzazione sociale, tra divenire linguistico e mutamenti delle strutture
sociali.
– Martinet: Trattato di Fonologia diacronica (1955)
• per spiegare il cambiamento fonetico importanza non solo ai fattori interni,
ma anche a quelli esterni.
• elementi relativi al sistema linguistico
• elementi di condizionamento di una data comunità dovuti all’ambiente, alle
tradizioni , alla costituzione somatica dei soggetti, ai contatti con altre
comunità.
Schuchardt infatti insisteva nel dire che come si può parlare di ineccepibilità di una legge fonetica
in un dialetto, in quanto la lingua cambia da individuo a individuo, cambia nello spazio e nel tempo.
Quindi lui è uno di quei linguisti che aveva una attenzione nei confronti della variazione.
Martinet invece faceva riferimento ai fattori interni (il principio di economia linguistica ovvero
bilanciamento tra due tendenze opposte: una che ricorre al minimo sforzo e la tendenza a mantenere
l’efficienza comunicativa), ma anche a fattori esterni dovuti all’ambiente, ai contatti con altre
comunità. Quindi ci sono una serie di personalità molto attente, come Sapir che dice:
• Ciò nonostante, la variazione linguistica è molto distante dal nucleo centrale degli interessi
della linguistica del 900.
• “La variazione può essere ovvia, ma nessun linguista ha analizzato sistematicamente la
variazione fino alla nascita della sociolinguistica nel 1960”
La variazione viene analizzata da un punto di vista sistematico. Perché la variazione non aveva
spazio nel Novecento? Facciamo un passo indietro, facciamo una ricapitolazione che saranno
richiamate. La linguistica generale nasce con il testo “Corso di linguistica generale” di Saussure del
1916. Quali sono le 4 dicotomie di Saussure?

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• Langue e parole • Sincronia e diacronia • Relazioni paradigmatiche e relazioni sintagmatiche •
Significato e significante.
La linguistica si occupa della langue. Ricordiamo l’esempio della sinfonia di Beethoven: la sinfonia
è un pezzo perfetto e non ha importanza l’armonia di suoni e di strumenti e tutto ciò rappresenta la
langue quindi il sistema. Poi può capitare che questa sinfonia venga realizzata con un direttore
d’orchestra che è raffreddato o in una stanza dove c’è un eco, tutti questi elementi influiscono sul
piano della realizzazione (parole) ma non intaccano la langue, la sinfonia rimane perfetta. Quindi
all’interno dello strutturalismo:
• Centrale lo studio degli aspetti formali delle lingue
• Concezione della struttura linguistica fondamentalmente categorica che opera
con una consistenza quasi matematica
• Disinteresse per le relazioni lingua e società e per la variazione
• La variazione non è strutturata e quindi ha poco o nullo valore teorico
• Poiché la variabilità non ha interesse teorico non ha senso darne una descrizione
coerente ed elegante, dunque renderne conto dal punto di vista teorico.
• La variabilità è una complicazione metodologica, introduce una sorta di rumore che
oscura l’importante invarianza soggiacente.
Allo strutturalismo interessano le entità categoriche. Non prova interesse per la variazione, perché
questa non è categorica e non è strutturata, la variabilità in un’ottica strutturalista è rumore, è una
complicazione metodologica, rappresenta un ostacolo. Quando parliamo di strutturalismo sappiamo
che ci sono diversi filoni interni, in particolare 2:
FORMALISMO E FUNZIONALISMO
– Il Formalismo: la lingua come strumento che riflette il pensiero e costituisce un
sistema autonomo organizzato secondo principi propri che lo distinguono da
qualunque altra capacità cognitiva umana (la sua forma più matura è la grammatica
generativa di Chomsky)
– Il Funzionalismo: la lingua essenzialmente come uno strumento di comunicazione
adattato ai bisogni degli utenti
• centrali le funzioni comunicative cui qualunque lingua deve assolvere
• l’uso e le funzioni modificano la struttura linguistica.
FORMALISMO:
• Le forme e le strutture della lingua sono autonome, indipendenti dalla funzione
• la grammatica, come descrizione della competenza linguistica, è indipendente dall'uso e dai
parlanti
• le nozioni e le categorie sono discrete, ben definite
• i principi e le regole che colgono e spiegano i dati empirici sono di carattere deduttivo

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• le generalizzazioni raggiunte sono categoriche e conferiscono al modello teorico una
capacità predittiva forte, analoga a quella che si riscontra nelle scelte esatte e deduttive.
FUNZIONALISMO:
• Le forme e le strutture della lingua sono determinate, o condizionate, dalla funzione
• la grammatica è orientata in relazione ai caratteri e alle esigenze dell'uso dei parlanti
• le nozioni e le categorie tendono ad essere continue, sfumate (a carattere prototipico)
• i principi e le regole che colgono e spiegano i dati empirici sono di carattere induttivo
• le generalizzazioni raggiunte sono di carattere probabilistico preferenziale e la predittività
del modello è molto debole, ovvero solo di natura statistica.
• Perché le generalizzazioni nel formalismo sono deduttive mentre nel funzionalismo
induttive? Il generativista analizza la competenza del parlante ideale, quindi è un
ragionamento deduttivo. Invece nel funzionalismo, al contrario, i dati empirici sono
osservati in modo induttivo. All’interno del formalismo la variazione è periferica, pensiamo
alla dicotomia competenza/esecuzione, la variazione riguarda l’esecuzione. La variazione è
libera, non c’è sistematicità o al limite può essere un fenomeno di mescolanza linguistica. In
sintesi: Formalismo:
• Tutto nella lingua è innato, biologicamente motivato
Funzionalismo:
• Tutto nella lingua è socio-comunicativamente motivato
La sociolinguistica è ovviamente funzionalista.
La Sociolinguistica all’interno degli studi linguistici e sociali:
- “La SL è un settore delle scienze del linguaggio che studia le dimensioni sociali della lingua
e del comportamento linguistico, vale a dire i fatti e fenomeni linguistici che, e in quanto,
hanno una rilevanza o significato sociale” (Berruto 1995:10).
– la sociolinguistica è un settore degli studi linguistici che appartiene alle scienze del
linguaggio non a quelle della società
– i sociolinguisti sono dei linguisti
– l'oggetto di studio della sociolinguistica comprende fenomeni linguistici visti sotto
l'angolatura della dimensione sociale, assunta perlopiù come variabile indipendente.
Cosa significa che l’aspetto sociale è una variabile indipendente? Che la società (il sesso, la classe
sociale) agiscono come variabili indipendenti che hanno un effetto sulla lingua. Quali saranno i
rapporti della sociolinguistica con la linguistica?
• I rapporti della SL con la Linguistica
• In Sociolinguistica si distinguono due prospettive diverse:
1. prospettiva che privilegia la componente linguistica
2. prospettiva che privilegia la componente sociale
11
• Nella prima prospettiva la sociolinguistica è un settore della linguistica, una sottodisciplina
delle scienze linguistiche con il compito di descrivere e chiarire che cosa succede alle lingue
e alle loro strutture quando le vediamo concretamente calate nelle comunità sociali che le
usano.
• Nella seconda prospettiva fondamentale per la comprensione e la spiegazione di come sono
fatte le lingue è il fatto che le lingue non esistono in vitro, ma sono sempre calate negli usi di
una società quindi la sociolinguistica tende a diventare essa stessa la linguistica tout court.
In realtà si individua ancora:
• Posizione debole: la SL è un settore di studio ancillare, complementare e subordinato allo
studio della struttura linguistica, alla “linguistica interna”.
– La versione estrema della posizione debole è la linguistica generativa (Chomsky).
• Posizione forte: necessità di concepire la linguistica in modo di includere nell’analisi della
lingua dati e fatti sociali all’interno preferibilmente di un modello semiotico globale della
lingua e del suo uso.
– La versione estrema della posizione forte è la ethnography of speaking (Hymes).
Per Hymes la lingua incide sulla società, non è solo il contrario, la lingua crea, la lingua e la società
sono coodeterminanti. Non si può parlare di variabili sociali indipendenti, la lingua crea le relazioni
sociali e quindi le variabili linguistiche e sociali sono indipendenti. C’è però un’ulteriore posizione:
• Posizione intermedia: La fenomenologia del linguaggio è prodotto dell’interazione di due
insiemi di principi, uno rende conto della grammatica della lingua, l’altro del suo uso;
alcune caratteristiche del linguaggio sono da ricondurre all’uso del linguaggio come
strumento interpersonale di comunicazione, mentre altre a principi meramente formali
(Fasold 1990).
Noi abbiamo implicitamente adottato una posizione equilibrata a questo tipo, dicendo che ci sono
alcuni aspetti della lingua che risalgono e dipendono dalla grammatica della lingua, e altri aspetti
per cui bisogna dar conto all’uso. Terminiamo con una conclusione di Berruto:
“La SL è una sottodisciplina in qualche modo parallela alla linguistica pura, certamente non in
contrapposizione alla linguistica interna, ma al contrario con una notevole compatibilità di ambiti
e scopi di indagine.
La SL da un lato presuppone la linguistica interna stessa, dall’altro va considerata una parte della
linguistica esterna con una propria autonomia e una propria validità. Non è un’altra linguistica da
opporre alla linguistica corrente, ma un vasto modulo che contribuisce alle conoscenze generali sul
linguaggio, presupponendo che il linguaggio umano sia un oggetto complesso polimorfo e
plurifattoriale.”

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LA DIALETTOLOGIA:
Abbiamo detto che lo strutturalismo è interessato alla struttura, invece la dialettologia, come la
sociolinguistica, si occupa di come i parlanti reali parlano. Quindi, da questo punto di vista, c'è una
grande affinità tra questi due ambiti. La dialettologia si distingue dalla sociolinguistica, potremmo
dire, per obiettivi, metodi, tecniche di ricerca dei dati. Quali sono gli obiettivi della dialettologia? Il
lavoro dialettologico quale finalità si pone? Quale dimensione della variazione È principalmente
indirizzata? Quella diatopica. Quindi, in realtà, uno degli obiettivi è quello di produrre un
resoconto geografico delle differenze linguistiche. Il lavoro del dialettologo si rendeva concreto
con l'Atlante linguistico, che era il prodotto finale della dialettologia, il quale consisteva in una serie
di “marche”, le quali tendenzialmente mostrano i reali della diffusione di un tratto linguistico
principalmente lessicale o fonologico. Quindi i confini (le isoglosse) venivano tracciati su delle
mappe per mostrare dove finiva l'uso, dove una forma A lasciava il posto ad una forma B. Grazie
alla sovrapposizione di più confini; quindi, quando un numero di isoglosse coincide, a quel punto si
poteva tracciare un confine dialettale.
Il sociolinguista si concentra sulla variazione: fonetica, morfologia, sintassi; ma non è tutto, perché
diverse parti del sistema sono più probabilmente influenzati dagli aspetti sociali o extralinguistici.
Per arrivare a capire quali, partiamo dalla definizione che alcune caratteristiche del linguaggio sono
da ricondurre all'uso del linguaggio come strumento interpersonale di comunicazione. Altre vanno
ricondotte a principi formali. In maniera schematica si individuano due insiemi di principi: uno che
rende conto della grammatica della lingua, l'altro che prende in considerazione l'uso della lingua.
Come individuare queste parti? Chomsky, nell'ottica generativista, diceva che l'oggetto dello studio
linguistico è la competenza del parlante. La competenza che cos'è? Quello che il parlante sa della
sua lingua: parlante ideale appartenente a una comunità ideale. Quindi, tutto sommato, un
generativista pure quando andrà a guardare la fonetica, andrà guardare la “a” di mano che si
distingue dalla “e” di meno? Oppure sarà incuriosito dalle diverse realizzazioni, quindi diciamo
dalla manifestazione sostanziale della “a”: l'aspetto formale. Per Labov le variabili linguistiche e le
variabili extra linguistiche sono indipendenti; invece, nell'ottica di Heinz c’è un rapporto
strettissimo ed è la lingua che crea la struttura della società. Heinz condividerebbe la posizione di
Chomsky? Ovviamente no. Tutto, per lui, nella struttura della lingua è da vedere almeno con la sua
funzione sociocomunicativa. Dunque, un sociolinguista che vuole impostare una ricerca su cosa si
va a concentrare? Sulla variazione, gli elementi della struttura che presentano variazione. Berruto
individua 3 piani di elementi diversi nella struttura della lingua, possiamo dire nella grammatica,
che sono diversamente in relazione con gli aspetti extralinguistici: una prima parte che è un
rapporto uguale a zero, cioè immune dal contesto extra linguistico, cioè una parte della grammatica
indipendente (per esempio le relazioni sintattiche: per esempio le reggenze all'interno della frase,
la definizione di soggetto verbo, le posizioni morfologiche e fonematiche, quindi tutti gli aspetti
formali insensibili all'uso e ai fattori extralinguistici); dopodiché ci sarà una parte che è
condizionata dal contesto, l’intonazione; poi c’è un’altra parte che è estremamente condizionata
dalle relazioni sociali: la struttura del voi, noi, lei. L’ottica del sociolinguista deve essere quella di
spostarsi dalla struttura all’uso quindi alla distribuzione dei tratti linguistici, alla distribuzione delle
strutture generate dalla grammatica. Quindi, dice Cerruti “in linea di principio tutte le strutture
effettive prodotte dalla grammatica sono suscettibili di assumere significato sociolinguistico.

13
LA VARIAZIONE:
• Le lingue variano
– Cosa vuol dire che una lingua varia? Perché le lingue variano? In che senso? Quali
sono i parametri di variazione? E le dimensioni di variazione?
– È possibile inglobare la variazione all’interno dello studio scientifico del linguaggio?
È possibile conciliare struttura e variazione?
• Proviamo a rispondere al primo set di domande
– Cosa vuol dire che una lingua varia? Perché le lingue variano? In che senso?
Quali sono i parametri di variazione? E le dimensioni di variazione?
Heilmann 1968:
«Lo strutturalismo che si afferma sulla linea della dottrina saussuriana interpreta senza dubbio, e
risolve nelle linee essenziali, una crisi scientifica rappresentata dall’inaridirsi in formule ripetitive
dell’interesse storico comparativo. Esso si afferma come metodo di indagine linguistica e si dilata
alle altre scienze dei segni fino ad abbracciare tutto il campo dell'uomo. Ma è fuor di dubbio che lo
strutturalismo in quanto, per sua vocazione, considera analizza le strutture permanenti è portato ad
evidenziare la sincronia, a ricercare dietro il mutamento la staticità e quindi facilmente esposto
all’accettazione del principio ideologico di una struttura invariante universale. Per questa via si
sacrifica la diacronia alla sincronia, il significato al significante, l’individuale al sociale operando
nel tessuto vivente del fenomeno linguistico amputazioni pericolose»
Weinreich, Labov, Herzog (1968), Fondamenti empirici di una teoria del cambiamento linguistico:
«...lo strutturalismo mentre ha fatto progredire l’analisi sincronica ha scaricato sulla linguistica
storica una serie di interessanti paradossi. Saussure ponendo i fondamenti dell'analisi sincronica si
rendeva conto di una corrispondente impenetrabilità del cambiamento linguistico e sembra che vi
rassegnasse. Ma, dopo di lui la maggioranza dei linguisti non ha accettato di buon grado
l'imposizione di una scelta tra storia e struttura.»
Qui stanno dicendo che Saussure, nel momento in cui voleva sottolineare gli aspetti strutturali della
lingua, inevitabilmente gli aspetti strutturali della lingua devono essere colti in sincronia.
Weinreich, Labov, Herzog (1968):
• Un sistema linguistico che non mostra variabilità non solo è ipotetico, ma è anche
disfunzionale, poiché non può adempiere ad importanti funzioni sociali e non consente il
cambiamento linguistico.
• La variazione è centrale: piuttosto che inquadrarla, e di conseguenza ignorarla, come
variazione libera, accidentale, non vincolata e temporanea, è necessario scoprire il pattern,
la struttura della variazione
L’eterogeneità ordinata: «I fatti dell’eterogeneità non sono stati fino ad ora chiaramente conciliati
con la visione strutturale della lingua.
Quanto più i linguisti si lasciavano impressionare dall'idea che la lingua possedesse una struttura,
tanto più misteriosa diveniva per loro la transizione di una lingua da uno stato all'altro.

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Dopo tutto, se una lingua, per funzionare in maniera efficiente, deve essere strutturata, come la
gente può continuare a parlare mentre la lingua cambia?»
Strutturalismo e variazione: la lingua come sistema differenziato:
Weinreich, Labov, Herzog (1968)
- Programma:
«Mostreremo come lo straordinario sviluppo della linguistica descrittiva negli ultimi 25 anni abbia
aperto effettivamente nuove prospettive ad una migliore comprensione del cambiamento linguistico.
[…]
«Passeremo in rassegna i tentativi che sono stati fatti per arrivare a concepire la lingua di una
comunità come un sistema differenziato armonizzando così i fatti osservati dell'eterogeneità
linguistica con l'imperativo teorico di scoprire una struttura e un ordine interni.
Suggeriremo infine che un modello linguistico, il quale concili varianti dell’uso con determinanti
stilistiche e sociali, non solo porta a più adeguate descrizioni della competenza linguistica, ma
traccia anche spontaneamente una teoria del cambiamento linguistico»
NB: non un sistema invariato, ma indifferenziato.
Struttura e disomogeneità: «La chiave ad una concezione razionale, non solo del cambiamento
linguistico, ma della lingua stessa consiste nella possibilità di descrivere ordinatamente la
differenziazione esistente all'interno di una lingua che serve una comunità.
Questa, ci sembra, è la questione fondamentale che una teoria del cambiamento linguistico deve
essere in grado di risolvere. La soluzione si troverà solo a patto di rompere l'errata identificazione
tra strutturazione e omogeneità.
Sosterremo che la padronanza di strutture eterogenee da parte del parlante nativo non è un fatto di
plurilinguismo di mera esecuzione, ma parte di una competenza monolingue.
Uno dei corollari della nostra tesi è che in una lingua che serva una comunità complessa, ossia
reale, sarebbe proprio l'assenza di eterogeneità strutturata a compromettere la sua funzionalità.»
“La chiave… comunità”: quindi io devo descrivere in maniera ordinata la differenziazione
all’interno di una lingua che serve una comunità. “Questa…omogeneità”: se la lingua è un sistema
differenziato dobbiamo rompere l’identificazione tra struttura e omogeneità. Non è detto che la
struttura deve essere necessariamente omogenea, può essere appunto disomogenea, o più che altro,
differenziata. “Sosterremo…monolingue”: vi ricordate che cosa avevamo detto la volta scorsa? Che
la variazione veniva considerata o variazione libera, cioè un fenomeno privo di significatività,
oppure come effetto del contatto linguistico. Invece loro stanno dicendo che la variazione non è che
è il solo effetto del contatto linguistico e non è un fenomeno di esecuzione, cioè non è solo un fatto
di plurilinguismo di mera esecuzione, ma è parte della competenza del parlante monolingue.
Sarebbe l’assenza di eterogeneità strutturata, sistema differenziato, a compromettere la sua
funzionalità. Questo è il programma.
Per i variazionisti dunque la variazione è essenziale e intrinseca alla lingua umana, inoltre il
comportamento variabile, vincolato in maniera sistematica, è la chiave per capire le dinamiche del
cambiamento linguistico.

15
Ma come si fa a descrivere ordinatamente la differenziazione esistente all'interno di una lingua che
serve una comunità? Proviamo a rispondere a questa domanda….
«Uno dei caratteri più appariscenti quando si esamina una lingua negli usi concreti presso una
comunità sociale sta nella grande varietà e differenziazione delle sue manifestazioni.
Una lingua permette una certa quantità di realizzazioni diverse delle sue forme e dei suoi costrutti,
ma soprattutto i parlanti di una lingua la usano in maniera diversa a seconda della loro
collocazione sociale, del loro grado di istruzione, della loro provenienza geografica, dei gruppi
sociali a cui appartengono ecc. [Per di più] un singolo parlante usa la propria lingua in maniera
diversa a seconda degli ambienti e delle situazioni a cui si trova a partecipare, delle intenzioni
comunicative che ha e degli interlocutori a cui si rivolge eccetera, eccetera» (Berruto, Cerruti
2015: 115)
Schematicamente:
– una lingua permette una certa quantità di realizzazioni diverse delle sue forme e dei
suoi costrutti
– i parlanti di una lingua la usano in maniera diversa a seconda della loro collocazione
sociale, del loro grado di istruzione, della loro provenienza geografica, dei gruppi
sociali a cui appartengono ecc.;
– un singolo parlante usa la propria lingua in maniera diversa a seconda degli ambienti
e delle situazioni a cui si trova a partecipare, delle intenzioni comunicative che ha e
degli interlocutori a cui si rivolge» (Berruto, Cerruti 2015: 115)
– Un certo tratto linguistico può essere in relazione con
– la differenziazione geografica di una lingua
– la collocazione sociale dei parlanti
– le caratteristiche del contesto situazionale
– A ciascuna di queste tre classi di fattori extralinguistici vale a dire lo spazio geografico, le
classi sociali e le situazioni comunicative corrisponde una dimensione della variazione
sincronica della lingua.
LE DIMENSIONI DI VARIAZIONE:
I. Una lingua varia attraverso lo spazio geografico, in diatopia ( è connessa con la provenienza
e la distribuzione geografica dei parlanti).
II. La lingua varia attraverso la stratificazione sociale, in diastratia (comprende i fenomeni
linguistici in correlazione con la collocazione e l’identità sociale dei parlanti, quindi gruppo
sociale, classe, età, sesso...).
III. La lingua varia attraverso le situazioni comunicative, in diafasia ( due sottodimensioni:
sottocodice, ovvero i linguaggi settoriali, e variazioni di registro, formale/informale).
Inoltre, ci sono altre due dimensioni di variazione che sono meno legate alla sociolinguistica:
I. La lingua varia anche attraverso il tempo. in diacronia (è ovviamente oggetto anche della
linguistica storica).
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II. La lingua varia in dipendenza del canale fisico di comunicazione, in diamesia (si interessa
principalmente alle caratteristiche del parlato e dello scritto).
• Dimensioni di variazione e ambiti di studio
1. La variazione diamesica interessa la linguistica della varietà più che la
sociolinguistica
2. La variazione diacronica è anche oggetto della linguistica storica
3. La variazione geografica è tradizionalmente oggetto specifico della dialettologia o
della geografia linguistica, ma anche della sociolinguistica.
Di primaria importanza per la sociolinguistica sono la variazione diastratica e quella diafasica.
In definitiva le dimensioni di variazione oggetto della sociolinguistica sono diastratia, diafasia,
e diatopia.
RAPPORTO TRA LE DIMENSIONI DI VARIAZIONE:
• Relazioni tra le dimensioni di variazione
– Le tre dimensioni di variazione (diatopia, diastratia e diafasia) non agiscono
isolatamente, ma interagiscono tra di loro, interferiscono in vario modo.
• Una concreta produzione linguistica avrà sempre una sua collocazione simultanea lungo i
due assi diatopia e diastratia.
– Tratti linguistici originariamente e primariamente marcati in diatopia possono assumere un
valore marcato anche in diastratia, tratti marcati originariamente in diastratia possono
assumere valore marcato in diatopia
– La marcatezza diatopica e diastratica dunque si presentano spesso inestricabilmente
compresenti.
• E la diafasia?
• A proposito del rapporto tra le dimensioni di variazione, si può stabilire una gerarchia fra le
tre dimensioni?
Sul piano logico, ovvero quello della primarietà logica di una dimensione rispetto all'altra:
– La dimensione di variazione primaria è la diatopia che caratterizza per prima un
qualunque messaggio linguistico, collocandolo immediatamente nei termini della
provenienza geografica di un certo parlante.
– La seconda dimensione ad intervenire è la diastratia: dato un insieme di tratti
linguistici marcati in diatopia, alcuni di questi sono proprio di parlanti con
collocazione sociale alta, altri di parlanti con collocazione sociale bassa.
– La dimensione diafasica infine opera all'interno delle altre due: ciascun individuo
parla una data varietà diatopica e diastratica di lingua, che è proprio della comunità
cui appartiene, e ha a disposizione, nei limiti della competenza personale di quella
data varietà, un insieme di scelte diafasiche dipendenti dalle varie situazioni
comunicative in cui si trova a partecipare.
Un messaggio è tanto più marcato in diastratia quanto più presenta tratti marcati in
diatopia.
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Il luogo della variazione
- le variazioni diatopica e diastratica riguardano una data comunità nel suo complesso
- la variazione diafasica ha luogo, si manifesta nel singolo parlante (in questo senso
quest'ultima opera all'interno delle dimensioni diastratica e diatopica) (Berruto, Cerruti
2015: 146)
Il luogo della variazione riguarda una data comunità nel suo complesso, però è anche vero
quello che la dimensione diafasica si manifesta nel singolo parlata, a seconda delle situazioni.
Ricapitoliamo….
Berruto 2011:
• Le dimensioni di variazione non sono fra loro isolate, bensì hanno specifici rapporti.
– La prima che interviene a caratterizzare un messaggio, un enunciato, una forma, ecc.
nei tratti di variabilità linguistica che vi si realizzano è la dimensione diatopica.
– La marcatezza diatopica comporta anche, solitamente, marcatezza diastratica e,
meno direttamente, marcatezza diafasica, dato che:
• la marcatezza diatopica è tanto maggiore quanto più è lontana dall’italiano
standard e presenta tratti regionali o locali
• il grado di dominio dello standard è più alto nelle classi sociali alte e medie
(nei parlanti colti) e più basso nelle classi sociali basse (nei parlanti semicolti
o incolti), così come lo standard emerge quando il controllo
dell’enunciazione è elevato (quindi nei registri formali e alti).
• I rapporti fra dimensione diastratica e dimensione diafasica e la loro frequente
sovrapposizione, si possono spiegare con la constatazione che, data una certa varietà
diatopica, e azzerata tale dimensione, esistono nella fenomenologia della variazione tre
insiemi diversi di tratti sociolinguisticamente marcati:
– un insieme di tratti marcato diastraticamente, ma non diafasicamente; che compaiono
cioè solo presso parlanti colti o all’opposto incolti ma non variano per registro;
– un insieme di tratti marcato diafasicamente, ma non diastraticamente; cioè che
variano per registro indipendentemente dal livello socioeducativo dei parlanti;
– un terzo insieme di tratti marcati come genericamente substandard che possono cioè
comparire sia in varietà diastratiche basse sia in varietà diafasiche non sorvegliate.
a. Tratti marcati diastraticamente, ma non diafasicamente, che compaiono cioè solo presso
parlanti colti o all’opposto incolti, ma non variano per registro):
– sovraestensione del clitico (pronominale e avverbiale) ci col valore di pronome
obliquo di terza persona (ci dico per gli / le dico);
– generalizzazione analogica per regolarizzazione di desinenze nominali (mia
moglia per mia moglie);

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– formazione analitica, e analogica, di gradi aggettivali, che risultano quindi
doppiamente segnalati (superlativo: più maggiore, molto ottimo)
– accordo a senso (qualche fumate per qualche fumata), o

– regolarizzati per analogia (nessuni amici) nel ➔ sintagma nominale; semplificazioni


e generalizzazioni regolarizzanti nel paradigma dell’articolo (i amici).
b. Tratti marcati diafasicamente, ma non diastraticamente, che variano per registro
indipendentemente dal livello socioeducativo dei parlanti (meno frequenti):
– apocope del verbo essere so’ stanco
– sul piano lessicale ho da fare delle cose.
c. Tratti marcati come genericamente substandard che possono cioè comparire sia in varietà
diastratiche basse sia in varietà diafasiche non sorvegliate:
– concordanze a senso fra soggetto e verbo, specie quando il soggetto è postverbale
(c’è molti pini; tutto il paese lo sapevano); la
– che polivalente. (Le polivalenze: ci sono alcuni usi del polivalente che sono
difficilmente utilizzati da un parlante, anche l’uso del “che” relativo. Nel parlato
colto, da uno studio di una studiosa, la relativa substandard, invece che “la ragazza a
cui ho detto questa cosa” “la ragazza che l’ho detto”, però ci sono usi meno
substandard che possono essere usati anche nel parlato.

Perché una lingua varia? Perché altrimenti non sarebbe in grado di rispondere alle esigenze
comunicative e funzionali di una società profondamente differenziata, complessa, quindi la lingua
necessariamente deve essere uno strumento duttile.
Ritorniamo al saggio di Weinreich, Labov e Herzog, quello che abbiamo letto ieri “ Fondamenti
empirici per una teoria del cambiamento linguistico”. Perché le lingue variano? Che cosa avevano
detto i tre sociolinguisti? Facciamo un passo indietro ritorniamo al saggio di Weinreich, Labov,
Herzog (1968), Fondamenti empirici di una teoria del cambiamento linguistico.
Perché le lingue variano?
Weinreich, Labov, Herzog (1968):
• Un sistema linguistico che non mostra variabilità non solo è ipotetico, ma è anche
disfunzionale, poiché non può adempiere ad importanti funzioni sociali e non consente il
cambiamento linguistico. [Labov è interessato a come funziona il cambiamento, la
descrizione delle dinamiche di variazione è finalizzata proprio all’obiettivo di comprendere
come funziona il cambiamento linguistico]
• La variazione è centrale: piuttosto che inquadrarla, e di conseguenza ignorarla, come
variazione libera, accidentale, non vincolata e temporanea, è necessario scoprire il pattern,
la struttura della variazione.

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STRUTTURA E DISOMOGENEITA’
«La chiave ad una concezione razionale, non solo del cambiamento linguistico, ma della lingua
stessa consiste nella possibilità di descrivere ordinatamente la differenziazione esistente
all'interno di una lingua che serve una comunità.
Questa, ci sembra, è la questione fondamentale che una teoria del cambiamento linguistico deve
essere in grado di risolvere. La soluzione si troverà solo a patto di rompere l'errata
identificazione tra strutturazione e omogeneità.
Sosterremo che la padronanza di strutture eterogenee da parte del parlante nativo non è un fatto
di plurilinguismo di mera esecuzione, ma parte di una competenza monolingue.
Uno dei corollari della nostra tesi è che in una lingua che serva una comunità complessa, ossia
reale, sarebbe proprio l'assenza di eterogeneità strutturata a compromettere la sua funzionalità.»
Strutturalismo e variazione: la lingua come sistema differenziato
A questo punto si rendono necessarie due operazioni
1. concepire la lingua di una comunità come un sistema differenziato armonizzando così i
fatti osservati dell'eterogeneità linguistica con l'imperativo teorico di scoprire una
struttura e un ordine interni.
2. elaborare un modello linguistico, che concili varianti dell’uso con determinanti stilistiche
e sociali [ possiamo sostituire “determinanti” con “variabili”, dobbiamo conciliare dunque,
le varianti dell’uso con le variabili stilistiche e sociali.]
In questo modo sarà possibile:
I. giungere ad una più adeguata descrizione della competenza linguistica,
II. tracciare spontaneamente una teoria del cambiamento linguistico
• Vediamo….
Weinreich, Labov e Herzog partono da una critica: LA TESTIMONIANZA DELLA GEOGRAFIA
LINGUISTICA
– I reperti della geografia linguistica sono stati usati dagli storici per puntellare le loro
teorie, ma raramente hanno fornito la prova che essi desideravano.
• Se le isoglosse di ogni parola implicata in un cambiamento fonetico
dovessero coincidere, l'ipotesi dei Neogrammatici ne risulterebbe
considerevolmente rafforzata, ma la deludente realtà è che esse non
coincidono quasi mai.
– L’affermazione che ogni parola ha la sua propria storia riflette
appunto la nostra incapacità di predire e persino spiegare il modo in
cui una parola arriva a superarne e precederne un'altra sulla carta
degli atlanti dialettali.
• I linguisti storici sperarono anche che le isoglosse avrebbero sostenuto la
stabile divisione dei territori linguistici in gruppi gerarchicamente organizzati
di lingue, dialetti e sottodialetti. Anche qui però l'esame dei fatti è stato
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deludente: un gruppo qualsiasi di isoglosse non scompone un territorio in
aree ben definite, ma traccia piuttosto un fitto e continuo intersecarsi di
frammenti divisi e suddivisi.
La geografia linguistica è finalizzata a tracciare confini, a tracciare le isoglosse, le isoglosse
delimitano un dialetto, un confine linguistico. In realtà l’obiettivo finale era di tipo storico, loro si
volevano capire come corrispondevano i dati linguistici nello spazio, ma in definitiva, la variazione
nello spazio ha una relazione molto stretta con la variazione nel tempo, l’obiettivo, anche per loro
era comprendere la variazione linguistica. Loro tirano le somme di una serie di tentativi e
sottolineano come le soluzioni e le ipotesi formulate non hanno consentito di rispondere alle finalità
che si erano posti.
Quando ci ritrovavamo parole, che non presentavano lo stesso esito fonetico, la spiegazione era che
ogni parola ha la propria storia, tra l’altro entrava in gioco l’analogia. In realtà, dicono Weinreich,
Labov e Herzog, che ogni parola ha la sua storia, in realtà, noi prendiamo atto di questo, ma perché
questo accade? Ecco alcuni esempi concreti: nei quartieri di Napoli è lampante la palatizzazione di
A, nel suo campione, veniva fuori, che vi erano una serie di parole tipo CAP/CHEP, participi
passati tipo SPUSAT/SPUSET riferiti al maschile e non al femminile perché altrimenti non
palatalizzavano, che presentavano un alto tasso di palatalizzazione. Avevo una serie di parole come
DIRE, DARE, ACCIRERE, CREDERE/CRERR’ che presentavano il fenomeno del rotacismo in
maniera importante, ma poi avevo una serie di parole che non lo presentavano mai tipo:
DIRETTORE, DIRIGENTE, DOCUMENTAZIONE, ACCUDIRE; queste ultime parole, oltre alla
trafila dotta, sicuramente sono parole che non appartengono al lessico di base e quindi tra l’altro in
relazione ad un orizzonte esistenziale dialettale.
Tratti dell’area flegrea: la dittongazione delle vocali medie semichiuse E e O in posizione sia libera
che impedita, cioè la E e la O danno: AI, EI , AU, OU è un fenomeno che si presenta a Pozzuoli, a
Procida e a Ischia. A questo punto, questo fenomeno determinerebbe nell’area flegrea la possibilità
di accomunare fenomeni come invece di NEVE / A’ NAIV, invece di TELA/ A’ TAIL, invece di
SECCA/A’SAIC. Però prendiamo un altro fenomeno: la palatalizzazione della A tonica di natura
metafonetica. Questo fenomeno caratterizza Procida, Monte di Procida e i comuni ischitani, non è
presente a Bacoli ed è documentato per Pozzuoli. Weinreich, Labov e Herzog dicono che le
isoglosse che avrebbero dovuto sostenere la stabile divisione dei territori linguistici in gruppi
gerarchicamente organizzati di lingue, dialetti e sottodialetti, in realtà è stata deludente. Cioè la
prova dei fatti ha dimostrato che la variazione spaziale non funziona in maniera così come avevano
previsto.
LA TESTIMONIANZA DELLA GEOGRAFIA LINGUISTICA
• Spiegare la transizione geografica dei dialetti attraverso una determinata zona e spiegare la
transizione diacronica dei dialetti all'interno di una comunità ci appaiono come due problemi
simmetrici [ la transizione geografica da un dialetto all’altro e la transizione diacronica da
una fase all’altra del dialetto sono connesse perché in tutte e due i casi abbiamo quello che è
il contatto tra parlanti che usano sistemi diversi. Parlanti che all’interno di una comunità
usano elementi che appartengono a fasi arcaiche e a fasi più moderne, parlanti che nello
spazio usano tratti di una varietà e tratti di un’altra].
• Nell’uno e nell'altro caso abbiamo un contatto fra parlanti che usano sistemi diversi. Se
vogliamo risolvere i misteriosi paradossi del cambiamento linguistico che abbiamo sopra
delineati, sarà prima necessario analizzare i processi che si sviluppano in queste situazioni di
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contatto, rendersi conto, cioè, di come un parlante possa comprendere accettare come propri
gli elementi strutturali del discorso di un altro [un parlante bilingue-bidialettale, accetta gli
elementi, all’interno del suo sistema strutturale, del discorso di un altro].
LINGUE, DIALETTI IN CONTATTO
• Il problema della transizione è strettamente connesso a quello del trasferimento di una forma
o di una regola linguistica da una persona ad un'altra - più specificatamente da un sistema
linguistico ad un altro
• Se decidiamo di abbandonare l’idioletto individuale e omogeneo come unico modello di
lingua potremmo suggerire un meccanismo di comunicazione e di trasferimento più
intelligibile
• Ci sembra verosimile che il trasferimento abbia luogo quando il parlante A apprende
la forma o la regola usata dal parlante B, e che tale regola si trova allora a coesistere,
nella competenza linguistica di A, con la regola o la forma precedente.
• Il cambiamento si verifica quindi all'interno del complesso repertorio linguistico di
A: un tipo di cambiamento consiste appunto nel graduale abbandono della forma
originaria a vantaggio di quella recentemente acquisita, finché la prima non si riduce
allo stato di forma ‘arcaica’ o ‘disusata’.1
• Ogni Atlante dialettale offre molti esempi di questa opposizione, tra
innovazione e arcaismo, per quanto riguarda la competenza di singoli
parlanti.
Se due regole, coesistono per diverso tempo e magari rispondo a esigenze diastratiche diverse, come
fa il linguista a stabilire la nuova e la vecchia? Analizza più parlanti. Come si fa a dire se è
utilizzata in diastrasia? Si stabiliscono delle correlazioni tra variabile esterna, extralinguistica,
diastratica e variabile linguistica. Questo è il sistema. Come si fa a capire quale è più vitale
dell’altra?
1) E’ il dato numerico. Quantitativamente quale è più usata e quale meno.
2) La distribuzione lessicale è fondamentale perché se io vedo che una determinata variante io la
trovo solo nel lessico di base in un lessico legato a un orizzonte dialettale e diciamo più arcaico,
questo è un altro dato.
3) Un altro test può essere l’età. Se i parlanti giovani non presentano una variante, allora vuol dire
che una delle due varianti è più arcaica.

1
(Parlante A che ha una regola A apprende dal parlante B che ha una regola B, la regola B. La regola A e la regola B
coesistono. Quindi per il parlante A ad un certo punto ci sono 2 regole: la regola A e la regola B. Si immagina che a un
certo punto la regola A sarà piano piano dismessa a favore della regola B e così si verifica il cambiamento linguistico.
Noi potremmo presuppore, fenomeni come la palatalizzazione di A, il rotacismo, continuano ad essere attestati ma in
realtà le forme palatalizzate a Monte di Procida sono meno numerose in confronto a quelle non palatalizzate; quindi, noi
possiamo prendere atto della coesistenza delle due regole cioè quella che metafonizza la A tonica in un contesto di
parole in cui essa è preceduta dalla vocale atona al minimo grado di apertura e quella in cui la A tonica viene
conservata. Ad oggi, statisticamente, possiamo considerare meno vitale quella meno attestata. In sociolinguistica le
previsioni lasciano spesso il tempo che trovano).

22
Noi possiamo indicare comunque un altro meccanismo di cambiamento, assolutamente diverso da
questo: i due processi però non si escludono, possono anzi realizzarsi contemporaneamente.
• Quando il parlante A apprende per la prima volta una regola (q) da B non dobbiamo
aspettarci che egli l'apprenda perfettamente. Influenzato dal proprio sistema (P) e senza
l'intera gamma dell'esperienza di B dalla quale il sistema di B è nutrito e sorretto, A
acquisisce (qi) diversa da (q) – Una regola fonologica con tratti alterati, una regola lessicale
con possibilità di distribuzioni diverse, o una regola grammaticale che avrà perduto
qualcuna delle sue condizioni.
• Così in questa prima fase del trasferimento ha già avuto luogo un secondo tipo di
cambiamento. Ma il cambiamento più profondo e sistematico dobbiamo aspettarcelo dopo
che A ha acquisito la regola di B. All'interno dell'unico repertorio di cui A dispone
(repertorio che comprende p contenuto in P e qi) Possiamo prevedere un certo conguaglio
fra p e q1 – di solito un’assimilazione di qi ai tratti caratteristici di p, in modo che alla fine
sarà possibile l'inserzione di un qi modificato qii nel sistema P. Questo processo è stato
osservato molte volte nei ritocchi fonologici che i prestiti lessicali debbono quasi sempre
subire.
– Quando prendemmo trauma dal tedesco, la r uvulare divenne automaticamente
un’apicale sorda anglo-americana
• I tipo:
• Parlante A: (a) / Parlante B: (b)
• Parlante B: (a) e (b)
• II tipo:
• Parlante A (p) / Parlante B (q)
• Parlante A (p) e (qi)
• III tipo:
• Parlante A (p) e (qii)
Il parlante A che ha la regola A, acquisisce la regola B; quindi, ad un certo punto il parlante
presenta sia la regola A che la regola B. La regola A preesistente che coesiste con la regola B, la
stessa regola che ha il parlante B. Ma cosa può succedere in alternativa? Più che entrare in conflitto
succede che A influenzi B o il contrario. Succede che il parlante A nel momento in cui acquisisce la
regola B, influenzato dal suo sistema A, in realtà non acquisisce la regola B così com’è, ma la
modifica. Per esempio, pensiamo a un italiano che impara il francese, avrà difficoltà a realizzare
banalmente la R moscia e magari realizzerà una R che non è né la sua, né quella francese. Anche
nei dialetti succede la stessa cosa. Spesso tra la posizione di una vocale e l’altra c’è un continuum,
spesso ci ritroviamo a dover considerare una terza variante che era AE che si trova in posizione
intermedia, non è né la A né la E. Si tratta di un fenomeno di interferenza.
• Un accurato studio delle lingue che si trovano a stretto contatto fra di loro contribuisce a
convincerci che l'idea di una coesistenza lunga e stabile è in gran parte un’illusione, creata
forse dall' esistenza di un lessico e di una morfofonologia relativamente stabili.
– Es Gumperz su Marathi e Kannada in Kashmir in India meridionale
23
– conguaglio fra i due sistemi a livello di semantica, struttura della
frase, fonetica
– il vocabolario e i morfemi grammaticali rimangono differenziati
• Le scoperte del Gumperz sono prodotto di una indagine sul bilinguismo
condotta senza prescindere dal contesto sociale
• Oggetto dello studio non sono i due sistemi Marathi e Kannada considerati
indipendentemente l’uno dall’altro, ma i due sistemi coesistenti usati
nell’ambito di uno specifico contesto sociale.
Quello che Gumperz ha scoperto in India meridionale che è, un’indagine sul bilinguismo senza
prescindere dal contesto sociale, in realtà si presenta in molti altri contesti. Ed è quello che si
verifica quando andiamo ad analizzare fenomeni di bilinguismo o dialettalismo.
• Prendendo in esame i cambiamenti che hanno luogo nella lingua di individui la cui
competenza includa due lingue e due dialetti, possiamo tener conto di fattori puramente
strutturali , ma l'idea di isolare la struttura si è sempre rivelata controproducente per quanto
riguarda la soluzione di problemi creati da specifiche interferenze bilinguistiche.
• Come notava Weinreich (Languages in Contact, cit. p. 4):
«Il linguista è naturalmente libero di attenersi alla lingua, astraendo da considerazioni di ordine
psicologico e sociologico. In effetti anche per quanto concerne il bilinguismo egli DOVREBBE
porsi solo problemi puramente linguistici …Ma la portata, la direzione e la natura dell’interferenza
di una lingua sull'altra possono essere spiegate in maniera più esauriente in base al
comportamento linguistico degli individui bilingui, e tale comportamento e condizionato a sua volta
dalle relazioni sociali della comunità in cui questi individui vivono»
Si sta sottolineando l’importanza di non guardare solo hai fattori strutturali ma di andare a vedere
gli usi della struttura linguistica nei contesti sociali perché solo così possiamo vedere come funziona
il cambiamento linguistico. Una lingua che non varia è disfunzionale per cui si deve cercare di
capire come varia la lingua per capire come essa funziona.
SISTEMI COESISTENTI
• In genere ci sono molti punti di contatto tra due dialetti parlati in una stessa regione o in
regioni limitrofe. Alcuni parlanti saranno in grado di controllare attivamente i due dialetti,
altri avranno invece una conoscenza passiva del dialetto confinante e domineranno
attivamente soltanto il proprio. Troviamo anche in quasi tutte le comunità forme distinte
della medesima lingua, le quali coesistono pressappoco nella stessa proporzione in tutte le
suddivisioni geografiche della comunità.
– Questo si verifica non solo in aree urbane come New York Londra Parigi, ma anche
in comunità rurali come Martha’s Vineyard nel Massachusetts.
• Queste forme coesistenti possono essere indicate con vari termini: stili, gergo, vernacoli,
livelli linguistici culturali o varietà funzionali.
• Rispetto al modello di sistema linguistico differenziato che abbiamo intenzione di
sviluppare tali forme hanno in comune le proprietà seguenti:

24
– Per dire “la stessa cosa” esse ci offrono un’alternativa di mezzi: per ogni enunciato
di A c'è infatti un enunciato corrispondente in B che ci dà lo stesso riferimento ed è
quindi sinonimo del primo.
– Tali forme possono essere usate da tutti i membri adulti della comunità. Alcuni
parlanti non riusciranno forse a produrre con uguale competenza gli annunciati di A
e quelli di B, ma tutti parlanti saranno capaci di interpretare gli enunciati di A e B e
di comprendere il significato della scelta operata fra A e B da un altro parlante.
Un fenomeno variabile presenta modi alternativi di dire la stessa cosa. Se si veicola un significato
diverso, il parlante non ha la scelta tra l’uno e l’altro ma è condizionato dal significato che vuole
veicolare.
Numerose ricerche empiriche hanno dato pieno credito al modello di un sistema ordinatamente
eterogeneo, nel quale la scelta fra le alternative linguistiche attua funzioni stilistiche e sociali, un
sistema che cambia con il trasformarsi della struttura sociale. Come si fa a descrivere una situazione
del genere? Il primo concetto che viene utilizzato è quello di DIASISTEMA. Il diasistema che
sostituisce il concetto di sistema.
– In quest’ottica la lingua in sincronia viene rappresentata come diasistema
(Weinreich 1954) composto da un certo numero di membri ossia di dialetti e dunque
vari strati, che sono funzionalmente distinti, ma anche funzionalmente disponibili o
accessibili a tutto un gruppo di parlanti
– Gli strati in questa prospettiva devono essere in concorrenza fra di loro e non
completarsi a vicenda.
• Se gli strati sono complementari, per esempio sottosistemi fonologici che
coesistono e sono complementari, non consentono di scegliere di rendere la
stessa parola in un sistema invece che un altro e dunque non interessano chi
studia e segue il cambiamento .
Il concetto di diasistema si deve a Weinreich in un celebre articolo del 1954 che si intitola: Is a
structural dialectology? Per rispondere a questa domanda, elabora il concetto di diasistema.
Esempio concreto: il sistema vocalico delle toniche anteriori, in italiano noi abbiamo:

25
Abbiamo in italiano:
1) la vocale anteriore alta di FINE
2) la vocale anteriore medioalta di NEVE e SERA
3) la vocale medio bassa di SENTE
In siciliano, invece abbiamo:
1) la vocale anteriore alta FINI si dice in dialetto siciliano
2) la vocale anteriore medio bassa di SENTI. Il diasistema che comprende i due sistemi , alla
corrispondenza della vocale anteriore alta e la vocale anteriore medio alta dell’italiano, in siciliano
corrisponde solo la vocale anteriore ALTA.
Quindi il parlante siciliano ha in questo caso una scelta può dire NIVE o NEVE. Invece per quanto
riguarda la vocale anteriore medio bassa, i due sistemi coincidono.
• Il diasistema illustra le differenze e le somiglianze parziali di varietà affini e mette il rilievo
la natura sistematica delle corrispondenze tra di loro
• Un diasistema può essere considerato come uno strumento puramente illustrativo, una
maniera di esporre i fatti concernenti la relazione tra le varietà
oppure
• Si può ritenere che il diasistema possieda una qualche concretezza, ovvero che i parlanti gli
ascoltatori possono conoscere e utilizzare un tale sistema nella loro produzione e/o
comprensione.
• Weinreich ha considerato il diasistema come qualcosa di più di una costruzione artificiale:
«un diasistema è vissuto in modo molto concreto da parlanti bilingui o anche bidialettali e
corrisponde a quello che gli studiosi di contatto linguistico hanno definito un sistema unificato»
Quindi quello di diasistema è un primo concetto usato dai sociolinguisti per cercare di conciliare la
struttura con la variazione.
VARIABILITA’ ALL’INTERNO DEL SISTEMA
Weinreich, Labov, Herzog (1968):
• Il carattere eterogeneo dei sistemi linguistici è il prodotto di combinazioni, alternanze o
mosaici di sottosistemi distinti e contemporaneamente disponibili.
• Ciascuno di questi sottosistemi è concepito come un corpo integrale coerente di regole di
tipo categorico.
• L'apparato teoretico di cui si sente ancora il bisogno è una serie di regole capaci di stabilire
le condizioni dell'alternanza.
Ci sono delle regole categoriche ma ognuna di esse convive con altre regole categoriche e quindi
otteniamo un diasistema, la variazione. Loro dicono che a questo punto dobbiamo concepire delle
regole variabili cioè, per esempio, per quanto riguarda il sistema italiano/siciliano, la realizzazione

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della E aperta è una regola categorica ma nell’altro caso dobbiamo immaginare che ci sia una regola
variabile, cioè che il parlante scelga in maniera variabile una variante o un’altra.
Variabile linguistica:
– Un meccanismo analogo prevede la stretta concorrenza di diverse regole all’interno
di un dialetto
– Per spiegare la variazione interna è necessario introdurre un altro concetto, che va
nella direzione di comprendere meglio il funzionamento della formula
dell’eterogeneità ordinata, ovvero quello di variabile linguistica che concerne un
elemento variabile all’interno del sistema controllato da un’unica regola
– Per variabile linguistica si intende ogni insieme di modi alternativi di dire la stessa
cosa
Es: analizziamo la variazione:
mettevamo sopra [a] soglia (raro negotsje / nun tſə stavə na lavamana kka] ci stava un pezzo di
vetro forato dentro al muro tipo (p appoddza a bbaſinello pennellə sta (rob]bə e ssə faſeva ) e io
andavo nel gabinetto che ci stava (na] vaschetta vicino al muro / [Sakkwav o pennella kəsə e
ppurtava rində) poi quando ritornava [a] luce alle sei di sera alle sette di sera (stevə nu masſella rind
o negotsja)
Trascrizione in ortografico delle parti in italiano, in trascrizione fonetica le parti in dialetto.
Possiamo limitarci a individuare modi alternativi di dire la stessa cosa all’interno di questo brano:
1) Pennello- fenomeno della metafonia (vocali toniche E e I che si possono realizzare come
dittonghi o ridurre il grado di apertura)
2) Un’altra variabile è la realizzazione della vocale atona finale perché può essere conservata o
centralizzata.
3) La geminata e non di BACINELLA .In realtà ci potrebbe essere il caso in cui abbiamo l’affricata
palatale e non la fricativa palatale come in questo caso.
4) DENTRO E RA’-RO’- FENOMENO DEL ROTACISMO.
5) Realizzazione dell’occlusiva dentale sonora.
Piano della morfologia
1) Stavo – stev.
2) Realizzazione dell’articolo.

27
La variabile è tra gli // - La variabile è l’occlusiva dentale sonora, le varianti sono tra parentesi
quadre perché i foni si rappresentano tra parentesi quadre.
Nel II caso è il fenomeno della realizzazione atona finale. Il # indica il confine di parola mentre il –
indica un segmento di parola.
Il III fenomeno è la realizzazione, in questo pezzo non c’era la variante dell’italiano con l’affricata
palatale ma il parlante la realizza, può essere realizzata come affricata palatale o come fricativa
palatale.
Se noi volessimo cercare di capire nella testa del parlante cosa c’è, apriremmo un mondo che non
necessariamente coincide con questo che stiamo descrivendo.
«Per variabile sociolinguistica si intende ogni insieme di modi alternativi di dire la stessa cosa,
ognuno dei quali è correlato a qualche tratto extralinguistico» (Berruto, Cerruti 2015: 116).
«Possiamo definire variabile sociolinguistica una variabile linguistica correlata con una variabile
non linguistica del contesto sociale (il parlante, l’ascoltatore, il pubblico, la situazione, ecc.) (Labov
1973: 331) »
Es. maglia (ʎ), [ʎ:] [ʎ] [lȷ] e[j:] (standard, parlanti settentrionali colti, parlanti piemontesi e parlanti
colti centro meridionali).
Se noi ci fermassimo a un tipo di descrizione di questo genere, sapremmo soltanto che il parlante
realizza variabilmente un determinato tratto in un modo o in un altro però rimarremmo nel dominio
del caos, noi non avremmo riferimenti, non sapremmo quando, come e perché. Tutto sommato non
saremmo riusciti a dare una struttura alla variazione che è invece il nostro obiettivo. Noi vogliamo
individuare il pattern della variazione.
• La nozione di variabile sociolinguistica è un’unità strutturale della teoria
linguistica (come fonema, morfema ecc.), essa rende conto delle diverse

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realizzazioni di uno stesso fenomeno grammaticale in diversi contesti linguistici e
sociolinguistici
• La domanda a questo punto è: come??!!
• In altre parole, in che modo la variabile sociolinguistica consente di rendere conto
delle diverse realizzazioni di un’entità linguistica nei diversi contesti linguistici e
sociolinguistici?
• Ancora: in che modo grazie alla nozione di variabile sociolinguistica riusciamo ad
individuare la struttura della variazione?
Attenzione: come le altre unità linguistiche essa è una astrazione sottostante alle realizzazioni
attualizzate.
Identificare la variabile e le varianti di una variabile dunque non basta. È necessario individuare le
restrizioni, i vincoli che determinano la scelta dell’una o dell'altra variante. Come si fa??
Utilizziamo il concetto di regola variabile. La regola variabile è un concetto che ha elaborato Lebov
e si riferisce alla regola categorica di tipo generativista.

La regola categorica è una regola di riscrittura, che dice che X si trascrive Y.


La regola variabile dice che X si trascrive come Y in un contesto Z.
Berruto dice che la fricativa labiodentale sonora in posizione intervocalica nel fiorentino rustico,
conservativo viene realizzata talvolta come O. Le parentesi uncinate ci dicono è realizzata
VARIABILMENTE come O cioè non viene realizzata in quale contesto? Nel contesto in cui è
preceduta e seguita da una vocale. Non solo ma una delle due vocali è tonica. In quali contesti?
Nello stato emotivo, nello stile informale, in uno stile trascurato quindi quando nel caso di un
parlante anziano, la classe di parlanti P2 o P3, cioè parlanti che appartengono al ceto medio urbano
e al ceto contadino. Già questo è un modo per avvicinarci alla descrizione della struttura della
variazione. Il tratto finale è aggiungere le percentuali. La regola variabile ci dice non solo che nel
caso dello stato emotivo...etc. ma ci dice nel 70% dei casi quando il parlante è coinvolto
29
emotivamente, nel 30% dei casi se lo stile è informale...etc. L’esempio sarebbe LA VOCE in
fiorentino, in posizione intervocalica cade la V.
• La regola variabile descrive un certo pattern di variazione, ossia una certa configurazione
di co-variazione fra tratti linguistici e tratti extralinguistici
• Il pattern di variazione è dato da:
– i fattori linguistici ed extralinguistici che influiscono sulla realizzazione delle
varianti di una variabile
– I rapporti gerarchici esistenti tra questi fattori (per cui alcuni sono più influenti di
altri).
• Ad ogni fattore linguistico la regola assegna un certo indice di probabilità notato con lettere
greche (α, β...)

30
DIFFERENZE TRA SOCIOLINGUISTICA E SOCIOLOGIA DEL LINGUAGGI:
La sociolinguistica in senso stretto, cioè sarebbe la sociolinguistica correlazionale detta anche
variazionistica è lo studio, come dice Berruto, della natura e delle manifestazioni della variabilità
linguistica.
Per la sociologia del linguaggio facciamo riferimento a Fishman e Ferguson, alla descrizione dei
repertori, del repertorio di una nazione, di una società.
Fishman è un po’ più grande di Labov, è un parlante di yiddish (varietà di ebreo/tedesco), è
interessante questo aspetto, perché lui da immigrato in America ha un background linguistico
culturale particolare, si è inevitabilmente concentrato sia sugli aspetti linguistici che su quelli anche
culturali. Lui è un parlante di una lingua minoritaria a rischio rispetto a quelle maggioritarie di
estinzione.
La SL variazionistica e la sociologia del linguaggio rappresentano due approcci, due modi di
studiare i rapporti tra lingue e società:
-Nella Sociologia del linguaggio si inquadrano gli studi che hanno come oggetto la composizione
linguistica delle nazioni, la costituzione e la tipologia dei repertori linguistici delle comunità, le
manifestazioni sociali del plurilinguismo, la politica e la pianificazione linguistica, la sostituzione e
la morte delle lingue.
-La sociolinguistica in senso stretto presuppone l'inquadramento generale fornito dalla sociologia
del linguaggio, ma il fuoco è sulla variazione dei sistemi linguistici (il repertorio linguistico è
l'insieme delle risorse linguistiche possedute da una comunità linguistica, cioè la somma di varietà
di una lingua o di più lingue impiegate presso una comunità sociale).
La sociolinguistica in senso stretto e la sociologia del linguaggio si distinguono in realtà in base a:
-dati
-distanza rispetto alla sociologia
-approcci micro-sociolinguistico vs macro-sociolinguistico
Il dato del sociolinguista variazionale è la produzione di parlato, quindi, parole, pronunce,
enunciati…La sociologia del linguaggio ha come oggetto di studio invece i sistemi linguistici nel
loro insieme con le loro varietà, le norme, gli atteggiamenti nei confronti delle varietà del repertorio
dei parlanti.
• Distanza rispetto alla sociologia
– La Sociologia del Linguaggio più vicina alla Sociologia, secondo Fasod «è lo studio
della società in rapporto alla lingua» ,mentre la SL «e lo studio della lingua in
rapporto alla società».
• Approccio micro-sociolinguistico / macro-sociolinguistico
– Tendenzialmente la SL lavora a livello micro-sociolinguistico mentre la Sociologia
del Linguaggio a livello macro-sociolinguistico.
• Distinzione tra micro-sociolinguistica e macro-sociolinguistica

31
– Il livello micro-sociolinguistico riguarda l'analisi degli eventi di interazione
comunicativa, le produzioni verbali di singoli parlanti o gruppi viste nel dettaglio,
dunque singoli fenomeni linguistici con un grado in genere elevato di attenzione alla
descrizione minuta dei fatti linguistici
– Il livello macro-sociolinguistico riguarda invece studi su larga scala, l'analisi della
distribuzione dell’impiego dei sistemi linguistici in una comunità parlante, e mette in
gioco i rapporti fra ampie strutture linguistiche ed ampie strutture sociali nel
comportamento di diversi gruppi e non di singoli parlanti.
• Spesso la distinzione tra micro-sociolinguistico e macro-sociolinguistica si riferisce anche e
principalmente alla taglia dei fenomeni considerati
– Micro-sociolinguistica è lo studio di gruppi piccoli di parlanti, o anche di singoli
individui
– Macro-sociolinguistica è lo studio di fenomeni di ogni livello (dal comportamento di
singole variabili, all'uso delle lingue) su gruppi relativamente ampi di parlanti.
UN’OPPOSIZIONE INTERNA ALLA SOCIOLINGUISTICA:
SOCIOLINGUISTICA CORRELAZIONALE VS SOCIOLINGUISTICA INTERPRETATIVA
• Agli albori della Sociolinguistica si è assistito alla biforcazione al suo interno fra due tipi
fondamentali di approccio scientifico ai rapporti tra fatti linguistici e fatti sociali:
– La Sociolinguistica correlazionale o correlativa, rappresentata dai lavori di Labov,
si occupa delle correlazioni tra lingua e società
• i fatti linguistici vengono analizzati in base al rapporto con determinati
aspetti o fattori sociali, la direzionalità va quindi dalla società alla lingua. Si
studia come la lingua è influenzata dalla società (concretamente noi andremo
a studiare dei fenomeni linguistici e andremo a vedere questi fenomeni
linguistici prodotti da parlanti con caratteristiche extralinguistiche diverse che
rispecchiano le differenziazioni all'interno della società, quindi variabili
sociolinguistiche tipo: ceto sociale, genere, etnia etc.…).
– La Sociolinguistica interpretativa, rappresentata dai lavori di Gumperz e Hymes di
etnografia della comunicazione, pone l'accento sull'interpretazione di quello che
fanno i parlanti che ‘costruiscono’ significati interazionali e valori sociali usando le
risorse fornite dal sistema linguistico
• la lingua crea essa stessa la società e la direzionalità è quindi dalla lingua alla
società. Si studia come la lingua influenza e determina la società e i rapporti
sociali.
Sociolinguistica variazionistica o correlazionale (Labov):
• i fattori e le variabili sociali sono assunti come indipendenti e non costituiscono oggetto di
studio. Il compito della SL è di mettere in correlazione i fatti linguistici con quelli sociali per
comprendere meglio i primi: l’accento è sulla struttura linguistica.
• Le strutture linguistiche e il comportamento linguistico è studiato con l’obiettivo di
individuare quali sono gli aspetti della società che sono in correlazione, influenzano o
32
addirittura determinano i fenomeni linguistici: il comportamento linguistico dunque riflette
aspetti della società.
• La SL correlazionale lavora preferibilmente in maniera quantitativa (la SL di Labov e dei
variazionisti americani è stata chiamata “linguistica quantitativa”).
• Tale approccio è stato prevalente nel primo sviluppo della SL.
Sociolinguistica funzionale o interpretativa (Hymes, Gumperz, Eckert: etnografia della
comunicazione):
• Si focalizza in origine su culture esotiche;
• rappresenta un approccio globale ai fatti comunicativi e linguistici di una comunità
socioculturale;
• l'attività linguistica è parte dei valori simbolici di una cultura e di una società, è un mezzo
con cui una società costruisce, mantiene e modifica I rapporti sociali;
• il comportamento linguistico e i fatti sociali sono almeno in parte co-determinantisi, senza
che si possa stabilire una direzione prioritaria tra gli uni e gli altri: l’attività verbale va
studiata come una forma di comportamento socioculturale;
• il comportamento linguistico e il comportamento sociale sono strettamente interconnessi,
riflettono entrambi aspetti della struttura linguistica e di quella sociale;
• lavora preferibilmente in maniera qualitativa.
In sintesi:
• Per la sociolinguistica correlazionale struttura e fatti linguistici e strutture e fatti sociali
sono entità discrete separabili da mettere in correlazione,
• Per l’etnografia della comunicazione (Sociolinguistica funzionale o interpretativa)
struttura linguistica e struttura sociale sono inestricabilmente connesse e dunque da trattare
come unite.
– La Sociolinguistica correlazionale parte dall’esaminare le forme linguistiche e la loro
distribuzione, l’interesse è per le proprietà variabili del sistema
– La Sociolinguistica funzionale o interpretativa esamina i parlanti e il loro
comportamento nelle differenti situazioni comunicative.
– Il primo approccio dà meglio l'idea del funzionamento della lingua come sistema (Labov). Il
secondo dà meglio l’idea di come il parlante costruisce i significati nel corso di una
interazione comunicativa reale (Hymes, Gumperz)
• Divaricazione di interessi:
1. Sociolinguistica correlazionale: interesse per le proprietà variabili del sistema
2. Sociolinguistica interpretativa (etnografia della comunicazione): interesse per il
comportamento variabile del parlante

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GLI STUDI:
• Ferguson (1959)
• Labov (1966)
• Eckert (2000)
Ferguson 1959: «Diglossia»
Nel 1959 Ferguson introduce il termine “diglossia”
Il fine è «esaminare attentamente un tipo particolare di repertorio linguistico in cui due varietà di
una lingua esistono fianco a fianco nella comunità, ciascuna con un ruolo definito»
• Lo status di un sistema linguistico è determinato da ciò che con esso si può fare, da un punto di
vista pratico, legale, culturale, economico, politico, sociale...

• Per funzione si intende ciò che effettivamente con un certo sistema linguistico viene fatto;
quindi, a ciò che un sistema linguistico serve in una società
• Intendiamo con repertorio linguistico l’insieme delle risorse linguistiche a disposizione di
una comunità linguistica o di un parlante; nel primo caso si parla di repertorio comunitario,
nel secondo di repertorio individuale.
• Diglossia: compresenza di più lingue o varietà socio-geografiche diverse di lingua socio-
funzionalmente ben differenziate, cioè usate dalla comunità parlante con specializzazioni
per differenti funzioni (vs bilinguismo ovvero compresenza di più lingue non socio-
funzionalmente differenziate)
• Rigidità della codificazione dei domini d’uso
• Prestigio
• Eredità letteraria
• Acquisizione
• Standardizzazione
• Stabilità
Labov 1966: The social stratification of (r) in New York City Department Stores
• Premesse:
– Presenza/assenza di [r] in posizione postvocalica. Es. car, card, four, fourth, etc.
– This particular variable appeared to be extraordinarily sensitive to any measure of
social and stylistic stratification.
– Linguistic variable /r/ is a social differentiator in all levels of New York City speech.
– Rapid and anonymous speech events: the basis for a systematic study of the
language.
• Ipotesi:

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– «If any two subgroups of New York City speakers are ranked in a scale of social
stratification, then they will be ranked in the same order by their differential use of
(r)” (Labov 1972:44).
• Il campione.
– Impiegati di tre grandi magazzini di NY:
• highest ranked store (Saks )
• middle ranked store (Macy’s )
• lowest ranked store (Klein ) will show the lowest values
L'approccio etnografico ha una metodologia di rilevazione del campo molto diversa, il ricercatore
che fa etnografia, cioè sociolinguistica interpretativa non è che fa l'intervista e se ne va, così come
l'antropologo che vive nella comunità il sociolinguista diciamo interpretativo vive all'interno della
comunità la osserva, infatti si parla di osservazione partecipante. E' vero che parti dal singolo, ma
non ti puoi limitare al singolo perché altrimenti si rimane ad un livello non scientifico, la
scommessa è di riuscire a cogliere quei tratti del comportamento sociolinguistico del singolo
parlante che sono in qualche modo rappresentativi della piccola comunità cui appartiene. Alla fine,
qualsiasi analisi viene influenzata dall'occhio dell'osservatore. Non a caso si parla di costruzione. Il
paradosso dell'osservatore di Labov è una questione alla fine filosofica, l'occhio dell'osservatore in
qualche modo influenza l'oggetto osservato. Labov parte dal notare questo fenomeno di estrema
variabilità che è la presenza e assenza di "r" in posizione postvocalica in parole come "car", "card".
Questa particolare variabile osservata risulta estremamente sensibile alla stratificazione sociale e
stilistica. Cioè, nota che la "r" viene selezionata in maniera variabile a seconda della classe sociale,
e quindi sceglie (e questa è la scommessa un po’ di tutti i sociolinguisti, quando si sceglie una
variabile su cui concentrarsi) in realtà un primo dato è che nota che questo fenomeno di variazione è
condizionato da fattori sociali, stilistici etc. La variabile "r" a Labov appare un differenziatore
sociale in tutti i livelli del parlato di New York. Che tipo di corpus di testi predilige Labov: il parlato
anonimo e rapido che gli sembra la base di qualsiasi, cioè la tipologia di testo migliore per studiare
la sistematicità della lingua.
Qual è l'ipotesi di Labov: che la differenziazione sociale si rifletta negli usi linguistici della lingua.
Qual è il campione: gli impiegati dei più grandi magazzini di New York, grandi magazzini che sono
differenziati in base al quartiere, all'estrazione sociale. E quindi lui si aspetta che questo tipo di
caratterizzazione dei grandi magazzini si rifletta negli usi linguistici dei parlanti che analizza.
Quali sono quindi le variabili indipendenti in questo studio: il negozio, l'età, l'occupazione, la razza
e nel caso l'accento straniero.
Quali sono le variabili dipendenti: la "r" nelle 4 occorrenze quindi in un parlato più spontaneo meno
monitorato, e in quello più monitorato. Quindi se ne deduce che nel parlato di New York la
realizzazione di "r" è la variante di prestigio, considerata la variante di prestigio.

35
ECKERT
• Dagli inizi degli anni Ottanta si è assistito ad uno spostamento di accento e di interessi verso
un’impostazione più qualitativa, incentrata sulle strategie di interazione, le intenzioni e le
interpretazioni dei partecipanti, i significati sociali, i processi di costruzione della attività
linguistica ecc. (Dittmar 1989, Downes 1984).
Eckert (2000): necessità che venga messo a punto un approccio socialmente sofisticato alla
variazione linguistica che renda conto in maniera sistematica del comportamento e delle
motivazioni di parlanti.
Eckert 2000: Linguistic variation as Social Practice. The Linguistic construction of Identity in
Belten High
Judy si accovaccia sulla sedia, solleva il piede destro sul ginocchio e gioca con le frange del suo
stivale in cuoio. "... dicevamo alle nostre mamme che avremmo ... Lei avrebbe dormito a casa mia,
io avrei dormito a casa sua, e invece saremmo uscite e fatto una bella notte, sai no?! Tornata a
casa il giorno dopo: «Dov’eri l’altra notte? «, «Da Joan. "" No, non lo eri” perché sua madre e
mia madre sono molto molto vicine - dato che abbiamo avuto così tanti problemi che si conoscono
davvero bene.«
La risata stretta di Judy sembra corrispondere ai suoi jeans attillati, al suo corpo magro, al suo
ombretto scuro e alle sue vocali anteriori tese. In tutto ciò che fa, Judy incarna e proietta il suo
stile: indipendente, oltre il limite, irrequieto, feroce. Judy è una burnout. Per il resto della gente
della sua classe si pone come il prototipo burnout: un’esaurita burnout. Il suo vestito, i suoi modi,
le sue azioni, i suoi discorsi sono tutte versioni estreme di stile burnout. Ogni sua mossa, ogni sua
espressione sembra fare spallucce alla scuola, agli adulti, alla paura.
La nostra attenzione alla variazione sociolinguistica inizia con osservazioni come queste. Notiamo
l'abbigliamento delle persone, i loro capelli, i loro movimenti, le loro espressioni facciali e notiamo
lo stile vocale - una complessa costruzione di lessico, prosodia, fonetica segmentale, morfologia,
sintassi, discorso. E arriviamo ad associare tutto questo con le cose che fanno e dicono - con gli
atteggiamenti e le credenze che proiettano e con le cose di cui essi stessi parlano. Sono i singoli
parlanti che danno vita alla lingua per noi e il cui comportamento ci indica il significato sociale
delle variabili. Ma queste osservazioni, e molte delle intuizioni che racchiudono, raramente trovano
spazio nei nostri resoconti scientifici sulla variazione sociolinguistica. Con gli occhi fissi sul
significato statistico e sul quadro globale, confezioniamo gli individui come membri di gruppi e
categorie, trattando quelle categorie nei termini delle caratteristiche che i loro membri condividono,
perdendo di vista l'esperienza locale che rende la variazione significativa per gli individui.
• Eckert (2000): due anni in una scuola superiore di Detroit hanno consentito alla ricercatrice
di inquadrare la struttura sociale della scuola e stabilire una notevole familiarità con gli
studenti al fine di selezionare il campione in base a ‘categorie locali’
• La studiosa pure avendo l'autorizzazione dell'attività scolastica intenzionalmente ha evitato
di rivestire un qualsiasi ruolo ufficiale nella scuola
• Ha trascorso 2 anni in aree pubbliche fuori le classi, in biblioteca, nella caffetteria, nell'atrio,
osservando il comportamento degli studenti, interagendo in maniera casuale con loro
• Successivamente ha fatto interviste a circa 200 studenti in gruppo o da soli, raccogliendo
molte ore di parlato informale
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• Il livello di confidenza raggiunto ha fatto sì che essi parlassero con lei di argomenti tabù,
come sesso, droga, crimine e che condividessero con lei anche fatti personali
• Per molti di loro ha raccolto più ore di intervista: i testi analizzati non sono mai quelli
raccolti nelle prime interazioni
• La familiarità della studiosa con la comunità le ha dato, non solo l'accesso agli usi
linguistici, ma gli indizi per interpretare i comportamenti linguistici osservati, il significato
degli usi linguistici
• All’interno della scuola la studiosa individua due categorie di studenti jocks e burnout
• La distinzione gioca un ruolo centrale nella struttura sociale della scuola: attraverso
questa distinzione la popolazione adolescente della scuola si divide in classe media e
classe operaia: i jocks sono la classe media e burnout la classe operaia
• Queste categorie sociali potrebbero essere esplorate in uno studio meno orientato
etnograficamente, ma la Eckert invece propone una prospettiva più profonda ottenuta grazie
alla osservazione partecipante di lungo termine
• Il significato di appartenere all'una o all'altra categoria si esplica nei comportamenti di tutti i
giorni: le due categorie sono basate in pratica in una serie di attività giornaliere di
interazioni e azioni
• Guardare ai Jocks o ai Bournouts come membri o rappresentanti di categorie sociali
significherebbe non soltanto ridurre le storie individuali, l’incertezza la complessità che
costituisce questa affiliazione sociale, ma anche mascherare il fatto che essa esiste solo in
pratica e che può essere compresa soltanto attraverso l'osservazione diretta e non ascoltata
attraverso le interviste.
A proposito degli studi sociolinguistici in generale
• A caratterizzare gli aspetti comuni degli studi sociolinguistici sono alcuni aspetti che si
pongono in continuità o in frattura di continuità con la tradizione americana degli studi
linguistici precedenti
• Da un punto di vista metodologico la SL si pone in continuità con la tradizione descrittiva
americana risalente al distribuzionalismo di Bloomfield:
– l’attribuzione alla linguistica dello status di disciplina scientifica era stata associata
allo sviluppo di metodi di descrizione rigorosa delle varietà native americane
(Gumperz 1982)
«American linguists strove to obtain objectivity by developing accountable procedures for
inductevely deriving linguistic generalizations from observable data (Milroy ,Gordon 2003: 9)
• Rispetto alla tradizione descrittiva americana il generativismo (Chomsky) aveva tuttavia
intrapreso una strada diversa:
– nessun corpus di dati per quanto grande può servire in maniera utile come base per
generalizzazioni linguistiche, tutti i corpora non sono altro che una collezione
parziale e casuale di enunciati

37
– sostituzione del metodo induttivo con quello ipotetico-deduttivo (dall’osservazione
all’introspezione) e presa di distanze dal principio di affidabilità, accountability
– i dati linguistici oggetto della teoria linguistica sono le intuizioni, i giudizi dei
parlanti nativi

Aspetti ampiamenti condivisi negli studi sociolinguistici:


• I sociolinguisti sono addestrati come linguisti e usano solitamente gli strumenti descrittivi e
analitici comunemente adoperati dai linguisti
– A differenza dei linguisti (generativisti), i variazionisti tuttavia usano dati ottenuti
mediante l’osservazione diretta dei comportamenti e non dati ottenuti mediante
l’introspezione, costruiti dagli stessi linguisti in base alle proprie intuizioni
• Lo studio linguistico è basato su dati empirici raccolti attraverso l’osservazione.
– Dati di esecuzione (performance): l’uso attuale del linguaggio
– Dati percettivi: risposte soggettive dei parlanti su usi linguistici e atteggiamenti, utili
per ricostruire le ideologie linguistiche.
Innanzitutto, i sociolinguisti sono addestrati come linguisti: usano gli strumenti descrittivi e analitici
adoperati dai linguisti; ciò nonostante, si distinguono dai linguisti generali (e cioè dai
generativisti).2
Rispetto al generativismo, se è vero che i sociolinguisti sono addestrati come linguisti, quali sono le
differenze che noi possiamo individuare? Che cosa osservano i SL e cosa osservano i generativisti?
• Risposta: “I linguisti generali si occupano di quegli aspetti del linguaggio che riguardano il
sistema”. In realtà questa osservazione può valere anche per il sociolinguista dal momento che lo
scopo del sociolinguista è trovare una struttura della variazione: a loro non interessa trovare la
variazione fine a sé stessa, la variazione libera, la variazione come “rumore”, ma una variazione che
ha un valore sistematico a un qualche livello. Ovviamente c’è una differenza tra ciò che considerano
sistematico i sociolinguisti e quello che invece è rilevante per i linguisti generali.
• Questa differente considerazione, questa bipartizione, è legata al dato che analizzano gli uni e gli
altri.
Risposta: “Il dato per i sociolinguisti è l’uso vivo, mentre per i linguisti generali è la competenza
ideale”. La competenza ideale studiata attraverso l’introspezione, quindi a differenza dei linguisti
generali, i variazionisti utilizzano dati ottenuti mediante l’osservazione diretta dei comportamenti, e

2
Per linguistica generale ci riferiamo al generativismo principalmente per una questione storica, perché la SL si
sviluppa in America negli anni 70 in una fase in cui il filone predominante della linguistica generale era il
generativismo; quindi, inevitabilmente a cominciare da Labov si crea questa dialettica rispetto alla linguistica
generativista. Labov fa continuamente riferimento al generativismo, in maniera critica da un certo punto di vista, però
poi si appropria di alcuni strumenti anche in maniera marcata, e infatti verrà anche criticato: per esempio Suzanne
Romaine ha scritto un articolo molto bello nel 1984 in cui critica il fatto che Labov in fondo è molto più condizionato
dal generativismo (es: l’elaborazione del concetto di variabile sociolinguistica e di regole variabili in realtà partono da
un confronto con un riferimento alle regole categoriche del generativismo: anche da un punto di vista descrittivo utilizza
gli strumenti del generativismo)
38
non l’osservazione di dati ottenuti mediante l’introspezione (introspezione da parte del linguista
stesso: l’intuizione del parlante nativo ideale, ovvero la competenza propria del linguista).
Questa differenza ci consente quindi di dire che lo studio sociolinguistico si basa su dati empirici
raccolti attraverso l’osservazione. Qui sottolineiamo però che non necessariamente deve essere il
parlato perché anche lo scritto presenta variazioni: l’importante è che si tratti di dati empirici
raccolti attraverso l’osservazione: i “comportamenti”, quindi dati di esecuzione, l’uso attuale del
linguaggio.
Il Sociolinguista utilizza anche dati per certi versi introspettivi; a lui interessa cosa pensa il parlante
relativamente allo “status sociale”. Ai SL interessa individuare il pattern della variazione del
fenomeno linguistico per capire le dinamiche del cambiamento linguistico, quindi gli atteggiamenti,
le opinioni, le risposte soggettive dei parlanti, sono utilissimi per ricostruire l’ideologia linguistica:
l’ideologia linguistica ha inevitabilmente una ricaduta sui fenomeni di cambiamento, o può averla.
Capire come una variante è recepita, percepita, all’interno di una comunità (a prescindere da come
viene usata), ci dice una serie di cose o ci dà una serie di indizi su: quali possono essere le varianti
di prestigio, quali possono essere le dinamiche del cambiamento3.
Ricapitolando, i sociolinguisti usano dati di esecuzione ma anche dati percettivi che sono utili
a ricostruire le ideologie linguistiche.
SL NEL PANORAMA AMERICANO DI STUDI LINGUISTICI
IL DISTRIBUZIONALISMO
• Gli aspetti comuni degli studi sociolinguistici si pongono in continuità, o in frattura di
continuità, con la tradizione americana degli studi linguistici precedenti
• Da un punto di vista metodologico la SL si pone in continuità con la tradizione descrittiva
americana risalente al distribuzionalismo di Bloomfield:
– l’attribuzione alla linguistica dello status di disciplina scientifica era stata associata
allo sviluppo di metodi di descrizione rigorosa delle varietà native americane
(Gumperz 1982)
«American linguists strove to obtain objectivity by developing accountable procedures for
inductevely deriving linguistic generalizations from observable data (Milroy ,Gordon 2003: 9)
Gumperz osserva che mentre in Europa i linguisti lavoravano nel chiuso dei loro studi in America si
faceva lavoro sul campo.
In merito al primo punto, il primo capitolo del libro di Milroy e Gordon dà per scontate le cose di
cui abbiamo parlato finora: lo statuto della materia, la relazione con il generativismo, ecc.
La collocazione all’interno degli studi sociolinguistici americani evidenzia aspetti di rottura col
generativismo, ma anche una serie di aspetti di continuità, ad esempio col distribuzionalismo: con
Bloomfield si apre un nuovo orizzonte della linguistica con un approccio che si basa sul concetto di
distribuzione, ovvero l’insieme di contesti di occorrenza di un determinato elemento4.

3
Esempio del case study di Marta’s Vineyard e di una intervista in particolare ad una madre che aveva notato che il
figlio aveva iniziato a preferire una variante piuttosto di un’altra in concomitanza con l’adozione di una specifica serie
di scelte di vita fatte dal parlante.
4
Esempio per capire il criterio formale di distribuzione: quando vogliamo definire il concetto di soggetto nell’ottica
della grammatica tradizionale lo descriviamo come “colui che compie l’azione”, utilizzando quindi un criterio
39
In realtà a elaborare il concetto di distribuzione sono non a caso i linguisti generali americani, come
Bloomfield, che lavoravano sul corpus di dati delle varietà amerindiane, varietà completamente
ignote: il linguista non poteva fare affidamento sulla semantica (spesso erano lingue con
caratteristiche tipologiche molto diverse da quelle cui il linguista generale era abituato), per cui
doveva fare affidamento a criteri di tipo distribuzionali. Che cos’è l’articolo? Pensiamo alle
categorie grammaticali: come facciamo a distinguere l’articolo? “L’articolo è quell’elemento che
precede il nome”. Da questo punto di vista il distribuzionalismo insiste molto sul concetto di
accountability, “affidabilità”. L’attribuzione alla linguistica dello statuto di disciplina scientifica era
stata associata allo sviluppo di strumenti di misurazione rigorosa delle varietà native americane.
Milroy e Gordon fanno spesso riferimento e riportano queste procedure basate sull’accountability
(l’affidabilità del dato sarà un assillo costante del sociolinguista). Dicono: i linguisti americani
combattono per raggiungere l’oggettività sviluppando procedure affidabili che derivano da un
approccio induttivo grazie a generalizzazioni linguistiche che emergono dall’analisi di dati concreti.
Quindi la sociolinguistica si pone in continuità con un certo tipo di linguistica generale ma rispetto
al generativismo è invece in frattura perché su certe cose il generativismo aveva presto strade
diverse.
GENERATIVISMO
• Rispetto alla tradizione descrittiva americana, il generativismo (Chomsky) aveva tuttavia
intrapreso una strada diversa:
– nessun corpus di dati per quanto grande può servire in maniera utile come base per
generalizzazioni linguistiche, tutti i corpora non sono altro che una collezione
parziale e casuale di enunciati
– sostituzione del metodo induttivo con quello ipotetico-deduttivo (dall’osservazione
all’introspezione) e presa di distanze dal principio di affidabilità, accountability
– i dati linguistici oggetto della teoria linguistica sono le intuizioni, i giudizi dei
parlanti nativi
GENERATIVISMO VS SOCIOLINGUISTICA
• Studio della lingua in rapporto al pensiero vs studio della lingua in rapporto alla società
• Lingua come forma vs lingua come funzione
• L’intuizione del parlante vs atti linguistici
– Il ruolo dell’intuizione/giudizio del parlante nativo
– Generativismo: il giudizio del parlante riflette i ‘fatti’ della struttura linguistica
– Sociolinguistica: il giudizio del parlante riflette le attitudini e gli stereotipi dei
parlanti nei confronti dei ‘fatti’ linguistici
• Competenza linguistica vs competenza comunicativa
• Comunità omogenea vs comunità linguistica

semantico, che funziona bene in alcuni casi, come nell’esempio: “Mario picchia Lucia”. Ma se dico “a Paolo piacciono i
fiori”, il criterio definitorio basato sulla semantica funziona meno bene. Qual è invece la definizione di soggetto in
ottica formale? È l’elemento della frase che concorda con il verbo. Utilizzando criteri formali possiamo definire
qualsiasi concetto facendo riferimento al contesto di occorrenza.
40
Un concetto base all’interno della linguistica generale è quello della competenza linguistica: il
generativista vuole descrivere la competenza linguistica del parlante ideale. Al concetto di
competenza linguistica si oppone quello di competenza comunicativa. Allo stesso modo, al concetto
di comunità omogenea (che è la comunità a cui appartiene il parlante ideale di cui si vuole
descrivere la competenza) quello di comunità linguistica.
Competenza linguistica vs competenza comunicativa
• Competenza linguistica: conoscenza interiorizzata delle regole formali che governano una
lingua, indipendentemente dal contesto, e che permette al parlante di codificare e
decodificare le espressioni della tua lingua, ossia di produrre interpretare messaggi.
– Per produrre e interpretare un messaggio l'utente si avvale di sottocompetenze. La
competenza linguistica è costituita da competenze relative ai diversi livelli della
grammatica:
• competenza fonologica
• competenza morfologica
• competenza sintattica
• competenza semantico lessicale
In opposizione al concetto di competenza linguistica astratta del parlante nativo ideale postulata da
Chomsky, negli anni ’70 il sociolinguista Hymes elabora il concetto di competenza comunicativa.
Quindi la competenza comunicativa è la capacità di mettere in pratica lo strumento linguistico: è
tutto ciò che ha a che vedere con il sapere come e quando usare la lingua.
COMPETENZA LINGUISTICA VS COMPETENZA COMUNICATIVA
• Competenza comunicativa: la capacità di mettere in pratica lo strumento linguistico
sapendo quando e come, in generale, usare la lingua.
– È «la competenza riguardo a quando parlare e quando tacere, riguardo a che cosa
dire, a chi, quando, dove, e in quale modo», che ogni bambino acquisisce,
interiorizzando «la conoscenza delle frasi non soltanto in quanto grammaticali, ma
anche in quanto appropriate» (Hymes 1979: 223).
– Implica «la conoscenza delle norme vigenti in una comunità sociale, la conoscenza
dei valori simbolici e sociali dei comportamenti linguistici, la padronanza di tutto ciò
che attiene alla pragmatica (vale a dire l'utilizzazione degli elementi della lingua in
un contesto), il saper gestire l'andamento di un’interazione verbale, il saper passare
da una varietà ad un'altra col variare degli elementi della situazione, il saper
utilizzare in concomitanza con il linguaggio verbale altri sistemi di comunicazione (i
valori semantici e pragmatici della prosodia, gli elementi cosiddetti paralinguistici,
movimenti, posture atteggiamenti del corpo, gesti) (Berruto Cerruti 2015:174-75).
COMPETENZA COMUNICATIVA:
• Anche la competenza comunicativa è costituita da una serie di sotto competenze:
– competenza paralinguistica, competenza cinesica, competenza prossemica,
competenza performativa, competenza pragmatica, socioculturale
41
– Rapporto tra competenza comunicativa e competenza linguistica
– Per molti autori la competenza linguistica è uno dei componenti della più generale
sfaccettata competenza comunicativa
– Per altri la competenza comunicativa, come capacità generale di usare la lingua in
situazione, si oppone alla competenza linguistica meramente intesa come capacità di
produrre enunciati ben formati da un punto di vista grammaticale che costituisce un
concetto da rifiutare in quanto troppo astratto e irrealistico (tranne quando si fanno
considerazioni metalinguistiche in contesti particolari, la lingua viene sempre
utilizzata in un contesto e ha tutta una serie di valenze che se la consideriamo solo
dal punto di vista linguistico ci perdiamo una serie di altre informazioni).
– La competenza comunicativa nel suo complesso si acquisisce soltanto con la
partecipazione diretta e continua alla vita sociale di una comunità
• Padroneggiare la competenza comunicativa è un ostacolo assai rilevante nell'acquisizione
delle lingue seconde.
• In definitiva…la competenza comunicativa è un'abilità molto complessa che costituisce
dunque, per il parlante, la sutura tra lingua e situazione.

In sintesi
«[…] comprendere il linguaggio non è una questione di comprendere frasi, ma di capire azioni,
espressioni verbali, che sono interpretate costruttivamente in relazione ai contesti specifici. Ciò
implica vedere un’azione verbale sullo sfondo di chi l'ha detta, dove e quando, cosa è stato
realizzato nel pronunciarlo e alla luce di quali considerazioni e in virtù di quali motivi è stata
detta. Un’espressione verbale è quindi il punto di partenza per un complesso processo di inferenze
interpretative piuttosto che qualcosa che può essere trattato come intelligibile in modo autonomo»
Heritage 1984: 139.
• Un atto linguistico, oltre che il semplice significato letterale delle parole, veicola una
quantità enorme di informazione non linguistica
• Il linguaggio è usato dagli uomini sia per trasmettere informazioni, sia per produrre
informazioni su sé stessi, sui propri gruppi di riferimento, sulle proprie relazioni sociali, e su
come si valuta l'evento linguistico nel quale si è impegnati
• L’individuo usa il linguaggio per collocarsi nella trama dei rapporti di una società per
esprimere l’affiliazione ad un gruppo all’interno di una comunità linguistica
• Ogni individuo crea egli stesso i modelli del proprio comportamento linguistico in maniera
tale da somigliare ai membri del gruppo col quale intende essere identificato e da
diversificarsi da quei gruppi che sente come distinti e rispetto ai quali quindi vuole
affermare l'alterità.

42
LA COMUNITÀ LINGUISTICA
• Una comunità linguistica è una comunità sociale che condivide una serie di caratteristiche
linguistiche
– si considerano membri di una stessa comunità linguistica tutti coloro che hanno in
comune e parlano una stessa lingua materna entro i confini di un paese
– Le concezioni di comunità linguistiche sono diverse e variano in base ai parametri
considerati
Labov:
costituiscono una comunità linguistica i parlanti che condividono una serie di atteggiamenti sociali
nei confronti della lingua gli atteggiamenti linguistici sono più stabili e meno diversificati più
omogenei dei comportamenti linguistici. In altre parole, una comunità linguistica è caratterizzata
dalla partecipazione a un insieme di norme condivise che si manifestano in tipi di comportamenti
valutativi nei confronti della lingua e in schemi di variazione uniformi comuni ai parlanti.
Hymes:
una comunità linguistica è tale in quanto condivide regole per produrre e interpretare il parlare.
Milroy (Romaine):
comunità linguistica è una somma di gruppi di persone che hanno contatto comunicativo tra loro.
Di fatto siamo giunti a una definizione di comunità linguistica che quasi coincide con i gruppi
sociali, con le reti (a Milroy si deve la definizione di rete sociale). Per concludere con Berruto e
Cerruti:
• « Una comunità linguistica è un insieme di persone, di estensione indeterminata, che
condividano un qualche grado di padronanza e di esposizione a uno stesso insieme di varietà
di lingua è che siano unite da qualche forma di aggregazione sociopolitica. La nozione si
può applicare a insiemi di individui di differente numerosità, estensione e complessità (da un
piccolo comune di montagna, a una metropoli a una regione a un paese/nazione)» Berruto,
Cerruti 2015: 11.
• In sintesi, si individuano due famiglie di criteri definitori de concetto di comunità in base a
parametri diversi:
• criteri oggettivi: entità socio-geografica, lingua (più frequenti fra i linguisti)
• criteri soggettivi: atteggiamenti, sentimenti di appartenenza e di auto identificazione(
più frequenti fra socio-antropologi)
• Con le concezioni che chiamano in gioco un certo grado di
autoconsapevolezza sociopsicologica, l'identificazione di una comunità
linguistica è il risultato della stessa analisi sociolinguistica, cosa sia una CL si
può stabilire solo a posteriori, non è un concetto primitivo preliminare
all'analisi sociolinguistica.
Romaine (1982: 235): The connection between linguistic and social factors in a particular speech
community is a matter for investigation and can be taken as given.

43
La definizione di CL è il risultato dell’indagine sociolinguistica.
• Quello di comunità linguistica è un concetto indispensabile, ma complesso (Burke: 2006)
È indispensabile:
– I comportamenti e gli atteggiamenti linguistici di un singolo individuo sono
comprensibili solo all'interno del sistema di norme della collettività cui egli fa
riferimento. Ogni parlante è inserito in una serie di relazioni sociali e di norme che,
in gran parte, determinano il senso delle sue azioni.
Saussure: «Il linguaggio in ogni momento è una faccenda di tutti»
Ma è anche complesso:
– Leggere i nostri e gli altrui comportamenti linguistici all'interno di quelli di una
collettività è necessario, ma non è semplice.
Esempio dell’interazione con gli stranieri che parlano italiano: quando incontriamo un italiano
riusciamo a decifrare una serie di informazioni dai comportamenti comunicativi, lo collochiamo
immediatamente in una rete di relazioni sociali, e dunque abbiamo una serie di punti di riferimento
che perdiamo immediatamente quando interagiamo con uno straniero.
• La discussione sul concetto di comunità linguistica apre una doppia serie di interrogativi:
1. La comunità linguistica va considerata come omogenea o eterogenea?
– Come inquadrare la dialettica, nelle pratiche linguistiche reali, fra ‘avere qualcosa in
comune’ ed essere nello stesso tempo ‘diversi’?
2. Il piano su cui fondare la nozione di comunità è quello dei rapporti sociali, o quello dei
rapporti linguistici, o di entrambi?
– Se comunità linguistica significa avere qualcosa in comune, questo qualcosa si situa
sul piano delle caratteristiche linguistiche o sociali?
COMUNITA’, VARIAZIONE E IDENTITA’:
• La comunità è l'unità sociale a cui deve essere ricondotto l'intero comporsi e ricomporsi del
linguaggio e dove si costruisce il significato sociale della variazione.
– La variazione linguistica assume una forma diversa dal "fluttuare senza scopo delle
onde del mare" (Sapir) per diventare un contrassegno, una marca di riconoscimento
sociale, all'interno dei gruppi dove si organizza la vita degli individui (la famiglia, la
scuola, il gruppo dei pari, le comunità lavorative, fino a comunità più vaste come una
città intera, una regione eccetera)
• Tali marche vengono utilizzate, consapevolmente o no, per identificare i nostri interlocutori
e posizionarli in una qualche categoria sociale e, nello stesso tempo, costituiscono lo spazio
delle possibilità linguistiche all'interno del quale il parlante fa delle scelte al fine di collocare
se stesso.
• I processi di interazione verbale si fondano costantemente su un complesso gioco
interpretativo e di negoziazione in cui elemento centrale è l'identità dei partecipanti.

44
La variazione viene utilizzata per identificarsi con un gruppo, per distinguersi da un altro, per
sottolineare la propria lealtà, affiliazione.
Esempio di accommodation theory (Howard Giles): quando interagiamo con qualcuno imitiamo
la persona con la quale stiamo interagendo a seconda se ci piace/non ci piace, ecc., e tendiamo ad
acquisire una serie di comportamenti linguistici in senso ampio: è come se mettessimo in atto un
processo di negoziazione della nostra identità, come se stessimo avvicinandoci all’altro. Di fatto il
concetto di identità è molto fluido, pertanto sarebbe meglio parlare di identità (al plurale).
Individuiamo un nucleo solido, il core, rispetto al quale ci sono tutta una serie di atteggiamenti
identitari più fluttuanti che mettiamo in gioco in base a interlocutore, contesto, ecc.
Identità
• La nozione di identità, come quella di comunità, è una nozione complessa e, per certi versi,
oltre che indispensabile, anche pericolosa.
• Pericolosa….
– Sulla pericolosità basti pensare a quante volte in nome dell’identità si è giunti a
giustificare anche la pulizia etnica «l’identità può anche uccidere, e uccidere con
trasporto [… ] Un sentimento di identità con un gruppo di persone può essere
trasformato in un'arma potentissima per esercitare violenza su un altro gruppo. »
(Premio Nobel Amartya Sen) [come esempio di questione identitaria pericolosa la
guerra nel Rwanda che ha portato al genocidio dei Tutsi a opera degli Usti, questione
identitaria nata in contesto colonialista in cui i colonizzatori hanno potenziato
un’etnia a discapito dell’altra generando conflitti].
– L’identità è un concetto spesso considerato fonte di diversità, disuguaglianza,
discriminazione verso il diverso e l'altro.
• Necessità di distinguere i piani:
• l'identità psicosociale è un ingrediente fondamentale della personalità degli
individui e del loro vivere e agire sociale, quello che deve essere criticato è
l'uso ideologico che si fa e si può fare dell'identità.
• Ma è anche indispensabile:
– il concetto di identità, per quanto molto dibattuto in antropologia culturale, rimane
centrale in sociolinguistica.
• In definitiva l'identità non è un attributo, un elemento posseduto dall'individuo, bensì il
risultato di un processo di negoziazione, sia in termini individuali che collettivi.
• In quest’ottica la nozione di identità non può essere declinata al plurale : non l'identità
dell'individuo, ma le identità dell’individuo.
• Lo studio della variazione linguistica pone in primo piano la natura complessa e dinamica
dell'appartenenza, o meglio delle appartenenze.
• Gli individui fanno parte infatti di più comunità (religiose, lavorative, ricreative, eccetera) e,
all'interno di ognuno di esse, posizionano se stessi e gli altri in un processo continuo di
inclusione di esclusione.

45
Essi utilizzano la lingua come sistema di norme di riconoscimento e quindi come veicolo e
strumento di identificazione degli altri membri della comunità ma nello stesso tempo compiono,
attraverso la lingua, degli atti d'identità.
“Every person exploits different layers of identities, forming more or less intricate and encased
networks, some parts of which are loose and prone to frequent change and replacement, others
being more or less permanent throughout the life span and across social and cultural space. We are
identified, and identify ourselves, within the large space of the society of our time, within the
different groups – institutional, professional, friends, etc. – we belong to, within the surroundings of
our home, our office, our car, our out-of-door outfits, our in-door outfits, etc.” ((Le Page, Tabouret
1985: 181).
• Ogni parlante crea i sistemi del suo comportamento verbale in modo tale che somiglino a
quelli del gruppo o dei gruppi con i quali di volta in volta potrà voler essere identificato (Le
Page, Tabouret 1985: 181).
• Ed è su questo continuo processo di riconoscere e di riconoscersi che si fonda in definitiva
l'esistenza stessa di una comunità linguistica.
• La possibilità di scegliere fra identità alternative o combinazioni d'identità è strettamente
legata alla capacità di utilizzo di una pluralità di risorse semiotiche e linguistiche.
• Es. la situazione italiana e il rapporto fra italiano e dialetti
A Tabouret e Le Page è stato affidato il compito di compilare la voce “identità” su una enciclopedia
di sociolinguistica. “Ogni persona sfrutta diversi livelli di identità, formando reti più o meno
intricate e racchiuse, alcune parti delle quali sono deboli e inclini a frequenti cambi e sostituzioni,
altre restano più o meno stabili nell’arco della vita e attraverso lo spazio sociale e culturale. Siamo
identificati e ci identifichiamo all’interno dell’ampio spazio della società del nostro tempo,
all’interno dei diversi diversi gruppi – istituzionali, professionali, amicali, ecc – a cui
apparteniamo, all’interno degli ambienti della nostra casa, del nostro ufficio, della nostra auto, dei
nostri outfit, ecc”.
• La situazione italiana e il rapporto fra italiano e dialetti:
– I parlanti costruiscono l'insieme polimorfo delle loro identità di individui servendosi
delle risorse offerte dal repertorio linguistico della comunità, o meglio delle
comunità in cui vivono e dal materiale variazionale che hanno a disposizione.
– La ricchezza e la varietà del repertorio linguistico dell'Italia contemporanea mette a
disposizione dei singoli parlanti e delle comunità una grande quantità di strumenti. Il
parlante si muove all'interno di più codici e di più varietà di una lingua e così
facendo utilizza lo spazio linguistico come spazio delle possibilità attraverso cui
costruire un sistema di coordinate, di vettori identitari.

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SOCIOLINGUISTICA VARIAZIONISTICA:
Due nozioni centrali all’interno del paradigma di studi sociolinguistici:
1) L’eterogeneità ordinata
2) Il cambiamento perpetuo delle lingue
Sulla eterogeneità ordinata ci siamo fermati abbastanza, ci concentriamo su questo secondo
principio: il cambiamento perpetuo delle lingue.
Le lingue cambiano costantemente, sono flussi dinamici e si può dire che l'analisi della variazione
punta proprio a contestualizzare i fatti linguistici, cioè ad individuare qual è la loro l'origine, come
si manifestano, dove vanno, come e perché; quindi, il rapporto tra variazione e cambiamento è
strettissimo. Ciò nonostante, variazione non è sinonimo di cambiamento, che cosa significa che
variazione non è sinonimo di cambiamento?
La variazione è un fenomeno “sincronico”, mentre il mutamento è un fatto “diacronico”.
• Variazione non è sinonimo di mutamento:
– con variazione si indica la proprietà delle lingue di presentarsi in forme diverse nei
comportamenti dei parlanti
– con mutamento si intende il carattere delle lingue di subire cambiamenti col
trascorrere del tempo
• La variazione è un fatto tipicamente sincronico, il mutamento è per definizione un fatto
diacronico.
• Variazione e mutamento sono tuttavia in stretto rapporto fra di loro:
– i fenomeni di mutamento sono normalmente alimentati dai fenomeni di variazione.
• I fenomeni di variazione osservabili in sincronia sono il risultato di cambiamenti avvenuti e
possono rappresentare cambiamenti in corso e perciò prefigurare in diacronia sviluppi futuri
del sistema linguistico.
• Le lingue sono in costante movimento, ma i cambiamenti prodotti da tale movimento
diventano evidenti solo quando si attuano completamente, ovvero dopo un certo lasso di
tempo, generalmente più di una generazione.
Variazione e mutamento sono comunque in strettissimo rapporto perché i fenomeni di mutamento
sono alimentati da quelli di variazione; infatti, noi abbiamo detto che per comprendere il
cambiamento i sociolinguistici si concentrano sullo studio della variazione e la finalità degli studi di
variazione è proprio quella di carcare di capire come funziona il cambiamento.
Il cambiamento è generato da fenomeni di variazione e quindi i fenomeni di variazione avranno una
proiezione possibile nel futuro delle lingue, ma d'altronde i fenomeni di variazione in sincronia che
noi osserviamo presentano per certi versi una stratificazione diacronica, cioè spesso i fenomeni di
variazione sono il risultato di cambiamenti avvenuti in passato oppure possono rappresentare
cambiamenti in corso e quindi prefigurare in diacronia sviluppi futuri del sistema. E’ chiaro che le
lingue sono in costante movimento ma i cambiamenti prodotti da tale movimento diventano
evidenti quando si attuano completamente, cioè dopo un certo lasso di tempo.

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Come avviene il cambiamento?
• Purché si abbia un effettivo mutamento linguistico, occorre che una nuova forma struttura si
diffonda e sia accettata da una comunità parlante, attraverso un itinerario che:
– I fase: introduzione di una forma nuova nella produzione linguistica di un parlante
– II fase: la forma si diffonde nell’uso linguistico di quel parlante e diventa
un'innovazione nel suo comportamento linguistico
– III fase: estensione della forma nel comportamento linguistico di altri parlanti
– IV fase: adozione generalizzata di tale forma nella norma condivisa. È tale
adozione che sancisce il mutamento.
• La fase due e tre, in cui si verifica una competizione tra la forma nuova e la forma vecchia,
sono caratterizzate da una considerevole ammontare di variazione.
Nella prima fase vediamo che una forma si introduce nella produzione linguistica di un parlante, in
realtà questo è un fenomeno che si può verificare per diverse ragioni ad esempio un contatto, con
contatto noi ci riferiamo a tutti i fenomeni che possono riguardare fonetica, sintassi, morfologia,
lessico, ecc..; oppure da un punto di vista lessicale l’insorgere di un nuovo concetto, di una nuova
cosa, ad esempio come è successo con il fenomeno COVID che sono stati introdotti nuovo termini
(fenomeni socio-culturali); oppure in fonetica attraverso fatti più strutturali, ad esempio con
fenomeni generali dovuti a semplificazione di tipo fonetico. In realtà, spesso un fenomeno di
variazione può anche essere realizzato inizialmente per un caso, se pensiamo a fenomeni di armonia
vocalica ci sono dietro meccanismi di tipo biologico, cioè che hanno a che vedere con la meccanica
della produzione del suono, che si verificano per caso e poi si ripetono: quindi dalla prima fase in
cui un parlante realizza un fenomeno nella sua produzione linguistica, si passa ad una seconda fase,
per cui dall’uso sporadico nella produzione linguistica di quel parlante si diffonde, ad una terza fase
in cui questo fenomeno si estende nel comportamento linguistico di altri parlanti.
Quale può essere il meccanismo che lo fa diffondere? Ad esempio, l’Accommodation theory, tutti
quei fenomeni di imitazione: il parlante 1, che inizialmente ha prodotto una forma sporadicamente e
che poi ha cominciato a riprodurla in maniera più sistematica, per qualche ragione può influenzare
la produzione linguistica dei suoi interlocutori. Nella quarta fase abbiamo questa forma
generalizzata della norma condivisa.
Quali sono le fasi in cui c'è maggiore variazione? Ovviamente le fasi 2 e 3 che in realtà sono quelle
che presentano una maggiore quantità di variazione; perché le due forme sono in competizione, nel
momento in cui l’una vince sull'altra la variazione si va riducendo. Succede, però, che non è sempre
così: che una forma vince sull'altra; in realtà ci sono casi in cui la competizione dura e perdura,
Entrano in gioco una serie di aspetti che hanno a che vedere con fatti spesso storici, sociali, ecc... Il
cambiamento linguistico riflette bene la complessità di fattori che interagiscono, poiché la
linguistica ha uno statuto ambiguo perché una serie di fatti della lingua hanno a che vedere come la
coarticolazione, ci sono tutta una serie di aspetti che hanno a che vedere con aspetti più naturali,
biologici, ecc. Ma poi, ce ne sono altri che invece hanno a che vedere con l’individuo, quindi la
storia e i fatti sociali. Quindi la fase 2 e 3 in cui si verificano una competizione tra la forma nuova e
la forma vecchia sono caratterizzate da un considerevole ammontare di variazione.

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• Nelle variabili sociolinguistiche i fenomeni di mutamento consistono nella sostituzione di
una variante con un'altra variante
• Tale processo attraversa una fase di coesistenza tra le varianti nelle quali queste mostrano
una distribuzione determinata da fattori sociali (ad esempio stratificazione sociale,
opposizione formalità informalità, prestigio, età).
• I fenomeni di variazione linguistica non prefigurano necessariamente fenomeni di
mutamento linguistico.
• La variabile (-ing) dell'inglese ad esempio che ha come variante standard [n] e come
variante substandard [ŋ] vede da secoli la coesistenza stabile nel tempo di queste due
varianti (l'alternanza c'era già in inglese antico dove però corrispondeva a due
suffissi differenti). E’ la realizzazione della nasale dell'inglese come variante
standard, cioè quindi come nasale alveolare oppure come variante substandard
velare, perché precede una velare che vede da secoli la coesistenza di queste due
varianti, l'alternanza c'era già in inglese antico dove però corrispondeva due suffissi
differenti e adesso persistono.
INDAGINI IN TEMPO RALE E IN TEMPO APPARENTE
Per capire se un fenomeno di variazione dell’oggi in realtà rispecchia/riflette un cambiamento, qual
è la strategia per rendermene conto? Andiamo a cercare una documentazione storica, delle
attestazioni precedenti.
Invece, per capire se un fenomeno di variazione dell’oggi domani prevarrà sull’altra? Una strategia
è quella di farmi un’analisi oggi, raccolgo le informazioni e tra dieci anni ritorno nello stesso punto
e vedo cosa è successo: questo tipo di indagine è definita INDAGINE IN TEMPO REALE;
l’alternativa sarebbe quella di ambito delle INDAGINI IN TEMPO APPARENTE, cioè andiamo
a guardare qual è la distribuzione di un fenomeno all’interno di una comunità confrontando le
generazioni più anziane con quelle più giovani, l’assunto sarebbe che le persone parlino sempre allo
stesso modo nell’arco della propria vita: gli anziani parlano in una forma arcaica e la mantengono, i
giovani parlano in un modo più moderno.
• I processi di mutamento e le dinamiche che li caratterizzano sono indagabili ??
– Sì?? E come??
• osservandone il reale sviluppo temporale, il che comporta problemi evidenti
dato che un mutamento si attua nell'arco di più generazioni (tempo reale)
• esplorando in sincronia l'esistenza di differenze generazionali rispetto a un
dato fenomeno di variazione (tempo apparente)
– In questo caso si assume che i comportamenti linguistici delle
generazioni più anziane siano rappresentativi di fase anteriori di un
processo in corso; l'esistenza di differenze generazionali può essere
poi correlata all'azione di determinate forze sociali (Labov 1963 a
Martha’s Vineyard)
Il caso di Labov a Martha’s Vineyard rientra in questo, cioè è un'analisi in tempo apparente perché
in realtà Labov, appunto, da una parte sceglie parlanti appartenenti a fasce generazionali diverse
dall'altra, si rende conto che ci sono altre variabili che giocano un ruolo in quella dinamica di
49
cambiamento, incrocia la variabile di età con la variabile etnica perché Martha’s Vineyard presenta
una composizione etnica composita con la variabile sociale, perché si rende conto che
l'appartenenza a una determinata classe sociale gioca in un ruolo, peraltro c'è un'altra cosa da tenere
presente: in realtà i due modelli non necessariamente si escludono perché spesso un sociolinguista,
ed è quello che fa Labov su Martha’s Vineyard si concentra sul fenomeno di centralizzazione della
primo elemento vocalico dei due dittonghi AI IE AU che diventano O I AI invece di essere AI.
In realtà Martha’s Vineyard presenta diversi fenomeni di variazione interessanti e per scegliere il
fenomeno di variazione su cui concentrarsi, Labov, guarda da una parte la dinamica di variazione in
sincronia, cioè appunto si pone il problema di capire se effettivamente la variabile della
realizzazione del primo elemento vocalico di questi dittonghi funziona bene come variabile
sociolinguistica e quindi, individua una serie di caratteristiche che sono secondo lui definitorie,
diciamo che sono determinanti per capire se ci troviamo di fronte a una variabile o meno.
Quali possono essere queste caratteristiche in sincronia? Che caratteristica deve avere una variabile
perché possa essere considerato una variabile ed essere quindi studiato? Deve avere una certa
stratificazione all’interno di una comunità; deve essere banalmente cosa frequente. Effettivamente
deve veicolare un significato da un punto di vista simbolico; anche vedere con aspetti più strutturali
cioè per capire che le due varianti siano variabili di una stessa variabile noi dobbiamo assicurarci
che siano realizzazioni di uno stesso elemento linguistico, di uno stesso punto del sistema, per dire i
due dittonghi con la A meno centralizzata più centralizzata devono rappresentare una scelta
all'interno degli stessi contesti, devono essere alternative, modi di dire la stessa cosa riguardare lo
stesso punto del sistema.
Di fatto però quindi Labov da una parte si preoccupa di andare a verificare in sincronia che tutti
questi requisiti siano rispettati, dall'altra però che cosa fa? Un aspetto che a lui sembra
particolarmente rilevante proprio relativamente alla varietà parlata a Martha’s Vineyard interessante
è che in realtà Martha’s Vineyard era uno dei punti dell’Atlante linguistico, quindi, di Martha’s
Vineyard ci sono attestazioni documentate di fasi precedenti di lingua, da questo punto di vista in
realtà non è detto che la proiezione in tempo reale oltre che quella in tempo apparente si completa,
non sono due modelli completamente diversi.
Nell’impostazione Laboviana, Labov distingue quelli che lui definisce Changes from Below e
Changes from Above; “Cambiamenti dal Basso” e “Cambiamento dall'Alto”.
• Nell'impostazione laboviana, è tradizionale la distinzione fra mutamenti dal basso (changes
from below) e mutamenti dall'alto (changes from above).
– I primi hanno origine tipicamente nei gradini bassi della scala sociale e nel parlato
spontaneo non accurato e riguardano fatti di variazione di cui, almeno nelle prime
fasi del processo, non c'è consapevolezza sociale (below va inteso come below social
awereness).
• Un esempio di mutamento dal basso: la sostituzione di una variante costosa
dal punto di vista cognitivo con una variante substandard più naturale
(semplificazione di nessi consonantici es. [wini] per windy, oppure
regolarizzazione di paradigmi [I knowed] invece di I knew.
– I secondi sono generalmente introdotti dalle classi sociali dominanti e interessano
fatti di variazione di cui esiste consapevolezza sociale (above sta anche per above

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social awereness), più in particolare toccano tratti linguistici che godono di prestigio
in una certa comunità.
• Un esempio di mutamento dall'alto: la diffusione della variante di prestigio
della variabile (r) nell'inglese di New York.
Nel momento in cui un parlante sceglie di realizzare un fenomeno di prestigio lo fa con maggiore
consapevolezza, questo è il principio che c’è di fondo implicito in questo dualismo.
Ma non è sempre così, perché se pensiamo allo studio della Eckert in cui individua all’interno della
comunità scolastica due gruppi di ragazzi, i quali non necessariamente (in realtà presentano una
caratterizzazione sociale in qualche modo) riflettono l’appartenenza dei ragazzi all’una o all’altra
collocazione sociale delle famiglie di appartenenza. Lo studio della Eckert problematizza l’idea,
perché il fatto che i ragazzi imitano, magari i figli di professionisti scelgono le varianti standard e i
figli di operai tendono eventualmente a cambiare scegliendo varianti standard della classe alta noi
rientriamo in questo schema di Labov; scelgono una variante a prescindere dal fatto se capisco
bene, se è una variante di prestigio o meno, ma la scelgono perché è la variante selezionata dai pari,
quindi in questo senso potremmo dire che il prestigio inteso in questo modo non necessariamente,
(questa è una delle critiche di osservazione che sarà fatta a Labov, ma che in realtà non è una critica
a Labov nel senso che Labov aveva non interpretato bene le dinamiche di cambiamento, ancora una
volta è la prova del fatto che il modello di cambiamento che funziona per una comunità linguistica
come quella di N.Y. per esempio, che stava studiando Labov, non è detto che funzioni per un’altra
comunità linguistica dove magari entrano in gioco altre dinamiche) una variante prestigiosa non
necessariamente deve coincidere con la variante standard e la variante selezionata dai parlanti per
classe. Il concetto di prestigio è relativo, quello che è prestigioso per me non è detto che lo sia per
te, allo stesso modo lo standard non è detto che sia quello a cui vogliamo necessariamente tendere.
Uno degli aspetti importanti del manuale di Milroy e Gordon è che problematizza tutta una serie di
questioni e presenta tantissimi esempi e stadi che danno l’idea di come le cose siano complesse.
Bisogna utilizzare categorie locali, andare a capire che cosa funziona per la società linguistica che
stiamo analizzano, fermo restando che come abbiamo già detto anche definire una società
linguistica non è facile. In quest’ottica un processo di mutamento linguistico si dice che segue una
curva sigmoidale ad S, cioè guardate nelle prime fasi la frequenza d'uso di una variante innovativa
conosce un aumento graduale quasi impercettibile (piano piano), poi c'è un picco cresce
rapidamente, raggiunge una massa critica e poi tende a calare lentamente, questo è un modello che è
stato verificato in una serie di casi come tutti i modelli.
• Un processo di mutamento linguistico segue tendenzialmente una curva sigmoidale ad ∫
– Nella prime fasi, la frequenza d'uso di una variante innovativa conosce un aumento
graduale, quasi impercettibile, poi inizia a crescere rapidamente nel momento in cui
raggiunge una sorta di massa critica, successivamente tende poi a calare lentamente
nelle ultime fasi.
• Adottata inizialmente per spiegare processi di mutamento fonetico, la curva ad esse
rappresenta oggi un andamento di riferimento per processi di mutamento a qualunque livello
di analisi.
• L'andamento ad esse di un mutamento linguistico si può cogliere in certi casi attraverso la
semplice indagine di differenze generazionali in sincronia.

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STUDIARE LA VARIAZIONE NELLA TRADIZIONE LABOVIANA
• Costruzione di un corpus
• Identificazioni di variabili e varianti linguistiche
• Identificazione delle variabili extralinguistiche
• Analisi delle correlazioni tra variabili linguistiche e extralinguistiche (geografiche, sociali e
situazionali)
• Costruzione di strutture sociolinguistiche.
Sulla correlazione delle variabili sappiamo che le variabili possono essere di tipo diatopico,
diastratico e di tipo diafasico. Per quanto riguarda la provenienza geografica dei parlanti possiamo
dire che essa è un fattore extralinguistico che entra spessissimo in correlazione con le varianti e le
variabili. In una situazione come quella italiana ciò avviene spessissimo.
Sulla correlazione tra le variabili
• La provenienza geografica dei parlanti è un fattore extralinguistico che spesso è in
correlazione con varianti di variabili.
• Nella situazione italiana, numerose le variabili sociolinguistiche variano in relazione alla
provenienza geografica dei parlanti.
– Es. (l:) in posizione intervocalica, bella
• [ll], [l] e [ɖ]
– nello standard, in Italia settentrionale e in Italia meridionale estrema,
[bɛlla], [bɛla] [bɛɖɖa]
• Ciascuna di queste varianti può poi correlare anche con tratti extralinguistici di carattere
sociale (per esempio la stratificazione in classi sociali, l'età, il livello distruzione del
parlante) o situazionali (per esempio il grado di formalità e informalità del contesto).
un esempio è quello della laterale posizione intervocalica in area meridionale estrema dove
praticamente nello standard, in Italia settentrionale e in Italia meridionale noi abbiamo una
realizzazione: laterale geminata nello standard [bɛlla]; scempia in Italia settentrionale [bɛla] ; in
Italia meridionale estrema abbiamo la cacuminale [bɛᶁᶁa]. Ciascuna di queste varianti nelle diverse
aree può correlare con varianti di carattere sociale: con l’età, con il livello di istruzione dei parlanti
o anche con il grado di formalità. Spesso le varianti che rappresentano la differenziazione
geografica di una lingua sono in correlazione con la collocazione sociale e con i caratteri del
contesto situazionale.
Sulla correlazione tra le variabili:
• In diverse comunità linguistiche molte variabili sociolinguistiche sono sensibili
contemporaneamente alla variazione sociale e alla variazione situazionale.
– Data una certa variabile, le varianti diffuse presso gli strati sociali più bassi tendono
a occorrere più frequentemente nelle situazioni meno formali e, viceversa, quelle
diffuse presso gli strati sociali più alti nelle situazioni più formali.

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• Questo tipo di variabili, con una distribuzione delle varianti chiamata distribuzione di
prestigio, sono state spesso individuate da Labov nei suoi studi; pertanto, questo tipo di
distribuzione è detta distribuzione laboviana (variabili laboviane)
• Una volta stabilità la distribuzione delle variabili linguistiche ed extra-linguistiche, i lavori
di Labov negli anni 60-70 utilizzano i diagrammi cartesiani per dar conto del
comportamento di una variabile sociolinguistica in un certo corpus.
• Questi diagrammi rappresentano strutture sociolinguistiche che nel loro insieme spiegano e
consentono di rappresentare la ordinata eterogeneità del comportamento dei parlanti (cfr.
Weinreich, Labov, Herzog 1968)
Per descrivere questo tipo di variazione sociolinguistica, Labov utilizza i diagrammi cartesiani.
Questi diagrammi rappresentano graficamente le correlazioni tra variabili linguistiche e variabili
extra-linguistiche. Un esempio tipico di variabile laboviana è il “marcatore”.

Un esempio di marcatore: il (th) Labov 1972


• Esempio di marcatore: il (th) in Labov 1972
– (th), fricativa interdentale sorda realizzata come [θ], [tθ], [t] in parole think, third
– New York: la variabile ha come variante standard [θ] es [θiŋk], le altre due sono
varianti substandard
Come si legge il diagramma?
A B C D stanno per gli stili:
• A = parlato spontaneo
• B = parlato accurato
• C = lettura di brano
• D = lista di parole.
Detto così quindi sono ordinati secondo un grado di formalità, dal meno formale al più formale.
Perché la lista di parole è più formale della lettura di brano? Perché inevitabilmente se siamo
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interessati alla realizzazione di un particolare suono ovviamente nella lista di parole non entrano in
gioco tutte una seria di fattori che hanno a che vedere con la co-articolazione del parlato continuo e
il parlante si concentra sulla produzione della singola parola, quindi di conseguenza del singolo
suono. Sull’asse delle ordinate abbiamo le categorie sociali. Dal più basso al più alto.
SEC sta per socioeconomic class: - Classe operaia - Media-altra borghesia - Classe alta.
A New York, che è il caso studiato da Labov, la variabile ha come variante standard la fricativa e le
altre sono substandard. Sull’asse delle ordinate si collocano le percentuali di occorrenza calcolate
assegnando dei valori numerici diversi alle singole varianti. Quindi ogni variane a seconda di
quanto si distanzia dallo standard avrà valore di 2-1-0. Si attribuisce a 2 la variante occlusiva,
perché è quella più distante dallo standard. A 1 la variante affricata e a 0 la fricativa interdentale che
coincide con lo standard.
Le linee congiungono le percentuali di occorrenza per classe sociale e le percentuali di occorrenza
per livello di formalità.
• Sull'asse delle ordinate si collocano le percentuali di occorrenza, calcolate assegnando i
valori numerici diversi all'occorrenza di ogni variante a seconda di quanto questa sia distante
dalla realizzazione standard (2 [t], 1 [tθ], 0 [θ]).
• L'asse delle ascisse riporta i contesti situazionali in cui si osserva il fenomeno: A: parlato
spontaneo, B: parlato accurato, C: lettura brano, D: lista di parole.
• Le 5 linee che congiungono le percentuali di occorrenza in contesti diversi rappresentano
ciascuno il comportamento di un diverso strato sociale dall'alto verso il basso: lower class,
working class, lower middle class, upper middle class (proletariato, classe operaia, piccola
borghesia, media e alta borghesia).
Che cosa scopre Labov nel caso di questa particolare variabile? Scopre che effettivamente come lui
aveva ipotizzato, i membri della comunità linguistica si differenziano per l’uso della fricativa
interdentale sorda, la variabile presenta anche una sensibilità in relazione allo stile (per questo si
parla di distribuzione di prestigio). Quindi questa variabile è utilizzata per indicare sia la
stratificazione sociale che quella stilistica. La variabile in oggetto presenta una variazione congiunta
per stile e per strato; in questo senso è definita contrassegno, marcatore. La tipica struttura del
marcatore è quindi questa.
Osservazioni
I. I membri della comunità linguistica si differenziano per l’uso della fricativa interdentale
sorda (th)
II. Sensibilità in tutti i gruppi al fattore ‘stile’
III. Distribuzione di prestigio
IV. La stessa variabile sociolinguistica è usata per segnalare la stratificazione sociale e quella
stilistica.
V. La variabile in oggetto, con variazione congiunta per stile e per strato, è un ‘contrassegno’
marker

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Perché sull’asse delle ordinate si allontanano i valori e sull’asse delle ascisse più ci allontaniamo
dallo zero e più i valori si avvicinano per le classi sociali? Perché nel parlato formale la distanza tra
le realizzazioni tra le classi sociali si riduce notevolmente.
Che tipo di dinamica di variazione descrive, invece, questa struttura sociolinguistica?

Quella di prima è il marcatore, in cui abbiamo variazione congiunta di strato sociale e stile. In
questo caso noi abbiamo variazione di strato ma non variazione di stile. In questo caso si parla di
indicatore.
Tipico fenomeno di variazione di strato ma non di stile, è quello studiato da Trudgil nel 1974 a
Norwich:
• Norwich
• Variabile (ɑ:), varianti: voc. post. bassa [ɑ] voc centr. bassa [a], voc. ant. bassa [æ]
• In father, cart, path
• Sull’asse delle ascisse gli stili
• Sull’asse delle ordinate le classi sociali: lower working class, middle working class, lower
middle class, middle middle class
Trudgil a Norwich studia la variabile (a:) posteriore bassa che presenta praticamente tre varianti:
variante posteriore bassa, centrale bassa e anteriore bassa. Questa (a:) a Norwich subisce un
processo di progressiva anteriorizzazione e quindi presenta due varianti relativamente
anteriorizzate. La vocale centrale bassa e la vocale anteriore bassa. Anche in questo caso abbiamo
sempre sull’asse delle ascisse gli stili, sull’asse delle ordinate le classi sociali.
INDICATORE:
• In questo caso le percentuali della realizzazione della variante substandard differiscono da
classe sociale a classe sociale, ma sostanzialmente non variano da contesto situazionale a
contesto situazionale, in dipendenza da grado formalità/informalità.

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Che tipo invece di variazione descrive invece la seguente struttura sociolinguistica?

In questo caso abbiamo il contrario di quella di prima: variazione di stile ma non di classe. In questo
caso si chiama “stereotipo” e le percentuali della realizzazione della variante substandard
differiscono da contesto situazionale a contesto situazionale, ma non variano da classe sociale a
classe sociale.
Stereotipo:
• In questo caso le percentuali della realizzazione della variante substandard differiscono da
contesto situazionale a contesto situazionale, in particolare la variante substandard occorre
molto più frequentemente nei contesti meno sorvegliati soltanto nei raramente nei contesti
più sorvegliati, ma sostanzialmente non variano da classe sociale a classe sociale.

In questo caso abbiamo un ipercorrettismo perché vediamo che i valori della classe media superano
i valori di realizzazione dello standard di quelli della classe alta. Un esempio di ipercorrettismo:
Variabile (r) a New York

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• ( r ) in posizione post-vocalica, preconsonantica, finale di parola
• [r], [ø]
• Es. car, beer, source
• La classe media tende ad esibire un comportamento più attento alla pronuncia standard
rispetto a quello della media e alta borghesia.
Noi sappiamo che la variabile [r], la variabile della vibrante, presenta due varianti: conservazione
della vibrante e caduta della vibrante. La classe media tende a prediligere le varianti standard
rispetto a quelle substandard perché in realtà utilizza la lingua per posizionarsi da un punto di vista
linguistico ma anche e principalmente sociale nella scala sociale in posizione più alta.
In definitiva:
• La presenza di variabili con una certa struttura sociolinguistica è più tipica di certe comunità
linguistiche meno di altre, anche in dipendenza da caratteristiche specifiche delle comunità
osservate.
• Variabili fonologiche con distribuzione di prestigio sembrano ad esempio più tipiche di
situazioni anglosassoni che della situazione italiana generale
– in italia le pronunce substandard sono scarsamente soggette a pressione normativa e
le produzioni linguistiche di classi sociali diverse tendono a convergere nei contesti
meno formali
Sul concetto di variabile sociolinguistica:
Problema metodologico: numero di varianti da considerare
• Quanti valori ammette una variabile?
– Nel caso di variabili fonologiche le singole realizzazioni dei parlanti spesso si
dispongono su un continuo
– Necessario individuare le categorie discrete pertinenti da considerare come varianti a
cui riportare le varie occorrenze
– Spesso nei casi più semplici le varianti saranno due (variabili binarie), ma in molti
casi sono da isolare più varianti che possono anche non collocarsi sulla stessa
dimensione fonologica:
• In questo caso è difficile assegnare dei punteggi che diano conto della
distanza dalla realizzazione standard e permettano di correlare stratificazione
sociale e linguistica in un diagramma
• Esempio inventato da Berruto (1995): Variabile (a), varianti [ɑ] [a] [æ] dove
standard è [a]
– Il caso sembra analogo a quello di Trudgill a Norwich, ma lì la forma
standard è quella posteriore cosicché le tre varianti si possono
disporre su un’unica dimensione di progressiva anteriorizzazione
(Berruto 1995: 165)

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I casi di variabile analizzati fino a questo momento avevano almeno due varianti al loro interno. Ma
è sempre così? Nel caso in particolare della variazione vocalica che riguarda la fonetica ma in
particolare le vocali, noi in realtà ci troviamo di fronte a un continuum di realizzazioni e spesso il
ricercatore deve operare dei tagli in maniera anche un po’ artificiale e qualche vota si pone la
necessità di individuare pure più di due varianti. Che cosa può spingere il ricercatore a considerare
più di due varianti? Un criterio può essere il numero di parlanti; ma basta questo? Quello che ci fa
optare per la selezione di tre varianti è che varianti diverse vengono selezionate da classi sociali o
tipologie di parlanti diversi; infatti un elemento fondamentale è capire se le varianti effettivamente
veicolano un significato, quindi se correlano con variabili extralinguistiche. Il caso che a un
sociolinguista interessa di più, non ce lo dimentichiamo mai, non è il fenomeno di variazioni libera
in cui il parlante realizza senza veicolare; il caso che interessa di più è quello invece in cui una
risorsa linguistica viene utilizzata per veicolare un significato altro, di tipo extralinguistico.
Quanti valori ammette una variabile? Il numero di varianti da considerare nei diversi casi:
• Problemi:
– Quanti valori ammette una variabile?
• Nel caso di variabili fonologiche, le singole realizzazioni dei parlanti
tenderanno spesso a disposti in un continuo, e allora occorrerà individuare le
categorie discrete pertinenti da considerare come varianti a cui riportare le
varie occorrenze
• In molti casi saranno da isolare più varianti, tre, quattro o anche di più, che
potranno anche non collocarsi sulla stessa dimensione fonologica. In questo
caso può risultare assai problematico assegnare punteggi che diano conto
della distanza dalla realizzazione standard e permettono quindi di correlare
stratificazione sociale e linguistica nello stesso diagramma
Berruto(1995) immagina un caso in cui le varianti sono le stesse di quelle individuate da Trudgil a
Norwich, però dice Berruto lo standard potrebbe essere la variante centrale. in questo caso le
varianti non si distinguono per il grado di anteriorità perché una terza variante è quella posteriore.
In questo caso quali valori numerici attribuiamo? Ci troviamo in difficoltà perché non possiamo,
come faceva Trudgil a Norwich, dire che la variante standard ha valore 0 e le altre varianti in
relazione a quanto si allontanano dalla standard sulla dimensione della anteriorizzazione hanno
valore variabile uguale a uno o due.
Una variabile sociolinguistica è definita come un punto del sistema linguistico che ammette
realizzazioni diverse equivalenti, ciascuna delle quali in co-variazioni con tratti extralinguistici: è
così che definiamo la variabile sociolinguistica.
Quindi i 2 principi definitori della nozione di variabile sociolinguistica sono:
1.Il principio dell’equivalenza semantica: le due varianti devono veicolare stesso significato
referenziale il parlante deve poter scegliere perché se non c’è libertà di scelta non possiamo parlare
di variabile.
2.Principio dell’identità struttura: dice che l’uso dell’una o dell’altra variante non deve
comportare cambiamenti di struttura linguistica.

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Esempio: A Monte di Procida abbiamo sia la palatizzazione della [a] sia la velarizzazione della
[a].(co al posto di ca per dire qua e kep al posto di kap).
Possiamo individuare una stessa variabile [a] e dire che il caso della velarizzazione [ka] e il caso
della palatizzazione in [kep] sono varianti della stessa variabile? No.
Si tratta di una [a] diversa: diversi sono i contesti e non è lo stesso punto del sistema. Di fatto per
considerare una variabile e le sue varianti dobbiamo assicuraci che si tratti dello steso punto del
sistema e che il parlante abbia la possibilità di scegliere tra realizzazioni diverse per uno stesso
punto del sistema e in questo senso la [a] velarizzata e la a palatalizzata non sono mai in alternativa
perché si realizzano in contesti diversi e realizzano punti diversi della struttura.
• Una variabile sociolinguistica può anche essere definita come un punto del sistema
linguistico che ammette realizzazioni diverse equivalenti, ciascuna delle quali in co-
variazione con tratti extralinguistici.
• I due principi definitori della nozione di variabile sociolinguistica sono dunque:
– il principio dell'equivalenza semantica
– il principio dell'identità di struttura.
• Il primo principio afferma che l'uso alternativo delle varianti di una variabile non deve
causare cambiamenti di significato
• Il secondo asserisce che l'uso alternativo delle varianti non deve comportare cambiamenti di
struttura linguistica:
– la variazione è la proprietà di un punto del sistema, ossia di un'unità della lingua, di
assumere forme, manifestazioni concrete diverse, rimanendo però, per quanto
riguarda il suo valore nel sistema, la stessa unità.
Da un punto di vista formale per individuare un’entità del sistema noi andiamo a individuare i
contesti di occorrenza. Nel caso appena citato i contesti di occorrenza sono diversi, non si tratta
della stessa entità.
Da un punto di vista fonologico e fonetico è molto più semplice individuare le varianti e le variabili
perché a livello fonologico noi lavoriamo con allofoni di un fonema quindi con varianti che non
hanno una pertinenza distintiva. Nel caso del primo dei due principi, quello della identità di
significato (l’uso alternativo di una variante di una variabile non deve causare cambiamenti di
significato) da un punto di vista fonologico non abbiamo problema perché il significato referenziale
non cambia: ci troviamo di fronte ad allofono di un unico fonema.
Variabili sociolinguistiche e livelli di analisi: livello fonologico:
• A livello fonologico si lavora con allofoni di un unico fonema, di varianti che non hanno
alcuna pertinenza distintiva, non toccano il valore della classe cui appartengono e non
mutano il significato referenziale del messaggio.
• Es. di varianti fonologiche
– Es. three [tri:], [θri]
– Es variabile: (ing) in walking, variante standard [ɪŋ], variante substandard [ɪn]

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Il primo principio dell’identità di significato è sempre rispettato, ma non è così per gli altri livelli.
Però:
Problema metodologico: numero di varianti da considerare
• Quanti valori ammette una variabile?
– Nel caso di variabili fonologiche le singole realizzazioni dei parlanti spesso si
dispongono su un continuo
– Necessario individuare le categorie discrete pertinenti da considerare come varianti a
cui riportare le varie occorrenze
– Spesso nei casi più semplici le varianti saranno due (variabili binarie), ma in molti
casi sono da isolare più varianti che possono anche non collocarsi sulla stessa
dimensione fonologica:
• In questo caso è difficile assegnare dei punteggi che diano conto della
distanza dalla realizzazione standard e permettano di correlare stratificazione
sociale e linguistica in un diagramma
• Esempio inventato da Berruto (1995): Variabile (a), varianti [ɑ] [a] [æ] dove
standard è [a]
– Il caso sembra analogo a quello di Trudgil a Norwich, ma lì la forma
standard è quella posteriore cosicché le tre varianti si possono
disporre su un’unica dimensione di progressiva anteriorizzazione
(Berruto 1995: 165)
Per la fonologia spesso le varianti possono essere equiparate ad allofoni di un fonema e quindi tutto
sommato non abbiamo difficoltà. Per la morfologia saranno allomorfi di un morfo, quindi :
• Variabili morfologiche: a livello morfologico, le varianti che realizzano una variabile sono o
potranno essere equiparate sul piano del sistema linguistico ad allomorfi di uno stesso
morfema.
– Es. di variabili morfologiche
• Pronome clitico obliquo di terza pers. sing: gli/le/ ci.
– Es. di variabile morfosintattica
• Negazione in francese: je ne mange pas/ je mange pas.
• Italiano settentrionale basso: non vengo/vengo mica
Variabili sociolinguistiche e livelli di analisi: i livelli superiori:
• L'estensione della nozione di variabile dal livello fonologico e morfologico ad altri livelli di
analisi comporta problemi
• Quando la variazione interessa elementi linguistici portatori di significato autonomo, diventa
controverso stabilire se le possibili varianti rappresentino effettivamente una stessa variabile
che assume forme diverse e non entità tra loro differenti.

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• Emerge la necessità di definire meglio che cosa si debba intendere per equivalenza
semantica.
– Per il livello fonetico/fonologico è sufficiente considerare il significato denotativo,
referenziale, per i livelli di analisi superiori converrà prendere in conto anche il
significato pragmatico e contestuale.
• Dal punto di vista metodologico è fondamentale poter definire con precisione sia il contesto
di occorrenza di una variabile sia l'insieme delle varianti possibili alternative:
• es. segnali discorsivi, come niente, diciamo, praticamente...
• Variazione sintattica e testuale:
«… in sintassi e a maggior ragione in testualità da un lato le singole varianti sono già esse stesse
dotate di significato e dall’altro la loro alternanza può rendere molto difficile stabilire se si tratta di
forme che abbiano sempre lo stesso significato: nel caso di una costruzione sintattica che ammetta
realizzazioni alternative collegate presumibilmente a restrizioni, recanti possibili tratti semantici o
pragmatici peculiari, fino a che punto è possibile dire che queste sono varianti che hanno lo stesso
significato, “valgono la stessa cosa”, e trattarle quindi allo stesso modo delle variabili a livello
fonologico?» Berruto 1995: 167.
• Es. Il giornale l’ho letto / Ho letto il giornale / È il giornale che ho letto
Che differenza c’è tra queste 3 frasi? Da un punto di vista sintattico non c’è dubbio che il giornale è
sempre l’oggetto e da un punto di vista referenziale queste 3 frasi veicolano lo stesso significato, ma
da un punto di vista pragmatico:
- Il giornale l’ho letto: è dislocazione a sx.
Abbiamo una topicalizzazione: un elemento che non è a topic viene messo in topic
- Ho letto il giornale: Frase non marcata
- È il giornale che ho letto: Frase scissa.
È un Focus contrastivo Siamo di fronte a varianti di una stessa variabile? No, perché il parlante non
può, in uno stesso contesto, selezionare l’una o l’altra struttura. Le posizioni a proposito della
possibilità di estendere o meno l’uso della nozione di variabile sociolinguistica ai livelli superiori di
analisi sono contrastanti:
• Opinioni contrastanti sulla possibilità di estendere il concetto di variabile oltre il livello
morfologico.
– Sankoff G. (1973): l'estensione della nozione di variabile al di sopra del livello
fonologico e la conseguente trattazione in termini di regola variabile non pone
problemi di principio.
– Lavandera (1978): riformulazione più blanda del postulato dell'identità di significato
in termini di mera compatibilità funzionale in uno stesso contesto: Es. Passivo senza
agente vs attivo
• the liquor closet was broken into (form.) / they broke into the liquor closet
(inform.) (L’armadietto dei liquori è stato rotto / hanno rotto l’armadietto
dei liquori)
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– Sankoff D (1988): piena plausibilità della trattazione di fatti sintattici con la stessa
metodologia della variabile fonologica, purché si assuma che possibili differenze nel
valore referenziale o nella funzione grammaticale siano al di sotto della
consapevolezza del parlante e quindi non possono far parte della sua intenzione
comunicativa.
Lo studio del 1973 della sociolinguista Sankoff si occupa della selezione dell’ausiliare in una
varietà. Per giustificare la sua posizione bisogna fare riferimento al fatto che lei si concentra su un
fenomeno di confine tra sintassi e morfologia e non ha difficoltà ad utilizzare il concetto di variabile
sociolinguistica. Lavandera suggerisce invece di riformulare in maniera più blanda il postulato
dell’identità di significato e cioè, siccome Lavandera si concentra proprio su fenomeni di ordine
delle parole di passivizzazione ecc. in realtà suggerisce di rendere il principio di identità di
significato meno stringente, allargandolo al significato funzionale e non solo referenziale. Per
esempio, il caso del passivo senza agente e dell’attivo, può essere considerato un fenomeno di
variazione. Cioè, se il parlante seleziona “the liquor closet was broken into” rispetto a “they broke
into the liquor closet” ci troviamo di fronte a due varianti di una stessa variante. Perché io ho
tradotto “l’armadietto dei liquori è stato rotto” e “hanno rotto l’armadietto dei liquori”, perché non
ho tradotto “essi hanno rotto ecc.”? Perché l’italiano è una lingua pro drop, se mettiamo il soggetto,
in italiano la presenza del pronome soggetto è un elemento marcato, quindi a quel punto non rientra
nel caso individuato da Lavandera in cui effettivamente le due varianti (del passivo senza agente e
dell’attivo) sono, da un punto di vista funzionale, equivalenti. Quindi per Lavandera dobbiamo
rispettare il principio delle identità di significato, ma un’identità di significato che non può essere
quella referenziale ma deve essere quella funzionale. Quindi tale principio deve essere utilizzato in
una maniera meno stringente, più blanda.
Ci sono sociolinguiste che hanno posizione più estreme:
Più critiche Gadet 1992 e Godard(1992)
– Gadet 1992: passando dal dominio della fonologia, dove l'entità sono arbitrarie e
prive di significato proprio e quindi liberamente covarianti con tratti sociali, a quello
della sintassi, si cambia radicalmente dimensione e la disomogeneità degli ambiti
rende inapplicabile l'estensione dello stesso metodo
– Godard(1992): la scelta di forme e costrutti alternativi, che sembrano essere varianti,
non è sempre riportabile a una stessa categoria grammaticale, allo stesso punto del
sistema; quelle che sembrano varianti sintattiche possono anche avere identità di
significato referenziale, ma un diverso funzionamento nel sistema.
• Ho dato il libro a Giovanni
• A Giovanni ho dato il libro
• A Giovanni gli ho dato il libro
• Giovanni gli ho dato il libro
Struttura non marcata: veicola un significato diverso quindi non può essere una realizzazione di una
variante all’ interno di una stessa variabile; però se guardiamo le altre, da un punto di vista
funzionale sono tutte e tre fenomeni di topicalizzazione; da questo punto di vista possono essere
considerate varianti di una stessa variabile perchè il parlante che vuole topicalizzare l’elemento che
normalmente non sarebbe a topic ma che sarebbe un rema può farlo utilizzando strategie diverse.
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Cosa distingue queste tre strutture? Da un punto di vista funzionale veicolano lo stesso significato
ma da un punto di vista strutturale: nel primo caso abbiamo un sintagma preposizionale messo a
topic che normalmente non sarebbe messo a a topic; nel secondo caso oltre all’elemento
topicalizzato abbiamo una pronominalizzazione dell’elemento topicalizzato; nel terzo caso abbiamo
topic sospeso, cioè il sintagma preposizionale non è introdotto da preposizione e poi abbiamo
invece il pronome che veicola l’informazione grammaticale e quindi il fatto che si tratti di una
preposizione. Godart dice: in questo caso siamo sicuri che si tratta di uno stesso punto del sistema?
In realtà entrano in gioco fattori diversi: la pronominalizzazione, l’ordine delle parole; quindi in un
caso del genere effettivamente potremmo usare il concetto di variabile ma certamente non facendo
riferimento a fenomeni di variazione che rispettano identità di struttura e identità di significato.
• Opinioni contrastanti sulla possibilità di estendere il concetto di variabile oltre il livello
morfologico.
- Posizione intermedia: pur mettendo in questione la nozione di variabile per i livelli superiori,
sintattico semantico e pragmatico, si ammette l'importanza e la validità di analizzare la variazione
sintattica, purché il problema venga impostato in maniera diversa, abbandonando innanzitutto la
concezione del significato unicamente referenziale, denotativo perlopiù definito solo, in termini
troppo ristretti e troppo ampi, di condizione di verità.
– Lavandera 1992: non è raro che varianti sintattiche vengano utilizzate dai parlanti
con un significato stilistico particolare, e quindi mostrino di operare a livello di
consapevolezza
– Romaine 1984: la variazione sintattica va inquadrata nella cornice della pragmatica
del discorso. Non si può trattare adeguatamente il problema se non prendendo in
considerazione anche l'intenzione comunicativa del parlante nell'organizzazione del
discorso.
IN CONCLUSIONE:
• Berruto (1995: 171) «Allo stato attuale delle cose, sembra ragionevole accettare, alla luce
del buon senso, l'applicabilità della nozione di variabile sociolinguistica anche ai livelli di
analisi alti, prendendo come proprietà fondamentale il fatto che si tratti di un punto
determinato del sistema linguistico in cui una categoria ben definibile ha diverse
realizzazioni formali, caratterizzate da un'ampia sostituibilità reciproca in numerosi contesti
e ovviamente correlanti con fattori del contesto sociale»
• Berruto Cerruti (2015: 123) «A livello sintattico costrutti diversi possono essere considerati
varianti di una variabile nei contesti in cui tali costruzioni siano equivalenti sul piano del
significato contestuale pragmatico e, benché non identica sul piano strutturale, svolgano la
stessa funzione grammaticale»
Secondo Berruto Cerruti la critica di Godard può essere ridimensionata nella misura in cui il
parlante opera delle scelte in funzione del livello di formalità e il fenomeno di variazione correla
con variabili diverse di tipo sociale ecc. in questo caso possiamo parlare di variabili
sociolinguistiche di livello sintattico.

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PROPRIETÀ DELLE VARIABILI SUBSTANDARD
• Alcune generalizzazioni sullo studio di fenomeni di variazione in termini di variabili
sociolinguistiche:
– Certi tratti linguistici rivelano lo stesso grado di marcatezza sociolinguistica in
lingue diverse.
– Tratti linguistici simili risultano marcati come substandard in lingue diverse e
possiedono interlinguisticamente un certo valore caratterizzante come marche di
collocazione sociale bassa e o di informalità
• Varianti classificate come sub-standard a livello interlinguistico ‘vernacular
universals’
– a livello fonologico: semplificazione di nessi consonantici it.
[pisicologa] [fim], ingl. [wini] per 'windy’, fr. [ot] per ‘autre’
– a livello morfologico: regolarizzazione di paradigmi: ingl. la
sovraestensione di –ed es. knowed vs I knew, in italiano venghino,
aprito
– a livello sintattico: preferenza per costruzioni analitiche anziché
sintetiche es. the girl whose brother was in trouble / the girl that her
brother was in trouble, La donna che le hai prestato il libro (vs. a
cui) -> tratti neostandard o popolari
– a livello lessicale: iperonimi vs. iponimi Ing. stuff, things it. cosa,
roba, fare
Quello che osserviamo è che le varianti substandard presentano un minore impegno cognitivo, sono
sul piano della processabilità dell'informazione più naturali, meno impegnative cognitivamente
rispetto alla corrispondente standard.
Proprietà delle variabili substandard
• Spiegazione possibile: impegno cognitivo richiesto dalla produzione di un certo tratto.
-In relazione ad alcuni fattori sociali e in dati contesti situazionali è favorita la produzione di quei
tratti che richiedono all'utente un minore impegno cognitivo.
-Ciascuna delle varianti substandard sopra-esemplificate è più semplice, più immediata, più
naturale, sul piano della processabilità dell'informazione, e dunque cognitivamente meno
impegnativa, rispetto alla propria corrispondente standard.
-Le varianti substandard sono caratterizzate da un minore impegno cognitivo per essere realizzate,
sono una variante più semplice e 'trascurata'.
-In generale, quando fra due o più varianti di una certa variabile ne esiste una che si può ritenere
meno costosa per l'utente in termini di semplicità relativa di processazione rispetto alla variante
standard, ci si può attendere tendenzialmente che proprio quella sia marcata come substandard.
Perché un fenomeno di variazioni funzioni come una variabile socio-linguistica vuol dire che ha
attecchito all’interno di una determinata comunità e perché questo avvenga in realtà dipende
dall'uso che ne fanno i parlanti; se un parlante o un gruppo di parlanti che per qualche ragione
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appaiono veicolare a livello extra-linguistico, cioè appaiono connotati ,caratterizzati a livello extra-
linguistico come diciamo prestigiosi e (su questo concetto di prestigio poi andremo tra poco perché
più complesso di quello che sembra) di fatto è molto facile che la variante che loro selezionano sia
essa più semplificata o meno semplificata, per il fatto stesso che la scelgono loro in realtà diventa
appetibile e quindi quel fenomeno di variazione si correla a variabili extra-linguistiche e dunque
funziona come variabile sociolinguistica.
• Problema:
– Quali tipi di unità o elementi del sistema linguistico, e a quali livello di analisi, sono
preferibilmente suscettibili di variazione e si prestano a funzionare da variabili
sociolinguistiche?
– È casuale il fatto che siano certi elementi a variare, e non altri, o questo ha delle
ragioni inspiegabili?
– C'è un rapporto tra questi punti di variazione del sistema e la loro capacità di
assumere significato sociale o la relazione è del tutto arbitraria?
• L'assegnazione di un certo valore di marcatezza sociolinguistica a un certo tratto linguistico
è sempre in buona misura arbitraria.
– Non sembra possibile prevedere, al di là della maggiore propensione della variabilità
del livello fonetico/fonologico, quali elementi di una data lingua siano deputati a
essere variabili sociolinguistiche.
• La marcatezza sociale non è una proprietà inerente alle manifestazioni del sistema
linguistico, bensì è mediata dal gruppo sociale che realizza tali manifestazioni
– In altre parole, non vi è alcuna ragione linguistica per cui un certo elemento debba
veicolare marcatezza sociale: essa dipende dalle persone che lo usano e dalle
connotazioni che nella comunità vi sono associate
• Es. -r postvocalica in parole come car, floor in British English (BE) e in
American English (AE)
• [-r]/ [ø] in BE variante standard [ø], in AE variante standard [-r]
Da che cosa dipenderà? Dai parlanti che hanno selezionato quella variante piuttosto che l’altra e che
rappresentano per una determinata dinamica sociale, storica non linguistica, in qualche modo un
modello da imitare.
PROPRIETÀ DELLE VARIABILI SUBSTANDARD.
PRESTIGIO VS STIGMA
• L’assegnazione di marcatezza sociolinguistica è fenomeno tipicamente sociale, frutto della
valutazione positiva o negativa di determinati usi della lingua da parte della comunità
linguistica, dipende dunque dalla attribuzione di valore di prestigio o stigma da parte dei
parlanti a quel dato tratto, o alla varietà cui esso si riconduce
• Berruto 1995: 172:
«vi è però una generalizzazione che si può tentare di fare: Quando fra le varianti di una variabile ve
n'è una che si può ritenere più semplice, più naturale, meno linguisticamente marcata, questa
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tenderà ad essere socialmente sfavorita, a caratterizzare varietà basse, substandard di lingua;
mentre la variante meno semplice, più linguisticamente marcata, tenderà ad essere socialmente
favorita, a far parte dello standard»
Es. (th), [θ] [t]
pronuncia standard: fricativa interdentale sorda [θ] articolatoriamente più complessa, più marcata,
meno naturale della pronuncia substandard: occlusiva alveolare sorda [t].
PRESTIGIO VS STIGMA
• Per prestigio si intende la valutazione sociale positiva attribuita ad un qualche oggetto,
fenomeno fatto sociale.
– Tale valore positivo si manifesta nella proprietà di essere un oggetto, un
comportamento degno di imitazione perché favorevolmente valutato sulla base degli
attributi di cui esso gode o è ritenuto godere.
– Il prestigio dipende quindi dalla valutazione di tratti personali o sociali che i membri
di una comunità ritengono desiderabili, in termini di successo, ricchezza, immagine,
eccetera.
– Il prestigio è connesso al valore di una lingua per l'avanzamento sociale: prestigio
linguistico hanno le varietà di lingue il cui possesso è condizione necessaria per la
ascesa nella scala sociale e per il progresso sul mercato del lavoro.
– Prestigio di una lingua è una nozione plurifattoriale, un fatto complesso che
comprende: gli atteggiamenti linguistici favorevoli dei parlanti, il valore di
simbolico attribuito alla varietà dalla comunità , l'essere veicolo di apprezzata
tradizione letteraria, l'essere parlata dai gruppi sociali dominanti
• Il contrario di prestigio è stigma che designa la sanzione sociale negativa, la non
accettazione sociale di un elemento, un oggetto.
Quindi tendenzialmente la variante di prestigio è legata a gruppi socioeconomici e culturalmente
dominanti, ma è sempre così? In realtà si citava la comunità messicana, ma in generale le comunità
nere nella società inglese, ma ragazzi pensate anche a voi, al linguaggio giovanile, ci sono degli
elementi che possono essere valutati positivamente all'interno di un gruppo, può essere anche quello
dei giovani, che in realtà non coincidono con quelli valutati positivamente; ma anche l’uso
banalmente delle parolacce per esempio, l’uso della cattiva parola in determinati contesti può
veicolare un valore di prestigio. In realtà noi dobbiamo parlare di prestigio in due sensi: parliamo di
prestigio aperto e di prestigio nascosto o prestigio coperto, cioè in alcuni casi le varianti substandard
sono apertamente stigmatizzate all’interno della comunità e invece poi godono di un certo prestigio
non codificato. Allora prestigio aperto: le varianti standard sono riconosciute come prestigiose da
tutta la comunità e mentre le varianti substandard sono stigmatizzate, nel caso del prestigio nascosto
che è stato evidenziato e che è venuto fuori all’interno di alcuni studi laboviani, ma anche
postlaboviani, anche in qualche caso è stato utilizzato per problematizzare le posizioni e il valore
che il prestigio ha nel paradigma di pensiero laboviano. Nel prestigio nascosto quindi le varianti
substandard apertamente sono stigmatizzate all'interno di una comunità e in realtà godono di un
certo prestigio non codificato. Il prestigio coperto è associato a gruppi particolari, in questi studi
postlaboviani, working class, la cui coesione interna è legata a particolari valori socioculturali, in
realtà anche a gruppi etnici all’interno di società multietniche.
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• Pattern della SL laboviana: standard = prestigio
– La variante di prestigio è quella legata a gruppi socio-economicamente e
culturalmente dominanti
Ma è sempre così?
• Studi sociolinguistici post-laboviani hanno dimostrato l’esistenza di 2 tipi di prestigio
– Prestigio aperto: le varianti standard sono riconosciute come prestigiose da tutta la
comunità; le varianti sub-standard sono stigmatizzate da tutta la comunità
– Prestigio nascosto (covert prestige): le varianti sub-standard, pur se apertamente
stigmatizzate dalla comunità, godono di un certo prestigio non codificato
• Accanto a fenomeni e dinamiche di prestigio aperto in realtà sono spesso in azione
comportamenti linguistici dettati da prestigio coperto, o nascosto.
• A varianti substandard stigmatizzate apertamente dai membri di una comunità viene a volte
attribuito prestigio coperto da alcuni gruppi sociali della stessa comunità.
• In-group making variables: servono a definire l’estensione del gruppo e la
sua coesione interna
• Di solito sono associati a gruppi particolari della Working Class la cui
coesione interna è legata a particolari valori socioculturali (es. mascolinità)
– Es. Norwich variabile (ju) in 'new', standard [ju] sub standard [u]
• test di ascolto: gli uomini sovrastimano i propri usi substandard associati a
mascolinità
• Ruolo della consapevolezza
– Attenzione: per stabilire il valore di prestigio e marcatezza delle varianti occorre
essere certi che i parlanti della comunità siano consapevoli della marcatezza SL di
quel tratto
– In genere i membri di una comunità sono mediamente più consapevoli della
marcatezza sociolinguistica di varianti fonologiche che non di varianti grammaticali
• Labov (2001) dimostra che i parlanti mostrano maggiore consapevolezza in
relazione a variabili fonetico-fonologiche rispetto a quelle grammaticali (es
Sub Standard: I might could go to Australia this summer vs Standard: I
might be able to go ….
LE ‘REGOLE VARIABILI’
• Ritorniamo agli ultimi due step del metodo laboviano:
– l’individuazione delle correlazioni tra variabili linguistiche ed extralinguistiche
(geografiche, sociali e situazionali) e
– la costruzione di strutture sociolinguistiche al fine di ricostruire il pattern della
variabilità

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• Il comportamento di una variabile sociolinguistica può essere rappresentato
– oltre che con un diagramma che dà conto della distribuzione di determinate varianti
di quella variabile.
– mediante la formulazione delle regole variabili.
• Per regola variabile si intende una regola che è realizzata variabilmente, ossia non
categoricamente, non obbligatoriamente, ma con frequenze e probabilità diverse in
dipendenza da certi fattori contestuali sia linguistici che extralinguistici.

Un esempio di regola variabile è quello che citiamo qui da Berruto e Cerruti, cioè stiamo parlando
della realizzazione variabile delle occlusive dentali sorde e sonore nell'American English. Quindi le
occlusive alveolari sorde e sonore cadono variabilmente (le parentesi uncinate indicano che la
regola è una regola variabile,), nel contesto (perché dopo lo slash noi abbiamo il contesto di
occorrenza), quindi informazioni legate proprio alla distribuzione all'interno della parola in questo
caso, quindi in un contesto di finale di parola precedute da consonanti.
Valori probabilistici delle ‘regole variabili’
– Oggi alla rappresentazione con diagramma cartesiani e alla formulazione di regole
variabili si preferisce una sistemazione in tabella che dia conto del valore di
probabilità, il PESO di ciascuna variabile all’interno di un corpus
• Peso di una variabile = valore di probabilità vincolante di ciascun fattore
• %= in percentuale
• N= in valore assoluto
– Tale sistema dà la possibilità di determinare quale fattore ha il ‘peso’ maggiore,
ossia quale influenza maggiormente la variazione del corpus in esame.

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Questa tabella è relativa alla caduta
delle occlusive alveolari.
Allora sulla sinistra abbiamo
organizzato per gruppi i diversi
fattori che possono influire; quindi:
-segmento fonologico seguente
- segmento fonologico precedenti
-classe morfologica;
poi a livello extra-linguistico:
Perché è importante che noi insieme al numero -sesso del parlante
assoluto, per capire qual è il peso di una determinata -età del parlante
variabile, dobbiamo fare riferimento al valore All'interno di segmento fonologico
percentuale? Cioè non basta dire, immaginate che noi seguente sono individuati una serie
analizziamo un fenomeno di variazione, esempio la di elementi, può seguire la
l'occlusiva, un ostruente, una
distribuzione di una variabile all’interno di due testi,
semivocale, una vibrante, una
prodotti da due parlanti diversi. La velarizzazione della
laterale eccetera eccetera. Il peso
“a” e diciamo che il parlante Raffaele realizza 10 volte indica il valore di probabilità che ha
la variante velarizzata, il parlante Ciro lo realizza 5 di occorrere quella determinata
volte. Che deduciamo da questa affermazione? Che nel variante condizionata dal tratto che
parlante Raffaele la variante, cioè il fenomeno della abbiamo a sinistra.
velarizzazione è più frequente che non nel parlante
Ciro. C'è un problema a dire una cosa del genere,
perché giustamente dipende da quante volte il parlante
Raffaele e il parlante Ciro hanno realizzato la variabile;
perché se il parlante Raffaele ha realizzato 10 volte la
variabile, però nel testo di Raffaele la “a” è realizzata
40 volte, abbiamo 40 contesti potenziali di occorrenza e
invece nel caso del testo del parlante Ciro la variante
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velarizzata è realizzata solo 5 volte, ma nel suo testo la “a” occorre solo sei volte. Quindi di fatto è
molto più frequente la variante velarizzata nel testo di Ciro che non in quello di Raffaele. Quindi
quando noi parliamo di significatività, di incidenza di un tratto, di una variante, non ci dobbiamo
mai accontentare dei numeri assoluti, ma dobbiamo sempre andare a guardare i numeri percentuali
che sono relativi ai contesti potenziali di occorrenza; non dobbiamo contare soltanto i numeri
assoluti di occorrenza di una determinata variante. Perché peso e percentuale non corrispondono?
Dipende dal riferimento, il peso si calcola in funzione di quali altri valori di riferimento e la
percentuale in funzione di quale valore di riferimento. La comparazione tra quali elementi è stabilita
a proposito del peso e a proposito della percentuale? Dipende cioè il calcolo sia il peso che della
percentuale viene fatto in relazione a dei valori di riferimento, questi sono diversi perché? Perché il
peso è in relazione a tutti gli altri tratti che incidono, cioè il segmento fonologico seguente,
ostruente pesa di più rispetto agli altri segmenti fonologici seguenti, ai segmenti fonologici
precedenti, alla classe morfologica, al sesso del parlante e all'età del parlante; la percentuale invece
è calcolata rispetto ai contesti potenziali di occorrenza. A noi per il peso ci interessa capire quali tra
i segmenti fonologici seguenti ostruente, semivocale, RL, vocale pausa, oppure rispetto al segmento
fonologico precedenti ecc.…
La classe incide di più con l’occorrenza di un determinato tratto di una variante che in questo caso è
la caduta delle occlusive alveolari. Poi andiamo a vedere il numero assoluto di contesti di
occorrenza in cui l’occlusiva velare cade ed è preceduta dall’ ostruente sono 357, no 357 sarà il
numero assoluto quindi tutto; quindi, per questo è 52 perché in un certo numero cade nell’altro no.
Quindi è il riferimento che cambia.
Il modello delle regole variabili è stato molto discusso perché ci sono dei problemi; presenta
dei problemi:
• I° problema: Le regole variabili descrivono che cosa fa un parlante, non cosa sa (se non
indirettamente)
– La variabilità di una data regola, in questo modello, viene incorporata nella
competenza grammaticale del parlante nativo di una certa lingua per mezzo
dell'indice di probabilità associato a ciascun fattore linguistico e extralinguistico.
– Ma come accade?
• Possibile risposta:
– Cedergren/Sankoff (1974): la frequenza con cui un certo fenomeno si realizza in un
dato corpus è un fatto di esecuzione, ma la probabilità che ha un certo fattore,
linguistico ed extralinguistico, di influenzare la realizzazione di quel fenomeno è un
fatto di competenza.
• Berruto e Cerruti (2015): ciò è discutibile perché le regole variabili hanno per oggetto
realizzazioni concrete di messaggi verbali e non conoscenze mentali, le regole descrivono
sempre che cosa fa e non che cosa sa un parlante nativo
– Differente è sostenere che chi impara una lingua è sensibile a dati di frequenza:
• studi sull'acquisizione di una lingua materna mostrano che le produzioni
linguistica di bambini rivelano percentuali di realizzazione di regole variabili
conformi alle frequenze con cui quelle stesse regole sono realizzate nell’input
cui i bambini sono sottoposti
70
• i bambini riproducono la variabilità che sentono nell’input, sono molto
sensibili alla variabilità.
(Cedergren/Sankoff sono laboviani in senso proprio ortodosso, convinti, estremisti).
• II° Problema: secondo il modello, le regole variabili dovrebbero avere valore predittivo
– Le regole variabili colgono l'esistenza di regolarità nella distribuzione dei dati
empirici e sulla base di queste regolarità pervengono a generalizzazioni di carattere
probabilistico
• Domanda: È possibile?
– Berruto, Cerruti (2015): le regole variabili generano considerazioni probabilistiche,
possono essere induttive, ma non possono avere valore strettamente predittivo
• Peraltro le predizioni più attendibili sono di tipo negativo
• Es. visto il comportamento della variabile (r) nell'inglese di New
York possiamo attenderci che un parlante della Lower Class non
realizzi [r] nel parlato spontaneo non accurato
Cioè noi non possiamo dire che cosa un parlante fa, possiamo dire che cosa più
probabilmente non farà. L'elemento determinante è l'individuo che fa le scelte, noi non
possiamo predire, come quando andiamo a usare appunto dinamiche storiche, noi possiamo
immaginare che date una serie di premesse i risultati, gli effetti saranno tali, ma non è detto
che così sarà.
• III° Problema: Rischio di circolarità
– le regole variabili sono valide per i membri di una data CL, ma la comunità
linguistica è sua volta definita dalla condivisione di una regola variabile
• Secondo gli studiosi variazionisti è infatti proprio la condivisione di una data
regola variabile a definire i confini di una certa comunità. Il che è da
intendere, non come la condivisione delle specifiche percentuali di
probabilità di realizzazione di una data regola, ma come la condivisione del
pattern di variazione espresso da quella regola.

– Ulteriore problema è quello dell’eterogeneità della CL


• Poiché una comunità linguistica è tipicamente eterogenea, l'applicazione di
una certa regola variabile sarà da verificare più in dettaglio rispetto alle
diverse sotto comunità e ai gruppi in sovrapposizione e intersezione tra loro
che danno vita a una comunità linguistica più ampia.
Non a caso alcuni studi sostituiscono al concetto di comunità linguistica il
concetto di rete linguistica, il concetto di comunità di pratica, che risultano più
potenti per spiegare la variazione che non quello di comunità che è troppo largo.
Gordon : la rete linguistica è l'insieme di relazioni che un individuo o un ego
parlante stabilisce. Eckert, propone invece il modello della comunità di pratica,
cioè un insieme di persone che sono unite da un obiettivo.
71
• IV° Problema: le ‘regole variabili’ danno una gerarchia dei fattori in gioco
– non spiegano da sole i rapporti di causalità, ossia la relazione di causa-effetto
– non danno spiegazioni circa i motivi per cui in una data CL siano stati ritrovati
proprio quei fattori come determinanti.
– Le loro spiegazioni sono di tipo probabilistico
In alternativa al modello di descrizione delle regole variabili come modello di variazione è stato
elaborato un altro modello quello delle scale di implicazione:
• Modello alternativo di descrizione della variazione: LE SCALE DI IMPLICAZIONE
– Negli anni Settanta è stato contrapposto nella sociolinguistica americana al modello
delle regole variabili, quello delle scale di implicazione, introdotte nella creolistica
per l'analisi di continuum creoli e post creoli (DeCamp 1971, Bickerton 1971, Bailey
1973)
– Il modello delle regole variabili ha come obiettivo l'analisi di singole variabili
sociolinguistiche, studia i fattori linguistici ed extralinguistici che concorrono alla
realizzazione delle varianti di una variabile mediante stime statistiche di probabilità.
– Il modello delle scale di implicazione ha come obiettivo l'identificazione e l'analisi di
relazioni di implicazione nell'uso di variabili linguistiche, nella realizzazione delle
varianti di variabili.
– Le scale di implicazione non rappresentano variabili, ma rapporti tra variabili:
consentono di individuare rapporti di co-occorrenza tra varianti di variabili del tipo
di «se A allora B».
Se un parlante seleziona una variante A è molto probabile che selezionerà una variante B.
Inizialmente il modello delle scale di implicazione si proponeva come modello alternativo rispetto a
quello delle regole variabili, poi in realtà la tendenza è stata di utilizzarli entrambi anche perché
descrivono cose diverse. Per esempio, oggi si tende a coniugare un approccio quantitativo con un
approccio qualitativo, perché dal punto di vista quantitativo è importante che noi abbiamo un’idea
del peso di una serie di fattori; la regola variabile ci dà delle indicazioni sulle probabilità di
occorrenza, sul peso di un determinato tratto, ma non ci dice perché.

72
Spiegazione della tabella: in alto ci sono le varietà caratterizzate dalla presenza categorica di tutte le
varianti inglesi. Le variabili sono A-B-C-D-E-F, per ogni variabile ci saranno due varianti.
Nel caso si individuano tre varietà: acroletto e il basiletto, mesoletti.
1. L’acroletto sarà la varietà alta, che presenta tutte le varianti inglesi;
2. il basiletto la varietà bassa che non presenta nessuna delle varianti inglesi;
3. al centro invece ci sono le varietà, definite mesoletti, che invece presentano alcune varianti
inglesi e alcune varianti non inglesi.
La varietà 1 presenta tutte le varianti inglesi, quindi per quanto riguarda la fricativa alveolare sonora
presenta la fricativa e non l’occlusiva; per quanto riguarda la sorda-la fricativa e non l’occlusiva
(child). Quindi la prima varietà coincide con l’inglese.
nella seconda varietà, invece, noi abbiamo la prima variabile che non coincide con l'inglese, ma
coincide praticamente con la varietà creola e come stabilisce la regola implicazionale, in una
varietà noi possiamo avere la selezione della occlusiva piuttosto che la fricativa alveolare sonora
insieme alla selezione della fricativa alveolare sonora, ma sorda.
Che cosa stiamo dicendo? Che un parlante che selezionerà la “b” piuttosto che la “v”, che dirà ‘a
varca’ piuttosto che “la barca” dirà sicuramente “o rente” invece che “il dente”. Un parlante che
seleziona “rente” al posto di “dente” può selezionare sia “barca” che “varca”.
Cioè A implica B ma non viceversa.
• Modello derivato dalla creolistica (DeCamp 1971)
– Analisi del continuum pidgin-creolo in termini di competenza linguistica
– Niente modelli probabilistici, ma relazioni implicazionali “Se A, allora B”
– Le varietà di una lingua sono descritte dalla co-occorrenza di varianti, lungo un
continuum tra presenza di tutte le varianti ed assenza di tutte le varianti.
– Una scala di implicazione raffigura uno spazio di variazione che consiste in un
continuum di varietà di lingua, legate tra di loro da rapporti di implicazioni fra tratti
linguistici, e identificate ciascuna da una particolare combinazione di tratti.
– Nel caso specifico, dall'alto verso il basso si percorre un continuum che va dalla
varietà che presenta realizzazione categorica di tutte le varianti inglesi, dette dai
creolisti 'acroletto', alla varietà con realizzazione categorica di tutte le varianti creole
corrispondenti, detta 'basiletto', passando attraverso una serie di varietà intermedie
dette 'mesoletti'.
In sintesi continuum post creolo giamaicano
• Basiletto: varietà che realizza tutte le varianti creole
• Mesoletti: varietà intermedie, con varianti sia creole sia inglesi
• Acroletto: : varietà che realizza tutte le varianti inglesi
– Una varietà di lingua è identificata dalla cooccorrenza di varianti di variabili
• Assunti di base della scala di implicazione:
73
– Regole categoriche (+/-), non variabili
– Scelta di una regola= scelta di una grammatica
– La scelta delle regole, dunque di una grammatica, può essere influenzata da esigenze
contestuali (maggiore o minore formalità)
Quindi in base al modello delle scale di implicazione i parlanti non scelgono una regola, ma
scelgono una grammatica, una varietà. Il parlante può avere a disposizione sia l’acroletto che il
mesoletto o il basiletto e a seconda del contesto seleziona l’uno o l’altro, ma quando sta
selezionando un tratto di una varietà ne seleziona una serie di altre; quindi, seleziona la varietà e
questo in maniera categorica.
• Originariamente il modello delle scale di implicazione è un modello di descrizione e analisi
della variazione intralinguistica alternativo a quello laboviano fondato sul regole variabili.
• Per de Camp e Bickerton (anni 70) una scala di implicazione non rappresenta uno
strumento euristico di descrizione di rapporti tra variabili e tra varianti, ma un modello della
competenza linguistica, di cui la variabilità è elemento costitutivo.
• I tratti linguistici in relazioni implicativa, e che in base a combinazioni di co-occorrenza
contraddistinguono le varietà, possono essere intesi come l'esito della realizzazione di
regole, dello stesso tipo di quelle della grammatica generativa, regole categoriche (+ o -),
non regole variabili.
• La variazione è data dalla realizzazione categorica di regole diverse.
• La realizzazione di regole diverse equivale alla scelta fra grammatica diverse: la grammatica
della varietà 1, la grammatica della varietà 2 eccetera.
• Quando un parlante intende modificare le proprie produzioni linguistiche, in direzione ad
esempio di una maggiore formalità, passa da una varietà più bassa ad una varietà più alta.
• Limiti delle scale di implicazione:
• La realizzazione categorica di tratti linguistici in relazioni implicativa trova scarsi
riscontri nella realtà dei continui variazionali osservabili
• La realtà è un insieme di continua (es. italiano) di varietà determinati anche
quantitativamente dalla frequenza di occorrenza di certi tratti e dalla frequenza di
applicazioni delle regole relative, non soltanto dalla loro presenza o assenza
categorica
• Le varianti presentano frequenze diverse, non compaiono in termini categorici di
presenza vs assenza.
• Di fronte alla debole capacità esplicativa di entrambi i modelli si è cercato un punto di
congiunzione:
• Scale di implicazione con regole variabili: scale di implicazioni che tengono conto
anche della realizzazione variabile delle varianti
• 3 valori: oltre alle uscite 0/1 o +/- si prevede un’uscita variabile v (v = uscita
variabile).

74
• La scala di implicazione: distribuzione di frequenza dei tratti linguistici
disposti in una matrice a doppia entrata
• Colonne: le variabili o i tratti/varianti
• Righe: le varietà (ossia i gruppi di parlanti o gli individui)
• Le uscite possono essere binarie o variabili
• Il legame, ossia le relazioni implicative, fra i tratti sono costruite a posteriori
dal ricercatore -> disponendo i tratti sulla scala.

Invece di valori +/- troviamo 0/v/1 che indicano appunto le uscite variabili, perché appunto è una
scala di implicazione che utilizza le regole variabili.
• Problema generale:
– questi modelli stabiliscono la co-occorrenza tra soli tratti linguistici.
– il legame con i fattori extra-linguistici (caratteristico della SL) emerge solo in
seguito, come associazioni individuate a posteriori dai ricercatore
• Oggi si usano invece «modelli misti» di analisi statistica che permettono di implementare
sia fattori linguistici che extralinguistici discreti e continui.

75
Praticamente vengono tagliati fuori fattori extra-linguistici che invece le regole variabili riuscivano
a contemplare. Il concetto è che mentre le scale di implicazione indicavano una relazione tra
variabili e variabili che però si realizzavano in maniera categorica, invece in realtà questo tentativo
di coniugare regole variabili e scale di implicazione si basa sul presupposto che le varietà sono
caratterizzate da un indice di probabilità, di una occorrenza di un determinato tratto e di un altro e
quindi l’implicazione si deve stabilire tra regole variabili; per ritornare ai nostri quartieri spagnoli
non è possibile dire che chi dice “varca” sicuramente dirà “rente” ma possiamo dire che chi dice
“varca” nell’ 80% dei casi dirà “rente” nel 60 % dei casi.
MODELLI VARIAZIONE:
• Modello laboviano: il concetto di variabile sociolinguistica, fondamento teorico alla base
del modello delle regole variabili, poggia su una concezione di variazione come proprietà
dei punti del sistema linguistico di essere realizzati con forme superficiali differenti,
correlate a significati sociali diversi. Che significa tutto ciò?
• Modello laboviano:
– la variazione occupa una posizione interna al sistema linguistico
– la variazione opera in superficie, preservando l'invariabilità delle strutture retrostanti
– l'individuo, ossia il parlante nativo di una lingua, ha competenza di una sola
grammatica, che quindi contiene al suo interno la variabilità
– la grammatica dell'individuo è isomorfa alla grammatica di una comunità linguistica
– i membri di una stessa comunità linguistica condividono uno stesso insieme di
regole
– le regole sono realizzate variabilmente (la variabilità è un fatto costitutivo delle
stesse regole)
• Modelli alternativi come i modelli creolisti DeCamp e Bickerton invece prevedono
l'esistenza di grammatiche multiple:
– questi modelli collocano la variazione in una posizione esterna al sistema linguistico
– la variazione in fondo è data dalla scelta di un sistema linguistico differente
– un parlante nativo ha competenza di più di una grammatica
– le regole sono realizzate categoricamente.

76
MILROY E GORDON:
Il campionamento: Introduzione
• Capisaldi della ricerca sociolinguistica degli anni Settanta:
– Analisi della lingua realmente prodotta dai parlanti (l’uso vs competenza)
– Confronto con la variabilità inerente della lingua
• Prima allo sviluppo dei metodi della sociolinguistica moderna: inadeguatezza
e di difficoltà nei confronti della variazione, anche da parte di chi vi
riconosceva l’interesse.
– Attenzione verso le comunità urbane complesse
– Studio della variabilità interpersonale e intrapersonale delle comunità urbane
– Necessità di concepire strumenti e metodi di analisi radicalmente diversi rispetto a
quelli utilizzati negli studi linguistici precedenti.
- La ricerca sociolinguistica dagli anni 70 in poi sottolinea l’importanza, anzi la necessità di
analizzare la lingua realmente prodotta dai parlanti, quindi l’uso piuttosto che la competenza.
Secondo caposaldo:
- “Confronto con la varietà inerente della lingua” Prima dello sviluppo della linguistica moderna
abbiamo detto che in realtà anche chi aveva una consapevolezza, cioè all'interno della linguistica
non è che non si avesse consapevolezza di quanto la lingua presentasse variazione, ma c’era una
difficoltà ad approcciare la variazione.
- La sociolinguistica degli anni 70 inoltre si caratterizza per l’attenzione verso le comunità urbane
complesse, quindi diversa dagli studi linguistici precedenti.
- Lo studio della varietà interpersonale e intraparlante/intrapersonale all’interno di comunità urbane
e sulla necessità di concepire strumenti e metodi di analisi adeguati a studiare la variazione, quindi
diversi rispetto a quelli utilizzati negli studi linguistici precedenti.
Il lavoro di Labov del 1966, che sarebbe quello su New York presenta un modello metodico e
teorico studiato e tarato sulla variazione nelle comunità urbane, ma che poi è stato successivamente
adattato a diverse comunità linguistiche sparse in tutto il mondo con esiti diversi.
• Labov (1966): modello teorico e metodologico tarato sullo studio della variazione nelle
comunità urbane, utilizzato e adattato successivamente a diverse comunità linguistiche
sparse in tutto il mondo
– Centrale l’idea della imprescindibile funzionalità sociale e linguistica della
variazione
– Il fine della ricerca sociolinguistica è scoprire i pattern sociolinguistici della
variazione
– Indispensabile acquisire la tipologia e la quantità di dati linguistici sufficienti, ovvero
stili diversi di lingua (registri) usati dallo stesso parlante e da tipologie diverse di
parlanti

77
Quali sono gli aspetti fondamentali:
- "Centrale l'idea della imprescindibile funzionalità sociale e linguistica della variazione": che vuol
dire che non si può pensare a una lingua che non vari perché sarebbe disfunzionale in una società
complessa, in cui i significati che vanno veicolati, otre a quelli referenziali, devono essere
necessariamente quelli sociali ma non solo, molti altri. Quindi la lingua non varia solo nel tempo,
ma anche in sincronia.
- "Il fine della ricerca sociolinguistica è scoprire i pattern della variazione": cosa vuol dire i pattern
sociolinguistici della variazione? Modelli che consentano di individuare quali sono i vincoli della
variazione, i contesti della variazione. “Pattern” cosa significa? “Sistema”; per certi versi, ma su
questo pure ci sono fiumi di bibliografia, addirittura “pattern” che potrebbero predire in quali
contesti, un fenomeno di variazione, un parlante seleziona una variante piuttosto che un’altra.
- “Indispensabile è acquisire la tipologia e la quantità di dati sufficienti, ovvero stili diversi di
lingua usati dallo stesso parlante e da tipologie diverse di parlanti”: su questo ci concentriamo oggi,
cioè questo ultimo punto ha a che vedere con il campionamento. Questo ultimo punto ha a che
vedere sia con il campionamento che con i dati, l’elicitazione dei dati.
All’interno di una ricerca sociolinguistica il campione è il gruppo di parlanti, cioè è il campione di
parlanti che vengono selezionati, i quali poi produrranno un corpus di dati.
• La sfida più importante per la ricerca sociolinguistica è ottenere dati linguistici appropriati
da analizzare: good data
• Il primo obiettivo per il sociolinguista è disegnare un campione che rifletta "la relazione tra
il progetto di ricerca e gli obiettivi della ricerca" (Milroy 1987: 18, Milroy and Gordon
2003: 24).
– La relazione tra il campione della ricerca e le finalità della ricerca è strettissima
«At the ouset, a sociolinguistic project must have (at least):
1) a (socio)linguistic problem
2) appropriate data to address it» (Tagliamonte 2006: 17)
Un progetto sociolinguistico deve avere: un problema (socio) linguistico e dati idonei, appropriati
per affrontarlo.
Dobbiamo selezionare un campione adeguato al tipo di dato che vogliamo elicitare che è poi
strettamente legato all’obiettivo di ricerca che ci siamo proposti, quindi la finalità della ricerca.
Tagliamonte dice: 1) un problema sociolinguistico 2) dati appropriati per affrontarlo
• Ma che cosa si intende con good data?
‘Good’ data is defined as language materials of sufficient type and quantity, as well as materials
which take into account the social context in which the language data is gathered. This is referred
to as defining the sampling universe (Sankoff 1974: 21) .
• La ricerca sociolinguistica ha bisogno dunque non soltanto del mero dato linguistico
autentico (per esempio un enunciato prodotto in una determina situazione), ma anche di più
informazioni possibili sul contesto sociale situazionale in cui il dato viene prodotto

78
• L’insieme di questi dati si definisce l’Universo di Riferimento.
• La domanda a questo punto è: come circoscrivere l’universo di riferimento?
• La risposta è: Dipende ☺
“[…] the objectives of a piece of research to a very large extent dictate methods of speaker
selection (Milroy 1987: 28)»
«The hypothesis that motivates the project will influence how to go about collecting the data.
(Feagin 2002: 20)»
• Facciamo un passo indietro….
I dati buoni sono definiti come materiali linguistici di tipo e quantità sufficienti, nonché materiali
che tengono conto del contesto sociale in cui vengono raccolti i dati linguistici. Questo è indicato
come definizione dell'universo di campionamento.
Insieme al dato “linguistico”, la ricerca sociolinguistica non può prescindere da dati di tipo
extralinguistico che riguardino tutto ciò che ha a che vedere con il contesto in cui il dato viene
prodotto (identikit sociolinguistico del parlante, descrizione dell’interazione comunicativa).
Milroy dice: gli obiettivi di una ricerca dettano in larga misura i metodi di selezione dei parlanti.
Quindi l'ipotesi che motiva il progetto influenzerà il modo di procedere alla raccolta dei dati.
Un itinerario storico: campionamento casuale
• In origine, i sociolinguisti basavano la loro metodologia su metodi sociologici. Il fine era
raggiungere la "rappresentatività"
– A tal fine costruivano un campione casuale. Se l’oggetto era una città (ad es. New
York per Labov, Detroit in Michigan per Shuy, Norwich per Trudgill), l’obiettivo
era assicurarsi che il campione fosse rappresentativo della città.
• Questo modus operandi era legato agli obiettivi di questi primi studi.
– L'obiettivo dello studio sulla lingua di Detroit, New York era fornire una sezione
trasversale di [tutta] la popolazione di Detroit, di New York, di Norwich.
– Se questo era l'universo di riferimento le procedure di campionamento dovevano
essere il più casuali possibile.
– Quando l’obiettivo di uno studio è dare un modello in scala della variazione di una
città nel suo complesso, il campionamento casuale5 è l'ideale.
Il fine delle prime ricerche sociolinguistiche era raggiungere la “rappresentatività”, cioè che cosa
comporta? Per ottenere un campione rappresentativo loro costruivano un campione casuale, se
l’oggetto era una città, per esempio New Tork per Labov, l’obiettivo che i sociolinguisti si
ponevano è che il campione fosse rappresentativo della società. Questo approccio era motivato
dall’obiettivo che i sociolinguisti si prefiggevano, e cioè: cosa voleva descrivere Labov all'epoca?
Proprio la variazione a New York city. Quindi a tal fine l’obiettivo era fornire una selezione

5
Un campione casuale è una lista che elenca la popolazione rilevante, esempio i registri elettorali o gli elenchi
telefonici.

79
trasversale di tutta la popolazione di New York, Nordwich, Detroit ecc… In questa ottica le
procedure di campionamento dovevano essere più casuali possibili. Se infatti l’obiettivo di studio è
dare un modello in scala della variazione di una città nel suo complesso, il campionamento casuale
è l’ideale.
• Ma che significa campionamento casuale?
• Affinché un campione si qualifichi come "casuale", il criterio di campionamento deve essere
rigoroso:
– Anyone within the sample frame has an equal chance of being selected (Milroy and
Gordon 2003: 25)
Chiunque rientri nella cornice del campione deve avere le stesse possibilità di essere selezionato.
Ognuno all’interno della cornice del campione deve avere le stesse possibilità di essere selezionato.
Ovviamente raggiungere un tale obiettivo però non è semplice. Cioè l’obiettivo che si vuole colpire
con un campionamento casuale è la rappresentatività, ma assicurare la rappresentatività non è
semplice.
La rappresentatività
• Ovviamente l’obiettivo che si vuole colpire con un campionamento casuale è la
rappresentatività: ma assicurare la rappresentatività non è semplice
– Qualsiasi studio scientifico che studia un piccolo gruppo selezionato all’interno di un
grande gruppo di individui non può essere considerato rappresentativo di
quest’ultimo
• Es. il parlato di un gruppo di giovani lavoratori professionisti in città non è
rappresentativo né dell’intera città, ma nemmeno di tutti i giovani
professionisti in città.
• Allo stesso modo il parlato in un determinato contesto di enunciazione
(conversazione con bambini, lettura ad alta voce) non può essere
generalizzato ad altri contesti.
• Se l’obiettivo è la rappresentatività è indispensabile evitare i seguenti problemi (Milroy
1987: 24)
(a) Selezione degli informatori influenzata, consciamente o inconsciamente, dalla scelta umana
(b) Copertura inadeguata della popolazione
(c) Incapacità di raggiungere alcune sezioni della popolazione
(d) Mancanza di cooperazione da parte di alcune sottosezioni
• Non è semplice...
Osservano Milroy e Gordon: “Il parlato di un gruppo di giovani lavoratori professionisti in città non
è rappresentativo né dell’intera città, ma paradossalmente nemmeno di tutti i giovani professionisti
in città” “Allo stesso modo il parlato in un determinato contesto di enunciazione, questo è ovvio,
non può essere perché pure noi analizziamo il parlato di un gruppo di parlanti in un determinato
contesto, siamo sicuri che quei parlanti parlano in tutti i contesti allo stesso modo? Proprio no,
80
siamo sicuri esattamente del contrario. Per altro “se l’obiettivo è la rappresentatività, è
indispensabile evitare una seria di problemi”, cioè:
(a) Selezione degli informatori influenzata dalla scelta umana, perché poi a quel punto deve essere
completamente casuale.
(b) Quindi numeri particolarmente elevati.
(c) Perché anche questo è un problema, non è detto che si riescano a raggiungere tutti i gruppi
all’interno di una popolazione anche per (il penultimo e l’ultimo punto sono strettamente collegati)
(d) La mancanza di cooperazione o perché irraggiungibili o proprio non vogliono essere raggiunte
alcune sezioni della popolazione.
• Ottenere la rappresentatività è la sfida più ardua quando si studiano popolazioni altamente
diversificate come quelle in contesto urbano
– Descrivere la popolazione di una determinata comunità attraverso un particolare
sottogruppo di parlanti è all’origine di una fonte di distorsione, di un bias.
• Es. se per descrivere gli usi linguistici degli adolescenti di una scuola, ci si
avvale, per individuare il campione, dell’aiuto del dirigente scolastico o degli
insegnanti, si corre il rischio che siano selezionati solo gli studenti migliori
• Impredittibilità dei bias: gli usi linguistici variano su più dimensioni sociali ognuna delle
quali può introdurre una fonte di distorsione nel campione, ovvero un bias.
• Eliminare i bias nella selezione del campione è uno dei problemi principali affrontati dagli
studi sociolinguistici sul parlato urbano fin dagli albori della ricerca sociolinguistica.
Se volessimo descrivere gli usi linguistici degli adolescenti all’interno di una scuola e quindi
selezionare il campione, se ci facessimo aiutare dal dirigente scolastico si corre il rischio di finire a
intervistare gli alunni migliori, è lo stesso rischio che si può correre quando ci si rivolge agli
insegnanti che in buona fede sono portati a sottoporre all’analisi solo i dati degli alunni migliori.
Per altro i “bias” possono venire fuori rispetto a tutte le dimensioni sociali, ogni dimensione sociale
può dare origine a una distorsione. A questo punto si può concludere che tra questi problemi, il
problema del numero è uno dei problemi dell’ampiezza del campione; quindi, in generale i
campioni selezionati per le ricerche linguistiche sono troppo limitati per assicurare la
rappresentatività statistica, ed è meglio sottolineare che bisogna stare molto attenti ad estendere i
risultati di un campione ristretto a una popolazione più ampia.
• I campioni selezionati per le ricerche linguistiche sono di solito troppo limitati per assicurare
la rappresentatività statistica: estendere i risultati relativi ad un campione ristretto ad una
popolazione più ampia è dal punto di vista statistico scorretto.
• Labov a New York City (Lower East Side):
– campione casuale per garantire la rappresentatività.
– progetto iniziale circa 380 parlanti, ne saranno poi intervistati solo 84 per cause
naturali (morti, malattie ecc.)
– il campione definitivo non è più casuale in termini statistici.
• Il principio guida del campionamento casuale è che chiunque può avere la stessa possibilità
di essere selezionato.
81
Labov per esempio a New York inizialmente era partito con l’intenzione di voler raccogliere,
selezionare un campione casuale e aveva inizialmente previsto 380 parlanti circa, di questi alla fine
ne è riuscirà a intervistare solo 84 per morti, malattie, difficoltà nel raggiungerli ecc.… Alla fine in
una situazione del genere il campione che era partito con l’essere casuale non lo è più. Tra l’altro,
cosa avrebbe dovuto fare Labov se avesse voluto rispettare il proposito iniziale che poi abbandona?
Non solo sostituire tutti i parlanti che non si erano dati poi disponibili, ma sostituirli con parlanti
con caratteristiche simili.
• Il campione di Labov non era rappresentativo da un punto di vista statistico, ma presentava
indubbi vantaggi:
– non si concentrava su un particolare gruppo di parlanti
– non tentava di ottenere un particolare tipo parlato (considerato tipico di New York).
• Ma anche qualche problema:
– La sostituzione di informatori inizialmente selezionati non disponibili introduce una
distorsione.
• L’investigatore deve assicurarsi di sostituire i membri non disponibili con
soggetti di caratteristiche simili in modo da preservare la rappresentatività del
campione rimasto.
• A questo punto si pone la necessità di distinguere tra rappresentatività in senso stretto e
rappresentatività in senso debole
– La rappresentatività in senso stretto può fornire un’enorme quantità di indizi sulla
struttura sociolinguistica di una comunità.
• I benefici non paiono tuttavia giustificare i suoi costi
– Preferibile una forma di campionamento strutturato non statistico, a scelta
ragionata, rappresentativo in senso debole.
• Nella sociolinguistica degli ultimi trenta anni si preferisce infatti questo tipo
di campionamento.
Quindi i benefici non paiono giustificare i costi, preferibile è una forma di campionamento
strutturato non statistico, quindi una rappresentatività in senso debole, a scelta ragionata ed è quella
che viene preferita negli ultimi 30 anni nella ricerca sociolinguistica.
La ricerca sociolinguistica oggi: selezionare il campione
• A proposito di un campionamento strutturato non statistico a scelta ragionata….
– La selezione di un campione di questo tipo è comunque un’operazione complessa
• Sankoff 1980 individua tre ambiti di scelte che il ricercatore deve affrontare nella selezione
del campione:
1. Definire l’universo di riferimento, ovvero designare anche in maniera
grossolana i confini del gruppo o della comunità alla quale si è interessati

82
2. Individuare le dimensioni di variazione rilevanti per la comunità in oggetto e
quindi costruire un campione stratificato (per etnia, genere, classe sociale del
parlante)
3. Determinare l’ampiezza del campione.
– Ciascuno di questi obiettivi costituisce una sfida metodologica considerevole
Definire l’universo di riferimento
I. Definire i confini della comunità alla quale si è interessati in genere non è considerato un
problema.
– Ma attenzione:
– la definizione dei confini della comunità condiziona i risultati della ricerca
• Es. Labov sceglie di escludere dal suo campione un ampio numero di persone
selezionate casualmente perché non parlanti nativi
– Scelta densa di conseguenze, sia per l’alto numero di migranti
residenti a New York, sia per la problematicità del concetto stesso di
parlante nativo (in particolare in un’ottica sociolinguistica)
» Per esempio, Trudgil nella sua ricerca a Norwich osserva che
si può essere parlante nativo di una varietà pur non mostrando
le caratteristiche strutturali (l’accento) di tale varietà qualora i
genitori provengano da gruppi dialettali diversi.
Sempre a proposito della definizione dell’universo di riferimento…
II. Accesso difficoltoso alla popolazione target
• Esempio: progetto sulle minoranze linguistiche in Inghilterra (1985):
– Obiettivo: studiare aspetti delle varietà diverse dall’inglese in Inghilterra (11
minoranze in 3 città).
– Problema: individuare le aree di residenza delle minoranze e stabilire il
numero di individui del campione.
• Selezione casuale dalle liste elettorali: inadeguata e insufficiente
• i gruppi minoritari di immigrati sono di solito distribuiti in
GB in maniera non casuale.
• Campionamento in base ai censimenti: i censimenti non riportavano
le informazioni etniche
– Metodi alternativi usati.
• utilizzare l’analisi dei nomi etnici estratti dai registri elettorali
• metodo non sempre efficace: quanto alla comunità italiana a
Londra, per esempio, i nomi dei parlanti italiani non

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apparivano nelle liste elettorali e i nomi italiani presenti non
erano necessariamente indicatori di etnicità
• usare la lista dei parlanti di lingue minoritarie ottenuta dalle comunità
stesse.
Milroy e Gordon citano il caso di uno studio in cui si era posto l’obiettivo di studiare le
caratteristiche di varietà diverse dall’inglese in Inghilterra; quindi, si erano individuate 11
minoranze in 3 città diverse. Un primo problema che si era posto era quello di individuare le aree di
residenza delle minoranze e stabilire un numero di individui del campione. Si era partiti
dall’analizzare le liste elettorali, in realtà partire dalle liste elettorali era un criterio che si era poi
rivelato inadeguato perché i gruppi minoritari di immigrati sono distribuiti (ma non solo in Gran
Bretagna) in maniera casuale perché fanno gruppo quindi utilizzare in maniera indiscriminata le
liste elettorali non aiutava. Il campionamento in base ai censimenti pure risultava inadeguato
perché, nel caso di questa inchiesta, non riportava le informazioni etniche. Quali sono le possibilità
alternative? Per esempio, utilizzare l’analisi dei nomi etnici estratti dai registri elettorali, però non
sempre può essere utile perché per esempio per quanto riguarda la comunità italiana a Londra
spesso i nomi dei parlanti italiani non apparivano nelle liste elettorali. A questo punto quindi
“un’alternativa che potrebbe essere più utili era quella di usare una lista di parlanti di lingue
minoritarie ottenuta dalla comunità stessa”.
Stratificazione e dimensioni del campione
Stabilito l’universo di riferimento del campione, i passi successivi sono:
2. 3. stabilire le dimensioni e la struttura del campione
• A proposito delle dimensioni
• In sociologia i numeri sono piuttosto ampi: 300 soggetti per una popolazione
di solo 1000 abitanti, 1500 per una popolazione di 150.000
• In linguistica campioni sono in genere meno ampi. Perché?
– Labov (1966): gli usi linguistici sono più omogenei di altri fenomeni
sociali (per es. le abitudini dietetiche) poiché inconsapevoli e dunque
non soggetti a manipolazione consapevole.
– Sankoff (1980): L’esigenza di garantire la mutua comprensione tra
individui e un elevato grado di efficienza comunicativa limita la
variazione ed impone una certa regolarità nei comportamenti
linguistici.
• Campioni troppo ampi rischiano di essere ridondanti: pongono un notevole
quantitativo di problemi nella gestione dei dati per l’analisi senza un ritorno
adeguato in termini analitici (Sankoff 1980: 51-2)
• Dati molto complessi da analizzare inducono a limitare l’ampiezza del campione (es.
Labov a New York riduce da 384 a 88 e Trudgill a Norwich 66).
• Spesso nel corso del lavoro le difficoltà di gestione di un campione troppo
vasto spingono a selezionare per l’analisi dettagliata solo una parte di esso.

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In quest’ottica campioni troppo ampi di parlanti in realtà porrebbero quale limite?
1) proprio perché la variazione non è così ampia ci ritroveremmo ad ottenere dei dati ridondanti,
che coincidono. Tra l’altro senza un ritorno adeguato, con una ricaduta dal punto di vista descrittivo
piuttosto esigua.
2) spesso ci si ritrova a dover limitare il campione, spesso nel corso del lavoro proprio la gestione
difficile di un campione molto vasto spinge a selezionare una sola parte di esso.
• Ampiezza del campione e dimensioni di variazione
– L’ampiezza del campione per una ricerca sociolinguistica è influenzata dalle
dimensioni di variazione sociale che si vogliono prendere in considerazione:
• un campione rappresentativo di una società stratificata in termini di status
sociali, generi e età sarà costituito da tanti sottogruppi e raggiungerà
dimensioni piuttosto ampie:
es. 4 strati, 4 fasce d’età e due sessi = 32 parlanti.
– A questo punto si pone un’alternativa:
• aumentare la dimensione del campione
• diminuire il numero delle variabili sociali da prendere in considerazione.
Quota and Judgment Sampling
• In definitiva sulla struttura del campione
– Rispetto alle prime fasi dei lavori di Labov negli ultimi tempi (tre decenni) c’è stato
un ripensamento della tecnica di campionamento: rinuncia a campioni strettamente
casuali a favore di approcci più mirati in modo da ottenere un campione stratificato
in maniera bilanciata e funzionale
– A tal fine i variazionisti hanno abbandonato le procedure di campionamento casuale
a favore di un campionamento proporzionale, per quota:
• il ricercatore stabilisce in anticipo il tipo di formatori che vuole studiare e poi
cerca le quote di parlanti che rientrano in quella categoria specifica.
In definitiva rispetto alle prime fasi del lavoro di Labov, in sociolinguistica c’è stato un
ripensamento della tecnica del campionamento, si è rinunciato a campioni strettamente casuali a
favore di approcci più mirati, in modo da ottenere campioni stratificati in maniera funzionale e
bilanciata. Si parla in questo caso di campionamento proporzionale, per quota, cioè il ricercatore
stabilisce in anticipo il tipo di informatore che vuole studiare e poi cerca le quote di parlanti che
rientrano in quella determinata categoria.
• I campioni proporzionali si basano sul giudizio del ricercatore nel determinare la struttura
del campione e nel selezionare i soggetti: per questo sono definiti campionamenti ‘per
quota’ e ‘a scelta ragionata’
• Un buon campionamento proporzionale e ragionato deve essere basato su una chiara
impostazione teorica in base alla quale le scelte del ricercatore devono risultare razionali e
motivate.
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• Campionamento per quota: La popolazione viene divisa in un certo numero di strati
massimamente omogenei al loro interno rispetto a variabili considerate rilevanti ai fini della
ricerca (come per il campionamento stratificato). • La numerosità interna degli strati è
proporzionale alla numerosità dei rispettivi strati nella popolazione. • Gli individui non
vengono, però, estratti casualmente da ciascuno strato, bensì scelti dagli intervistatori che
sono solo obbligati a rispettare le quote. – Esempio: indagini telefoniche con interviste
stabilite per quote (sesso, classe di età, istruzione, ecc.).
• Campione a scelta ragionata: questo tipo di campionamento è usato nel caso in cui i
fenomeni da studiare sia fortemente caratterizzato o circoscritto a determinate aree o
individui. • Le unità campionarie vengono scelte sulla base di alcune loro caratteristiche.
Proprio perché la scelta del ricercatore gioca un ruolo determinante, è necessario che il ricercatore
parta da una chiara impostazione teorica, quindi un problema sociolinguistico, una serie di
interrogativi a cui si vuole provare a rispondere, in modo tale da giustificare le scelte che si
compiono in termini di campionamento, le scelte devono risultare razionali e motivate. A questo
punto Milroy e Gordon fanno una serie di esempi di casi e questo secondo me è un aspetto carino di
questo manuale perché vi da una idea della complessità, dei problemi, dei modi diversi di
affrontarli, vi fa toccare con mano questioni che inizialmente vengono affrontate di volta in volta,
prima da un punto di vista teorico. Per esempio: Il primo studio citato che poi mi pare è uno studio
che abbiamo già citato è quello di Maculay a Glasgow dove praticamente vengono selezionati 54
informatori da 17 scuole selezionate come rappresentative di tutte le scuole di Glasgow però fa un
suggerimento di un membro del dipartimento scolastico, Romaine è critica di questo approccio
perché a prescindere, in questo caso diciamo che non c'era tanto il rischio di ottenere, di intervistare
i migliori studenti, ma aldilà di tutto, qualora noi volessimo ottenere un campione oggettivo,
dipende sempre dall’obiettivo che noi ci poniamo, affidarci poi al metro di giudizio soggettivo di un
individuo è una contraddizione.
• Due casi di studio:
– Maculay (1977) a Glasgow: 54 informatori da 17 scuole selezionate come
rappresentative di tutte le scuole di Glasgow su suggerimento di un membro del
dipartimento scolastico.
• Romaine: criterio criticabile perché basato sul giudizio soggettivo del
dirigente
– Romaine (1978) a Edimburgo: interessata a bambini di classe operaia, seleziona le
scuole in base alle caratteristiche demografiche dell’aree di residenza e dunque
intervista bimbi residenti in aree con bassi valori di reddito, scolarizzazione ecc.
• Attenzione: non sempre le categorie sociali sono facilmente individuabili grazie a criteri
demografici
– quando le categorie sociali non sono individuabili grazie a criteri demografici,
l’investigatore si assume una responsabilità maggiore
– necessaria è una profonda conoscenza della comunità che può scaturire o
dall’osservazione partecipante di lungo periodo o da altri metodi di tipo etnografico.
Milroy e Gordon sottolineano “quando le categorie sociali non sono individuabili grazie a criteri
demografici, l’investigatore si assume una responsabilità maggiore” “necessaria è una profonda
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conoscenza della comunità che può scaturire o dell’osservazione partecipante di lungo periodo o
da altro metodi di tipo etnografico”.
Un esempio della comunità di Greci, dove se io avessi voluto utilizzare il criterio demografico
non sarei riuscita, perché è una comunità che dal punto di vista sociale presenta una bassa
variazione o meglio, le variabili extralinguistiche che giocano un ruolo più determinante sono
altre, non sono quelle legate alla classe sociale, e spesso questo accade in comunità che non
siano le grandi città come New York, come Glasgow, tant’è che in realtà l'apparato concettuale,
metodologico, elaborato da Lebov, funziona bene per New York ma non sempre da gli stessi
risultati perché le comunità presentano caratteristiche diverse. Per esempio a Greci siccome la
comunità, questa è una caratteristica delle comunità di minoranza, a parte l'età era una variabile
molto forte, perché la lingua di minoranza nelle generazioni più giovani si sta perdendo, poi
siccome c’è un livello di scolarizzazione generalizzato molto alto, Greci è una comunità a cui si
dà molto valore all'istruzione, per cui voi trovate anche persone di età avanzate con un livello di
istruzione elevato e tra l’altro la conservazione della lingua di minoranza non è legata tanto al
livello di istruzione o il tipo di attività, perché certamente si possono individuare per esempio
contadini, anche se anche da questo punto di vista era abbastanza omogenea perché, ripeto, il
livello di istruzione era abbastanza elevato, però quindi quali possono essere le variabili che
giocano un ruolo più determinante in una situazione del genere? Quali sono le variabili
extralinguistiche che giocano un ruolo? Per esempio, l’attaccamento alla comunità, la fedeltà
linguistica. La fedeltà linguistica con quali per esempio caratteristiche extralinguistiche ci si
potrebbe aspettare che correlasse? In una famiglia quale può essere l’elemento che può giocare
un ruolo piuttosto determinante? Matrimoni misti per esempio, la presenza all’interno di una
famiglia di un membro che non viene dalla famiglia, oppure la centralità o la perifericità rispetto
alla comunità di attività, residenza ecc.… perché chiaramente una serie di persone che lavorano
a Greci, sono più legate a Greci ecc.… e che hanno un atteggiamento più centripeto hanno un
attaccamento maggiore, per questo dicevo la fedeltà linguistica è l’effetto di tutta una serie di
elementi. Per cui quando andiamo a guardare una comunità del genere con questo tipo di
complessità, poi che ne so altri elementi è dove si sono fatte le scuole perché a Greci è legato
anche alla generazione a cui si appartiene perché prima la scuola era a Greci, da un certo punto
in poi i ragazzini hanno cominciato ad andare ad Ariano, cioè è chiaro se guardiamo una
comunità del genere con l’ottica di classe sociale media, alta, operaia, livello di istruzione o i
criteri utilizzati per New York, ci troviamo con degli strumenti che non ci permettono di
cogliere qual è la dinamica linguistica variazionale in una comunità così.
Qua quindi andiamo alle necessità di categorie locali, qua si riprende una celebre citazione dalla
Eckert da cui abbiamo letto il primo pezzo:
• “Rather than testing hypotheses against predetermined categories, ethnography is, among
other things, a search for local categories. Thus while survey fieldwork focuses on filling in
a sample, ethnographic fieldwork focuses on finding out what is worth sampling.” (Eckert
(2000: 69)
Piuttosto che testare ipotesi utilizzando categorie predeterminate, l'etnografia è, tra le altre cose,
una ricerca di categorie locali. Pertanto, mentre solitamente la ricerca sul campo è concentrata
sul tentativo di riempire un campione, l’etnografia cerca di stabilire quello che vale la pena
campionare

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– Esempio: Eckert (2000) due anni in una scuola superiore di Detroit per inquadrare la
struttura sociale della scuola e stabilire una relazione di vicinanza con gli studenti
che le consentisse di selezionare il campione in base a ‘categorie locali’
– Nel campionamento per quota e a scelta ragionata il ricercatore può adottare la tecnica del
campionamento a valanga: gli stessi partecipanti aggregano nuovi partecipanti.
– Questo approccio è molto efficace:
– riduce la possibilità di rifiuto da parte dei partecipanti
– l’investigatore avvicina gli informatori non da outsider, ma nel ruolo di amico di un
amico
La Eckert non si rivolge al dirigente scolastico, ma frequenta la caffetteria, la biblioteca, i corridoi,
conosce e entra in contatto con studenti e usa la tecnica a valanga, che non ha nessun criterio
rappresentativo, noi stiamo rinunciando diciamo, paradossalmente quando parliamo di
rappresentatività, i miei parlanti dei quartieri spagnoli per certi versi si potrebbero dire che sono
rappresentativi solo di se stessi, ma è anche vero però che la mia conoscenza della realtà dei
quartieri da un punto di vista etnografico, tanto è vero che ho fatto tante più interviste rispetto a
quelle che ho analizzato, ho intervistato più artigiani di quelli sui quali poi mi sono concentrata
perché ho individuato dei modelli ridondanti di variazione dei pattern e quindi ho stabilito, e me ne
sono assunta io la responsabilità, così come se ne assume la Eckert, è chiaro che non mi nascondo
dietro un dito, ho fatto io le scelte e le scelte che ho fatto condizionano il risultato che io ottengo.
Campionamento a valanga e network sociale
• La tecnica del campionamento a valanga è stata efficacemente adottata nelle inchieste sui
network sociali.
• Nello studio del network il campionamento avviene rispetto agli studi sociolinguistici
tradizionali in un modo diverso:
– negli studi tradizionali il punto di partenza è la selezione di individui isolati che
appartengono ad una particolare classe sociale vs lo studio del network esamina un
gruppo sociale preesistente
• Sistema pratico che fornisce un insieme di procedure per studiare i gruppi piccoli in cui i
soggetti non sono discriminati in base a nessun indice sociale.
– Esempi:
• Labov (1972a ) a Harlem un gruppo di ragazzi neri del quartiere
• Cheshire (1982) a Reading un gruppo di adolescenti che si incontrano in un
parco giochi
Tapping the vernacular
• La tecnica di campionamento a valanga consente di aggirare un grave problema del
campionamento casuale: tapping the vernacular
• Un obiettivo della metodologia variazionista è ottenere l'accesso a ciò che è indicato come il
"vernacolo".

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• Nella sociolinguistica anglosassone, la varietà di lingua non standardizzata e spontanea usata
dai parlanti nativi, in particolare nelle interazioni in gruppo è detta vernacular (l'italiano
vernacolo ha piuttosto il senso di dialetto particolarmente marcato proprio di un luogo di
una regione) (Berruto Cerruti 2015: 29)
• Il vernacolo nella SL anglosassone ha avuto molte definizioni nel campo:
1. "lo stile non monitorato, o minimamente monitorato» (Labov 1972c: 208)
2. "speech day" (Sankoff 1974, 1980: 54), linguaggio di tutti i giorni
3. “linguaggio reale in uso" (Milroy 1992: 66)
4. "discorso spontaneo riservato a situazioni intime o casuali " (Poplack 1993: 252)
5. "tutto ciò che può essere semplicemente descritto come discorso informale " (Sali
Taglamonte 2006)
Inoltre, la tecnica di campionamento a valanga offre numerosi altri vantaggi: un vantaggio diciamo
macroscopico, che proprio perché il ricercatore si introduce come amico di un amico all’interno di
un gruppo il parlato può essere più spontaneo, quindi è un modo per ottenere quello che è il
vernacolo. Attenzione perché quando nella bibliografia anglosassone troviamo “vernacular” non è il
corrispettivo di quello che noi intendiamo, perché nella sociolinguistica anglosassone il vernacolo è
tante cose, ma non è quello che nel nostro caso è il dialetto.
Invece il vernacolo vediamo cos’è:
1. Per Labov è lo stile non monitorato o minimamente
2. Per Sankoff il linguaggio di tutti i giorni
3. Per Milroy è il linguaggio reale in uso
4. Per Poplack è il discorso spontaneo riservato a situazioni intime o casuali
5. Per Sali Tagliamonte è tutto ciò che può essere semplicemente descritto come discorso informale.
L'accesso al vernacolo è considerato fondamentale perché si pensa che sia la forma di
linguaggio più sistematica.
• Perché?
1. perché si presume che sia la varietà che è stata acquisita per prima.
2. perché è la varietà del linguaggio più libero da ipercorrezione o spostamenti di stile,
considerati sovrapposizioni tardive al sistema linguistico originario.
3. perché si ritiene che il vernacolo sia lo stile da cui deriva ogni altro stile e rispetto a
cui ogni altro stile deve essere calibrato (Labov 1984: 29).
4. perché presenta le dinamiche fondamentali che determinano il corso dell'evoluzione
linguistica (Labov 1972: 208).
5. perché è posizionato alla massima distanza dalla norma idealizzata (Milroy 1992: 66,
Poplack 1993: 252)

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• «Once the vernacular baseline is established, the multi-dimensional nature of speech
behaviour can be revealed. For example, Bell (1999: 526) argues that performance styles are
defined by normative use. Thus, the unmonitored speech behaviour of the vernacular
enables us to tap in to the broader dimensions of the speech community. In other words, the
vernacular is the foundation from which every other speech behaviour can be understood.»
(Sali Tagliamonte 2006: 8)
• Una volta stabilito il punto di riferimento, la linea di base del vernacolo, si rivela la natura
multidimensionale del comportamento linguistico. Secondo Bell gli stili performativi sono
definiti dall’uso normativo. Pertanto, il discorso non monitorato ci consente di attingere
alle dimensioni più ampie del linguaggio della comunità. In altre parole, il vernacolo è il
fondamento da cui può essere compreso ogni altro comportamento linguistico.
• Campionamento casuale e vernacular
1. Con il campionamento casuale i ricercatori sul campo non conoscono le persone con
cui stanno parlando.
• Intervistatore e intervistato sono di solito estranei l'uno all'altro e, dal
momento che la maggior parte delle raccolte di dati cerca di intervistare solo
un informatore alla volta, l'interazione è limitata e rappresenta una tantum.
2. La strategia del campionamento casuale non consente di attingere alla forma più
informale di lingua.
• La mancanza di familiarità influenza notevolmente lo stile linguistico nelle
situazioni di intervista sociolinguistica
3. Allo studio della lingua nel suo contesto sociale si preclude in questo modo
l’obiettivo primario, attingere alla forma ‘ideale’ di corpus linguistico,’ ‘tapping the
vernacular’.
Chiaramente, come avevamo già anticipato, il campionamento casuale consente di più di ottenere il
vernacolo, perché nel campionamento casuale i ricercatori sul campo non conoscono le persone con
cui stanno parlando, per altro l’interazione è limitata, e rappresenta una tantum, spesso si
raccolgono i dati solo da un parlante in un determinato momento. Il campionamento casuale non
consente di attingere alla forma più informale di lingua perché la mancanza di familiarità influenza
lo stile linguistico nelle situazioni di intervista sociolinguistica. Quindi in questo modo ci si
preclude la possibilità di attingere alla forma ideale di corpus linguistico.
In sintesi, fondamentale è la relazione tra gli obiettivi della ricerca e il campionamento, le domande
che si pone l’investigatore risultano determinanti per trovare e individuare le risposte. Anche Milroy
e Gordon fanno una serie di esempi di come le domande che i ricercatori si sono posti hanno
condizionato le scelte in termini di campionamento:
Campionamento e obiettivi della ricerca: alcuni esempi
• In sintesi, fondamentale è la relazione tra gli obiettivi della ricerca e il campionamento:
– le domande che si pone l’investigatore risultano determinanti per trovare le risposte.
• Hazen (2000) a Warren County in North Carolina:
– Ruolo della etnia nelle dinamiche sociali:
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• Studi precedenti: approccio binario (bianchi vs africo-americani) vs Hazen:
approccio ternario: anche i nativi americani (45 individui, 15 per ognuno).
– Interesse per le dinamiche di cambiamento sociale:
• campione stratificato per età (tre fasce: chi ha frequentato le scuole dei
quartieri ghetto, chi ha frequentato la scuola nella fase dell’integrazione e chi
ha cominciato la scuola dopo l’integrazione).
– Scelte motivate dalla consapevolezza dell’importanza
dell’integrazione delle scuole pubbliche (negli anni 70) nelle relazioni
etniche a Warren County.
Per esempio, in una comunità del North Carolina, Hazen vuole indagare il ruolo dell’etnia nelle
dinamiche sociali. Studi precedenti avevano adottato un approccio binario, cioè avevano analizzato
i bianchi e gli afroamericani. Invece Hazen aggiunge a questi due gruppi quello dei nativi
americani; quindi, sceglie 15 individui per ogni gruppo, e siccome è interessato alle dinamiche di
cambiamento linguistico legate al cambiamento sociale, sceglie un campione stratificato per tre
fasce e in particolare le tre fasce le individua in relazione alla frequentazione della scuola in
determinate fasi della vita della comunità, cioè chi ha frequentato le scuole dei quartieri ghetto, chi
ha frequentato la scuola nella fase dell’integrazione e chi ha cominciato la scuola dopo
l’integrazione. E fa questa scelta perché c’era la consapevolezza dell’importanza del lavoro che era
stato fatto nelle scuole pubbliche nella direzione di potenziare l’integrazione negli anni 70, tra le
varie realtà etniche della comunità.
ESEMPI:
• Gordon 2001:
– interesse per la diffusione geografica di alcuni tratti linguistici nella regione dei
Laghi (Northen Cities Shift).
– I cambiamenti, associati al linguaggio urbano, pare si stiano diffondendo nelle arie
più rurali.
– Obiettivo investigare la dinamica di cambiamento del Northen Cities Shift in due
piccole cittadine del Michigan.
• La selezione delle cittadine è basata su: diversi fattori tra cui:
– Distanza con grandi città: una molto vicina a Detroit, l’altra a metà
strada tra Detroit (Michigan) e Chicago (Illinois).
– Collegamenti: entrambe le cittadine sono attraversate dall’autostrada
che le collega con i grandi centri.
• All’interno di ogni città il campione è stratificato per età (16-18, 40-55) e
genere, due variabili che solitamente correlano con i cambiamenti linguistici.

• Arvilla Payne 1980:


– Obiettivo:

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– studiare fino a che punto bambini acquisiscono il sistema fonologico di un
secondo dialetto dopo essersi trasferiti da una regione dialettale ad un’altra
– Campione:
– bambini di un quartiere Philadelfia, King Prussia
– Scelta del quartiere:
– Un’area con un ‘dialetto’ dominante e molte famiglie che provengono da altre aree
dialettali: i bambini che si sono trasferiti hanno l’opportunità di imparare nuove
forme dialettali.
– In questa situazione il dialetto dei genitori ha la massima opportunità di influenzare
l’acquisizione linguistica dei bambini.
– In questo quartiere il dialetto locale è ben conosciuto e almeno il 50% della
popolazione è locale, i dialetti non locali hanno un alto o neutro grado di prestigio.
• Arvilla Payne 1980:
– All’interno del quartiere:
– tre isolati in base al tipo di vicinato (mobile, locale e misto) per ogni isolato
4 famiglie (Complessivamente 24 famiglie e 108 bambini)
– le famiglie:
• famiglia con genitori e bambini locali
• famiglie con bambini nati localmente, ma con genitori nati fuori
• famiglia con genitori e bambini nati fuori
– Per individuare le famiglie che presentavano queste caratteristiche, i primi
contatti avvenivano in strada poi in chiesa e alcuni leader delle chiese e delle
diverse comunità hanno aiutato a identificare e contattare le famiglie.
Campionamento e età
• Dopo i lavori di Labov (1963, 1966) lo studio del cambiamento linguistico è uno degli
ambiti in cui l’applicazione del paradigma variazionistico è stato più fruttuoso.
• Usando i metodi variazionistici è stato possibile identificare ed esaminare i cambiamenti
linguistici in atto.
• Questa linea di ricerca ha prodotto importanti indizi per comprendere i meccanismi del
cambiamento linguistico grazie all’esplorazione del ruolo giocato dai fattori sociali e tra
questi in particolare l’età.
– Differenze tra le generazioni di parlanti sono interpretate come prove di
cambiamento linguistico in accordo all’ipotesi del tempo apparente, secondo cui
parlanti di età diverse sono rappresentativi di diversi stadi di lingua.
• Britain (1992) New Zeland:
– Studio sulla frequenza di un contorno intonativo con picco ascendente finale.
92
– Lo studio mostra un aumento di questo pattern intonativo tra le generazioni e dunque
evidenzia un cambiamento in atto
– Per sostenere la sua ipotesi Britain si avvale del confronto con dati precedenti del
1966 che rilevavano per la prima volta questo tratto nel parlato di bambini.
• Questo tipo di fonte in tempo reale aiuta a stabilire che questo pattern
intonativo ascendente è relativamente nuovo
• Labov (studio di Martha’s Vineyard 196O): importanza di punto di riferimento in tempo
reale per evitare il rischio di fraintendere prove in tempo apparente.
Campionamento e età: age-grading
• Indicazioni sincroniche di differenze generazionali non sono necessariamente prove
di un cambiamento in atto.
• Il caso del age-grading: l’uso di una forma è associato a una particolare fase della vita.
• Alcuni pattern si ripetono in tutte le generazioni: i parlanti cominciano ad usare una forma
intorno a una certa età e l’abbandonano quando diventano più adulti
• Chambers 1995 in Ontario in Canada: il nome dell’ultima lettera dell’ alfabeto z di
solito viene chiamata zed tranne che dai bambini piccoli che tendono ad usare la
forma americana zee acquisita dalla televisione americana. Una volta cresciuti questi
bambini sostituiscono zee con zed in accordo con la norma degli adulti.
• L’age-grading: importante sfida all’ipotesi del cambiamento in tempo apparente secondo cui
gli usi linguistici non cambiano nel corso della vita.
• La maggioranza dei casi di age-grading si verifica però nell’infanzia o nell’adolescenza e
riguarda quei tratti che implicano un alto livello di consapevolezza e possono facilmente
essere manipolati
• Alcuni studi hanno tentato di testare il concetto di tempo apparente attraverso la
comparazione delle tendenze emerse da un punto di vista sincronico con l’osservazione di
dati in tempo reale.
• Baley 1991 verifica 15 anni dopo i dati emersi da una ricerca telefonica condotta in
Texas precedentemente (Linguistic Atlas of the Gulf States)
• Trudgil 1988 ritorna dopo 15 anni a Norwich per confermare i dati da lui raccolti 15
anni prima: emergono numerosi tratti ben stabiliti nel parlato dei ragazzi nonostante
la loro bassa frequenza o totale assenza nel corpus precedente.
• Questo risultato evidenzia la rapidità con la quale cambiamento linguistico si
può diffondere in una comunità ( es. centralizzazione di ɛ in bell)
• Baley: I dati ottenuti dalla ricerca in tempo apparente confermati dalla ricerca in tempo
reale. Le forme giudicate innovative sulla base dei dati sincronici effettivamente erano
infrequenti nei dati dell'atlante, forme emerse come recessive nella ricerca in tempo
apparente effettivamente erano più frequenti nei dati dell'atlante
Cedergren (1969, 1987) esamina alcuni tratti dello spagnolo di Panama

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• La sua ricerca rappresenta un test del costrutto del tempo apparente.
• I risultati rivelano alcune discrepanze tra i due studi condotti a distanza di tempo l’uno
dall’altro e suggeriscono che i parlanti possono cambiare i loro usi linguistici nel corso della
loro vita
– Punto di partenza : forma standard [tʃ] sostituita da forma innovativa [ʃ]
• Aumento complessivo della forma innovativa in tutte le generazioni
• Il gruppo che comprende persone tra i venti e trenta anni in tutti e due gli
studi presenta un picco
– Attenzione: le forme innovative in questo stadio della vita sono
preferite poiché si sta entrando nel mercato linguistico
• Il metodo del tempo apparente non deve essere sostituito, ma serve come stimolo per
interpretare criticamente le differenze di età
– Il problema è la nostra limitata comprensione delle relazioni tra età e variazione.
– L’età è una variabile sociale che permette una classificazione netta dei parlanti (vs
altre variabili come lo status socioeconomico).
– L’età è facile da misurare, ma assegnare un valore numerico ad un soggetto è solo
un passo preliminare per interpretare la variazione connessa all’età .
– L’età è simile al genere: sebbene i parlanti siano facilmente classificati come uomini
e donne, questa semplice dicotomia nasconde un’enorme complessità di relazioni.
– Allo stesso modo la sfida di esaminare gli effetti dell’età risiede nell’individuare
modi significativi di comparare e raggruppare soggetti
• Eckert a Detroit:
– divisione in tre stadi che distinguono l’infanzia, l’adolescenza e l’età adulta, e
separazione tra gli adulti che lavorano e quelli in pensione
• Hazen (2000) nelle tre comunità etniche in Nord Carolina:
– in base alle diverse fasi di vita si individuano tre categorie definite localmente in
relazione alla storia della comunità, in particolare al processo dell’integrazione nelle
scuole pubbliche.
• Gli adolescenti spesso conducono il cambiamento, usano molte forme innovative: questo
trend è connesso al loro essere coinvolti nella costruzione della loro identità in opposizione
agli adulti.
• Di contro il parlato degli adulti di mezza età tende ad essere altamente conservativo, spesso
più conservativo degli adulti più anziani:
– molte variabili mostrano una distribuzione ad U in base alla quale i giovani e gli
anziani si comportano in maniera simile e si distinguono dai parlanti di mezza età
• La spiegazione sembra risiedere nella pressione conservativa del mercato linguistico che
subiscono gli adulti di mezza età.
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• Campionamento e classe sociale
• L’età è una variabile di primario interesse per la ricerca focalizzata sul cambiamento
linguistico e l’acquisizione.
• La classe sociale ha rilevanza in una gamma più ampia di situazioni.
• La classe sociale è una variabile che gioca un ruolo preminente nella variazione linguistica,
in particolare, dei paesi industrializzati
– Chambers (1995): distinzione tra i colletti bianchi e i colletti blu
• Rickford (1997): nonostante l’apparente centralità della relazione tra classe sociale e
variazione linguistica, nella sociolinguistica quantitativa pochi studi hanno evidenziato una
relazione tanto potente come quella emersa nelle ricerche di Labov a New York.
• In realtà maneggiare la varabile classe sociale è molto più complicato di quanto possa
apparire inizialmente .
• La definizione di classe sociale è controversa anche nell’ambito delle scienze sociali.
• Molto criticato in una fase recente degli studi variazionistici è l’uso non riflesso criticamente
del concetto di classe sociale che caratterizza i primi lavori sociolinguistici.
• Giddens (1989): nell’ambito di un’ampia discussione sulle strutture della inegualità,
considera la classe (connessa all’accesso alle risorse economiche in USA) uno dei principali
sistemi stratificati che hanno promosso ineguaglianza (gli altri sono: la schiavitù del mondo
antico, la casta della società indiana, il ceto della società europea)
• In realtà la stratificazione attraverso la classe è spesso accompagnata da un certo grado di
mobilità: la posizione di classe di un individuo può essere raggiunta, non ereditata
• ‘Classe’ significa cose diverse in contesti sociali e economici differenti: la mobilità è
maggiore negli Stati Uniti e nel Nuovo Mondo mentre è minore in Europa dove il concetto
di classe è meno saliente
Classe sociale: accesso alle risorse economiche in USA . Schiavitù: mondo antico. Casta:
società indiana. Ceto: Europa
• Cannadine (1998) evidenzia notevoli differenze nella concezione di classe tra USA e Gran
Bretagna
La società priva di classe prototipica rimane la società degli Stati Uniti. Indubbiamente ci sono
grandi inuguaglianze di benessere e potere in USA ma queste non si traducono in corrispondenti
ineguaglianze di prestigio sociale o di percezione sociale. Diversamente dagli inglesi, gli americani
non concepiscono la loro società gerarchicamente organizzata e percepiscono loro stessi nella
maggioranza dei casi come appartenenti alla classe media. A differenza degli inglesi, gli americani
non sono interessati alla lingua di classe e ai modelli di società classista che quella lingua
esprime. La differenza tra USA e GB è che in USA la sola differenza tra ricchi e poveri è che i
primi hanno più soldi
– Differenza di consapevolezza di classe
– Distinzione tra la classe come sistema per promuovere la ineguaglianza nella società
e la percezione sociale del prestigio che ne scaturisce
95
Halsey classe (concetto economico), status (concetto valutativo)
• Halsey (1995) analisi delle strutture dell’ineguaglianza in Gran Bretagna:
– Differenza tra classe, status e partito:
• Il concetto di classe è basato sul mercato del lavoro (individui che occupano
la stessa posizione nel mercato del lavoro), il concetto di status si basa sulla
tendenza ad attribuire valori positivi o negativi a qualsiasi condizione umana
(reti di individui che condividono un prestigio sociale simile), i partiti sono
organizzazioni politiche finalizzate al raggiungimento di obiettivi sociali.
• Le classi pertengono alla struttura economica della società, gli status alla
struttura sociale della società, i partiti alla struttura politica.
La società di classe prototipica rimane la società degli Stati Uniti. Indubbiamente ci sono grandi
inuguaglianze di benessere e potere ma queste non si traducono in ineguaglianze di prestigio sociale
o di percezione sociale. Diversamente dagli inglesi gli americani non concepiscono la loro società
gerarchicamente organizzata e percepiscono loro stessi nella maggioranza dei casi come
appartenenti alla classe media. A differenza degli inglesi gli americani non sono interessati alla
lingua di classe e ai modelli di società classista che quella lingua esprime.
• La rilevanza del binomio classe/status è particolarmente rilevante nell’analisi della
variazione linguistica
• Ma in concreto come si definisce la classe?
– Thompson (1963): classe = gruppo di persone che condividono gli stessi interessi,
esperienze sociali, tradizioni e sistema di valori, che tendono a comportarsi come
classe e a percepire e definire se stessi, in relazione agli altri, in termini di classe
– Chambers (1995): definizione di classe basata su una gerarchia di occupazioni
• Es. Macaulay a Glasgow: l’occupazione funziona bene come indicatore di
classe.
• Nel mondo arabo: l’indicatore di classe più efficace da un punto divista sociolinguistico è la
scolarizzazione poiché l’accesso alla lingua di elite è garantita direttamente dal livello
educativo (Al-er 1997, AbdEl-Jawad 1987)
• Labov a New York usa tre indicatori la scolarizzazione, l’occupazione e il reddito
• Trudgil a Norwich usa un indice molto complicato basato su occupazione, reddito,
scolarizzazione, tipo di abitazione, quartiere di residenza e occupazione del genitore. In base
a tali indicatori individua le cinque classi sociali
Haeri in Egitto segue Labov usa quattro indicatori (l’occupazione dei genitori, la scolarizzazione, il
vicinato e l’occupazione) che organizzati in ordine di importanza relativa consentono di distinguere
quattro classi sociali (bassa, media, medio-alta, alta).
• Talvolta l’utilità della classe sociale come indicatore è dubbio:
– es. in America Latina, dove vi è un enorme divario di condizioni economiche e di
potere tra una ristretta elite e la maggioranza della popolazione, un modello di

96
società e dunque di classe sociale che sottintenda un accesso stratificato al potere
economico e politico risulta inadeguato.
– Rickford in Guyana (sud America): forte insoddisfazione nei confronti del concetto
di classe sociale così come usato in sociolinguistica: la distinzione linguisticamente e
etnograficamente più rilevante a Cane Walk da un punto di vista sociale è di tipo
binario tra quella fetta di popolazione che lavora nelle piantagioni della canna da
zucchero e tutti gli altri, autisti, operai e commercianti.
• A questo punto quale è il modello di classe sociale più appropriato per la ricerca
variazionistica?
• Dipende ☺
• Fondamentale è la distinzione di Halsey tra classe (concetto economico) e status (concetto
valutativo: il prestigio attribuito alle diverse classi sociali)
• Nella sociolinguistica variazionistica è sempre stato dato un grosso spazio ai giudizi dei
parlanti Labov (1972 e oltre)
– Bell (1984, 1989) ha incorporato la ricerca sociale e psicologica sulle attitudini
linguistiche nel suo studio sulla variazione
– Milroy e Preston (1991) presentano un lavoro variazionistico sulle attitudini
linguistiche
• Nella misura in cui i gruppi occupazionali si sovrappongono ai gruppi di status e
condividono prestigio e stili di vita simili, essi possono essere visti come coestensivi e la
distinzione tra loro può non essere problematica. In questo caso il termine classe è usato per
indicare entrambi .
• In alcune comunità invece la relazione tra status e classe può non coincidere, quindi la scala
stratificata di New York o di Norwich non può essere automaticamente estesa.
– In Gran Bretagna la proporzione di popolazione che ricade in una data classe può
variare da una comunità all'altra.
• Differenze nord e sud della GB: nel sud dell'Inghilterra una maggiore fetta
della popolazione occupa la classe economica alta
• La conseguenza è la differenza del prestigio accordato ai diversi
gruppi economici: una élite più ristretta gode di un maggiore prestigio
• Un altro problema è la mobilità fra le classi: in USA e in Australia la mobilità è maggiore
che in GB
– Questo aspetto condiziona le relazioni tra status e classe: la mobilità sociale può
risultare in una mancata coincidenza tra la classe cui appartiene l'individuo e lo
status attuale che un individuo detiene nella comunità
– Nelle città moderne in via di sviluppo con un alto tasso di migrazione, l'interazione
tra le variabili di stato, classe e etnicità può creare ulteriori problemi
• Es. ricerca sul dialetto urbano di Sydney in Australia condotta da Horvath (1985)

97
– L'intenzione era di adattare la procedura utilizzata da Labov a New York per
esaminare il modello di variazione linguistica in un campione stratificato per età
genere classe e etnia.
– A differenza di Labov la studiosa ha incluso parlanti non nativi nel suo campione e
poiché i gruppi etnici a Sydney erano distribuiti non casualmente sia da un punto di
vista sociale che geografico ha preferito un campione ragionato in modo da
assicurarsi una ragionevole diffusione di tutti i tipi di parlanti piuttosto che un
campionamento casuale
– Attraverso un campionamento a valanga la studiosa ha intervistato un campione
stratificato per età, genere, classe sociale e etnia (5 parlanti per ciascuna tipologia)
Problema:
– la società estremamente mobile multietnica di Sidney è caratterizzata da mancanza
di coincidenza tra classe sociale e status connesso al ruolo della etnia:
• Es. proprietari di latteria-bar: due persone appartenenti a due diversi gruppi
etnici ma con simili e occupazioni possono godere di un prestigio diverso
– gli individui possono molto facilmente passare da una classe ad un’altra da uno
status all'altro
• Un modo per aggirare l'ostacolo è lavorare con piccoli gruppi e sostituire all'indice di classe
quello di occupazione
In definitiva:
• la discussione sul campionamento ha messo in evidenza la strettissima interconnessione tra
teoria e metodi:
– le scelte di campionamento dipendono da decisioni metodologiche che devono essere
dettate da principi teorici
• Oggi gli studiosi sono più rilassati rispetto alla rappresentatività e preferiscono metodi di
campionamento difendibili da un punto di vista teorico che consentono di raggiungere gli
obiettivi che si sono proposti
La raccolta dei dati: questioni generali
• Una volta selezionato il campione di parlanti il passo successivo è ottenere dati utili
• Come?
– La scelta dipende dagli obiettivi della ricerca
– La scelta sul piano delle tecniche di elicitazione sono cruciali
• gli usi linguistici sono seriamente influenzati dai fattori contestuali
• le modalità di approccio e di interazione con l’informatore condizionano
fortemente i dati per l’analisi
• Obiettivo primario per uno studio sociolinguistico è ottenere il parlato spontaneo informale:
il vernacolo
98
• La condizione di outsider del ricercatore rappresenta un limite per riuscire ad ottenere il
vernacolo
• Il paradosso dell'osservatore: il ricercatore vuole osservare gli individui quando non sono
osservati
• Il problema si acuisce se si registra il parlato:
– molti informatori si allontanano dagli usi linguistici informali se registrati da uno
sconosciuto
• Sono state sviluppate molte tecniche e strategie per tentare di superare il paradosso
dell'osservatore o perlomeno ridurne gli effetti
• Ritorniamo al vernacolo
– Labov: la varietà acquisita in preadolescenza, la varietà adottata dai parlanti quando
non monitorano il loro parlato
– Eckert: la lingua connotata diatopicamente in opposizione con la varietà standard
sovralocale
– Per entrambi il vernacolo rappresenta l’osservatorio migliore per analizzare i
processi e i meccanismi di cambiamento linguistico e le caratteristiche strutturali di
una particolare varietà
• l’uso dello stile ‘corretto’, formale, è caratterizzato da una ricerca di tratti
spesso ipercorretti in direzione dello standard
• Il vernacolo è ‘più originale’ più regolare
• Ma è proprio così?
– In realtà qualsiasi varietà linguistica, anche di parlato, è sempre condizionata dal
contesto situazionale in cui è prodotto
– Ritenere il parlato di un particolare informatore in una determinata situazione la
varietà più naturale non vincolata è un errore
• Per certi versi il vernacolo è un oggetto astratto come la sua controparte la lingua standard
• La nozione di vernacolo di Labov è strettamente connessa alla sua concezione della
variazione stilistica in termini di maggiore o minore attenzione rivolta alla propria
produzione
– Questo approccio pone delle difficoltà: nei suoi stessi studi alcuni degli usi
linguistici descritti presuppongono una certa consapevolezza che non si accorda con
l’idea del vernacolo come varietà non monitorata dal parlante
• In passato la dimensione della variazione stilistica era messa in relazione solo al destinatario
e all’argomento di discorso, oggi c’è una maggiore consapevolezza della complessità della
variazione stilistica: lo shifting può essere utilizzato strategicamente dal parlante per
adempiere a bisogni comunicativi diversi.

99
• La consapevolezza da parte dei sociolinguisti della complessità del concetto di variazione
stilistica ha generato un interesse sempre maggiore per l’esame di dati caratterizzati dal
punto di vista stilistico in maniera diversificata
– I dati di parlato spontaneo della conversazione quotidiana possono essere utili per
rispondere a una serie di domande sociolinguistiche, ma le procedure per ottenerli
sono piuttosto laboriose e dispendiose in termini di tempo e non sempre ci
consentono di ottenere quello che vogliamo
– Peraltro, i dati di parlato spontaneo non sono l'ideale per qualsiasi tipo di studio
– Talvolta si rende necessario utilizzare dati diversi, ottenuti registrando discorsi
pubblici come testi scritti o dei media.
Raccolta dei dati: questionari scritti
• Procediamo ad un overview di sistemi di elicitazione dati a partire da quelli in cui il
ricercatore ha un maggiore controllo
• L’uso delle ricerche con questionario scritto nelle indagini sociolinguistiche
– Wenker nel 19esimo secolo nella sua ricerca sui dialetti del nord della Germania
utilizzò il questionario scritto per la prima volta nella geografia dialettale
– I sociolinguisti però usano i questionari scritti in maniera diversa in particolare
riguardo alla selezione degli informatori: l’obiettivo è avere un campione più
rappresentativo della diversità sociale di una determinata popolazione
• Un esempio è lo studio di Chambers in Canada (The Golden Horseshoe)
– I dati sono stati raccolti con un questionario postale che presentava 76
domande riguardo a diverse variabili su livelli di analisi
(morfosintassi, lessico e fonologia), cui se ne aggiungevano 11 che
riguardavano informazioni demografiche circa età, sesso, occupazione
e scolarizzazione
– L'impianto della ricerca ha messo in evidenza modelli di
coovariazione di variabili sociali e linguistiche che sottintendono
numerosi cambiamenti linguistici
– The Golden Horseshoe study è stato emulato da altri studiosi
Vedi Chambers e Trudgil (pag 35-36)
Prima indagine dialettale che possa essere definita geografica in Germania Wenker nel 1876 invio
una lista di frasi scritte in tedesco standard a 50.000 insegnanti con la richiesta di rispedire la lista
tradotta nel dialetto locale Il questionario comprendeva 40 frasi poche erano elementari "in inverno
le foglie secche svolazzano qua e là nell'aria» ogni frase presentava parecchi elementi per i quali gli
insegnanti potevano annotare varianti regionali Non sorprende che la ricchezza dei dati risultò un
ostacolo.
• Vantaggi nell'usare questionari scritti (Chambers 2005) :
– Efficienza e economicità: consentono al ricercatore di ottenere una grande quantità
di dati in tempi piuttosto limitati
100
– Affidabilità: i dati ottenuti in questo modo sono più affidabili dei dati ottenuti tramite
intervista considerato che la sola presenza del ricercatore introduce un bias alterando
i dati
• Limiti:
– consente di investigare un grosso numero di persone, ma non può andare in
profondità sugli usi linguistici di una determinata comunità
– ottiene solo risposte categoriche quindi non può analizzare la variazione intra-
parlante
– può investigare una ristretta tipologia di variabili, le variabili che hanno a che vedere
con la distinzione subfonemica non sono indagabili tramite questionario scritto
• In definitiva le ricerche tramite questionario scritto sono utili per rispondere ad alcune
domande, ma non ad altre
• Chambers definisce questo approccio ‘topografia dialettale’:
– Esso produce una descrizione di tratti superficiali e può essere considerato un primo
passo per delimitare aree in cui successivamente gli studi micro- sociolinguistici
andranno ad approfondire l’analisi
Approcci di indagine alla raccolta dei dati: questionari somministrati dal ricercatore
• Tecnica di elicitazione dati alternativa: gli informatori rispondono ad un questionario in
presenza del ricercatore
– Metodo preferito dalla tradizionale dialettologia per ragioni pratiche: l'informatore
tipico della dialettologia tradizionale era di solito analfabeta
• Vantaggi del questionario somministrato dal ricercatore nelle società moderne con una
scolarizzazione di massa:
– Consente la diretta osservazione del linguaggio in uso
– Permette di indagare le variabili fonetiche utilizzando parole diagnostiche o liste di
parole
• Ma quello che si ottiene attraverso l'uso del questionario somministrato dal ricercatore è la
osservazione diretta degli usi linguistici degli informatori?
– No, piuttosto il loro giudizio sul proprio uso linguistico
– Si tratta quindi un compito metalinguistico che fa affidamento sulla capacità
dell'informatore di riportare i suoi comportamenti linguistici
• La capacità degli informatori di riportare i loro usi linguistici in maniera realistica è dubbia
– Numerosi i casi in cui gli informatori dopo aver categoricamente affermato di non
usare una determinata variante linguistica, poi nel corso dell'intervista nel parlato
semi-spontaneo ne hanno fatto uso
• Ciò nonostante, non si può ritenere che i test di autovalutazione siano inutili o meno accurati
dei dati raccolti attraverso l'osservazione dell'uso
101
– Tillery, Bailey 1998
• Confronto tra dati ottenuti da test di autovalutazione e dati ottenuti tramite
osservazione diretta in alcuni studi (in Texas e in Okaloma )
• i dati ottenuti attraverso i giudizi di autovalutazione sono altrettanto utili di
quelli ottenuti tramite osservazione diretta, ma dicono cose diverse.
• Il questionario diretto consente di ottenere un quadro più accurato degli usi di alcune
variabili, specialmente nel caso di item
– che appaiono infrequentemente nella conversazione
– che sono difficili da elicitare attraverso un questionario indiretto
• Inoltre, in alcuni casi l'approccio indiretto può accompagnarsi a problemi di interpretazione:
difficoltà di elicitare più sottili differenze grammaticali
• L’inchiesta con questionario somministrato dal ricercatore è tuttavia anti-economica dal
punto di vista del tempo impiegato
• Ulteriore alternativa: utilizzare il telefono come mezzo per ottenere i dati:
– contattare gli informatori al telefono implica un risparmio di tempo e di denaro
• Es. Labov’s Telsur project: una ricerca condotta negli USA e in Canada sull'arco di 8 anni
su alcuni tratti fonetici coinvolti in cambiamenti linguistici nell’ambito del Northern Cities
Shift
– il progetto ha utilizzato diversi sistemi di elicitazione di dati in combinazione:
• uso di questionario
• tradizionale intervista sociolinguistica
• domande tese a testare la percezione
• In alcuni casi di ricercatori si sono coordinati all'interno di progetti di ricerca non linguistici
aggiungendo domande linguistiche.
• Intervistatore che non sia un linguista: vantaggi e svantaggi:
– Il vantaggio di un intervistatore senza training linguistico è che si riduce il bias
dovuto al ricercatore, ovvero il rischio che il ricercatore influenzi il dato
– Tuttavia, il fatto che l'intervistatore non sia un linguista limita la tipologia di dati che
si possono raccogliere perché la sua mancanza di training fa dubitare della
possibilità che sia capace di raccogliere in maniera affidabile tratti di pronuncia.
• Il Mutamento vocalico delle città del Nord è un mutamento a catena che investe i suoni di
alcune vocali in determinate varietà di inglese americano. Si definisce delle città del
Nord perché è attivo principalmente in un'ampia regione degli Stati Uniti intorno ai Grandi
Laghi,
• le vocali delle parole ket, cut, caught, cot e cat si spostano
• [ɪ]>[ɛ]>[ʌ]> [ɔ]>[ɑ]>[æ]
102
• Come molti mutamenti a catena, anche il MVCN non è completo in tutte le zone interessate:
alcuni aspetti del mutamento (ma non tutti) si riscontrano anche in regioni più distanti.
Approcci di indagine alla raccolta dei dati: inchieste anonime
• Ulteriore alternativa: ricerca condotta dal ricercatore in incognita
– Inchieste anonime in cui l'investigatore cerca di elicitare un set di parole o di frasi in
contesto naturale
– Esempio prototipico è la ricerca di Labov (1972b) a New York nei grandi
magazzini:
• Il ricercatore chiedeva agli impiegati di grandi magazzini, diversamente
connotati da un punto di vista sociale (Sachs alto, Macy medio, Klein basso),
dove fosse un prodotto che in realtà già sapeva essere al quarto piano (fourth
floor) in questo modo elicitava il segmento fonetico che gli interessava in due
contesti linguistici diversi postvocalici (finale di parola e preconsonantico)
– Stesso metodo Labov a Filadelfia
• per investigare l'alternanza tra [str] e [ʃtr]. In questo caso l’investigatore
chiedeva ai passanti «Can you tell me how to get to X Avenue?»
– Gardner-Chloros (1997) a Strasburgo:
• le commutazioni di codice nei grandi magazzini osservando le interazioni
comunicative tra impiegati e clienti
Quali sono i vantaggi e svantaggi della ricerca anonima? L’investigatore si limita ad un singolo
tratto, questo è uno degli svantaggi; uno svantaggio piuttosto evidente, per una ricerca
sociolinguistica non ci servono solo dati e informazioni linguistiche ma anche extralinguistiche. In
un tipo di inchiesta del genere di cui stiamo parlando, sia nelle ricerche di Labov a New-York e
Filadelfia, sia in quelle di Gardner-Chloros si possono fare delle ipotesi sull’identikit
sociolinguistico dei parlanti. Però chiaramente non abbiamo una serie di informazione che invece
normalmente sono molto utili. Invece quali sono i vantaggi? È spontaneo, anche se l’interazione
potrebbe essere condizionata dalla formalità, perché stanno rispondendo ad un estraneo, poi dipende
dal parlante e da una serie di condizioni, ma l’aspetto più evidente, positivo è che in questo modo si
riesce ad avere un’idea in maniera veloce di quale è la distribuzione di un tratto in una singola
varietà. È chiaro che, come dicono Milroy e Gordon, questo metodo è applicabile quando
l’investigatore ha un’idea molto chiara: Labov aveva le idee chiare su cosa gli interessava.
• Impostare una ricerca anonima è piuttosto rapido e semplice
• Vantaggi:
– Il principale vantaggio è che si riesce ad ottenere una visione chiara della
distribuzione di una singola variante dal punto di vista geografico e qualche volta
anche sociale in maniera veloce
• Metodo applicabile se l'investigatore ha in mente in maniera estremamente
chiara gli obiettivi della ricerca e li ha già formulato in anticipo
• Svantaggi:
103
– Il principale svantaggio è la natura piuttosto limitata dei dati che questo metodo
consente di raccogliere:
• l'investigazione si limita ad un singolo tratto
• le informazioni sociali sui parlanti in genere sono insufficienti
Alternativa: INTERVISTA SOCIOLINGUISTICA
• L'intervista è il metodo più comune per raccogliere dati in sociolinguistica.
– Consiste in uno scambio one to one condotto di persona (solo raramente a telefono)
• L'intervista sociolinguistica solitamente differisce dall'indagine con questionario
– è meno strutturata: mentre l'indagine con questionario ha un ordine predeterminato
di domande, l'intervista ha un protocollo più flessibile
– consente di ottenere una fotografia degli usi linguistici più naturali e rilassati: mentre
l’indagine con questionario prevede risposte brevi a domande dirette, l'intervista
vuole ottenere lunghi pezzi di parlato spontaneo
• Quanto tempo deve durare un'intervista?
– Labov ritiene essa debba durare un'ora o due
– In realtà è difficile essere così categorici
– Per ottenere dati utili dal punto di vista fonologico bastano 20 o 30 minuti
– Se si vogliono fotografare le fluttuazioni di variabili fonologiche nell'uso linguistico
del parlante, l'intervista deve essere più lunga: su un periodo più lungo si ottiene un
quadro completamente diverso dei pattern di uso linguistico di un individuo
• Perché il parlante scivoli verso il parlato spontaneo vicino allo stile
interazionale di tutti i giorni, in genere basta un'ora di intervista
– In realtà l’informatore può muoversi da uno stile all'altro nel corso dell'intervista per
diverse ragioni:
• non si può assumere in maniera rigida che il parlante adotterà o manterrà un
particolare stile in base al periodo di durata dell'intervista
• Cruciale è anche la variabile in oggetto:
– Cheshire a Reading: sulle variabili sintattiche è necessario raccogliere molti più dati
• ci sono alcune variabili che non sono frequenti come gli elementi fonologici
e la cui occorrenza non è predicibile
• in casi del genere possono essere necessari approcci più diretti, per esempio
un questionario
Un'intervista necessita una pianificazione attenta:
1. per mantenere la conversazione sempre viva bisogna preparare una lista di argomenti

104
Labov a Philadelphia: serie di moduli di domande che formano una sorta di rete
conversazionale.
2. I topic dei diversi moduli sono selezionati secondo due criteri
1. alcuni topic (danger of death) hanno particolare successo nel coinvolgere i
parlanti nell’interazione
2. altri possono produrre informazioni sulle norme o in generale sul contesto
sociale e sul background dell'informatore
3. Il ricercatore nelle diverse occasioni seleziona diversi moduli da una rete
conversazionale in funzione dell’informatore che ha di fronte
L'obiettivo è cercare di ottenere la struttura di una conversazione normale senza un ordine fisso
Questo modello è più strutturato di quanto può sembrare, essa contrariamente a quanto può apparire
prevede un certo ordine all'interno dei singoli moduli:
le domande che introducono i diversi moduli devono essere brevi e quindi
pianificate, perché se non sono pianificate tendono a essere lunghe e piene di
esitazioni
Il registro deve essere più colloquiale possibile
In un progetto su ampia scala (es. la ricerca di Philadelphia) l'uso di una rete
conversazionale dettagliata può aiutare a garantire una certa omogeneità tra interviste
condotte da ricercatori differenti.
• Talvolta è preferibile una struttura meno pianificata:
– Gordon 2001 ha condotto interviste con adolescenti e adulti in due piccole città del
Michigan.
– Prima dell'inizio del lavoro sul campo ha preparato una lista di topic: alcuni
argomenti hanno funzionato meglio con gli adolescenti, altri con gli adulti:
• agli adulti ha chiesto di parlare della loro infanzia in città, ai giovani invece
di parlare della loro vita sociale della scuola e dei piani per il futuro
– La chiave per stabilire un rapporto cooperativo è preparare dei topic che possano
indurre i partecipanti a parlare in maniera coinvolta per lungo tempo
– Non tutti i topic funzionano bene per tutti i parlanti: il ricercatore deve essere
flessibile e disposto ad aggiustare il tiro a seconda del soggetto che si trova di fronte
• esempio di Gordon: esperienze private vs storia locale e politica
Gordon 2001:
• 5 aree della città diverse variabili incidenza delle variabili sociali etniche
• Interesse per la diffusione geografica di alcuni tratti linguistici nella regione dei Laghi
(Northen Cities Shift).

105
• I cambiamenti, associati al linguaggio urbano, pare si stiano diffondendo nelle arie più
rurali. Obiettivo investigare la dinamica di cambiamento del Northern Cities Shift in due
piccole cittadine del Michigan.
• All’interno di ogni città il campione è stratificato per età (16-18, 40-55) e genere, due
variabili che solitamente correlano con i cambiamenti linguistici.
• Oltre alle domande tese ad ottenere lunghe risposte gli intervistatori devono anche pensare a
domande che consentano di ottenere informazioni demografiche (età, genere, posizione
socioeconomica) in modo che queste informazioni siano registrate per poter poi analizzare
successivamente l’interazione tra variabili sociali e variabili linguistiche
• L'intervista può produrre dati qualitativi utili che vanno ad integrare i dati quantitativi
– Es. Gordon:
• In una delle comunità esaminate gruppi di ragazzine adolescenti presentano
pattern linguistici quantitativi diversi in funzione dei network sociali nel
tempo libero, dunque delle loro frequentazioni
• Ciò è emerso grazie ad una serie di domande volte ad ottenere informazioni
su gestione del tempo libero, reti amicali ecc. ecc. (seguendo il modello della
Eckert)
Quali sono i problemi dell’intervista libera? Il tempo impiegato, poi un aspetto legato alle
dinamiche dell’intervista. Nelle società occidentali l’intervista ha una dinamica interazionale
piuttosto fissa, il registro è formale, uno dei due controlla l’interazione, seleziona i topic e fa le
domande, concluso un turno di risposta, l’intervistatore pone un’altra domanda. La cosa rilevante è
che si può pensare, per ovviare a questi problemi, di cambiare le carte in tavola, ma un aspetto
fondamentale che loro sottolineano e che si vede bene, che c’è un margine di movimento limitato.
Perché? Sottrarsi ai canoni dell’intervista canonica, quanto è possibile? Che tipo di risultato vi
consente di ottenere? L’informatore si aspetta che l’intervista vada in un certo modo, che cosa
succede, che cosa vi aspettate nel momento in cui non vi attenete ai canoni dell’intervista e deludete
le sue aspettative? Potrebbe essere disorientato, non capisce come mai, per esempio, se sono un
estraneo gli dico di essere interessato alla storia del suo paese, ma poi vado ad intervistarlo, in
maniera informale mi rivolgo a lui in dialetto e gli chiedo se ha paura di qualcosa, l’intervistato può
essere meravigliato e disorientato. Tu che sei un estraneo, che da una serie di aspetti deduco che
non hai molto in comune con me. Pensate all’intervistatrice donna, che è un elemento di disturbo
con un giovane. Gli individui sono consapevoli di quale è la struttura dell’intervista e dei ruoli più
appropriati da rivestire nel contesto dell’intervista e questo vuol poter dire, al di là di quello che
viene fuori dopo, anche che spesso gli intervistati cercano di attenersi, ricordate il principio di Grais
di essere pertinenti, nel dare risposte brevi e pertinenti. Anche da questo punto di vista un
informatore può risultare spiazzato, bisogna stare attenti nel gestire l’interazione, perché
l’informatore non rimanga sorpreso dal fatto che ti pongo una domanda e poi ti spingo a divagare su
cose che non hanno nessuna rilevanza o pertinenza con la domanda che ho posto.
L’altro aspetto:
Intervista sociolinguistica: l’intervista come evento linguistico
Problemi dell'intervista libera:

106
• La prima difficoltà sta nel modo in cui è formalizzata l'intervista nelle società occidentali
– Il registro appropriato per un’intervista è un registro formale.
– L’intervista implica un’interazione tra due estranei, i cui ruoli non sono paritari e
sono chiaramente definiti:
– uno dei due, l'intervistatore, ‘controlla’ l’interazione, selezionando i topic e
regolando l'andamento dell'intervista, mentre l'informatore è tenuto a
rispondere alle domande che gli sono poste. Una volta concluso un turno di
risposta l'intervistatore parte con un'ulteriore domanda e così via .
– In generale gli individui sono molto consapevoli di qual è la struttura dell'intervista e
quali sono i ruoli più appropriati da rivestire nel contesto dell’intervista
– Gli individui tendono a non produrre lunghi brani di parlato in risposte alle
domande in conformità al Principio Cooperativo (Grice) che stabilisce la
necessità di essere rilevanti e brevi
Nel caso del barista di Michigan, l’intervistatore gli pone delle domande su cose tecniche e
l’intervistato “non se la beve”. Briggs in una sua inchiesta, dopo aver chiarito di quanto le
conoscenze e competenze che l’informatore ha necessitano di essere documentate, perché altrimenti
una serie di informazioni andranno perse per sempre. Quindi a quel punto l’informatore si pone
come la fonte di sapere e il falegname di Briggs gli dice “dimmi allora cosa vuoi sapere”.
Paradossalmente l’informatore ha assunto la posizione di controllo dell’interazione, con la
consapevolezza che è lui la fonte autorevole ed è lui in una condizione di superiorità nei confronti
dell’intervistato.
– D'altronde gli intervistatori che si allontanino dal classico format dell'intervista
creano confusione nell’interlocutore
• Esempio Gordon (2001): il barista in Michigan
– Labov suggerisce di invertire gli equilibri di potere tra intervistatore e informatore:
• l'intervistatore deve porsi nella posizione di inferiorità di chi apprende da una
fonte autorevole: l'informatore
– Briggs: un falegname dopo aver accettato l’intervista esordisce
«allora che cosa vuoi sapere»
– Un altro tipo di sfida posta dall'intervista sociolinguistica è il tipo di dati che consente di
elicitare:
• Limitazioni sulle caratteristiche strutturali dei dati ottenuti: alcuni fenomeni
di parlato possono risultare difficili da ottenere; variabili sintattiche sono
difficili da elicitare specialmente a fini quantitativi
• in alcuni casi il limite è costituito dai vincoli strutturali posti dall'intervista da
un punto di vista pragmatico: basti pensare alle costruzioni interrogative che
sono così comuni nel parlato spontaneo, ma molto rare invece nelle
interviste.

107
– L'esempio dello studio sulle tag question a Reading Cheshire (She is
already here. Isn’t she?)
La tag question è una sorta di segnale discorsivo, con l’ausiliare in forma interrogativo-negativa,
come se dicessi “è così?”, “giusto?”. Il progetto di Belfast lo portano avanti i coniugi Milroy a
Belfast. Lei è una sociolinguista, il marito invece è un linguista storico. Nel caso del vernacolo di
Belfast sono molti i tratti stigmatizzati, sia dal punto di vista fonetico sia sintattico.
• Ulteriore limite è connesso alla difficoltà di ottenere tratti fortemente stigmatizzati:
– Belfast project: presenza di numerosi tratti stigmatizzati sia da un punto di vista
fonetico ( meat vs mate) che sintattico (la doppia negazione)
• Problematico è il ruolo dell’autocorrezione di tratti socialmente stigmatizzati:
• Es. una donna di mezza età articola queue [ku] invece di [kju:] che significa?
– A Belfast cap con intacco palatale [kjap] stigmatizzato e recessivo è
usato da uomini di mezza età o anziani
– [ku] è dunque una realizzazione ipercorretta per evitare il tratto
stigmatizzato dell’intacco palatale
Inizialmente la spiegazione che era stata data alla realizzazione della donna è che a Belfast la
semivocale, come in altre varietà di inglese, non era realizzata. Successivamente quando ci si rese
conto che l’intacco palatale in cap era un tratto stigmatizzato si è capito che si trattava di un auto
correzione da parte della donna (Milroy e Gordon: 64).
Inizialmente di fronte alla realizzazione della donna, la prima interpretazione che era stata data,
siccome non si era ben interpretato il dato, si era ipotizzato che nella varietà di Belfast si evitava la
semivocale in alcuni contesti come in altre varietà in inglese. Grazie alla conoscenza, si è arrivati a
capire che una serie di tratti erano stati stigmatizzati, da chi e in quali contesti e quindi è stato
possibile interpretare il fenomeno di variazione della donna. Solo con l’intervista libera,
probabilmente, non sarebbero stati in grado.
Intervista sociolinguistica: strategie dell’intervista per ottenere il parlato spontaneo
Strategie per ovviare a questi problemi:
• Per incoraggiare gli informatori ad utilizzare un parlato più informale possibile:
1. influenzare il contenuto dell'intervista
2. modificare la dinamica one-to-one dell'intervista
1. Relativamente al primo punto: le persone quando sono coinvolte emozionalmente in una
discussione sono meno attente
– Labov per esempio suggerisce di far parlare le persone del pericolo della morte
– In realtà questa strategia non sempre funziona es. Trudgill a Norwich, Milroy a
Belfast, Butters in North Carolina
2. Relativamente al secondo punto: la presenza di più intervistatori contemporaneamente crea
una conversazione a tre che riduce l’innaturalezza della intervista one-to-one tra due estranei

108
– Due intervistatori insieme possono cooperare per mantenere la discussione più
naturale e fluida: Wolfram e Shilling-Este in North Carolina.
– All'interno di un gruppo si può cercare di avere più informatori
contemporaneamente: Labov ad Harlem (Leon e Gregory) microfoni e atmosfera da
party.
• la dinamica naturale di conversazione di gruppo bilancia la presenza del
microfono.
• Leon e Gregory parlavano tra di loro piuttosto che con l’intervistatore.
Shilling-Este e Wolfram (marito e moglie) in North Carolina, in una isola hanno frequentato la
comunità, partecipando a situazioni comunitarie, cene, feste. Quali sono i problemi che
scaturiscono?
• Interviste di gruppo:
– Problemi: confusione
– Vantaggi: controllo stilistico reciproco tra informatori in accordo con le norme della
rete, specialmente se chiusa
• In definitiva
– Nessun tipo di intervista è lo strumento ideale per ottenere i dati di parlato informale
– Utile è che tecniche diverse siano usate in sinergia in funzione del contesto in cui la
ricerca viene condotta e dei vincoli locali
La presenza di due informatori che si conoscono, può essere determinante nel condurre in una
direzione di maggiore naturalità l’interazione. Se un informatore da solo potrebbe essere indotto ad
utilizzare delle forme che non gli sono abitudinarie, la presenza della persona che lo conosce può
imbarazzarlo e spingerlo in una direzione di maggiore naturalezza.
Quale è la tecnica in cui l’intervistatore esercita il minore controllo in assoluto? Quella
dell’osservazione partecipante, partecipo e addirittura non intervengo. Quella con il registratore
occulto a cui ci siamo riferiti prima è quella in cui l’intervistatore comunque pone delle domande.
In alternativa l’intervistatore può partecipare come osservatore.
Osservazione partecipante
• Per ottenere un parlato il più spontaneo possibile la strategia migliore è l’approccio
etnografico
– Nella maggioranza dei casi i ricercatori investigano comunità delle quali non sono
membri, il loro ruolo di outsider rappresenta un impedimento per superare il
paradosso dell'osservatore
– Un modo di cambiare questa situazione e adottare il ruolo di osservatore partecipante
• L’approccio etnografico richiede un coinvolgimento di lungo termine in una comunità ed è
fondamentalmente un modo per raggiungere una profonda conoscenza della cultura locale
• I principali benefici della osservazione partecipante sono:

109
– la quantità e la qualità dei dati raccolti
– la familiarità dell'investigatore con la comunità
• I benefici di questo tipo di approccio sono illustrati dal lavoro della Eckert nella scuola
superiore dell'area di Detroit
Abbiamo anticipato una serie di caratteristiche della Eckert (2000):
– 2 anni in una scuola superiore trascorsi in aree pubbliche, fuori le classi, in
biblioteca, nella caffetteria, nell'atrio, pure avendo l'autorizzazione dalla dirigenza
scolastica, E. ha evitato intenzionalmente di rivestire un qualsiasi ruolo ufficiale
nella scuola che le avrebbe impedito di parlare con i ragazzi in maniera franca
– In questo modo ha osservato ha il comportamento degli studenti, ha interagito in
maniera casuale con loro, dopodiché ha fatto interviste a circa 200 studenti in gruppo
o da soli
– Ha raccolto ore di parlato informale da una notevole quantità di studenti: il livello di
confidenza raggiunto ha fatto sì che essi parlassero con lei di argomenti tabù come
sesso, droga, crimine e che condividessero con lei anche fatti personali
– Per molti di loro ha raccolto più ore di intervista. Infatti i testi analizzati non sono
mai quelli raccolti nelle prime interazioni
– La familiarità della studiosa con la comunità le ha dato alla non solo l'accesso agli
usi linguistici, ma gli indizi per interpretare i comportamenti linguistici osservati, il
significato degli usi linguistici.
La Eckert, attraverso la conoscenza della comunità in esame, divide i ragazzi in due gruppi, Jocks e
Burnout e attraverso questa distinzione riesce a capire che la popolazione si divide in classe media e
classe operaia:
– La profondità di analisi consente la distinzione tra due categorie di studenti jocks e
burnout che gioca un ruolo centrale nella struttura sociale della scuola
– Attraverso questa distinzione la popolazione adolescente della scuola si divide in
classe media e classe operaia: i jocks sono la classe media e burnout la classe operaia
– Queste categorie sociali potrebbero essere esplorate in uno studio meno orientato
etnograficamente, ma la Eckert invece propone una prospettiva più profonda ottenuta
grazie alla osservazione partecipante di lungo termine
– Il significato di appartenere all'una o all'altra categoria si esplica nei comportamenti
di tutti i giorni: le due categorie sono basate in pratica in una serie di attività
giornaliere di interazioni e azioni
– Guardare ai Jocks o ai Bournouts come membri o rappresentanti di categorie sociali
significherebbe non soltanto ridurre le storie individuali, l’incertezza la complessità,
la molteplicità che costituisce questa affiliazione sociale, ma anche mascherare il
fatto che essa esiste solo in pratica e che può essere compresa soltanto attraverso
l'osservazione diretta e non ascoltata attraverso le interviste.

110
– Trascorrere due anni in una scuola come la Eckert (il primo anno regolarmente il secondo in
maniera occasionale) è un lusso
– Fortunatamente i benefici dell'osservazione partecipante possono anche essere raggiunti
senza uno sforzo in termini di tempo così oneroso
– Cukor-Avila a Springville in Texas
– Due mesi facendo gite di un giorno e raccogliendo i dati in un negozio che
rappresentava un punto di incontro centrale per la comunità, frequentato da tutti i
residenti della comunità.
– Ogni giorno ha condotto alcune interviste ai clienti di questo negozio e poi ha
cominciato a includere nel suo campione una serie di interazioni non sollecitate che
comprendevano giochi, litigi ecc.
– Il suo approccio si è rivelato fruttuoso, le ha consentito di ottenere molti dati di
parlato in situazioni naturali:
– Il fatto che gli informatori abbiano condiviso anche pettegolezzi dà la misura
del tipo di complicità e di familiarità raggiunto
– L’ esperimento ha trasformato in ruolo dell'intervistatore normalmente destinatario
delle interazioni in spettatore
– Limiti di questa tecnica:
– spesso la situazione della registrazione è piuttosto caotica, più persone interagiscono
contemporaneamente, conversazioni parallele si sovrappongono e rendono difficile
l'intelligibilità: l'intervistatore talvolta deve prendere appunti in modo da ricordare
che cosa sta succedendo
– non è certo che si riesca ad ottenere abbastanza parlato da un informatore
– Un modo per ovviare a questi problemi a ritornare regolarmente nella comunità per
intervenire nuovamente dove necessario
– L'osservazione partecipante funziona molto bene in comunità molto piccole dove gli
outsider sono visti con sospetto e potrebbero inibire
– Es Wolfram e Schilling-Estes a Ocracoke Island (North Carolina ):
– Gli intervistatori, una coppia, sono stati più volte sull'isola negli anni per
periodi lunghi (fino a due settimane), interviste sono state condotte in
contesti di osservazione partecipante, ovvero partecipando alle attività locali
(cene, ecc).
– Wolfram e Schilling-Estes a Ocracoke Island (North Carolina )
– Le interviste progettate secondo le norme locali in modo da ridurre la formalità, sono
state sempre condotte perlomeno da due investigatori, marito e moglie, che con
molta naturalezza sono stati accettati a partecipare a tante occasioni sociali
comunitarie

111
– Tutto ciò è stato indispensabile nel caso di Ocracoke perché la osservazione
partecipante ha consentito di sviluppare una comprensione più profonda delle
dinamiche comunitarie non accessibile agli estranei: l'obiettivo era capire la
dinamica sociolinguistica della comunità dalla prospettiva della comunità stessa
– La conoscenza locale ha espanso le possibilità esplicative dei ricercatori e ha
consentito di andare oltre le categorie macro-sociali come età, sesso e classe
socioeconomica
– È stato individuato per esempio il gruppo del poker costituito da uomini con
scolarizzazione diversa, diversi livelli di contatti, ma che condividono un forte
attaccamento all’isola e il valore estremamente positivo dell'essere isolani veraci
– Questi uomini sono uniti linguisticamente dall'uso di alcuni tratti vernacolari di tipo
tradizionale
– L’osservazione partecipante è particolarmente utile per studiare la variazione in contesto
bilingue dove la sola presenza dell'osservatore potrebbe innescare la selezione di una varietà
o di un'altra
– Shin (1998): fenomeni di bilinguismo e di contatto in bambini coreani inglesi a
New York
– Per non condizionare l'interazione linguistica ha frequentato la loro classe nelle vesti
di assistente
– In definitiva l'osservazione partecipante può essere un metodo particolarmente fruttuoso per
l'analisi sociolinguistica:
– produce un'enorme quantità di dati di alta qualità e indizi cruciali per capire le
dinamiche comunitarie
Svantaggi:
– il tempo necessario per l'inchiesta
– l’energia e il coinvolgimento emotivo
– ridondanza di dati: spesso si ottiene una quantità di dati di parlato molto superiori a
quello che sarà analizzato (un'ora si ottiene attraverso 10 ore)
– difficoltà di collocare i risultati di uno studio focalizzato, etnografico di una
particolare comunità in un contesto sociolinguistico più ampio:
– Es. l’analisi di una scuola superiore o una piccola città non ci può dire nulla
su come quella micro-realtà si va ad inserire nella variazione sociolinguistica
della città o della regione come un tutto
– Gli investigatori che conducono ricerche con l'osservazione partecipante
spesso integrano i loro studi con ulteriori indagini in altre comunità simili per
allargare la prospettiva.

112
Bilanciare le strategie di raccolta di dati sul campo
• In un mondo ideale una ricerca interessata alla variazione sociolinguistica in una data
comunità dovrebbe raccogliere campioni di parlato per ogni membro della comunità in ogni
contesto d'uso, esaminare ogni variabile linguistica in relazione a tutte le variabili sociali e
descrivere accuratamente tutte le norme e le consuetudini locali alla base della variazione
sociolinguistica.
• Nel mondo reale invece il ricercatore deve fare delle scelte in relazione all'estensione e alla
profondità dell'inchiesta in virtù di limiti di risorse e di tempo
• Ampiezza e profondità generalmente operano in proporzione inversa l'una all'altra e
influenzano sia il campionamento che la raccolta dei dati.
Per Northern City Shift si intende un mutamento vocalico, presente in alcune città del Nord, in
particolare nel distretto dei Laghi, che è un mutamento interessante, a catena, che investe suoni
vocalici in determinate varietà. Le vocali delle parole “cat” “cot” si spostano, c’è uno spostamento a
catena. Questo fenomeno è stato individuato in inchieste diverse.
• Il confronto tra due ricerche sul Northern City Shift in zone diverse illustra bene questo
punto
– Il progetto Telsur di Labov studia il NCS nel Canada e negli USA e ha una
estensione geografica molto ampia. Indica quali sono le località investite dal
Northern City Shift nell’ampia aerea considerata, ma poiché per ogni località sono
scelti due (o massimo 6 informatori nelle grandi città), il Telsur non dice nulla
rispetto a quanto profondamente il NCS ha penetrato la singola comunità
– La ricerca della Eckert nella scuola superiore di Detroit studia il NCS. Ma si
concentra in un singolo punto e garantisce una copertura capillare di tale località
grazie a circa 200 interviste a studenti liceali. Questo tipo di ricerca non dà
informazioni sull’estensione geografica del fenomeno in oggetto, ma fornisce
informazioni dettagliate sulla distribuzione sociale di tale tratto.
Quando parliamo dei pattern di variazione linguistica della Eckert, si fa riferimento al fenomeno del
mutamento vocalico a catena e la Eckert lo indaga in maniera diversa: va in profondità e con una
tecnica etnografica, analizza e raccoglie il parlato di 200 liceali all’interno della scuola. Un buon
esempio di come le strategie di raccolta dei dati possano essere bilanciate è il progetto di Belfast.
Bilanciare le strategie di raccolta di dati sul campo: IL PROGETTO DI BELFAST
• Le scelte a proposito della raccolta di dati sono influenzate dalla necessità di trovare un
equilibrio tra estensione e profondità.
• Progetti che coprono una popolazione target e la lingua di quella popolazione devono
necessariamente affrontare il problema delle scelte in termini di profondità e estensione
della ricerca e a sacrificare o l’una o l’altra dimensione
– Ricerche basate su un gran numero di informatori generalmente sono limitate
riguardo al numero di tratti che possono investigare.
– D’altro canto, approcci che mirano a fornire una prospettiva olistica di una varietà
prendono in considerazione solo pochi parlanti
113
• È cruciale la consapevolezza dei limiti che ogni approccio impone
– alcune difficoltà possono essere superate utilizzando all’interno della stessa ricerca
diversi approcci con benefici e limiti complementari
• La ricerca, che è stata portata avanti dal 1975-1981 nella città di Belfast, nel nord
dell'Irlanda, da James e Leslie Mirloy, ha utilizzato tre tipi di strategie:
– Osservazione partecipante in 5 quartieri di Belfast
– Ricerca porta a porta con un campione casuale di residenti
– Osservazione partecipante in comunità rurali intorno a Belfast
Leslie Mirloy non pensava di fare un dottorato di ricerca e insegnava al politecnico della città,
mentre il marito all’università. Quando si è resa conto di dover fare un dottorato per ragioni
professionali. Frequentando il politecnico si era resa conto di un enorme grado di variazione che
caratterizzava il parlato di Belfast del centro città e confrontandosi col marito (che era uno storico
della lingua) si erano resi conto che dei pattern di variazioni tipici della classe operaia di Belfast
erano molto conservativi e presentavano caratteristiche di stadi di varietà dell’inglese altri. Ad un
certo punto lei decide di fare il dottorato, sollecitata dal marito e insieme al marito decidono di
descrivere i pattern di variazione. Leggono i lavori di Labov a New York e decidono di mandargli
una lettera raccontando quello che avevano notato. Un giorno si trovano Labov fuori la porta, che
incuriosito di quello che avevano raccontato per discuterne con loro. Praticamente bussò alla loro
porta, incoraggiandoli a condurre ed investigare questi tratti. Siccome la comunità di Belfast è
molto particolare, la fase in cui conducono le inchieste è la fase del conflitto di maggiore violenza
del conflitto etnico religioso tra comunità cattolica e comunità protestante, si pongono una serie di
problemi su come accedere ai dati e Leslie decide di usare i suoi studenti. Ragionano su come
entrare nella comunità e iniziano a ragionare analizzando e raccogliendo dati attraverso
l’osservazione partecipante, lei stessa poi conduce inchieste presentandosi come amica di una
amica, attraverso i suoi studenti e si rendono conto di come i pattern di variazione si correlano bene
con la variabile network. E così cominciano a lavorare al modello del network.
Le comunità
• Un totale di 5 comunità all'interno della città sono state selezionate per uno studio in
profondità.
• Per la scelta delle comunità gli investigatori hanno preso in considerazione lo status
geografico e sociale e le divisioni etniche e religiose che caratterizzavano i diversi quartieri
della città
– le prime tre, Ballymacarrett (protestante), Clonard e Hammer (cattoliche) sono
all'interno della città e hanno uno status piuttosto basso
• La prima Ballymacarrett è a Est le altre due Clonard e Hammer a Ovest del
fiume che divide la città
– le altre due Braniel e Andersonstown sono all’esterno della città e hanno uno status
sociale di tipo medio-alto (upper- working e middle class).
• Braniel è a est e protestante mentre Andersonstown è a ovest ed è cattolica

114
• Ballymacarrett e Clonard appaiono connesse a Braniel e Andersonstown. Una discreta fetta
della popolazione di Braniel proviene da Ballymacarrett, entrambe protestanti, e molti
residenti a Andersonstown sono originari di Clonard, entrambe cattoliche.
• Queste relazioni tra le aree sono piuttosto strette se non rigide poiché quando la popolazione
di Belfast si sposta seleziona il nuovo quartiere di residenza in base a criteri religiosi e etnici
• Per i Milroy a motivare la scelta di selezionare comunità che fossero collegate in questo
modo dal punto di vista etnico e dello status c’era l’idea di comparare dati linguistici dalle
quattro aree in modo da ottenere informazioni dettagliate sulle strategie linguistiche che la
popolazione di Belfast metteva in atto nel momento in cui si muoveva dal vernacolo urbano
ad un pattern di parlato di status più alto
• I ricercatori hanno perseguito l’obiettivo in ciascuna località di entrare in contatto, di
entrare a ‘fare parte’ del network centrale della comunità in modo da ottenere il parlato
spontaneo: il vernacolo
• A tal fine i contatti non erano individui con uno status istituzionale per evitare di ottenere un
parlato standard
• Ad Andersontown il ricercatore, un laureato in antropologia, poiché era un residente non ha
avuto difficoltà a raccogliere i dati mediante la tecnica dell’osservazione partecipante
• Questa località è quella nella quale si è riuscito ad utilizzare, meglio che in qualsiasi
altra, la tecnica dell’osservazione partecipante.
• Anche nelle altre comunità il ricercatore si è presentato non in maniera formale come
studioso, ma come amico di un amico attraverso un insider con cui era precedentemente
entrato in contatto
• Il contatto tramite un insider ha avuto l'effetto di garantire al ricercatore la fiducia di tutti e
di essere recepito a sua volta come insider
• In tutte le comunità, ma particolarmente in quelle con uno status più basso all'interno della
città, i ricercatori sono passati da una famiglia all'altra accolti da amicizia, calore e fiducia.
• La ricerca è stata presentata come un'indagine sul modo in cui ‘la vita è la lingua della
comunità è cambiata’.
• Si è chiesto ad inizio intervista il permesso di registrare le interazioni in presenza del
ricercatore, permesso che non è mai stato rifiutato.
• Spesso le interviste hanno visto la partecipazione di due o tre persone oltre il ricercatore.
• Con il sistema del campionamento a valanga sono stati selezionati 16 individui in ciascuna
comunità.
• La quantità e la qualità dei dati raccolti durante questi studi nelle comunità è eccellente
(molte sezioni di gruppo sono caratterizzate da una minima partecipazione del ricercatore)
• A differenza della ricerca di Labov a Philadelphia in questo caso i ricercatori non avevano
un protocollo preciso di domande da porre agli informatori, ma semplicemente erano
precedentemente informati sull'occupazione, il background di scolarizzazione, le
connessioni familiari, la residenza precedente dell’informatore
115
• Il sistema di Belfast di raccogliere i dati è stato sviluppato in comunità molto affiatate e
quindi è adatto a comunità urbane e rurali, ma è stato però anche esteso a comunità molto
diverse in società molto diverse da quelle analizzate inizialmente.
La ricerca condotta a Belfast porta a porta:
La ricerca condotta porta a porta era pensata per complementare lo studio in una maniera più ampia,
ma superficiale rispetto alle informazioni collezionate nelle 5 comunità.
Questo studio è stato sviluppato in tre aree all'interno della città. Gli informatori sono stati
selezionati mediante un campionamento causale da una sorta di collocamento (da 500 ne sono stati
selezionati 73).
L'obiettivo era ottenere la registrazione di una lista di parole che presentavano la realizzazione di
molte variabili fonologiche in diversi contesti fonetici contemporaneamente insieme a parlato
spontaneo registrato in interviste condotte sul gradino della porta di una durata variabile da 10
minuti a 15 e qualche volta fino a 45.
Gli informatori non erano stati contattati in anticipo, i ricercatori bussavano alla porta e chiedevano
di poter condurre un’intervista.
Anche in questo caso la ricerca è presentata come uno studio sui cambiamenti della vita e della
lingua di Belfast.
La presentazione piuttosto vaga stimolava l'interesse la curiosità delle persone. I ricercatori
cominciavano con il chiedere agli informatori da quanto tempo vivevano nell’area, da quanto si
erano spostati, qual erano le attitudini generali nei confronti di essa, dunque il loro background,
oltre a un minimo di informazioni sociali (età, sesso, occupazione, tipo di casa,). I rifiuti sono stati
pochi, le sostituzioni con persone con caratteristiche simili.
Poiché i dati relativi alla lista di parole erano prioritari si procedeva a sottoporre la lista di parole
all'inizio dell’intervista.
Dove era possibile si cercava di ottenere un uomo e una donna per ogni indirizzo.
Il principio generale della ricerca porta a porta è simile a quella di altre ricerche simili finalizzate
non ad ottenere informazioni in profondità (la variazione stilistica o la struttura fonologica di un
parlante) ma piuttosto informazioni su larga scala, pattern di variazione e reti sociali ampie in
comunità urbane. Questo tipo di ricerca è più utile quando bisogna affrontare un problema preciso e
chiaro in anticipo. Non funziona bene per ricerche esplorative laddove è meglio impostare una
indagine in profondità con un numero limitato di parlanti.
Al fine di preparare preventivamente strumenti come liste di parole che consentano di raccogliere
dati utili il ricercatore deve avere già una conoscenza dei pattern di parlato locale, delle variabili e
dei vincoli di variazione.

116
BILANCIARE LE STRATEGIE : IL PROGETTO DI BELFAST
Studio nell'hinterland rurale
• Questa parte del progetto è motivata da una questione di grande interesse sociolinguistico: la
relazione tra le varietà parlate in città e quelle delle aree intorno alla città
• Il cambiamento linguistico e il plurilinguismo è una caratteristica dei dialetti urbani:
ragionevole ritenere di poter ottenere indizi utili sul processo della loro formazione grazie
alla comparazione di dati raccolti in città e nelle aree circostanti
• Per l‘hinterland è stata selezionata Lurgan una piccola città rurale a 17 miglia da Belfast
fuori dall'area urbana
• Poiché si sapeva già che alcune caratteristiche, alcuni tratti fonologici caratteristici di
Lurgan erano presenti nelle località di Clonard e Andersontown è parso interessante
comparare somiglianze e differenze
• Anche in questa località è stata usata la tecnica dell'osservazione partecipante
• I ricercatori erano studenti universitari Belfast e residenti a Lurgan
• Gli informatori ricadevano in due fasce generazionali
In definitiva l'impianto della ricerca di Belfast ha acconsentito di analizzare la variazione secondo
diverse dimensioni rurale versus urbano, status alto verso status basso , est contro west della città.
Etica della ricerca
• Molte università istituzioni di ricerca hanno delle linee guida molto precise per gestire la
ricerca con soggetti umani
• Consenso informato scritto:
– descrizione del progetto
– descrizione della procedura utilizzata
– assicurazione che l'informatore rimarrà anonimo e le informazioni confidenziali
– conferma che la partecipazione del soggetto è volontaria
– informazioni eventuali per contattare gli investigatori
• Questa strategia spesso inibisce il parlato spontaneo per cui il consenso informato si ottiene
verbalmente e si registra
• Utilizzo di parlato pubblico non necessita il consenso informato
• Per garantire l’anonimato della comunità e degli individui: l'uso di pseudonimo per la
comunità o per gli individui
• Accesso alle registrazioni e loro uso pubblico limitato e tale eventualità dovrebbe essere
specificata nel consenso informato.
Evitare informazioni troppo dettagliate in senso linguistico che potrebbero inibire la produzione.

117
Etica della ricerca: inchiesta occulta
• Inchiesta occulta: un modo per superare il paradosso dell'osservatore
– Problemi etici e legali: pareri discordanti (Labov, Dixon, Harvey)
• Informare gli informatori dopo che si è registrato (Crystal e Davy 1969)
• Svantaggi pratici
– la comunità si sente spiata, pertanto si guasta il rapporto di fiducia con il ricercatore
– la qualità dell'intervista può essere veramente molto povera
• La questione spesso è molto più ambigua di quanto può apparire: il caso di Belfast
• Labov, una massima di buon senso: bisognerebbe evitare qualsiasi cosa che potrebbe essere
imbarazzante in pubblico
Etica della ricerca: la responsabilità del ricercatore verso la comunità
• Trattare gli informatori con rispetto, proteggere il loro anonimato non è tutto: il problema
della restituzione
• Ricerca con la comunità vs ricerca per la comunità/ricerca etica vs ricerca a sostegno della
comunità (ethical research vs advocacy research)
Il principio della correzione degli errori
– Un ricercatore che diventa consapevole che un'idea diffusa o pratica sociale è
invalidata dai suoi stessi dati deve obbligatoriamente confutare l’errore e sottoporlo
all'attenzione del pubblico più vasto possibile. (Labov 1982b: 172)
Il principio del debito contratto
– Un investigatore che ha ottenuto dati linguistici da membri di una comunità ha
l'obbligo di utilizzare le conoscenze basate su tali dati a beneficio della comunità,
quando ce ne è bisogno. (Labov 1982b: 173)
• Il principio della correzione degli errori ha motivato i linguisti negli anni '60 a prendere
posizione contro la convinzione diffusa tra educatori e patologi del linguaggio che le
caratteristiche del linguaggio vernacolare di alcune comunità (i neri del ghetto di NY) erano
la prova del deficit linguistico. Labov "La logica dell'inglese non standard" (ristampata in
Labov 1972a)
• Ma cosa hanno i linguisti da offrire? Come si può applicare la conoscenza specialistica dei
linguisti a beneficio della comunità?
• Le aree più rilevanti per la sociolinguistica possono riguardare:
• politica linguistica nelle società multilingue e sforzi per preservare lingue e dialetti
moribondi
• problemi nell’ambito dell’educazione
• Labov (1982b) il "processo di Ann Arbor" come esempio del contributo che i sociolinguisti
possono dare a questioni educative.
118
• Il caso riguarda una causa del 1977 contro i funzionari scolastici in Ann Arbor in Michigan.
• I genitori di bambini afroamericani hanno sostenuto che il sistema scolastico non aveva
"preso in considerazione i fattori culturali, sociali ed economici che impedirebbero [agli
studenti] di fare progressi normali nella scuola "(1982: 168).
• La lingua ha assunto un ruolo centrale nella causa: i querelanti sostenevano che il dialetto
dei bambini, una varietà di African American Vernacular English (AAVE), ha posto una
barriera al loro successo educativo e la scuola non ha preso provvedimenti adeguati ad
aiutare i bambini a superarli.
• Queste argomentazioni hanno ottenuto il sostegno dei linguisti che hanno testimoniato sulla
struttura e la storia di AAVE.
• Alla fine, i querelanti hanno vinto e il giudice ha forzato il distretto scolastico a condurre
seminari per sensibilizzare gli insegnanti sulla natura della variazione sociolinguistica.
• Gli esempi discussi finora sono casi in cui i linguisti si sono fatti avanti per offrire la loro
assistenza in risposta a situazioni di bisogno in virtù del principio del debito contratto.
• Tuttavia, Wolfram ha sostenuto che le responsabilità del linguista si estendono oltre tale
"difesa reattiva" e che i ricercatori dovrebbero prendere l'iniziativa a servire le comunità che
investigano (1993a, 1998b).
• Seguendo il modello di Labov, egli formula un principio di gratuità linguistica:
• Investigatori che hanno ottenuto dati linguistici da membri di una comunità dovrebbe
perseguire attivamente le strategie per restituire favori linguistici alla comunità.
(Wolfram 1993a: 227)
• Guidati da questo principio, Wolfram e il suo gruppo di ricerca hanno sviluppato una serie
di programmi di consapevolezza della lingua che sono progettati per comunicare fatti di
base sui dialetti regionali e sociali e, in ultima analisi, per promuovere una maggiore
tolleranza e persino apprezzamento della diversità linguistica.
• L’offerta scolastica è un luogo utile per tali programmi.
• Wolfram (1993a): un programma di sensibilizzazione pilotato nelle scuole di Baltimora, nel
Maryland.
• Il curriculum di questo programma include una serie di esercizi che guidano
sistematicamente gli studenti al la scoperta di schemi fonologici e grammaticali in varietà
come AAVE (African American Vernacular English).
• In questo modo, il programma espone i bambini a "un tipo di indagine scientifica sul
linguaggio " che in genere non viene praticato.
• Oltre al vantaggio intellettuale, tali programmi possono offrire grandi benefici’ emotivi’,
essi possono promuovere infatti il rispetto nei confronti delle varietà non standard,
dimostrando che esse sono regolari come la lingua standard.
• Inoltre, esplorando il contesto socio-storico che ha dato origine alle varietà attuali, possono
incoraggiare gli studenti ad essere orgogliosi del loro patrimonio linguistico.

119
• Il lavoro di Wolfram su Ocracoke, una comunità insulare al largo della costa del Nord
Carolina, fornisce diversi modelli per i programmi di sensibilizzazione linguistica all'esterno
del contesto delle scuole.
• Perché molte delle caratteristiche del dialetto locale sembrano sbiadire nell'uso, gran parte
del lavoro su Ocracoke ha avuto un sapore conservazionista, documentale.
• Wolfram e i suoi colleghi hanno stabilito una mostra permanente sul dialetto al
museo storico locale.
• Essi ha anche prodotto un documentario video che descrive il dialetto e pubblicato
un libro per non specialisti (vedi Wolfram 1998b: 272 per citazioni).
• I profitti dalla vendita di questi oggetti, nonché dalla vendita del testo sul dialetto e
dalle magliette che hanno disegnato sono condivise con la Ocracoke Preservation
Society.
• Come indicano tali esempi, i linguisti possono essere creativi nel perseguire strade per
restituire "favori linguistici" alla comunità.
• La discussione finora si è concentrata sul valore positivo delle iniziative intraprese in
conformità con il principio della gratuità linguistica. Nella maggior parte casi, questi sforzi
sembrano abbastanza incontrovertibili.
• È importante però tenere a mente alcuni dei problemi che potrebbero sorgere da tali sforzi,
nonostante le buone intenzioni del ricercatore.
• Wolfram (1993a, 1998b) descrive alcune considerazioni etiche relative alle iniziative di
programmi di consapevolezza della lingua.
• Elemento di paternalismo da parte dei linguisti che percepiscono un bisogno, senza
"rispondere esplicitamente" alle esigenze dichiarate di una comunità (1993a: 233).
• Problemi relativi alla rappresentazione di varietà non standard. La necessità di
descrivere un dialetto in termini che un pubblico non specializzato può comprendere
comporta una semplificazione eccessiva dei fatti sociolinguistici.
“The bottom line is that linguists need to be sensitive to community needs and tread lightly as they
work to meet those needs”.
"La linea di fondo è che i linguisti devono essere sensibili alle esigenze della comunità e
camminare con leggerezza mentre lavorano per soddisfare tali esigenze".

120
INTRODUZIONE
Obiettivo del sociolinguista è individuare, in un corpus di dati linguistici registrati e trascritti, due
tipi di regolarità:
– Pattern di distribuzione delle varianti linguistiche che riflettono vincoli fonologici,
morfologici e sintattici (variazione interna)
– Pattern di distribuzione delle varianti extralinguistiche che riflettono le preferenze di
tipologie diverse di parlanti in termini di classe, genere, età ecc. (variazione esterna)
La metodologia della geografia dialettale non era finalizzata a investigare la variazione all'interno di
un'area geografica tra parlanti diversi per status, genere, fasce generazionali, gruppo etnico o
differenze di registro per uno stesso parlante.
I metodi di campionamento dei parlanti e di raccolta dei dati inaugurati da Labov hanno consentito
per la prima volta di indagare la variazione in tutte queste dimensioni.
La chiave per comparare una grande quantità di dati differenziati da un punto di vista sociale,
stilistico ecc. è il concetto di variabile (socio)linguistica.
Caratteristiche della variabile (socio)linguistica:
– le varianti di una variabile non codificano diversi significati referenziali, ma
coovariano con altre unità del sistema o con le categorie sociali
– I pattern di coovariazione possono essere quantificati
Per esemplificare le modalità con cui le variabili linguistiche possono coovariare con le variabili
sociali: tre case studies:
– Bradford e Norwich in Inghilterra (in Chambers, Trudgill 1998):
• variabile (h) (fricativa glottidale sorda) nella prima sillaba accentata di
hammer, heart ecc.
• 2 varianti [ø] e [h],
• cinque fasce sociali
– New Castle sul Tyne nel nord dell’Inghilterra (Milroy 1999):
• variabile (o) (voc. posteriore medio alta) in parole come home e boat
• 4 varianti [œ] (centralizzata e arrotondata ), [o:], [oə], [ou]
• Variabili extralinguistiche: genere, fascia sociale e età
– Cajun6 community di St. Laundry in Luisiana (Dubois, Horvath 1998)
• Variabile (th) (dh)(fricative interdentali sorda e sonora ) in parole come that e
think
• 2 varianti [t] [d] occlusiva e [th] [dh] fricativa

6
Cajun gruppo etnico di minoranza francese che vive in Luisiana.

121
Variabili extralinguistiche: genere e network.
• Bradford e Norwich: la variabile (h) nella prima sillaba accentata di hammer, heart ecc.
corpus di parlanti appartenenti a cinque classi sociali (c. media, medio bassa, operaia alta,
operaia media e operaia bassa)
La variante [ø] in Inghilterra fin dalla metà del XIX è associata ad uno status sociale
basso (Milroy 1992)
Sebbene le due città siano a centinaia di miglia di distanza l'una dall'altra e
appartengano a aree dialettali diverse, in entrambe, più elevato è lo stato sociale del
parlante maggiore è la tendenza a conservare la h
Ciò nonostante, i livelli di uso delle due varianti sono piuttosto differenti nelle due
località: tutti i gruppi sociali di Bradford usano più varianti [ø] del gruppo
corrispondente di Norwich
La classe media di Bradford presenta valori della variante stigmatizzata simili alla
classe medio bassa di Norwich (12% vs 14%): valori intorno al 14% di [ø] a
Bradford caratterizzano uno status sociale alto (c. media), a Norwich più basso (c.
medio-bassa)
La differenza tra le due comunità solleva questioni di portata generale:
• i significati sociali di una variabile linguistica, anche quando fortemente
ideologizzati, non sono costanti in comunità diverse
• le categorie sociali come la classe non operano allo stesso modo in comunità
diverse
Necessità di interpretare le categorie sociali in maniera locale e non globale.
• New Castle sul Tyne: variabile (o), 4 varianti linguistiche, variabili extralinguistiche
(genere, fascia sociale (c. media, c. operaia), età (16-24, 45-65))
• 4 varianti linguistiche:
• [œ] (centralizzata e arrotondata ) area intorno a New Castle (variante locale),
• [o:] nord dell’Inghilterra, Scozia e Irlanda (variante diffusa, sovralocale)
• [oə] molto più a nord dell’Inghilterra (variante localizzata)
• [ou] centro e sud dell’Inghilterra (variante di prestigio)
• Drammatica differenza di genere:
• le donne preferiscono ampiamente la variante sovralocale del Nord [o:], ma
le più giovani sporadicamente selezionano alche la v. standard7

7
Milroy, L. (1999). Women as innovators and norm-creators: The sociolinguistics of dialect leveling in a northern
English city. In S. Wertheim, A. C. Balley, M. Corston_Oliver (eds) Engendering Communication: Proceedings of the
5th Berkeley Women and Language Conference. Berkeley, BWLG Publications (pp. 361-376).
Chicago.
122
• gli uomini giovani di entrambe le classi sociali solo occasionalmente usano
la variante di prestigio [ou]: variante standard marginale nella comunità
• anche gli uomini preferiscono la variante sovralocale del Nord [o:], ma
usano estensivamente anche la variante locale [œ], tranne gli adulti (45-65)
della classe media che la selezionano meno;
• l’altra variante localizzata a nord dell’Inghilterra [oə] (assente nel campione
femminile) è usata rarissimamente dagli uomini più vecchi (45-65) della
classe operaia.
• Conclusioni:
• Con le due varianti più usate la v. sovralocale [o:] e la v. locale [œ], la
variabile extralinguistica che correla in maniera più significativa è il genere,
ma la classe e l’età interagiscono con il genere in modo complesso.
Dubois e Horvath (1999): Cajun community St. Laundry Luisiana, variabile (th) (dh)
– 2 varianti [t] [d] occlusiva e [th] [dh]fricativa
– Variabili extralinguistiche: genere e network
• Variante occlusiva fortemente ideologizzata, stereotipata, considerata tipica della varietà
della comunità di Cajun
• La comunità bilingue francese-inglese di minoranza è sottoposta ad un processo di language
shift/sostituzione di lingua ed è consapevole dei tratti distintivi della etnia Cajun
• La variabile network, insieme al genere, sembra giocare un ruolo nel mantenimento dei tratti
distintivi della varietà di minoranza, essa distingue orientamenti diversi rispetto alla
comunità Cajun (i parlanti con un network più chiuso si caratterizzano per aver sempre vissuto in
città gruppo etnico che vive in Luisiana minoranza francese).

Risultati:
– Differenze di genere
• gli uomini usano tutte e due le varianti occlusive molto più delle donne
– Rilevanti differenze in relazione al network del parlante e al genere
• la variabile network per gli uomini è meno rilevante che per le donne
• forte distinzione tra uomini e donne all'interno di network : le donne in
network chiusi usano le varianti occlusive (sempre meno degli uomini) molto
di più delle donne in network aperti
– Età:
• donne fascia di età media prediligono le varianti fricative
• uomini giovani in network aperti picco di uso delle occlusive

123
Conclusioni (Dubois e Horvath 1999):
– Le generalizzazioni sul ruolo del genere nei processi di cambiamento linguistico non
possono prescindere dall'interazione tra genere e altre variabili
– Necessità di chiedersi qual è il ruolo di genere, età, etnicità, classe sociale e rete
sociale nel produrre pattern di variazione linguistici sistematici e cosa questi pattern
significano per il parlante oltre che per il ricercatore
– Il lavoro sulla comunità Cajun evidenzia come per rispondere a queste domande
bisogna capire le dinamiche sociali della comunità, le cui scelte linguistiche sono
parte di un set di pratiche sociali locali che, nel caso specifico, consentono ai membri
della comunità di definirsi in maniera distintiva ‘di Cajun’.
Categorie sociali e teorie del cambiamento:
I lavori di Labov e i loro metodi quantitativi non hanno come obiettivo primario individuare le
relazioni tra la struttura sociale la struttura linguistica.
L’obiettivo di Labov, condiviso da molti variazionisti, è piuttosto quello di avere degli indizi per
comprendere le dinamiche del cambiamento linguistico e sfidare le teorie linguistiche che
concepiscono la lingua come un'entità statica e che identificano la struttura con l'omogeneità.
Differenze sistematiche in tempo apparente come quelle mostrate dagli studi su Norwich, Bradford,
Newcastle e la comunità di Cajun in Luisiana sono considerate prove di un cambiamento in
progress.
Il presupposto è che le differenze di frequenza di una variante tra le generazioni riflettano
cambiamenti in tempo reale.
Una prova meno evidente è fornita dalle irregolarità nei pattern di variazione che ci aspetteremmo
in relazione allo stile di parlato, al sesso, alla classe sociale del parlante
Un noto esempio è rappresentato dalla variabile (r) a New York City che evidenzia il ruolo dalla
classe sociale nelle dinamiche di cambiamento:
– Pattern di variazione stratificato in base alla classe sociale piuttosto regolare, tranne
che per la classe medio-bassa che usa nello stile formale la variante di prestigio di
più che la classe sociale di stato più elevato
– Evidenza del ruolo che la classe medio-bassa gioca nel diffondere un cambiamento
nella comunità linguistica adottando e emulando pattern linguistici innovativi
introdotti dalla classe di status superiore, classe medio alta.
• -r postvocalica, preconsonantica, finale di parola, in parole come car, floor, source in
American English (AE) può essere realizzata come [-r]/ [ø] in variante standard [-r]
• (DIFFERENZA in British English variante standard [ø])
Anche il genere nella traiettoria sociale del cambiamento linguistico ha un ruolo centrale ed ha
ricevuto molta attenzione in bibliografia:
– New Castle: grazie al vantaggio di avere delle testimonianze di parlanti più anziani e
di fasi più arcaiche di lingua possiamo dedurre che la variante monottongata [o:]

124
(Nord dell’Inghilterra, Scozia e Irlanda) si sta diffondendo a spese della variante più
locale [œ], con le donne che giocano un ruolo leader in questo cambiamento
– Cajun: più complesso il caso della comunità di Cajun dove gli uomini facenti parte
di reti sociali aperte sembrano consolidare l'uso della variante fortemente associata
alla etnia Cajun di minoranza
Labov ha proposto due principi generali che regolano il ruolo del genere nel cambiamento
linguistico :
– Principio I: nelle variabili stabili sociolinguistiche che non coinvolgono
cambiamento gli uomini mostrano una frequenza più alta delle forme non standard
rispetto alle donne
– Principio I(a): nei cambiamenti ‘from above’, cioè che hanno luogo sopra il livello
della consapevolezza, le donne favoriscono la variante di prestigio più degli uomini
– Principio II: nei cambiamenti al di sotto della soglia di consapevolezza, ‘from
below’, le donne sono spesso innovatrici.
Nella ricerca variazionistica e i dati spesso non confermano i principi individuati da Labov
– il Principio I attribuisce al prestigio un ruolo cruciale per interpretare le preferenze
delle donne.
In realtà:
– I dati relativi a Newcastle indicano che la varietà sovralocale [o:] preferita dalle
donne non è quella prestigiosa di Londra dello standard [ou], mentre gli uomini
continuano ad usare la variante locale [œ]
– Lo studio della Eckert a Detroit mostra una complessa interazione tra il genere e le
categorie sociali locali (jock e burnout) che influenza le direzioni del cambiamento
• le ragazze segnalano l'appartenenza a una categoria sociale attraverso mezzi
linguistici in maniera molto più estrema dei ragazzi
• il genere deve essere considerato in connessione all'ideologia e alle pratiche
sociali associate alle categorie locali (jock e burnout) e non come categoria
globale.
Dubois e Horvath (1999) :
– osservano che le generalizzazioni sul ruolo del genere nel cambiamento linguistico
non possono prescindere dall'interazione tra genere e altre variabili (per esempio il
network)
– sottolineano l’utilità di:
• considerare l’origine del cambiamento: interna o esterna alla comunità
• distinguere se il fenomeno in oggetto riguarda la diffusione di una variante
preesistente o di un'innovazione

125
– rilevano la difficoltà distinguere tra i cambiamenti al di sopra e al di sotto della
consapevolezza di Labov
I tre lavori sopra riportati evidenziano le difficoltà nella interpretazione delle relazioni tra categorie
sociali e variazione linguistica e il ruolo delle categorie sociali nel cambiamento linguistico.
Molti lavori sociolinguisti, come quello di Eckert e di Dubois e Horvath, hanno:
– criticato la tendenza a trattare le categorie di classe sociale, genere, etnia come
fattori predeterminati e aproblematici contro cui misurare la variazione linguistica
– sottolineato la necessità di contestualizzare le categorie sociali che sono costruite dai
membri della comunità nelle interazioni di tutti i giorni: l'affiliazione di un individuo
ad una categoria si manifesta attraverso le pratiche linguistiche reali di tutti i giorni
– mostrato la rilevanza, il significato locale specifico delle categorie sociali
Nella sezione seguente saranno esplorate queste questioni in riferimento a tre categorie sociali
piuttosto salienti nella letteratura: la classe sociale, il genere e l’etnia.
Classe sociale e ricerca sociolinguistica.
Modelli di classe sociale:
• Woolard (linguista antropologo):
– Premessa: la sociolinguistica ha preso in prestito concetti sociali in modo
aproblematico
– Conseguenza: assenza di una robusta teoria delle correlazioni tra classe sociale e
lingua
• Secondo Rickford (1986) e Milroy e Milroy (1992) il concetto di classe è concettualizzato in
due modi diversi:
– Per Marx e Weber (sociologia marxista-strutturalista):
• alla base delle divisioni tra le classi c'è il conflitto di classe
– Per la sociologia funzionalista (che normalmente sottostà alle analisi
sociolinguistiche):
• alla base delle divisioni tra le classi c'è il consenso, la condivisione di valori.
• Nella sociologia funzionalista:
– la stratificazione sociale è prodotto di valori condivisi e di un ampio consenso
sociale
– le classi formano un continuum senza linee divisorie nette e alla base della gerarchia
sociale vi sono valori di status differenti assegnati alle diverse posizioni
occupazionali
– la classe è un concetto vago che consiste di un gruppo di persone che condividono
simile occupazione, stile di vita, valori e credenze: i confini tra le classi sono fluidi
– l'enfasi è sui valori condivisi

126
– le differenze di accesso al mercato sono sottovalutate
– i conflitti di classe non sono negati, ma non sono considerati la base della struttura di
classe
Molte delle ricerche sociolinguistiche nel paradigma laboviano adottano implicitamente un
modello di classe sociale basato sul consenso.
Il modello di classe basato sul consenso informa non solo le procedure analitiche ma anche la teoria
variazionistica:
– il concetto chiave di comunità linguistica di Labov con la sua enfasi sulle norme
condivise e sulla valutazione delle variabili linguistiche comunemente condivisa dai
parlanti implica una visione della comunità come fondamentalmente coesa e
autoregolata
– in realtà la vitalità e la persistenza di varietà e varianti non standard è molto più
facilmente interpretabile come prova di conflitto e divisione nella società che non di
consenso
• Rickford (1986) il caso di Cane Walk in Guyana:
– pattern di variabilità bipolare con una forte divisione sociale in due categorie di
individui (classi?) distinte definite in base alle differenti relazioni con il mercato
– Casi come quello di Cane Walk suggeriscono:
• il modello di classe sociale basato sul conflitto è stato erroneamente
trascurato
• la rilevanza dei modelli basati sul conflitto per interpretare tipi di opposizioni
come quella dei parlanti neri e bianchi nelle città dove si registra una forte e
progressiva segregazione connessa a differenziazione linguistica.
• Cane Walk divisione binaria della società tra chi lavora nelle piantagioni di canna da
zucchero e chi no
• Considerando la classe come l'origine della divisione nella società
• i modelli basati sul conflitto enfatizzano le relazioni tra classe e etnia
• i modelli basati sul consenso appaiono rinforzare l'analisi di bianchi e neri come
appartenenti a due diverse comunità linguistiche
Considerazioni analoghe a quelle di Rickford emergono dallo studio della Eckert:
– Per l’analisi del comportamento sociale e linguistico degli adolescenti di Detroit che
definiscono se stessi e i loro associati in reazione alle due categorie sociali
fortemente polarizzate dei Jock e Burnout, il modello appropriato è quello basato sul
conflitto e non sul consenso.
– Le comunità di pratica coinvolte nei network sociali di questi adolescenti
mutualmente in conflitto determinano l’emergere di due opposte norme linguistiche
e le dinamiche di cambiamento linguistico .

127
In generale il cambiamento linguistico è associato a divisioni sociali e conflitti.
In realtà lo stesso Labov afferma che un approccio funzionale al rapporto classe e lingua può essere
applicato solo se i sistemi linguistici non sono sottoposti a cambiamenti e evoluzioni interne.
Classe sociale e ricerca sociolinguistica.
Mercato linguistico:
Per Rickford il modello di classe di Weber secondo cui la classe è un gruppo di persone con
orientamento diverso verso il mercato rappresenta la chiave di svolta per interpretare a Cane Walk
sia la struttura sociale che la variazione linguistica.
Questo modello di classe sociale è strettamente connesso al concetto di mercato linguistico di
Bourdieu:
– cruciale è il ruolo della lingua standard, di prestigio, nella vita socioeconomica dei
parlanti
– la lingua costituisce un capitale simbolico che è potenzialmente convertibile in
capitale economico
– alcuni tipi di lavori richiedono, più di altri, il controllo da parte del lavoratore di una
varietà linguistica standard che risulta più ampiamente spendibile
– Il mercato linguistico è uno: quando è usato il vernacolo, il ruolo della lingua di
prestigio è sospeso e il suo dominio temporaneamente è assente
Si tratta del modello di classe di Weber secondo cui la classe è un gruppo di persone con
orientamento diverso verso il mercato.
• Woolard (1985): l’opposizione standard/vernacolo di molte ricerche sociolinguistiche è
meglio interpretabile in termini di mercati linguistici alternativi, piuttosto che in termini di
un singolo mercato linguistico dominante secondo la proposta di Bourdieu
• Le proposte di Bourdieu e Woolard in realtà non sono alternative, sono complementari e
corrispondono rispettivamente al modello di classe basato sul consenso e sul conflitto
• Milroy: il modello di classe sociale basato sul conflitto, sulla divisione e l'ineguaglianza
rende meglio conto di molti pattern ricorrenti di variazione linguistica
• la struttura del vernacolo di Belfast può essere meglio descritta solo se analizzata
come sistematicamente variabile e internamente consistente piuttosto che come
tentativo di mancato avvicinamento allo standard
• tuttavia, questa interpretazione è quella richiesta da un modello basato sul
consenso.
Classe sociale e ricerca sociolinguistica.
Interpretare le correlazioni tra lingua e classe sociale:
Ma che cosa si intende per classe sociale?
• Un'ampia gamma di caratteristiche personali e di comportamento coovariano con la classe
sociale

128
– l’appartenenza ad una determinata classe sociale è determinata principalmente
dall’occupazione del padre e condiziona gli eventi fondamentali nella vita degli
individui: dalle possibilità di sopravvivere nel primo anno di vita fino al matrimonio,
il numero di figli, le malattie
– la classe sociale influenza in maniera pervasiva l'educazione
– In quanto categoria globale implica distinzioni di stili di vita, attitudini, credenze,
così come l’accesso differenziale alla ricchezza, al potere e al prestigio
• Tuttavia, senza un'analisi dettagliata delle pratiche sociali locali non è chiaro in che modo lo
stile di vita di un individuo, il suo comportamento (linguistico e non) e le opportunità che ha
sono così condizionate dall'occupazione del padre
Eckert sugli adolescenti a Detroit mostra le pratiche sociali sottostanti le differenze di classe sociale
e la loro relazione con la variazione linguistica:
• non c'è una diretta correlazione tra classe operaia e burnout da una parte e classe media e
jock da un'altra.
• pattern contrastanti di variabilità linguistica nella High School di Belten riflettono le
caratteristiche socioeconomiche dei genitori solo limitatamente
• la relazione tra la categoria degli adolescenti e la classe è sottile: l’orientamento dei jocks
verso le istituzioni come la scuola, il college, verso i dintorni residenziali esterni all’area
urbana, piuttosto che verso la rete urbana, verso luoghi sopralocali piuttosto che locali, è
caratteristico della classe media
• questi orientamenti contrastanti emergono nelle pratiche sociali di tutti i giorni come
l'abbigliamento, gli accessori, il tempo libero, i luoghi di intrattenimento
• gli adolescenti fanno uso delle risorse linguistiche della variazione, vi attribuiscono
funzioni simboliche e in questo modo costruiscono stili che permettono loro di posizionarsi
socialmente all'interno della scuola fra i valori dei due poli dei jocks e burnout
• le scelte che gli adolescenti compiono creano una serie di pattern sociolinguistici in mutua
opposizione che costituiranno le fondamenta del sistema di stratificazione in classe degli
adulti
Questo tipo di ricerca connette le tipiche correlazioni tra lingua e classe delle ricerche
sociolinguistiche alle pratiche sociali concrete
• In Gran Bretagna e in Nord America l'occupazione è il fattore che ci si aspetta correli
in maniera più stretta con la variazione linguistica
• la Eckert suggerisce che se l'occupazione è un indicatore della forma di
partecipazione degli adulti al mercato della lingua standard, l'educazione rappresenta
una preparazione a questa partecipazione.
Ma non funzione dappertutto allo stesso modo …
Nei paesi in cui si parla l'arabo la classe sociale è concepita in maniera differente rispetto alla Gran
Bretagna e Nord America: il principale indicatore di classe da un punto di vista sociolinguistico è
l'educazione per ragioni diverse.
129
Al-Wer: nei paesi arabi c'è una chiara relazione tra l'educazione, i cambiamenti di network sociale
dei parlanti e i pattern di variazione linguistica.
Un alto livello di scolarizzazione non implica fluenza in arabo classico.
L'educazione è indicatore di un elevato grado di contatti con parlanti di altre varietà, il college è il
punto di incontro di individui con background linguistici diversi.
Molto spesso i parlanti scolarizzati guidano i cambiamenti linguistici nella direzione della koinè
regionale e urbane, varietà di prestigio sovralocali.
Quest'analisi offre una spiegazione orientata verso le pratiche sociali del perché nei paesi arabi
l’educazione è un buon indicatore di classe e di come la classe è legata alla variazione linguistica.
Questo ha ripercussioni anche sulla nozione di standard nei paesi arabi. In generale la questione è
che cosa si intende con standard, termine generalmente usato per indicare la varietà usata dai
parlanti di status alto.
Nel mondo arabo è la varietà sovralocale, piuttosto che la norma prescrittiva dell'arabo classico, ad
avere tale distribuzione, ad essere parlato da parlanti di status alto.

130
SESSO, GENERE E VARIAZIONE
Sesso e genere
• Il genere è spesso usato come sinonimo di sesso, ma è necessario distinguerli
– il sesso è un attributo biologico dell'individuo
– il genere è un costrutto sociale che non sempre coincide con il sesso biologico
• Pertanto:
– Nella fase del campionamento ha senso che si selezionino i parlanti in relazione al
sesso
– Nella fase di interpretazione del significato sociale della variazione la categoria
sociale rilevante è il genere
• Secondo Eckert il genere non dovrebbe essere trattato con una variabile binaria, ma piuttosto
come un continuum all’interno del quale i parlanti si collocano tra due punti di riferimento
– Le generalizzazioni sul ruolo del genere nel cambiamento linguistico hanno senso
solo in riferimento al suo significato in comunità specifiche e in relazione ad altre
categorie sociali locali
– Il genere non ha un effetto costante sulla lingua poiché le variabili linguistiche legate
al genere si comportano in tanti modo diversi
Classe sociale e genere
• Molti lavori sulle relazioni tra genere e variazione linguistica evidenziano la necessità di una
più cauta concettualizzazione del genere.
• La ricerca variazionistica di prima fase privilegiava la classe sociale: la variazione legata al
genere era spiegata in riferimento e in dipendenza alla classe sociale
– le donne si diceva che si approssimassero alla norma di prestigio di più degli uomini
dello stesso stato sociale (i principi di Labov si basavano su una relazione tra classe
sociale e genere di questo tipo)
• Questa prospettiva in realtà presentava numerosi problemi
– Non si davano spiegazioni soddisfacenti del perché le donne dovrebbero orientarsi
più spesso degli uomini verso la norma di prestigio
– Lo statuto della norma di prestigio verso la quale le donne dovrebbero orientarsi è
ambiguo
• Il prestigio linguistico cambia in continuazione (esempio in Nuova Zelanda a
Edimburgo, in Irlanda si individuano diversi movimenti e più norme di
prestigio): la norma di prestigio, così come qualsiasi altra norma, è un
obiettivo in continuo movimento.

131
D’altronde un’ulteriore difficoltà nel modo tradizionale di concepire l'interazione tra classe sociale
e genere è che la classe nella maggior parte dei casi non è la variabile che rende conto della
variazione.
– Nel caso della variabile (o) a New Castle:
• l’effetto del genere è sovrastante
• la classe e l'età hanno un effetto statisticamente significativo, ma neanche
lontanamente vicino a quello del genere
– In realtà il tentativo da parte di Horwath di riorganizzare i dati di New York City di
Labov evidenzia anche in quel caso il ruolo cruciale del genere più che della classe
sociale.
Il genere forse è stato per certi versi, rispetto alla classe sociale, sottovalutato. Come esempio si
possono riportare gli studi fatti in Galles a Cardiff:
• Mees a Cardiff in Galles:
– molte variabili fonologiche non possono essere spiegate in termini di variazione
connessa di genere e classe
– le variabili fonologiche a Cardiff (tra queste la /t/) sono influenzate in modo diverso
dal genere e dalla classe sociale
• La occlusiva glottale /t/ nell’inglese British (in posizione intervocalica e finale):
– La variante glottale è storicamente associata agli uomini della classe operaia ed è
fortemente stigmatizzata
– Ciò nonostante, in molte città inglesi si sta diffondendo rapidamente nel parlato della
classe media ed appare saliente anche nel parlato RP (RP – received pronunciation,
anche definito qualche volta Queens english, ma che adesso coincide spesso con
l’inglese tipico, il British English tipico.)
– Trudgil (1988) rileva che a Norwich 18 anni dopo la sua prima ricerca l’occlusiva
glottale si è diffusa anche nello stile accurato
– Anche a Cardiff il cambiamento si sta diffondendo rapidamente nel parlato della
classe media e, nonostante sia associato agli uomini della classe operaia, è condotto
dalle giovani donne (stessa cosa in Nord Irlanda e in Nuova Zelanda)
Questi sviluppi suggeriscono che lo stabilirsi dell’occlusiva glottale come forma della classe media
in Gran Bretagna e Nuova Zelanda è legato ad un pattern di genere, ma in maniera diversa da quello
che ci attenderemmo:
• L’associazione della occlusiva glottale alla lingua delle donne determina una rivalutazione
sociale della variante
• Pertanto, la generalizzazione che meglio rende conto degli effetti dell’interazione tra la
classe sociale e il genere è, non che le donne preferiscono le varianti di prestigio, ma che le
creano:

132
– le varianti che le donne preferiscono vengono ideologizzate come varianti di
prestigio
• Questa generalizzazione rende conto di alcuni dati difficili da interpretare
– Le donne sembrano generalmente preferire le varianti sopra locali che possono o non
possono essere identificate come prestigiose
– Gli uomini sembrano invece favorire le varianti locali che sono spesso stigmatizzate
Sugli effetti della variazione linguistica legati al genere vale la pena approfondire due ampi ambiti
di indagine che talvolta si sovrappongono:
– i pattern che emergono dall'interazione del genere con le altre categorie sociali
– l’inadeguatezza della visione tradizionale del genere come variabile binaria
Questi sono i due ambiti che vale la pena approfondire e su cui Milroy e Gordon attirano la nostra
attenzione. E qua riportano dei casi molto interessanti, sono 3 casi paradigmatici (questo sono due
in uno). Il primo:
• Jabeur (1987) e Walters (1991): pattern di variazioni legati all'età e al genere in due
differenti città tunisine, il cui significato sociale inizialmente sembra simile ma in realtà è
molto diverso
• Jabeur a Rades in periferia di Tunisi: interazione degli effetti del genere e dell'età
– Una delle variabili dell'arabo tunisino esaminate riguarda l'alternanza tra una
variante monottongata [i:] e [u:] e una variante dittongata [aj] e [aw] delle variabili
/aj/ e /aw/ in una serie di items.
– le varianti dittongate sono tipiche del parlato urbano delle donne anziane
– il pattern è fortemente ideologizzato: le donne anziane sono piuttosto orgogliose
delle varianti dittongate, mentre le giovani donne le stigmatizzano
• Walters recentemente ha arricchito la ricerca di Jabeur osservando che:
– le varianti dittongate costituiscono un relitto associato storicamente alle famiglie di
status alto che vivevano nella Medina di Tunisi
– le varianti dittongate sono quelle dell'arabo standard moderno, una varietà alta
prescrittiva descritta come meno rilevante per le traiettorie del cambiamento
• L’arabo classico: ogni forma di arabo scritto, lingua della poesia preislamica, del Corano e
della letteratura posteriore, pochi coloro che la padroneggiano perfettamente.
• Il Modern Standard Arabic: evoluzione della lingua classica, sia nella forma scritta che
orale, adattata alle esigenze moderne. Occorre nell’espressione orale nei media in generale,
nei discorsi ufficiali, nelle conferenze e nelle comunicazioni internazionali. Nella forma
scritta è usata fondamentalmente nelle diverse espressioni letterarie, nei libri di testo, nella
carta stampata, nella burocrazia. Viene appresa a scuola, non è la lingua materna di nessun
arabofono, ma dall’altro lo è, in quanto ha il potere di contraddistinguere l’identità culturale
araba, al di là dell’appartenenza nazionale e/o religiosa. Relativamente al livello di
scolarizzazione, un numero sempre crescente di arabofoni, data la sua diffusione, è capace di
133
comprenderla, ma non di parlarla senza fare ricorso alla propria varietà. Sembra interessante
sottolineare, a questo proposito, la percezione che gli arabofoni hanno della lingua classica e
di quella standard, dal momento che si riferiscono ad entrambe con la sola espressione al-
lugha al-arabiyya al-fusha, “la lingua araba eloquentissima”, evidenziando l’unicità della
lingua.
• La varietà, definita ammiyya, “[lingua] popolare” o darija, “[lingua] comune”: la reale
lingua madre di ogni arabo, un idioma ricco di prestiti linguistici di altre lingue (inglese,
francese, italiano, turco, ecc.), a cui si è esposti nei contesti familiari e informali fin
dall’infanzia.
Questo che abbiamo analizzato qua è il caso di Rades, andiamo adesso a vedere il caso di Korba che
per certi versi presenta una distribuzione simile ma il significato è molto diverso. Di nuovo emerge
un pattern di variazione legato all’età simile inizialmente a quello appena descritto, in realtà
diverso:
• Walters (1985) riporta per Korba pattern di variazione legati all'età che a prima vista
sembrano simili a quelli descritti
– esame del fenomeno dell’innalzamento della variabile vocalica (ɛ:) generalmente
stigmatizzata da tutti i parlanti
– A Korba come a Rades:
• le donne anziane, si differenziano dalle giovani, utilizzando con un’alta
frequenza la variante innalzata
• la variante innalzata rappresenta un relitto
– Nonostante la similarità superficiale della sua distribuzione il significato di questo
tratto differisce nelle due città in maniera sostanziale
– A Korba
• il tratto stigmatizzato è associato all'isolamento della comunità ed è
stigmatizzato al di fuori del gruppo
• diversamente dal dittongo di Rades, la forma innalzata a Korba implica un
movimento di allontanamento dalla varietà dell’arabo standard moderno
• al tempo della ricerca a Korba non c’era una donna di 45 anni che potesse
leggere o scrivere, mentre alcune giovani donne avevano ricevuto
un’educazione universitaria
Quindi si associa non con le famiglie di status alto il relitto come succedeva a Rades, ma nelle
donne anziane con un livello di scolarizzazione bassa, ed è tipico della comunità che presenta dei
tratti di isolamento.
In definitiva:
– Sia a Korba che a Rades le donne anziane formano un gruppo sociale a sé che, in
entrambi i luoghi, conserva e fa uso di un tratto linguistico conservativo: un relitto.
– Le varianti usate dalle donne anziane di Rades sono associate però a una varietà alta
di arabo e al gruppo sociale di status più elevato di un'era passata vs le varianti
134
innalzate usate dalle donne di Korba sono associate all'isolamento geografico e
all'appartenenza a un gruppo non elitario, esse sono infatti stigmatizzate sia
nell'arabo tunisino che nella varietà alta.
– Trattare i due gruppi di donne come simili significa non capire la storia locale e i
fattori sociali in gioco.
– L'aspetto in comune di entrambi i casi è che le donne in una particolare fascia d'età e
in una particolare fase della storia della Tunisia conservano un tratto arcaico, un
relitto cui attribuiscono un particolare significato sociale.
Dubois e Horvath (1999): Cajun community St. Laundry Luisiana, variabile (th) (dh)
– 2 varianti [t] [d] occlusiva e [th] [dh]fricativa
– Variabili extralinguistiche: genere e network
• Variante occlusiva fortemente ideologizzata, stereotipata, considerata tipica della varietà
della comunità di Cajun
• La comunità bilingue francese-inglese di minoranza è sottoposta ad un processo di language
shift/sostituzione di lingua ed è consapevole dei tratti distintivi della etnia Cajun
• La variabile network sembra giocare un ruolo nel mantenimento dei tratti distintivi della
varietà di minoranza, essa distingue orientamenti diversi rispetto alla comunità Cajun: I
parlanti con un network più chiuso si caratterizzano per aver sempre vissuto in città
• Risultati:
– Differenze di genere
• gli uomini usano tutte e due le varianti occlusive molto più delle donne
– Rilevanti differenze in relazione al network del parlante e al genere
• la variabile network per gli uomini è meno rilevante che per le donne
• forte distinzione tra uomini e donne all'interno di network aperti: le donne in
network chiusi usano le varianti occlusive (sempre meno degli uomini) molto
di più delle donne in network aperti
– Età:
• donne fascia di età media prediligono le varianti fricative
• uomini giovani in network aperti picco di uso delle occlusive
Conclusioni:
– Le generalizzazioni sul ruolo del genere nei processi di cambiamento linguistico non
possono prescindere dall'interazione tra genere e altre variabili
– Necessità di chiedersi qual è il ruolo di genere, età, etnicità, classe sociale e rete
sociale nel produrre pattern di variazione linguistici sistematici e cosa questi pattern
significano per il parlante oltre che per il ricercatore

135
– Il lavoro sulla comunità Cajun evidenzia come per rispondere a queste domande
bisogna capire le dinamiche sociali della comunità, le cui scelte linguistiche sono
parte di un set di pratiche sociali locali che, nel caso specifico, consentono ai membri
della comunità di definirsi in maniera distintiva ‘di Cajun’.
In sintesi:
– le variabili (th) e (dh) sono fortemente dipendenti dall’età e dalle caratteristiche dei
network dei parlanti
– l'interazione fra il genere e le altre categorie sociali mostra gli effetti di specifichi
eventi storici sulle traiettorie del cambiamento linguistico
– il genere indicizza gli effetti sulla lingua in maniera differente in ciascuna
generazione e ciascuna generazione si orienta verso norme differenti
Qual è la situazione storica? Abbiamo detto che la comunità di Cajun sta vivendo una dinamica
forte di cambiamento linguistico, in particolare proprio uno shift, quello che normalmente viene
definito uno shift, un fenomeno di sostituzione di lingua con conseguente tentativo di
conservazione. Allora, qual era la situazione di qualche tempo fa?
• Il gruppo più anziano è bilingue sia in inglese che in francese e quindi è capace di usare le
lingue come risorsa per indicizzare il genere e altri significati sociali
– nel loro inglese c’erano già i tratti che successivamente sarebbero stati coinvolti nel
cambiamento linguistico e che sarebbero stati interpretati successivamente come
connotati etnicamente e riciclati dai parlanti giovani
• I parlanti di mezza età hanno subito la pressione di imparare l'inglese e sia gli uomini che le
donne appaiono orientati verso una norma esterna alla comunità: questo gruppo non presenta
grosse differenze di genere
• I parlanti più giovani hanno vissuto il Rinascimento di Cajun che ha generato una
mercificazione della francesità tipica della Luisiana
– poiché loro utilizzano il francese solo quando parlano con i membri più anziani della
comunità, la dimensione etnica è indicizzata da loro nei fenomeni di variazione
dell’inglese
Il Rinascimento con le sue implicazioni di mercato ha condizionato in maniera forte le attività
tradizionali maschili. La preferenza maschile per i tratti locali come le occlusive (th) e (dh) va
attribuita non solo al desiderio di mostrare la appartenenza alla comunità, ma anche ad un
cambiamento del ruolo del genere associato alla perdita del francese come lingua della comunità; il
cambiamento dal francese all'inglese che ha avuto luogo all'interno della generazione di mezza età
ha fatto sì che le giovani donne non sentano più la responsabilità di trasmettere il francese ai
bambini, il loro ruolo come fari, guide dell’etnia Cajun è stato assunto dai giovani uomini. Le donne
non sentono l'esigenza di utilizzare i tratti dell'inglese locale per mostrare la loro appartenenza al
gruppo etnico poiché l’identità Cajun è oramai associata agli uomini.
Gli uomini sono leader da questo punto di vista, perché da un punto di vista sociale ed economico
rivestono un determinato ruolo all’interno della società.

136
Eckert osserva:
– Necessaria una visione del genere come costrutto in relazione della pratica sociale
reale dipendente da altre categorie sociali
– Le pratiche linguistiche di genere differiscono considerevolmente da cultura a
cultura, da luogo a luogo, da gruppo a gruppo e sono in intersezione con altri aspetti
dell'identità sociale
– Gli uomini e le donne negli Stati Uniti, sia nella fascia degli adulti che degli
adolescenti, si relazionano in maniera molto diversa al ‘mercato’:
• così come i valori e le azioni degli uomini in relazione al mondo del lavoro
per gli adulti, le azioni dei ragazzi nello sport (per esempio il loro essere
atleti o bikers) definiscono le categorie adolescenziali opposte dei jock e dei
burnout.
Andiamo adesso in un’altra realtà e vediamo come il genere interagisce con le categorie in
particolare extralinguistiche individuate da Eckert e vediamo che le dinamiche sono diverse:
• A Detroit le ragazze sono escluse dall'avere un ruolo centrale nel mercato linguistico e
reagiscono alla marginalizzazione usando mezzi simbolici più estremi per sottolineare
l’appartenenza alle categorie polarizzate dei jocks e dei burnout attraverso gli usi linguistici
e i comportamenti sociali, il modo di vestirsi e le attività sociali
– Poiché l'appartenenza al locale è un valore burnout le ragazze burnout fanno uso in
maniera rilevante di varianti locali; le ragazze jock d’altro canto fanno un uso molto
forte di varianti sovralocali
– i ragazzi in entrambi i gruppi occupano una posizione meno estrema rispetto alle
ragazze
• Nei loro pattern di uso linguistico i parlanti dimostrano una relazione complessa tra genere,
categoria sociale e orientamento urbano o sovralocale
I ragazzi hanno un’esigenza meno forte di esibire la loro appartenenza a un gruppo o all’altro. Un
altro studio molto interessante per quanto riguarda la relazione e la complessità del concetto di
genere, la relazione tra genere e lingua, dinamiche e variazione, lo statuto fortemente ambiguo e
complesso della variabile genere è questo di Schilling- Estes nell’isola di Okracoke nella costa sud
degli Stati Uniti:
• Schilling-Estes (1999) isola di Okracoke nella costa sud degli Stati Uniti:
– varianti locali dei dittonghi /aj/ (innalzamento) e /aw/ (avanzamento) in high, tide e
house, sound
– I pattern di variazione sono analizzati in riferimento a tre generazioni di uomini e
donne e fra i membri dello stesso gruppo sessuale, la cui identità di genere non è
meramente il prodotto del sesso biologico
– Per quanto concerne in particolare gli uomini:
1. Gruppo di uomini che giocano a poker e costituiscono un network

137
– si identificano con i tratti identitari dell'essere isolani, pescatori
uomini
– escludono le donne esplicitamente dai loro appuntamenti di gioco
settimanali
– proiettano un’immagine stereotipicamente maschile, macho
– indicizzano la mascolinità nei comportamenti ci si aspetta dunque che
lo facciano anche negli usi linguistici
2. Gruppo di uomini gay
3. Uomini etero che non fanno parte del network del poker
Molto probabilmente sono partiti con il sesso biologico a livello di campionamento, poi
frequentando la comunità si sono resi conto che in realtà non c’era questa corrispondenza tra sesso e
genere e pattern di variazione e quindi a livello interpretativo sono andati a individuare dinamiche
di variazione diverse in relazione al genere.
• La tradizionale variante locale /aj/ innalzata è recessiva sia nella generazione anziana che in
quella giovane delle donne più che negli uomini
• Per quanto riguarda la generazione intermedia il pattern è più complesso:
– il modello che prevede che le donne prediligano lo standard e gli uomini il
vernacolo non funziona
– esso funziona esclusivamente se compariamo le donne con gli uomini che fanno
parte del gruppo del poker
– se invece compariamo le donne con gli altri gruppi di uomini emerge che le donne
presentano valori più elevati della variante innalzata locale rispetto agli altri
sottogruppi con i gay che mostrano la più bassa frequenza d’uso
• Questioni legate all'identità di genere giocano un ruolo cruciale nella delimitazione dei tre
gruppi di uomini
• Gli uomini del gruppo del poker proiettano un’immagine macho che li distingue da tutte e
due gli altri gruppi (non ci sono gay dichiarati in questo gruppo)
Presentano dei pattern linguistici conservativi rispetto all’identità locale. Un pattern diverso invece
emerge per la variante locale della variabile aw:
• Un pattern diverso emerge per la variante locale della variabile aw :
– All'interno delle generazioni il pattern tradizionale con le donne che usano i più bassi
valori di variante locale rispetto agli uomini regge solo per le parlanti giovani
– Per quanto riguarda la fascia di età intermedia le donne mostrano una frequenza
molto alta della variante vernacolare seguite dal gruppo dei gay e poi degli
eterosessuali
– Nella fascia d’età intermedia il gruppo dei giocatori di poker mostra le frequenze più
basse di questa variante

138
• I pattern asimmetrici di uso delle due varianti /aw/ e /aj/ rifletteno la disponibilità dei due
elementi fonologici ad essere utilizzati come risorse per indicizzare l’identità di isolani
– Poiché /aj/ richiama la mascolinità ed è associata ai pescatori isolani non è
disponibile per le donne di mezza età e per gli altri gruppi di uomini i quali
utilizzano l'altra variante come risorsa simbolica
– Di contro i giocatori di poker non possono usare la variante /aw/associata con le
donne e con tutti gli uomini fuori del loro Network
Particolarmente interessante è la fascia intermedia in cui per quanto riguarda una variabile gli
uomini appartenenti al gruppo del poker presentano valori più alti della variante locale, per quanto
riguarda quest’altra variabile invece sono le donne. “…l’identità di isolani” Che cosa succede? la
cassetta degli attrezzi è la stessa, più generazioni o più generi, parlanti diversi possono avere la
stessa esigenza di mostrare la loro appartenenza, però se di una risorsa linguistica si appropria un
gruppo che è segregato rispetto ad altri, altri gruppi in questo caso le donne a questo punto si
appropriano di un’altra risorsa linguistica per indicizzare la loro appartenenza.
• Questa chiave interpretativa ovviamente richiede una grande conoscenza della storia locale,
dell'ideologia e delle pratiche sociali
• Il genere condiziona la lingua in maniera differente nelle diverse generazioni poiché le
esperienze di vita diverse e le differenze linguistiche di genere indicizzano in maniera
diversa le categorie sociali salienti all'interno della comunità
• Le categorie sociali, così come le modalità con cui esse vengono indicizzate
linguisticamente, sono un punto di arrivo per i ricercatori non possono essere date per
scontate, per acquisite
Questo è importante cioè che le categorie sono un punto di arrivo solo dopo aver vissuto e
conosciuto.
Andiamo a questo punto ad analizzare insieme a Milroy e Gordon l’interazione altrettanto
complessa tra variazione ed etnicità e razza, la terza variabile.
Etnicità e razza.
Introduzione
• Etnicità e razza
• Giddens (1989): etnia e razza sono sistemi che insieme alla classe richiamano la
distribuzione di potere e l’ineguaglianza all'interno della società.
• I gruppi etnici sono costituiti da persone che condividono o credono di condividere
caratteristiche culturali e di solito implicano un senso di appartenenza ad un luogo, una
storia, un destino, una religione, un'ideologia comune, una lingua o un set di consuetudini
comunicative condivise.
• Le distinzioni etniche sono raramente neutre, di solito sono associate a una marcata
ineguaglianza sia in termini di ricchezza che di potere
– molte discussioni sulle etnicità coinvolgono gruppi minoritari i cui membri sono
discriminati dalla popolazione di maggioranza

139
• Rampton (1996): i confini etnici, come i confini di classe, sono duttili e permeabili
• Le differenze etniche sono costruite socialmente non corrispondono a una qualsiasi
differenza verificabile in termini di storia, di cultura o di origine.
• Allo stesso modo le distinzioni etnolinguistiche possono non corrispondere a nessuna grande
differenza strutturale tra lingue
– Per esempio, le varietà parlate di Urdu e Hindi sono identiche da un punto di vista
strutturale, ma sono comunemente trattate come diverse per la loro forte associazione
all'etnia musulmana e all’etnia Indù
– Queste percezioni sono soggette a cambiare non appena cambiano le condizioni
politico-sociali.
• Per esempio, a New Castle le donne della comunità del sud-est asiatico
percepiscono l’Hindi e l‘Urdu come una stessa lingua. Questo cambiamento
nell'ideologia linguistica è conseguenza di un cambiamento sociale:
• in GB l’opposizione rilevante è tra gli inglesi e la comunità del sud
est asiatico come un tutto
Negli studi sociolinguistici si parla di etnia non di razza, però l’analisi storica parte dall’uso del
concetto di razza. Una cosa interessante che emerge qua è come le distinzioni etnico-linguistiche
non corrispondono necessariamente a una grande differenza strutturale tra lingue a prescindere dalla
percezione che i parlanti ne hanno. I parlanti percepiscono le differenze strutturali linguistiche e
affermano magari che l’Urdu e l’Hindi sono molto diverse come varietà linguistiche quando sono a
casa, invece una volta trasferitesi la questione di appartenenza è l’altra faccia della medaglia della
questione linguistica. Loro sembrano non percepire più o perlomeno non concettualizzano e non
riferiscono di una differenza strutturale tra le due varietà, non è più una distinzione saliente per loro
probabilmente. È probabile che entrino in gioco altri aspetti legati alla comunità, alla storia locale
della comunità, al livello di integrazione tra le due comunità, anche da un punto di vista economico,
il fatto che hanno magari occupazioni simili.
• La razza è stata da sempre oggetto di un proliferare di teorie pseudoscientifiche:
– oggi è ancora comunemente ritenuto che gli uomini siano divisi in razze differenti da
criteri biologici
• Il carattere problematico delle relazioni razziali negli Stati Uniti va inquadrato storicamente
facendo riferimento all’inizio della storia coloniale.
– Fin dall’inizio il colonialismo europeo ha avuto un atteggiamento razzista molto più
forte nei confronti degli schiavi neri portati in America che non verso gli europei o i
nativi americani.
• L'approccio razzista (bianchi vs neri) era centrale in Europa. La conseguenza negli Stati
Uniti di tale atteggiamento fu di subordinare qualsiasi tipo di divisione sociale alla divisione
basata sulla razza.
– Questo ebbe inevitabili ripercussioni sul trattamento sociolinguistico della lingua e
della etnia.
• Considerato lo stretto legame con l’ineguaglianza, l’etnicità si associa alla classe sociale
140
– Poiché i migranti sono frequentemente impegnati in lavori mal pagati, nella maggior
parte dei paesi tendono a concentrarsi e vivere all'interno della città in aree povere
vicino ai luoghi di lavoro con occupazioni di basso livello
• Anche i membri delle minoranze etniche relativamente prospere nei loro paesi d'origine
tendono ad essere declassati da un punto di vista occupazionale nei paesi di arrivo.
(La cosa triste che verifichiamo anche noi è che anche i membri delle minoranze etniche
relativamente prospere nei loro Paesi di origine, per esempio con alti livelli di scolarizzazione poi
vengono declassati da un punto di vista occupazionale nei Paesi di arrivo, specialmente per alcune
comunità, ad esempio quelle asiatiche, i filippini, comunità in cui l’educazione è un valore, hanno
spessissimo un alto livello di scolarizzazione. I filippini, i singalesi frequentano scuole in inglese,
per cui conoscono molto bene l’inglese, qua vengono declassati).
• Labov e Harris (1986) documentano uno stato di fatto di segregazione etnica nella
maggioranza degli Stati Uniti
• Danzinger e Holzer (2000) osservano che Detroit è una città particolarmente polarizzata da
un punto di vista razziale come risultato di un numero diverso di fattori storici locali
– pattern discriminatori di segregazione residenziale e occupazionale, atteggiamenti
discriminatori nei luoghi di lavoro e attitudini negative verso le minoranze e le
lingue di minoranza
• Come le categorie di classe sociale e genere, anche quella dell'etnicità assume significati
diversi in comunità differenti e il suo impatto sui diversi pattern di variazione linguistica può
essere interpretato solo in riferimento alle condizioni locali e alle pratiche sociali locali
• Il forte senso di distintività raziale che risulta dagli eventi storici e dalle condizioni sociali
contemporanee negli States si associa a una distintività linguistica saliente
Abbiamo ragionato sul genere, sulla classe sociale e poi siamo arrivati all’etnia. In realtà avevamo
detto che è stata documentata in diverse città degli Stati Uniti una segregazione etnica (etnica quindi
come dice qua per esempio a Detroit sono stati osservati pattern discriminatori di segregazione
residenziale occupazionale, atteggiamenti discriminatori nei luoghi di lavoro, attitudini negative
verso le minoranze e le lingue di minoranza. Anche la categoria dell'etnicità, così come quella di
classe sociale in genere però assume significati diversi a seconda della comunità in cui viene
analizzata e ovviamente quindi può essere diverso sulla sua ricaduta sui pattern di variazione
linguistica, che possono essere la correlazione tra, diciamo, la categoria di etnicità e i pattern di
variazione linguistica dunque può essere individuata e interpretata solo in riferimento di nuovo alle
condizioni locali, alle pratiche sociali locali. Per esemplificare tutto ciò Milroy e Gordon
prenderanno in considerazione diversi studi. Innanzitutto, emergerà una differenza del ruolo
dell'etnicità nella società americana e nella società irlandese, ma vedremo praticamente anche nei
diversi contesti e anche la stessa categoria di etnicità si caratterizza in maniera diversa a seconda
della comunità che stiamo prendendo in considerazione.

141
Negli Stati Uniti la maggioranza del dibattito sulla razza e sul rapporto lingua-etnia si focalizza
sull'inglese dei nativi, dei parlanti afroamericani:
Lingua, razza e etnia negli USA
• Non sorprendentemente la maggioranza del dibattito sulla razza, sulla lingua e sull’etnia
negli Stati Uniti si focalizza sulla varietà dell'inglese parlato dagli afroamericani
• I lavori sull' African American English (AAE) sono 5 volte più frequenti che su qualsiasi
altro gruppo regionale o etnico
• AAE è una varietà contraddistinta a tutti i livelli linguistici da un certo numero di tratti,
alcuni dei quali sono condivisi con altre varietà parlate nel Sud degli Stati Uniti
• Gli afroamericani, che fin dalle origini hanno conservato alcuni tratti di distintività
etnolinguistica, con il tempo hanno sviluppato delle norme sempre più distanti dai gruppi
bianchi corrispondenti
– Dopo 4 generazioni gli afroamericani nel Nord Carolina si sono allontanati dal
dialetto rurale periferico simile a quello parlato dai residenti bianchi a favore di una
norma sovralocale di inglese afroamericano
• Alcune caratteristiche fonologiche, grammaticali, stilistiche dell'inglese Afro-Americano
sono state descritte e discusse (Wolfram e Shilling-Estes (1998), Rickford (1999), Mufwenw
et ali (1998, Poplack (2000))
• In generale però la ricerca sull'inglese afroamericano si è concentrata su un limitato numero
di questioni: le relazioni tra questa varietà e varietà comparabili, la sua storia, lo sviluppo e i
cambiamenti al suo interno.
• Inoltre, nonostante la mole di lavoro condotto sull’inglese afroamericano la varietà è stata
trattata tendenzialmente come invariante: è stata ignorata la dimensione della variazione
regionale, generazionale e sociale interna all'inglese afroamericano
– Eccezione Wolfram (1996): studio della stratificazione sociale all'interno di una
varietà urbana di inglese afroamericano
• I ricercatori hanno enfatizzato la distintività dell’afroamericano , ma pochi studi hanno
esaminato l'effetto del contatto tra l'inglese afroamericano e le varietà adiacenti: il carattere
preciso del confine etnolinguistico non è chiaro.
• Rispetto alla grande quantità di ricerca sull'inglese dei nativi americanni molto poco invece
è stato fatto su altre varietà etniche
– Un’eccezione è rappresentato dai lavori di Dubois e Horvath sull’inglese di Cajun in
Luisiana
– La distintività etnica è mantenuta spesso attraverso le risorse dialettali esistenti in
una maniera sottile e localizzata
• Un esempio di ricerca sulla varietà etnica dei nativi americani è la descrizione dell'inglese
parlato dal gruppo dei nativi americani di Lumbee in Nord Carolina:
– forma del verbo BE distingue questa varietà da altre varietà usata dagli afroamericani
e dalla popolazione bianca.
142
• Es. la terza persona singolare bes, in passato caratteristica delle
varietà locali bianche ora obsolescente in quelle varietà, è usata dai
parlanti di Lumbee e di inglese afroamericano con restrizioni
grammaticali diverse e serve a distinguerli da altre varietà
• Per varietà etniche, per esempio quelle dei nativi americani, si intende varietà apprese come
prima lingua da bambini. Si tratta di varietà che mostrano una certa variabilità interna.
In particolare, di grande interesse è questa forma della terza persona singolare che non è is ma è bes.
Quindi, succede che i parlanti si servono delle risorse linguistiche che hanno a disposizione. Il
meccanismo è quello che abbiamo individuato in altri casi di opposizione, cioè: come faccio con le
risorse linguistiche che ho a disposizione, a distinguermi da qualcuno e a imitare e a identificarmi
con qualcun altro? Questo è il meccanismo. In alcuni casi, come quello che andremo ad analizzare
adesso, questo i parlanti lo fanno per esempio utilizzando i fenomeni di contatto: è il caso delle
comunità di parlanti latino-americani studiato da Mendoza-Denton nel 1999.
Per quanto riguarda le comunità latino-americane molto dipende da qual è la comunità o il paese di
origine, è interessante che i latino-americani spesso utilizzano, per esprimere significati sociali, le
risorse del loro repertorio di bilingui e la varietà di inglese, a loro disposizione, alla quale
attribuiscono caratteristiche etniche. Per esempio, Mendoza-Denton studia un gruppo di ragazze
cicane, quindi messicane, in una scuola superiore del Nord Carolina e si concentra sui loro processi
di costruzione di identità che, diciamo, si manifestano attraverso la scelta linguistica che queste
ragazze compiono tra spagnolo o inglese e nella variazione monolingua a livello fonologico e
stilistico, cioè attingono dalle risorse che hanno a disposizione.
• Mendoza-Denton (1999) si è occupato delle comunità di parlanti latino-americani: la
situazione varia molto a seconda del paese di origine
• I latino-americani per esprimere significati sociali utilizzano le risorse del repertorio
bilingue e una varietà di inglese con caratteristiche distintive etniche
– Mendoza-Denton (1997): studia in un gruppo di ragazze, i messicani negli States,
chicane in una scuola superiore del Nord California i processi di costruzione di
identità mediante la scelta linguistica tra spagnolo e inglese e nella variazione
monolingue a livello fonologico e stilistico
• Knack (1991): la comunità ebrea in Michigan presenta pattern fonologici relativi all'altezza
e all’ampiezza di variazione nella (ɔ) e nella sonorizzazione della fricativa alveolare (s)
– la realizzazione di queste variabili nella comunità ebrea interagisce in maniera
complessa anche con status e genere
• In definitiva sembra che generalmente la distintività etnica si manifesta in una maniera
‘sottile’ micro e spesso nella limitata partecipazione ai cambiamenti macro cui le varietà non
marcate etnicamente sono sottoposte.

143
Lingua ed etnia in nord Irlanda
Un contesto in cui l'etnia è indicizzata linguisticamente in un modo molto differente: l’Irlanda.
Il conflitto politico in Nord Irlanda tra cattolici e protestanti, di orientamento politico
rispettivamente irlandese e britannico, risale all’insediamento nell’Ulster nel XVII secolo di
scozzesi e inglesi.
Protestanti e cattolici si percepiscono come diversi l'uno dall'altro, in gran parte mantengono
tradizioni culturali diverse in domini cruciali come l'educazione, la religione e le attività del tempo
libero.
Sebbene tutto il Nord Irlanda abbia tradizionalmente sofferto di un alto livello di disoccupazione e
altri tipi di malessere sociale, i cattolici hanno sofferto in maniera spropositata.
La fase moderna del conflitto risale agli anni 60 quando i cattolici iniziarono a protestare per le
discriminazioni subite sul lungo periodo.
Le condizioni storico-politiche del nord Irlanda hanno fatto sì che si sia mantenuta nel tempo una
forte distintività etnica connotata da un punto di vista culturale.
Lo studio di Milroy e Milroy è stato condotto a Belfast negli anni 70 in un momento
particolarmente intenso del conflitto: in quella fase i cattolici e i protestanti occupavano settori
urbani differenti, i protestanti risiedevano nella zona est di Belfast e i cattolici nella zona ovest.
I risultati di uno studio pilota avevano visto emergere una differenza molto forte dal punto di vista
linguistico tra l’est protestante e l'ovest cattolico.
• Ballymacarrett est: protestante/ Clonard e Hammer: cattolica
• Braniel est: protestante (legata a Ballymacarret)/ Andersonstown: ovest cattolica (legata a
Clonard)
• Differenze tra cattolici e protestanti minime all’interno della zona ovest (Clonard e
Hammer) con i cattolici che mostravano pattern di variazione più conservativi nel caso di
molte variabili fonologiche.
• Assenza di differenze sistematiche nella zona est tra le comunità protestanti e quelle
cattoliche (Ballycamarett e Short Strand)
Poiché la comunità protestante e la comunità cattolica sono fortemente ostili l'una all'altra,
presentano un elevato grado di segregazione. Per questa ragione le differenze emerse tra i gruppi
cattolici e protestanti a Belfast vengono trattate come differenze regionali, aspetto questo
sorprendente considerata l’intensità del conflitto etnico.
I membri della comunità riferiscono di accenti distintivi dell'est e dell'ovest di Belfast e non delle
comunità protestanti o cattoliche.
L'etnicità negli anni 70 a Belfast, diversamente da altre comunità di minoranza caratterizzate da
pattern di variazione sistematica a livello fonologico e morfosintattico, era ritenuta indicizzata
linguisticamente grazie alla variazione di pronuncia per nomi di lettere dell'alfabeto.

144
Shiboleth8 come per esempio la pronuncia cattolica della lettera h [hetʃ] vs quella protestante [etʃ]
sono probabilmente il prodotto di sistemi educativi di comunità segregate.
Quindi il livello di segregazione era tale che nelle scuole cattoliche l'alfabeto veniva pronunciato in
un certo modo e in quelle protestanti in un altro.
• La dimensione principale di variazioni a Belfast è dunque associata con la variazione
diatopica urbana e con network costituiti localmente e di conseguenza una distinzione
chiara tra differenze locali e etniche negli usi linguistici è, in pratica, difficile da tracciare in
una città con una segregazione residenziale così elevata
• Di conseguenza in termini di etnicità, un accento della zona est di Belfast è in linea di
massima associato con la comunità protestante e l'accento della zona ovest di Belfast con
quella Cattolica
McCafferty (1998, 1999) in unostudio nel nord dell'Irlanda ha analizzato i trend di cambiamento:
– il confine etnico è indicizzato linguisticamente in un modo molto sottile: si tende a
sottolineare in maniera enfatica che non esiste un «inglese protestante» versus un
«inglese cattolico».
– Derry, città nel nord est dell’Ulster: in uno studio sulla variazione fonologica emerge
che i protestanti sono più propensi dei cattolici ad adottare le innovazioni associate a
Belfast e alla zona protestante est della provincia
– Questa trafila di cambiamento linguistico da est a ovest con i protestanti che
adottano il cambiamento prima dei cattolici era stato già osservato in precedenza
nella città di Lurgan nella zona mediana dell’Ulster ed è consistente con la traiettoria
di cambiamento riportata per Belfast
– I cattolici tendono ad orientarsi verso norme più localizzate, mentre i protestanti
preferiscono norme meno localizzate dell'irlandese del Nord
– La classe media di Belfast si orienta verso norme differenti a seconda della politica
di affiliazione al nazionalismo cattolico o all'unionismo protestante
(*nazionalismo cattolico = quindi norme locali / * unionismo protestante = quindi norme sovra-
locali del Nord Irlanda).
• I confini etnolinguistici e l'interazione tra etnicità e le altre variabili sociali differiscono
notevolmente nel nord dell'Irlanda e negli Stati Uniti
– negli Stati Uniti dove ha senso parlare di varietà etniche distintive, le marche etniche
sono più visibili nella lingua dei parlanti di status più basso
– nel Nord Irlanda le marche etniche si manifestano attraverso norme differenti verso
le quali si orientano anche i parlanti con alto livello di scolarizzazione

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Shibboleth: una parola o espressione che, per le sue difficoltà di suono, è molto difficile da pronunciare per chi parla
un'altra lingua o un altro dialetto. Per questa ragione, la parola viene scelta come contrassegno per distinguersi dai
parlanti di altre comunità.

145
– Inoltre, una traiettoria di cambiamento linguistico associato ad un’interazione tra
confini regionali e etnici del tipo di quello descritto per Belfast e Derry non è
riportato per gli Stati Uniti.
• Il caso della divisione cattolici/protestanti nel Nord Irlanda ha importanti implicazioni
metodologiche per qualsiasi ricerca che consideri l’etnicità come variabile del parlante
– L’etnicità è una categoria creata culturalmente e non ha senso considerarla come data
oggettivamente: è possibile nel Nord Irlanda per un cattolico di etnia essere non
credente o inversamente per un migrante inglese o scozzese cattolico essere
classificato come un protestante.
Conclusioni
• Le categorie sociali di classe, genere, età e etnicità sono importanti nella ricerca
variazionistica in particolare per illuminare i pattern globali di variazione linguistica in
popolazioni ampie
• Tuttavia, il modo in cui queste variabili si correlano con la variazione linguistica è
determinata da norme e pratiche locali
– La classe sociale non significa la stessa cosa all'interno di comunità diverse.
– Il genere non ha un effetto uniforme sulla lingua in comunità diverse e non è una
categoria binaria che automaticamente si connette al sesso biologico
– Similmente gli effetti linguistici dell'etnicità variano in maniera drammatica da
comunità a comunità.
Chiuso questo discorso, andiamo al capitolo successivo che è un capitolo molto caro a Milroy e
Gordon.
Il percorso fatto finora è stato: primo step tecniche di campionamento; secondo step tecniche di
elicitazione dati; dopo che abbiamo stabilito qual è il campione da cui vogliamo elicitare i nostri
dati dobbiamo decidere come elicitare i dati, quali sono le tecniche a cui facciamo riferimento.
Dopodiché, praticamente, si sono concentrati sul cercare di individuare quali possono essere
problematizzandole le relazioni tra variabili extralinguistiche tradizionali - quindi abbiamo
cominciato con genere, classe sociale, età ed etnicità, per arrivare in fondo alla conclusione che
queste categorie ci servono per individuare pattern di variazione globali.
Quando però poi dobbiamo interpretare i modelli di variazione che sono i pattern di variazione che
sono emersi, dobbiamo andare a spostarci sul piano, loro dicono locale, in particolare faranno
riferimento a due modelli descrittivi e interpretativi della variazione che sono il network, la rete
sociale, e la comunità di pratica.
Noi sappiamo già che la rete sociale, il modello del network, è stato elaborato ed utilizzato proprio
da Milroy a Belfast, che è mutuato da sociologia e antropologia per poi adattarlo alla descrizione e
all'interpretazione della variazione linguistica.

146
Relazioni sociali e pratiche sociali.
Introduzione
• Categorie come classe, genere e etnicità sono costrutti analitici di macrolivello molto utili
per fare emergere interessanti correlazioni sistematiche tra variabili linguistiche e
extralinguistiche
• Esse sono tuttavia in relazione solo indiretta con le procedure tramite le quali i parlanti
costruiscono e categorizzano i mondi sociali che si riflettono sugli usi linguistici
– Per esempio, la distribuzione delle varianti linguistiche della (o) a Newcastle
influenzata dal genere, della (h) a Norwich e a Bradford influenzata dalla classe,
delle fricative in Louisiana influenzate dall'etnicità, suggerisce che queste varianti
sono usate in misura rilevante nella vita di tutti i giorni dagli uomini e dalle donne,
diversamente caratterizzati, che le prediligono, ma non ci dice nulla su cosa queste
varianti significhino.
I parlanti categorizzano, costruiscono attraverso pratiche di interazione. Non è la mera appartenenza
a un genere, a una classe sociale, a un'etnia che fa sì che i parlanti scelgano di realizzare determinati
pattern di variazioni o meno. Determinante. Ed è proprio questo che ci consentirà di fare uno
strumento come il network o la comunità di pratica, è come interagendo i parlanti costruiscono i
pattern di variazione ed è così che noi riusciamo a capire il significato della variazione piuttosto che
stabilire delle mere correlazioni.
• Per interpretare le correlazioni tra la lingua e le categorie sociali abbiamo bisogno di modelli
che ci consentano di esaminare le condizioni micro-, le pratiche locali, le categorie sociali
locali e i legami contratti localmente dai parlanti nella vita di tutti i giorni
• Nella sezione seguente il fuoco sarà su reti sociali e comunità di pratica al fine di esaminare
le modalità con cui le pratiche locali danno origine a pattern sociolinguistici
Per rete sociale si intende un insieme di persone che si conoscono perché hanno contatti con un ego
di riferimento.
• Per rete sociale si intende un insieme di persone che si conoscono e che hanno contatti, più
precisamente l'insieme con cui un ego di riferimento intrattiene rapporti comunicativi.
• Una rete sociale è definita da tutta una serie di proprietà interne, tra cui le più importanti
sono:
– la molteplicità (dipendente dalla quantità di relazioni plurime tra i membri della rete)
– la densità (dipendente dal grado in cui membri della rete relativa a un individuo sono
a loro volta in contatto tra loro)
– la frequenza e durata dell'interazione tra coppie di individui all'interno della rete
– la centralità dell’ego di riferimento vale a dire la sua posizione in termini di
accessibilità dei membri della rete.
• L'estensione di una rete sociale non è facile da determinare in maniera netta, essa è costituita
una sorta di struttura a cipolla, da zone o strati:

147
– una zona detta cella personale è quella del centro della rete formata in genere da
parenti stretti ed amici intimi dell’ego di riferimento
– una zona confidenziale di parenti e amici a cui si è legati emozionalmente
– una zona utilitaristica di amicizie strumentali, persone con cui si intrattengono
legami utili
– una zona nominale di persone che si conoscono, ma che hanno poca importanza sia
affettiva che strumentale
– una zona allargata formata da persone solo parzialmente conosciute.
• Tutti questi strati formano quella che viene detta rete di primo ordine.
• All'interno di questa zona di primo livello è importante distinguere tra
legami deboli e legami forti della vita di tutti i giorni
• Accanto a questa si rintracciano le reti di secondo ordine, costituite da persone che sono
conosciute dai membri della rete di primo ordine, ma non dall'ego, amici degli amici.
– I legami di rete di secondo ordine o livello, ovvero quelli in cui il contatto è indiretto,
spesso sono un’importante risorsa, poiché permettono alle persone di accedere a un
più ampio range di informazioni, di servizi e di merci
• Sul concetto di rete sociale è basato il lavoro di Dubois e Horvath nella minoranza Cajun in
Luisiana:
– i parlanti con reti sociali chiuse usano le risorse della variabilità linguistica
disponibili nella comunità di Cajun in una maniera differente da quelli con un
orientamento sociale meno locale
• L'analisi di rete sociale del tipo generalmente adottato dai variazionisti fu sviluppato dagli
antropologi sociali tra gli anni 60 e 70
• Non c'è una procedura corretta per analizzare le reti sociali: gli studiosi appartenenti a
discipline diverse utilizzano il concetto per una ampia gamma di finalità teoretiche e
pratiche
• Il modello della rete sociale rispetto alle macrocategorie sociali tradizionali è vincente
perché meno astratto e capace di rendere conto in maniera più immediata dei comportamenti
sociolinguistici variabili osservati
• Un postulato dell'analisi di rete è che gli individui creano comunità personali per provvedere
e risolvere i problemi giornalieri
– Le comunità personali sono costruite attraverso legami interpersonali di tipo diverso
e di diversa forza
– Le persone a cui un individuo è legato possono essere connesse, legate tra di loro a
gradi diversi
A questo punto l'obiettivo è cercare di capire come reti diverse si riflettono sul comportamento degli
individui che vi fanno parte e quindi ci consentono di individuare e descrivere pattern di

148
cambiamento. Quindi si parte dal presupposto che differenze strutturali tra le reti incidano sulla vita
dell'individuo e abbiano una ricaduta sulle trafile del cambiamento.
• Un ulteriore postulato che ha una certa rilevanza per il cambiamento linguistico e che
differenze strutturali tra le reti incidono direttamente sulla vita dell’individuo
– Una rete personale consiste principalmente di legami forti, numerosi e multicollegati
– Se una rete è relativamente densa il network avrà la capacità di sostenere i suoi
membri in modi pratici e simbolici
• Un network denso di contro può imporre ai suoi membri vincoli forti e
stressanti
– Le reti dense costituite principalmente da legami forti e molteplici appaiono
sostenere norme linguistiche localizzate e resistono alla pressione di norme esterne
in competizione
– Un indebolimento o un rafforzamento di questi legami produce condizioni favorevoli
ad un particolare tipo di cambiamento linguistico
• L'analisi del network può aiutare a spiegare perché una determinata comunità
sostiene un sistema linguistico in opposizione a quello maggioritario, alla
norma imperante, e perché un altro sistema può essere più sensitivo
all'influenza esterna.
Oltre al concetto di rete sociale, un altro concetto che permette di rendere conto e comprendere il
significato dei comportamenti sociolinguistici variabili degli individui è quello di comunità di
pratica.
Gli individui sono coinvolti in una varietà di faccende quotidiane in comunità personali multiple.
– Le persone coinvolte nelle comunità personali cambiano come cambiano i problemi
che si pongono quotidianamente e che tali comunità aiutano a risolvere
Eckert sviluppa il concetto di comunità di pratica per individuare i luoghi di interazione all’interno
dei quali il significato sociale è più chiaramente indicizzato linguisticamente e dove quindi
variazione linguistica e significato sociale sono costruiti insieme.
• La comunità di pratica può essere definita come un aggregato di persone coinvolte in
una stessa impresa particolare.
Nella sua analisi sulle dinamiche sociali della variazione linguistica tra gli adolescenti di Detroit, la
Eckert si focalizza su grappoli di individui intersecantisi coinvolti in imprese socialmente rilevanti.
I grappoli costituiscono sottogruppi di individui connotati per il genere che nelle pratiche
linguistiche e sociali mostrano un orientamento verso l’uno o l’altro dei due gruppi di adolescenti
(Jocks e Bournot ), gruppi che loro stessi con i loro stessi comportamenti linguistici e sociali
contribuiscono a creare.
• Alcuni aspetti dello stile linguistico sono negoziati consapevolmente
– Es. discussioni esplicite sui modi cool di dire cose, generalmente imitando persone
cool.
• Altri aspetti dello stile si manifestano senza commento esplicito e negoziazione
149
• Si tratta di meccanismi sociali molto generali attraverso cui sono create convenzioni e
norme, come vestiti, religioni, comportamenti.
– La norma linguistica non fa eccezione
• Gli individui che sono ben integrati in network locali accedono a molteplici comunità di
pratica
• Reti sociali compatte dense all’interno delle quali sono negoziate convenzioni e norme sono
spesso contratte nell'adolescenza
– Si tratta dei gruppi di pari, linguisticamente molto influenti, che rivestono un
interesse notevole per capire i cambiamenti linguistici associati alle varie fasi della
vita
• Le reti che costruiscono e sostengono la norma locale si originano facilmente anche in
comunità di status più basso in assenza di mobilità sociale e geografica.
– Esse adottano l'etica della solidarietà e si associano alla sopravvivenza di lungo
termine di lingue e dialetti socialmente sfavorite
Rete sociale e comunità di pratica
• Il concetto di rete sociale e di comunità di pratica sono strettamente collegati: la differenza
fra di loro è principalmente di metodo, di focus.
• Network
– L'analisi di rete tipicamente si occupa delle caratteristiche strutturali delle reti
personali egocentriche e cerca di individuare i legami importanti per un individuo
piuttosto che focalizzarsi su particolari grappoli di rete indipendentemente dagli
individui
– Essa quindi non si concentra sui luoghi in cui le varianti linguistiche sono impiegate
per costruire i significati sociali locali
– Si occupa di come i gruppi sociali informali si costituiscono per poi sostenere le
norme locali o al contrario facilitare il cambiamento linguistico
• Comunità di pratica
– Identifica i grappoli che rappresentano i luoghi cruciali per la pratica linguistica e
sociale, nei quali sono costruiti le norme linguistiche e i significati sociali (vedi la
ricerca della Eckert nella scuola superiore di Detroit)
• Eckert sviluppa il concetto di comunità di pratica per individuare i luoghi di interazione
all’interno dei quali il significato sociale è più chiaramente indicizzato linguisticamente e
dove quindi variazione linguistica e significato sociale sono costruiti insieme
• La comunità di pratica può essere definita come un aggregato di persone coinvolte in
una stessa impresa particolare.

150
Rete sociale e variazione linguistica
• Gli effetti delle relazioni interpersonali sulle scelte linguistiche sono state esplorate in
sociolinguistica da tempo:
– Gauchat (1905): variazione della varietà parlata locale in una piccola comunità
svizzera Charmes (Chambers 1995)
– Labov: le analisi delle relazioni tra l'uso linguistico e la posizione individuale nel
gruppo sembrano richiamare il lavoro della Eckert sulle comunità di pratica in
quanto luoghi nei quali sono costruiti le norme linguistiche e i significati sociali
– Cheshire (1982): trattamento della variazione linguistica in un gruppo di pari di
adolescenti a Reading
– Gumperz (1982): all'interno di una tradizione di ricerca non quantitativa e
etnografica, fortemente influenzata dai metodi variazionisti, si discutono gli effetti
del cambiamento di struttura di rete sulla scelta linguistica in comunità di bilingui in
Norvegia
Perché l'approccio della rete è attraente per i variazionisti? Che vantaggi offre? Dal punto di vista
proprio del campionamento è utile; Dal punto di vista metodologico andare oltre la classificazione
dei parlanti in base alle categorie macro-sociali; E come i parlanti costruiscono i significati sociali e
linguistici attraverso le interazioni che stabiliscono tra di loro.
L'approccio della rete è potenzialmente attraente per i variazionisti per diverse ragioni:
1. Innanzitutto, mette a disposizione un insieme di procedure per studiare gruppi piccoli
di individui in cui i parlanti non sono discriminati in termini di categorie sociali
2. L'analisi di rete offre una procedura per affrontare la variazione fra gli individui,
piuttosto che all'interno di gruppi individuati mediante categorie sociali
predeterminate
3. La rete sociale è un concetto intrinsecamente e strettamente connesso alle pratiche
locali che ha il potenziale per spiegare le dinamiche sociali che guidano la variazione
linguistica e il cambiamento
Per queste ragioni è stato impiegato in molti studi degli anni 80-90 condotti su numerose comunità.
Nello studio di Belfast è stata condotta un'analisi quantitativa delle relazioni tra variazione
linguistica e struttura della rete sociale. Sono stati adottati metodi di lavoro etnograficamente
orientati e una grande attenzione alle pratiche locali nell'interpretare i modelli di variazione
sociolinguistica (modello di Gumperz).
• Milroy e Milroy 1978:
– pattern linguistici di 46 parlanti appartenenti a 3 comunità operaie di status sociale
basso Ballymacarrett, Hammer, Clonard.
– 8 variabili fonologiche, tutte diatopicamente connotate come locali, ovvero della
comunità urbana di Belfast, analizzate in relazione alla struttura del network dei
parlanti.

151
– Tutte le reti erano relativamente dense, molteplici e basate su legami stretti,
corrispondenti a quelle descritte come tipiche di comunità tradizionali storiche
minimamente coinvolte da mobilità sociale e geografica.
– La frequenza d'uso delle varianti vernacolari degli individui è risultato essere
strettamente influenzata dal livello di integrazione individuale all'interno delle reti
– I tipi di legami di rete rilevanti erano quelli familiari, professionali, amicali e di
vicinato.
– Alcuni dei partecipanti della ricerca di Belfast lavoravano fuori il quartiere e non
avevano legami familiari e amicali locali, mentre altri erano localmente inseriti in
tutti e quattro i tipi di reti.
– Queste differenze nella struttura della rete personale sono risultate associate ad
un'ampia gamma di fattori sociali e psicologici
Che differenza ci può essere tra utilizzare il modello della rete in un'analisi qualitativa etnografica e
il modello della rete in un’analisi variazionistica quantitativa? Il modello della rete è efficace in
realtà in tutti e due casi. In tutti e due casi la rete impone una scelta ma se noi però dobbiamo
quantificare, dobbiamo attribuire dei numeri, cioè dare un valore numerico alla posizione che il
parlante occupa all'interno della rete, questa è una delle sfide più impegnative.
• La sfida più difficile per i ricercatori è individuare una procedura per misurare le differenze
nella struttura delle reti che riflettano le pratiche sociali e linguistiche locali.
• Gli studi misurano pertanto le strutture sociali di rete in modi diversi.
– Lo studio di Belfast ha sviluppato per esempio una scala di densità del network (con
valori da 0 a 5) che ‘pesa’ le reti dei parlanti in riferimento ad alcune relazioni
all'interno di avvicinato, famiglia, lavoro e amicizia, emerse nel corso del lavoro sul
campo.
Noi sappiamo che in alcuni casi, in Milroy, l’inchiesta non è svolta da loro ma da membri della
comunità stessi, quali gli studenti.
I parlanti ottenevano un punto qualora una delle seguenti condizioni fosse soddisfatta:
– membro di gruppi territorialmente radicati ad alta densità di legami familiari con più
di due famiglie del vicinato
– lavoro nello stesso luogo con almeno due altri individui del vicinato
– lavoro nello stesso luogo con almeno due altri individui dello stesso sesso del
vicinato
– associato volontariamente con i colleghi nelle ore libere
Una serie di analisi statistiche hanno rivelato che i parlanti con un vernacolo più forte erano
generalmente quelli i cui legami di rete con il vicinato erano più stretti.
Questo pattern era complicato dall'interazione con le altre variabili sociali, come l’età e il genere.
Cioè la posizione della rete variava a seconda se l'informatore era un uomo, una donna o
apparteneva a una fascia d'età o a un'altra.
152
Riassunto di Martha’s Vineyard: Labov vuole indagare l’innalzamento del primo elemento vocalico
di due dittonghi a Martha’s Vineyard in quest’isola. Nella fase del campionamento utilizza le
macrocategorie sociali etnia, classe sociale, età e analizza (a parte il fatto che lui ha vissuto un po',
andava in vacanza a Martha's Vineyard, ascoltava, scriveva sul suo block-notes, quindi non
pensiamo che il ricercatore che vuole utilizzare un metodo quantitativo va in una comunità e
incrocia le variabili senza avere nessuna nozione di quale è la comunità che sta analizzando). Lui
individua una serie di correlazioni interessanti, cioè una determinata variante è prediletta da un
determinato gruppo di varianti caratterizzato etnicamente, socialmente, generazionalmente;
dopodiché lui stesso dice: a questo punto noi sappiamo che l'innalzamento di questo primo
elemento vocalico è prediletto dai parlanti portoricani di una determinata fascia di età, dai parlanti
americani Yankee che svolgono una determinata professione, ma di fatto non abbiamo capito, non
riusciamo a capire però il perché, non riusciamo ad interpretare, lo dice proprio chiaramente qual è
il significato di questa variabile. E che cosa fa per interpretare il significato della variabile?
Addirittura, ci sono delle note, delle osservazioni minute sulla posizione fisica del parlante in
risposta a una determinata domanda su cui gli informatori sono stati sottoposti durante l'intervista;
come i portoghesi reagiscono alla parola Yankee. Dopodiché riporta Labov una serie di
osservazioni per esempio fatte nel corso di cene, di interazioni occasionali, in cui comportamenti
linguistici dei parlanti stessi su loro stessi, ma anche una madre che racconta del figlio ed è solo
così che lui poi finisce per capire qual è il significato del modello.
La sfida più difficile è individuare una procedura per misurare le differenze nelle strutture della rete.
A seconda della comunità che si va ad indagare, gli studi hanno misurato le strutture sociali, le reti
in maniera diversa. Per esempio, lo studio di Belfast ha sviluppato una scala di densità di Network
con valori da 0 a 5 che pesa le reti dei parlanti in riferimento alle relazioni con il vicinato, la
famiglia, lavoro e amicizie. I parlanti ottenevano una serie di punti a seconda delle condizioni che
erano rispettate cioè se si trattava di un membro di gruppi periodicamente radicati ad alta densità di
legami familiari ecc. I palanti con un vernacolo più forte erano quelli che avevano legami di rete
con il vicinato più stretti, ovviamente poi questo pattern era complicato dall’interazione con altre
variabili sociali come l’età e il genere.
• Labov 2001:
– rianalizza i dati di Belfast e conferma e i pattern riportati da Milroy
– discute in dettaglio l'interazione tra rete sociale e genere a Belfast e a Philadelphia
• Edwards (1992): quartieri afro-americani nel centro di Detroit
– La relativa omogeneità socio-economica dei quartieri studiati ha reso l'analisi di rete
sociale una procedura attraente per trattare la variazione linguistica all'interno della
comunità
– Mentre il principale fattore associato con la scelta delle varianti era l’età, il più
importante fattore distintivo all'interno dei gruppi di pari, di comparabile background
sociale e scolastico, era la partecipazione alla cultura del vicinato
– Questa partecipazione è stata interpretata come indicativa della integrazione nei
social network locali
– L'integrazione è stata misurata attraverso un indice di cultura vernacolare

153
All’interno di una scala sono stati individuati 5 gradi in base al livello di condivisione di alcune
affermazioni del tipo ‘’tutti i miei amici vivono nel quartiere’’, ‘’mi piacerebbe rimanere a vivere in
questo quartiere’’, ‘’non ho amici bianchi con quali interagisco normalmente’’.
È evidente che la necessità di utilizzare indici di questo tipo si pone quando il ricercatore ha
bisogno, non vivendo la comunità in modo da stabilire la collocazione dell’individuo all’interno del
network in base ad una serie di osservazioni che fa e raccoglie, ha bisogno quindi di collocare
l’individuo... per esempio, l’assenzo e dissenso rispetto ad affermazioni del genere, diventa un
parametro importante. Tra l’altro si possono anche incrociare i due approcci, cioè li colloco, mi
faccio una idea, parlo con le persone, osservo la comunità e poi pongo una serie di domande per
vedere se le mie impressioni corrispondono all'autovalutazione diciamo all’auto collocazione, in
realtà il parlante non si sta collocando con consapevolezza ma dà una serie di indizi che aiutano a
collocarlo. Un’altra indagine che ha indagato il rapporto rete sociale e variazione linguistica è
quella di Lippi Green 1989:
• Lippi-Green (1989): rilevante nello studio sul cambiamento linguistico in progress in un
villaggio Alpino in Austria è stato un set diverso di indicatori di integrazione per localizzare
la posizione nei network
– È stato esaminato il network personale strutturale di un campione di individui,
utilizzando una scala di 16 indicatori alcuni di questi erano associati ai domini di
lavoro, di amicizia e famiglia, mentre altri trattavano condizioni locali come il
numero di nonni con un ruolo centrale nel villaggio, il coinvolgimento del parlante
all'interno dell'industria del turismo
– Particolarmente importante si sono rivelati indicatori dei legami dei parlanti alle reti
familiari con ruolo centrale nella comunità, all’interno del villaggio
– Il miglior correlato ad un comportamento linguistico conservativo è risultato
l’integrazione in alcuni importanti network (famiglia, amicizia)
– Questa impostazione della ricerca ha consentito alla studiosa di esaminare le
correlazioni tra il network, il genere e i pattern di variazione sociale e cambiamento.
• Bortoni-Ricardo:
– Molto diverso il trattamento del concetto di rete sociale in uno studio sul
cambiamento linguistico di individui mobili in una comunità migrante rurale di una
cittadina satellite di Brasilia
– Anche in questo caso il concetto di classe sociale non era una categoria
particolarmente utile poiché non consentiva di distinguere gli individui selezionati
che erano tutti relativamente poveri
– Lo studioso si è posto l'obiettivo di descrivere l'ampiezza con la quale i parlanti si
erano allontanati dal loro dialetto stigmatizzato
– La sua ipotesi è che il cambiamento nella struttura sociale legato a una migrazione da
contesto rurale a contesto urbano sia associato ad un movimento da un network
isolato, consistente in legami familiari e di vicinato, ad un network urbano con
legami meno numerosi, ma contratti in un contesto sociali più ampi

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Il dialetto caipira è un dialetto della lingua portoghese parlato in parti degli stati brasiliani di San
Paolo, Minas Gerais, Mato Grosso do Sul, Goiás e Paraná. Il dialetto è originario dell'entroterra
di San Paolo, precisamente delle zone del Vale do Paraiba e dell’Alto Tiete, e col tempo il dialetto
si è sparso anche negli stati limitrofi.
• Bortoni-Ricardo
– Vengono costruiti due indici di rete per misurare i cambiamenti di pattern delle
relazioni sociali dei migranti:
• Un indice di integrazione e un indice di urbanizzazione
• L'indice di integrazione rileva le caratteristiche rilevanti di 3 persone con le
quali ciascun migrante interagisce più frequentemente per esempio se si tratta
di parenti o meno, se i legami tra di loro sono precedenti alla migrazione
• L'indice di urbanizzazione si focalizza sulle caratteristiche dei membri della
rete sociale del migrante, come il livello di scolarizzazione e la mobilità
• Sono inoltre selezionati indicatori per misurare l'ampiezza con la quale i
contatti del migrante sono integrati nella vita urbana
• In questo modo si estende l'applicazione del concetto di rete sociale oltre
l'analisi di piccoli gruppi del tipo descritto finora per considerare l'ampiezza
con cui gli individui si allontanano da tali piccoli gruppi e analizzare le
conseguenze linguistiche di tale allontanamento.
Struttura della Rete sociale e cambiamento linguistico nelle comunità bilingui
• Gli studi analizzati finora riguardano relazioni tra lingua e rete sociale in comunità
monolingui
• L’applicazione del modello del network alle comunità bilingui comporta una variante del
principio generale:
– le reti sociali costituite da legami forti sostengono le lingue minoritarie e consentono
loro di resistere alla pressione istituzionale della lingua di maggioranza
• Spesso si ritiene che le reti con i legami stretti scompaiano di conseguenza al passaggio
dalle comunità rurali alle comunità urbane contemporanee
• C'è un'ampia letteratura sociologica sull'individuo mobile, marginale straniero, tipico
abitante delle città moderne.
• Questa percezione certamente riflette importanti caratteristiche della vita urbana
contemporanea, come la mobilità sociale e geografica e gli alti redditi
• Ma non racconta tutta la storia!
• Giddens (1989): i quartieri caratterizzati da legami familiari e personali stretti sembrano
essere incoraggiati più che scoraggiati dalla vita nelle metropoli
– coloro che appartengono a comunità urbane distinte etnicamente tendono a creare
legami stretti e spesso a vivere insieme a persone che hanno lo stesso background
linguistico e culturale
155
• Non solo comunità migranti recenti, ma anche minoranze marginalizzate e stigmatizzate da
lungo tempo costruiscono comunità personali che servono come potenti sistemi di sostegno
in contesti ostili, come i portoricani di New York
• Gal (1978) e Li Wei (1994) hanno messo in correlazione pattern di usi linguistici con
pattern di reti sociali in maniera analoga a quanto fatto nella ricerca su comunità monolingui
– La comparazione del modello di cambiamento linguistico con il modello
variazionistico di language shift ha messo in evidenza per entrambi interessanti
pattern sincronici di variazione linguistica
– Gal adotta una prospettiva variazionistica ampia e come Gumperz usa il concetto di
rete sociale in maniera informale e non quantitativo
• Gumperz 1982: comunità bilingue tedesca-slovena in una remota zona della valle del Gail in
Austria:
– I cambiamenti di relazioni tra lingua, struttura del network e struttura sociale e
politica di larga scala si associano a un percorso verso il monolinguismo e a
cambiamenti economici
– I membri della comunità rurale fortemente stigmati dal punto di vista sociale hanno
creato dei network di mutuo sostegno con legami molto stretti
– Questi comportamenti sono cambiati non appena la comunità è passata dall’essere
basata su un’economia rurale di sussistenza ad una basata sui servizi
– Il miglioramento nel sistema stradale ha originato cambiamenti notevoli che hanno
condizionato la struttura delle reti sociali, delle pratiche sociali di tutti i giorni,
inclusi i comportamenti linguistici
– Con l’incremento delle interazioni da parte dei membri della comunità di minoranza
con individui esterni, il radicamento delle reti sociali locali è diminuito
– Questo modello descrive quello che con alcune varianti appare un pattern molto
generale e diffuso in Europa occidentale e non solo
• Gal (1978): analisi del language shift in una comunità bilingue tedesco-ungherese in Austria
ha evidenziato analoghi elementi d’innesco del cambiamento
– gli individui sono stati misurati in termini della dimensione 'paesana' contadina dei
loro network
– sebbene operi in maniera diversa per gli uomini e le donne, la variabile di rete
correla in maniera molto più stretta, che non lo status individuale di contadino,
paesano, con i pattern di scelta linguistica
• Zentella (1997) comunità portoricana New York:
– Premessa: nelle comunità immigrate la pressione per assimilare alla norma
monolingue del paese ospite è intensa, diversamente dalle comunità bilingue di
lungo termine, in genere il pattern di language shift si realizza all'interno di tre
generazioni

156
– A dispetto della persistenza apparente dello spagnolo anche in molte comunità
latino-americane negli Stati Uniti, nel corso di tre generazioni prende piede un
processo di sostituzione linguistica
– molte varietà distinguibili di inglese e spagnolo danno origine a un repertorio a più
codici e la scelta tra i codici è strettamente dipendente dalla reti sociali
– per offrire una spiegazione della forza e della persistenza dello spagnolo a New York
City, si fa riferimento all'effetto combinato dei legami dei network degli emigrati con
individui in paesi ispanofoni latinoamericani e pattern ciclici di migrazione
– le reti sociali portoricane e la controparte in altre comunità ispanofone degli Stati
Uniti possono spiegare il perché i giovani usano un codice misto spagnolo-inglese
sebbene, in accordo con quanto ci aspetteremmo in una dinamica di deriva
linguistica di comunità migranti, essi abbiano sostanzialmente sostituito il
monolinguismo inglese allo spagnolo:
• Essi continuano ad avere bisogno di comunicare con i parlanti monolingui
ispanofoni di qui l’uso di pattern di code switching e commutazioni
Li Wei (1994) Li Wei e Milroy (1995): New Castle sul Tyne si distinguono tre gruppi migranti
cinesi: nonno, genitore e figlio
• ciascun gruppo contrae differenti tipi di legami all'interno delle reti sociali:
– il primo associato alla famiglia, il secondo ad altri cinesi inglesi e il terzo più
estensivamente a pari non cinesi
– Pattern di reti sociali sono correlati con differenti pattern di scelta linguistica dove
l'inglese e il cinese sono usati o come codice monolingue o in combinazione a
dominanza variabile
• Da un punto di vista metodologico:
– poiché i cinesi sul Tyne non vivono all'interno di un quartiere, per misurare la forza
di un network non ci si può basare sulla forza dei legami ristretti territorialmente
– un'analisi comparativa delle reti sociali di scambi individuali è basata su una lista di
20 persone che costituiscono i contatti significativi e regolari per ciascun individuo
– Tra le dimensioni rilevanti caratterizzanti le reti quella della composizione etnica
differente
• Non sorprendentemente le reti sociali cinesi etnicamente più forti sono associate con la
generazione più anziana e un uso più esteso del cinese, quelle più deboli con la generazione
nata in Inghilterra con l'uso più estensivo dell'inglese.

157
Rete sociale debole e teorie del cambiamento linguistico
• L’analisi sulle reti sociali si è concentrata principalmente su comunità in cui i legami tra i
parlante sono piuttosto forti. In questi tipi di comunità l'analisi delle reti sociali ha
funzionato piuttosto bene
• Molto meno chiaro come i ricercatori dovrebbero affrontare lo studio delle reti sociali di
parlanti mobili dal punto di vista sociale e geografico i cui legami all’interno dei network
non sono densi e molteplici.
– Gli studi su questo tipo di reti sono piuttosto rari: come in dialettologia anche in
variazionistica ci si è concentrati su parlanti non mobili in comunità isolate
(Chambers 1992)
• Mendoza-Danton: critica la tendenza a trattare i gruppi di minoranza come se fossero isolati
– la mobilità sociale e geografica, i contatti tra comunità sono la regola piuttosto che
l'eccezione nelle città contemporanee
• Difficoltà di lavorare con reti a maglia larga:
– l'analisi delle reti a maglia larga implica la comparazione di parlanti che differiscono
l'uno dall'altro per diversi fattori, come la molteplicità dei legami contratti sul luogo
di lavoro, ma che sono simili in misura sufficiente da rendere significativa la
comparazione
– difficoltà anche di comparate strutture di reti a maglia larga di individui che
differiscono l'uno dall'altro rispetto a vari fattori, come il livello di scolarizzazione,
l'occupazione, la regione di origine, la mobilità
– a Belfast le procedure per analizzare le reti a maglia stretta non poterono essere
utilizzate per studiare le reti a maglia larga
• Nonostante ciò lo studio delle reti a maglia larga è considerato di un enorme interesse
teorico
– Se una struttura a maglia stretta sostiene norme linguistiche locali e resiste ai
cambiamenti originati dall'esterno del network, le comunità costituite da legami
deboli sono invece più facilmente soggette a subire tali cambiamenti
• Granovetter (1973, 1982): legami interpersonali deboli ed apparentemente insignificanti
sono importanti canali attraverso quali l'innovazione passa da un gruppo a maglia stretta ad
un altro
• Milroy, Milroy (1985):
– Gli innovatori linguistici sono quegli individui che hanno molteplici legami deboli
– Poiché tali legami deboli collegano diversi gruppi a maglia larga tra di loro e alle
comunità nazionali e regionali, essi giocano un ruolo preminente nell’ambito di studi
socialmente fondati sul cambiamento linguistico e sulla sua diffusione
– Un tipo di organizzazione sociale basata sul sovrapporsi di reti a maglia stretta
inibisce il cambiamento, mentre una organizzazione caratterizzata dalla mobilità con
una conseguente indebolimento dei legami lo facilita
158
Gli innovatori saltano di città in città mancando alcuni territori
• Questo è evidente nel Northern Cities Shift che essendo un indice saliente della
classe lavoratrice londinese è un cambiamento indotto per contatto piuttosto che
essere originato dall’interno della comunità
• Trudgill: relativa recente adozione da parte dei giovani inglesi nella città di Norwich della
fusione di una serie di suoni
• L’uso di queste variabili fuse è documentato nei parlanti giovani in numerose città del Nord
• Considerato che questi tratti sono tipici del parlato della classe operaia londinese questo
cambiamento appare indotto dal contatto linguistico
• È difficile tuttavia spiegare il meccanismo preciso di diffusione di questi tratti in termini di
contatti stretti tra londinesi e altri parlanti
• Un modello basato sui legami deboli predice la diffusione di un cambiamento da una
comunità all'altra attraverso la molteplicità di legami deboli
I teenagers che usano le varianti fuse sono meno mobili dei loro compagni più anziani e tendono a
stabilire legami stretti localmente
• Milroy Milroy (1992): I parlanti della classe media sono particolarmente propensi a
contrarre legami deboli e quindi sono importanti agenti di cambiamento, questa proposta è
consistente con il principio di Labov che i gruppi innovatori sono localizzati centralmente in
quella fascia della gerarchia sociale
• Kerswill Williams (1992):
– indagine sulla relazione tra classe sociale, mobilità e disponibilità al cambiamento
attraverso la comparazione del comportamento linguistico dei parlanti altamente
mobili o poco mobili appartenenti a diversi strati sociali a Reading
– La struttura della rete sociale ha un effetto predittivo cioè effettivamente le reti a
maglia stretta consolidano la norma locale, le reti a maglia larga facilitano il
cambiamento
– E in base alla comparazione di comportamenti tra parlanti mobili di status alto e di
status basso si giunge alla conclusione che la variabile di classe e il network devono
essere considerati separatamente.
Livellamento dialettale
Il modello di cambiamento dei legami deboli può illuminare le dinamiche di livellamento dialettale
ovvero la scomparsa di varianti marcate localmente e socialmente per effetto di migrazioni,
industrializzazione e urbanizzazione che distruggono i network o chiusi e affiatati
Watt e Milroy (1999):
– La convergenza sulla variante sopra-locale diretta dalle donne a Newcastle e
l'abbandono progressivo delle varianti altamente localizzate sono un esempio di
livellamento dialettale.

159
– Gli standard regionali, ovvero varietà livellate in direzione sovralocale, sono il
risultato di processi di livellamento.
– Milroy 1982 definisce questo processo normativizzazione, un fenomeno che si
distingue dalla standardizzazione che prevede invece un intervento istituzionale.
• Sebbene il livellamento rappresenti la manifestazione di una pressione verso la convergenza
linguistica, le comunità che sottostanno a questo processo non perdono la distintività
linguistica.
• Shilling-Estes 2002: sottolinea la tensione che si genera tra la pressione verso il
sovralocalismo e l'omogeneizzazione da una parte e il desiderio della comunità linguistica di
mantenere un’identità sociale e linguistica distintiva dall’altra
• La studiosa compara due piccole comunità rurali Smith Island in Maryland e Lumbee in
North Carolina mostrando che ciascuna risponde diversamente a queste forze in
competizione.
– Smith Island: indici linguistici di distintività più elaborati
– Lumbee: distintività linguistica marcata in maniera minimale, ma uso estensivo di
materiali simbolici della cultura americana nativa
• Grazie alla ricerca sulle attitudini linguistiche i sociolinguisti comunemente individuano una
motivazione ideologica alla base del mantenimento sulla lunga gittata della distintiva e
spesso stigmatizzata norma locale a dispetto della pressione della comunità di parlanti di
maggioranza, più potente sia numericamente che socialmente
• Tuttavia le motivazioni da sole appaiono insufficienti a conservare i pattern linguistici non
standard poiché le varietà sovralocali spesso fagocitano i dialetti minoritari a dispetto del
desiderio dei loro parlanti di conservare la distintività
• In assenza di rete la motivazione per mantenere la distintività linguistica diventa
insufficiente: non solo la distintività diventa ridondante nel momento in cui legami del
network si indeboliscono, ma ai parlanti manca l'input regolare ed estensivo di cui hanno
bisogno per mantenere la norma locale
• Sebbene network chiusi possano essere visti come un meccanismo sociale che sostiene la
costruzione, il mantenimento e la elaborazione della distintività linguistica locale, dal punto
di vista dell'apprendente essi garantiscono inoltre anche l'input intensivo necessario per
acquisire il controllo di strutture linguistiche localizzate complesse in assenza del sostegno
istituzionale
• L'età dell'apprendente è importante nel determinare se la complessità strutturale sopravvive
in una situazione di contatto linguistico o meno
– Talvolta è il periodo critico ipotizzato dalla ricerca linguistica sull'acquisizione a
determinare la traiettoria dell'acquisizione di una seconda lingua.
• Chambers (1992) e Trudgill (1989): i post adolescenti non acquisiscono tratti
strutturalmente complessi e giocano un ruolo nei processi di semplificazione e livellamento
linguistico.

160
• Kerswill e Williams (2000): diverso contributo alla formazione delle varietà miste da parte
di ragazzi grandi abbastanza per essere orientati verso i pari piuttosto che verso la famiglia
• L'orientamento del ragazzo/a verso il gruppo dei pari e cruciale nel determinare se lui o lei
adottano i tratti del nuovo dialetto piuttosto che mantenere le norme di distintive della
famiglia.
• Chambers (1992) e Trudgill (1989): i post adolescenti non acquisiscono tratti
strutturalmente complessi, es. pattern di variazione allofonica di /a/ a Belfast o a
Philadelphia
• Un punto ulteriore è che il gruppo dei pari è il luogo dove nuove norme linguistiche sono
costruite così che i tratti del nuovo dialetto sono preferiti dai ragazzi più grandi quelli che
volgono verso l'adolescenza piuttosto che dai giovani orientati verso la casa
La sociolinguistica della mobilità: lo spazio come concetto culturale
• Il lavoro dei variazionisti difficilmente fa uso di concetti tratti dalla letteratura del contatto
linguistico
• Gli studi sul contatto sono stati sviluppati recentemente in risposta alle critiche nei confronti
della tendenza a trattare le comunità come se fossero indipendenti dall'influenza esterna
• Ma nel passato gli studiosi hanno affrontato e motivato la tendenza isolazionista in modi
diversi.
• Labov afferma che il suo lavoro è ristretto al cambiamento intra-varietà e non esamina gli
effetti del contatto.
– Mentre la sua distinzione tra tipi differenti di cambiamento pone più domande di
quelle alle quali risponde, è chiaro che l'unità di studio basica è la comunità
linguistica tradizionalmente concepita come un costrutto che non presta attenzione al
contatto fra le comunità o all'influenza possibile grazie alla grande mobilità e
all'accesso alla conoscenza di pratica e locali di altre comunità
• Prospettiva tradizionale comportamento dei parlanti spiegabile in base a
variabili di luogo, classe, genere e età
• Prospettiva variazionistica tradizionale: inadeguatezza del concetto di comunità linguistica
tradizionale in contesto migratorio
• Walters (1996): comunità linguistica (o forse comunità di pratica) costituita da mogli,
anglofone di nascita, espatriate, multilingui che vivono con i loro mariti in Tunisia la cui
identità deriva dalla pratica contemporanea piuttosto che dalla loro comunità di origine e
dunque non è più unica
• La loro comunità linguistica è molto diversa da quelli che i variazionisti immaginano
• Johnstone: la dinamica sociale sottostante la variazione a livello individuale suggerisce che
la mobilità e la globalizzazione a livello più generale hanno reso disponibile per il parlante
informazioni circa i comportamenti e le caratteristiche di varietà linguistiche locali
numerose diverse da quelle nella quale loro vivono

161
• Una concezione dello spazio come entità culturale piuttosto che geografica si adatta meglio
a queste condizioni: es donne texane che ‘si spendono’ l’accento del sud nel loro lavoro
Dorian 1994: Un altro elemento di criticità del tradizionale concetto di comunità linguistica è legato
al ruolo sociale della variazione in piccole comunità geograficamente isolate in cui è presente un
maggior grado di variazione individuale rispetto al solito.
Investigare la variazione fonologica.
Introduzione
Obiettivo della sociolinguistica variazionista è individuare le relazioni tra variabili sociali.
Nell’esaminare i dati sociolinguistici noi vedevamo le tabelle; in realtà bisogna tenere presente che
quei numeri sono il risultato di un lavoro enorme del sociolinguista, di un lunghissimo processo di
analisi. L’analisi dei dati raccolti del parlato attraverso le indagini sul campo fornisce materiale
informe al quale, poi, il linguista deve dare forma e interpretazione. Questa fase prende tantissimo
tempo.
• I variazionisti cercano di individuare le relazioni tra variabili sociali e variabili linguistiche.
• Dopo aver discusso la dimensione sociale della variazione ora ci si concentrerà sulla
dimensione linguistica.
• La variazione fonologica sarà trattata separatamente da quella morfologica e sintattica anche
se molti dei problemi sollevati riguardano lo studio di qualsiasi tipo di variabile linguistica.
• Nell'esaminare i dati sociolinguistici presentati in forma sintetica finora nelle tabelle, è facile
dimenticare che i numeri riportati rappresentano il prodotto di un lungo processo di analisi.
• La ricerca sul campo fornisce la materia prima per l'analisi, ma dare forma a quel
materiale per trasformarlo in dati utili in genere prende molto tempo.
• Es la variabile (o) a Newcastle, le tabelle 4.2 e 4.3 descrivono l'utilizzo di
quattro varianti di (o) tra 32 informatori registrati in libera conversazione e
lettura di elenchi di parole (Milroy 1999; Watt e Milroy 1999).
• Come hanno fatto gli investigatori a New Castle a trasformare ore e ore di parlato registrato
nei numeri delle tabelle?
1. Il primo passo di solito è l'identificazione delle variabili linguistiche rilevanti.
• I ricercatori in genere sanno già da indagini precedenti quali variabili è probabile che
presentino modelli interessanti di variazione sociolinguistica (come per esempio la
(o) a New Castle)
• Fondamentale per l’identificazione di una variabile linguistica è definire le varianti
(nel caso della (o) di Newcastle le quattro realizzazioni di (o)).
• Sebbene il ricercatore abbia probabilmente una certa familiarità con la gamma di
variazioni coinvolta già prima di iniziare l'analisi, la definizione precisa delle
varianti può avvenire solo dopo aver esaminato il corpus di parlato raccolto.
• Come per la (o) a Newcastle, la serie di varianti studiate può essere il prodotto di un
lungo processo d’esame di una ampia gamma di forme : spesso per dare un senso
alla variazione è necessario un certo grado di astrazione.
162
2. In molti casi la fase più lunga del processo è contare gli usi della variabile.
• Nel caso di (o) ciò significava contare il numero di volte in cui un parlante aveva
utilizzato ciascuna delle quattro varianti.
• In questo caso l’identificazione di quale forma di (o) occorreva in un determinato
caso è stata fatta in modo uditivo, cioè ascoltando la registrazione.
• In alcuni casi, misurare le variabili può comportare l'ausilio di
strumentazione acustica.
• Indipendentemente da come vengono misurate le varianti, il conteggio deve
procedere in accordo con il principio di responsabilità, che in sostanza afferma che
gli analisti non devono selezionare da un testo quelle varianti di una variabile che
tendono a confermare la loro tesi e ignorano gli altri che non lo fanno.
• Labov: "per la sezione di parlato esaminata è necessario contare tutte le occorrenze
di una determinata variante incluso le mancate occorrenze in contesti pertinenti (i
potenziali contesti di occorrenze), definendo tutte le variabili come un insieme
chiuso di varianti "(1982a: 30).
• Esistono tuttavia numerosi problemi alla base di questa affermazione
apparentemente semplice.
• Come vedremo, spesso è difficile specificare gli “ambienti rilevanti", a volte
potrebbe non esserci la possibilità di definire le variabili come un insieme
chiuso di varianti (per esempio vedi la variazione sintattica)
3. Una volta contate le occorrenze inizia la ricerca dei vincoli linguistici, ovvero dei contesti di
variazione.
– Comprendere i vincoli linguistici interni è fondamentale al fine di stabilire i set di
dati comparabili all’interno del campione di parlanti.
– A Newcastle (o), per esempio, i ricercatori hanno notato che alcune parole come old
e know erano prodotte con un [ao] da alcuni anziani. Questo uso rappresentava una
pronuncia arcaica piuttosto rara; di conseguenza tali elementi sono stati omessi
dall'analisi di (o).
– Un’altra preoccupazione è il condizionamento fonologico sulla variazione.
• Se una determinata variante appare frequentemente solo in un particolare
contesto fonologico, è importante tenerne conto nell’analisi
4. Lo stadio finale del processo analitico è quello di inserire i risultati linguistici nel contesto
della loro distribuzione sociale.
– I dati a questo punto possono essere presentati in tabelle organizzate in base alle
variabili esterne prese in considerazione.
– Molto spesso modelli di co-variazione tra le variabili linguistiche sociali emergono
grazie all'applicazione di test statistici.
La discussione riguarderà a questo punto la serie di problemi pratici e teorici associati all'uso della
variabile linguistica come strumento analitico nell'esame della variazione fonologica.
163
Essa sarà organizzata in accordo al processo sopra descritto:
– l'identificazione delle variabili e delle varianti;
– la misurazione delle occorrenze delle varianti grazie a tecniche uditive e/o
strumentali;
– l’individuazione del pattern linguistico;
– l’analisi di alcuni aspetti problematici sul piano interpretativo.
Cominciamo col primo step: identificare e selezionare le variabili. Tipo di variabili fonologiche
I metodi sociolinguistici sono stati utilmente applicati nello studio di un ampio range di variabili
fonologiche.
– La variazione vocalica ha sicuramente ricevuto una maggiore attenzione rispetto a
quella consonantica.
– Poca attenzione è stata rivolta ai tratti soprasegmentali.
Alcune variabili riguardano un'alternanza tra due o più forme discrete, altre hanno una natura più
continua, ovvero le varianti si collocano su un ampio range tra due punti di una dimensione
fonetica.
– Per poter essere misurate, le variabili continue devono essere trattate come se
avessero varianti discrete.
Un chiaro esempio di variabile continua sono le vocali che variano in termini di altezza e di
arretramento nel Vocal Shift del Northern City Shift.
È importante riconoscere le implicazioni teoriche del trattamento di una variabile continua, trattare
le varianti come se fossero parte di un singolo sistema non è sempre possibile.
Identificare e selezionare le variabili. Scegliere e specificare le variabili.
• L'iniziale identificazione delle variabili di solito non rappresenta un problema.
• I tratti che mostrano un pattern di variazione socialmente marcato sono spesso molto
salienti, talvolta in un'area molto ampia, in altri casi sono relativamente localizzati, in altri
ancora sono molto localizzati.
• I ricercatori possono trovarsi tuttavia ad investigare varietà e fenomeni di variazione che
pur non avendo mai ricevuto attenzione ad un'attenta analisi mostrano elementi di interesse.
– Il ricercatore deve dunque affrontare l'individuazione delle variabili e con orecchie
e soprattutto mente aperta.
• Analizzando corpus di parlato non è raro trovare tratti che non sono mai stati descritti in
associazione con la comunità sotto analisi.
• In quest'ottica i ricercatori devono individuare le variabili rispetto al loro significato locale.
– Es la variabile (r) a New York, in Inghilterra, in Scozia sembra non essere la stessa
variabile.

164
• A New York l'assenza della vocale r post-vocalica è associata ad un parlato
di basso status, presenta variazione stilistica ed è sottoposta ad un processo di
cambiamento linguistico.
• In Inghilterra la caduta di r è invece caratteristica di un parlato di status alto
ed è presente categoricamente in alcune aree ad Ovest.
• In Irlanda e in Scozia la fotografia tradizionale suggerisce che la
maggioranza dei parlanti pronuncia in maniera categorica la r post vocalica.
• Romaine descrive un cambiamento in questo pattern per la Scozia:
• i parlanti uomini sembrano adottare la caduta della r come
reazione al prestigio della norma del parlato scozzese
• Nonostante nel promuovere la caduta della r sembrino andare
nella direzione dell'Inghilterra, in realtà questo appare essere
uno sviluppo locale e non sembra seguire la norma di prestigio
dell'Inghilterra del Sud
• Particolarmente importante è che, poiché il pattern di variabilità è differente in luoghi
differenti, anche l'identificazione iniziale di una variabile ben nota non può essere
automatica.
– Identificare le variabili fonologiche implica specificare la variazione formale
associata
• Quando le varianti sono discrete e la scelta sembra binaria come la (h) nel sud della Gran
Bretagna questo può non essere un problema, ma in molti casi le variabili binarie implicano
alcune forme intermedie
– è il caso a Detroit della monottongazione di (ai) in cui il fenomeno presenta stadi
intermedi, la semivocale può ridursi, piuttosto che essere completamente eliminata
(Anderson 2002)
• Ricerche precedenti possono certamente essere d'aiuto nello specificare la variazione
associata con una variabile data, ma i ricercatori non devono limitarsi alle descrizioni
precedenti.
– Variabili con un'ampia di distribuzione geografica possono mostrare uno sviluppo
distinto a livello locale.
Studi pilota
• Studi pilota sono in genere un utile strumento preliminare per grandi progetti di ricerca:
aiutano a identificare difficoltà inaspettate di vario tipo e a impostare le linee guida di un
progetto.
• Es. Belfast
– Interviste libere, liste di parole, brani di lettura sono stati somministrati a 20
parlanti di entrambi i sessi, di diverse età e gruppi etnici in città.
– Questo ha consentito di identificare anomalie inaspettate.

165
– Il valore generale degli studi pilota è emerso a proposito della variabile (a) a
Belfast.
– Prima impressione: /a/ di bag è sottoposta ad un processo di inanlzamento,
allungamento e leggero dittongamento e tale pronuncia è tipica di Belfast
– Analisi successive: in realtà la /a/ è invece sottoposta ad arretramento, tale
movimento è guidato dai giovani uomini
– Ricerche in tempo apparente hanno mostrato che l’innalzamento /a/>[ɛ] è un tratto
recessivo, confinato nel vernacolo contemporaneo di Belfast in sillaba chiusa da una
consonante velare: mamma [kɛp], figlio diciottenne [kap]
– L'arretramento si sta diffondendo invece in parole che prima presentavano la a
innalzata e non ha ancora coinvolto sillabe chiuse con una consonante velare
• Per questa ragione parole con la a in sillaba chiusa seguita da una consonante
velare sono state eliminate dal corpus
• Cautela nell'utilizzare le osservazioni estemporanee come base per identificare le variabili:
le impressioni sono fallaci (anche dei parlanti nativi).
Uno studente laureato coinvolto nella ricerca di Belfast era convinto fermamente che la pronuncia
innalzata, nel caso di cap rat, fosse tipica dei parlanti della classe operaia e rifletteva tentativi di
correzione nella direzione dello standard. In base a esami più sistematici condotti grazie allo studio
pilota di questa variante è emerso in realtà che questa era una caratteristica dello status basso ed era
un tratto recessivo .
• Un altro punto metodologico di importanza considerevole riguarda la trascrizione negli studi
pilota
• Qualsiasi tipo di trascrizione è un processo selettivo che riflette obiettivi teorici e assunzioni
teoriche soggiacenti.
• Nel momento in cui gli obiettivi dell'analisi sono chiari, una trascrizione selettiva sarà molto
più utile di una trascrizione dettagliata che fornisce moltissime informazioni non volute.
• Una trascrizione fonemica tuttavia spesso non è adatta per gli studi pilota.
– L'esperienza di Belfast ha mostrato che una trascrizione stretta talvolta è necessaria
per individuare, identificare il range di variazione vocalica associata a contesti
fonetici diversi.
• Un'analisi generale del sistema fonologico quindi è un prerequisito per l'analisi quantitativa.
Misurare la variazione
• La grande sfida nell'analizzare i dati di lingua naturale, sia nello scritto che nel parlato, è:
– Come arrivano i ricercatori a misurare quantitativamente gli usi linguistici di un
individuo per esempio nel parlato conversazionale?
• Questo processo richiede una attenta identificazione e definizione delle variabili
linguistiche.

166
• Oltre alla domanda cosa misurare vi è la domanda come misurare la variazione.
• Attraverso l'ascolto ripetuto i ricercatori identificano e addestrano se stessi a riconoscere le
varianti di una data variabile linguistica.
– Ascoltano il corpus di parlato più ampio e codificano le forme rilevanti della
variabile in base alla variante che hanno sentito.
– Questa tecnica è definita impressionistica poiché implica la percezione, le
impressioni del ricercatore.
• Le categorie usate per codificare i dati dipendono dalla natura della variabile e dagli
obiettivi della ricerca:
– alcune variabili presentano varianti relativamente discrete che possono essere
codificate in termini binari come scelta tra due possibilità.
• In alcuni casi la variabile implica la presenza o l'assenza di un suono
• In altri la scelta tra varianti può implicare l'alternanza tra due foni, oppure la
scelta può riguardare l'alternanza nell'ordine di suoni.
– Talvolta una variabile discreta può riguardare una scelta più ampia, non solo binaria.
– Le variabili discrete tendono ad essere comunque facilmente distinguibili e di facile
codificazione
• La situazione è più complicata con variabili che presentano più varianti poste su un
continuum. In questi casi per individuare le varianti l'investigatore deve imporre un sistema
classificatorio e stabilire confini tra le forme osservate.
• Il numero di varianti individuate può dipendere dalla distanza fonetica tra i due punti estremi
del continuum.
• I dati raccolti mediante tecniche uditive possono essere facilmente quantificati
semplicemente contando gli usi, le occorrenze di ciascuna delle varianti.
– Nel caso delle varianti binarie i risultati sono presentati direttamente in termini di
percentuale d'uso di ciascuna forma.
– Nel caso di variabili continue è pratica diffusa assegnare valori relativi a ciascuna
variante a secondo del posto occupato nel continuum.
Secondo Labov il fatto che la variabile deve essere quantificabile su una scala lineare è un requisito
fondamentale perché si abbia una varabile. New York th, 0 allo standard, 0,5 a quella intermedia e 1
a quella più lontana dallo standard.I valori possono essere zero alla forma standard 0,5 alla forma
intermedia e 1 alla forma più lontana dallo standard. Trudgil Norwich: la variabile a vocale
centrale bassa realizzata come tale, anteriorizzata e velarizzata posterizzata, la forma standard è
quella posteriore quindi le 3 varianti si possono disporre su un'unica dimensione di progressiva
anteriorizzazione.
Analisi strumentali
• Un approccio completamente diverso per misurare la variazione fonologica implica l'esame
di segnali acustici, usando tecniche e strumenti adottati dai laboratori di fonetica.
167
• Non si tratta di un metodo nuovo per i sociolinguisti, sebbene esso si sia diffuso in maniera
incrementale grazie agli avanzamenti tecnologici che consentono di fare l'analisi
spettrografica al computer.
• Senza entrare nel dettaglio basti dire che la fondamentale differenza tra la misurazione
acustica e la misurazione uditiva è che la prima implica la traslazione del segnale di parlato
in una rappresentazione visiva.
• La rappresentazione più usata è lo spettrogramma del suono.
• Uno spettrogramma mostra la variazione di energia acustica contenuta in un segnale di
parlato.
– Una ‘macchia’ più chiara o più scura corrisponde alla maggiore o minore intensità di
energia.
Una valutazione delle tecniche di misurazione
• La rappresentazione visiva dello spettrogramma consente al ricercatore di esaminare
particolari componenti del segnale di parlato più in dettaglio rispetto alle tecniche uditive.
• L'uso più comune dell'analisi acustica in sociolinguistica si è avuto nello studio delle vocali
• Per i sociolinguisti interessati alla variazione fonologica la fonetica strumentale ha aperto
nuove strade
• Il beneficio di questi nuovi approcci è stato mostrato da numerosi studi e la sua popolarità
continua a crescere .
• I sociolinguisti nordamericani hanno mostrato di preferire i metodi strumentali ai metodi
uditivi per diverse ragioni.
– Tra i vantaggi delle tecniche strumentali c'è l'oggettività che il processo di
misurazione implica.
– I giudizi su un segnale di parlato sono verificati da strumenti piuttosto che
dall'orecchio umano soltanto: mentre due ascoltatori possono sentire un particolare
suono in maniera diversa, in linea di massima essi dovrebbero giungere ad una
misurazione strumentale analoga se usano la stessa tecnica.
– Un altro beneficio di usare tecniche strumentali è il livello di dettaglio che si
raggiunge
– Problemi
• Talvolta il livello di dettaglio non è un vantaggio.
• La precisione della misurazione può rendere l'analisi più difficile: i valori
della frequenza formantica associati con una particolare vocale variano
tremendamente a secondo delle corde vocaliche che la producono. Es
variazione basata sul sesso.
• Un approccio per rimediare a questo problema è applicare alcuni tipi
di routine normalizzanti, ovvero convertire i valori di frequenze
usando una formula matematica in modo da normalizzare la
168
variabilità interspeaker risultante da fattori come l'ampiezza delle
corde vocali.
• La sfida sta nell’adottare una procedura capace di normalizzare la
variazione non interessante, ma preservare la variazione
sociolinguisticamente rilevante.
• L’assenza di normalizzazione costringe l'analista a considerare il
sistema vocalico di ciascun parlante di per sé stesso, prendendo in
considerazione per esempio la posizione relativa delle vocali, e
comparando le relazioni tra le vocali.
• Le misurazioni precise prodotte da tecniche strumentali possono dare l'impressione di offrire
una rappresentazione più accurata della variazione fonologica studiata.
– Una difficoltà tuttavia è rappresentata dal fatto che i valori di F1 e F2 rappresentano
la struttura formantica di una vocale in un particolare punto nel tempo. È dunque
possibile fare più misurazioni nel tempo per mostrare la traiettoria di una vocale. Di
solito la rappresentazione di una vocale è un'istantanea della sua struttura nel tempo.
• Un ulteriore problema è quello delle relazioni tra F1 e F2 e la qualità della vocale percepita.
La percezione della vocale è un processo complesso che appare basarsi su un ampio range
di elementi di cui la frequenza di F1 e F2 rappresenta solo una parte dell'informazione
acustica veicolata dal segnale .
– Le consonanti adiacenti sono molto più determinanti nella percezione vocalica.
• L'origine di un'altra serie difficoltà sta nell'interpretazione di F1 e F2 come correlati
dell'altezza e dell'arretratezza vocalica
– Le frequenze formantiche sono certamente determinate dalla posizione della lingua,
ma altri tratti articolatori possono influenzare F1 e F2, per esempio l'arrotondamento
delle labbra.
Il profilo acustico di una vocale è caratterizzato da una banda relativamente spessa orizzontale,
detta formante.
La prima formante, F1, è determinata in grande parte dal grado di apertura della bocca, più la bocca
aperta, più alta è la frequenza di F1
La seconda formante, F2, varia invece a seconda della ampiezza della cavità orale, più piccola è la
cavità più alta è la frequenza di F2.
Le frequenze F1 e F2 sono comunemente considerate rispettivamente come correlati acustici
dell'altezza e dell'arretratezza. Più alte frequenze di F1 sono considerate indicare vocali basse,
mentre frequenze più alte di F2 indicate le vocali avanzate.
• Infine:
– Attraverso l'analisi uditiva il ricercatore emette giudizi circa la qualità della vocale
basandosi sul segnale di parlato a disposizione cioè usando lo stesso input
disponibile ai membri della comunità investigata.

169
– Certamente i ricercatori non sono capaci di fare distinzioni così fini come è possibile
fare con la strumentazione. Nondimeno il fatto che tali distinzioni siano disponibili
nel segnale non significa che esse giochino un ruolo nella percezione dell'ascoltatore.
• L'analisi uditiva ha certamente vantaggi pratici sulle tecniche strumentali.
– l'analisi spettrografica può essere usata su computer personale utilizzando vari
prodotti software Questo equipaggiamento è più costoso rispetto al semplice
registratore che l'unica cosa che serve per la codificazione uditiva.
– Le tecniche strumentali inoltre richiedono un grande investimento nel training dei
fonetisti, le tecniche di misurazione sono inoltre economicamente più dispendiose
quindi spesso vengono analizzati solo pochi token.
• Il maggior limite dell'analisi uditiva è l'affidabilità, in opposizione all'oggettività che è il
principale beneficio delle misurazioni strumentali:
– i giudizi uditivi sono soggetti ad una grande soggettività. Questo problema si
amplifica nel caso delle variabili continue. Un modo di ridurre questo rischio e
analizzare un grande numero di tokens.
• La discussione finora sembra aver posto le tecniche uditive e quelle strumentale in
opposizione l'una all'altra, in realtà questi approcci non sono mutuamente esclusivi
• Molti studi hanno mostrato i notevoli vantaggi di utilizzare un approccio che coniughi
entrambe le tecniche.
L’analisi linguistica della variabile fonologica. Definire il range di variazione
• Il prossimo step è cercare di capire la dimensione linguistica della variazione questo implica
stabilire i contesti di influenza della variabile sul sistema linguistico e accertare i fattori che
condizionano la variazione
• Stabilire il range di variazione associato con una data variabile è un passo essenziale nella
analisi linguistica
– Per le variabili fonologiche questo significa sapere quali parole e quali contesti sono
soggetti a variazione e quali no
– L'analisi quantitativa non può procedere prima che l'investigatore sappia cosa
contare
• Le variabili fonologiche differiscono notevolmente rispetto all’ampiezza con cui esse
possono agire all’interno del sistema linguistico:
– ad un estremo esse possono influenzare una sola parola, ad un altro possono
influenzare migliaia di parole quando riguardano processi fonologici generali come il
NCS.
– Tra questi due estremi ci sono poi i casi che riguardano processi fonologici più
ristretti come per esempio la /æ/New York City che è sottoposta a un innalzamento
in alcuni contesti fonologici, oppure in Sud America la distinzione tra /ɛ/ e /i/ che si
perde prima di una consonante nasale (pin/pen si confondono).

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• In tutti questi esempi il compito di definire il range della variazione è piuttosto semplice,
l'input per ciascuna variabile, il set di item coinvolti dalla variazione si identifica con una
particolare parola, o una particolare classe di parole, oppure un sottoinsieme di classi
fonologiche.
• In alcuni casi tuttavia il range della variabile non è identificabile con un set di parole, non è
equivalente ad un fonema, non può essere predicibile fonologicamente.
– È il caso della (u) di Belfast che alterna con [ʌ] (voc. posteriore medio-bassa non
arrotondata) e [ʉ] (voc. alta centrale arrotondata).
– Nella varietà urbana di Belfast, come in molte varietà di inglese, c'è una classe di
parole con /ʌ/ come cut, mud, fun e una classe di parole con /ʉ/ come good, cook.
– C’è poi un piccolo set di item lessicali che alterna [ʌ] e [ʉ].
• L'appartenenza a questa terza classe non può essere stabilità in base a fattori
fonologici, ma è specificata sulla base dell'intuizione del parlante nativo per
esempio foot, took, shook alternano [ʌ] e [ʉ] mentre cook, book, hook
presentano solo [ʉ].
• L’alternanza è sociolinguisticamente molto saliente, varia in base alla classe,
al sesso e allo stile: la pronuncia in [ʌ] è stereotipicamente vernacolare con
un forte valore simbolico.
• Poiché la composizione di questo set fonetico-lessicale non può essere
specificata su un piano fonologico è difficile trovare un modo per specificare
tutti gli input lessicale della variabile (u) a Belfast.
Non arrotondata si dice anche non labializzata.
• Problemi di questo tipo sono piuttosto comuni in aree dialettali divergenti, laddove
fonologie radicalmente differenti e facilmente identificabili che nel passato si sono
influenzate a vicenda, recentemente sono diventate parte integrante delle risorse linguistiche
a disposizioni della comunità di parlanti.
• Difficoltà di questo tipo generale che sembrano originarsi per l'apparente comportamento
idiosincratico degli item lessicali sono riportate anche negli Stati Uniti.
– Esempio a New York e Philadelphia la (æ) è innalzata in condizioni che sono solo
parzialmente predicibili da un punto di vista fonologico (normalmente la vocale si
comporta diversamente a seconda se precede una cons. nasale o occlusiva)
– si individuano un numero notevole di eccezioni lessicali alla regola fonologica:
normalmente l’innalzamento non si verifica prima di fricative ma la parola avenue ce
lo ha
• Le difficoltà nello specificare l'input lessicale sono probabilmente molto più diffuse e
pongono più grandi problemi metodologici di quanto le osservazioni estemporanee in
letteratura suggeriscano
Questi casi sono di un'importanza teorica notevole nella discussione su modelli di cambiamento e
di variazione basati sulla diffusione lessicale.

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Fattori condizionanti
• Il cuore dell'analisi linguistica di una variabile è scoprire i fattori che favoriscono o
favoriscono la selezione delle varianti di una variabile.
– L'obiettivo è descrivere la forza relativa dei diversi fattori nel condizionare la
variazione in termini di probabilità.
• Le variabili fonologiche sono molto spesso influenzate dal contesto fonetico immediato.
• Oltre i segmenti adiacenti elementi condizionanti possono essere:
– la struttura sillabica aperta o chiusa
– fenomeni fonetici come la cancellazione o la assimilazione di suoni caratteristici di
un parlato allegro.
• Questi fenomeni nonostante la loro apparente naturalezza sono in realtà spesso varietà-
specifici.
• I fattori fonologici non sono l'unico tipo di condizionamento linguistico sulle variabili,
alcuni pattern possono essere infatti definiti in termini lessicali.
– Per esempio la caduta della conclusiva finale è sicuramente influenzata da un punto
di vista lessicale. In questo caso includere nel campione un termine altamente
ricorrente come and ovviamente altera i dati. Fenomeno simile è stato messo in
evidenza da Fasold nel 1978 a proposito di kept che spesso presenta la caduta della
occlusiva finale.
• La letteratura sulla caduta della occlusiva finale evidenzia l'influenza di un altro tipo di
fattore: il contesto morfologico.
– Guy (1980) dimostra che la caduta è più probabile in parole monomorfemiche
quando il nesso consonantico è creato dall'aggiunta di un morfema flessivo.
• In definitiva spesso non è facile determinare la natura dell'influenza dei diversi fattori
linguistici su una particolare variabile.
• In molti casi il problema è legato alle poche occorrenze analizzate, ovvero all’infrequenza di
una particolare combinazione fonologica nel parlato di tutti i giorni. La soluzione dunque
può essere trovata analizzando più dati.
Le relazioni tra le varianti. Problemi di interpretazione
• In questa parte di discussione il fuoco sarà sui problemi metodologici che derivano
dall'analisi delle variabili continue.
• Un primo problema è legato alla perdita di informazione fonologica importante, quando
elementi fonologici che variano su più di una dimensione sono analizzati come varianti su
una singola dimensione.
– Nel NCS la (æ) è sottoposta ad innalzamento che talvolta è accompagnato da un
processo di ‘scivolamento’ che genera dittongazione [bɛək] per back.

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– Gordon (2001) distingue 4 gradi di innalzamento ma non codifica la presenza e
l'assenza della vocale dittongata.
• Una seconda obiezione connessa alla prima riguarda l'assunzione, talvolta rivelatasi erronea,
che la variabile giace su una singola dimensione sociolinguistica che va dal non-standard
allo standard e coovaria con una singola dimensione fonetica. Es Labov (æ) a New York.
• In alcuni casi è difficile identificare le forme di prestigio che dovrebbero essere localizzate
alla fine del continuum dalla parte dello standard.
– A Edimburgo e Glasgow è stato difficile applicare il modello di Labov.
– In Scozia più ricercatori hanno incontrato difficoltà ad applicare il concetto di una
singola norma di prestigio.
In queste zone (Edimburgo e Glasgow )c'è una forte discontinuità tra il vernacolo locale e qualsiasi
norma di parlato sovralocale riconoscibile.
• Il carattere multidimensionale della variazione sociolinguistica è stato esemplificato nel caso
della o a Newcastle, dove erano state individuate quattro varianti che presentavano
differenze in termini di lunghezza, avanzamento e dittongazione e pertanto si collocavano su
dimensioni diverse da un punto di vista fonetico così come da un punto di vista sociale.
– In questo caso il modello del continuum non funziona sia da un punto di vista
linguistico che da un punto di vista sociale.
• In generale il modo in cui gli investigatori concepiscono le relazioni tra le varianti può
avere un profondo impatto sull'intera analisi
– La stessa cosa può essere detta a proposito delle relazioni tra le variabili.
• Alcune variabili fonologiche sembrano operare indipendentemente mentre altre sembrano
interconnesse.
– È il caso dei cambiamenti a catena che implicano una serie di mutamenti di suono
legati tra di loro.
– Le connessioni tra i cambiamenti possono essere di due tipi: nel primo il
meccanismo fondamentale e a spinta l'altro è a trascinamento.
• Nel primo caso una vocale si sposta nel territorio di un’altra costringendola a
liberare lo spazio.
• Nel secondo caso una vocale libera il suo spazio originale creando uno
spazio libero che un'altra vocale può riempire.
• Secondo Labov la cronologia del NCS è che la (ɛ) era originariamente più bassa ed
innalzandosi ha trascinato (i) (meccanismo del trascinamento), successivamente si è
abbassata innescando il meccanismo a catena con (ʌ) (a spinta).
• Il ricercatore che indaga il Northen City Shift in una data comunità naturalmente tende a
cercare le varianti aspettate, cosa fa quando le forme non corrispondono al modello, per
esempio, se trova varianti arretrate di (i) e abbassate di (ʌ)?
– Una possibilità è che trascuri ed ignori tutti i casi che non corrispondono al modello.
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• Sottovalutare il significato di traiettorie del cambiamento inaspettate
chiaramente però è pericoloso.
– L'approccio raccomandato e registrare tutta la variazione in modo da avere una
fotografia completa e ottenere un quadro accurato delle relazioni tra le variabili.
– Talvolta l'immagine che emerge può mettere in discussione l'interpretazione
consueta del cambiamento a catena.
• (Gordon 2001): movimenti di (ɛ) (i) e (ʌ) sono connessi, non da una catena
ma da cambiamenti paralleli.
(vedi p.160)
• Una relazione tra variabili di tipo differente è illustrato dal caso delle fusioni
• Le fusioni implicano la perdita di un contrasto fonemico
• Le fusioni non condizionate risultano nella perdita del contrasto di due o più fonemi che
diventano uno
– es. le vocali basse arretrate caught e cot in Scozia e in Nord America.
• In altri casi la perdita occorre solo in particolari contesti fonologici.
• Per i ricercatori che studiano le fusioni in fieri la situazione è più complicata
– La perdita del contrasto condiziona la produzione e la percezione quindi il
ricercatore deve fare attenzione alle 2 dimensioni separatamente.
– Questa linea di ricerca ha prodotto dei risultati assolutamente inaspettati.
– Labov: talvolta i parlanti percepiscono due suoni come fusi ma regolarmente li
producono come distinti. Come sia possibile è una questione che rimane irrisolta.
Commenti circa la quantificazione
• Chiudiamo questo capitolo considerando alcune questioni relative all'analisi quantitativa dei
dati
– Labov 1972: «anche la più semplice delle misurazioni dà origine a un numero
sostenuto di problemi sottili e difficili da risolvere. La decisione finale di cosa
contare rappresenta la soluzione di un problema ed è presa solo attraverso una lunga
serie di complicate manovre esploratorie»
• Il fuoco è dunque sui problemi sottili e difficili associati al processo delle misurazioni.
• Nell'analisi i ricercatori devono intraprendere numerose scelte riguardo a cosa e come
contare
– Consideriamo le procedure eseguite nell'analisi del NCS da Gordon 2001.
– Poiché il cambiamento potenzialmente coinvolge sei vocali, l'identificazione degli
item sarebbe dovuta essere relativamente semplice:
• se uno dei 6 fonemi vocalici occorreva in una parola, quella parola doveva
essere inclusa nell'analisi
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– Prima di iniziare a contare sono state individuate eccezioni a questa regola di base:
• Sono state codificate solo sillabe accentate per la loro maggiore udibilità
• Items pronunciati troppo velocemente o troppo lentamente o con rumore di
background sono stati esclusi perché di difficile udibilità
• Items in cui la variabile era seguita da r sono stati esclusi (la r influenza la
vocale)
• Durante la codificazione inoltre sono state formulate un gran numero di eccezioni collegate
a items lessicali individuali:
– L'alternanza tra [i] e [ɛ] che è caratteristica del NCS talvolta negli Stati Uniti si
presenta anche in contesti indipendenti dal NCS.
– Alcuni items pertanto sono stati omessi poiché non era facile capire che tipo di
fonema variabile essi presentassero
• Wolfram: Importante prendere decisioni in anticipo e registrarle in modo da fare scelte
coerenti in fase procedurale.
• Un problema comune da affrontare nel corso dell'analisi della variazione fonologica è
quanti token esaminare di un particolare item per evitare di inserire bias che alterino i valori
per i diversi parlanti e non consentano di ottenere dati comparabili per i diversi parlanti.
• I bias possono essere fondati su basi fonologiche o lessicali
– Es l’arretramento di (ɛ) nel NCS favorito quando segue /l/. Se un parlante
presentasse molte occorrenze di una parola come bell ed un altro nessuna, la
differenza di distribuzione per parlante sarebbe un riflesso del pattern fonologico che
non ha niente a che vedere con la variazione individuale in sé
• In accordo al principio dell'affidabilità il ricercatore deve considerare tutte le potenziali
occorrenze della variabile senza privilegiare quelle che confermano la sua ipotesi quindi
ridurre il pericolo di ottenere dati devianti
• Nonostante ciò il pericolo è sempre dietro l’angolo:
– Ci sono diverse ragioni per le quali una particolare parola potrebbe essere
particolarmente comune nella sezione di parlato analizzato
– Per affrontare questo problema i ricercatori spesso impongono dei limiti sul numero
di occorrenze di una parola o di un morfema che si possono contare
• Es Gordon limita a un massimo di 3 tokens per item la sua analisi degli usi
linguistici di un parlante
• Imporre questi limiti significa
– assicurarsi che la descrizione del parlato di ciascun informatore sia basata su un
campione lessicalmente diversificato e di conseguenza su una grande quantità di
contesti fonologici

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– Far sì che i parlanti possano essere comparati utilmente in base alle loro
caratteristiche sociali
Quanti tokens?
• Di quanti tokens c’è bisogno?
• Per rispondere a questa domanda bisogna chiedersi se la variazione osservata nei dati
riflette la norma del parlante piuttosto che una fluttuazione casuale.
• Labov: contare tutte le occorrenze delle varianti senza considerare la dimensioni
complessive della sezione di parlato esaminato è forviante.
– Es. in un piccolo testo con 5 tokens di (h) di cui 4 realizzate come [h] e una come
zero, dire che il parlante presenta 20% di occorrenze della variante zero non è
significativo, meglio considerare altri 5 tokens in un contesto sociale simile (per es.
linguaggio di tutti i giorni)
• Guy in uno studio sulla caduta del occlusiva finale per esemplificare un principio più
generale suggerisce che 30 tokens per variabile sono oggettivamente ragionevoli, se il
numero dei token è più basso di 10 è molto probabile che ci troveremo di fronte a una
fluttuazione casuale
• Spesso i sociolinguisti si avvalgono di tecniche di analisi statistica
– L'approccio tradizionale nell'analisi statistica consiste nell’usare test di
significatività statistica che indicano se un'ipotesi può essere esplicitamente
formulata o meno, ovvero se corroborata dai dati.

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