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Approcci deduttivi
Approcci induttivi
Metodo nozionale-funzionale
a) L’approccio grammaticale con cui sono cresciuti gli insegnanti viene ufficialmente
condannato e bandito
b) Gli esercizi strutturali sono ridotti in numero e non più eseguiti in laboratorio
linguistico
c) L’impianto dei manuali rimane quello del metodo situazionale, sostanzialmente
legato alla sequenza presentation (audio o video), practice (atti linguistici),
production (roleplay, drammatizzazioni ecc.) e nelle metodologie psicodidattiche “a
mediazione sociale”, quelle cioè in cui gli studenti lavorano tra di loro costruendo
insieme la loro conoscenza (“costruttivismo”): per stimolare la comunicazione si
impostano attività di problem solving oppure basate sull’esecuzione di un progetto e
ci si affida all’apprendimento cooperativo, alla collaborazione tra studenti
d) La cultura è ridotta a cultura quotidiana, materiale, e tendono a scomparire la
riflessione sulla civiltà dei popoli di cui si studia la lingua
e) Il sillabo è sviluppato secondo le categorie di “funzioni” (salutare, ringraziare) e
“nozioni” (concetti di tempo, di quantità), che si realizzano con “esponenti
linguistici” diversi
f) Forte impatto della pragmalinguistica e della sociolinguistica
Lexical Approach (anni ’70 viene creato ma utilizzato solo dagli anni ‘90)
Il “metodo naturale” di Terrel si è sempre più avvicinato nelle sue versioni più
recenti alle ipotesi formulate da Krashen sull’acquisizione del linguaggio:
a) Differenza tra acquisizione e apprendimento
- Acquisizione: è un processo inconscio che sfrutta strategie globali dell’emisfero
destro insieme a quelle analitiche dell’emisfero sinistro; quanto viene acquisito
entra a fare parte stabile della competenza della persona, entra nella sua memoria a
lungo termine
- Apprendimento: è un processo razionale, governato dall’emisfero sinistro e di per
sé non produce acquisizione stabile; la competenza “appresa”, in altre parole, è una
competenza provvisoria, non è definitiva. Inoltre, essa viene attivata molto più
lentamente della competenza “acquisita”, per cui nella conversazione reale non si
ha tempo di farvi ricorso se non come monitor, come controllo grammaticale in
senso lato
> l’insegnamento delle lingue deve passare attraverso l’apprendimento, ma tendere
all’acquisizione
b) L’ordine naturale di acquisizione, che è noto solo empiricamente; secondo
Krashen, l’acquisizione avviene seguendo questo ordine, indipendentemente da
quello seguito per l’insegnamento
c) Monitor: l’apprendimento può servire solo da monitor, da meccanismo di
controllo, ma la produzione linguistica è direttamente collegata a quanto è stato
acquisito
Alla base della SLAT (Second Language Acquisition Theory; Krashen) sta l’idea che
l’insegnante debba lavorare per produrre acquisizione. 3 principi che Krashen
individua per produrre acquisizione:
• Input comprensibile
L’acquisizione avviene quando l’allievo concentra l’attenzione sul significato
dell’input e non sulla forma. Se a una persona si fornisce un input reso
comprensibile, allora il Language Acquisition Device (LAD) si mette
autonomamente in moto e procede all’acquisizione, purché si verifichino le
condizioni delle due ipotesi che seguono
• Ordine naturale e i + 1, “zona di sviluppo potenziale”, interlingua
La prima delle condizioni perché l’input venga acquisito è che esso sia
collocato al gradino dell’ordine naturale immediatamente successivo all’input
acquisito fino a quel momento.
L’”area di sviluppo potenziale” è la distanza tra la parte di un compito che una
persona è già in grado di eseguire (intake) e il livello potenziale cui può
giungere (1) nel tentativo di compiere la parte restante del compito, distanza
che può percorrere da solo o sotto la guida di una persona più esperta.
Krashen inserisce i vari scalini i+1 lungo l’ordine naturale d’acquisizione, cioè
la successione degli elementi linguistici nelle sequenze di acquisizione così
come emergono dagli studi della linguistica acquisizionale. Le conseguenze
possibili sono 2:
a) Se noi prendiamo un elemento a caso della sequenza, tutti gli elementi che
vengono prima di quel punto sono condizione necessaria per poterlo
acquisire; essi costituiscono la “i” della formula
b) Se il punto i+1 compare nell’input reso comprensibile, il fatto di aver già
acquisito gli elementi precedenti è condizione sufficiente perché
l’acquisizione del nuovo avvenga, purché il filtro affettivo sia aperto
• Filtro affettivo
L’ipotesi afferma che affinché i+1 sia acquisito è necessario che non sia
inserito il filtro affettivo, altrimenti ciò che si comprende viene collocato nella
memoria a breve o medio termine, ma non passa ai centri dell’acquisizione
stabile e definitiva.
Infatti, in stato di serenità l’adrenalina si trasforma in noradrenalina, un
neurotrasmettitore che facilita la memorizzazione, mentre in stati di paura e
stress si produce uno steroide che blocca la noradrenalina e fa andare in
conflitto l’amigdala (ghiandola “emotiva” che vuole difendere la mente da
eventi spiacevoli) e l’ippocampo (la ghiandola che invece ha un ruolo attivo
nell’attivare i lobi frontali e iniziare la memorizzazione).
Il filtro affettivo è dunque un preciso meccanismo di autodifesa, che viene
inserito da:
a) Stati d’ansia
b) Attività che pongono a rischio l’immagine di sé che lo studente vuole offrire
al resto della classe
c) Attività che minano l’autostima
d) Attività che provocano la sensazione di non essere in grado di apprendere
(per questo, le attività di comprensione che aprono un’unità di
apprendimento devono facilitare al massimo il primo contatto con un nuovo
testo in lingua straniera)
Pedagogia steineriana
Metodi moderni
Language Teaching Through the Arts (LTTA; anni ’90; per Italia
Caterina Cangià) L’apprendimento attraverso le arti performative
- In anni recenti, l’uso del teatro per la didattica delle lingue è confluito di
iniziative di respiro internazionale, come il progetto europeo Glottodrama
- La creatività e le passioni personali degli apprendenti balzano dunque in
primo piano, come chiavi di volta per un insegnamento di L2 che:
a) mira sia all’acquisizione della seconda lingua, sia allo sviluppo di abilità
cognitive e competenze performative e artistiche, secondo gli interessi dei
destinatari
b) focalizza il messaggio più che la forma
c) favorisce le emozioni positive trasferendole dall’espressione artistica all’uso
della lingua
- I punti di forza della LTTA stanno emergendo anche a causa dell’impatto delle
tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), che offrono ambienti di
apprendimento flessibili e favorevoli alla creatività individuale, mentre nuove forme
di edutainment trovano sempre più spazio nelle offerte formative legate al tempo
libero, alle vacanze, andando incontro alle caratteristiche e alle esigenze delle nuove
generazioni di apprendenti e promuovendo nuove professionalità anche fra i
docenti
- Il metodo LTTA mette in stretta correlazione l’apprendimento della L2 con
l’esperienza artistica che sviluppa il talento individuale, crea una condizione
psicologica positiva nell’apprendente che lo spinge a focalizzare il messaggio (in L2)
più che la forma
L’incontro/lezione
L’unità didattica
• Negli anni ’70 si impone una revisione anche dei modelli di insegnamento,
specialmente nel campo delle lingue moderne. In particolare, la teoria della
Gestalt, che descrive la percezione come globalità-analisi-sintesi, offre lo
spunto per ripensare in questi termini anche l’atto didattico
• Alla fine dell’Ottocento, il filosofo e psicologo tedesco Carl Stumpf fonda a
Berlino la prima scuola di psicologia sperimentale (nota come la scuola di
Berlino) ed elabora questa teoria a partire dal fenomeno della percezione.
Secondo Stumpf, la mente umana interpreta la realtà sulla base di “principi
olistici” (“l’intero”, “il tutto”), determinati da leggi innate che permettono di
percepire l’ambiente come un insieme. A differenza delle concezioni
atomistiche o behavioriste, le teorie gestaltiche affermano l’esistenza di
processi mentali innati che organizzano la percezione in unità coerenti che il
soggetto individua in base alle loro caratteristiche comuni. Una forma (in
tedesco Gestalt) viene dunque considerata un’organizzazione che non può
essere ricondotta alla somma degli elementi che la costituiscono
• Se la percezione umana segue dunque questo percorso, anche il contatto con
i contenuti di una disciplina di studio potrà essere proposto in maniera più
efficace utilizzando appunto un percorso che dalla globalità passi all’analisi e
si concluda poi con la sintesi, ovvero con le fasi fondamentali del modello di
Unità Didattica (UD) elaborato da Freddi dagli anni ’60 in avanti, ripreso e
approfondito da Danesi (1988;1998) da un punto di vista neurologico e da
Balboni (1994; 2002; 2008)
- Questa sequenza di fasi si articola in un periodo di 4-6 ore (6-8 per la scuola
secondaria) e comprende più incontri-lezione in classe, oltre allo studio
individuale (i compiti)
- Nell’arco di queste 4-6 ore, il docente mette a fuoco uno o più obbiettivi
glottodidattici e insieme agli studenti punta al loro raggiungimento: al termine
del percorso, se l’obbiettivo è stato raggiunto, dovrebbe essere
concretamente visibile una “trasformazione”. Sia il docente che gli allievi
dovrebbero quindi prendere consapevolezza del cambiamento avvenuto nel
sistema di conoscenze e nelle performance degli studenti grazie all’intervento
didattico
- L’UD si articolerà perciò nelle 3 fasi fondamentali di un approccio olistico e
induttivo al testo e ai materiali didattici proposti dal docente alla classe:
1) La motivazione: si propongono attività di brainstorming per elicitare le
conoscenze già possedute dagli allievi sul tema dell’UD, si forniscono le parole
chiave, si prepara l’incontro con il testo fornendone le coordinate (emittente,
destinatari, contesto)
2) La globalità: incontro iniziale con il testo con un compito di comprensione
generale dell’argomento, delle sue coordinate, anche grazie all’esplorazione
del cotesto e del paratesto
3) L’analisi: con attività che portano all’esplorazione del testo nelle sue
caratteristiche linguistiche, testuali, pragmatiche, culturali, eventualmente
con attività di tipo euristico (per scoprire regolarità ed eccezioni, per verificare
o confutare ipotesi sul funzionamento della lingua ecc.) e induttivo (dal caso
particolare alla regola generale)
4) La sintesi: con attività di reimpiego delle strutture e dei contenuti
incontrati nel testo, allo scopo di fissare (per esempio con esercizi di
manipolazione o ripetizione) o di riutilizzare creativamente i contenuti
linguistici e culturali analizzati
5) La riflessione: si sistematizzano i fenomeni (linguistici e culturali) incontrati
nei testi e nelle attività in classe, in modo da passare in maniera induttiva dal
caso particolare alla regola generale con le sue eccezioni
6) Il controllo: il docente verifica se gli obbiettivi glottodidattici prefissati sono
stati raggiunti.
> In caso affermativo si passa alla UD successiva, altrimenti si propongono
attività di rinforzo o di recupero generale: se tutta la classe non ha raggiunto
gli obbiettivi previsti, sarà utile riproporli con una nuova UD che li persegua
con testi e modalità alternative
• L’italianista canadese Danesi giustifica questo percorso anche in base ai
processi mentali legati alla comprensione e alla produzione del linguaggio e
riprende i presupposti neurolinguistici di quella che viene da lui definita “UD
bimodale”
- Secondo gli studi citati da Danesi, gli esseri umani elaborano i messaggi
utilizzando le diverse modalità che caratterizzano i due emisferi cerebrali:
a) L’emisfero destro percepisce meglio il contesto del messaggio piuttosto
che i singoli elementi al suo interno (con strategie cognitive “dipendenti dal
campo”, ovvero di tipo globale, olistico, spaziale, sintetico, simultaneo)
b) L’emisfero sinistro percepisce meglio i singoli elementi (con strategie
cognitive “indipendenti dal campo”, ovvero di tipo analitico, verbale, logico,
sequenziale)
- Quando il soggetto entra in contatto con uno stimolo nuovo (visivo, melodico,
verbale) attiva inizialmente le modalità dell’emisfero destro, poi intervengono
le modalità dell’emisfero sinistro, nel momento dell’analisi degli elementi
costitutivi dello stimolo; infine si attiva la fase intermodale, in cui entrambi gli
emisferi entrano in gioco per utilizzare in maniera autonoma le informazioni
derivate dallo stimolo
- Questa sequenza corrisponde al principio di “bidirezionalità emisferica” che,
secondo Danesi, dovrebbe guidare anche le attività orientate
all’apprendimento linguistico, essendo già innata nelle procedure mentali di
elaborazione dei messaggi
• Anche Balboni ribadisce questi concetti
• Tuttavia l’UD presenta anche dei limiti:
- Sebbene si ispiri a principi legati ai processi mentali degli apprendenti, in
realtà riflette soprattutto la prospettiva del docente, di cui mette in evidenza
il potere progettuale e il ruolo cruciale nel gestire i flussi delle attività
- La realizzazione delle sue varie fasi si rivela spesso di rigida applicazione
- Non è applicabile facilmente nel caso di realtà di insegnamento caratterizzate
dall’oscillazione delle presenze
• Nonostante questi limiti, il modello dell’UD resta valido nella misura in cui:
- Si mette a fuoco la necessità di tenere conto dei processi mentali implicati
nell’acquisizione/apprendimento della L2 e di orientare le attività proprio
secondo la bidirezionalità del cervello umano
- Rende conto del fatto che l’acquisizione della L2 non avviene solo
nell’incontro con il docente, ma ha bisogno anche di attività di lavoro
autonomo o di attività da svolgere in contesto extrascolastico; tali attività
vanno a influire sul lavoro in classe ed entrano a pieno diritto nell’arco di
tempo necessario per raggiungere dei risultati, in termini di conoscenze e
abilità linguistico-comunicative
- Contiene in sé l’idea del “carico di lavoro documentabile”
6) Le attività di rinforzo: non possono far altro che consolidare gli usi che
l’apprendente ha esperito, le strategie messe in atto, le strutture che ha tentato di
elaborare nello scambio comunicativo
- Definito il limite del loro campo d’azione, le attività di rinforzo hanno un ruolo
notevole in un equilibrato processo d’apprendimento: contribuiscono a evidenziare
gli elementi sui quali si è orientata l’attività didattica e sui quali ha concentrato
l’attenzione
- Inoltre, le attività di rinforzo mettono in atto le strategie e i processi di fissazione
che comunque fanno parte dell’apparato cognitivo coinvolto da qualsiasi processo di
elaborazione di informazioni, tanto più se questo è finalizzato allo sviluppo di una
competenza
- In tal senso contribuiscono a far passare gli elementi nella memoria a lungo tempo
che coopera alla funzionalità della competenza
7) L’output: Così come l’unità didattica ha avuto un input, ugualmente deve avere
un output
- Da un lato, esso rappresenta l’uscita al di fuori del contesto comunicativo di tipo
didattico, cioè la spinta a rimettere in azione fuori del contesto didattico gli usi
esperiti dall’apprendente nella comunicazione didattica. In questo caso si tratta di
un giocare che però stavolta è “senza rete”, senza la protezione del docente, senza il
suo orientamento, senza il suo costante aiuto, implicito o esplicito
- L’output può anche essere costituito dalla necessaria verifica del raggiungimento
degli obbiettivi particolari ai quali l’unità didattica era stata orientata
Il modulo
• Dalla fine del XX sec. in ambito scolastico emerge un nuovo principio teorico-
operativo: quello del modulo, che in Italia assume un’accezione particolare anche
a causa della riforma dei programmi delle scuole primarie, principale ambito di
sperimentazione della “didattica modulare”
• Il modulo è una parte significativa, altamente omogenea ed unitaria, di un più
esteso percorso formativo, disciplinare o pluri, multi, interdisciplinare
programmato, una parte del tutto, ma in grado di assolvere ben specifiche
funzioni e di far perseguire ben precisi obiettivi cognitivi verificabili,
documentabili e capitalizzabili, che garantiscano la promozione di conoscenze e
competenze talmente significative da modificare la mappa cognitiva e la rete dei
saperi precedentemente posseduti
- Per modulo si intende un percorso tematicamente organico che (per esempio in
ambito filosofico, storico, artistico ecc.) può riguardare un periodo o una
corrente di pensiero accomunati da determinati eventi o caratteristiche
- Può anche riferirsi a un argomento visto in maniera interdisciplinare
- La didattica per moduli (intesi come sezioni o sottoinsiemi di un corpus più ampio
di contenuti tematici o lessicali) permette inoltre di richiamare nuovi e vecchi
pubblici di apprendenti ed è ormai una componente essenziale dell’educazione
permanente
• Rispetto alla lezione e all’unità didattica, il modulo si distingue per alcune sue
specificità:
- Autonomia: si tratta infatti di una sezione autosufficiente di un insieme di
contenuti
- Flessibilità: un modulo può essere composto da più UD
- Raccordabilità: la successione fra moduli può essere obbligata o opzionale per
consentire di organizzare percorsi reticolari alternativi
- Complessità: un modulo deve basarsi su ambiti comunicativi complessi
- Valutabilità: un modulo deve essere valutabile nel suo complesso o nelle sue
parti, in modo da poter essere anche accreditato
• Jorg Roche, esperto di didattica del tedesco come L2, parla di una suddivisione
della lezione di lingua o unità didattica in 5 momenti sequenziali:
1) Attivazione-organizzazione, preventiva-introduzione: si attivano le
preconoscenze, si organizzano preventivamente i compiti e le attività successive,
con interventi in sessione plenaria, a coppie o di gruppo; il docente fa da
presentatore o da moderatore dell’interazione
2) Differenziazione dei temi: si affronta un tema, mediante testi orali o scritti o
attraverso la conversazione mirata. Il docente guida gli studenti verso la scoperta
individuale, lancia delle idee di ricerca, formula quesiti e invita a recuperare le
informazioni nel testo. In questa fase euristica la lezione viene portata avanti in
maniera attiva
3) Differenziazione delle strutture: i risultati ottenuti dall’analisi del testo
vengono recuperati e approfonditi in maniera sistematica. Il docente porta altri
esempi, guida all’approfondimento degli aspetti grammaticali, lessicali o culturali
emersi, propone attività che mettono in azione diverse strategie di
apprendimento e di lavoro
4) Ampliamento/espansione: gli argomenti trattati vengono ripresi a partire da
un testo più difficile o con compiti più complessi, per esempio nel lavoro per
progetti. Gli elementi precedentemente elaborati devono essere sperimentati,
rafforzati e ampliati, le attività linguistico-comunicative devono essere messe alla
prova nell’interazione fra pari, mentre il docente fa un passo indietro e assume il
ruolo di moderatore e consulente
5) Integrazione/riflessione: l’apprendente integra gli elementi nuovi della
propria individuale rete di saperi, imparando a trasferirli in contesti nuovi. Il
docente offre stimoli e occasioni di appropriazione individuale delle conoscenze,
in qualità di tutor e interlocutore: se la lezione ha suscitato interesse, dovrebbero
essere gli studenti stessi a sollecitarlo con le loro richieste
- Questo modello operativo ispirato alla filosofia del QCER dà lo spunto per
una riflessione più ampia: come fare il punto sulle nuove realtà di
apprendimento guidato; trovare un modello operativo più potente e
capace di spiegare i fenomeni e le modalità dell’apprendimento
autonomo, informale, fra pari, in combinazione con quello guidato dal
docente; individuare un termine che permetta di indicare in maniera
chiara il fatto che non è possibile scindere i fenomeni dell’insegnamento-
apprendimento linguistico
• L’idea di unità di lavoro (UDL; Diadori, 2006) permette di indicare una pluralità di
casi concreti (dalla lezione, all’unità didattica, al modulo) e corrisponde meglio al
concetto di una progettazione logica e finalizzata, compito imprescindibile dei
professionisti della formazione
- L’unità di lavoro è un micropercorso di apprendimento guidato, unitario, in sé
concluso, valutabile e accreditabile. Può realizzarsi in un I/L, in una UD
(organizzata in più I/L) o in un M (organizzato in più UD) e si sviluppa in 3 fasi
sequenziali:
1) Introduzione: motivazione, attivazione, organizzazione preventiva (da
realizzare all’inizio dell’I/L, dell’UD, del M)
2) Svolgimento: prevede l’attivazione di una rete di unità di apprendimento (o
Learning Object nell’apprendimento online) che scardina il concetto di
sequenzialità e favorisce il collegamento fra attività in classe e fuori. Prevede
l’incontro con i testi, la differenziazione dei temi e delle strutture, attività di
ampliamento, espansione, integrazione, riflessione (da realizzare durante l’I/L,
l’UD, il M, in classe e/o fuori classe, in presenza e/o a distanza)
3) Conclusione: con attività basate sull’output comunicativo degli studenti in
relazione ai contenuti e alle attività svolte, sotto forma di controllo informale o
formale
• Questa sequenzialità temporale è legata alla scansione stessa di un percorso di
apprendimento determinato da un inizio e una fine, da un prima, un durante e
un dopo: l’inizio e la fine della lezione in presenza, l’inizio e la fine dell’UD
organizzata in 2 o 3 I/L, l’inizio e la fine di un modulo tematico fatte di varie UD
- L’inizio di ognuno di questi percorsi (introduzione) si realizzerà con tecniche per
accentuare o creare motivazione, per elicitare le conoscenze pregresse, per
preparare lo svolgimento delle attività successive basate sul testo
- La fine di ognuno di questi percorsi (conclusione) sarà invece associata alle
attività focalizzate sull’output comunicativo degli studenti. Si tratterà si un
controllo informale, anche sotto forma di attività per l’autovalutazione (da
realizzare alla fine dell’I/L o dell’UD in presenza), o di un controllo formale (da
realizzare alla fine del M), finalizzato alla verifica e alla valutazione dell’output in
relazione all’accreditamento dei risultati raggiunti, alla prosecuzione del percorso
o all’individuazione di attività di rinforzo (su singole abilità carenti) o di recupero
generalizzato
- Questo fil rouge organizzativo, che caratterizza l’apprendimento guidato e le
competenze progettuali del docente, del tutor, del manager didattico, non
esclude però la dimensione non sequenziale dell’apprendimento, che si realizza
in quelle “molecole” o “unità minime di apprendimento” attivate nei processi
mentali degli studenti durante una seduta di studio, un’attività di gruppo, un
lavoro su un testo o su un LO. Prendere atto di questa intrinseca “reticolarità” e
variabilità dell’acquisizione della L2 porta a riconsiderare la fase intermedia
dell’UDL (svolgimento) con un’attenzione maggiore alla dimensione matetica
rispetto a quella didattica
v. In altre parole, se l’inizio e la fine del percorso vedono in primo piano il
docente, il resto dell’UDL è in mano agli apprendenti che seguono percorsi
mentali ed esperienziali diversi, nonostante facciano tutti riferimento allo stesso
docente, alla sua guida, ai testi e alle attività che propone
- Il docente sviluppa la sua “agenda nascosta”, cioè il percorso che ha scelto di
svolgere, tenendo conto di quello che accade nella mente del suo “apprendente
modello”, ma la realtà è molto diversa e non tutto può essere direttamente
ricondotto al rapporto biunivoco “stimolo dato-risposta prevista”
• Una revisione radicale del modello sequenziale di svolgimento del percorso di
insegnamento-apprendimento, qualunque sia la sua durata, purché incorniciato
dalle fasi introduttiva e conclusiva, è sollecitata anche dall’applicazione di nuove
modalità di apprendimento guidato in presenza e online che scardinano la
dimensione lineare a favore di una modalità didattica reticolare/ipertestuale, più
conforme a quanto avviene naturalmente nei processi mentali che determinano
l’apprendimento
- Nonostante i limiti intrinseci, un LO può essere considerato l’UDL minima per
l’apprendimento con supporto tecnologico (anche della L2), costruita in formato
digitale per uno specifico obbiettivo matetico
- I tempi consigliati per l’utilizzo (dai 2 ai 15 minuti) e il fatto di poter costituire una
tappa di un percorso individuale di apprendimento (realizzato in autonomia, ma
anche nella classe o in altri contesti extrascolastici) ci portano a considerare il LO
speculare rispetto alla UDA individuata da Balboni, rendendolo a pieno titolo
parte di quella rete di attività individuali che rappresentano l’impalcatura a cui si
aggancia (e da cui viene sostenuto) l’insegnamento-apprendimento interattivo e
guidato
Storia
Sociolinguistica
• Joshua Fishman, uno dei padri fondatori della sociolinguistica, alla metà del ‘900,
sintetizzò il campo d’analisi con le celebri “4ws”: “Who speaks What language to
Whom and When”: la sociolinguistica studia l’uso della lingua all’interno della
situazione sociale in cui viene utilizzata
- Una definizione più moderna può essere quella che attribuisce alla
sociolinguistica lo studio delle diverse varietà in cui si attualizza la lingua: da un
lato c’è lo standard, cioè la lingua spesso ideale e senza realizzazioni sociali
frequenti, dall’altro ci sono le sue varietà geografiche; le varietà di registro, da
quelle auliche e formali a quelle colloquiali e volgari: le varietà legate al mezzo,
per cui l’italiano di un telegiornale, un parlato basato sullo scritto, è diverso da
quello di un giornale, di una mail ecc.; ci sono le microlingue scientifico-
professionali nonché le varietà diacroniche, di genere, di età, e così via
- La sociolinguistica è una delle scienze del linguaggio e non va confusa con la
sociologia del linguaggio che è una branca della sociologia: non descrive la lingua
in uso, ma il ruolo sociale della lingua
- Sul piano glottodidattico, l’introduzione di parametri sociolinguistici decreta la
fine degli approcci grammaticalistici, basati su una lingua stabile e “pura”, e apre
la strada ai metodi situazionali
Pragmalinguistica
• Studia gli scopi e i risultati dell’uso della lingua vista come strumento d’azione
all’interno di una situazione sociale
- Lo studio delle funzioni del linguaggio, iniziato dall’inizio del ‘900 e culminato alla
metà del secolo, era già in nuce pragmalinguistica, ma questa scienza del
linguaggio si impone come autonoma con i volumi degli anni ’60 (vedi sopra)
- L’oggetto della pragmalinguistica sono gli atti linguistici (atti comunicativi) e
l’analisi del discorso nelle sue varie forme
- La pragmalinguistica offre alla glottodidattica lo strumento concettuale (l’atto
comunicatico, la language function) su cui si fondano i Livelli Soglia e, in diversa
misura, tutta la glottodidattica degli anni ’70-’80 a oggi
Etnolinguistica
• Analizza il rapporto tra lingua e cultura, dagli aspetti più semplici, quali le norme
di cortesia, ad aspetti più dirompenti, come l’ipotesi di Sapir e Whorf secondo cui
la cultura di appartenenza guida la visione della realtà, se non altro perché il
lessico disponibile per definirla varia e, a seconda della disponibilità di lessico, si
categorizza il mondo in maniera differente
- Hymes, il creatore della nozione di competenza comunicativa si definiva un
antropolinguista
Neurolinguistica
- Studia il funzionamento del cervello in ordine al linguaggio
- Le sue principali applicazioni riguardano i disturbi del linguaggio, dalla dislessia
alla disgrafia fino alla sordità e all’afasia, ma in glottodidattica ha avuto un ruolo
essenziale nell’indicare il ruolo diverso dei 2 emisferi cerebrali (quello destro che
presiede alla percezione globale, olistica, quindi contestuale; quello sinistro, dove
la lingua viene memorizzata nelle aree di Broca e Wernicke, che presiede
all’attività analitica), rilevando che entrambi cooperano alla produzione e
comprensione linguistica, ma operando secondo una sequenza che vede
anzitutto le operazioni globali e solo dopo quelle analitiche
Psicolinguistica
- Inizia della prima parte del ‘900 come psicologia del linguaggio, all’interno
degli studi psicologici, ma si rende autonoma e si evolve in direzione delle
scienze del linguaggio negli anni ‘50
- I suoi oggetti principali di studio sono l’acquisizione del linguaggio e i
meccanismi di codifica e decodifica; un aspetto particolare riguarda
l’ipotesi di una Grammatica Universale come parte del patrimonio
genetico del homo sapiens
L’interlingua