INTRODUZIONE
Gli scritti di Platone sono per lo più in struttura dialogica, poiché Platone
stesso riteneva che il testo scritto fosse più debole ed incapace di giungere
alla verità a causa della sua rigidità argomentativa.
La cornice del dialogo è l’incontro tra Apollodoro e diversi amici, tra i quali
anche Glaucone: questa è l’occasione per raccontare del Simposio tenutosi a
casa del poeta Agatone, per celebrare la vittoria di quest’ultimo all’agone
tragico delle Lenee nel febbraio del 416 a.C.
2
Biondi Maria
CAPITOLO I
«Mi sono fatto bello, per presentarmi bello al cospetto di un bello»1 (174a).
Con questa frase Socrate gioca ironicamente con il nome di Agatone e sulla
parola greca ἀγαθός, il cui significato, in greco, definisce anche l’area
semantica del “buono” e rimanda alla concezione etica arcaica per cui la
bellezza esteriore corrisponde alla moralità, ma che, in questo contesto, va
1
«ἐκαλλωπισάμην, ἑἵνα καλὸς παρὰ καλὸν ἴω» (174a)
3
Biondi Maria
inteso esclusivamente nel valore di “bello” per l’appunto, indicando quindi
che anche Agatone è un bello.
Alla cena giunse per primo Aristodemo, poiché Socrate, assorto dai suoi
pensieri, si appartò per qualche momento, per poi entrare poco dopo, al
termine della sua meditazione.
Dopo la cena Pausania, ancora pieno dalla bevuta del giorno precedente,
propose di bere con moderazione ed Erissimaco suggerì di trascorrere la
serata tessendo a turno le lodi d’Amore. Tutti i commensali acconsentirono
alla decisione di bere con moderazione e per il gusto di farlo senza alcun
obbligo, come erano soliti fare in queste occasioni, e di partecipare ai discorsi
su Eros.
L’ordine narrativo segue una linea ben precisa nel dialogo, infatti i
partecipanti prendono parola in base al posto che occupano al banchetto, solo
in due casi questo ordine viene sconvolto: in un primo momento, viene
stravolto a causa del singhiozzo del commediografo Aristofane e quindi
prende parola il medico Erissimaco; mentre, in un secondo momento per
l’inatteso arrivo di Alcibiade ubriaco, che compie un elogio dell’amato
Socrate, stravolgendo così i ruoli di ἐραστής ed ἐρώμενος, tipici della cultura
greca. Tutti i discorsi non sono compiuti in loro stessi ma si allacciano al
successivo: ognuno di essi, infatti, aggiunge ciò che manca a quello
precedente, preparando il terreno al discorso finale, quello di Socrate, che
incarna la visione di Platone sull’Eros filosofico.
4
Biondi Maria
1.1 L’Eros in Fedro
Il primo a prendere parola è Fedro, eletto simposiarca, ovvero colui che
presiede il simposio. Nel dialogo in questione viene definito come “padre del
discorso”, infatti è proprio Fedro ad introdurre l’idea del simposio sull’amore
e ad incitare gli altri a discorrere su questo tema.
Fedro nasce intorno alla metà del V secolo a.C. e apparteneva al demo attico
di Mirrinunte.
In Platone, egli è presente oltre che nel Simposio anche in un altro dialogo, il
Protagora (appartenente al primo periodo dei dialoghi platonici, in cui viene
portato all’attenzione il tema dell’ « ἀρετή», ovvero la virtù), in cui ricopre il
ruolo di uno degli uditori dei sofisti.
5
Biondi Maria
concorda con lo stesso Esiodo che nella Teogonia, afferma che fu proprio il
dio Eros il primo ad avere origine dal χάος:
«τῇ δ' Ἔρος ὡμάρτησε καὶ Ἵμερος ἔσπετο καλὸς γεινομένῃ τὰ πρῶτα θεῶν τ'
ἐς φῦλον ἰούσῃ.»2
Questa stessa tesi viene confermata sia dallo storico e mitografo greco antico
Acusilao, il quale sostiene che dopo il Caos nacquero Terra e Amore, sia dal
filosofo Parmenide (178b):
Dopo aver riconosciuto Eros come il dio più antico, Fedro rimarca il concetto
dell’Amore come una sorta di guida (ricorre infatti il verbo ἡγέομαι) per
aspirare a imprese nobili e grandi, ed il concetto di vergogna (αἰσχύνη) di
fronte alle cose brutte (178d); spiega quindi l’importanza di Eros come guida
per gli uomini destinati a vivere in un mondo bello: sottolinea, pertanto,
quanto è importante per l’innamorato distinguersi agli occhi dell’amato:
«Lo stesso vale per l’amato, che sente vergogna soprattutto di fronte
all’amante, se lo si scopre immischiato in qualcosa di brutto.»4
E, inoltre, aggiunge:
2
Es., Th. v.200-201
3
« πρώτιστον μὲν Ἔρωτα θεῶν μητίσατο πάντων »
4
«Ταὐτὸν δὲ τοῦτο καὶ τὸν ἐρώμενον ὁρῶμεν, ὅτι διαφερόντως τοὺς ἐραστὰς αἰσΧύνεται, ὅταν ὀφθῇ
ἐν αἰσχρῷ τινι ὤν.» (178e)
6
Biondi Maria
Quindi se gli amanti lavorassero insieme, si compirebbero solo cose migliori
e con il massimo valore (179a).
«In verità solo gli amanti sono disposti a morire per gli amati, e non solo gli
uomini ma anche le donne.»5
Coloro che si amano sanno morire l’uno per l’altro, e non si fanno distinzioni
tra uomo o donna; l’amato combatte per l’amante, come Alcesti che accettò
di morire per il suo sposo, superando la morte con l’amore.
5
«καὶ μὴν ὑπεραποθνῄσκειν γε μόνὀι ἐθέλουσιν οἱ ἐρῶντες, οὐ μόνον ὅτι ἄνδρες, ἀλλὰ καὶ αἱ
γυναῖκες». (179b)
7
Biondi Maria
L’affermazione dell’amore omosessuale e l’emarginazione della donna
sorprendentemente non rappresentano, dunque, nel Simposio, nessun
elemento di novità.
«Così se gli dèi onorano soprattutto questo particolare tipo di coraggio che
si mette al servizio dell’amore, essi ammirano, stimano, ricompensano ancor
di più la tenerezza dell’amato per l’amante che quella dell’amante per i suoi
amati.
6
«ἀλλὰ τὴν ἐκείνης ἀνεῖσαν ἀγασθέντες τῷ ἔργῳ.» (179c)
7
Virgilio, Georg., IV, 488.
8
Hom, Il., XVI, vv.7-40
8
Biondi Maria
di avere un unico scopo di vita: vendicare l’amico e giacere con lui nella
stessa fossa, per sempre.
Tra il V e il IV secolo a.C. il legame tra Achille e Patroclo è stato visto più
come un rapporto pederastico tra ἐρώμενος9 e ἐραστής, anche se questi ruoli
risultano anacronistici ed invertiti, così come è invertito il rapporto d'età:
Achille, il più giovane, risulta dominante, avendo maggior fama di guerriero
(questo fa sostenere Platone a Fedro nel Simposio); mentre Patroclo, il più
adulto, svolge banali ruoli di servizio comune.
«Eros è il più antico e il più onorato degli dèi e per gli uomini il più efficace,
e in vita e in morte, al conseguimento della virtù (ἀρετῆς) e della felicità
(εὐδαιμονίας).» (180b)
Fedro, dunque, afferma che al fine di conseguire la vera virtù e felicità, valori
necessari per gli uomini belli dominati da Eros, è l’amato che deve essere
devoto ai sacrifici per l’amante anche difronte alla morte, poiché all’amante,
pervaso dal dio Eros, viene naturale sacrificarsi, mentre l’amato è colui che
con i veri sacrifici attribuisce onori all’amante e di conseguenza anche al dio.
9
Hom, Il., XVI
9
Biondi Maria
Dopo il discorso di Fedro, Aristodemo introduce il pensiero di Pausania.
Egli vive intorno al V secolo a.C., ed è stato anche discepolo del sofista
Prodico.10
Con questa espressione Pausania allude alla tradizione mitica della nascita di
Afrodite, che è duplice: una più antica, che, come racconta Esiodo nella sua
Teogonia, nacque da Urano; quindi, figlia del cielo e priva di madre,
denominata Celeste (Οὐρανίαν); ed una, invece designata da Omero12 “più
giovane”, descritta come figlia di Zeus e Dione, e chiamata da Pausania
Volgare (Πάνδημον) (180e):
Proprio in virtù della doppia natura di Afrodite, Pausania distingue anche una
doppia natura di Eros.
10
K.J. Dover, Commentary, in Plato, Symposium, Cambridge-New York, 1980, p.90
11
«πάντες γὰρ ἴσμεν ὅτι οὐκ ἔστιν ἄνεν Ἔρωτος Ἀφροδίτη.» (180d)
12
«ἣ δ' ἐν γούνασι πῖπτε Διώνης δῖ' Ἀφροδίτη μητρὸς ἑῆς.» Hom, Il, V, 370
10
Biondi Maria
cattiva” «οὔτε καλὴ οὔτε αἰσχρά», ma tale giudizio di merito dipende molto
dalle intenzioni con cui essa è compiuta:
«Del resto, qualsiasi azione è tale che in sé e per sé non risulta né bella né
brutta. Per esempio, in ciò che stiamo facendo ora, bere o cantare o
conversare, non c’è nulla che sia bello in sé, ma riesce tale nel farlo, voglio
dire per il modo come sia fatto; e cioè, fatto bene e secondo le regole, diventa
bello, in caso contrario brutto. Parimenti né l’amore né Amore sono in ogni
caso belli o degli di lode, ma solo Amore che induce ad amare conforme al
bene.» (180e-181a).
«Essi infatti non si innamorano dei ragazzi prima che questi siano entrati
nell’età della ragione, il che per lo più coincide col momento in cui spunta
la barba. In realtà coloro che si innamorano solo a partire da quel momento,
sono predisposti a stare insieme col ragazzo e a convivere con lui per tutta
la vita e non già a ingannarlo.» (181d)
11
Biondi Maria
In tal caso la distinzione delle due tipologie di amore non fa solo riferimento
all’amore prettamente omosessuale dell’Afrodite “Celeste”, ma rimarca la
qualità diversa dell’amore stesso: chi ama di un amore “Volgare” mira alla
sola ed unica soddisfazione immediata degli impulsi e delle voglie; chi,
invece, ama di un amore “Celeste” si predispone ad una comunanza di vita.
Sostiene, pertanto, che ci si innamori dei giovani solo quando spunta loro la
barba, vale a dire al raggiungimento della maggiore età, quando hanno un
intelletto e di loro non si può abusare.
«Non giova che si formino tra i sudditi nobili aspirazioni e tantomeno salde
amicizie o società, quali soprattutto l’amore è solito suscitare» (182c).
12
Biondi Maria
Ciò metterebbe a repentaglio il loro potere, come accadde ad Aristogitone ed
Armodio. Da Tucidide, infatti, sappiamo che Aristogitone amava Armodio,
il quale era insidiato da Ipparco, fratello del tiranno Ippia.13 Aristogitone ed
Armodio attentarono invano contro Ippia e Ipparco; caddero, dunque, loro
stessi in lotta e contribuirono indirettamente alla caduta della tirannide dei
Pisistratidi.14
«Tale è l’amore della dea celeste, ed esso stesso è celeste, e degno di sommo
onore così da parte della collettività come dei singoli, in quanto costringe
sia l’amante che l’amato a tendere alla virtù con tutte le loro energie, ognuno
per la sua parte. Tutti gli altri generi d’amore appartengono all’altra, alla
dea volgare» (185b-c).
13
Cfr. Tucidide, VI, 54
14
Cfr. Tucidide, I, 20 e VI, 54-59
È interessante che dietro la caduta del regime tirannico ci sia una storia di stupro, come per la
leggenda di Lucrezia e dei Tarquini per la caduta del regime monarchico a Roma. Tito Livio, Ab
urbe condita libri, I, 57-58 (182b-c)
13
Biondi Maria
1.3 L’Eros in Erissimaco
«Questa è una verità che credo di aver appreso grazie alla nostra arte, la
medicina.»15
Erissimaco, attraverso la sua arte medica, sostiene che esiste un amore sano,
rivolto al bene, ed uno malato, volto al male; con questa affermazione
15
«καθεωρακέναι μοι δοκῶ ἐκ τῆς ἰατρικῆς, τῆς ἡμετέρας τέχνης.» (186a)
14
Biondi Maria
riprende anche un po' il pensiero di Empedocle, ovvero che il mondo ha
bisogno di equilibrio tra le due forze cosmiche (bene e male).
«Colui che riesce a distinguere fra l’amore bello e l’amore brutto, questi è
medico veramente competente.»
Quindi un medico competente deve saper distinguere tra i due tipi di Eros e
ogni qual volta un essere si ammala, allora, il bravo medico sa che il suo
compito consiste appunto nel contrastare questa tendenza insana favorendo
l'amore positivo. (186d)
«Per aver saputo ingenerare amore e concordia fra questi […] instituì la
nostra arte.»16
16
«τούτοις ἐπιστηθεὶς ἔρωτα ἐμποιῆσαι καὶ ὁμόνοιαν […] συνέστησεν τὴν ἡμετέραν τέχνην.»
(186e1-3).
17
«διαφερόμενον αὐτὸ αὑτῷ συμφέρεσθαι, ὥσπερ ἁρμονίαν τόξου τε καὶ λύρας.» (187a)
15
Biondi Maria
συμφωνία e ὁμολογία fra termini distinti, in grado però di avere una reciproca
consonanza.
Egli afferma che il medico valente deve non solo saper distinguere l’eros
positivo da quello negativo presente nel corpo umano, ma essere anche in
18
Cfr. Hes. Theog. 177-206
16
Biondi Maria
grado di mutare quello nocivo in salutare ed ancor di più di suscitare l’amore
buono, quando non c’è, e di eliminare l’amore cattivo, dove c’è.
La sua visione è ben più ampia, grazie alla medicina, per quanto concerne il
concetto dell’eros e non si ferma soltanto all’aspetto prettamente umano ma
si allarga a tutto ciò che vive sulla terra.
17
Biondi Maria
CAPITOLO II
Aristofane, ripresosi dal singhiozzo, può così dare il via al suo encomio, ma
prima di iniziare è colto da uno starnuto: lo starnuto come il singhiozzo fanno
meravigliare Aristofane, che si stupisce di come il corpo, per trovare un
equilibrio, ricorre a simili rumori (189a).
18
Biondi Maria
«La più alta felicità per il genere umano.»19
Egli sceglie, pertanto, il mito come mezzo della propria opinione su Eros;
racconta che originariamente la nostra natura era ben diversa da quella
attuale, in quanto possedeva tre generi invece di due: maschile, femminile e
androgino; espone così un’attenta analisi di tutte le possibili relazioni
amorose che possono essere allacciate dagli esseri umani (189e).
La narrazione del mito inizia con la spiegazione del sesso androgino, vale a
dire ἀνδρόγυνον che etimologicamente riprende sia i caratteri maschili (ἀνήρ)
sia quelli femminili (γυνή), ed era proprio degli esseri perfetti, in quanto
possedevano forma sferica ed erano, appunto, sia maschili che femminili:
«Il maschio ebbe origine dal sole, la femmina dalla terra, e il terzo sesso,
che aveva elementi in comune con gli altri due, dalla luna, che partecipa
appunto della natura del sole e della terra.»20
Aristofane inizia così narrando la natura dei tre sessi: il maschio fu originato
dal sole; la femmina dalla terra; mentre l’androgino fu il frutto della luna, in
quanto la luna è da sempre stata vista, a partire dai filosofi antichi, come
l’elemento comune del sole e della terra, del maschio e della femmina.
Dunque, in quel tempo, tutti gli esseri umani avevano due facce, entrambe
orientate in direzioni opposte ed una sola testa, quattro braccia, quattro mani,
quattro gambe e due organi sessuali ed erano di forma tonda, riconducibili
per somiglianza ai genitori.
Per via della loro potenza e intemperanza, gli esseri umani erano superbi e
tentarono la scalata all'Olimpo per spodestare gli dèi.
19
«μεγίστη εὐδαιμονία ἂν τῷ ἀνθρωπείῳ.» (189d)
20
«ὅτι τὸ μὲν ἄρρεν ἦν τοῦ ἡλίου τὴν ἀρχὴν ἔκγονον, τὸ δὲ θῆλυ τῆς γῆς, τὸ δὲ ἀμφοτέρων μετέχον
τῆς σελήνης, ὅτι καὶ ἡ σελήνη ἀμφοτέρων μετέχει» (190b).
19
Biondi Maria
Un racconto simile si può chiaramente leggere in Omero per quanto riguarda
i giganti Efialte e Oto21, i quali tentarono di assalire la rocca degli dèi
sovrapponendo il Monte Ossa al Monte Olimpo e sopra a questo il Monte
Pelio, ma Zeus li annientò.
21
«e generò due figli che vissero poco:
Oto simile a un Dio e il glorioso Efialte,
gli uomini più alti che la terra feconda abbia mai nutrito,
e di gran lunga i più belli dopo il nobile Orione; 310
a nove anni avevano raggiunto i nove cubiti
in larghezza e un’altezza di nove braccia.
Questi minacciarono anche gli immortali, dissero
che avrebbero portato sull’Olimpo la guerra violenta:
pensarono di sovrapporre il monte Ossa sopra l’Olimpo 315
e sull’Ossa il Pelio boscoso, per poter salire fino al cielo.
E lo avrebbero fatto, se avessero raggiunto la giovinezza,
ma il figlio di Zeus e di Leto dalla bella chioma li uccise
ambedue, prima che sotto le tempie spuntasse la peluria
e le guance fossero ornate di barba rigogliosa.» (Hom, Odissea, XI, 307-20)
22
«νῦν μὲν γὰρ αὐτούς, ἔφη, διατεμῶ δίχα ἕκαστον, καὶ ἅμα μὲν ἀσθενέστεροι ἔσονται, ἅμα δὲ
χρησιμώτεροι ἡμῖν διὰ τὸ πλείους τὸν ἀριθμὸν γεγονέναι: καὶ βαδιοῦνται ὀρθοὶ ἐπὶ δυοῖν σκελοῖν.
ἐὰν δ᾽ ἔτι δοκῶσιν ἀσελγαίνειν καὶ μὴ 'θέλωσιν ἡσυχίαν ἄγειν, πάλιν αὖ, ἔφη, τεμῶ δίχα, ὥστ᾽ ἐφ᾽
ἑνὸς πορεύσονται σκέλους ἀσκωλιάζοντες» (190d).
20
Biondi Maria
l'una all'altra, finendo così a morire di fame e di torpore per non volersi più
separare.
Zeus allora, per evitare che gli uomini si estinguessero, decise di spostare i
loro genitali davanti e mandò nel mondo Eros affinché, attraverso il
ricongiungimento fisico, essi avessero avuto la possibilità di ricostruire
“fittiziamente” l'unità perduta, così da provare piacere e riprodursi, in modo
da potersi poi dedicare alle altre incombenze, proprie della natura umana:
«Così dunque trasferì sul davanti le parti genitali […] e fece sì che grazie ad
esse generassero gli uni con gli altri, mediante il sesso maschile dentro
quello femminile. […] Se invece si imbatteva in un altro uomo, si ingenerasse
sazietà nello stare insieme e si staccassero per volgersi all’azione e per
occuparsi delle altre necessità dell’esistenza» (191c).
Per concludere possiamo dire che il tratto singolare e, forse per questo, più
interessante del discorso di Aristofane risiede nel fatto che la relazione
erotica fra due esseri umani non è messa in atto per giungere ad uno scopo
unico quale la procreazione, ma ha valore fine a se stesso, prescindendo così
23
«τοῦ ὅλου οὖν τῇ ἐπιθυμίᾳ καὶ διώξει ἔρως ὄνομα.» (192e-193a)
21
Biondi Maria
dalle conseguenze, come un tentativo di riempire una mancanza, un ritorno
all’antica natura.
Infatti Socrate coglie l’occasione della vittoria del poeta alle Lenee per
discutere con quest’ultimo: secondo Socrate, Agatone, essendo un poeta
molto in vista a quei tempi, sia per la saggezza che per la raffinatezza, non
può temerlo, in quanto abituato al pubblico nei teatri; ma Agatone ammette
che si vergognerebbe di fare qualcosa di vergognoso davanti a pochi sapienti,
poiché pochi uomini assennati sono ben più temibili di numerosi sciocchi
(194b-c):
24
Agatone fu per molto tempo l’ἐρώμενος di Pausania; egli venne citato da Platone sia nel
Simposio che nel Protagora.
22
Biondi Maria
«Senz’altro! - rispose.»25
Ed è dopo questo breve dibattito che riprende Agatone con il suo discorso, il
quale gode di grande cura formale per una sequenza elegante di frasi, che
celano per lo più un pensiero vacuo. Così attraverso le sue parole curate,
Agatone riesce ad attirare l’attenzione degli ascoltatori verso il suo discorso,
e contrappone il suo stesso discorso a quello degli altri ponendo per il suo
encomio due punti fermi: tutti hanno lodato i benefici prodotti da Eros, ma
nessuno ha elogiato Eros, che è la causa dei benefici stessi (195a).
«Dunque io affermo che se tutti gli dèi sono beati, Amore è fra di essi, se
dirlo è lecito e inoffensivo, il più beato, giacché è il più bello e il più insigne.»
(195a)
Il poeta pone per il suo encomio una serie di prove atte a dimostrare la
supremazia della bellezza di Eros rispetto alle altre divinità, trovandosi in
disaccordo con il precedente discorso di Fedro e asserisce che:
«E’ il più giovane degli dèi, e prova insigne ne offre egli stesso, in quanto
fugge di corsa la vecchiaia, per quanto questa sia notoriamente veloce.»
(195c-d)
25
«εἰ δὲ ἄλλοις ἐντύχοις σοφοῖς , τάχ ἂν αἰσχύνοιο αὐτούς , εἴ τι ἴσως οἴοιο αἰσχρὸν ὂν ποιεῖν : ἢ
πῶς λέγεις ;
ἀληθῆ λέγεις, φάναι» (194c).
23
Biondi Maria
Agatone dissente da tutti gli altri perché afferma che amore è giovane e fugge
dalla vecchiaia; emerge dunque il principio del «ὡς ὅμοιον ὁμοίῳ ἀεὶ
πελάζει», ovvero «il simile va sempre a fianco al simile», perché amore è
giovane e si accosta ai giovani. Per Agatone non vi è bellezza se non nella
giovinezza.
Riguardo a «τὰ δὲ παλαιὰ πράγματα περὶ θεούς», cioè «riguardo agli antichi
eventi divini» narrati da Esiodo e Parmenide sono da imputare alla
“Necessità”, ovvero al destino e non ad Eros: nella fase più antica della storia
del mondo, infatti, delle lotte tra gli dei narrate da Esiodo nella Teogonia e
da Parmenide fu responsabile Ἀνάγκῃ, quando Eros, il più giovane tra gli dei,
ancora non era in vita (195c).
Agatone sostiene dunque che Eros, oltre ad essere giovane è anche tenero, e
gli manca solo un poeta come Omero, che rappresenti la sua tenerezza
(195d):
Eros, infatti, pone la sua dimora nelle anime delle persone tenere.
Il paragone con Ate si pone in linea opposta rispetto ad Eros, difatti Ate è una
figura mitologica che incita a peccare di ὕβϱις.
Ate non cammina coi piedi sul suolo ma, leggera, sul capo dei mortali e degli
dèi stessi, inducendoli in errore.
Eros, grazie al suo aspetto flessibile, entra ed esce dai cuori degli uomini
senza che questi possano esercitare un controllo; infatti non ci si accorge di
26
«Delicati i suoi piedi». Hom. Il., XIX, v.92, traduzione di Franco Ferrari.
27
«νεώτατος μὲν δή ἐστι καὶ ἁπαλώτατος , πρὸς δὲ τούτοις ὑγρὸς τὸ εἶδος.» (196a)
24
Biondi Maria
essere innamorati, e quando ci si accorge della propria condizione è già
troppo tardi per impedire l’amore. Lo stesso vale quando l’amore finisce.
Giustizia:
Eros non fa e non subisce ingiustizia, né nei rapporti fra gli dèi né in quelli
fra gli esseri umani, e non è costretto né usa la violenza.
Temperanza:
Coraggio:
Ares, lo stesso dio della guerra, è stato preso dall’amore per Afrodite: quindi
l’amore essendo più forte di lui è anche più coraggioso.31
Sapienza:
«E certo diventa poeta, pur se prima era senz’arte, chiunque sia toccato da
Amore.» 32
28
«Ἔρως οὔτ᾽ ἀδικεῖ οὔτ᾽ ἀδικεῖται.» (196b)
29
«πρὸς δὲ τῇ δικαιοσύνῃ σωφροσύνης πλείστης μετέχει.» (196c)
30
«καὶ μὴν εἴς γε ἀνδρείαν Ἔρωτι “οὐδ᾽ Ἄρης ἀνθίσταται.”» (196d).
Soph. Thyest. Fr. 235; adattamento di Sofocle “neppure necessità può resistere ad Ares”.
31
Hom., Od.,VIII, VV.266-366
32
«πᾶς γοῦν ποιητὴς γίγνεται, “κἂν ἄμουσος ᾖ τὸ πρίν,” οὗ ἂν Ἔρως ἅψηται.» (196e)
25
Biondi Maria
Eros rende poeta anche chi non lo è mai stato, e quindi è esperto di μουσική
e, dato che genera tutti gli esseri viventi, si può concludere, con un'ulteriore
equivocazione, che è maestro di tutte le τέχναι (197a).
Per concludere con il discorso di Agatone si può dire che mentre i personaggi
precedenti avevano messo in luce i benefici prodotti dall’Eros, il discorso di
Agatone punta esclusivamente sul giudizio di valore. Eἶδος significa
"forma", o, platonicamente, idea.
Sta di fatto che per Agatone Eros sia un fluido nella sua idea e ciò gli permette
di non definire mai l'Eros, ma di elencarne soltanto le qualità, una delle quali
addirittura in comune con la discordia, infatti la paragona ad Ate.
26
Biondi Maria
CAPITOLO III
era paragonabile a quello di Gorgia, tanto è vero che arrivò a temere che alla
fine dell’encomio la testa del sofista gli sarebbe stata gettata dinanzi per
pietrificarlo, come quella della Gorgone Medusa33, in un episodio
dell'Odissea.34
Difatti Socrate, nonostante una confessione che suona come una critica
ironica alla retorica, riconosce la propria inadeguatezza e prima paragona
Agatone a Gorgia, “terribile oratore” che fa un utilizzo spregiudicato della
retorica, e successivamente propone un parallelo tra l'abilità pietrificante di
33
Creatura mitica che avrebbe trasformato in pietra chiunque avesse guardato il suo volto.
34
« A chiunque oltraggiarlo, e degli onori
Fraudarlo ardisce, questa invitta mano
Metterebbe nel core alto spavento.» Cfr. Hom, Od., XII, 632-34.
27
Biondi Maria
quest'ultimo e il volto anch'esso pietrificante della Gorgone Medusa,
giocando sull'assonanza dei due nomi.
Socrate dice di aver creduto che per fare un encomio fosse sufficiente dire
cose vere dell'oggetto da elogiare, scegliendone semplicemente gli aspetti
migliori (198c), senza attribuirgli le qualità più grandi e più belle,
indipendentemente dal fatto che le possegga o meno (198d):
«Invece, a quanto pare, il saper lodare come si deve non consiste in questo,
ma nell’ascrivere a una certa cosa le qualità più grandi e più belle
immaginabili, che poi esse ci siano realmente o no; e se si tratta di false
qualità, niente di grave.»35
Socrate è disposto a dire “la sua verità” su Amore, ma alla propria maniera,
senza retorica, per evitare, a suo dire, di rendersi ridicolo (199b), e per di più
ottiene anche il consenso di porre qualche domanda ad Agatone; in questo
modo oltrepassa convenzionalmente le regole del Simposio e rivolge la
discussione dalla retorica alla dialettica36.
35
«τὸ δὲ ἄρα, ὡς ἔοικεν, οὐ τοῦτο ἦν τὸ καλῶς ἐπαινεῖν ὁτιοῦν, ἀλλὰ τὸ ὡς μέγιστα ἀνατιθέναι τῷ
πράγματι καὶ ὡς κάλλιστα, ἐάν τε ᾖ οὕτως ἔχοντα ἐάν τε μή: εἰ δὲ ψευδῆ, οὐδὲν ἄρ᾽ ἦν πρᾶγμα.»
(198d-e)
36
Ovvero, discutere in maniera "più conversazionale" cioè interagire non competitivamente, bensì
collaborativamente. (199b-c)
28
Biondi Maria
Segue così una confutazione ironica, e attraverso le domande poste, Socrate
costringe Agatone ad ammettere di “non aver capito niente di ciò che ha
detto prima”.
Socrate loda dapprima Agatone in quanto, all'inizio del suo discorso, ha ben
chiarito che è necessario, innanzitutto, definire per bene che cosa sia Eros e
quale sia la sua funzione, e poi su quali siano le sue opere (199c). Però
Socrate ha bisogno di un chiarimento per quanto concerne la natura di
Amore: "Eros" è un termine che, così come alle parole "padre", "madre",
"fratello" e "sorella", designa una relazione; come chi è padre deve essere,
per definizione, padre di qualcuno, così l'eros è amore di qualcosa (199d).
Dopo aver concordato che l'amore deve avere un oggetto, Socrate chiede se
l'eros desidera ciò che ama. Agatone dice di sì.
«E ciò che desidera e ama, lo desidera e ama nel mentre lo possiede o quando
non lo possiede?»
Si desidera, quindi, non quanto abbiamo già, ma ciò di cui siamo privi nel
presente (200b), o ciò che temiamo possa venire a mancarci nel futuro (200d).
Dunque, “Eros è amore di qualche cosa ed è amore di quello di cui si ha
bisogno. Più precisamente, il concetto espresso da Socrate è che il desiderare
le cose che uno possiede al presente significa desiderare che gli siano
conservate anche per l’avvenire.”37
37
A. Motta, Leggere il Simposio di Platone, Ibis, Como-Pavia, 2020, p.89
29
Biondi Maria
tempo ne è desideroso in quanto ne è privo, conseguenzialmente non può
essere bello.
L’intenso intreccio del bello e del buono è il fondo della filosofia morale
socratica e di quella teoria delle idee esposta anche nella Repubblica, ove si
evince che l’idea che padroneggia su tutte è quella del bene ed è commisurata
al sole, fonte non solo di luce ma anche di vita.38
«-Io- disse Agatone- non saprei come contraddirti, o Socrate, e quindi sia
pure come dici tu.
È alla verità, o mio amato Agatone, che non sei in grado di controbattere,
non a Socrate, col quale non avresti problemi.» 39
38
Cfr. Plat, Resp. 6, 508d10-509a5.
39
«ἐγώ, φάναι, ὦ Σώκρατες, σοὶ οὐκ ἂν δυναίμην ἀντιλέγειν, ἀλλ οὕτως ἐχέτω ὡς σὺ λέγεις.
Oὐ μὲν οὖν τῇ ἀληθείᾳ, φάναι, ὦ φιλούμενε Ἀγάθων, δύνασαι ἀντιλέγειν, ἐπεὶ Σωκράτει γε οὐδὲν
χαλεπόν.» (201c)
30
Biondi Maria
sala dove si stavano tenendo i discorsi d’amore, egli si fa portavoce di un
discorso di una donna. (201d)
«E lei appunto mi confutò con gli stessi argomenti con cui io ho confutato
Agatone, ossia dimostrando che, in base al mio ragionamento, Amore non è
né bello né buono.»40 (201e)
Diotima rende noto a Socrate che essere non bello non significa
ineluttabilmente essere brutto; in termini logici, fra "bello" e "brutto" c'è una
connessione di contrarietà e non di contraddittorietà.
40
«ἤλεγχε δή με τούτοις τοῖς λόγοις οἷσπερ ἐγὼ τοῦτον, ὡς οὔτε καλὸς εἴη κατὰ τὸν ἐμὸν λόγον οὔτε
ἀγαθός.» (201e)
41
«ἔστιν τι μεταξὺ σοφίας καὶ ἀμαθίας.» (202a3)
31
Biondi Maria
«Il saper formulare congetture pertinenti senza essere in grado di darne
ragione, non sai che non è né sapere […] né ignoranza […]: qualcosa di
intermedio fra comprensione e ignoranza.» (202a)
A questo punto Diotima spiega a Socrate che se si riconosce che gli dèi siano
felici e belli e che la felicità consiste nel possedere ciò che è bello e buono
(202c), allora Eros non può essere un dio, perché, desiderandole, è privo di
bellezza e bontà e diversamente dagli altri dèi, non è né bello né felice (202d).
Contemporaneamente, però, non può essere considerato neanche un mortale,
ma qualcosa che sta tra il mortale e l’immortale, ovvero un grande δαίμων:
viene quindi posta l’attenzione sul riconoscimento di Eros come un démone.
Che cosa?
Un gran demone. » 43
Gli dèi non si mescolano e non hanno contatti con gli uomini, ma ciò avviene
tramite i demoni:
42
«καὶ μήν, ἦν δ᾽ ἐγώ, ὁμολογεῖταί γε παρὰ πάντων μέγας θεὸς εἶναι.» (202b)
43
«ὥσπερ τὰ πρότερα, ἔφη, μεταξὺ θνητοῦ καὶ ἀθανάτου.
τί οὖν, ὦ Διοτίμα;
δαίμων μέγας.» (202d)
32
Biondi Maria
«Chi è sapiente in simili arti è uomo demonico, mentre chi è sapiente in
qualsiasi altra cosa, arte o mestiere che sia, è uomo che pratica il lavoro
manuale.»44
Chi possiede tale perizia è un uomo demonico; chi è esperto solo di τέχνη e
di artigianato è un mero meccanico, βάναυσος, infatti è attraverso il demonico
che intercede l’arte dei sacerdoti. (203a)
Fu così che nacque Eros: egli però non è né ricco né bello, ma, grazie alla
madre, è duro, scalzo e senza fissa dimora, e convive con la miseria; ma,
grazie al padre, persegue il bello e il buono, è audace, ingegnoso e filosofo.
Eros per tanto passa la sua vita ad amare il sapere, e si trova in mezzo tra i
sapienti e gli ignoranti, e proprio per questo è un filosofo; mentre gli dèi
essendo già sapienti non hanno bisogno di cercare il sapere, dunque non sono
filosofi, analogamente l’ignoranza è soddisfatta di sé e non necessita di
rincorrere il sapere. Eros vive e muore ad intermittenza perché necessita
continuamente di ricerca nuova.
44
«καὶ ὁ μὲν περὶ τὰ τοιαῦτα σοφὸς δαιμόνιος ἀνήρ, ὁ δὲ ἄλλο τι σοφὸς ὢν ἢ περὶ τέχνας ἢ
χειρουργίας τινὰς βάναυσος.» (203a)
45
«καὶ οὔτε ὡς ἀθάνατος πέφυκεν οὔτε ὡς θνητός, ἀλλὰ τοτὲ μὲν τῆς αὐτῆς ἡμέρας θάλλει τε καὶ ζῇ,
ὅταν εὐπορήσῃ, τοτὲ δὲ ἀποθνῄσκει, πάλιν δὲ ἀναβιώσκεται διὰ τὴν τοῦ πατρὸς φύσιν.» (203d-e)
33
Biondi Maria
« Ma Diotima chi sono allora i filosofi, ossia gli amanti della sapienza, se
non sono né i sapienti né gli ignoranti?»46 (204a)
I filosofi, così come Eros sono di natura intermediari, ossia hanno una
funzione di mediatori tra ciò che è ragione e passione, tra l’essere e il
divenire. La sapienza è certamente fra le cose più belle: Eros, quindi, amando
il bello, è convenzionalmente amico della sapienza. Ciò è dipeso anche dalla
sua natura: per parte di padre è sapiente, mentre per parte di madre emerge
l’aporia. (204b)
«E infatti l’oggetto d’amore coincide con ciò che è veramente bello e delicato
e perfetto e fortunato; invece ciò che ama ha precisamente l’aspetto che ho
descritto io.»47 (204c4-6)
«E infatti, i felici sono felici perché possiedono delle cose buone; e non serve
più domandare: “A che scopo vuole essere felice chi desidera esserlo?”.
46
«τίνες οὖν, ἔφην ἐγώ, ὦ Διοτίμα, οἱ φιλοσοφοῦντες, εἰ μήτε οἱ σοφοὶ μήτε οἱ ἀμαθεῖς;» (204a)
47
« καὶ γὰρ ἔστι τὸ ἐραστὸν τὸ τῷ ὄντι καλὸν καὶ ἁβρὸν καὶ τέλεον καὶ μακαριστόν: τὸ δέ γε ἐρῶν
ἄλλην ἰδέαν τοιαύτην ἔχον, οἵαν ἐγὼ διῆλθον.» (204c4-6)
48
«τοιοῦτος ὢν ὁ Ἔρως τίνα χρείαν ἔχει τοῖς ἀνθρώποις;» (204c)
34
Biondi Maria
La risposta è ormai sufficiente.» 49 (205a)
«Eppure sai che non si chiamano poeti, ma hanno altri nomi, e che una sola
parte, separata da tutta la poesia, quella che riguarda la musica e le
composizioni metriche, viene designata con il nome dell’intero.» (205c4-7)
« κτήσει γάρ, ἔφη, ἀγαθῶν οἱ εὐδαίμονες εὐδαίμονες, καὶ οὐκέτι προσδεῖ ἐρέσθαι ἵνα τί δὲ
49
βούλεται εὐδαίμων εἶναι ὁ βουλόμενος; ἀλλὰ τέλος δοκεῖ ἔχειν ἡ ἀπόκρισις.» (205a)
35
Biondi Maria
come il desiderio dell’immortalità e dell’eterna bellezza e cioè del bene
eterno.50
«E’ il partorire nel bello, sia secondo il corpo, sia secondo l’anima»
(206b7)51
Ed il motivo per cui gli esseri umani sono così disposti verso l'eros, è perché
i mortali, come spiega Diotima, possono essere partecipi dell'immortalità
solo essendo continuamente in divenire e lasciando dietro di sé qualcosa di
nuovo a sostituirli, tale modo assicura la prosecuzione di se stessi contro la
morte (207d).
Ciò vale non solo per il corpo (207e), ma anche per la conoscenza (208a),
costantemente presa di mira dalla dimenticanza (λήθη): mentre gli dèi
rimangono sempre gli stessi, i mortali hanno la necessità di rinnovarsi
perennemente per non morire, per non dimenticare:
50
A. Motta, Leggere il Simposio di Platone, Ibis, Como-Pavia, 2020, pp.103-104
51
« ἔστι γὰρ τοῦτο τόκος ἐν καλῷ καὶ κατὰ τὸ σῶμα καὶ κατὰ τὴν ψυχήν.» (206b7)
52
V. Di Benedetto, in Platone Simposio, Bur, 2016, pp.43-46
36
Biondi Maria
«La dimenticanza è il ritirarsi di una conoscenza, mentre lo studio, istillando
al contrario un nuovo ricordo al posto di quello che si è ritirato, salva la
conoscenza, tanto che sembra che sia sempre la stessa. E questo è il modo
in cui si salva tutto ciò che è mortale.» (208a5-9)53
53
« λήθη γὰρ ἐπιστήμης ἔξοδος, μελέτη δὲ πάλιν καινὴν ἐμποιοῦσα ἀντὶ τῆς ἀπιούσης μνήμην σῴζει
τὴν ἐπιστήμην, ὥστε τὴν αὐτὴν δοκεῖν εἶναι.» (208a5-9)
37
Biondi Maria
l’immortalità della specie; l’anima invece, ha il compito di produrre prudenza
e ogni altra virtù attraverso i ragionamenti.
Quello che Diotima ha enunciato fino a questo momento sono quelli che
vengono definiti i “piccoli misteri”, vale a dire quell’educazione che aiuta i
giovani iniziati ad indottrinarsi e a nutrirsi su ciò che conferisce
l’immortalità.
C’è però una seconda fase di educazione erotica, più completa e complessa,
che conduce all’emancipazione dal particolare verso l'universale, quella dei
“grandi misteri”.
«Per altro in queste cose d’amore forse, o Socrate, avresti potuto iniziarti
anche da solo; ma dubito che saresti capace di percorrere i gradi della
54
«φρόνησίν τε καὶ τὴν ἄλλην ἀρετήν—ὧν δή εἰσι καὶ οἱ ποιηταὶ πάντες γεννήτορες καὶ τῶν
δημιουργῶν ὅσοι λέγονται εὑρετικοὶ εἶναι: πολὺ δὲ μεγίστη, ἔφη, καὶ καλλίστη τῆς φρονήσεως ἡ περὶ
τὰ τῶν πόλεών τε καὶ οἰκήσεων διακόσμησις, ᾗ δὴ ὄνομά ἐστι σωφροσύνη τε καὶ δικαιοσύνη.»
(209a)
38
Biondi Maria
visione suprema, in cui hanno radice anche le cose d’amore, se si segue una
via d’indagine.» (209e5-210a2)
Il primo scalino dell'ascesa riporta al concetto d'amore per un bel corpo. Ciò
implica una moltiplicazione e un'unificazione del molteplice: l’amante si
rende conto che, allora, più che amare il bel corpo, è più giusto amare «la
bellezza nella sua forma» , ἐπ’εἶδει56. Quindi è necessario giungere al bello
universale, che permette di ispirare verso nobili discorsi: si può, talvolta,
passare dall'ammirare la bellezza del corpo a quella dell'anima (210b-c);
successivamente si passa a ricreare quei ragionamenti che migliorano i
giovani iniziati, per educarli a scoprire la bellezza delle istituzioni e dei νομοί
(210c); tutto ciò per poi giungere alle scienze, liberandosi dalla schiavitù di
un singolo per rivolgersi al gran mare del bello e, attraverso la
contemplazione arrivare a generare bei pensieri ricchi di nobile sapienza, vale
a dire filosofici (210c-d).
55
«Vera e propria iniziazione ai ‘misteri d’amore’». A. Motta, Leggere il Simposio di Platone,
Ibis, Como-Pavia, 2020, p.111
56
Platone, Simp., 210b2
39
Biondi Maria
« Chi sia stato educato fin qui in quanto concerne l'eros, contemplando
ordinatamente e correttamente ciò che è bello, giunto ormai al suo
compimento, avrà all'improvviso davanti agli occhi qualcosa di
meraviglioso, bello nella sua natura: proprio per questo, Socrate, sono stati
sofferti tutti i precedenti travagli: qualcosa che in primo luogo è per sempre,
e non nasce né muore, e non cresce né diminuisce; e inoltre, non è bello per
un verso e per un verso brutto, né ora sì e ora no, né bello rispetto a una cosa
e brutto rispetto a un'altra, né qui bello e là brutto, così da essere bello per
alcuni e brutto per altri.» (210e2-211a)
«Cominciando dalle cose belle di qui, salire sempre più, quasi usandole come
gradini, in vista del bello supremo, da una a due e da due a tutti i bei corpi,
e dai bei corpi alle belle istituzioni, e dalle belle istituzioni alle belle nozioni,
finché dalle nozioni si trovi compimento in quella nozione, che non è nozione
d'altro se non del bello stesso, e così, in conclusione, si conosca ciò che è il
bello in sé.»57 (211b8-211c)
57
« τοῦτο γὰρ δή ἐστι τὸ ὀρθῶς ἐπὶ τὰ ἐρωτικὰ ἰέναι ἢ ὑπ᾽ ἄλλου ἄγεσθαι, ἀρχόμενον ἀπὸ τῶνδε
τῶν καλῶν ἐκείνου ἕνεκα τοῦ καλοῦ ἀεὶ ἐπανιέναι, ὥσπερ ἐπαναβασμοῖς χρώμενον, ἀπὸ ἑνὸς ἐπὶ
δύο καὶ ἀπὸ δυοῖν ἐπὶ πάντα τὰ καλὰ σώματα, καὶ ἀπὸ τῶν καλῶν σωμάτων ἐπὶ τὰ καλὰ
ἐπιτηδεύματα, καὶ ἀπὸ τῶν ἐπιτηδευμάτων ἐπὶ τὰ καλὰ μαθήματα, καὶ ἀπὸ τῶν μαθημάτων ἐπ᾽
ἐκεῖνο τὸ μάθημα τελευτῆσαι, ὅ ἐστιν οὐκ ἄλλου ἢ αὐτοῦ ἐκείνου τοῦ καλοῦ μάθημα, καὶ γνῷ αὐτὸ
τελευτῶν ὃ ἔστι» (211c)
40
Biondi Maria
capace di porci di fronte alle verità eterne e di poterle possedere. Possiamo
sentirne esclusivamente la mancanza e rincorrerle.
«Pensi forse che sarebbe di poco valore la vita di un essere umano che
mirasse a ciò, contemplando quel bello coll'occhio col quale va contemplato,
e vivendoci in comunione? Non consideri - disse - che unicamente così,
contemplando il bello attraverso ciò che lo rende visibile, gli avverrà di
generare non immagini di virtù, perché non afferra un'apparenza, ma virtù
vera, in quanto afferra il vero? E che, avendo procreato e allevato virtù vera,
gli sarà possibile diventare caro agli dèi, e anch'egli immortale, se mai altro
uomo? » (212a)
Socrate conclude il suo discorso tra gli applausi dei conviviali, ma non è
questo il termine del discorso, bensì sarà il discorso di Alcibiade a chiudere
il simposio. Il suo discorso non sarà rivolto ad Eros, ma ad una persona:
l’amato Socrate.
41
Biondi Maria
CAPITOLO IV
IL DISCORSO DI ALCIBIADE
58
Alcibiade, figlio di Cleinias (450–404 aC), dal demos di Scambonidae , fu un oratore e generale
ateniese.
42
Biondi Maria
ridete, so bene lo stesso che dico la verità. E comunque rispondetemi subito:
entro o no? Bevete con me o no?» (212e5-213a2)
Alcibiade è così invitato a restare, e scorge che Socrate è seduto vicino ad
Agatone, e gli fa scherzosamente una scena di risentimento, come di gelosia
(213a-c); infatti a tutti è ben chiaro che egli è innamorato di Socrate e fa
notare che quest’ultimo si è seduto di fianco al più bello della compagnia:
Agatone, per l’appunto. Socrate quasi intimorito dal terribile amore di
Alcibiade, che lo ha messo nella condizione dell’amato59, chiede ad Agatone
di difenderlo e di aiutarli a riconciliarsi. (213d)
Tuttavia, Alcibiade dopo aver incoronato Agatone incorona anche Socrate,
perché «αὐτὸν δὲ νικῶντα ἐν λόγοις πάντας ἀνθρώπους»,60 ed egli dunque,
divenuto simposiarca, si autonomina “capo della bevuta” affermando che
desidera continuare a bere (213e), e fa bere del vino anche a Socrate, che
sebbene, per quanto lo si faccia bere, nessuno è mai riuscito a farlo ubriacare
(214a).
Allora, il medico Erissimaco che al principio del simposio suggerì la sobrietà
assoluta, interviene , per ricordare le regole del simposio (214b).
«Ma come facciamo, o Alcibiade? Non diciamo nulla sul bicchiere? Non
cantiamo? Beviamo così, proprio come gli assetati?»61(214a7-b2)
Alcibiade decide di prestare ascolto alla prescrizione del medico; ed egli
sceglie, però, di non lodare Eros, ma lo stesso Socrate, incaricandosi di dire
la verità. (214d)
59
Socrate passa da essere l’amante nell’Alcibiade I, all’amato nel Simposio, un amato
paragonabile ad un dio al quale offrire sacrifici.
60
«Vince tutti nei discorsi». (213e3)
61
«ὦ Ἀλκιβιάδη, ποιοῦμεν; οὕτως οὔτε τι λέγομεν ἐπὶ τῇ κύλικι οὔτε τι ᾁδομεν, ἀλλ᾽ ἀτεχνῶς ὥσπερ
οἱ διψῶντες πιόμεθα;» (214a7-b2)
43
Biondi Maria
amato a una di quelle statuette di Sileno (215a), che nonostante siano di
aspetto tozzo, posseggono al loro interno simulacri di dei.
«Costui è somigliantissimo a quei sileni esposti nelle botteghe degli scultori,
che gli artisti figurano con zampogne e flauti, i quali, se li apri in due,
mostrano dentro simulacri degli dèi. E dico ancora che lui assomiglia al
satiro Marsia, e che almeno nell’aspetto tu sia uguale a costoro, o Socrate,
nemmeno tu potresti negarlo.» (215a7-b6)
Questa parte dell’elogio sembra essere riferita all’aspetto fisico di Socrate,
ma più di tutto al contrasto tra l’essere e l’apparire, tra l’esteriore e l’interiore,
tra bruttezza e bellezza.
Lo paragona al satiro flautista Marsia62; ma sostanzialmente a differenza di
Marsia, Socrate non necessita di strumenti: gli sono sufficienti i «nudi
discorsi» per ottenere l’eccitazione entusiastica. (215c)
Socrate con la sua arte da seduttore delle anime, riesce a superare anche
l’abilità oratoria di Pericle o qualche altro bravo oratore.
Ascoltando Socrate, ci si rende conto di trovarsi in una condizione simile a
quella di uno schiavo:
«Infatti quando l’ascolto molto più che agli invasati dal delirio coribantico
il cuore mi si ferma e lacrime sgorgano sotto i tuoi discorsi, e vedo che anche
moltissimi altri provano le stesse cose.» (215e)
Egli pone come rimedio l’unica soluzione di sottrarsi ai suoi discorsi, così
come Odisseo scappò al canto delle Sirene63:
« Anche adesso sono conscio fin dentro me stesso che se volessi offrirgli
ascolto, non gli resisterei e proverei tutto questo. Infatti, mi costringe a
convenire che, pur essendo molto carente, continuo a trascurare me stesso,
eppure mi occupo degli affari degli Ateniesi. A forza dunque mi allontano in
fuga da lui come dalle sirene, con le orecchie tappate per non invecchiare
seduto al suo fianco.» (216a3-7)
62
Marsia incanta gli uomini con i suoi strumenti musicali.
63
Le sirene hanno il volto di donne e coda di pesce; esse attirano gli uomini con il loro irresistibile
canto per poi mangiarli e ricoprire la loro scogliera con cumuli di ossa. Hom., Od., XII
44
Biondi Maria
Alcibiade si sente combattuto tra il desiderio di possedere Socrate e di
volerlo, invece, tra i morti; egli sa bene che qualora lo perdesse sarebbe
abbandonato ad un dolore insopportabile. Giunge così alla consapevolezza
che la vita del politico è destinata ad una esistenza da schiavo, al servizio di
chi gli concede il potere a cui si mira.
Ed è da questa dichiarazione che Alcibiade si mostra tanto più innamorato
dell’anima di Socrate, piuttosto che del corpo.
Non gli importa dell'aspetto, né della ricchezza, Alcibiade è conscio che
dietro la sua dissimulazione è presente qualcosa di divino. (216e)
Racconta di avere cominciato ad isolarsi con lui, aspettando che egli si
proponesse, invitandolo anche a fare ginnastica e a cenare insieme, senza
ottenere alcun appagamento. Solo alla fine riesce a dichiararsi, dicendogli
che è il suo unico ἐραστής e poiché il suo unico scopo è arricchire se stesso,
è giusto compiacerlo in tutto (218c).
Socrate gli risponde ironicamente:
«Caro Alcibiade, forse non sei uno sciocco, se quanto dici di me è
effettivamente vero e in me c'è una qualche potenza in grado di farti
diventare migliore: in me devi vedere una bellezza irresistibile, di gran lunga
superiore alla tua grazia. E se tu, considerandola, metti mano a far comunità
con me e scambiare bellezza contro bellezza, intendi approfittare non poco
di me, cercando di acquistare bellezza vera in cambio di bellezza opinabile
e di scambiare il bronzo con l'oro. Ma guarda meglio, benedetto amico: ti
potrebbe sfuggire che io non sono nessuno. E' vero che la vista
dell'intelligenza comincia a diventare acuta quando quella del corpo inizia
a declinare: ma tu sei ancora lontano da quel momento.» (218d-219a)
Socrate mette così in allerta Alcibiade, esortandolo a guardare meglio,
affinché non eluda che Socrate non è nulla; in questo modo si evince che per
l’anziano oratore il giovane amante è vittima dell’inganno della vista.
Infatti, l’amante Alcibiade desidererebbe scambiare la sua apparente
bellezza esteriore con quella completa e assoluta di Socrate.
45
Biondi Maria
Alcibiade però, incapace di capire che è stato respinto, avvolge Socrate col
suo mantello e si sdrai vicino a lui per tutta la notte, senza ottenere niente.
Solo allora si rende conto di essere stato mortificato.
«Ma essendomi comportato in questa maniera, lui si mostrò così superiore e
disprezzò la mia bellezza e se ne fece beffe e la umiliò.»64 (219c3-5)
Per Alcibiade dormire con Socrate è stato come dormire con un padre, e ciò
lo ha reso disonorato e perplesso, in quanto è proprio la stranezza di Socrate
a generare in lui sentimenti tanto contrastanti; infatti combatte tra il proprio
orgoglio e l’irresistibile fascino delle virtù di Socrate.
Per tanto, nonostante la delusione del rifiuto, Alcibiade vuole esaltare gli
aspetti più straordinari delle virtù di Socrate attraverso alcuni episodi: il
primo che narra è connesso alla spedizione contro Potidea65, qui Socrate dà
prova di straordinaria resistenza in ogni cosa, sia di fame che di freddo.
(219e-220b)
Alcibiade richiama poi all’attenzione un ulteriore episodio intorno alle
capacità di concentrazione di Socrate: come gli è di consueto, un giorno si
isolò per pensare, fra lo stupore dei presenti:
«Aveva preso a meditare su qualcosa e si era fermato in piedi fin dall’alba
nello stesso posto a riflettere, e siccome la cosa non gli riusciva, non lasciava
perdere e rimaneva fermo in piedi a indagare.» (220c3-5)
Alcibiade riporta così una scena che riprende un po' quella iniziale del
simposio da Agatone; dove Socrate si isola per i suoi consueti esercizi
spirituali, necessari a distaccare l’anima dal corpo66.
Successivamente riporta un episodio avvenuto durante il combattimento del
432 a.C., dove Socrate salvò la vita e l'onore di Alcibiade, e insistette affinché
il riconoscimento per il suo valore andasse a lui. E si comportò valorosamente
anche in occasione della sconfitta di Delio, quando gli Ateniesi dovettero
ritirarsi perché assaliti dai Tebani. (221a)
64
«ποιήσαντος δὲ δὴ ταῦτα ἐμοῦ οὗτος τοσοῦτον περιεγένετό τε καὶ κατεφρόνησεν καὶ κατεγέλασεν
τῆς ἐμῆς ὥρας καὶ ὕβρισεν.» (219c3-5)
65
(430-429 a.C.) è una piccola città della penisola calcidica, che nel 432 si ribellò al dominio
ateniese.
66
N. Loraux, Donc Socrate est immortel, 3,1982, pp.20-46
46
Biondi Maria
A questo punto del discorso, Socrate che dopo aver raggiunto l’apice della
contemplazione con la sacerdotessa Diotima, e dopo l’elogio da parte di
Alcibiade riprende possesso quella dignità da cittadino modello e virtuoso,
dedito alla πόλις, tipico della tradizione ateniese.
Alcibiade chiude così il suo encomio dal punto di inizio: vale a dire con il
paragone ai Sileni annotando che:
« I suoi discorsi sono quasi identici ai sileni che si aprono in due. Chi dunque
si mette a sentire i discorsi di Socrate, sulle prime li troverebbe del tutto
ridicoli, tali sono le parole e le espressioni di cui s’avvolgono di fuori,
qualcosa come la pelle d’un satiro insolente: parla di asini bastati, di certi
fabbri, ciabattini e conciapelli e con le stesse voci pare sempre che ripeta le
stesse cose. Cosicché ogni inesperto o sciocco potrebbe riderci sopra a
questi discorsi. Ma chi li veda aperti e vi penetri dentro, troverà innanzitutto
che essi soli, fra tutti i discorsi, hanno una mente, e poi che sono i più divini
e pieni di ogni immagine di virtù e tendono a ciò che v’è di più grande, anzi
a tutto quanto bisogna mirare per chi vuole diventare un uomo nobile ed
eccellente.» (221d7-222a6)
In questo contesto è ben evidente come il divino presente nell’anima di
Socrate padroneggia anche il suo aspetto corporeo.67
Alcibiade infatti, concretizza in quest’ultima fase del discorso ciò che aveva
precedentemente detto, ovvero che Socrate nei suoi discorsi è paragonabile
alle statuette dei sileni, cioè presenta una duplice apparenza poiché da una
parte, per i suoi discorsi a cui fa riferimento attraverso immagini quasi
sconnesse, può apparire ridicolo; ma al contrario, i suoi discorsi presentano,
se si arriva a fondo, delle immagini divinatorie: il divino in Socrate, dunque
è visto solo da chi sa apprendere con gli occhi dell’anima.
In tal modo Alcibiade dichiara di aver capito l’insegnamento di Socrate,
ovvero quella che è la differenza tra l’esteriorità e l’interiorità dell’anima, ma
non riesce a penetrare a fondo in questi discorsi.
67
La sostanziale relazione che vi è tra il corporeo e il divino è ben tematizzata sia nell’Alcibiade I
che in questo caso, nel Simposio.
47
Biondi Maria
Quest’ultimo discorso di Alcibiade potrebbe essere considerato come il
fulcro di tutto il dialogo Platonico in questione, dato che il Simposio stesso
appare come la descrizione fatta da Alcibiade di Socrate; infatti, riuscire a
penetrare realmente al suo interno è l’unico modo per arrivare al vero sé e di
conseguenza all’immortalità, poiché si arriva a far valere di più la parte
interna, ossia l’anima, su quella esterna, ossia il corpo. Alcibiade nel suo
discorso si presenta come un veritiero, ma non possiede gli strumenti giusti
per arrivare a queste verità, e dunque alla natura di Eros.
Al termine del Simposio, si crea una situazione in cui Socrate si compiace per
essere stato paragonato ad un satiro e sileno, ma al contempo considera
l’elogio di Alcibiade come un modo per creare attrito tra lui e Agatone:
«Mi sembri tutt’altro che ubriaco, o Alcibiade. Altrimenti non avresti
arzigogolato con tanta scaltrezza per mascherare la vera ragione per cui hai
detto tutte queste cose: hai accennato, a quella ragione, solo di passaggio
verso la fine, come se non avessi pronunciato ogni parola per seminare
zizzania fra me e Agatone.» 68(222c3-8)
Analizzando il contesto si nota come Alcibiade si frappone tra Agatone e
Socrate sia in termini fisici poiché si pone in mezzo ai due, sia
figurativamente tentando di ostacolare un eventuale rapporto tra i due.
Platone, però inserisce al termine di tutta l’opera un ulteriore cambio di
scena: infatti, lo scambio di battute fra i tre viene bruscamente interrotto
dall'ingresso di un altro gruppo di gaudenti, che creano scompiglio al
simposio (223b2-6).
Fedro, Erissimaco si congedano; mentre Aristodemo e i convitati rimasti
sono tutti addormentati, tranne Socrate, Agatone e Aristofane, che bevono a
turno da una grande coppa, da sinistra a destra, ancora secondo le regole
stabilite all'inizio. (223c)
Socrate costringe Agatone e Aristofane a confermare che una medesima
persona può comporre sia tragedie che commedie, e che un autore tragico ha
68
«Νήφειν μοι δοκεῖς, φάναι, ὦ Ἀλκιβιάδη. οὐ γὰρ ἄν ποτε οὕτω κομψῶς κύκλῳ περιβαλλόμενος
ἀφανίσαι ἐνεχείρεις οὗ ἕνεκα ταῦτα πάντα εἴρηκας, καὶ ὡς ἐν παρέργῳ δὴ λέγων ἐπὶ τελευτῆς αὐτὸ
ἔθηκας, ὡς οὐ πάντα τούτου ἕνεκα εἰρηκώς, τοῦ ἐμὲ καὶ Ἀγάθωνα διαβάλλειν.» (222c3-8)
48
Biondi Maria
le stesse competenze per essere anche comico: così Socrate mostra quanto di
vero è presente nel precedente discorso di Alcibiade in cui ha descritto
l’amato con una immagine che pare quasi ridicola, ovvero il sileno, ma il suo
scopo, in realtà, non è stato quello di far ridere ma di mostrare la verità. I
conviviali però non riescono ad arrivare a queste verità, si soffermano
ridendo alla parte superficiale del suo discorso, abbandonandosi alla
leggerezza del clima che si è creato.
« Loro due, costretti a convivere su questi argomenti e incapaci di seguire
con precisione, cascavano dal sonno, e per primo si addormentò Aristofane
e , quando ormai era giorno, Agatone. Socrate invece, dopo averli fatti
addormentare, si alzò e se ne andò. Andò al Liceo e, dopo essersi lavato,
come altre volte trascorse il resto della giornata, finché verso sera tornò a
casa a riposare.» (223d6-d12)
Concluso il discorso di Socrate, sia Aristofane che Agatone crollano
addormentati. Socrate, dopo averli messi a dormire e aver compiuto il suo
dovere, si incammina presso il santuario di Apollo Liceo, dove si abbandona
ad un bagno e rincasando alla sera per riposare.
49
Biondi Maria
CONCLUSIONI
Il lavoro che ho svolto ha come scopo l’analisi dei vari aspetti di Eros presenti
nel Simposio, capolavoro indiscutibile di Platone.
In quest’opera Eros viene ad essere il filosofo stesso, ed è una conclusione a
cui si arriva dopo una serie di ragionamenti e di analisi portati avanti dai vari
personaggi dell’intera opera. Platone crea, attraverso i discorsi dei suoi
simposiasti, una sorta di scala che conduce in conclusione alla sua massima
idea di Eros.
È Fedro ad essere posto per primo in analisi, il quale riconosce nel dio
dell’Amore la sua natura più antica, e che induce l’uomo a distinguersi agli
occhi dell’amato per virtù e coraggio. Fedro, dunque, nel suo encomio, segue
la tradizione degli exempla mitologici, come si evince dalle vicende portate
in analisi di Alcesti e Achille.
Il secondo a prendere parola è Pausania. Il quale, invece, riconosce la
duplicità di Eros così come quella di Afrodite: ‘Celeste’ e ‘Volgare’. Ogni
azione svolta non è né buona né cattiva, ma dipende tutto dallo scopo finale
per cui è compiuta, e merita lode solo se è per cose giuste. Mentre l’amore
50
Biondi Maria
che cade nel volgare dipende dall’uso poco consono che viene fatto di esso,
mirando esclusivamente al corpo della persona amata. Pausania gioca,
dunque, sulle disposizioni di Eros che ruotano attorno all’opposizione di
amore ‘buono’ e ‘cattivo’, ossia tra eterosessuale e omosessuale.
Viene posto poi il pensiero del medico Erissimaco, che segue la linea della
duplicità di Eros tra ‘buono’ e ‘cattivo’, mutandoli in ‘sano’ e ‘insano’. I due
tipi di Amore sono presenti in tutti i fenomeni naturali e in particolar modo
egli sostiene la teoria degli opposti; infatti, per la sua professione medica
occorre combattere ciò che è malato e compiacere il sano, facendo sì che gli
opposti si attraggano fino a raggiungere un armonico equilibrio.
Aristofane invece, espone il mito dell’androgino. Secondo il suo pensiero in
origine i sessi erano tre: maschile, femminile e androgino. Essi erano di forma
sferica e formati da quattro braccia e quattro gambe, dotati di una superbia
tale che Zeus fu costretto a dividerli per metà. Così questi esseri sono in
perenne ricerca della loro metà mancante; a questa costante ricerca della parte
perduta si dà il nome di ‘amore’. Quindi Aristofane pone la relazione erotica
come un desiderio di completamento per ciò che all’uomo manca.
Agatone, invece, non fa altro che esporre una serie di elenchi che mirano a
descrivere le qualità di Eros, visto come il più bello e beato tra gli dèi, grazie
al quale ogni discordia è messa a tacere, attraverso una serie di immagini
eleganti secondo le norme della retorica gorgiana.
Socrate per il suo discorso si rifà alle parole udite dalla sacerdotessa di
Mantinea, Diotima, in cui Platone personifica la sua idea di Eros. Secondo la
quale Eros ha origine da Povertà e da Espediente, e non è né bello né brutto,
né buono né cattivo, né immortale né mortale, ma un intermediario tra gli
opposti: esso è un démone. Spiega come l’immortalità può essere raggiunta
in due modi: fisicamente con la procreazione, per l’immortalità della specie;
attraverso azioni eroiche e virtuose, per l’immortalità dell’anima. Diotima
segue una scala amoris che porta al concetto unico di bellezza, che è comune
a tutti i corpi belli; infatti, dall’amore per la bellezza di un corpo l’amante
passa a bramare la bellezza presente in tutti i corpi belli, fino a giungere a
51
Biondi Maria
quella in tutte le istituzioni, le scienze, finché giunge all’idea del bello in sé,
immutabile e perpetuo.
L’opera si conclude con l’elogio di Alcibiade ubriaco, rivolto a Socrate
piuttosto che ad Eros, sconvolgendo i piani del simposio.
Egli esalta la figura di Socrate non tanto quanto un maestro, poiché ammette
di non aver seguito gli insegnamenti di Socrate, ma come il suo amato,
paragonandolo ad una statuetta di sileni, con lo scopo di essere veritiero senza
cadere nel ridicolo.
In conclusione, si può dire che il discorso di Alcibiade fa da chiave di lettura
per tutto il Simposio, in cui Platone traccia un graduale percorso iniziatico
per il riconoscimento della figura di Eros.
BIBLIOGRAFIA
52
Biondi Maria
INDICE
CAPITOLO PRIMO
L’EROS SECONDO I SERMONI DI FEDRO, PAUSANIA ED
ERISSIMACO
CAPITOLO SECONDO
AMORE O AMORI? L’EROS SECONDO I SERMONI DI
ARISTOFANE E AGATONE
CAPITOLO TERZO
53
Biondi Maria
L’AMORE SECONDO PLATONE
CAPITOLO QUARTO
IL DISCORSO DI ALCIBIADE
54
Biondi Maria