Sei sulla pagina 1di 7

Th.

Mann,

La montagna magica

Esame di LETTERATURE COMPARATE

(Università degli Studi di Napoli – Federico II)

Anno Accademico 2020-2021

Seconda guerra mondiale - Mann è costretto in esilio e tutti i suoi documenti - al fine di essere
preservati dalle perquisizioni e i sequestri della Gestapo - vengono affidati all’avvocato Valentin
Heins. Nel corso del suo esilio Mann cerca a più riprese, nel 1937 e nel 1938, di rientrare in
possesso dei suoi manoscritti, ma l’avvocato rifiuta di recapitarglieli, giustificando - a posteriori -
tali dinieghi con il rischio personale che lui stesso avrebbe corso facendo uscire dalla Germania
nazionalsocialista documenti di uno scrittore inviso al regime. Durante la guerra, in seguito a un
bombardamento, l’ufficio di Heins viene distrutto e con esso il manoscritto e tutti gli appunti di
lavoro stesi da Mann per la composizione di La montagna incantata... Sulle fonti, sulla maggior
parte delle fasi di elaborazione e delle sue trasformazioni regna, quindi, un buio quasi assoluto...
Oltre al testo del romanzo stampato nel 1924 sulla base del manoscritto scomparso durante la guerra
e dieci anticipazioni a stampa di modesta entità, restano disponibili poche note di lavorazione
consegnate ai quaderni di appunti, una dozzina di pagine manoscritti e contenenti varianti di alcuni
capitoli conservate in una cartellina presso il Thomas Mann-Archiv di Zurigo e, infine, un
manoscritto conservato alla biblioteca dell’Università di Yale, contenente una stesura frammentaria
dei capitoli iniziali del romanzo.

1912 - La moglie Katia prostrata da un’infezione polmonare, viene ricoverata per una sospetta
tubercolosi, ed è obbligata a un prolungato soggiorno di cura a Davos dal 10 marzo al 25 settembre.
Tra maggio e giugno Mann la raggiunge per tre settimane e concepisce il progetto di una novella
legata alla malattia, al sanatorio quale luogo ritirato, sospeso tra i monti, in cui si incontrano per
un’estrema rappresentazione i protagonisti dell’alta società europea, i raffinati e malati esponenti di
una civiltà estenuata e moribonda, appartenenti per censo, classe, cultura e malattia alla schiera
degli eletti e dei maledetti. Una lettera indirizzata da Hedwig Pringsheim, la suocera di Mann, a
Maximilian Harden, permette di affermare che almeno l’idea di una novella, abbia incominciato a
formarsi già all’epoca del soggiorno a Davos. Nella lettera si legge infatti: «Potrei scrivere resoconti
bellissimi sul mio soggiorno in sanatorio: ma non voglio soffiare il mestiere al genero Tommy che è
stato anche lui qui per quattro settimane, per così dire, vive solo in funzione del “materiale”».
Scrive Katia Pringsheim Mann nelle sue memorie: «fui colpita da una leggera affezione polmonare
[…] Thomas venne dunque a trovarmi a Davos e già il suo arrivo fu in realtà quasi esattamente
come l’arrivo di Hans Castorp: scese dal treno a Davos Dorf e io andai giù a incontrarlo proprio
come fa il cugino Ziemssen […] Gli scrivevo molte lettere da cui lui traeva spunto per costruire
storie e personaggi».

1913 - Primo documento direttamente riferibile a La montagna incantata scritto da Mann: si tratta
di una lettera all’amico Ernst Bertram - datata 24 luglio - in cui lo scrittore dichiara di volersi
dedicare a una novella destinata probabilmente a rappresentare un «pendant umoristico» alla Morte
a Venezia. Si tratta inequivocabilmente di La montagna incantata della quale, in una lettera a Ida
Boy-Ed - datata 4 novembre - egli dirà: «Sto lavorando a una cosa da Davos, una specie di “pendant
grottesco” alla Morte a Venezia». Decisive per l’elaborazione del testo su Davos erano state le
le!ure del libro di Heinrich Wölfflin su Albrecht Dürer del 1905 e lo studio del 1903 di Carl
Giehlow sull’incisione Melencolia I. Il 10 dicembre su una pagina pubblicitaria della «Neue
Rundschau» compare una breve notizia di Oscar Bie che annuncia l’uscita di una novella di Mann
intitolata DerZauberlehrling (L’apprendista stregone), per il dicembre 1914; dopo che la
«Münchner Zeitung» ha ripreso e diffuso la notizia, Mann scrive a Paul Nikolaus Cossmann per
rettificare: «Ah, la storia è malmessa. 1) non si chiama affatto Der Zauberlehrling, ma Der
Zauberberg. 2) per il momento ne ho completato solo un quarto». Zauberberg che sembra essere un
eco del «monte magico dell’Olimpo» citato da Nietzsche nella Nascitadella tragedia e che
raccoglie riferimenti più o meno espliciti alle fiabe di Hans Christian Andersen e alla psicanalisi
freudiana (le cui teorie sono parodiate, nel romanzo, nelle conferenze del do!or Krokowki).

1914 - Il lavoro della novella sembra interrompersi o per lo meno cessano del tutto le testimonianze
epistolari, che tornano a farsi cospicue tra la primavera e l’estate. In una lettera a Hans von Hülsen
lo scrittore dice che la novella di Davos minaccia di diventare piuttosto lunga. Mann è convinto di
aver completato quasi la metà della novella quando scoppia la guerra, l’8 agosto, scrive a Samuel
Fischer che proprio l’esplosione del conflitto dovrà costituirne il finale. Mann - però - è impegnato
sugli eventi bellici e politici e il lavoro si interrompe per lasciar spazio al progetto che sfocierà nelle
Considerazioni di unimpolitico.

Nel carteggio manniano di questo periodo si trovano altri riferimenti indiretti al lavoro in corso, in
cui lo scrittore prende informazioni sul costo di alcune riproduzioni che lo interessano. Si tratta del
Carlo Va cavallo di Tiziano, del ritratto dell’infanta Margarita Teresa di Velàzquez, di tre dipinti di
Goya (La duchessa de Alba, La marchesaEspeja e La portatrice d’acqua) e di un autoritratto di
Vigéè-Lebrun con la figlia. È possibile che Mann stia già cercando il modello per la toga senatoriale
di foggia spagnola del nonno di Hans Castorp che poi comparirà nel romanzo come calco da un
ritratto di Wilhelm Trübner o di Max Liebermann; è comunque significativo il manifesto interesse
di Mann per le fonti visive. Negli stessi carteggi Mann chiede informazioni su alcuni libri: quattro
opere di Selma Lagerlöf e, infine, il libro Im Palast des Minos di Sir Galahad sul palazzo di
Minosse, un accurato studio archeologico che può essere stato utile alla concezione del Berghof,
anch’esso un edificio da cui è difficile uscire. Ancora nel marzo dello stesso anno, Mann esprime a
Julius Bab il proposito di dedicarsi a La montagna incantata senza interruzioni e il 6 maggio, in una
lettera a Korfiz Holm definisce per la prima volta “romanzo” l’opera a cui sta lavorando, ma poi la
scrittura si interrompe per quattro anni.

1916 - Anche se la scrittura subisce una battuta d’arresto, il lavoro alla concezione dell’opera non si
interrompe. In uno dei quaderni di appunti di Mann compare per la prima volta il nome di Klawdia
(che diventerà in seguito il personaggio di Clavdia Chauchat). L’idea di inserire una vicenda
erotico/sentimentale - all’interno della trama politico/pedagogica - induce, infatti, l’autore a
ripensare la designazione dell’opera non più in termini di una novella, ma di un romanzo.

1917 - Mann in una lettera a Paul Amann - datata 25 marzo - comincia a definire, senza più
ripensamenti, La montagna incantata come un romanzo. Poichè tutte le sue forze sono impegnate
nella realizzazione delle Considerazioni di un impolitico, bisogna supporre che questa novità non
sia dovuta al fatto che il manoscritto ha raggiunto dimensioni tali da non poter più essere
considerato una novella, ma sia piuttosto il risultato di un cambiamento radicale intervenuto nella
concezione del racconto.
1919 - Riprende la scrittura: il 20 aprile Mann annota sul diario: «Dopo quattro anni d’interruzione
ho ripreso a scrivere Der Zauberberg». Dopo la rilettura del manoscritto, lo scrittore decide di
inserirvi e svilupparvi due temi che diventeranno fondamentali nella versione definitiva: quello del
tempo e quello dell’amore proibito. In giugno Mann comincia anche alcune delle letture che più
influenzano il lavoro sul romanzo: Il tramontodell’Occidente di Oswald Spengler, insieme a
Demian di Hermann Hesse.

1920 - Tra il 29 gennaio e il 10 febbraio Mann si reca nel «Villino» di Feldafing, dove vede per la
prima volta un grammofono di ultima generazione che avrà una parte rilevante negli ultimi capitoli
del romanzo, di ritorno a Monaco annota: «Il clou del soggiorno: l’ottimo grammofono [...] fatto
suonare in continuazione. Bohème, il finale dell’Aida (amore e morte all’italiana), Caruso,
Battistini, la Melba, Titta Ruffo». Seguono circa quindici giorni di letture scientifiche che
precedono l’elaborazione della scena del gabinetto radiologico e che torneranno utili per i capitoli a
tema fisiologico del romanzo e la lettura del libro di Heinrich von Eicken Storia e sistema della
concezione medioevale del mondo. Mann concede alla «Neue Zürcher Zeitung» l’anteprima del
primo capitolo del romanzo, che esce tra il 9 e il 14 maggio. In giugno si occupa anche della studio
di immagini di ballerine russe e dell’idea dell’androginia presente nel libro di Ricarda Huch
Fioritura del Romanticismo per la parte relativa al ritratto di Clavdia Chauchat.

1921 - Dopo varie sospensioni dovute alla stesura di altri lavori, ripensamenti e interruzioni
finalizzate alla raccolta di materiale, Mann è convinto che il 1921 «porterà, in un modo o nell’altro,
la conclusione dello Zbg». Fra il 31 gennaio e il 2 febbraio Mann trascorre tre giorni a Davos e
scrive a Ernst Bertram: «Può immaginare che sono tutt’occhi. E’ più che curioso ritrovarsi di fronte
alla realtà dopo averla vista con la mente per tanto tempo». Dopo una rilettura degli Anni di
pellegrinaggio di Wilhelm Meister, constata la specifica qualità goethiana di La montagna
incantata che sempre più gli appare come erede della grande tradizione del romanzo di formazione
da una prospettiva borghese, tedesca e universale al tempo stesso, che riporta anche a uno dei
fondamentali pre-testi del romanzo: il Tannhäuser di Wagner. In novembre Mann assiste, inoltre, a
Monaco alla prima rappresentazione dell’Uomo difficile di Hofmannsthal.Inizia la stesura del
saggio Goethe e Tolstoj che segna una pausa di riflessione nella composizione del romanzo fino in
ottobre, per poi essere ripresa solamente in modo frammentario.

1923 - Per gran parte dell’anno mancano testimonianze dirette circa il procedere del lavoro.
Fondamentali però - al fine di trovare nuove suggestioni per La montagna incantata - sembrano
essere due viaggi: il primo tra aprile e maggio in Spagna, il secondo in ottobre a Bolzano. Del primo
viaggio Mann riferisce: «In Spagna ho trovato l’elemento che cercavo e che nello Zbg. Svolge di
nascosto la sua funzione umoristica nel simbolo della “gorgiera inamidata” […] aggiungo a tutto
questo La sepoltura del conted’Orgaz di El Greco che è a Toledo […] mi ha conquistato
completamente»; mentre a Bolzano lo scrittore incontra Gerhart Hauptmann che in qualche modo
diventa una fonte d’ispirazione - per Peeperkorn - uno dei personaggi a cui Mann sta lavorando.

1924 - All’inizio dell’anno la conclusione del romanzo appare imminente. Il 19 febbraio Mann
scrive a Bertram che la narrazione sta prendendo, verso la fine, una piega «strana e sorprendente», il
lavoro quindi rallenta e lo scrittore si convince che la conclusione non potrà essere raggiunta prima
dell’autunno. Frattanto il romanzo viene stampato fino al sesto capitolo e vengono anche avviate le
traduzioni in svedese e in ungherese che usciranno rispettivamente nel 1929 a nel 1931. Il 28
settembre Mann comunica che La montagna incantata è finalmente conclusa e il 28 novembre il
romanzo esce in due volumi di complessive milleduecento pagine presso l’editore Fischer di
Berlino.
1914 Mann riferisce di esserearrivato a metà dellacomposizione dellanovella. In seguitoimpegnato
dagli eventibellici interrompe illavoro.28 giugno Viene assassinato a Sarajevo l’arciduca Francesco
Ferdinando. 28 luglio L’Austria-Ungheria dichiara guerra alla Serbia e inizia la Prima guerra
mondiale. Francia e Russia scendono in guerra al fianco della Serbia. 1 agosto La Germania
dichiara guerra alla Russia 3 agosto La Germania dichiara guerra alla Francia. 5 agosto La Gran
Bretagna dichiara guerra alla Marzo Filippo Tommaso Marinetti scrive il poema futurista Zang,
TumbTumb.18 aprile Esce il film Cabiria di Giovanni Pastrone. Giugno Viene pubblicato Gente di
Dublino di James Joyce. Sergej Diaghilev e Igor Stravinskij incontrano a Roma i futuristi. Oskar
Kokoschka dipinge La sposa del vento. e Ulisse di James Joyce.

LA MONTAGNA INCANTATA: TRAMA E PERSONAGGI DEL ROMANZO Trama Estate


1907. Hans Castorp, giovane di Amburgo, avviato a un sicuro e tranquillo futuro di ingegnere
navale, si reca nel sanatorio svizzero Berghof di Davos, per una visita di qualche settimana al
cugino Joachim Ziemssen, la cui carriera militare è stata interrotta qualche tempo prima
dall’irrompere di una grave forma di tubercolosi. Sin dal suo arrivo nel sanatorio, ciò che si para
agli occhi del giovane Castorp è, concentrata in vitro e isolata da ogni rapporto con le altri classi
sociali come da ogni processo produttivo, la borghesia europea. Quel mondo di ammalati è chiuso
in sé e tenacemente avviluppante […] è una specie di surrogato della vita che in un tempo
relativamente breve estranea del tutto i giovani dalla vita reale attiva.

In quelle poche settimane di visita Castorp nutre un curioso interesse - un’attrazione inconfessata -
verso un’affascinante paziente del sanatorio, la signora russa Clavdia Chauchat. Parimenti in lui
cresce una leggera forma febbrile, che giorno dopo giorno si fa più forte e debilitante, fino a che,
poco prima della partenza, il primario Dottor Behrens - direttore sanitario dell’istituto e «consigliere
aulico», secondo il titolo conferitogli da un principe, suo paziente - diagnostica allo stesso Castorp
un possibile focolaio di tubercolosi. E quale è mai la forma, la maschera sotto la quale ricompare
l’amore non ammesso e trattenuto? […] «Sotto la maschera della malattia! Il sintomo morboso,
disse, sarebbe attività amorosa camuffata e ogni malattia amore trasmutato».

L’amore per la Chauchat e il fascino della vita scandita dai ritmi costanti e sempre uguali del
sanatorio, dove il tempo assume una nuova forma e lascia spazio alla meditazione e alla conoscenza
fonda dei fenomeni propri della vita come della morte, tra!erranno Castorp a Berghof non poche
settimane ma ben sette anni.

I personaggi Inserendo entro una geografia simbolica i suoi personaggi epocali, Thomas Mann
sembra sottolineare la loro funzione di ritratto dell’Europa al tramonto: «non vorrei rinunciare a
nessuno dei miei personaggi. Dal punto di vista spirituale si completano l’un l’altro, riempiono il
mondo...».

HANS CASTORP Hans Castorp non era né un genio né uno sciocco, e se per definirlo evitiamo il
vocabolo “mediocre”, lo facciamo per motivi che non hanno nulla a che vedere con la sua schietta
persona, per rispetto cioè del suo destino, al quale incliniamo ad attribuire un certo significato
superpersonale. Per aver voglia di svolgere un’attività notevole occorre o una solitudine e intimità
morale che si trova di rado ed è di natura eroica o una ben robusta vitalità. Né questo né quello era
il caso di Castorp, sicché si dovrà pur dire che era mediocre, sia pure in un senso molto onorevole.

Castorp rappresenta una Germania da cui l’autore auspica ed esige l’appianamento, nella sua qualità
di mediatrice, di contrasti così radicalmente irriducibili è, infatti un personaggio in continua in
trasformazione e in perenne ricerca: «un giovane che ha bisogno di educazione, ma che è anche
assai furbo e astuto, il suo stesso rapporto con la morte e con il vizio rivela una strana apertura,
come una disposizione temeraria; la volontà di sperimentare tutto fino all’estremo. Tuttavia, come
in tutti gli avventurieri, il suo rapporto con i principi è astuto e pieno di riserve. Non si vuole legare.
Ogni volta che lo si pone di fronte ad una scelta lui, con qualche facezia, la evita. Questo
atteggiamento Il tempo […] non è come quello degli orologi alle stazioni, la cui lancetta scatta di
cinque in cinque minuti, ma piuttosto come quello degli orologi piccolissimi, nei quali il moto delle
lancette è impercettibile alla vista, o come l’erba che nessun occhio vede crescere.

L’incantamento operato da questo mondo al di fuori delle regole diventa una provetta chimica che
permette al narratore di osservare un fenomeno patologico - un universo al di fuori della norma - e il
modo in cui esso viene affrontato da Castorp. Egli è un giovane di natura flemmatica e un po’ pigra,
privo di qualità particolari, di intelligenza media, senza problemi economici e incline a gustare i
piaceri della buona tavola e del fumo. Tuttavia, rimasto orfano in tenera età, ha stabilito una sorta di
familiarità con la morte; ne ha intuito il duplice volto: la morte come valore spirituale - estrema
dignità formale nella quale si esprime il coronamento di una vita ben spesa - e la morte come puro
fatto biologico, privo di attributi etico-estetici, cruda realtà materiale nella vicenda corporea. A
Berghof, Castorp conosce il regno dell’inconscio grazie alle sedute con il Do!or Krokowski, scopre
inoltre l’interesse per il corporeo, si dedica allo studio dell’anatomia e dalla patologia, si entusiasma
per le strutture intime del corpo umano, rompe il tabù del silenzio portando conforto ai malati in fin
di vita. La morte era una faccenda pia, sensata e tristemente bella, cioè spirituale, e nello stesso
tempo ben diversa, anzi contraria, molto corporea, molto materiale, che a rigore non si poteva
definire né bella, né sensata, né pia, e nemmeno triste. Colui o, più esattamente, quella cosa che era
lì distesa, era [...] un involucro [...] non era fatto di cera, ma della sua propria materia; “soltanto”
di materia: e questo era il particolare sconveniente e forse neanche triste... così poco triste come
non sono tristi le cose che hanno a che fare col corpo e “soltanto” con esso.

Nel ritmo immutabile delle giornate, il processo di evoluzione di Castorp è accompagnato


dall’intervento pedagogico di due illustri mentori tra loro in contrasto per avere la meglio
sull’allievo prediletto: l’illuminista massone liberalborghese Settembrini - ammiratore del Carducci
e del progresso umano - e l’ebreo-gesuita Naphta, comunista e mistico, irrazionalista e reazionario,
nel quale affiorano già le oscure forze del fascismo. Ultima figura ad esercitare una forte influenza
sul giovane ingegnere è invece Mynheer Peeperkorn - ricco edonista olandese amante della
Chauchat - che con il suo «estremismo vitale» diventa un punto di riferimento per gli ospiti del
Berghof.

Passato attraverso l’esperienza della malattia, della morte nelle sue molteplici forme e verificato
come essa sia sempre esperienza umana e principio di vita, Castorp abbandonerà infine - in un
clima di inquietudine che lascia presagire la fine della belle époque e la catastrofe europea - questa
sorta di montagna magica per tornare alla pianura: al mondo. É il 1914 ed è scoppiata la guerra...
Chi sa se anche da questa mondiale sagra della morte, anche dalla febbre maligna che incendia
tutt’intorno il cielo piovoso di questa sera, sorgerà un giorno l’amore?

sembra corrispondere alla posizione intermedia della Germania, e proprio in questo consiste il suo
carattere profondamente tedesco». In questo senso la scelta del nome del protagonista sembra non
essere casuale: Hans è infatti uno dei nomi più comuni in Germania e molti personaggi delle fiabe o
dei racconti popolari tedeschi portano questo nome. Hans Castorp preferisce usare il burro in forma
di riccioli, non si rosicchia le unghie e non sbatte le porte... Hans Castorp è il cercatore del Graal:
«dell’idea dell’uomo [...] il Graal è un mistero, ma tale è anche l’umanità: poiché l’uomo stesso è
un mistero, e ogni umanità è fondata sul rispetto del mistero umano».

JOACHIM ZIEMSSEN Cugino di Hans Castorp è una figura fragile e dominata - ossessionata -
dall’ideale del dovere militare: «incarna un altro lato della Germania rispetto a Castorp: il principio
prussiano della devozione al servizio, una dedizione al servizio che viene esaltata al di là
dell’atteggiamento puramente militare e che tocca il principio della dedizione alla vita». Citando il
Faust di Goethe «Soldat und brav» (Soldato e uomo coraggioso).

LODOVICO SETTEMBRINI Umanista e umanitarista, carducciano, repubblicano, positivista,


massone, razionalista, impetuoso, retorico, mefistofelico più nella forma che nell’animo, ingenuo
malgrado l’apparente cinismo. Rappresenta l’Italia del Rinascimento e del Risorgimento, la Francia
dell’Illuminismo e della letteratura impegnata e persino un po’ l’economia di stampo inglese. Un
suonatore «d’organetto» intento a combattere la malattia e a collaborare a una «Enciclopedia
universale per l’eliminazione della sofferenza». Il nome del personaggio richiama quello di Luigi
Settembrini (scrittore e patriota italiano), mentre le caratteristiche fisiche riportano al compositore
Ruggiero Leoncavallo. I tratti caratteriali evocano, invece, quelli del fratello Heinrich con cui
Thomas Mann aveva un rapporto complesso e travagliato.

LEO NAPHTA Galiziano, gesuita di origine ebraica, rappresentante dell’estremismo: assolutista,


militarista, scolastico, difensore della Inquisizione e di ogni compressione antiliberale, fanatico,
caotico, sensuale, violento, raffinato nel sofisma, spirito della tenebra. Erede di quella prontezza a
ridestarsi dagli ebrei dell’Est, un erede della Russia rivoluzionaria, un erede della Spagna
austeramente cattolica e votata alla morte. È l’esaltatore del male che annulla il corpo, del male che
affina ed esaspera l’attività dello spirito, è il cupo emissario della morte. I riferimenti per il
personaggio sembrano essere György Lukács - che Mann incontra nel 1922 a Vienna - e Leon
Trotsky.

CLAVDIA CHAUCHAT Indolente e misteriosa signora russa, di cui Hans Castorp è «pazzamente
innamorato», Clavdia Chauchat è la moglie di un alto funzionario russo di stanza in Daghestan.
Questa figura distratta ed enigmatica, che viene sempre introdotta dall’inafferrabile e inquietante
sbattere delle porte associato ad ogni sua apparizione, rappresenta il principio dell’irrazionale, il
principio geniale della malattia che seduce il protagonista. I suoi sottili «occhi chirghisi» e gli alti
zigomi slavi, ricordano a Castorp un vecchio compagno di scuola di cui egli era innamorato:
Pribislav Hippe; la figura snella, piuttosto efebica di Clavdia risalta la natura androgina della sua
bellezza. A Carnevale, in una notte di follia in cui i degenti si mascherano da termometri o da
bombole di ossigeno, rivela i suoi sentimenti alla donna avvicinandola con l’espediente di una
matita, stesso intermediario d’amore per il contatto con Hippe: «hai forse una matita, tu?». I modelli
possono trovarsi nella Circe dell’Odissea, nella ninfa del Venusberg dell’opera wagneriana
Tannhäuser e negli studi iconografici di immagini di ballerine russe (in una lettera Mann parla di
una ballerina dagli occhi strabici).

MYNHEER PEEPERKORN Ultimo mentore di Castorp, è «un’olandese di età matura e ricco


sfondato», un cavaliere delle forze umane elementari, un esempio della potenza istintiva di una
personalità per se stessa, all’infuori di ogni suo

contenuto intellettualistico. In contrasto con l’intellettualità di Naphta e Settembrini rappresenta,


infatti, la capacità di sentire e di godersi l’esistenza intensamente, in lui la parola è superata dalla
vita. Personaggio grottesco e magnetico, rimane un caso isolato, un paradigma umano utopico, una
caricatura del dionisiaco: «l’aspetto tragico di Peeperkorn è che fallisce. Incarna la dissipazione di
forze, tipicamente tedesca... è come la guerra dei trent’anni anni o la guerra mondiale». Ad ispirare
alcuni tratti di questo personaggio a Thomas Mann è Gerhart Hauptmann, incontrato nell’ottobre
del 1923 a Bolzano.

IL DOTTOR BEHRENS E IL DOTTOR KROKOWSKI Rispettivamente in camice bianco e in


camice nero, sono le due figure di riferimento per gli ospiti del Berghof. Il Dottor Behrens, primario
della struttura è un appassionato di pittura e intrattiene relazioni amichevoli con i suoi pazienti,
dando loro consigli di ogni genere ed interessandosi a tutti i loro problemi. Il Dottor Krokowski
tisiologo che «pretende di fare l’analisi dell’anima» è un cultore della psicanalisi, in particolar
modo si occupa del rapporto tra amore e malattia, tenendo settimanalmente delle conferenze
intitolate significativamente «L’amore come potenza patogena», inoltre manifesta anche un grande
interesse per il mondo del paranormale. Il personaggio del Dottor Behrens si basa sulla figura del
Dottor Friedrich Jessen, il medico che curò Katia, la moglie di Thomas Mann, durante la sua
permanenza nel sanatorio di Davos. Il Dottor Krokowski fa riferimento a Georg Groddeck
psicoanalista - considerato il fondatore della medicina psicosomatica - che ha tenuto delle
conferenze sul tema amore-malattia presso il sanatorio di Marienhöhe a Baden-Baden. Mann prende
in oltre come modelli Sigmund Freud e Richard von Kra)-Ebing autore di Psychopathia sexualis.

Potrebbero piacerti anche