Sei sulla pagina 1di 6

Insegnare la grammatica

di Marco Mezzadri

Nel corso dei secoli la grammatica è stata oggetto di attenzioni più o meno grandi da parte di
insegnanti e studenti e ha fatto sentire la propria presenza all'interno della lezione di lingua straniera
in modo diverso a seconda delle scelte metodologiche.
Fino a non molto tempo fa, e in alcune situazioni ancora oggi, lo scopo del processo di
insegnamento era quello di mettere in grado lo studente di gestire testi scritti, di leggere soprattutto
testi letterari e di conoscere il funzionamento, le forme della lingua. È quasi paradossale che dopo
anni di istruzione formale ricevuta a scuola o all'università uno studente non riesca a comunicare
oralmente in lingua; ciò risulterebbe pressoché inspiegabile se non si prendesse in considerazione il
ruolo che esercitano ancor oggi grammatica e traduzione nell'insegnamento delle lingue straniere.
Così come accade per l'insegnamento del latino e del greco o di altra lingua classica la metodologia
applicata nel campo dell'insegnamento della lingua straniera è stata e in parte ancora è basata sulla
grammatica e sulla traduzione.
Attraverso l'apprendimento mnemonico di regole descritte dall'insegnante e di lessico presentato
attraverso i testi da tradurre, lo studente era (usiamo il passato come auspicio) accompagnato
nell'esplorazione della lingua straniera senza che venisse presa in considerazione la dimensione
d'uso della lingua. Nel momento in cui le lingue straniere hanno cominciato ad assumere la loro
nuova, ma soprattutto naturale funzione, cioè quella di strumenti per la comunicazione, il modo
tradizionale di insegnarle ha denunciato tutti i suoi limiti, ha dovuto prendere atto della necessità di
abbandonare i metodi formalistici e modificarsi scoprendo frontiere metodologiche nuove. Questo,
tuttavia, non ha significato il completo superamento dell'impostazione grammatico-traduttiva, in
Italia per l’insegnamento delle lingue straniere moderne e nella didattica dell'italiano a stranieri
anche fuori dai confini nazionali.
Con questo metodo l'insegnamento della grammatica, al centro e di fondamentale importanza,
avveniva in modo deduttivo sotto il diretto, costante controllo dell'insegnante che faceva
abbondante uso di termini metalinguistici e gestiva le lezioni quasi esclusivamente nella
madrelingua degli studenti. Gli esercizi di applicazione erano basati sulla traduzione da e verso la
lingua straniera di frasi, l'unità di base della lingua. Senza dimenticare l’epoca dello strutturalismo, i
contributi successivi del cognitivismo e del costruttivismo cambiano la prospettiva e spingono verso
un’evoluzione del ruolo della grammatica nell’insegnamento della lingua. In un contesto come
quello delineato da queste ultime teorie, in cui si dà ampio spazio e valore alla capacità
dell'individuo di creare, produrre lingua, risulta evidente la necessità di affrontare le problematiche
relative alle interferenze causate dalla madrelingua dello studente, da altre lingue apprese in
precedenza, ma anche alle interferenze intralinguistiche, cioè interne al sistema della lingua
straniera che lo studente sta sviluppando. Queste problematiche coinvolgono non solo aspetti che
definiremmo di tipo teorico riguardo all'apprendimento della lingua, ma hanno risvolti pratici di
estrema rilevanza nella prassi didattica quotidiana: ad esempio nel definire quando e come
correggere un errore di grammatica; come presentare la grammatica, se in modo implicito o
esplicito, che impostazione dare all'approccio allo studio della grammatica, induttivo, deduttivo,
eclettico. Ci siamo avvicinati, a grandi passi e in modo molto sommario, a questioni che riguardano
l'insegnamento della grammatica.

Acquisizione e apprendimento

Procedendo oltre, molto interessante risulta la contrapposizione tra acquisizione e apprendimento


proposta da Krashen (1981) che qui vediamo in relazione alla grammatica. Krashen propone il
concetto di apprendimento (learning) che accompagna in modo inscindibile quello di acquisizione
(acquisition) spontanea e naturale della lingua, quest'ultima risultato di un'esposizione che ha certe
caratteristiche: è fondata su un input comprensibile, può contare su un corretto ordine naturale, sa
fare i conti, scongiurandolo, con il pericolo dell'insorgenza di stati d'ansia e altri fenomeni psico-
affettivi che possono creare filtri affettivi, e così via.
L'apprendimento, processo non inconscio come l'acquisizione, si realizza in condizioni sempre
favorevoli da un punto di vista affettivo, sollecitando la motivazione degli studenti a un percorso di
riflessione razionale sui meccanismi della lingua, nel caso della grammatica, oppure su altri aspetti
dell'apprendimento linguistico, quali possono essere il lessico e le abilità di studio, per citarne un
paio. L'acquisizione permette di trasferire le conoscenze nella memoria a lungo termine, mentre
l'apprendimento risulta efficace nel breve periodo, ma non produce effetti permanenti. Tuttavia,
l'apprendimento prodotto dalla riflessione porta a monitorare le conoscenze acquisite in modo
spontaneo: questa funzione di monitor ha immediate conseguenze sulla produzione dello studente
che risulta immediatamente influenzata dall'attenzione e dal controllo razionali posti sulla
correttezza fonologica, lessicale, grammaticale, ecc. Tali conseguenze sono riscontrabili in un
probabile rallentamento della velocità del parlato. L'apprendimento non produce comportamenti
linguistici autonomi. L'eccessivo rilievo dato all'apprendimento nei materiali didattici può costituire
un elemento di valutazione degli stessi di grande importanza e utilità per gli insegnanti (Balboni,
2002, p. 34). Dove collocare la riflessione razionale sulle varie componenti della lingua è questione
aperta, ma che con il contributo di altre teorie, come quelle riguardanti la bimodalità e la
direzionalità, porta a evidenziare quanto meno un percorso da seguire: dalla globalità mirante
all'acquisizione, all'analisi principalmente gestita dall'emisfero sinistro del cervello in termini di
apprendimento (learning). Gli interventi di riflessione razionale durante la fase della lezione
dedicata all'esposizione globale alla lingua possono trovare una collocazione e una spiegazione
metodologica se si considera vincolante la necessità di aiutare le due modalità del cervello a
"mettersi in moto". Gli spazi dedicati alla scoperta induttiva della lingua, intesa come momenti di
riflessione autonoma dello studente sulle regole grammaticali, sul lessico o altri aspetti, ne sono la
traduzione pratica; infatti, se da un alto l'induzione è indicata come una possibile strategia per
attivare la modalità destra del cervello, la riflessione da parte dello studente non condotta
dall'insegnante permette di stimolare l'autonomia creativa e la formulazione di ipotesi che verranno
verificate con lo sviluppo del percorso didattico, spostando dunque l'attenzione verso le funzioni
analitiche dell'emisfero sinistro.

Grammatica implicita o esplicita

Quanto affermato nel paragrafo precedente conduce a riflettere su aspetti lungamente dibattuti in
glottodidattica, in particolare sulla dimensione implicita o esplicita dell'insegnamento della
grammatica. I termini della dicotomia sono facilmente intuibili: da un lato la riflessione aperta
condotta sulle strutture grammaticali che porta a uno sviluppo di competenze metalinguistiche oltre
che linguistiche e dall'altro l'acquisizione spontanea in cui la grammatica non ha bisogno di essere
esplicitata. Seguendo l'impostazione indicata che si muove verso la gestione eclettica dei vari
aspetti, quindi verso l'uso mirato delle diverse componenti e dei diversi approcci possibili, non si
tratta di una reale scelta definitiva ed esclusiva, ciò che occorre coscientemente applicare è la
corretta sequenza delle fasi che porta a far precedere la globalità all'analisi, l'attivazione
dell'emisfero destro a quella dell'emisfero sinistro, l'acquisizione all'apprendimento, la lingua alla
metalingua, il significato alla forma. Tuttavia, non è sufficiente basare la propria attività didattica su
una "corretta" sequenza; come sempre, è necessario prendere in considerazione i bisogni dei
discenti, traducibili prima di tutto in caratteristiche diverse a seconda degli individui, ma anche in
generale dello stadio di evoluzione della persona: con Freddi (1999, pp. 54-56) è infatti ragionevole
affermare che se fino all'età adolescenziale prevale la competenza d'uso senza un'adeguata
consapevolezza, gli adolescenti e gli adulti mostrano capacità di manipolazione delle idee astratte
che aiutano a creare una conoscenza formale dei meccanismi linguistici. È la grammatica esplicita
che si sostituisce a quella implicita. Spesso le esperienze di apprendimento linguistico largamente
basate sulla riflessione grammaticale spingono l'adulto a preferire in via quasi esclusiva la
grammatica esplicita e a non accogliere proposte che associno grammatica esplicita e implicita.

Grammatica pedagogica ed essenziale

Nella glottodidattica moderna non trova spazio l'atteggiamento che molti adulti hanno conosciuto
affrontando lo studio delle lingue classiche, e purtroppo anche delle lingue moderne, cioè l'analisi
del più ampio numero di aspetti morfosintattici arricchiti da eccezioni e controeccezioni alle regole,
con scarsa o nessuna attenzione prestata alla dimensione d'uso delle lingua. Lo studio delle regole
rimaneva un esercizio formale, non era il bisogno di apprendimento dello studente dettato dalle sue
esigenze comunicative a imprimere i ritmi e le scelte della didattica, ma al contrario l'insegnante
proponeva un programma al cui centro stava la progressiva descrizione delle regole
morfosintattiche. I ritmi e le modalità di apprendimento dello studente non erano presi in
considerazione, non vi era spazio per le considerazioni d'obbligo sulle capacità di assimilazione
dell'input da parte dello studente. Così, tutto l'input sostenibile veniva distribuito in maniera quasi
esclusiva e univoca sulla grammatica e non si prendevano in considerazione gli altri aspetti
dell'educazione linguistica. L'elasticità insita nel concetto di grammatica pedagogica, invece,
permette di calibrare l'intervento didattico in base ai bisogni dello studente, alle sue caratteristiche,
all'uso della lingua che non è dato solo dalla somma delle regole di grammatica. Alcuni dubbi e
perplessità assalgono spesso l'insegnante di lingua straniera che si ritrova a chiedersi quanta
grammatica si debba insegnare agli studenti, quali siano i punti essenziali per rispondere ai bisogni
della classe, quanto tempo occorra dedicare in classe alle varie attività di presentazione e riflessione
sulla lingua, quali strategie seguire per affrontare la presentazione della grammatica in modo
induttivo.
Un rischio molto frequente è che gli studenti chiedano all’insegnante di esporli a presentazioni
grammaticali indipendentemente da una reale esigenza di tipo comunicativo e che tale richiesta
porti a spostare l’enfasi verso un tipo di grammatica descrittiva e non pedagogica comunicativa.
Indispensabile è, dunque, creare le condizioni affinché gli studenti possano trovare nella necessità
comunicativa la molla che fa scattare la curiosità, la motivazione all’apprendimento. In questo
modo risultano maggiori le possibilità di giungere a un’acquisizione duratura delle strutture
grammaticali.

I materiali

Di conseguenza l’analisi del materiale che si utilizza (libro di testo o altro) porta a un quesito
fondamentale riguardante l’approccio alla grammatica scelto dagli autori: è opportuno rendersi
conto se il libro di testo utilizzato permetta di procedere a un insegnamento che privilegia
l’acquisizione naturale della lingua e utilizza la riflessione grammaticale come momento di
apprendimento razionale da impiegare soprattutto in chiave di monitoraggio del processo
dell’imparare. La grammatica è solo uno degli strumenti per giungere alla competenza
comunicativa, non è il fine dell'apprendimento linguistico; sorge, quindi, la necessità di chiarirsi in
merito a quali siano gli altri mezzi o perlomeno i principali cui si deve prestare un’attenzione
sistematica e che si affiancheranno alla grammatica in un moderno approccio multisillabico.
Tuttavia, se ci si ferma a questo primo momento di riflessione in cui sono identificabili due dei
termini della questione e cioè l’esistenza di una competenza data dalla grammatica, definita spesso
competenza linguistica e un altro tipo di competenza, detta competenza comunicativa, il rischio è
quello di non cogliere appieno la portata del problema. La domanda è: quanta e quale grammatica
proporre? La maggior parte dei test disegnati per la certificazione dei livelli di conoscenza per le
lingue moderne non è basato sul grado di competenza linguistica, né sul livello di competenza
comunicativa. La rilevazione avviene attraverso altri parametri. In un’espressione difficilmente
traducibile in italiano: sui livelli di proficiency vagamente: competenza, conoscenza, abilità, ecc.
Tra le priorità didattiche che si impongono all'attenzione del docente vi è la necessità di considerare
con molta attenzione il livello di input grammaticale e il modo di proporre la grammatica a seconda
dei livelli di conoscenza linguistica degli studenti, ma anche a seconda dei bisogni dei nostri
studenti.
Ciò che conta non è quanta grammatica conoscono gli studenti, ma la qualità della grammatica che
conoscono, qualità data dall’essenzialità delle conoscenze a seconda del livello e dal modo in cui è
avvenuto l’apprendimento, dove l'essenzialità è determinata dalle strutture necessarie per compiere
gli atti comunicativi che si realizzano nelle situazioni in cui si vengono a trovare gli studenti.
Ciò che conta, dunque, è la capacità degli studenti di utilizzare la grammatica per scopi
comunicativi a seconda dei propri bisogni. Una volta stabilito quale e quanta grammatica proporre,
un altro fattore determinante rende necessaria una riflessione sulle modalità di gestione del sillabo
della grammatica: il tempo classe è limitato e all’interno della lezione l'insegnante deve trovare lo
spazio per i percorsi didattici legati agli altri sillabi, per la correzione dei compiti a casa, per le
verifiche e le relative correzioni, per i lavori di recupero, ecc. Ciò impone l’impiego di strategie che
permettono di far svolgere alcune fasi, quali il monitoraggio dell’apprendimento o il suo
consolidamento, al di fuori della classe. Senza contare la necessità di rendere il più individualizzato
possibile l’insegnamento. In più un altro cardine del moderno insegnamento, l’approccio a spirale,
porta a privilegiare un certo tipo di lavoro che per alcuni insegnanti abituati a ragionare in termini di
“ho fatto il passato prossimo” oppure “non sono ancora arrivato al condizionale, aiuto! Sono
indietro col programma!” potrebbe sembrare una perdita di tempo. Ecco allora che la riflessione
investe i materiali che solitamente si utilizzano nei corsi di lingua straniera basati perlopiù sul testo
di lingua adottato che comprende lo sviluppo dei vari sillabi. Tuttavia, per quanto riguarda la
grammatica si ha bisogno di poter far riferimento a un testo che permetta agli studenti una costante,
immediata consultazione autonoma o guidata, a casa o in classe, per poter porre rimedio a eventuali
problemi emersi attraverso attività che, ispirate all’approccio a spirale, riportano a strutture
presentate in passato. I libri di testo, i corsi di lingua, solitamente presentano tabelle riassuntive o
pagine di sistematizzazione della grammatica, ma per loro natura e per ragioni di spazio non
offrono quanto possiamo trovare su un testo di grammatica di riferimento.

Il ruolo della metalingua

L'ampio uso di una terminologia metalinguistica, spesso di difficile decifrazione, è una caratteristica
costante degli approcci formalistici che risentono della necessità di catalogare e raggruppare in
categorie gli elementi strutturali della lingua. L'atteggiamento contrario, nel nome della priorità
assegnata alla comunicazione, porta al rifiuto delle categorie e in particolare della terminologia che
permette di definire in astratto gli elementi grammaticali. Vi sono vantaggi e svantaggi nell'uso
della metalingua: in fase di sistematizzazione delle conoscenze grammaticali essa può portare a
velocizzare la riflessione e a aumentare la chiarezza data dalle schematizzazioni. D'altra parte, però,
il tempo necessario per apprendere questa terminologia, l'eccessiva enfasi posta sul ragionamento
astratto attorno alla lingua, l'uso intensivo che molti insegnanti ne fanno anche in momenti della
lezione non dedicati alla riflessione sulla grammatica fanno della metalingua un'arma a doppio
taglio estremamente pericolosa. A questo si accompagna la scarsa attenzione per la necessaria
costante verifica che appuri se il codice utilizzato conduce alla reale comunicazione, cioè che
assicuri che gli studenti ricordino i termini. Un approccio pragmatico e non dogmatico al problema
potrebbe condurre a una soluzione che rivendichi un ruolo e un utilizzo parzialmente nuovo della
metalingua. Innanzitutto l'uso della terminologia della grammatica è consigliabile in stretta
relazione con l'impostazione metodologica generale che pone una forte enfasi sulla qualità piuttosto
che sulla quantità. Occorre, cioè, che l'insegnante sia estremamente attento a sostenere l'impiego
della terminologia attraverso interventi che ne verifichino l'efficacia e che aiutino a prevenire
l'insorgere di filtri affettivi causati dalla cattiva comprensione della metalingua.
Un ruolo sicuramente interessante può essere assegnato alla metalingua come strumento per
incentivare l'autonomia dello studente in quanto un'acquisizione di questa terminologia apre la
strada alla fruizione di innumerevoli testi di consultazione. Posto su un piano puramente del
prodotto, cioè dei termini metalinguistici appresi, il discorso scade nella banalità, invece il percorso
che conduce ad appropriarsi di tali termini e successivamente a impiegarli suscita un certo interesse
perché fondato sullo sviluppo di abilità cognitive che concorrono a migliorare le strategie di
apprendimento degli studenti, come le capacità di creare e organizzare categorie, di generalizzare,
di astrarre, ecc.

Insegnanti e studenti

Si è cercato di portare l'attenzione sul problema della qualità dell'insegnamento grammaticale e


sulla necessità di non considerare qualità la quantità. In parte a causa di una preparazione avuta da
studenti basata sugli atteggiamenti propri dei metodi formalistici, gli insegnanti a volte tendono
ancor oggi a preferire a un approccio fondato sull'idea della grammatica dell'uso una grammatica di
tipo descrittivo, il cui insegnamento prevede, quale compito precipuo del docente, l'illustrazione di
tutti gli aspetti del sistema morfosintattico della lingua. In generale, riflettendo sulle abilità
cognitive e i meccanismi neuropsicologici che lo studio della grammatica sollecita, è possibile
affermare, senza approfondire la questione, che un approccio di tipo tradizionale porta ad attivare in
particolare la modalità sinistra del cervello, quella preposta all'analisi. Questo è esattamente quanto
l'approccio didattico della maggioranza dei sistemi educativi ha promosso nel tempo per
l'apprendimento non solo delle lingue, ma anche delle altre discipline, cosicché lo studente abituato
fin da piccolo a esercitare questo tipo di capacità intellettive e a misurare i propri successi scolastici
in base allo sviluppo delle potenzialità dell'emisfero sinistro, non trova discrepanze metodologiche
nell'affrontare lo studio delle lingue straniere attraverso percorsi fondati sullo studio descrittivo
della grammatica. Così, da un lato gli studenti faticano a cogliere la validità di approcci proposti da
insegnanti che lavorano intensamente sul metodo di studio; che promuovono lo sviluppo delle
abilità linguistiche; che considerano la dimensione comunicativa dello studio della lingua; che sono
portati ad attivare e a educare all'uso di entrambe le modalità del cervello, anche grazie al tipo di
materiali didattici a disposizione; che cercano di promuovere l'acquisizione al pari
dell'apprendimento; che applicano strategie di tipo induttivo e non soltanto deduttivo; che
propongono e pretendono uno studio e un ripasso, domestico o in classe, costante e diluito nel
tempo non concentrato in un'unica sessione prima delle verifiche; che tendono a valutare non solo il
prodotto (la verifica), ma anche il processo dell'apprendimento; e si potrebbe continuare questa lista
a lungo.
Dall'altro lato, ancora in numerose realtà, i colleghi di altre discipline, a partire da quelli di materie
affini, quali ad esempio gli insegnanti di lingua italiana a studenti madrelingua nella scuola italiana,
impostano il lavoro su uno studio fondato prevalentemente sull'acquisizione dei contenuti attraverso
un approccio di tipo tradizionale, creando dannose difformità metodologiche e disorientamento nei
discenti. La grammatica in un contesto di tipo tradizionale d'insegnamento delle lingue offre un
supporto insostituibile ed esclusivo al docente, mentre oggi l'approccio alla grammatica deve essere
impostato nell'ambito di un'educazione linguistica di tipo multisillabico, senza negare con ciò
l'importanza di questo aspetto dell'insegnamento. In altri termini occorre che l'insegnante faccia
attenzione a dosare la grammatica in modo da non poggiare troppo, o troppo poco, il percorso
didattico su questa componente.
Occorre che non si lasci tentare da impostazioni didattiche basate su un utilizzo esclusivo della
modalità sinistra del cervello e che promuova in via prioritaria l'acquisizione. Rimane il problema
di come sostituire questa sorta di coperta di Linus dell'insegnante che è la grammatica: tanti docenti
vedono nella razionalità dello sviluppo del sillabo grammaticale, nel suo evolversi in modo certo
(anche se sostanzialmente mai fondato su teorie come quella dell'ordine naturale) un modo per
affrontare coerentemente il percorso didattico mantenendo il proprio ruolo di guida del percorso
educativo. Una riflessione sul ruolo del docente porta a sottolineare che oggigiorno l'asse si è
spostato dal docente ai discenti, la centralità dei quali è ormai affermata e accettata; il docente ha
perso il proprio ruolo di fautore dell'apprendimento, egli può favorirlo e facilitarlo, guidarlo in
parte, ma deve accettare il fatto che non tutto è controllabile e che lo studente deve essere messo di
fronte a proposte che possano attivare anche quelle capacità subconscie, che tanto ruolo giocano
nell'agevolare l'acquisizione. In sostanza il ruolo di controllo sull'intero processo di apprendimento
linguistico determinato dall'insegnamento della grammatica viene a scemare.
Fatta salva la constatazione che l'input proposto deve rispondere a criteri di comprensibilità il
processo d'apprendimento dello studente avviene grazie a meccanismi che sfuggono in parte al
controllo dell'insegnante, ma che questi cercherà di favorire mettendo in pratica le strategie idonee,
creando la giusta atmosfera per l'apprendimento, ecc. Ciò che il docente potrà guidare è la scelta
delle strutture da sottoporre all'analisi e alla riflessione successivamente alla fase della globalità in
modo da poter attivare le capacità di monitoraggio dello studente. Nella fase di esposizione globale
alla lingua, il docente presenterà gli elementi su cui si rifletterà durante la riflessione sulla lingua,
anche se questa presentazione avverrà all'interno di un contesto più ampio e variegato
comprendente anche le componenti di altri sillabi. Il processo d'insegnamento dunque può essere
rappresentato come una catena i cui anelli hanno di norma una sequenza determinata e che non
trovano una dimensione di sistema nella moderna didattica delle lingue se presi in modo isolato.

Dall'insegnamento della grammatica alla riflessione sulla lingua

Concludiamo promovendo un concetto, quello di riflessione sulla lingua, quale evoluzione del
vecchio insegnamento della grammatica. Il passaggio da insegnamento della grammatica a
riflessione sulla lingua comporta una serie di modifiche nel modo di avvicinarsi allo studio della
grammatica. Si tratta in sintesi di cambiamenti di punti di vista ai quali questo testo ha dedicato
molto spazio in ogni percorso trattando altre componenti della professionalità del docente di lingua
di oggi. Il soggetto principale della riflessione sulla lingua è lo studente, protagonista attivo del
proprio percorso di apprendimento, i cui obiettivi non sono solo la conoscenza delle strutture
grammaticali, ma lo sviluppo costante di strategie di apprendimento che portano all'autonomia.
L'insegnante ha un ruolo di guida che induce nello studente a scoprire e a riflettere sulla lingua
utilizzando le strategie che man mano vengono insegnate o migliorate.
L'apprendimento grammatica in un'ottica di riflessione sulla lingua diventa non un esercizio fine a
se stesso, cioè mirato alla descrizione della lingua, bensì uno strumento dell'uso, indispensabile per
capire i meccanismi della lingua e controllare, migliorandola, la qualità della produzione. La
riflessione sulla lingua è un percorso che si snoda lungo l'arco dell'azione didattica e non
necessariamente collocato in un momento determinato.
Ciò che conta è che la riflessione scaturisca come sintesi di un percorso interno alla lezione che
partendo dalla intuizione, cioè dall'aver indotto la regola attraverso l'osservazione della lingua, porti
alla formulazione delle ipotesi, alla loro verifica e convalida, e quindi alla fissazione e al reimpiego.
Questi passaggi rappresentano una sorta di metodologia per favorire l'acquisizione delle regole
(Balboni 2002, pp. 118-119).

Potrebbero piacerti anche