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DIDATTICA DELLE LINGUE MODERNE - LA SFIDA DI BABELE

IL QUADRO DI RIFERIMENTO
Nell'antichità egizia, mesopotamica e greca, l'insegnamento delle lingue aveva
uno scopo semplicissimo: insegnare a
comunicare nella lingua dei popoli con cui si commerciava, ci si alleava o ci si
batteva. Con i latini lo studio del greco assume
anche una valenza culturale, e nel medioevo il latino, il greco e, più tardi, l'ebraico
diventano mezzi di studio religioso, accesso
ai libri della rivelazione. Il quadro concettuale di riferimento è chiaro:
⦁ le lingue servono per comunicare e per studiare testi classici, divini e non;
⦁ le lingue sono strutture immutabili, fissate dai classici o dai libri sacri, e l'uso vivo
e creativo che ne fanno i "villani"
 le lingue servono per comunicare e per studiare testi classici, divini e non;

⦁ le lingue sono strutture immutabili, fissate dai classici o dai libri sacri, e l'uso vivo e creativo che ne fanno i
"villani"

non è degno di attenzione;

⦁ lo studente deve avvicinarsi al latino, al greco, all'ebraico, all'arabo con rispetto, compiere un atto
di fede

nell'interpretazione e nella codificazione che ne da chi ne sa di più, che è magis, anzi, magister;

⦁ dal seicento accanto al magister in carne e ossa nascono le grammatiche della Crusca, di Port
Royal, della Royal

Society, veri testi sacri di riferimento.

IL PARADIGMA DELLA COMPLESSITÀ

Le società semplici erano quelle collocate su un piano bidimensionale: la superficie della Terra suddivisa in
due o tre blocchi, ciascuno dei quali diviso in stati, questi in regioni, queste in città e campagne, tutte in
realtà proprie della geometria piana, con una serie di relazioni biunivoche tra confinanti o con l'entità
sovraordinata. La società attuale è complessa, è una rete che vive in uno spazio a tre dimensioni, non più a
due. Scomparsi i blocchi contrapposti del Novecento, ogni stato è una sfera nello spazio e ha relazioni con
tutte le altre sfere; ciascuna sfera è composta di altre sfere tradizionali-regioni, città, campagne-ma anche
di sfere che si creano e si modificano di continuo, medici senza frontiere, pedofili, social networks
e comunità di immigrati: ciascuna microsfera si relaziona con tutte le altre microsfere omologhe al di là di
città o stati, e ogni atomo, ogni persona, entra a far parte di dieci, cento microsfere, ciascuna con le sue
relazioni. Ciascuna con il suo stile linguistico, che serve per essere riconosciuti come membri di quella
sfera. Ciascuna con la sua necessità di usare lingue franche, lingue diverse da quella nativa, lingue che
in alcuni casi si sanno solo leggere, in altri bisogna scrivere in qualche modo, in altri ancora richiedono
interazioni via skype che possono poi tradursi in relazioni interpersonali dal vivo: visite di lavoro o per
turismo, soggiorni di studio che portano a creare coppie e poi famiglie multilingue e così via. Una
società complessa richiede un pensiero complesso. In questa società dove quel che conta è un pensiero
flessibile, divergente, multiplo, le lingue sono uno strumento essenziale ma sapere una lingua è divenuto a
sua volta un concetto flessibile. La glottodidattica che ne deriva deve essere quindi fondata sui processi,
quello di comprensione, produzione, di interazione, deve fornire strumenti per un life long language
learning che non è solo lo slogan della società della conoscenza e dell'inter-relazione globale e complessa,
ma è la chiave di volta perchè ogni persona possa realizzare al meglio il progetto di sè, la sua intenzione di
vita. Per questa ragione è una glottodidattica fortemente transdisciplinare: è un'entità autonoma rispetto a
tutte le aree da cui trae conoscenze e che trasforma queste conoscenze in sun sistema compatto, coeso,
coerente, avendo come scopo la formazione di persone che padroneggiano in vari modi e a vari livelli lingue
non native per vivere al meglio la loro chance di vita.

UNA GLOTTODIDATTICA TRANSDISCIPLINARE

Per poter agire e vivere nelle società complesse serve una glottodidattica complessa che parta dalla
considerazione che le persone con cui opera: a. devono usare una lingua per comunicare, per cui ci sarà
una componente di scienze del linguaggio (verbale e non verbale) e di scienze della comunicazione;b.
devono comunicare all'interno di culture oppure tra culture, per cui ci sarà una componente
antropologica e sociologica;c. vogliono far entrare una lingua non nativa nella loro mente, per cui ci sarà
una componente neuro-psicolinguistica, una riflessione sulla psicologia dell'apprendimento, della
motivazione;d. apprendono per lo più in ambienti finalizzati alla formazione e quindi in situazioni di
educazione formale, usando materiali e tecnologie sotto la guida di un docente e in gruppi di
compagni con cui devono stabilire e mantenere relazioni che aiutino l'acquisizione e non la inibiscano. La
glottodidattica di Arlecchino pesca da alcuni di questi ambiti e ne ignora altri: ad esempio, dalla linguistica
acquisizionale il glottodidatta trae molto, ma le restituisce un feedback derivato dalla sperimentazione sul
campo. Alcune delle scienze della costellazione sono scienze hard, come vengono definite le scienze che
portano a conoscienze certe: è una scienza "dura" la linguistica, lo sono probabilmente, per quanto ancora
con poche certezze e molto da scoprire, la linguistica acquisizionale, le neuroscienze, le scienze cognitive;
altre-la maggioranza di quelle che concorrono alla conoscenza glottodidattica-sono scienze soft o scienze
dell'impreciso, dalla psicologia all'antropologia alle scienze dell'educazione. Una scienza che studia
l'educazione linguistica in generale è chiaramente una scienza "umana"-e la differenza umana degli allievi
che costituiscono una classe o degli insegnanti che vi insegnano è la condizione naturale in cui opera la
glottodidattica. Ciò non toglie che lo studioso da un lato e il singolo insegnante dall'altro debbano
dotarsi di modelli di riferimento, intendendo per "modelli" delle strutture concettuali che
potenzialmente sono vere sempre e ovunque e che quindi offrono un appoggio hard anche in situazioni
dove regna l'impreciso: in tal modo si diminuisce l'imprecisione a favore, per quanto possibile, di
una maggiore certezza nella progettazione di un corso e nella sua realizzazione.

USO DEL TERMINE "GLOTTODIDATTICA

"L'educazione linguistica è l'azione che mira a far emergere la facoltà genetica caratterizzante dell'homo
loquens, la facoltà di linguaggio-cioè la capacità spontanea di acquisire non solo la lingua nativa e le altre
lingue presenti nell'ambiente in cui si cresce, ma anche altre lingue nel corso della vita-acquisizione
piena o parziale che sia. La scienza che studia l'educazione linguistica, chiamata nei primi due terzi
del secolo scorso pedadogia delle lingue o linguistica applicata, ha in Italia diverse denominazioni:
didattica delle lingue moderne, glottodidattica, linguistica educativa.

LO STRUMENTO CONCETTUALE DI FONDO: APPROCCIO, METODO E METODOLOGIA

La glottodidattica indipendentemente dal fatto che tratti l’insegnamento della lingua materna, seconda,
straniera, etnica, classica-trae le sue conoscenze da varie aree scientifiche. Per essere utilizzate, le
conoscenze hanno bisogno di essre organizzate e gerarchizzate.

a. La strutture: la glottodidattica è una scienza tecnico-pratica;


b. I termini: L’approccio è la filosofia di fondo: l’idea che si ha di lingua, di cultura, di comuicazione, di
studente, di insegnante…Il metodo è la traduzione dell’approccio in procedure operative per mezzo
delle quali organizzare realizzare le indicazione dell’approccio stesso. Il metodo non si occupa solo
delle tecniche di base ma anche di strumenti di organizzazione dell’educazione linguistica.
c. Il funzionamento del modello: data una dichiarazione teorica proveniente quindi dal mondo delle
idee, ad esempio dalla sociolinguistica. Ne conseguono due procedure specifiche della
glottodidattica ovvero APPROCCIO E METODO.

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