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I Nuovi Ferri del Mestiere (cap.

1-2-3-4-5-12-13)
Didattica della lingua italiana. Mezzadri
Capitolo 1
1.1 Consiglio d’Europa (Rüschlikon 1991) lancia il percorso che porta alla creazione del Quadro comune
europeo di riferimento per le lingue e del Portfolio Europeo delle Lingue (registra gli apprendimenti
linguistici lungo l’arco della vita). Negli ultimi anni la glottodidattica si è occupata di apprendimento-
insegnamento di una lingua per rispondere ai nuovi bisogni della società (vivere, studiare, lavorare in
maniera qualificata).
1.2 Secondo Titone lo studio teorico non è ciò che contraddistingue l’apprendimento di una lingua
straniera nell’antichità, anche se esistono tentativi di organizzare la conoscenza della lingua per creare
sistemi di riferimento. Es: Grammatica del sanscrito dell’indiano Pāņini→ descrizione della lingua
sanscrita per i nativi per approfondire la madrelingua. Dai Sumeri ci pervengono tracce di un passaggio
dall’insegnamento della madrelingua alla didattica per stranieri→ hanno realizzato i primi dizionari per
insegnare agli Accadi la loro lingua. Anche gli Egizi hanno tentato di facilitare i contatti attraverso
strumenti multilingui (Stele di Rosetta). Tra II e I a.C. opera Dionisio Trace, probabile autore dell’Ars
Grammatica, dove si indica una codificazione della grammatica in uso ancora oggi. Per quanto riguarda il
mondo romano invece, il bambino veniva affiancato da precettori greci che lo educavano attraverso
immersione diretta→ educazione bilingue.
1.3 Fino al Rinascimento il latino, essendo lingua parlata nel mondo della cultura, viene insegnato in
maniera diretta sia oralmente (principale) sia tramite lettura e scrittura. Con l’affermarsi dei volgari il
latino viene considerato lingua morta e il suo studio si basa su grammatiche e dizionari. Dalla metà del
XV d.C. si comincia a compilare grammatiche dei volgari (es: Grammatichetta dell’Alberti).
L’insegnamento di queste lingue è caratterizzato da un approccio metodologico pratico che si basa
principalmente sull’oralità in modo da sviluppare competenze adatte a cavarsela nella vita quotidiana.
Centrale è l’ascolto, a cui seguono poi attività di ripetizione e imitazione; si evita la lingua madre
dell’allievo e si ricorre a testi scritti in maniera sporadica. Non ci si preoccupa dell’errore, si incoraggia
l’uso della lingua ed è da questo che si apprende la grammatica. Si ha quindi una polarizzazione, da una
parte lo studio della lingua basato sul contatto diretto e l’immersione, dall’altra basato su un approccio
alla grammatica totalizzante.
1.3.1 Comenius dedica, nell’opera Didactica Magna (1638), una riflessione all’insegnamento delle lingue
che considera mezzi per acquisire e trasmettere conoscenza. Questa visione pratica porta a scegliere
attentamente le lingue da studiare (devono essere necessarie): lingua madre e latino (approfondite),
arabo e greco (filosofi e medici), ebraico (teologi) e le lingue vive (soprattutto quelle confinanti)→
ognuna ha un lasso di tempo per essere appresa separatamente. L’apprendimento di una lingua deve
avvenire attraverso l’unione di parola e oggetto che descrive→ lo studio della lingua e lo sviluppo della
conoscenza del mondo devono procedere di pari passo. Alla base: Idea che l’essere umano può
apprendere bene ciò che ha percepito con i sensi, soprattutto la vista. Comenius considera dizionari e
glossari strumenti di orientamento nei termini meno diffusi→ temi e ambienti lessicale che suscitano
interesse diventano oggetto della didattica. L’insegnamento e l’apprendimento della lingua sono inseriti
in un contesto legato alla scoperta dell’ambiente su cui si basa la conoscenza e portano il discente a
divenire un soggetto attivo nei processi di acquisizione, partecipando alla propria formazione tramite i
sensi e la motivazione→ bisogna però promuovere la pratica a dispetto dello studio delle regole (che
hanno funzione sussidiaria di assistenza). Pratica linguistica: ascoltare, leggere, rileggere, copiare,
imitare con mano e lingua. Lo studio della grammatica limitato a regole semplici per evidenziare le
differenze tra lingua oggetto di apprendimento e lingua conosciuta.
Nelle altre opere (Methodus linguarum novissima e Orbis sensualium pictus) l’esperienza sensoriale
viene ancor più enfatizzata; Comenius sviluppa in maniera più pratica il ricorso all’esperienza sensoriale
come punto di partenza intuitivo per l’insegnamento (es: ruolo delle immagini nella didattica).
Dimensione esperienziale=uno degli elementi più moderni del pensiero di Comenius.
1.3.2 Il Monastero di Port-Royal è il centro da cui si sviluppano gli studi sulla grammatica che influenzano
la linguistica fino al XX secolo. Lancelot e Arnauld scrivono la Grammaire generale et raisonnee (1660,
opera basata su principi razionalisti), in cui tentano di stabilire i tratti universali delle lingue (→ la
grammatica unitaria che sta alla base delle grammatiche delle altre lingue nella funzione di comunicare il
pensiero). Questo atteggiamento porta Chomsky a rivalutare il loro lavoro. Inseriscono la grammatica in
strutture logiche fondate sulla semantica; pongono al centro il francese e le altre lingue vive. Influenzano
l’interesse verso la grammatica come espressione logica che in ambito didattico determina lo sviluppo
sia di metodi per studiare e apprendere la lingua e le sue regole sia di atteggiamenti didattici che
portano a sviluppare le competenze logiche tramite la riflessione sulla grammatica.
1.3.3
1.3.3.1 A inizio 800 si consolida la corrente metodologica che porta alla nascita del Metodo
grammatical-traduttivo→ Titone: gli autori ottocenteschi si preoccupavano di codificare la lingua
straniera in regole fisse di morfologia e sintassi che andavano spiegate e apprese a memoria. Lavoro
orale ridotto al minimo e come appendice alle regole c’erano esercizi. Es: Libri di testo di
Seidenstücker→ dopo pagine di descrizione in tedesco e poi francese propone brani in francese da
tradurre in tedesco lunghi e complessi e senza collegamento, alla fine del libro è presente un glossario
secondo l’ordine dei testi.
Scopo finale è permettere agli studenti di leggere testi letterari, coinvolgendoli in un addestramento
logico→ presentazione delle regole morfosintattiche, il loro studio e la traduzione per apprenderle. Il
lessico si apprende tramite strumenti di supporto. Questo metodo congela la lingua e riduce la creatività
del discente, fissa le forme linguistiche sul piano morfo-sintattico.
1.3.3.2 Viëtor è uno degli esponenti del Movimento riformatore→ inizio di una battaglia per rinnovare la
didattica delle lingue moderne in favore di un aumento di comunicazione per gli europei. Porre al centro
la lingua parlata significa affidarsi alle competenze orali del docente, che deve possedere una
padronanza della lingua simile a quella di un nativo. Non si memorizza il lessico e l’approccio alla
grammatica diventa induttivo, si basa quindi sulla scoperta delle regole grammaticali attraverso la loro
esposizione (≠ metodo deduttivo→ ex cathedra). Montaigne: latino imparato perchè il suo precettore
tedesco si rivolgeva a lui in latino dato che non conosceva il francese→ da questa tendenza “naturale”
all’insegnamento delle lingue nasce il Metodo Diretto (rinominato poi Metodo Berlitz dal fondatore).
Questo metodo si basa sulla centralità della lingua orale e sull’uso esclusivo della lingua straniera che si
sta studiando; la grammatica viene insegnata in maniera induttiva e, inizialmente, vengono stimolati
anche i sensi per sostenere l’apprendimento del lessico con immagini e oggetti, le associazioni di idee
veicolano i concetti astratti→ si evita di ricorrere alla madrelingua e si priorizza la fonologia. Questo
Metodo presenta varie difficoltà: la prima è il dover gestire le lezioni in lingua straniera e la scarsa
reperibilità di insegnanti adatti, ma figurano anche l’assenza di manuali, il tempo speso per far capire
concetti che sarebbe semplice spiegare in madrelingua.
1.4 Il ridimensionamento delle abilità scritte dà vità ad un nuovo metodo in cui scrittura, ma soprattutto
lettura, sono estremamente significative, il Reading Method. Si sviluppa negli USA a seguito del
Rapporto Coleman (1929) che propone un approccio basato sulla lettura come soluzione per scuole ed
università. Per Balboni è il primo esempio di reduced competence course, esclude le abilità orali che
erano centrali nel Metodo Diretto. Il docente deve insegnare a comprendere i testi letti e propone
regole di grammatica guidando lo studente alla scoperta dei significati delle parole e delle strutture
linguistiche. Lo studente è autonomo e responsabile e trova un supporto nel docente per la
comprensione dei testi. L’isolamente linguistico americano viene superato con l’intervento nella II GM
che porta il paese a rendersi conto dell’inadeguatezza dei metodi glottodidattici in uso e la necessità di
sviluppare competenze comunicative nei reparti militari→ nasce l’American Specialized Training
Program che coinvolge 50 università per preparare interpreti e traduttori per l’esercito, tramite un
contatto diretto e intensivo con la lingua. Esperienza orale al centro. Nonostante sia un esperimento di
breve durata genera un duraturo interesse, soprattutto per il connubio tra oralità e durata di
esposizione alla lingua. Su questa esperienza Lado, negli anni 50, conduce studi che determinano la
nascita della linguistica contrastiva; egli è convinto che una comparazione tra lingue possa portare alla
determinazione e alla previsione delle difficoltà intrinseche nell’apprendimento della LS, e di segnalare i
punti maggiormente critici e le aree che presentano maggiori pericoli di interferenza (transfer negativo).

1.4.1 Fries propone approcci didattici opposti al Metodo Diretto→ al centro pone la struttura della
lingua; mantenimento della dimensione orale dell’input a cui aggiunge sia un’attenzione per la
pronuncia sia pratiche didattiche caratterizzate da esercizi meccanici e di ripetizione (drill)→ Metodo
audio-orale→ Bloomfield: lo studente di una LS deve rigettare le sue preconoscenze come se la sua
mente fosse una tabula rasa (clean slate). L’apprendimento si basa su studio, memorizzazione e pratica
delle frasi. Lingua vista come sequenza di elementi minimi→ teoria comportamentista: questi elementi
minimi danno luogo alla sequenza stimolo-risposta-rinforzo. Comportamentismo: corrente di pensiero di
inizio XX secolo→ il comportamento umano e animale si spiega in base all’impatto (stimolo) che
l’ambiente ha sull’individuo e alla risposta che egli mette in atto a cui segue il rinforzo dato dalla
reazione dell’ambiente alla risposta dell’individuo (Stimolo ambiente→risposta individuo→reazione
ambiente). L’apprendimento è dato dal condizionamento (esperimento di Pavlov). Skinner amplia il
condizionamento, aggiungendo il ‹‹condizionamento operante››, cioè in grado di apportare modifiche
all’ambiente→ l’individuo (inizialmente tabula rasa) deve essere continuamente subissato da queste
sequenze per sviluppare abitudini linguistiche (language habits), reazioni inconsapevoli e automatiche
agli stimoli. La realizzazione didattica della teoria è costituita dai pattern drills, cioè batterie di esercizi
strutturali somministrate dal docente, il cui altro scopo è quello di introdurre regole grammaticali.
Pichiassi: i cardini della pattern practice sono la ripetizione, memorizzazione e generalizzazione delle
strutture. Lo Strutturalismo dà una base teorica alla didattica delle lingue per la prima volta ma il sistema
viene messo in crisi da Chomsky.
1.4.2 Chomsky muove una serie di critiche allo Strutturalismo, la più rilevante riguarda la diversa
concezione delle capacità di gestire il linguaggio verbale→ egli mette al centro la capacità dell’individuo
di creare lingua. Secondo Chomsky nel cervello è presente un meccanismo preposto all’acquisizione
linguistica, Language Acquisition Device (LAD), che rende l’essere umano programmato per
l’acquisizione del linguaggio. A questa facoltà innata aggiunge anche il concetto di competenza
(competence→ capacità di comprendere e creare frasi grammaticalmente corrette e individuare quelle
sbagliate) e di esecuzione (performance→ la realizzazione concreta e comunicativa della lingua). Il
binomio competenza-esecuzione si evolve anche grazie a Bruner che amplia il concetto introducendo
una componente ambientale→ Language Acquisition Support System (LASS)→ in realtà è sia una critica
all’innatismo di Chomsky sia una proposta in cui l’interazione sociale assume un ruolo importante nello
sviluppo→ il bambino impara la lingua grazie anche al supporto dell’ambiente che lo circonda (famiglia,
scuola...). Con il LASS Bruner riprende la teoria della Zona di Sviluppo Prossimale (ZSP): la distanza tra il
livello di sviluppo reale cosi come è determinato attraverso la capacità di risolvere problemi in modo
indipendente e il livello di sviluppo potenziale come è determinato attraverso la capacità di risolvere
problemi sotto la guida di un adulto o di pari più capaci.
1.4.3 Hymes introduce il concetto di competenza comunicativa nel 1972 che riassume il ruolo attribuito
all’ambiente sociale e all’azione a cui è chiamato il parlante. L’elemento comunicativo non emerge dalla
competenza chomskyana perchè mancano le componenti extralinguistiche e socioculturali→ modello di
Balboni (p. 25)
1.4.4 In Europa la reazione chomskyana allo Strutturalismo apre le porte ad altre riflessioni→
Widdowson e Wilkins promuovono una visione funzionalista della lingua enfatizzando la valenza
comunicativa delle competenze. Differente dalla glottodidattica formalista è il Metodo Situazionale in
cui la lingua viene insegnata attraverso le situazioni in cui l’atto comunicativo si realizza con le strutture
morfo-sintattiche determinate dall’uso sociale. Vincolare lo sviluppo delle competenze ad un set di
situazioni predeterminate non consente di mettere al centro le competenze comunicative.
1.4.5 L’Approccio Comunicativo si sviluppa negli anni 70 e conta sull’apporto di teorie scientifiche.
1.4.5.1 L’approccio è costituito dalle teorie sulla natura della lingua e della comunicazione e
sull’apprendimento che stanno alla base dei processi di apprendimento e insegnamento. Il metodo è la
realizzazione pratica dell’approccio attraverso la definizione delle procedure operative e assegna e
definisce i ruoli. L’Approccio Comunicativo spinge a scegliere in maniera conaspevole tecniche, materiali
e ruoli.
1.4.5.2 La lingua è uno strumento per l’espressione di significati con al centro le funzioni comunicative e
l’interazione. L’apprendimento avviene sulla base di abilità comunicative.
1.4.5.3 Lo studente è un soggetto attivo che collabora al percorso didattico promuovendo le proprie
capacità induttive; il docente è una guida e un facilitatore dei processi comunicativi ma si deve anche
dimostrare una figura gestionale.
1.4.5.4 I materiali didattici sono di vario tipo e supporto con l’obiettivo dello sviluppo delle competenze
linguistico-comunicative attraverso attività basate sui compiti (task based).
1.4.6 Negli anni 60-80 si affacciano i metodi detti umanistici, sottolineando quindi la dimensione
psicologica dell’insegnamento. Detti anche metodi clinici perchè il rapporto insegnante-apprendente
ripete il rapporto clinico che deve sussistere tra paziente e terapeuta.
1.4.7 Nel 1983 Terrell e Krashen pubblicano The Natural Approach che porta alla nascita di un nuovo
approccio metodologico ma sulla stessa matrice teorica dell’Approccio Comunicativo. La lingua serve per
comunicare dei significati e dei messaggi e solo se questi messaggi vengono compresi, si acquisisce la
lingua. Nel Natural Approach è inclusa la Second Language Acquisition Theory (SLAT) di Krashen.
1.4.7.1 Uno dei cardini della SLAT è la dicotomia learning-acquisition: attraverso la comunicazione si
stimola un processo inconscio che porta ad acquisire la lingua. Questo processo naturale caratterizza
l’acquisizione (acquisition) della L1 ed è l’unico che permette di imparare stabilmente e
permanentemente. A questo atto involontario si contrappone una modalità conscia di apprendimento
(learning), un supporto per l’acquisizione→ la lingua viene insegnata meglio quando trasmette messaggi
rispetto a quando viene presentata esplicitamente→ aiuto per gli apprendenti in grado di controllare il
proprio monitor.
1.4.7.2 L’ipotesi del monitor è un altro cardine della SLAT. Il monitor è un meccanismo, presente in tutti
gli apprendenti, che permette di controllare l’accuratezza della produzione→ rallenta sia il processo di
comunicazione sia l’acquisizione. Ripreso il LAD ma trasformato in un meccanismo non soggetto all’età
dell’apprendente.
1.4.7.3 Essendo la SLAT un metodo umanistico non è strano che siano rilevanti elementi psicologici: i
filtri affettivi cioè barriere psico-emotive che possono anche bloccare l’input necessario per
l’acquisizione. Propone quindi una serie di accorgimenti metodologici per abbassare i filtri affettivi dati
dallo stress psicologico; lo studente modello è motivato, ha fiducia in sè, non è ansioso. Convinzione che
il Natural Approach sia in grado di ridurre le differenze tra individui per ciò che riguarda l’attitudine
nell’imparare le lingue, non invocando l’uso del monitor (dove risiedono le differenze personali).
1.4.7.4 La comprensione precede la produzione→ emerge con l’aumentare del livello di acquisizione→
stimolata da attività in classe dedicate espressamente all’acquisizione mentre il docente deve
presentare tra attività per il learning e per l’acquisition. La comprensione si può sviluppare solo
controllando l’input mentre per progredire nell’acquisizione occorre che l’input presenti un segmento in
piu (un +1) nelle strutture (set of structures).
1.4.7.5 L’ipotesi dell’ordine naturale si fonda su alcune assunzioni legate alla qualità dell’acquisizione
linguistica e della Teoria dell’input comprensibile→ bisogna lasciar commettere errori agli studenti senza
porre enfasi sulla correzione cosicchè si permetta all’ordine naturale di fare il suo corso.
1.4.8 Asher elabora un metodo per l’apprendimento della L2 fondato sulla risposta fisica a comandi
verbali→ l’insegnante presenta un input verbale sotto forma di comando e gli studenti, in silenzio,
compendono ed eseguono. Subito Asher investiga il Total Physical Response (TPR) e confronta gli
studenti sottoposti a questo e ad altri metodi→ risultati migliori nell’apprendimento nei TPR. Analogia,
per la L2, tra modo di acquisire la L1 del bambino e l’acquisizione della L2 dell’adulto tramite contatto
con l’ambiente.
1.4.9 Nel 1963 Gattegno introduce il Silent Way→ metodo in cui l’insegnante guida gli studenti in
silenzio per lunghe fasi della lezione tramite gesti o bastoncini colorati→ ruolo attivo degli studenti per
scoperta e creazione e approccio problem-solving.
1.4.10 Curran crea il Counseling Learning adattando le pratiche di counseling ai contesti educativi. Il
docente agisce come counselor e propone al gruppo di studenti-clients, seduti in cerchio, un periodo
iniziale di silenzio. Rimanendo all’esterno del cerchio, chiede ad uno studente di dire le proprie idee in
L1, il docente le traduce in L2 e lo studente le ripete in L2 al gruppo, registrandole per suggerimenti e
correzioni. Scopo principale è l’indipendenza dello studente-client. Anche gli altri espongono le loro idee
e si riflette sullo scambio. Infine la relazione tra docente e studente cambia perchè quest’ultimo non è
più client.
1.4.11 Lozanov elabora un metodo fondato sulle tecniche della psicologia clinica detto Suggestopedia→
l’insegnante è un suggeritore (simile a Curran). Molto importante l’ambiente e l’atmosfera nelle
lezioni→ gli studenti si rilassano su poltrone e divani con sottofondo musica classica o barocca. Lo stato
di benessere e relax dello studente ne favorisce la concetrazione (anche tramite tecniche yoga) e la
predisposizione all’apprendimento. Contesto simile ad una seduta di terapia psicoanalitica del gruppo.
Lozanov mette al centro il lessico e le strutture morfosintattiche per organizzarlo. Le lezioni si svolgono
in tre fasi: 1) l’insegnante recupera ciò che si è imparato nella lezione precedente tramite domande e
risposte 2) presentazione del nuovo materiale linguistico sotto forma di dialogo 3) la fase più
caratteristica: consiste in un’ora di seduta di rilassamento in cui l’insegnante deve mostrare le sue
capacità→ presenta il materiale in armonia con il ritmo della respirazione degli studenti; ha un primo
momento attivo dove gli studenti ripetono ciò che hanno sentito/visto dopo che il docente ha fatto
sentire tre volte il testo nella lingua target e nella traduzione in madrelingua. Il materiale è presentato
prima con un tono calmo, poi con un sussurro e infine in maniera imperativa. Nel momento passivo gli
studenti sono concentrati sul loro respiro e l’insegnante ripropone il materiale.
1.5 L’Approccio Comunicativo è quello che si va imponendo dagli ultimi decenni del XX secolo. In Italia si
ricercano diverse soluzione per affrontare i problemi che derivano dalla necessità di formare molti
studenti non di madrelingua italiana. Ricerche sull’acquisizione di lingue seconde, bilinguismo e politiche
linguistiche. Interessanti le certificazioni internazionali, il CLIL e i TIC.
1.5.1 Attenzione è data ad una didattica orientata alla comunicazione e ai compiti (task) per sviluppare
le competenze→ ruolo importante dei compiti nell’Approccio Comunicativo→ evoluzione metodologica:
Task-based Learning (TBL)
1.5.1.1 Gli studenti devono compiere attività per trasmettere significati, alla base di ciò sta una ricerca
riguardante il vuoto informativo (information gap). Il modello di insegnamento odierno sia promuove
l’apprendimento della lingua tramite l’uso sia divide la didattica in tre parti: presentazione, pratica,
produzione (PPP)→ possibilità di segmentare la lingua in elementi che si possono presentare secondo un
ordine stabilito→ alla presentazione segue la pratica, che consente allo studente di acquisire la lingua e
quindi di produrre→ messo in discussione dal TBL. I Willis sovvertono questo schema e impongono una
sequenza che comincia con il compito per poi passare alla riflessione→ prima fase del pre-compito (Pre-
task phase), l’insegnante avvicina la classe all’argomento; con la fase successiva si apre il ciclo del
compito (Task Cycle), tre parti: 1) Task, gli studenti affrontano il compito a coppie/piccoli gruppi e
l’insegnante supervisiona il lavoro senza interrompere, 2) Planning, la fase della progettazione in cui gli
studenti si preparano a comunicare alla classe quanto hanno fatto, maggior accuratezza, 3) Report, la
relazione, l’insegnante presiede e commenta; nell’ultima fase si riflette sulla lingua (Analysis) e si
forniscono stimoli per la pratica (Practice). Il fine dei compiti è quello di facilitare l’apprendimento
linguistico combinando elementi motivanti all’interno dei compiti stessi. Ellis distingue tra compiti
focused (≠ drill grammaticali), si concentrano sul significato, e unfocused, che possono essere pedagogici
(information-gap, role-play ecc) o reali. TBL offre l’opportunità di imparare in maniera naturale la lingua
in classe.

Capitolo 2
2.1 Nel 1957 viene istituita la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA)→ dopo la II GM
l’Europa ha bisogno di convivenza pacifica e democratica perciò sceglie di investire risorse umane ed
economiche in progetti per l’apprendimento e l’insegnamento delle lingue straniere→ 1971 Progetto
Modern Languages/Langues Vivantes. L’apprendente tipo è il lavoratore migrante i cui bisogni
comunicativi quotidiani sono posti al centro→ a lui ruotano intorno i progetti del Quadro.
2.2 Il Consiglio d’Europa è la principale organizzazione di difesa dei diritti umani del continente.
Obiettivi: • tutela dei diritti umani, della democrazia pluralista, del primato del diritto; • promozione e
sviluppo della consapevolezza dell’identità e della diversità culturale; • individuazione di soluzioni
comuni che la società odierna deve affronate (xenofobia, tutela ambientale ecc); • sostenere le riforme
politico-istituzionali per sviluppare la stabilità del continente. Sede a Strasburgo. Si occupa anche di
sanità, educazione, ecc.
2.3 Nel 1971 viene redatto un documento contenente le linee guida per una risposta ai bisogni linguistici
dei cittadini europei. Progetto rivolto agli adulti, con approccio nozionale-funzionale. Al centro c’è
l’allievo e i suoi bisogni, il progetto si schematizza sull’idea di unit-credit, le unità costituiscono i tasselli
con cui ogni allievo può costruire il mosaico delle competenze linguistiche. Sono 5 livelli con asse
portante il Threshold Level→ indica ciò che l’allievo deve apprendere per sopravvivere in un paese
straniero, in particolare riguardo all’uso orale della lingua. Il costante sviluppo e miglioramento porta al
Threshold Level 1990→ enfasi sulla componente dell’«imparare a imparare».
2.4 Edizione a stampa del Quadro nel 2001, inizialmente in inglese e francese, è l’ultima fase di un
progetto di 10 anni prima→ nel 1991 viene caldeggiata l’ipotesi di un quadro di riferimento trasparente,
coerente ed esaustivo.
2.4.1 Diviso in 9 capitolo con l’aggiunta di 13 componenti.
2.4.2 I livelli comuni di riferimento descrivono le competenze dell’apprendente in una scala verticale con
livelli soglia, i livelli sono tripartiti (A-B-C) e poi suddivisi in due.
2.4.3 Nonostante l’Europa sia definita «unita nella diversità» basta osservare i sistemi educativi nei vari
paesi per notare le enormi differenze.
2.5 Con il Quadro si è sviluppato uno strumento, il Portfolio Europeo delle Lingue, in cui registrare le
proprie competenze, che conferisce trasparenza ai percorsi di studio e ne documenta le esperienze. Si
divide in tre parti: passaporto (raccoglie e documenta le competenze acquisite), biografia linguistica e
culturale (registra le esperienze caratterizzanti il percorso di apprendimento), dossier (raccoglie
elaborati e documenti che certificano l’apprendimento).
2.6 Nel 2007 viene creata la Guide for the Development of Language Education Policies in Europe, il cui
autore, Jean-Claude Beacco, propone una visione del plurilinguismo e dell’educazione plurilingue come
diga contro l’omogeneizzazione→ promozione di lingue minoritarie anche se va contro la spesa
pubblica.

Capitolo 3
3.1 I dispositivi didattici, nella glottodidattica, sono strumenti che consentono di mettere in pratica i
presupposti della cornice metodologica di riferimento che è stata scelta. Curricolo: è lo sviluppo del
programma; include obiettivi, contenuti educativi e indicazioni sul metodo di svolgimento delle lezioni,
sul testing, sulla valutazione e sugli strumenti da utilizzare. Programma: è un curricolo che contiene
anche scansioni puntuali dei contenuti, una lista di funzioni chiamata sillabo. Sillabo: è l’elenco dei
contenuti di un programma; è diverso dal curricolo perchè non contiene informazioni sul metodo
didattico. Può essere di tipo funzionale-nozionale, nozionale, situazionale, grammaticale, lessicale,
multisillabico, grammaticale-lessicale. Corpora: è uno strumento costituito dall’elenco dei contenuti,
come il sillabo.
3.2 L'educazione linguistica è un percorso che mira a costruire una competenza comunicativa
abbracciando anche il piano culturale (dato che lingua e cultura sono inscindibili).
3.2.1 Balboni: l’educazione linguistica è quella parte dell’educazione generale che include
l’insegnamento dell’italiano come lingua nazionale, delle lingue materne diverse dall’italiano, delle
lingue straniere e di quelle classiche. Nel 1975 il GISCEL propone le proprie Dieci tesi il cui fine ultimo è
invitare i docenti ad insegnare l’italiano comune, visto come strumento linguistico unitario.
3.3 Un approccio multisillabico prende in considerazione svariati aspetti dell’educazione linguistica e
tradurli in progetti separati ma collegati e integrati senza che ci sia un programma dominante.
3.4 L’unità didattica (UD) è il modello operativo di maggior successo; è un segmento di programma ma
con caratteristiche che lo rendono unico. Presenta alcuni limiti organizzativi o epistemologici che hanno
portato allo sviluppo di unità di apprendimento o acquisizione (UA). Esistono altri termini per le UD:
capitolo, lezione, percorso, modulo. Un insieme coeso che comunica, dipende e influenza il programma,
(formato da analoghi segmenti) ma al tempo stesso è un percorso a sè stante. Teoria della Gestalt:
visione della percezione umana scandita in momenti distinti che danno vita ad un modello
glottodidattico basato sulla sequenza globalità>analisi>sintesi. Eco negli studi di Krashen→ dicotomia
learning-acquisition, l’apprendimento mette in pratica, nella fase di riflessione, per monitorare e
sistematizzare quanto viene acquisito in una fase antecedente. Tradizione anglosassone divide in
presentazione-pratica-produzione.
3.5 La lezione viene segmentata in varie UA; si conferisce all’azione didattica le stesse caratteristiche
dell’UD. Fasi: motivazione-globalità-analisi-sintesi-riflessione-controllo. Il controllo può essere
immaginato anche all’esterno dell’UA ma sono elementi molto numerosi e presenta varie modalità. Una
catena di UA costituisce un UD→ un limite può essere la suddivisione in più giorni perchè può abbassare
il livello di motivazione.
3.6 La motivazione è alla base di un corretto processo mentale; l’insegnante deve creare le giuste
condizioni per sviluppare le altre fasi. Motivazione affettiva: lo stimolo del piacere dell’apprendere è
fondamentale per rispondere ai bisogni anche psicoaffettivi dello studente. Motivazione cognitiva: il
docente cerca sia di incuriosire lo studente sia di recuperare le vecchie conoscenze per facilitare
l’apprendimento. Expectancy grammar: il compito del docente è far affiorare le pre-conoscenze
linguistico-culturali e anche lavorare sulla motivazione per passare al processo acquisitivo. Collegare il
noto al nuovo per comprendere il testo nella fase di globalità. Concetto di spirale: ripresa a vari livelli e
possibilità di applicare le conoscenze già acquisite; riguarda anche la motivazione: un contesto didattico
favorevole predispone all’apprendimento anche dal punto di vista dei processi neuropsicologici alla base
della memoria. Per creare interesse l’insegnante può lavorare su parole-chiave che si incontrano e
invitare la classe ad un momento di brainstorming sulle pre-conoscenze, introducendo anche i nuovi
argomenti.
3.7 La fase della globalità riproduce le condizioni che si realizzano nei processi di comunicazione, per
rendere più simile all’acquisizione di Krashen una maniera di imparare. L’individuo è esposto ad input
complessi che colpiscono più di un senso. L’esposizione alla lingua è caratterizzata da un approccio
unitario al testo senza interventi che portano all’analisi. C’è un primo momento di esplorazione dove lo
studente si concentra sugli elementi più svariati. Ruolo attivo e propositivo dello studente: le
informazione ricevute devono creare ipotesi per facilitare la comprensione. Dopo questa prima parte, lo
studente continua ad usare un approccio problem-solving per investire il piano linguistico-culturale, con
il testo pienamente compreso si passa all’analisi. E’un processo induttivo, coinvolge lo studente nella
creazione di ipotesi tramite modalità e strategie, lo rende autonomo, fissa l’attenzione sui meccanismi di
funzionamento della lingua. Il ruolo del docente è quello del regista occulto, non corregge gli errori e
lascia formulare ipotesi.
3.8 Da un input globale si passa all’elaborazione di quanto è stato selezionato, un lavoro frammentato,
suddiviso per obiettivi→ può portare a della confusione, il docente deve chiarire subito la pluralità degli
obiettivi del percorso didattico. Ogni elemento oggetto di analisi può costituire micro-lezioni, anche la
singola lezione ha una sua analoga sequenza. Ci sono numerose tecniche utilizzabili, il docente non deve
fossilizzarsi su un solo aspetto. Per Bruner il pensiero umano può essere narrativo (si fonda sul contesto
e cerca di descrivere le situazioni contestualizzandole sull’esperienza) o paradigmatico (descrive le
situazioni in modo astratto e decontestualizzato). L’obiettivo di una UD/UA può risultare raggiunto alla
sua conclusione, in un ulteriore fase o tramite la spirale.
3.9 La fase del controllo è l’ultimo momento dell’UD. Al controllo finale necessario e a quello durante
l’esecuzione delle varie attività, se ne può aggiungere uno determinato dalla scelta istituzionale o
dall’esigenza di superare esami finali. La verifica e il controllo alla fine dell’UD devono essere in sintonia
con la meta prefissata, prima di passare ad un’altra UD vanno verificati i risultati e, in caso, le misure per
il recupero. Verifica-recupero-ampliamento. Modello di Deming.
3.10 Lo schema della lezione rappresenta lo strumento operativo nelle mani dell’insegnante per
sintetizzare gli elementi. Deve essere affidabile, economico e pratico, in grado di offrire una
consultazione veloce e agile, soprattutto durante la lezione. Con le nuove tecnologie i tempi di
preparazione si sono notevolmente accorciati→ è necessario creare più schemi per andare incontro alle
varie possibilità/problemi che possono sorgere e non perdere il punto. E’ necessario porsi degli obiettivi
didattici e come arrivarci, nel redigere lo schema, analizzando i problemi emersi precedentemente nella
classe, stabilendo i tempi di esecuzione delle varie fasi, fornendo vari materiali e strumenti, utilizzandolo
come una risorsa per il futuro.
3.11 Il modulo è un segmento autosufficiente del curricolo basato su ambiti comunicativi complessi e di
maggior ampiezza e spessore rispetto ad un UD. La didattica modulare impone scelte e una
caratterizzazione specifica a livello metodologico. Alla base c’è il concetto di competenza, la sua
valutazione, la sua possibile capitalizzazione e documentazione.

Capitolo 4
4.2 La motivazione è centrale nei processi di apprendimento. A fine anni 50, Lamber e Gardner
propongono un modello di motivazione all’apprendimento di una lingua straniera basato sulla
distinzione tra motivazione strumentale (apprendere una lingua per scopi dettati dal contesto scolastico
e lavorativo) e integrativa (desiderio di apprendere una lingua per integrarsi nella comunità)→ visione
troppo rigida→ proposta di un’analisi della motivazione basata su quattro elementi: le ragioni
dell’apprendimento, il desiderio di raggiungere un obiettivo, l’atteggiamento positivo, l’intensità della
motivazione. Associazione di aspetti psico-affettivi a questa analisi. Deci e Ryan, nella Self-determination
Theory, distinguono tra motivazione intrinseca (tendenza innata ad esplorare e apprendere e migliorare
le proprie capacità) e estrinseca (strumentale, obiettivi da perseguire, connessa con l’autonomia
individuale); Pallotti: la motivazione intrinseca è di diversi tipi: • generale: interesse per le lingue e il loro
apprendimento; • legata ai testi della L2: i testi e le spiegazioni del docente sono motivanti; • legata alla
situazione di apprendimento: in classi/situazioni dove l’atmosfera e i rapporti sono sereni, la
motivazione è più alta. Gli elementi intrinseci sono quelli su cui gli insegnanti possono fare leva. Per
Crookes e Schmidt, ai fattori legati al sillabo, vanno aggiunti fattori esterni alla classe (fattori attitudinali
e comportamentale). Secondo Dörnyei la motivazione è suddivisa in livelli:

1. Il primo e più generale, la motivazione è legata alla cultura, alla comunità e alla spendibilità della
L2. Questo livello è formato dal sottosistema della motivazione integrativa e strumentale.
2. Dell’apprendente, entrano in gioco fattori affettivi e cognitivi; racchiude stati d’animo derivanti
dalla percezione della L2, la sua ansietà e il suo livello di efficacia.
3. Relativo al contesto di apprendimento, al cui interno troviamo i ruoli assegnati al docente, al
corso e alle dinamiche della classe. La motivazione per l’operato del docente è legata alla
capacità di attrarre gli studenti e suscitare la volontà di fare buona impressione.

Differenti sono le riflessioni di Schumann→ propone una lettura della motivazione su base neuro-
biologica con, al centro, il processo di stimulus appraisal→ il cervello valuta ed elabora uno stimolo
esterno e dà una risposta emotiva. La valutazione avviene in 5 dimensioni: novità, attrattiva, funzionalità
(need-significance, la capacità dello stimolo di rispondere ai bisogni dell’apprendente), realizzabilità
(coping potential, la sensazione dell’individuo di riuscire o meno a gestire lo stimolo), l’immagine sociale
e l’immagine di sè (quanto lo stimolo sia compatibile con le norme sociali e con la propria percezione di
sè). Per Balboni la motivazione si basa su bisogno (necessita di due condizioni: deve essere percepito
dallo studente e agisce positivamente finchè lo studente decide di averlo soddisfatto), dovere (senso del
dovere) e piacere→ analizza i vari piaceri che possono generarsi: piacere della varietà, dis-piacere della
noia, piacere dell’argomento, della sfida, di riuscire, dis-piacere di fallire, piacere di apprendere e della
sistematizzazione.
4.3 A inizio corso è importante sondare le ragioni per cui l’individuo ha deciso di partecipare al corso. I
bisogni del discente possono essere su livello affettivo e cognitico, tecnico-pratico; egli è al centro del
processo di apprendimento e che collabora alla propria formazione.
4.4 Riconoscere lo stile di apprendimento di uno studente permette al docente di aiutarlo a sviluppare le
proprie strategie di apprendimento. Alcuni studenti possono avere uno stile prevalente che non
permette di utilizzare altre strategie, essi si trovano spesso in difficoltà e sono lenti nell’apprendimento.
Altri sono sicuri delle proprie capacità e non intendono aprirsi ad altre strategie.
4.5 Dalla fine degli anni Ottanta hanno preso piede la Teoria della Bimodalità e quella della Direzionalità
di Danesi. La prima si fonda sull’emisfericità cerebrale, la lingua attiva entrambi gli emisferi del cervello
che operano in modalità diverse. A questa va associata la seconda, secondo cui le informazioni arrivano
al cervello passanso dall’emisfero destro a quello sinistro. Tutto ciò ha portato gli insegnanti ad innovare
la propria didattica→ prima si tendeva a concentrarsi su approcci didattici che colpivano solo l’emisfero
sinistro, lasciando inutilizzato il destro→ portando a difficoltà di apprendimento individui predisposti al
destro.
4.6 Nel 1983 Gardner pubblica la Teoria delle Intelligenze Multiple secondo cui l’individuo ha 7 o più
intelligenze attraverso cui gestisce il rapporto con il mondo: intelligenza logico-matematica, linguistica,
spaziale, musicale, corporeo-cinestatica, interpersonale e intrapersonale, naturalistica ed esistenziale.
Ogni individuo ha un diverso equilibrio di queste intelligenze.
4.7 I sistemi di rappresentazione sono i modi con cui assumiamo, immagazziniamo e codifichiamo le
informazioni nella mente.
4.8 Il raggiungimento dell’autonomia è come un processo di acquisizione delle altre componenti, è frutto
infatti di un processo di insegnamento. Holec: l’autonomia è l’abilità di farsi carico del proprio
apprendimento. L’autonomia porta alla costruzione di individui critici che comprendono e condividono
le scelte e i valori di una società.
4.9 Le strategie di apprendimento sono azioni specifiche che consentono al discente di raggiungere
l’autonomia, possono facilitare l’interiorizzazione e l’immagazzinamento. Oxford le divide in dirette ed
indirette e poi in sei sottogruppi (metacognitive, affettive, sociali, cognitive, mnemoniche, comprensive),
Stern dà 5 aree di strategie principali: di gestione e di programmazione, cognitive, comunicative
esperienziali, interpersonali, affettive. L’uso di queste strategie deve basarsi sui bisogni e le attitudini
degli studenti.
4.10 Le abilità e le tecniche di studio sono indispensabili per diventare uno studente autonomo di lingua.
4.11 Non esiste un modo migliore per imparare la lingua, è soggettivo.

Capitolo 5
5.1 La glottodidattica è una disciplina aperta ai contributi di altri ambiti scientifici che possono
rispondere alle necessità che incontra.
5.2 La natura della glottodidattica si divide tra aspetto linguistico e comunicativo e aspetto didattico,
considera la dimensione dell’insegnamento ma non quella dell’apprendimento. Il suo scopo è sia
studiare i meccanismi e i processi dell’apprendimento e dell’insegnamento linguistico sia operare per
ottimizzare l’apprendimento linguistico in contesti formali e informali. Ha una struttura interdisciplinare
al fine di raggiungere il suo obiettivo. Ha una natura teorico-pratica che causa problemi perchè le scienze
teorico-pratiche sono più difficili da modellizzare dato che hanno varie scienze come fonti di conoscenza
da uniformare. Visione pluralista della glottodidattica: se un glottodidatta sta facendo una ricerca deve
poter contare su esperti di altri ambiti dopo aver conosciuto quelli con cui entra in contatto, tramite
colleghi specializzati attraverso un’ottica implicativa, cioè non per applicare i propri metodi ma per
ricercare in altri ambiti le implicazioni necessarie per sviluppare la conoscenza nel proprio. Non è un
atteggiamento monodirezionale, non solo attinge alla conoscenza ma la trasmette.
5.3 Le neuroscienze hanno sempre sviluppato un certo fascino. La glottodidattica appartiene alle scienze
umane che ha deciso di rapportarsi con le scienze naturali, questo ha portato a sviluppare e adottare
metodi di ricerca scientifici e a disegnare quadri di riferimento teorici.
5.3.1 Punto di partenza è il movimento che porta al Natural Approach perchè presenta numerose
somiglianze con la glottodidattica umanista. Importante anche la Teoria della Gestalt: incoraggia lo
sviluppo di una cornice metodologica determinata dalla percezione ed elaborazione di un input esterno
che porta all’approccio globalità-analisi-sintesi di una minima unità che porta all’acquisizione; questa
sequenza si sposa con il ruolo centrale del testo nell’educazione linguistica. Dagli anni 60 la psicologia ha
influenzato la glottodidattica tramite contributi teorici provenienti dai più diversi filoni, portano
l’apprendente e i processi di acquisizione linguistica al centro dell’insegnamento. Anni 60-80 i contributi
psicolinguistici acquisiti dalla glottodidattica che hanno influenzato ampi settori (esperienza
dell’apprendente fondamentali per apprendimento e insegnamento→ punto principale della Teoria
dell’Embodiment). Teoria dell’Experiential Learning: Kolb struttura in quattro fasi il suo modello, il primo
è costituito dall’esperienza concreta, a cui seguono l’osservazione riflessiva, la concettualizzazione
astratta e, infine, la sperimentazione attiva→ l’individuo deve completamente aprirsi all’esperienza
diretta che esiste solo nell’hic et nunc. La glottodidattica è sempre alla ricerca di contributi di altre
scienza per rispondere alle proprie esigenze pratico-teoriche. Da tempo si occupa anche del ruolo delle
emozioni nell’acquisizione linguistica→ insieme al termine «affettivo» caratterizza la scuola veneziana
che, per aggiornare questo concetto, si è spostata verso un nuovo approccio «cognitivo-emozionale»,
riassumendone i due concetti principali. I processi di apprendimento devono essere costantemente
sostenuti e promossi da un approccio basato da un approccio basato sull’autorealizzazione di un
individuo che apprende tramite emozioni date dalla motivazione e dal piacere della scoperta.
5.4 La Teoria dell’Embodiment (Linguaggio incarnato) sostiene che gli esseri umani utilizzino le stesse
strutture neurali con cui esperiscono la realtà anche per comprendere il materiale linguistico che
descrive quelle esperienze. Non esiste facoltà mentale che non sia incarnata , cioè radicata
nell’esperienza corporea. Centrale è l’esperienza sensori-motoria a cui fanno riferimento specifici
elementi linguistici→ quando si insegna/apprende un elemento in una lingua straniera, esso deve fare
riferimento a qualcosa che sia già stato oggetto di esperienza sensoriale e motoria dell’apprendente. 3
regole: • il contenuto da insegnare deve essere incentrato sull’apprendente e le sue esperienze; • se
l’esperienza non regge gli elementi linguistici da insegnare, allora la prima fase consiste nello stimolare
lo sviluppo di esperienze sensori-motorie specifiche che verranno poi etichettate verbalmente. I contesti
comunicativi devono essere il punto di partenza per ogni processo di apprendimento linguistico; •
l’approccio ad ogni nuovo input linguistico deve prendere le mosse dalla riattivazione della
preconoscenza e dell’esperienza.

Capitolo 12
12.1 La correzione dell’errore e la valutazione dell’insegnante sono spesso vissuti come momento di
forte stress emotivo dallo studente. Evitare l’errore è considerato una priorità nel processo di
insegnamento/apprendimento. La paura di sbagliare induce uno stato d’ansia che non permette allo
studente di apprendere senza costruire barriere psicologiche→ questo porta alla creazione di filtri
affettivi che impediscono l’acquisizione degli elementi linguistici. E’ necessario che l’errore, la
valutazione e l’autovalutazione vengano visti in maniera positiva per evitare di creare barriere
psicologiche e filtri affettivi→ lo studente deve essere autonomamente in grado di riconoscere l’errore e
gestirlo se ne è in grado.
12.2 Nelle teorie strutturalistiche l’apprendimento è basato sulla sequenza
stimolo-risposta-rinforzo/rinforzo negativo; ad una risposta sbagliata corrisponde immediatamente un
rinforzo negativo e la correzione dell’errore→ si riduce lo spettro dell’azione dello studente, tramite fasi
controllare, per evitare l’errore. Le teorie di Chomsky portano ad un nuovo atteggiamento nei confronti
dell’errore→ visto come un processo naturale di produzione lilnguistica: ogni essere umano produce
lingua in modo creativo e la sua performance è unica. L’errore può essere dovuto a distrazione, ansia,
concitazione ecc.
12.2.1 Nell’apprendimento della lingua straniera trova grande spazio il concetto di interlingua. Esiste un
sistema linguistico in continuo movimento e divenire, che si fonda su una struttura latente che il
parlante possiede perchè acquisita tramite apprendimento o perchè innata. Questo porta alla presenza
nell’interlingua di strutture tipiche della lingua madre che vanno riducendosi man mano che si procede
con l’apprendimento, diminuendo il grado di interferenza e arrivando a due sistemi linguistici
indipendenti→ l’errore è visto come naturalmente inevitabile ed è molto meno pericoloso.
12.2.2 Si parla di errore (error) o sbaglio (mistake). L’errore è il risultato di una mancata conoscenza, es:
lo studente non ha incontrato il congiuntivo e non sa usarlo→ carenza sistematica e competenza
incompleta, deve essere corretto dall’esterno. Lo sbaglio è momentaneo e può essere autocorretto, lo
commette il parlante nativo con perfetta padronanza della lingua. Esiste anche il concetto di
fossilizzazione→ un errore che non viene corretto può fossilizzarsi e sarà difficile da eliminare.
12.2.3 Esistono varie tipologie di errore: la più ovvia è il transfert dalla lingua madre, ci sono poi: uno
scorretto uso dei materiali didattici o una cattiva azione didattica, dalle strategie di apprendimento che
portano ad evitare le difficoltà, l’ipergeneralizzazione (estensione di una regola anche se non
applicabile), l’applicazione di strategie comunicative della lingua madre. Si è distinto tra errore di
interlingua e di intralingua→ dovuto a fattori intrinseci al processo di apprendimento della LS e non al
transfert.
12.2.4 I livelli dell’errore sono molteplici, alla base c’è la convinzione che possa essere di varia natura e
gravità.
12.3.1 Durante la lezione ci sono vari momenti in cui si può monitorare e valutare il percorso dello
studente. La valutazione può essere sommativa (per valutare i progressi dello studente a fine percorso,
tramite test) o formativa (il suo scopo è tenere sotto controllo il processo in atto). La correzione
dell’errore non avviene solo nel momento specifico della valutazione di una verifica ma è parte
integrante del lavoro del docente e si verifica in qualsiasi momento della lezione→ lo studente deve
trovare un immediato feedback attraverso il suo intervento o altra valutazione. L’insegnante di lingue
considera il feedback come parte essenziale del suo lavoro. Bisogna inserire all’interno del percorso, con
al centro lo studente, strumenti che lo portino ad una crescente autonomia nella gestione dell’errore→
indurre quindi modalità di avvicinamento alla correzione sostenute da un atteggiamento induttivo che
porti al riconoscimento dello sbaglio e alla sua correzione. E’ bene realizzare un percorso di riflessione
sul perchè dell’errore, l’autocorrezione può essere quindi lunga e difficoltosa ma non inutile.
12.3.2 Se l’errore è una parte naturale del percorso di apprendimento allora lo è anche l’analisi e la
correzione, si apprende tramite la formulazione di ipotesi che possono essere valide o meno. In LS il
feedback avviene attraverso la ricerca di strategie di feedback, inoltre è necessario cogliere le strategie
trasversali che si saldano e fanno parte di un più ampio percorso.
12.3.3 Spetta all’insegnante scegliere tra le varie tecniche per correggere e il momento opportuno in
base all’obiettivo che ci si propone. Se l’obiettivo è la fluency l’insegnante non interviene subito ma si
appunta gli errori per poi dare un feedback a fine lezione, per l’accuratezza invece interviene
immediatamente in maniera mirata. Bisogna sapere dosare gli interventi.
12.3.4 Ci sono varie tecniche e modalità di correzione. 1) La correzione immediata. L’intervento risulta
punitivo e l’errore viene fatto pesare. Il clima è spiacevole e pesante e lo studente non ripete la forma
corretta. In realta l’immediata correzione non è negativa, se vissuta in maniera non punitiva; può essere
usata in mancanza di tempo o in caso uno studente lo faccia notare. 2) La correzione da parte dello
studente. Il docente interviene tramite gesti non verbali o interruzione verbale che portano ad
un’immediata autocorrezione e risulta positiva. L’effetto può non essere immediato, soprattutto se si
chiede di correggere un errore sistematico e non uno sbaglio momentaneo. Costante attenzione del
docente. Risulati opposti si possono avere con l’abuso di questa tecnica 3) La correzione da parte del
gruppo. Vengono coinvolti gli altri studenti nella correzione. Il risultato è positiva se in classe c’è un clima
positivo e collaborativo e deve essere condiviso dallo studente.
Ci sono anche altre tecniche. L’insegnante non reagisce, sente l’errore ma non interviene, questo può
portare a sottovalutare il problema e a non sfruttare le opportunità. L’errore è il prodotto finale di una
serie di meccanismi da migliorare tramite la correzione. L’insegnante spiega il perchè dell’errore, non è
una strategia negativa ma è dispendiosa e porta il docente a essere protagonista e a togliere la
possibilità di «imparare facendo». Per quanto riguarda la produzione scritta ci sono un paio di tecniche
utilizzate frequentemente: il sottolineare l’errore e la correzione a margine. Sottolineare l’errrore porta
alla sua concezione negativa e causa demotivazione, preludendo una punizione. Correggere a margine fa
riflettere lo studente sull’errore ma non porta all’elaborazione di autocorrezione. Si potrebbero usare
dei simboli per favorirla. L’attenzione viene comunque sempre posta sull’errore e non sulla
performance→ opportuno dare un feedback positivo sul lavoro svolto. Bisognerebbe sottolineare solo gli
errori importanti rispetto al percorso in atto, senza curarsi della valutazione di altri sul proprio lavoro.

Capitolo 13
13.1 Se da un lato la valutazione è indispensalbile, dall’altro causa ansia e stress che ne annullano l’idea
stessa. Alla base di un corretto rapporto con lo studente c’è l’analisi dei suoi bisogni formativi, abilità e
conoscenze. Una rilevazione del livello degli studenti è necessaria sia all’inizio del percorso che durante.
13.1.1 Porcelli: la verifica è una pratica che tende a rendere possibile un accertamento degli obiettivi
didattici e quindi del profitto degli studenti. La valutazione esprime un concetto più ampio: mette in
relazione una prova di verifica con il soggetto che l’ha prodotta, il suo background e il suo percorso. Si
passa da un piano oggettivo ad uno soggettivo che porta a sostanziali differenze nella valutazione.
Permette al docente di ricevere un feedback sia sul percorso individuale che su quello generale della
classe.
13.1.2 Le prove conclusive sono solo una parte della valutazione→ valutazione sommativa, ha il compito
di verificare e certificare il raggiungimento degli obiettivi e di dare un feedback sul procedimento. La
valutazione continua nel processo di apprendimento e nel percorso formativo dello studente è detta
valutazione formativa, prevede un maggior intervento autovalutativo e porta ad un’immediata risposta
didattica sia dello studente che del docente.
13.2 Il test è caratterizzato dall’oggettività. Il Language Testing è ideato alla fine degli anni 50 in ambito
strutturalista neocomportamentista. L’apprendimento della lingua basato su una somma di
comportamenti linguistici e l’attenzione alla lingua come insieme di parti e non al suo uso portano alla
necessità di testare i singoli pezzi del percorso didattico. Una delle parole chiave di Lado riguardo al test
è discreto: se per apprendere una lingua occorre mettere insieme le parti analizzate e imparate in modo
separato, la verifica va fatta sulle componenti in modo parcellizzato e discreto→ oggetto di verifica le
strutture grammaticali, lessico ecc, ma anche le componenti culturali. Lado assegna un posto di riguardo
alle quattro abilità (leggere, scrivere, ascoltare, parlare), la cornice entro cui i vari elementi vengono
integrati e valutati. Per Lado un test deve essere: valido (se misura l’obiettivo prefissato), attendibile (se i
risultati non cambiano in base alle variabili), correggibile (correzione rapida e sicura), economico
(coerenza con i tempi a disposizione), praticabile (possibilità di somministrarlo in qualunque condizioni
in cui ci si trovi). Nelle stagioni successive si sposta l’attenzione al significato e alla comunicazione
rispetto alla struttura e quindi si cambia la forma del testing→ il «saper fare con la lingua» diventa
l’oggetto principale→ si preferiscono forme in cui il contesto è più importante. Nel 1953 Taylor
introduce la tecnica del cloze, una tecnica oggettiva ma che focalizza l’attenzione sul testo e non sul
contesto, attivando l’expectancy grammar.
13.2.1 Porcelli riassume le caratteristiche necessarie di un test con l’acronimo PACE: pertinenza
(coerenza intrinseca tra test e programma svolto, non solo i contenuti ma anche come sono stati
presentati→ coerenza rispetto alla metodologia; criterio di validità di Lado), accettabilità (gli studenti
sottoposti al test devono accettarne i contenuti e la tipologia), comparabilità (un test è comparabile se
fornisce risultati affidabili; reliability di Lado), economia (deve rispondere al meglio alle esigenze pratiche
del docente e dello studente; economia di Lado). Un test deve suscitare la motivazione dello studente,
risultando interessante e attraente. Non deve essere troppo difficile e contenere informazioni ambigue.
13.3 Esistono diverse tecniche, dalle più oggettive a quelle più soggettive.

 Vero/falso: la più diffusa, rapida da preparare, correggere e svolgere. Non è molto valida per la
probabilità.
 Quesiti a scelta multipla: rapidi da correggere ma impegnativi da preparare. Solitamente a 4/5
quesiti.
 Domande e risposte: dalle domande chiuse con risposta univoca a domande con risposte più
libere e complesse. Più complicate per il docente che deve correggere.
 Trasformazione: lo studente deve modificare il testo a seconda delle istruzioni.
 Sostituzione: lo studente deve sostituire in base alle istruzioni, es: nome→ pronome.
 Completamento: lo studente deve inserire un determinato elemento in un testo/frase che
l’insegnante ha eliminato in maniera selettiva; le risposte possono essere libere o proposte in un
riquadro.
 Riordino: le frasi all’interno di un testo/le parole in una frase sono messe in disordine e vanno
riorganizzate.
 Abbinamento: viene fornito un testo diviso su due colonne e lo studente deve riordinarne la
sequenza.
 Griglia e tabella: utili per testare la comprensione scritta e orale.
 Editing: lo studente deve eliminare un elemento che non c’entra o correggere un errore.
Attenzione alle possibili soluzioni logiche che possono invalidare il test.
 Riscrittura: lo studente deve riscrivere il testo con le proprie parole.
 Dettato: ricorre spesso nella didattica delle lingue.
 Traduzione: anche questa ricorre spesso. Complessa nella traduzione verso la lingua oggetto,
facile verso la LM.
 Composizione: legata alla produzione scritta. Economica nella produzione ma non nella
valutazione.
 Cloze: viene somministrato un testo in cui vengono eliminate parole con una scansione fissa e lo
studente deve riempire i vuoti o con le sue conoscenze o con proposte in fondo al testo.
 Test performativi: viene chiesto di eseguire un compito secondo istruzioni che possono portare
ad un’esecuzione linguistica o non verbale; applicabile per comprensione scritta o orale.
(Vedere gli altri sul libro)

13.4 Conoscere una lingua significa saperla usare per scopi comunicativi. La verifica deve rispecchiare le
modalità didattiche adottate per l’insegnamento della lingua. Gli esami di certificazione valutano tutte e
quattro le abilità linguistiche primarie. I comipiti mirano a valutare le capacità degli studenti nell’usare la
lingua pratica nei contesti piu vari. Lo studente viene valutato sia in termini di capacità comunicativa e
adeguatezza pragmatica sia di competenza linguistica→ valutato rispetto alla sua capacità di interazione,
al saper fare con la lingua.
13.5 Il tempo che intercorre tra la comunicazione e la data del test dovrebbe essere impiegato in parte
per preparare gli studenti ad affrontarlo. I contenuti e la modalità non devono essere misteriosi. Nel
preparare il test il docente deve prendere decisioni su molti aspetti e deve pensare a come misurare il
test. L’atmosfera che si respira durante la verifica è fondamentale per la buona riuscita della prova. Il
docente può decidere cosa suggerire allo studente, aiutare quindi gli studenti nella comprensione delle
istruzioni. A volte un piccolo aiuto che può invalidare un singolo elemento dell’esame può aiutare a
sbloccare lo studente in difficoltà. Il dopo test non è solo la correzione ma anche la comprensione delle
caratteristiche del test e poi la riflessione articolata sulla fase di recupero.

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