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La glottodidattica è una scienza sistematica che si occupa delle possibili articolazioni dei
percorsi di insegnamento delle lingue che siano materne, seconde o straniere.
La glottodidattica nasce nel momento in cui si sente il bisogno di sistematizzare un lavoro
di memorizzazione, inserimenti lessicali, approfondimenti di regole grammaticali che era
nato per lavorare sul testo scritto, escludendo l’aspetto comunicativo.
Questo segna una differenza tra:
● le lingue morte → latino, greco e sanscrito che non sono più praticabili, ma
questo non vuol dire che non abbiano niente da insegnare.
● le lingue vive → sono parlate, praticate, utilizzate come canale di comunicazione
e sono sempre in evoluzione.
APPROCCIO “filosofia dell’apprendimento”= insieme di teoria dal quale si dipartono i mari metodi.
ragione storico-culturale: in passato l’obiettivo prevalente (o esclusivo) rilievo alla lingua scritta;
che muoveva ad imparare una nuova lingua era
quello di accostarsi alle grandi opere letterarie punta in toto sull’esercizio di traduzione, che non
nella loro forma originaria. garantisce l’apprendimento della lingua.
METODO DELLA LETTURA (anni 20): il presupposto che lo sorreggeva aveva un carattere unitario, gli
studenti universitari avevano poco tempo per imparare le 4 abilità linguistiche (ascoltare, parlare, leggere,
scrivere) con competenze equivalenti, perciò l’unico obiettivo raggiungibile fu individuata l’abilità di leggere
la L2. Veniva dato ancora una volta rilievo alla lingua scritta.
Le tecniche adottate erano le stesse del metodo traduttivo-grammaticale, ma leggermente modificate:
★ insegnamento della grammatica strutturato in modo da facilitare la lettura (le spiegazioni di
grammatica erano strutturate in base a un’analisi scientifica della lingua obiettivo);
★ insegnamento del lessico strutturato in maniera simile;
★ la traduzione era considerata la tecnica più idonea per la comprensione della lingua scritta (doveva
essere contestualizzata ai temi);
★ testi graduati in base alle difficoltà grammaticali crescenti;
★ insistere sulla pronuncia corretta.
Negli anni 30: un gruppo di linguisti britannici propose un’alternativa al metodo della lettura, detto
METODO ORALE-SITUAZIONALE, il quale prevedeva:
- l’insegnamento dei vocaboli in base all’appartenenza allo stesso campo semantico;
- organizzazione sequenziale delle strutture grammaticali che il discente doveva indurre attraverso
l’uso nei dialoghi;
- presentazione del nuovo materiale da apprendere mediante stimoli orali (domande, dialoghi);
- uso della L2 in classe;
- esercitazione situazionale delle nuove strutture e dei nuovi contenuti (=role plays).
METODO DIRETTO: propone un modello secondo il quale l’insegnamento di L2 procedesse di pari passo con le
tappe di acquisizione della L1.
★ durante la lezione si usa solo la L2 senza mai fare riferimento alla Lm;
★ l’insegnante deve essere un parlante nativo (creare un ambiente quanto più simile all’acquisizione);
★ le lezioni iniziano con l’ascolto e l’imitazione dei modelli linguistici, e girano intorno a stimoli dialogici
audio-orali, seguiti dall’insegnamento delle abilità di lettura e scrittura;
★ vocaboli insegnanti con azioni mimetiche o immagini;
★ lezione orale seguita da domande di ripasso dell’argomento introdotto.
L’ alunno→ non usufruisce del supporto della Lm, non impara regole e strutture della lingua oggetto di
apprendimento perché non vengono ritenute utili, si ha pertanto una maggiore tolleranza degli errori.
Tra i metodi diretti ci sono:
METODO BERLITZ METODI INTUITIVI METODO METODO DI
DIRETTO-ECLETTICO SEMPLIFICAZIONE
uso costante della Ls senza si avvicinano molto a Che cambia in Quando si parla di didattica
riferimenti alla Lm, preminenza quel regime definito di continuazione, che non ha delle lingue, ancora oggi
della lingua parlata con un “autoapprendimento”, un’impostazione fissa e esistono delle differenze
lessico presentato in frasi. l’apprendimento in che per questo tende a tra:
questi metodi è modificarsi nel tempo. -docenti e studiosi che
LESSICO= l’insieme delle
lasciato all’intuito degli Questo metodo presenta sostengono la necessità di
parole che ufficialmente
apprendenti, questo un sacco di punti in semplificare la lingua di
sono riconosciute
significa che molta comune con gli altri insegnamento;
appartenenti ad una lingua.
parte di questi metodi (importanza alla -docenti e studiosi che
All’interno del lessico posso
contenuti, si lascia, si lingua parlata, all’ascolto, invece sostengono il
spera che vengano quindi l’attenzione agli contrario, ovvero che la
fare delle distinzioni, come
osmoticamente e aspetti fonologici) ma qui lingua va insegnata così
ad esempio quella tra:
inconsciamente si parla di selezione e com’è senza alcun tipo di
PAROLE CONTENUTO:
appresi in autonomia graduazione dei materiali semplificazione (si insegna
contiene il concetto ed
dagli studenti; quindi è secondo la frequenza la lingua reale).
esprime il significato
un metodo che d’uso. Quindi io docente Si tende però in genere a
PAROLE FUNZIONE:
solleva il docente continuerò ad esporre i considerare la
determina il soggetto di cui
dalle questioni relative miei studenti alla lingua semplificazione
sto parlando e a cui sto
alla sua presenza, parlata però per affrontare nell’insegnamento
facendo riferimento.
nella mediazione, gli argomenti dovrò linguistico come un
Insegnare una lingua vuol dire nella scelta dei dividere il percorso che qualcosa di meno ricco e
anche insegnare i significati materiali. tenga conto di quanto meno valido rispetto alla
che stanno alla base di quella spesso/quante volte questi lingua così come viene
lingua. Pertanto quando andrò elementi linguistici parlata e ascoltata nel
a spiegare i significati non vengono utilizzati. quotidiano.
dovrò presentarli sotto forma Un’altra novità è la In questo tipo di discorso
di parole-simbolo o sotto reintroduzione della rientra un metodo che è
forma di elementi, ma piuttosto componente conosciuto come Basic
sotto forma di agglomerati i grammaticale, la quale English, il quale nasce in
quali sono le frasi che però è utilizzata concomitanza con le orali
possono diventare occasionalmente in specifiche esigenze
proposizioni, così come prima funzione dell’aspetto linguistiche di una
di arrivare alla frase io posso comunicativo, per questo il particolare problematica
avere un’unità inferiore dal metodo viene chiamato nel parlare presentata da
punto di vista della lunghezza eclettico, proprio perché gente come ad esempio gli
e della corposità che formano i cambia a seconda delle immigrati. Per accedere
sintagmi (possono essere: situazioni di alla cittadinanza, c’è
nominali, verbali e insegnamento. bisogno di trascorrere un
preposizionali). periodo di tempo
Secondo il metodo Berlitz, il prolungato nella nazione e
lessico della lingua straniera l’immigrato deve
da insegnare va insegnato dimostrare di avere un
sotto forma di unità e non livello di conoscenza di
singolarmente; gli elementi livello B1 della lingua
vengono pertanto presentati parlata nella nazione, per
come insiemi linguistici fare questo ci sono delle
connessi con il risultato che gli associazioni che decidono
studenti non impareranno solo di erogare corsi in queste
la parola singola ma situazioni, quindi corsi che
impareranno e terranno ben in siano mirati
mente la frase completa. Per all’insegnamento e
questo dal punto di vista della all’apprendimento degli
lingua parlata utilizzare questo elementi basilari della
metodo significava insegnare lingua che consentano a
più cose questi individui
contemporaneamente e di un’interazione elementare.
conseguenza guadagnare Diventa quindi
tempo, perché si accelera in fondamentale il concetto di
maniera consapevole la selezione e graduazione
questione dell’apprendimento dei materiali (si elimina
della lingua parlata. tutto ciò che non è
È possibile ricorrere a tecniche nell’immediata
ostensive (=ricostruire i comprensione
significati mostrando gli oggetti focalizzandosi quindi sugli
e presentare la grammatica elementi elementari).
tramite illustrazioni visive).
C’è un rifiuto del confronto tra
L1 e L2, quindi non ci deve
essere neanche un tentativo di
mediare i contenuti rendendoli
in qualche modo più semplici.
CRITICHE: è difficile poterlo mettere in pratica nel sistema scolastico data la simulazione troppo rigida delle tappe di
acquisizione, e l’insistenza sull’uso precoce di L2 scoraggiando e frustrando gli studenti.
METODO INTENSIVO: sviluppato agli inizi degli anni 40 a causa della scarsa attenzione allo studio delle lingue
moderne negli Stati Uniti risvegliata dall’attacco da parte dai giapponesi alla base americana di Pearl Harbor. La
conseguenza è la conoscenza pratica delle lingue intesa come una necessità virtuale e che nell’esercito ci
dovessero essere persone che conoscessero alla perfezione varie lingue straniere. Per poter mettere in pratica
questo metodo erano necessarie due figure esperte:
- un linguista che spiegava le strutture grammaticali nella L1 dei discenti;
- un istruttore (madrelingua L2) che si interessava all'esercitazione linguistica all’interno del laboratorio.
METODO AUDIO-ORALE: tipo di metodo intensivo che nasce dalla riflessione congiunta tra più scienze ovvero:
linguistica, didattica delle lingue, psicologia cognitiva.
Ha origine dalla teoria linguistica dello STRUTTURALISMO concepita da Bloomfield che nel 1942 scrisse “Outline
guide for practical study of foreign languages”.
Lo strutturalismo partiva da un assunto di metodo, secondo il quale il linguaggio (=capacità di mettere la lingua a
servizio dei processi comunicativi) è il risultato più o meno positivo di un meccanismo quasi automatico basato
sull’interazione e sull’alternanza tra stimolo e risposta, per cui il docente propone dei materiali già conosciuti dagli
studenti ma in maniera più accattivante.
I punti cardine della teoria sono:
❖ preminenza della lingua parlata;
❖ natura mimetica dell’apprendimento linguistico, in quanto l’insegnamento non è sempre esplicito e può
pertanto nascondersi dietro la visione di film o l’ascolto di canzoni;
❖ diversità strutturale delle lingue che comporta l’impossibilità di poterle insegnare tutte alla stessa maniera in
quanto si andrebbe a negare l’identità di una lingua;
❖ la lingua è composta di ELEMENTI DISCRETI=elementi singoli che se combinati in maniera corretta
producono armonia. Di conseguenza quante più combinazioni riesco a trovare maggiore sarà la conoscenza
degli elementi della lingua.
❖ reinserimento delle regole grammaticali, fondamentale secondo Bloomfield. Le regole vanno apprese
attraverso il contatto diretto con la lingua ma non vanno utilizzate in maniera esplicita, al contrario sotto forma
di PATTERN FIELDS (=frasi modello, ciò prevede che a partire da una frase se ne costruiscono altre
cambiando di volta in volta alcuni elementi, al fine di raggiungere la capacità di saper generalizzare le
strutture a seguito di ripeterle in maniera meccanica). Conseguentemente l’apprendimento linguistico avviene
attraverso la PATTERN PRACTICE, ovvero la pratica dell’uso di questi modelli, quindi imitazione,
memorizzazione e generalizzazione delle strutture.
TECNICHE OPERATIVE:
★ uso della L2 in classe, eccetto per alcune spiegazioni grammaticali;
★ uso di tecniche comportamentistiche (=imitazione, ripetizione, pattern drill);
★ insegnamento della pronuncia corretta;
★ uso di sussidi uditivi e visivi in un laboratorio linguistico utili a sostenere l’apprendimento avvenuto in classe.
Questo metodo parte da una premessa teorica, secondo la quale, gli errori che uno studente commette tipicamente
sono provocati dalla sua competenza linguistica nativa e di conseguenza trasferiscono le strutture della propria Lm
nell’apprendimento delle strutture della L2/Ls, pertanto si utilizza l’ANALISI CONTRASTIVA il cui scopo è quello di
identificare quali strutture e contenuti venissero trasferiti da una lingua all’altra.
Essa prevedeva 5 tecniche euristiche:
1- descrizione teorica della L1 e della L2;
2- selezione di strutture e vocaboli da mettere a
confronto;
3- identificazione delle differenze significative;
4- previsione di eventuali errori;
5- graduazione del materiale dal più semplice al
più complesso.
esempio: “People say this” → “La gente dicono questo”.
La soluzione poteva essere riscontrata nel sottoporre gli studenti agli stimoli che dovevano preferibilmente far
produrre risposte corrette, per cui qui l’insegnamento è influenzato dalle TEORIE COMPORTAMENTISTICHE.
E’ inoltre modificato il rapporto tra allievo e docente, in quanto quest’ultimo si mette a servizio dell’allievo fornendo
stimoli e riducendo il suo ruolo a tecnico di laboratorio.
CAUSE DEL SUCCESSO CRITICHE
Supporto della psicologia, in particolar modo grazie all’intervento di difficoltà previste dall’analisi contrastiva
Skinner, il quale elaborò i meccanismi di stimolo-risposta, secondo i risultavano spesso inutili;
quali è facile condizionare il comportamento di un individuo tramite
l'uso di stimoli esterni che conducono all’obiettivo. non tutte le tecniche proposte nel metodo
Dimostrò il tutto attraverso l’esperimento della Skinner box nel quale: erano applicabili a tutte le situazioni di
prese una scatola e al suo interno ci costruì una ruota, dove vi pose il apprendimento;
criceto. All’esterno della gabbia pose due leve e spingendo una delle
due suonava un campanello, il criceto venne condizionato perché gli si alcune operazioni cognitive
fece capire come se non avesse girato nella ruota non sarebbe nell’apprendimento di una lingua non si
arrivato il premio rappresentato dal cibo. possono attivare attraverso un tipo di
Skinner quindi proponeva questo meccanismo per l’insegnamento insegnamento basato sulla formazione di
delle lingue da applicare per tutti quegli studenti che si trovavano in automatismi;
condizioni di disagio, lui infatti parla di VERBAL BEHAVIOUR spesso era uno spreco di tempo non
(“comportamento verbale”). spiegare la grammatica nella L1 e
Chiaramente questa teoria aveva dei limiti, messi in evidenza da aspettare che gli studenti apprendessero
Noam Chomsky, il quale contestò tutta una serie di aspetti: le regole in maniera autonoma;
➔ le scoperte furono fatte in laboratorio su organismi inferiori e
applicate al comportamento verbale umano non hanno la tecnica dei pattern drill e della
fondamento che le giustifichi. Quindi se la scoperta era stata ripetizione a volte risultavano noiose e
fatta in laboratorio non si poteva pretendere che gli stessi poco motivanti.
meccanismi applicati su organismi dotati di linguaggio e di
capacità di pensiero funzionassero alla stessa maniera;
➔ se prese singolarmente, le definizioni di Skinner non
riguardano quasi mai aspetti o contenuti linguistici. Infatti
Skinner non parla quasi mai di apprendimento linguistico, ma
parla di modifica del comportamento il quale quasi mai ha a
che fare con l’uso della lingua;
➔ il limite più forte di Skinner è che c’è un'eccessiva attenzione al
comportamento esterno. Quindi evidentemente la riuscita più o
meno felice di questo metodo è legata al 99,9% all’ambiente
esterno, il quale se è favorevole a stimoli e input va in un
modo, differentemente se l’ambiente non presenta stimoli
diventa sempre più difficile che si verifichi (come accade per
tutti quegli insegnanti che non hanno a disposizione ad
esempio laboratori linguistici).
Resta vero però nelle critiche fatte a Bloomfield il fatto che parlare della lingua come un comportamento
immodificabile, può significare in alcuni casi negare il carattere evolutivo di quella lingua, invece anche il fatto che si
debba comunque sempre procedere a offrire spunti diversi indica che così come cambia la lingua allo stesso modo
l’apprendente può imparare una lingua in un determinato modo e quelle successive in un modo differente e questo
può essere legato ad una diversa consapevolezza, da un diverso entusiasmo. Quindi come cambia la lingua cambia
anche il modo di studiare e di imparare, teoricamente dovremmo cambiare il modo di insegnare. Viene ribadito
ancora una volta pur restando nell’attività generale di questa famiglia di metodi che l’aspetto formale della lingua, e
quindi la grammatica, viene introdotto nel processo di insegnamento solo se essa è funzionale al processo
comunicativo (non si insegna mai la grammatica in maniera esplicita, ma al massimo posso decidere di insegnare la
grammatica se quella determinata struttura serve nel concreto allo sfruttamento di una funzione comunicativa).
METODO AUDIOVISIVO: prevede l’utilizzo frequente e sistematico di stimoli di natura visiva e acustica che
escludono naturalmente la lingua scritta.
L’obiettivo didattico di questi metodi è quello di arrivare nel più breve tempo possibile ad allenare negli apprendenti
le capacità di discriminazione fonologica e visiva senza passare attraverso la lingua materna; per cui ciò che si fa
quando si adottano questi metodi è di esporre ancora una volta gli apprendenti a questo tipo di studi in maniera
ripetuta a produzioni di film, all’ascolto di tracce audio, ecc., con l’idea di allenare le capacità dell’apprendente di
riconoscere prima i suoni, poi le parole intere e alla fine associare queste parole intere a significati.
Il primo di questi metodi è il METODO TAVOR “Teacher’s audio-visual oral aids” (=“supporti audio-visivi forniti
dall’insegnante”). Questo particolare metodo di insegnamento, nasce in un contesto abbastanza particolare ovvero
quando si presenta la necessità di formare in maniera veloce e concreta alla comunicazione di lingua straniera dei
contingenti militari che per ragioni di necessità dovevano essere trasferiti dal proprio paese di origine nelle basi
militari di altri paesi. Quindi ci troviamo in un contesto che non è assimilabile a quello tradizionale/normativo (non è
un’aula), ma è una situazione legata ad una contingenza particolare e che quindi richiede un approccio alla
alfabetizzazione nella lingua straniera altrettanto particolare, per cui bisogna creare un percorso di insegnamento
che risponda in maniera veloce e concreta alle necessità comunicative degli apprendenti. Non potendo, quindi,
lavorare con un percorso sistematico di insegnamento (non c’è tempo, modo, strumenti) si può mirare al fatto che i
miei studenti possano arrivare a ricavare dalle tracce audio e video a cui vengono esposti una somma di significati
(non nel dettaglio ma approssimativo all'esattezza e alla completezza). Per cui tramite la riproduzione di tracce audio
e video, lo studente impara a ricostruire il significato.
Un elemento che resta fondamentale (costante in questa famiglia di metodi) è l’accuratezza che il docente deve
avere nell’evitare pedissequamente l’ingresso anche casuale della lingua materna, per cui devono essere eliminate
le interferenze della lingua materna; questo perchè in un contesto di apprendimento di questo genere già c’è poco
tempo e pochi modi di poter imparare se facciamo entrare anche la lingua madre si perde l’efficacia di qualsiasi tipo
di stimolo a cui l’insegnante è in grado di esporre lo studente.
Inoltre si dà priorità alla lingua parlata piuttosto che alla lingua scritta, ma la novità che poi ci collega alla prossima
famiglia di approcci è l’introduzione del concetto di insegnamento della lingua in contesto situazionale; il docente
deve cercare per quanto gli è possibile, di isolare e quindi selezionare tutta una serie di situazioni in cui gli studenti
possono venirsi a trovare e per ciascuna di esse io docente isolo le componenti lessicali, semantiche e sintattiche
adatte ad esse. Il punto di partenza se dovessi scegliere questo tipo di metodo è quasi sempre uno scambio
dialogico in cui vengono introdotte le strutture su cui si vuole approfondire la conoscenza.
Ancora una volta viene ribadito il ruolo della grammatica che diventa molto limitato perché in questo germoglio di
situazionalità, addirittura siamo nella fase in cui si può ancora accettare l’uso delle frasi monoparola, perché non è
ancora stata sviluppata del tutto la vera struttura del metodo situazionale.
Presupposti didattici:
➢ il materiale deve essere selezionato in base a
funzioni o atti linguistici;
➢ gli elementi del linguaggio vengono inseriti nel
programma secondo il valore comunicativo;
➢ il materiale viene ordinato graduando le
situazione comunicative in base alla frequenza;
➢ la L2 è analizzata in termini di funzioni
comunicative (esempio: saper
accettare/rifiutare/offrire);
➢ l’obiettivo è portare il discente ad un modesto
livello di competenza comunicativa che gli permetta
quindi di cavarsela nella vita quotidiana.
LIMITI:
➔ se io insegno la lingua basandomi su varie situazioni, c'è il rischio che lo studente abbia l'impressione di
non aver imparato niente che gli possa servire se non in quelle situazioni. Quale potrebbe essere la
soluzione? Insegnare una caterva di situazioni, selezionandole tra quelle più probabili che i miei studenti
possano trovare, le situazioni vengono selezionate in base a un minimo di analisi del bisogno del discente
si può fare, ma resta comunque il fatto che la scelta delle situazioni è strettamente soggettiva.
➔ non si viene abituati ad utilizzare in maniera trasversale le competenze acquisite.
➔ Per quanto riguarda invece il ruolo della grammatica, esso è contingente, per cui dovrei insegnare una
grammatica che sia adatta alle situazioni che propongo e non può avere validità generale, di conseguenza
se per nessuna delle situazioni ritengo utile insegnare una determinata regola non la insegno. Il problema
sorge nel momento in cui queste forme di presentino in situazioni che io non ho affrontato, per cui come si
fa? è venuto in meno un elemento (=c’è una lacuna).
SILLABO NOZIONALE-FUNZIONALE:
⤷elenco di contenuti selezionati in base a
criteri diversi che non ha un impianto di
metodo fisso, ma che può
variare in base al docente che lo utilizza.
Esistono i sillabi contenuto, ma anche i sillabi
procedurali, in questo caso si tratta di un
sillabo contenuto.
Ancora una volta resta confermata la preminenza della lingua parlata, ma oltre essa si cerca di ricavare
informazioni inerenti alla capacità che il mio apprendente ha già di utilizzare una determinata lingua, in base a
quello creo un percorso ex novo basato proprio sul livello di partenza in modo tale da avere uno stesso livello di
conoscenza per tutta la classe.
Per la prima volta compare esplicitato il concetto di FATTORI EXTRALINGUISTICI, ovvero elementi che fanno
parte della comunicazione pur non essendo elementi linguistici (gestualità, mimica facciale).
Ci troviamo pertanto dinanzi a fattori che condizionano la formazione del sillabo nozionale-funzionale che sono:
❖ FUNZIONI COMUNICATIVE= traduzioni concrete delle frasi che la grammatica di una lingua moderna mi
mette a disposizione. Esse a livello teorico vengono suddivise in macro funzioni (=contenitori più ampi in cui
io posso infilare una serie di intenzioni comunicative, in esse rientrano la:
- personale, mi aiuta a verificare a che punto sono con la lingua, è il primo step verso quelle che sono
definite metacompetenze,
- interpersonale [insegno tutto quello che mi metta in rapporto con l’altra persona],
- direttiva [infilo l'insegnamento delle strutture delle lingua che comunicano un comando],
- referenziale [ha a che fare con il diverso modo di vedere chi ho di fronte, e questo mi serve per
impostare il mio stile di comunicazione],
- ideativa o immaginativa [cosa vorrei dire e cosa ho detto?, per cui posso attribuire ad un esercizio di
lingua un valore che per me è oggettivo che può diventare soggettivo]) e micro funzioni.
❖ ciò che diventa più concreto è il concetto di VARIETÀ o VARIABILI DI LINGUA, le quali sono influenzate da:
fattori geografici in cui si va a studiare o si insegna la lingua (dialetti), fattori sociali, fattori situazionali
(registri).
❖ ALLUSIONI SOCIOCULTURALI (=novità e si ritrovano negli approcci umanistici-affettivi) considerano
elementi che gli altri metodo non avevano preso in considerazione come:
- l'età degli allievi,
- motivazione, carta fondamentale in quanto nel caso del sillabo trattandosi di una selezione di
elementi da cui io posso attingere applicando l’impianto di metodo da seguire nelle varie situazioni,
la motivazione diventa un criterio da cui io posso trarre beneficio.
- livello culturale, che influenza il tipo di lingua che io vado ad insegnare o imparare,
- bisogni linguistici, che spesso sono contingenti e quasi mai spontaneo, quindi è dovuto alle
situazioni di integrazione nella società in cui si vive, richiesta di comunicazione immediata, ecc..
pertanto è diversa dalla motivazione che può essere anche strumentale, ma se così non fosse è una
grande fortuna per l’insegnante in quanto la motivazione stessa non muore mai.
- azione dell'insegnante,
- natura dei materiali linguistici.
Per cui io ho selezionato delle nozioni della lingua straniera che mi aiutano a insegnare determinate funzioni,
questo comporta dal punto di vista didattico il fatto che nessuno ci vieta di insegnare nella stessa unità didattica
tutte le nozioni che mi servono ad esprimere una funzione. Viceversa io posso avere più funzioni tutte riconducibili
ad una stessa nozione. Non abbiamo più una corrispondenza univoca tra nozione e funzione, ma avremo una
corrispondenza concreta.
Caratteristiche:
★ centralità della componente pragmatica;
★ diverse funzioni possono essere raggruppate nella stessa unità didattica;
★ non c'è coincidenza tra strutture grammaticali e funzioni: una struttura può essere usata per esprimere più
funzioni;
★ discente al centro delle scelte didattiche e degli obiettivi di insegnamento in quanto deve imparare a
comunicare e ad usare la lingua, quindi tutto deve ruotare intorno alla motivazione, ai bisogni effettivi, agli
obiettivi formativi.
Un elemento di cui tener conto che in un certo senso rappresenta una difficoltà maggiore è il far quadrare una serie
di elementi, alcuni strettamente legati all’ambiente istituzionale in cui si svolge l’insegnamento, altri dipendenti
dall’impostazione che il docente ha dato al suo personale corso.
esempio: io devo far coincidere le mie aspettative, le aspettative degli studenti nei miei confronti, le risorse
concrete che la scuola mi mette a disposizione, il programma messo a disposizione dal ministero.
PROBLEMI:
➔ non sempre il contesto comunicativo determina le strutture da usare;
➔ è difficile graduare il materiale in base alle funzioni comunicative senza tener conto della difficoltà
grammaticale.
LIVELLO SOGLIA (threshold level): fa sempre parte dell’approccio comunicativo ma è un
percorso sperimentale che nasce negli anni 70-80 del 900 quando si comincia a palesare
l'idea che i primi 12 stati che facevano parte dell'Europa si consorziassero nell'UE.
Nel 1961 l’apprendimento/insegnamento rappresenta una preoccupazione centrale del
Consiglio d’Europa, quando i ministri europei dell’educazione si impegnarono a
salvaguardare il patrimonio linguistico europeo ed espandere l’insegnamento delle lingue.
Il primo obiettivo della Comunità Europea in questo senso era quello di stilare un
programma di indicazione linguistica che fosse comune almeno ad ampi tratti a tutti i
paesi dell'UE, ciò non significa che in tutti i paesi bisogna insegnare le lingue straniere
allo stesso modo, ma quantomeno tramite l’insegnamento delle lingue straniere, è il caso
di perseguire in tutti i paesi gli stessi obiettivi formativi. Il sillabo è costruito facendo
riferimento alle situazioni (dalla più alla meno probabile) all’interno delle quali un adulto si
può trovare in un paese straniero. La grammatica viene insegnata solo per realizzare gli
atti comunicativi.
Il secondo obiettivo invece prevedeva che la competenza comunicativa operasse con la
lingua al fine di raggiungere un obiettivo.
Questo ha portato nel 1971 al PROGETTO LINGUE MODERNE il quale mirava a offrire a
tutti gli studenti dei paesi dell’UE la possibilità di imparare in maniera adeguata alle
proprie esigenze e possibilità una lingua straniera.
Quando nacque prese il nome del 1°livello dei 5 che ne prevedeva:
1- LIVELLO SOGLIA, aveva come obiettivo principale quello di mettere in grado in un
determinato lasso di tempo i cittadini dell’UE di sopravvivere a livello linguistico in paesi in
cui la lingua fosse diversa dalla loro lingua materna, imparando un bagaglio lessicale che
andasse dalle 750 alle 1500 parole.
2- LIVELLO BASE;
3- LIVELLO DI COMPETENZA GENERALE;
4- LIVELLO AVANZATO;
5- LIVELLO PROFESSIONALE.
Il livello soglia e il livello di competenza generale sono gli unici il cui protocollo
sperimentale è stato portato a termine, mentre gli altri livelli sono stati sorpassati dal
Framework. Non a caso essi sono stati portati a termine, perché:
- il livello soglia, è il livello di cittadinanza che corrisponde al minimo di conoscenza
di una lingua straniera richiesta per ottenere il permesso di soggiorno;
- il livello di competenza generale è quello che viene richiesto a chi per scelta ha
deciso di soggiornare o trasferirsi all'estero.
Il livello soglia considera per la prima volta i bisogni del discente, il quale è il fulcro del
processo didattico. Cambia inoltre il ruolo del docente, dato che egli rinuncia alla
supremazia e assume il compito di facilitare l’apprendimento partendo dai dialoghi guida
gli apprendenti a comunicare; egli si serve di: manuali con testi che portano allo sviluppo
delle 4 abilità che propongono la “lingua autentica"; tecnologie come il videoregistratore o
il computer; tecniche didattiche (esercizi di grammatica, domande aperte/vero o
falso/scelta multipla, attività di lessico, drammatizzazioni, role plays, attività di problem
solving, attività che guidano l’esplorazione del testo come tecniche di natura insiemistica
e tecniche di esplicitazione).
E’ possibile notare uno studio avanzato del livello soglia: il VANTAGE LEVEL, il quale
presenta delle diversità rispetto al livello precedente, come ad esempio:
● le funzioni e le nozioni aumentano significativamente di numero, e di conseguenza
abbiamo anche un aumento delle combinazioni linguistiche a cui il discente può
avere accesso.
● insieme agli elementi concreti della lingua (numero di parole, di strutture, la
difficoltà e il grado di analisi dei contenuti linguistici) si presentano in maniera più
ampia anche la varietà di registri. Cioè noi facciamo in modo che i nostri studenti
siano in grado di approcciarsi in maniera più o meno autonoma e corretta a tutti i
registri linguistici disponibili. Essi sono tre:
- alto o colto
- medio o popolare
- basso o semi dialettale
Nel vantage level, tutti e tre i registri devono essere utilizzati in quanto il docente
deve essere in grado di far capire allo studente quale registro è più adatto alla
situazione in cui si trova;
● abbiamo competenza maggiore nell’ambito delle strategie conversazionali (=modi
di indicare le strutture della lingua che sto imparando, in modo tale che un
determinato scambio comunicativo abbia uno scopo);
● altro elemento importante è l’abilità di lettura, che per tanti metodi e fino al
threshold level era considerata un’abilità da apprendere quasi in maniera osmotica
(quasi in maniera passiva), mentre ora viene recuperata perchè si pensa che
questa abilità debba essere insegnata e consolidata in modo che non consenta
più soltanto la sopravvivenza ma mi consenta di utilizzare questa stessa abilità
anche fuori dal contesto classe (leggere e interpretare i testi diventa fondamentale
per vedersi riconosciuta e certificata l’abilità a livello di autonomia linguistica);
LE METACOMPETENZE
Il Framework, specifica che in un processo di educazione linguistica si debba provvedere
in maniera parallela allo sviluppo equivalente e sincronico di 4 abilità: 2 di natura
produttiva (produzione orale e scritta); 2 ricettive (lettura e ascolto).
Questo discorso vale quando a prevalere rispetto agli altri orientamenti di metodo siano
gli approcci comunicativi.
A partire dalle competenze (linguistica e comunicativa) si è sviluppata una riflessione
inerente al fatto che come prerequisiti ci siamo delle pre-competenze ovvero le
metacompetenze =capacità che io ho di riflettere su una o più aspetti della mia
conoscenza; per cui se ho una competenza linguistica, e quindi conosco la grammatica e
i meccanismi di funzionamento della lingua, la competenza metalinguistica non è altro che
la capacità di riflettere su come io uso quelle regole, di contro la competenza
metacomunicativa non è altro che la capacità che ho di riflettere sul modo di comunicare
in quella lingua (efficace o inefficace, cortese o scortese, normativamente corretta o
scorretta).
Sono dei meccanismi che nel nostro apparato cognitivo si mettono in moto in maniera
implicita e inconscia se parliamo di Lm (mi sono espresso male, forse dovevo usare
un’altra parola).
Per quanto riguarda le L2 o Ls questo tipo di competenza deve essere insegnata
esplicitamente, si dovrebbe portare gli allievi non solo a saper parlare ma altresì a
riflettere sul modo in cui quella lingua viene utilizzata.
Si tratta di un percorso che in realtà prima era concepito come applicabile solo ad un
livello avanzato di conoscenza della lingua, invece ora vengono considerate addirittura
dei prerequisiti, cioè si pensa che se io insegno ai miei studenti sul modo in cui usano la
lingua questo accelera l’apprendimento.
Questo è molto interessante perché abituare gli alunni a riflettere, significa abituarli a
pensare due volte in quella stessa lingua ed esercitarsi maggiormente nella lingua
medesima.
Secondo Balboni (padre della glottodidattica contemporanea) quando si parla di
competenza comunicativa, essa può essere rappresentata graficamente come una sorta
di piramide, con quattro facce a ciascuna delle quali corrisponde una sub competenza
che negli studenti si dovrebbe andare a sviluppare:
1. competenza linguistica = conoscenza dell’aspetto grammaticale della lingua
diventa secondo Balboni un elemento fondamentale e propedeutico (fonologica,
morfosintattica, lessicale, testuale);
2. la competenza extralinguistica ha a che fare con gli aspetti che non sono
modificabili, non trovano un riscontro scritto, non sempre trovano un riscontro nel
parlato, ma sono complementari al funzionamento corretto delle abilità di quella
lingua. Tra queste ci sono:
❖ sub competenza cinesica, la quale ha a che fare con la velocità di eloquio
ovvero con la velocità che io ho (ritmo e cadenza) che io metto nella lingua
parlata [se parlo troppo di fretta è perchè ho paura di sbagliare o perchè ho
una competenza linguistica talmente elevata che mi consente di
organizzare velocemente un discorso, viceversa se io parlo molto
lentamente è perchè non riesco ad elaborare un eloquio in maniera veloce
data la mia scarsa competenza o perchè voglio essere certo che il
messaggio che mando nella lingua straniera venga recepito];
❖ sub competenza prossemica, è distanza prossimale tra un parlante e
l'altro, condizionata molto spesso dalle diverse culture, dal diverso grado di
stato sociale;
❖ sub competenza vestemica, ha a che fare con ciò che il percepisco a livello
visivo rispetto a chi ho di fronte che mi può orientare in qualche modo
anche nell’uso della lingua, [se di fronte a me ho una persona in giacca e
cravatta verosimilmente cercherò di utilizzare un registro più elevato e un
eloquio più fornito nella lingua straniera e metterò alla prova le mie stesse
conoscenze];
❖ sub competenza oggettemica, ha a che fare con l’aiuto che proviene dai
referenti materiali della Ls. [tecniche ostensive, se ho a disposizione gli
oggetti concreti a cui sto facendo riferimento istintivamente mi servirò del
riferimento concreto per cercare di spiegare un contenuto di natura
lessicale, etimologica, morfologica];
3. padronanza delle 4 abilità, per insegnare la lingua in modo concreto devo avere
già insegnato le 4 abilità primarie: parlare, leggere, scrivere e ascoltare. Se queste
4 abilità non sono sviluppate io non posso parlare di competenza comunicativa;
(comprendere, leggere, scrivere, parlare in monologo, dialogare, tradurre);
4. è una competenza meno legata al contesto didattico e più legata all’uso pratico
della lingua, ovvero la competenza socio pragmatica, la quale indica
sostanzialmente il ruolo che la lingua (la conoscenza della lingua) che a livello di
tessitura di rapporti sociali e di realizzazione di obiettivi concreti mi aiuta. Entra in
gioco la questione della “speech-act theory”, la quale venne formulata da Austin e
Sir i quali credevano che imparare una lingua straniera equivale ad agire in quella
lingua straniera ed ottenere e raggiungere degli obiettivi concreti.
Balboni afferma che “è difficile tenere presente tutti questi aspetti e può anche non
essere utile” nel senso che tenerli presenti uno ad uno o come discinti effettivamente non
serve a niente, ma ciò che serve a partire da quell’elenco è andare verso la
consapevolezza di chi impara di quello che si può fare, che non si può fare, che si sa già
fare, che si deve imparare; e solo in quel caso ha un’utilità. Nonostante ciò si tratta di un
processo che cambia continuamente a seconda: degli apprendenti che ho di fronte, del
livello di partenza, della propensione dell’insegnante in quel momento.
Per imparare a comunicare in una determinata lingua si è rivelato utile partire da quello
che non va, perché in certi contesti pur essendoci un elevato livello di motivazione, o un
contesto di apprendimento-insegnamento ideale, ci sono dei momenti in cui si va incontro
a tutta una serie di malintesi che altro non sono che la traduzione concreta di un uso
scorretto di alcuni elementi della lingua straniera.
L’aspetto peculiare di questo elemento della didattica è che molto spesso si tratta di
fenomeni, di difficoltà legate ad aspetti gestibili, ma non si ritiene che siano elementi da
insegnare, né tantomeno gli studenti si preoccupano di apprendere. Alla fine ci si rifiuta di
usare la lingua straniera, quindi si rinuncia a comunicare.
Tutti questi problemi dell’uso della Ls provocano fenomeni di asincronia → insieme di
errori che spesso non sono commessi in maniera consapevole, ma altrettanto spesso
sono commessi consapevolmente (soprattutto quando si parla di didattica della Lm).
Questa asincronia porta ad una brusca interruzione di comunicazione. Il problema è che
siccome non si insegna il cosiddetto “turn taking” (ovvero il turno di presa di parola
quando si usa la lingua orale), non si insegna che in determinate lingue è necessario
evitare la sovrapposizione, gli studenti non si rendono conto che magari la causa di uno
scorretto uso della lingua è questo, e quindi pensano di aver fallito nel processo di
apprendimento.
Una definizione abbastanza interessante ma anche problematica di questo tipo di
fraintendimento la dà Chick negli anni ‘90 del 900, uno studioso afroamericano il quale
parla proprio di ”fraintendimento culturale”= problema che ha a che fare con la cultura
di una lingua. Secondo lui, il “fraintendimento culturale” è un prodotto equamente costruito
da tutti i partecipanti; ciò significa che, a fronte di un pari possesso di una Ls, a fronte di
una pari competenza e a fronte di una pari volontà di imparare quella lingua, nel momento
in cui si arriva ad una situazione di stanchezza o demotivazione si fa in modo di far fallire
di proposito la comunicazione.
Tra i motivi che portano a non poter utilizzare la lingua in maniera proficua, pur
conoscendone le basi teoriche e formative ci sono ragioni di matrice culturale e ragioni di
matrice linguistica.
RAGIONI DI MATRICE LINGUISTICA:
● Diverso valore attribuito alle funzioni grammaticali di una lingua o di un’altra
(esempio: il diverso valore che l’imperativo ricopre in una lingua e nell’altra → se
in italiano utilizziamo l’imperativo per dare un consiglio, in altre lingue
(inglese/francese) l’imperativo è percepito come un’imposizione scortese e
coercitiva).
● Fraintendimento, cioè l’uso di una struttura della lingua che nelle intenzioni di chi
la usa (di chi parla) ha un significato, recepita dal destinatario ne assume un altro.
● Mancanza di comunicazione (gli interlocutori non condividono nessun codice è
non si sforzano di cercarne uno comune) . (È un caso che si verifica spesso nella
maggioranza degli sbarchi, poiché siccome gli immigrati usano l’Italia come
approdo per poi spostarsi altrove, viene loro negata questa pratica e quindi
l’italiano diventa la lingua della negazione, di un diritto che viene privato).
RAGIONI DI MATRICE CULTURALE:
➢ Riguarda parlanti appartenenti alla stessa cultura (che non necessariamente
condividono la stessa lingua → esempio: spagnoli/italiani. Questi tipi di
fraintendimenti possono essere di natura:
● Pragmalinguistica, ha a che fare col valore concreto della lingua. Quando
c’è un errore di questa natura, succede che io produco un enunciato che
viene recepito dal destinatario con un altro significato
● Sociolinguistica, questa situazione si verifica quando l’oralità della lingua
scelta dal parlante non è adatta alla situazione in cui si trova (studenti
spagnole che danno del tu a un prof italiano, perché in Spagna si usa
chiamare i prof per nome. Avevano quindi traslato un modo della loro
lingua materna all’italiano).
● Non rispetto del “principio di cooperazione” enumerato da Grice, che si
articolava in 4 massime:
- massima della quantità: chiamato a comunicare dì soltanto quello
che ti viene chiesto
- massima della qualità: questa informazione che dai deve essere
utile a chi la riceve
- massima della relazione: ha a che fare con l’importanza di dare
quest’informazione in modo che sia collegabile al contesto
comunicativo
- massima della pertinenza: ha a che fare con le questioni di registro
e stile
➢ Quando invece ci troviamo in una situazione in cui ci sono due parlanti provenienti
da scene culturali differenti (non condividono la stessa cultura), la situazione si fa
più complicata perché quelle differenze sono più difficili da colmare, in quanto non
sono errori. (In questo caso parliamo di competenza interculturale, cioè imparare
ad avere a che fare in maniera positiva anche con la cultura che in quella lingua si
esprime.) Parlando di malintesi di comunicazione in ambito di differenza culturale,
Chick riporta un episodio singolare che ha a che fare con un malinteso
sopravvenuto tra due parlanti che stavano imparando l’inglese e che avevano
culture diverse (uno veniva dal Mozambico e l’altro dalla Francia. Il francese invita
il collega mozambicano a prendere un caffè. Il mozambicano gli risponde di no,
aggiungendo che non aveva fame, questo perché in Mozambico il caffè non si
beve, ma ne si mangiano i chicchi).
Molto spesso, proprio perché i malintesi di natura culturale sono molto difficili da
risolvere, una delle cause dal punto di vista linguistico con cui si può spiegare
questo tipo di malinteso è la mancanza di insegnamento delle regole di cortesia
verbale; ogni lingua ha le sue regole di cortesia, nel senso che ci sono delle regole
non scritte che aiutano ad evitare che ci siano fraintendimenti di questo genere.
Queste regole non vengono insegnate esplicitamente. Il risultato di questo
mancato insegnamento esplicito è che le regole di cortesia non vengono
rispettate. Ciò rallenta il processo del percorso di insegnamento. Inserire questo
tipo di insegnamento in ambito della didattica linguistica potrebbe eliminare questo
tipo di problematiche.
Al fine di arrivare a questo tipo di insegnamento esplicito è nata negli anni ‘90 la
pratica della Conversational Analysis, ovvero la pratica dell’analisi
conversazionale. Si fa uso di tutti gli stralci dialogici o conversazionali ricavati
principalmente dai contesti classe, i quali vengono analizzati e si cerca di
esplicitare tutte quelle informazioni che non vengono tradizionalmente insegnate in
maniera esplicita. È una pratica didattica molto imitata, a tal punto che da questa
deriva un’altra prassi: quella dell’uso dei “Corporal” lessicali: sono degli insiemi
di frasi, parole, strutture di una lingua che dovrebbero servire a ricavare la
frequenza con cui in una lingua straniera viene utilizzata una determinata struttura.
Sono pratiche innovative che difficilmente vengono insegnate nelle scuole.
Questo tipo di pratica ha un merito: quello di aver rimesso al centro
dell’insegnamento linguistico le abilità ricettive (ascolto e lettura). Fino a non molto
tempo fa si pensava che insegnare una Ls significava essenzialmente insegnare a
parlare in quella lingua, quindi tutto ciò che aveva a che fare con l’ascolto e la
lettura era considerato un processo secondario e in certi casi osmotico (appreso in
maniera inconsapevole).
Con l’analisi convenzionale, invece, si ha a che fare principalmente con testi scritti
da cui devo ricavare il significato attraverso 5 fasi:
1) Significato letterale, ovvero ciò che si percepisce dall’impatto visivo o
uditivo di un contenuto
2) Significato del parlante, significato che il parlante attribuisce ad un concetto
3) Effetto comunicativo
4) Reazione
5) Risposta
Tipologie di enunciati:
1. Enunciati direttivi, enunciati che, secondo i linguisti Halliday e Jacobson, hanno come
funzione principale quella di influire sul comportamento del destinatario.
2. Enunciati dichiarativi hanno il compito di rappresentare un fatto o di esprimere uno
stato d’animo o un’opinione.
3. Enunciato interrogativo
ipotesi del MONITOR =meccanismo (cognitivo: interno all’apprendente) di correzione e controllo dell’output,
che si attiva in caso di acquisizione e di apprendimento. Esso è un meccanismo
automatico, implicito e innato, che si mette in moto nel momento in cui mi accorgo (o
perché guidato dal docente o perchè ho una certa padronanza della lingua) di aver
commesso un errore. Per poter correggere l’errore, l'apprendente deve:
- ricevere l’input e avere tempo a sufficienza per elaborare e analizzare i dati;
- fare molta attenzione alla forma (quindi si deve avere una conoscenza esaustiva
della grammatica) [per cui difficilmente si attiva negli studenti appartenenti al
livello soglia o addirittura precedente a questo];
- avere una buona conoscenza delle regole linguistiche.
L’unico problema che si può riscontrare, avviene sia nel caso dell’acquisizione che in
quello dell’apprendimento, io come faccio a capire da dove proviene l’errore? Se è
legato all’acquisizione o all’apprendimento?
ipotesi dell’ORDINE secondo Krashen e Terrell facendo riferimento all’aspetto formale di una lingua
NATURALE (contenuti grammaticali) le regole che governano la lingua vengono apprese in un
ordine naturale che è dato dalla difficoltà (in genere si dovrebbe andare dal più facile al
più difficile) e dalla frequenza d’uso (dalla più alla meno usata), sia che si tratti di una L2
ma anche di una lingua materna. In generale anche in questo caso ci sono state delle
contestazioni, ad esempio, McLaughlin contestò il fatto che non esiste un ordine fisso
di facile e difficile, questo pertanto è un concetto soggettivo. Nel caso in cui io sia in
situazioni di apprendimento di L2 probabilmente per aiutarmi faccio riferimento alla
lingua materna, per cui in questo caso non si può parlare di ordine naturale. Il problema
che sorge nel contesto classe è quello secondo il quale gli studenti partono da un livello
di partenza differente.
ipotesi dell’INPUT = definito come l’insieme degli stimoli, materiali e contenuti che io propongo durante il
processo di insegnamento. Secondo Krashen, l’input è un fattore fondamentale sia dal
punto di vista del contenuto ma anche dal punto di vista procedurale.
Secondo Krashen, l’input ha una caratteristica: deve essere comprensibile e pertanto le
attività maggiormente coinvolte nel processo di apprendimento saranno la
comprensione di lettura e dell’ascolto, cioè dalla dimensione cosiddetta ricettiva
dell’apprendimento linguistico (questa rappresenta una grossa novità perché pochi
decenni prima la cosa che interessava era parlare).
Delinea, poi, le caratteristiche principali dell’input affinchè sia utile ed efficace:
● input accuratamente regolato, è lo stimolo per cui il docente propone allo
studente la lingua a livello più elevato che gli sia noto, più alto di competenza e
si aspetta che lo studente faccia altrettanto nelle sue produzioni, nelle
elaborazioni e nell’apprendimento. In questo modo metto gli studenti a che fare
con la qualità migliore della lingua, ma corro il rischio di proporre ai miei studenti
una lingua il cui livello è troppo elevato tanto da essere esagerato per le loro
competenze in quel momento con il rischio di avere un apprendimento parziale,
mente dall’altra parte questo fattore potrebbe accelerare il processo di
apprendimento medesimo, nel senso che in condizioni di partenza molto alte si
raggiunge nell’immediato un livello ancora superiore.
● input approssimativamente regolato, è quello stimolo per cui da una parte il
docente e dall’altra lo studente che indipendentemente dalle manifestazioni
dell’uso della lingua hanno l’obiettivo di comprendersi. (non importa come
parliamo, l’importante è capirsi). Quindi la lingua imparata non è quella prevista
nel percorso istituzionale di insegnamento, ma è una lingua che si può accettare
in determinate circostanze che è transitoria.
Al suo interno troviamo delle varietà della lingua da apprendere che non sono
sbagliate, non sono definitive ma sono delle semplificazioni dell’aspetto
grammaticale, o dalla riduzione del lessico da imparare con l’idea di agevolare il
processo di apprendimento, come il “baby talk” (=lingua che la mamma usa nel
processo di acquisizione caratterizzata dalla presenza di mono parole) e il
“foreigner talk” (=versione semplificata di una lingua che posso decidere di
adoperare quando parlo con apprendenti stranieri).
Krashen parla di input comprensibile, ma non da la definizione di esso probabilmente
perchè non la si può dare (nel senso che “comprensibile” è un concetto abbastanza
legato alla soggettività dell’apprendente), questo rappresenta un limite. Un
vantaggio/novità rappresentato è che viene introdotto un concetto di interlingua: fase di
passaggio che vede uno studente passare da una lingua materna a una lingua nuova di
apprendimento, è una sorta di lingua ibrida molto importante in quanto fa scaturire la
riflessione sull’errore (quante volte devo correggere?, quali errori devo correggere?,
intervengo sulla forma?).
ipotesi del FILTRO meglio realizza il concetto di connubio tra scienze del linguaggio e scienze psicologiche.
AFFETTIVO Esso fu studiato da un punto di vista principalmente psicologico da Krashen e viene
definita come applicabile alla didattica delle lingue; è un vero e proprio blocco cognitivo
(interno all’apprendente) che portato alle sue estreme conseguenze rende
all’apprendente in maniera inconscia impossibile l’apprendimento di un contenuto in
particolare.
Come agisce? Anche gli stimoli più adatti alle esigenze e ai bisogni degli allievi vengono
percepiti come indecifrabili e incomprensibili (a volte nella peggiore delle ipotesi anche
come inutili). Un’altra manifestazione di questo blocco è l’incapacità di trasformare
l’input in intake (ciò che assimilo, l’assimilo in apparenza perché poi non riesco a
rielaborarlo o a riutilizzarlo), quindi qualsiasi sia l’intervento del docente non porterà a
risultati in quanto è un blocco interno e quasi impossibile da sbloccare. Bisogna, tramite
la creazione di un ambiente classe favorevole (clima di competizione sano, visione
cooperativa dell’apprendimento, una didattica incentrata sui bisogni effettivi ad
esempio), evitare che accada questo; nel caso in cui questo dovesse accadere o è già
successo prima del mio arrivo (avviene soprattutto nei contesti in cui si è costretti a
imparare una lingua).
LA PROSPETTIVA PSICOLINGUISTICA
Dall’inizio del XXI secolo sembra che la didattica delle lingue moderne porti avanti un
discorso teorico-pratico interdisciplinare pur rivendicando un’autonomia epistemologica
delle discipline scientifiche di riferimento:
● linguistica, studia il linguaggio e i suoi usi comunicativi e sociali;
● psicolinguistica, studio delle correlazioni tra comportamento e apprendimento
verbale e i caratteri psichici dell’individuo;
● linguistica e/o psicolinguistica applicata, applica le ricerche in linguistica e in
psicologia nell’insegnamento delle lingue proponendo dei modelli di
insegnamento/apprendimento;
● scienze pedagogiche;
● scienze della comunicazione;
● scienze antropologiche e semiotiche.
Grazie a de Saussure, l’incontro fra linguistica e psicologia fu possibile, in quanto in quel
periodo in psicologia si parlava di:
➢ “mentalismo” che si preoccupava di esplorare il pensiero dietro la produzione
linguistica.
➢ “comportamentismo” che considerava il linguaggio uno dei comportamenti sensibili
a stimoli e risposte esterne.
La psicolinguistica, quindi, nasce dal bisogno di studiare il rapporto tra la lingua come
“sistema” e come “facoltà” della mente.
Durante gli anni ‘60 la psicolinguistica iniziò a ispirarsi alla linguistica applicata e alla
psicologia cognitivista, ma già all’epoca diversi studiosi si accorsero che si trattava di un
orientamento inadeguato, poiché il processo di comunicazione veniva ridotto a un
processo di trasmissione del messaggio da un individuo ad un altro. A superamento di
questa visione venne proposta una nuova visione del processo comunicativo basata sulle
ricerche di Vygotskij secondo il quale il linguaggio si manifestava come espressione
dell’io e come fonte di regolazione dei rapporti sociali tra i due interlocutori.
Alla fine degli anni ‘60 in poi, i metodi affettivi fecero considerare la personalità
dell’individuo come aspetto determinante del metodo utilizzato e per questo, Titone
propose un modello integrato di apprendimento detto “modello olodinamico” che
presupponeva l’interazione di componenti psicologiche di natura cognitivista e
comportamentista, controllate dalla struttura della personalità dell’individuo.
PROFICIENCY MOVEMENT
Le prassi didattiche del XX secolo si possono raggruppare in:
1- METODI DEDUTTIVI, secondo cui l’insegnamento dovrebbe impartire al discente
regole esplicite che descrivano come accettabili le frasi potenzialmente possibili;
2- METODI INDUTTIVI, secondo cui l’insegnamento dovrebbe stimolare le abilità di
estrapolare i caratteri e gli schemi grammaticali che compongono l’input linguistico;
3- APPROCCI COMUNICATIVI, secondo cui l’insegnante dovrebbe impartire nel discente
l’abilità di comunicare efficacemente nella L2;
4- APPROCCI AFFETTIVI, secondo cui l’insegnamento dovrebbe creare un ambiente in
cui dare priorità agli aspetti affettivi e personologici del discente.
COMPETENZE secondo il CEFR per realizzare realmente gli obiettivi dell’approccio comunicativo
PRAGMATICHE orientato all’azione, l’apprendente deve essere consapevole degli effetti concreti che
le scelte linguistiche comportano in un contesto e deve saper raggiungere i propri
scopi comunicativi senza essere frainteso.
La COMPETENZA PRAGMATICA riguarda l’uso funzionale delle risorse linguistiche
secondo gli scenari e i copioni internazionali tipici della cultura a cui appartiene la
lingua.
E’ necessario avere una competenza discorsiva più ampia detta PADRONANZA
DEL DISCORSO, la quale è dimostrata dalla capacità di gestire nell’interazione
orale i turni di parola, i messaggi non verbali e lo sviluppo tematico del
ragionamento.
In questo caso sono fondamentali: interazioni e ambienti in cui si formano le
competenze pragmatiche.
Per poter sviluppare questa competenza non basta: osservare le interazioni tra
parlanti nativi o non nativi, il giudizio positivo del docente, l’autovalutazione in
riferimento a tecniche di simulazione. Ma la tecnica mirata allo sviluppo di questa
competenza è il:
★ TASK → prevede la realizzazione di compiti comunicativi da svolgere in
autonomia o in compagnia da parte dello studente al fine di raggiungere uno
scopo non linguistico attraverso la L2.
Esso non nasce dal contesto glottodidattico per cui bisogna prima
presentare le caratteristiche generali del compito, per poi insistere sul fatto
che bisogna realizzare un progetto concreto attraverso l’utilizzo della L2.
Esiste un principio che governa il metodo, ovvero “LEARNING BY DOING”,
poichè il docente assegna dei compiti che riguardano: lo sviluppo, l'uso e la
riflessione sulle 4 abilità linguistiche (2 produttive: parlare e scrivere e 2
ricettive: ascoltare e leggere).
Per essere considerato un compito comunicativo, il task deve presentare
queste componenti:
➢ input (=testo orale/scritto, immagine)
➢ ruolo dei partecipanti (=relazioni vere o fittizie tra loro)
↪capogruppo, portavoce, chi cerca le informazioni, chi sintetizza, chi
si occupa delle relazioni con informanti esterni
➢ setting (=luogo dove si svolge il compito)
➢ azioni (=procedure da realizzare)
➢ monitoraggio (=tipo di supervisione del docente)
➢ esiti (=risultati del compito)
➢ feedback (=valutazione dei risultati raggiunti)
Le tecniche necessarie nel task sono:
★ jigsaw → ogni partecipante possiede delle informazioni sconosciute al resto
del gruppo che vengono condivise al fine di realizzare uno scopo.
★ pairing → confronto sulle proprie scelte linguistiche.
★ project work
★ giochi su schema → prevedono l’utilizzo della lingua per raggiungere un
obiettivo che prevede un’acquisizione meno consapevole ma più duratura
rispetto allo studio cognitivamente concretato su un aspetto linguistico.
I tipi di compiti assegnati dal docente, vengono individuati secondo tre
caratteristiche:
1) Devono essere compiti adatti al livello di apprendimento che il docente si
rende conto di avere all’interno della classe;
2) Non devono afferire sempre a stessi contenuti e aree, quindi bisogna cercare
secondo il task-based learning di variare per maturare tutte e 4 le abilità;
3) Si deve trattare per quanto possibile di attività contestualizzate: se io sono in
contesto scolastico non posso proporre la costruzione di casa prefabbricata
(istruzioni per costruirla in più lingue), ma devo trovare qualcosa che mi
riconduca alla dimensione scolastica, nonostante la maggior parte delle
attività si svolgono al di fuori dal contesto classe.
Un’ altra questione molto battuta è quella della “SOCIALITÀ DELLA LINGUA” che
io vado ad insegnare. Ciò significa che sempre più spesso quello che si chiede ai
docenti di lingua è di insegnare una lingua che risponda non solo all’uso, ma che sia
anche adatta nell’inserimento del parlante nel contesto sociale che prevede la
possibilità di capire e farsi capire da tutti i parlanti di questo contesto.
➔ text project, progetti che prevedono analisi di una serie di testi con l’obiettivo
che gli studenti creino delle rivisitazioni di quei testi.
➔ tandem e-mail (pen calling), c’erano delle associazioni che vendevano
indirizzi di persone/studenti che vivono in altri paesi con cui scambiarsi
messaggi, immagini, video, foto. Questo tipo di progetto è un project work
perché l’obiettivo è quello di instaurare una corrispondenza con un ipotetico
destinatario: si testano pertanto le abilità ricettive e quelle produttive.
Il docente viene visto come una guida (stabilite attività e strutture linguistiche deve
coordinare l’ordine delle attività, in cui presentare le strutture linguistiche); e deve
occuparsi in orario scolastico e non dell'organizzazione concreta delle attività
mettendosi in contatto con gli informanti esterni.
Lo studente non è visto come un contenitore ma come persona.
Molto spesso succede che all’interno di questi progetti aumenti il rischio di difficoltà
nei rapporti interpersonali tra gli alunni e la demotivazione.
Il Project work è un’attività learner-centred (cha ha al centro il discente) con
l’obiettivo di sviluppare nel discente un maggior senso di autonomia.
Il discente deve sempre confrontarsi con i suoi pari e l’intesa con gli amici deve
coordinarsi per non perdere di vista l’obiettivo del progetto.
Per quanto riguarda l’organizzazione del project work, si parla della compilazione
del SILLABO procedurale, ciò significa che mentre nel sillabo tradizionale stabilisco
per voci i contenuti per poi trasformarli in attività utili, in quello procedurale io mi
pongo degli obiettivi (al posto della voce ampliamento delle conoscenze lessicali,
avremo attività mirate all’ ampliamento delle conoscenze lessicali suddivise per
categorie grammaticali, categorie sotto grammaticali, in base a quei contenuti si
determina quale obiettivo è necessario per sviluppare quelle competenze in un
determinato periodo).
Fino a quel momento con l’avvento dell’approccio comunicativo, il focus dei docenti era
sulle 4 abilità di base + alcune abilità integrate (scrivere sotto dettatura, prendere appunti
e riassumere oralmente).
Le novità, invece, erano:
❖ saper parlare e capire non significa saper partecipare a un’interazione
❖ saper leggere e scrivere non significa saper tenere una corrispondenza
❖ la traduzione è parte integrante della didattica della L2
❖ è introdotto il concetto di strategia=linea d’azione del soggetto per realizzare il
proprio scopo comunicativo.
Si parla pertanto di “activities” che favoriscono un approccio legato all’azione.
Nel CEFR erano presenti i descrittori di tutte le attività tranne quelle di mediazione per cui
tra il 2014 e il 2016/17 venne realizzato un nuovo progetto, dal Consiglio d’Europa
sostenuto dal supporto di una rete di sperimentatori internazionali, il quale si poneva gli
obiettivi di:
1- arricchire la descrizione dei livelli;
2- fornire nuovi descrittori → sviluppandone dei nuovi per la mediazione e per le reazioni
↘ alla letteratura
per gli apprendenti più giovani
2018: pubblicazione online dei risultati del CEFR COMPANION VOLUME WITH NEW
DESCRIPTIONS, il quale includeva: competenze generali, competenze
linguistico-comunicative e attività linguistico-comunicative che attraverso un prospetto
riepilogativo distingue tre aspetti rilevanti:
- uso creativo e interpersonale della lingua
- uso transazionale della lingua
- uso della lingua per dare giudizi e risolvere problemi
ATTIVITA’ DI RICEZIONE
CEFR per ASCOLTARE l’apprendente deve essere in grado di:
● percepire l’enunciato
● identificare il messaggio
● comprendere e interpretare il messaggio
CEFR COMPANION:
COMPRENSIONE ORALE COMPRENSIONE SCRITTA COMPRENSIONE AUDIOVISIVA
ATTIVITA’ DI PRODUZIONE
Parlare e scrivere sono fondamentali nella vita quotidiana e richiede la capacità di pianificare e organizzare il
discorso.
CEFR per PARLARE l’apprendente deve essere in grado di:
● pianificare e organizzare il discorso
● formulare e pronunciare l’enunciato
ATTIVITA’ DI RICEZIONE
Saper prendere parte a una conversazione non significa automaticamente:
- saper realizzare un monologo
- saper capire un discorso
- saper leggere un testo
- saper partecipare ad una discussione
INTERAZIONE ORALE INTERAZIONE SCRITTA INTERAZIONE ONLINE
obiettivi per imparare una lingua: si tratta di uno scambio di: il CEFR Companion dedica a
➢ possibilità di comunicare corrispondenze, messaggi, questo argomento un’attenzione
con parlanti nativi formulari e appunti; ma per farlo pari all’interazione orale e scritta
➢ usare la lingua per entrare bisogna conoscere le regole dato l’espandersi delle tecnologie.
in contatto con persone di dell’interazione scritta della cultura
lingue e culture diverse per a cui appartiene l’interlocutore. La possibilità di interagire in tempo
motivi di studio, lavoro e reale mediante la scrittura implica
svago. Qui l’interlocutore non è presente e una simultaneità di ricezione e
leggerà solo successivamente il produzione molto simile
CEFR tipi di attività orali:
messaggio per cui è necessario all’interazione orale, così come
- transazioni
essere quanto più ESPLICITI per l’uso di icone che simulano le
- conversazioni
evitare incomprensioni. manifestazioni emotive che
casuali
permette di introdurre nella scrittura
- discussioni
Tecniche: tratti tipici della comunicazione non
formali/informali
L’analisi+riflessione dei segnali che verbale (espressioni facciali).
- dibattiti
emergono negli scambi di Inoltre la possibilità di progettare un
- interviste
corrispondenze e appunti, viene testo secondo le proprie necessità,
- negoziazioni
proposta tramite: rileggendolo e correnggendolo,
★ osservazione sono elementi dell’interazione
CEFR COMPANION, si indicano ★ evidenziazione scritta.
vari formati di interazione orale ★ riordino (per capire la
faccia a faccia: sequenza logica) L’obiettivo dell’apprendimento è
- conversazione ★ stesura del testo scritto (in adattare il proprio stile di scrittura
- discussione risposta ad altri per all'ambiente virtuale e ovviamente
formale/informale individuare i rapporti tra gli COMPRENDERE E FARSI
- intervista interlocutori e il registro da COMPRENDERE, promosso con:
E’ fondamentale CAPIRE E FARSI usare). ★ osservazione
CAPIRE, la quale è una ★ analisi+riflessione su aspetti
caratteristica che comporta linguistici e culturali di
strategie interattive (presa di turno, scambi comunicativi in rete
cooperazione, richiesta di ★ task
chiarimenti), le quali possono
essere sviluppate in fase
preliminare con:
★ osservazione
★ analisi+riflessione dei
fenomeni interattivi
Tecniche:
★ drammatizzazione
★ role play (si simula a
differenza del task dove
avviene una vera
interazione)
★ jigsaw
★ pairing
★ giochi su schema
★ conversazione
★ discussione
ATTIVITA’ DI MEDIAZIONE
Nel 1996, il CEFR indica la mediazione come attività da sviluppare nelle classi di lingua straniera. Questa attività
permette la comunicazione fra coloro che non si capivano a causa di barriere linguistiche utilizzando la stessa
lingua o lingue diverse.
Il CEFR Companion, introduce dei nuovi descrittori riferendosi alla mediazione:
● come attività nel contatto linguistico (=traduzione/interpretariato)
● come capacità del soggetto di agire da mediatore a livello testuale, comunicativo e concettuale (utilizzando
la stessa lingua)
CEFR riemerge con forza e i descrittori mettono in chiaro che per mediare si può:
Companion 1. tradurre oralmente o per scritto da una lingua all’altra,
2. usare altre forme di facilitazione per la comunicazione usando la stessa lingua o
passando da un codice semiotico ad un altro.
Per mediare, la persona deve aver sviluppato un’apertura mentale tale da riuscire ad entrare in
sintonia con i partecipanti alla comunicazione. Non si possono separare i vari descrittori ma si
suggerisce di considerarli in maniera integrata nonostante siano suddivisi in 3 macro categorie.
trasformare un testo per renderlo facilitare l’accesso alla favorire una comunicazione sana fra
più accessibile a causa di barriere: conoscenza a chi non è in grado le parti superando barriere:
linguistiche, culturali, semantiche e di comprendere per ragioni individuali, sociolinguistiche,
tecniche. Per questo bisogna cognitive. intellettuali.
riformulare le informazioni del testo: Il mediatore: elabora i significati, Il mediatore è una figura che
- in una lingua diversa rende possibile lo scambio influenza positivamente i rapporti fra i
- in una varietà diversa della concettuale fra i partecipanti. partecipanti grazie alle sue doti di:
stessa lingua Il CEFR Companion, individua diplomazia, negoziazione, pedagogia,
- da un registro all’altro della due modi: soluzione di problemi.
stessa lingua. 1. guidare il lavoro di gruppo: Deve essere inoltre in grado di:
Nel CEFR Companion le attività gestendo l’interazione e 1. facilitare lo spazio
sono: incoraggiando pluriculturale, creando uno
1. trasferire informazioni l’esplicitazione dei concetti, spazio comune, neutro e
specifiche oralmente o per la mediazione avviene sicuro fa gli interlocutori
scritto, dopo aver reperito le quando il soggetto assume diversi dal punto di vista
informazioni da un il ruolo di facilitatore. linguistico e/o culturale,
ascolto/lettura veloce. 2. collaborare in un gruppo: facendo domande e
Le tecniche per una facilitando l’interazione mostrando interesse nonché
comprensione globale sono: collaborativa e rispetto e sensibilità verso
★ domande vero o collaborando alla prospettive e norme sociali
falso/scelta costruzione di significati. diverse. Anticipando e
multipla/scelta Le competenze superando fraintendimenti.
binaria a livello razionale: A tal proposito, il mediatore fa
★ riconoscimento di - capacità di intervenire da ponte fra le varie culture
informazioni. consapevolmente per grazie alla sua: empatia,
orientare la flessibilità e consapevolezza
2. spiegare oralmente o per discussione. interculturale.
scritto dati interpretabili - equilibrare gli Le tecniche usate in questo
visivamente (schemi e interventi e superare caso sono:
grafici). Le tecniche utili le difficoltà di ★ domanda
sono: comunicazione. ★ domanda-elicitazione
★ osservazione a livello cognitivo: ★ esplicitazione
★ esplicitazione - inquadrare gli scopi ★ transcodificazione
★ transcodificazione del lavoro di gruppo ★ matching
E’ considerata al pari della da svolgere. ★ role play
traduzione intersemiotica: sebbene - stimolare e sviluppare
affiancati da un testo in una lingua le idee. 2. fare da intermediario in
A i diagrammi, gli schemi e i grafici - aiutare a individuare situazioni informali,
che forniranno informazioni visive gli aspetti chiave del sintetizzando ciò che dicono
che il soggetto dovrà riformulare in ragionamento. gli interlocutori e trasferendo
una lingua B dal codice visivo a Si possono individuare strategie di le informazioni più importanti.
quello verbale e viceversa. difficoltà crescente: nei livelli più Il soggetto plurilingue si trova
bassi, il soggetto sa fare domande ad agire nel dominio:
3. processare mentalmente un e organizzare compiti, man mano privato/pubblico,
testo orale e scritto, a saprà sviluppare e sintetizzare le educativo/professionale.
seguito di un ascolto/lettura idee e le opinioni altrui, fino a In classe quindi si lavora su:
intensivi e approfonditi per valutare problemi, proposte e introspezione,consapevolezza
cercare lo sviluppo logico criticità. interculturale e si introducono
del discorso e dei nuclei Le tecniche usate sono: esempi di situazioni informali
informativi per poter creare ★ brainstorming in cui c’è bisogno di un
un nuovo testo sintetico e ★ domande-elicitazione intermediario sia per la lingua
riformularlo in altre parole ★ conversazione che per i comportamenti non
della stessa lingua o di una ★ discussione verbali.
lingua diversa. ★ jigsaw Le tecniche sono:
Le tecniche utili sono: ★ pairing ★ analisi/riflessione
★ evidenziazione ★ task ★ conversazione mirata
★ stesura appunti ★ discussione
★ parafrasi ★ osservazione
★ riassunto ★ esplicitazione
a livello elementare, invece: ★ esplorazione di parole
★ riordino (per scrivere chiave
un testo coerente e per completare la
coeso) formazione, sono poi utili:
★ esplorazione di ★ riassunto
parole chiave (per ★ traduzione.
riconoscere ciò che
realmente è 3. facilitare la comunicazione in
essenziale) situazioni delicate o di
★ costellazione (è il 1° disaccordo, esplorando le
passo per la varie opzioni, rielaborando i
realizzazione di un punti di vista, individuando un
nuovo testo sulla terreno di intesa comune e
base di trovando un accordo.
un’elaborazione In questo caso il mediatore
mentale ricorre a doti psicologiche e
cognitivamente alle competenze pragmatiche.
complessa). Le tecniche utilizzate sono:
★ analisi/riflessione
4. traduzione di un testo (da ★ conversazione mirata
scritto a orale o da scritto a ★ discussione
scritto), corrisponde alla ★ osservazione
traduzione interlinguistica. ★ esplicitazione
Nei livelli più bassi, essa ★ esplorazione di parole
sarà approssimativa e con chiave
errori, mentre nei livelli più tutte utili per risolvere
avanzati si riusciranno a situazioni di disaccordo
tradurre anche i messaggi videoregistrate.
impliciti. ★ drammatizzazione →
Le tecniche utili sono: interpretazione di un
★ traduzione copione di una situazione
★ riconoscimento di di incomprensione
informazioni ★ role play → decidere in
★ domande gruppo che situazione di
★ stesura di un testo incomprensione da
★ parafrasi rappresentare.
6. commentare un testo
creativo, che richiede:
competenze linguistiche di
ricezione e produzione
scritta, abilità cognitive (fare
confronti, argomentare e
valutazione critica),
conoscenze contenutistiche.
Per gli autori del CEFR Companion, le strategie di mediazione sono riportate in due
macrocategorie:
1) strategie per spiegare i concetti (attraverso tecniche come perifrasi e parafrasi),
questi concetti possono essere collegati a conoscenze pregresse con tecniche
come:
★ domande-elicitazione
★ domande vero o falso/ a scelta binaria/ a scelta multipla
★ tecniche di natura insiemistica
★ riordino
★ esplicitazione
★ esplorazione di parole chiave
★ osservazione
★ transcodificazione
★ matching
★ griglia
★ completamento schema
2) strategie per rendere un testo più comprensibile andandolo ad amplificare o
razionalizzare con tecniche come:
★ riassunto
★ costellazione
★ completamento schema
★ griglia
★ evidenziazione
★ riconoscimento di informazioni
Si tratta di STRATEGIE COGNITIVE che si combinano con le competenze linguistiche-
comunicative.
FACILITAZIONE E SEMPLIFICAZIONE
Strumento che viene visto da alcuni come un’agevolazione del processo di insegnamento delle lingue
straniere; secondo altri invece questo processo impoverisce la procedura e le dinamiche di insegnamento
e apprendimento.
Si tratta di due processi diversi (anche se vengono usati come sinonimi) che riguardano
l’insegnamento della lingua scritta, però non è escluso che si possano trovare anche nella lingua
parlata.
SEMPLIFICARE: eliminare elementi di complessità (difficile decodifica, interiorizzazione e uso) che
possono essere di natura prettamente linguistica o contenutistica.
Dal punto di vista linguistico ci si può trovare dinanzi a due situazioni:
1) intervenire semplificando un TESTO, ciò vuol dire riscriverlo, rigeneralo:
● usando una lingua più semplice;
● oltre a semplificare gli aspetti formali, cerco di rendere meno complicato nell’assimilazione
il concetto.
Tra le altre cose, noi siamo in un contesto in cui ci troviamo a dover insegnare le lingue straniere in una
nazione in cui la lingua madre, l’italiano, è parentetica (ci sono molti incisi, molti contenuti messi tra
parentesi, tra trattini, tra virgole, appendici, citazioni, note, chiose). Questo però può anche destabilizzare
lo studente che abituato a forme complesse non riesce a trovarsi con strutture più semplici;
2) semplificare un COMPITO, il contenuto resta lo stesso ma cambia il fatto che io faccia una
richiesta più semplice dal punto di vista linguistico e/o contenutistico (trovare o ricordare una
informazione per volta, proporre attività manipolative e non creative, esprimere la consegna in
termini più semplici)
FACILITARE: graduare, scomporre le difficoltà senza eliminarle del tutto; si rendono le difficoltà più
accessibili.
1) facilitare un TESTO:
● riorganizzare i contenuti in modo che la comprensione sia più semplice;
● trattandosi di lingua scritta, posso lasciare il testo esattamente com’è ma allo stesso tempo
posso utilizzare una traduzione, un glossario, delle evidenziazioni, delle immagini, delle
sottolineature, l’alternanza di caratteri, la scansione in paragrafi, materiali iconici di
supporto, lasciando sempre il materiale autentico;
1) facilitare un COMPITO, (io docente mi sostituisco alla traccia) guida alla comprensione e allo
svolgimento del compito:
● non si assegna un unico compito in base al livello di competenze degli alunni;
● non si facilitano solo alcuni testi o alcuni materiali (la facilitazione è un processo che si
adatta a tutti i tipi di livelli di conoscenza pregressa dell’alunno);
● la facilitazione richiede la partecipazione attiva dello studente, quindi l’assimilazione non è
passiva (la semplificazione prevede invece che lo studente si ritrovi dinanzi ad un testo già
semplificato).
Semplificare e/o facilitare non significa necessariamente dare luogo ad una didattica a bassa richiesta
cognitiva, ma si tratta di due strumenti complementari e che vivono in alternativa l’uno dall’altro che di
conseguenza agevolano il processo di insegnamento tenendo alto il concetto di motivazione (nel senso
che se io propongo una versione della lingua straniera facilitata e/o semplificata, verosimilmente ho
maggiori possibilità di ottenere risultati di apprendimento positivi che automaticamente comporta ad un
innalzamento dell’autostima degli studenti e pertanto sono maggiormente motivati a proseguire il
processo di apprendimento).
Un altro punto a favore di queste due tecniche didattiche è rappresentato da una delle 4 abilità
linguistiche, in particolar modo quelle ricettive (framework), tra le quali si riconosce la comprensione
scritta e orale, e la motivazione.
Questi due elementi hanno portato gli studiosi a definire un terzo concetto ormai sempre più presente nel
concetto dell’educazione linguistica: la motivazione cognitiva (=motivazione all’apprendimento in tutti i
suoi stati: dal più semplice al più complesso) la quale dipende dalla presa di coscienza che noi siamo
perfettamente in grado di apprendere un contenuto. Questa autoconsapevolezza si ottiene nel momento
in cui si ha una lingua più semplice da imparare.
Semplificazione e facilitazione riguardano prevalentemente l’insegnamento della lingua straniera scritta,
quest’ultima fa riferimento ad un’unità di partenza rappresentata dal testo= entità che contiene un
messaggio il quale si dovrebbe articolare attorno ad un tema e presentare come caratteristiche
fondamentali l’unità e la completezza. Queste ultime caratteristiche si possono riconoscere quando si è in
presenza di un mittente e di un destinatario. I testi che posso proporre sono infiniti, decido quale
presentare, in base a:
● le intenzioni comunicative del mittente
● le necessità del ricevente di avere una certa informazione
● la necessaria cooperazione tra mittente e ricevente
● i requisiti del testo stesso, 7 requisiti stabiliti dalla linguistica generale a cui un insieme di frasi
deve rispondere per essere considerato un testo. Esse sono: coesione, coerenza, intenzionalità,
interdisciplinarità, dialogicità, comunicatività, informatività).
i testi possono essere manipolati e quindi vengono eliminati degli aspetti difficili e lasciati invariati quelli
più semplici; mentre invece i processi (le consegne=modalità di svolgimento delle attività su quel
materiale linguistico) non devono essere semplificati (la richiesta deve restare quella) ma posso
facilitarne la comprensione.
In entrambi i casi si subisce l’influenza di due fattori:
1. motivazione dell’allievo di imparare la lingua, questione più complessa perché può essere legata
a tre fattori:
- livello di competenza, può influenzare oltre alla motivazione ad apprendere, la possibilità
di evitare o includere i processi di semplificazione linguistica (livello se basso o elementare
esisteranno poche possibilità di trovare lingua e testi autentici in grado di raggiungere gli
obiettivi didattici);
- fattori temporali, in percorsi didattici a breve termine (corsi intensivi), difficilmente sarà
possibile proporre percorsi nella loro interezza (particolarmente vero quando la didattica
della lingua passa attraverso la didattica dei testi);
- motivazione e interessi specifici degli apprendenti, alcuni passi di un testo risultano di
scarso interesse (o scarsamente legati al progresso) degli studenti.
2. motivazione del docente a proporre un determinato tipo di insegnamento;
esempio: se io in una metodologia non credo come docente o penso che non sia utile e proficua
con i miei studenti difficilmente sarò credibile se intraprendo quel determinato percorso.
In base a queste specifiche si è stata tentata una definizione di testi “buoni” ai fini dell’apprendimento
linguistico, i quali favoriscono e semplificano i processi di comprensione, adottando uno o più
(contemporaneamente) strumenti tra quelli sopracitati.
A questo si unisce anche la questione che la densità informativa e concettuale si trasforma anche in
densità linguistica; nel senso che io posso avere un testo che magari ha poche strutture grammaticali o
esplicitamente linguistiche però tramite queste strutture viene raccontato di tutto e questo non va
comunque bene.
I processi di comprensione, invece, devono essere semplificati anche dal punto di vista della densità
concettuale nel senso che io dovrei avere un testo con delle strutture grammaticali e un numero parallelo
ad esse di contenuti concettuali.
Secondo Pallotti e Ghiretti, tutto questo processo condiziona il processo di apprendimento linguistico in
modo positivo o negativo nel senso che anche dal punto di vista della fase dell’esercizio della produzione
scritta si avranno dei problemi.
La semplificazione non è uno strumento utilizzato solo dall’insegnante ma posso offrire a studenti attività
come riassunto, che non sempre è forma di semplificazione, perché riassumere equivale all'eliminazione
di parti di testo ma può essere che capiti di eliminati anche informazioni necessarie alla decodifica o alla
comprensione del testo.
Le radici del CLIL sono affondate in esperienze maturate nei paesi bilingui d’Europa nelle
cui scuole le materie disciplinari si insegnavano in una lingua differente dalla lingua
materna degli studenti sviluppando una Dual Focused Education che promuoveva
l’apprendimento in maniera contemporanea della lingua e del contenuto non linguistico.
Paesi bilingui d’Europa:
Lussemburgo (lussemburghese, tedesco, francese, inglese)
Germania (tedesco, francese)
Paesi Bassi (inglese, olandese)
Belgio (francese, fiammingo, inglese)
Spagna (castigliano, basco, catalano, inglese)
Italia: Valle d’Aosta (italiano, francese, inglese)
Alto Adige (italiano, francese, ladino, inglese)
Man mano il CLIL si è espanso fino a interessare istituzioni con alunni immigrati, ma le
intenzioni della politica linguistica e scolastica europea prevedevano il CLIL come prassi
quotidiana in tutte le scuole con o senza: contesto sociale bilingue, specializzazione
linguistica, alunni immigrati.
Dato il crescente numero di alunni immigrati o nati nel paese ospitante da famiglie di
lingua e cultura diverse nelle scuole europee, ogni docente affronta il compito di
sviluppare negli alunni le conoscenze disciplinari e linguistiche, affrontando quasi un
percorso di CLIL nascosto.
In Italia, il percorso CLIL può essere articolato partendo dalla SCELTA DELLA LINGUA in
base a:
❖ somiglianza morfologica all’italiano (francese o tedesco per la morfologia flessiva
o lo spagnolo per fonetica e lessico al fine di facilitare l’apprendimento)
❖ lingua di maggioranza (se ho 30 studenti su 35 che hanno studiato inglese,
ovviamente orienterò la scelta dell’impianto CLIL l’inglese)
❖ competenza dei docenti, criterio legato principalmente alla loro formazione (è stato
sostanzialmente imposto a questi docenti di conseguire nel caso in cui non
avessero una certificazione di competenza nella lingua in cui si voleva andare a
realizzare il progetto che era pari al B2).
Per poter pianificare un percorso CLIL è necessario seguire una serie di passaggi:
1) creare un MODELLO CURRICOLARE nel quale si inseriscono i contenuti della
lingua e della disciplina non linguistica, che sviluppati in parallelo, è pertanto
importante che ci siano due figure di docenti perché se bisogna procedere in
parallelo è difficile che una sola persona riesca a gestire entrambi i percorsi.
una volta posto il modello curricolare, poi bisogna:
2) scegliere il contesto in cui attivare il progetto, quindi uno spazio ambientale e
sociale. Per poterlo fare, però, bisogna considerare:
⧫cultura di un paese
⧫dimensione economica e sociopolitica (è più facile organizzare un percorso
staccato dalla propria origine in un paese dove c’è libertà di espressione)
⧫ambiente interno (=l’istituzione dove il progetto deve essere portato
avanti, infatti ci sono delle scuole che al loro interno hanno la possibilità di poter
scegliere tra più lingue straniere e questo pone il problema di quale lingua
scegliere per poter provare avanti il percorso, in genere però la
scelta si riserva alla lingua che ha più ore a settimana)
⧫apparato strumentale (strumenti messi a disposizione dall’istituto)
3) tenere conto della situazione di apprendimento:
⧫alternanza delle due lingue (madrelingua e lingua straniera. Per cui la lingua
materna quale e quanto spazio deve avere? posso farvi riferimento in maniera
sistematica? posso usarla come fonte di traduzione? oppure devo marginalizzarla
e devo utilizzare in maniera continua la lingua straniera?) va scelto in concordanza
con il docente della materia non linguistica.
⧫figure dei docenti (quante ce ne devono essere? per quanto tempo? e quale
ruolo devono avere?)
⧫focus sul processo di apprendimento (mi focalizzo più sulla disciplina linguista o
non linguista)
⧫dimensione quantitativa
4) tenere conto della finalità (esempio: lingua straniera → (percorso inglese/scienze)
mi posso accontentare che i miei studenti conoscano la nomenclatura della tavola
periodica nella lingua di riferimento e va bene così, poi se sanno o non sanno fare
un discorso posso non dare importanza. Oppure posso dire che non basta sapere
solo i nomi ma devono saper articolare un discorso in lingua riguardante
l’argomento di studio, questo vuol dire che devo dare più spazio alla lingua.
Stessa cosa accade per la disciplina non linguistica (posso accontentarmi che gli
studenti sappiano tradurre solo i nomi, oppure pretendo che sappiano articolare un
discorso) bisogna capire se questo toglie spazio alla lingua o alla disciplina o se si
riesce a trovare un compromesso.
5) tenere conto dei bisogni dei discenti i quali sono;
sentiti: consapevolezza dei discenti percepiti: quello che il docente
delle loro competenze e mancanze percepisce attraverso prove di verifica.
6) fissare gli obiettivi didattici, in base a:
⧫età differente alla quale corrisponde un percorso CLIL differente (nel senso che il
bambino difficilmente avrà sufficiente autonomia al contrario dell’apprendente
adulto che, avendo conoscenze del suo ruolo, potrà dialogare con l’insegnante. È
chiaro che a età differente corrisponde un percorso progettuale differente);
⧫diversi indirizzi di scuola (per gli studenti liceali si dovranno stabilire obiettivi
didattici diversi da quelli che invece si pianificheranno per studenti degli istituti
tecnici/professionali.);
⧫diversa motivazione (intrinseca o strumentale) degli studenti a studiare una
lingua straniera)
7) stabilire i contenuti di insegnamento ovvero le modalità per collegare i contenuti
non linguistici e quelli della lingua straniera ad esempio connettori, congiunzioni o
avverbi, per adempiere a questa fase si è fatto riferimento a:
➢ C.A.L.L.A (Cognitive and Academic Language Learning Assessment=
valutazione dell'apprendimento linguistico in ambito cognitivo e
accademico) questo modello partiva dalla disciplina non linguistica
mostrando i componenti e in base a quello introdurre i modi/le strutture
linguistiche secondo il quale presentare l’argomento.
esempio: partiamo dalla chimica, mostriamo quali sono i suoi componenti e
introduciamo in base a quei componenti le strutture lessicali che servono a
descrivere, a introdurre, a discutere su quei contenuti.
➢ Questo modello si sviluppa ulteriormente da una specie di appendice: il
C.A.L.L.A. Adjunct, lo stesso sistema però con dei prerequisiti da
sviluppare negli studenti. Cioè, prima di accedere a questo percorso di
formazione, gli studenti devono essere premuniti di una serie di contenuti
sia della lingua straniera sia della disciplina a cui andrà applicata quella
conoscenza della lingua straniera. Dà un aiuto in più rispetto al modello
precedente e agevola in un certo qual modo gli studenti, ma rispetto al
modello tradizionale questo richiede più tempo perché questi prerequisiti
teoricamente dovrebbero essere raggiunti prima dell’inizio del progetto e
questo “prima” non si sa bene dove collocarlo, nel senso che dovrebbe
essere prima dell’inizio della scuola? Prima dell’inizio del progetto? Prima
dello studio della lingua straniera?
➢ Il terzo modello a cui ci si rifà dal punto di vista teorico è l’I.L.C.S
(Interpersonal Linguistic Communicative Skills). In questo tipo di modello si
prende la disciplina non linguistica coinvolta nel progetto CLIL e si procede
con un’analisi di quelle che sono le particolarità linguistiche di quella
disciplina
esempio: nel caso della chimica, io ho la nomenclatura degli elementi per
esteso, poi ho i simboli degli elementi che spesso non corrispondono alla
struttura della parola (sodio → Na), quindi si fanno tutta una serie di
rilevazioni e riflessioni di questo tipo a partire dalla disciplina. (per esempio
per la storia dell’arte esiste una terminologia specifica. A partire dai
contenuti da studiare come per esempio una cattedrale, a partire da quel
contenuto io isolo con la guida del docente gli aspetti linguistici che mi
servono a dialogare nella lingua straniera.
8) impianto di metodo o metodologia, dipende dalla figura del docente in quanto
consiste nelle modalità di svolgimento delle lezioni, di presentazione di testi e
materiali. La metodologia è molto personale, nel senso che il docente può
decidere a seconda di quella che è stata la sua formazione di impostare una
condotta didattica che però tenga in considerazione il fatto che sta insegnando
una lingua in funzione di un altro contenuto che questa lingua la sto insegnando
perché serva a comunicare su questo contenuto.
9) valutazione che si sdoppia perché in questo caso specifico il rendimento dello
studente è fortemente dipendente dall’andamento del progetto in sé. Se il progetto
funziona per tutti gli aspetti elencati, si può sperare che l’apprendimento dia buoni
risultati. Se il progetto non funziona, lì bisogna capire se il rendimento più o meno
soddisfacente dello studente dipende dallo stesso o dall’operato del docente.
Naturalmente, con l’ampliamento dell’ipotesi umanistico affettiva che dà molta
importanza allo studente in quanto persona, si fa sempre più attenzione al
momento della valutazione.
NOTICING HYPOTHESIS, teoria elaborata da Schmidt e Swain, secondo la quale l’apprendente potrà costruire
man mano la sua interlingua orientata verso la L2 solo se viene guidato a “notare” i fenomeni linguistici che
emergono dall’input, poichè nulla è appreso se prima non è notato.
Nel CLIL, gli apprendenti sono tenuti a tenere sotto controllo il contenuto e la forma della L2 attraverso tecniche
come:
★ manipolazione
★ completamento di frasi e schemi
★ evidenziazione
★ pattern drill
★ ripetizione
★ individuazione errori
★ matching
★ riordino
TEORIA DELL’INTERLINGUA, definita da Selinker il quale crede che l’interlingua sia uno stadio intermedio della
lingua in cui si possono riconoscere: elementi della L2, elementi della sua Ls, elementi di altre lingue a lui note,
elementi estranei a L2 e L1 (ipotesi errate su come funziona la L2).
Qui gli errori sono fondamentali, e vengono considerati come fisiologici ovvero come errori utili a comprendere il
livello di interlingua raggiunto. Venne, infatti elaborata la TEORIA DELL’ANALISI DELL’ERRORE da Corder che
crede che gli errori servano ai docenti per guidare gli apprendenti al loro superamento, intraprendendo dei
percorsi di apprendimento guidato in cui si facilita e accelera il passaggio da uno stadio all’altro.
2. dell’insegnamento della L2 in contesto migratorio
TEORIA DELL’ICEBERG, si deve al linguista Cummins il quale credeva che la competenza linguistica in una o
più lingue dipenda da un unico sistema cognitivo identificato con l’iceberg in cui le punte emergenti sono
paragonate alle performance mentre la base è rappresentata da un’unica fonte di pensiero, che permette al
discente di comprendere, sintetizzare e sviluppare un ragionamento coerente.
Negli anni ‘90 a seguito dell’esperienza nelle classi multietniche canadesi, Cummins elaborò i concetti di:
➢ BICS (Basic Interpersonal Communicative Skills), include imparare a presentarsi, a parlare dei propri
interessi, a descrivere e narrare, a interagire nella L2 servendosi dei supporti non verbali
➢ CALP (Cognitive Academic Language Proficiency), necessarie per poter accedere a contenuti
disciplinari anche senza il supporto del contesto comunicativo e rintracciare nelle fonti i nuclei informativi
principali rielaborandoli in maniera sintetica e argomentativa.
Nel contesto CLIL i compiti si dividono in base alla maggiore o minore complessità cognitiva e in base alla
maggiore o minore possibilità di sfruttare il contesto per poter svolgere il compito.
studente di scuola superiore che segue dei moduli CLIL in una lingua non materna. Secondo gli autori del
CEFR Companion la priorità dovrà essere data alla sua capacità di interagire con l’interlocutore, che sarà il
docente disciplinare. L’alunno dovrà anche interagire in attività cooperative, come i lavori di gruppo,
comprendere i testi scritti per comprendere informazioni, istruzioni scritte, gli altri quando parlano, registrazioni
audio e video, produrre monologhi orali per dare informazioni e descrivere esperienze, scrivere relazioni e
saggi, svolgere attività di mediazione facilitando le attività collaborative e riferendo informazioni specifiche nei
lavori di gruppo. Infatti le competenze da raggiungere si collocano tra il livello A2 e B2 a seconda del tipo di
attività da svolgere in relazione all’età e agli obiettivi della lingua di studio.
TEORIA DELLE 4C:
1- Content= sviluppo delle conoscenze e delle abilità linguistiche della disciplina deve essere garantito e non
va penalizzato dal fatto di essere associato al potenziamento della L2. Il docente si serve di tecniche di
facilitazione che puntano a fornire strumenti aggiuntivi di accesso, comprensione e reimpiego.
2-Cognition= il contenuto disciplinare che gli alunni apprendono è legato alle abilità cognitive sviluppate
nell’apprendimento. Il docente aiuta gli allievi a sviluppare la capacità di processare le informazioni in L2,
attraverso compiti mentali progressivamente più complessi.
3-Communication= gli allievi dovranno essere stimolati a partecipare alla lezione esprimendo idee e pensieri in
L2. Solo con l’interazione è possibile favorire l’acquisizione della L2 e allo stesso tempo facilitare il riutilizzo di:
terminologia, nozioni, argomentazioni della disciplina di studio.
4-Culture= consapevolezza interculturale è fondamentale nel CLIL e potrà essere stimolata a partire dall’analisi
dei testi e grazie alla discussione in classe attraverso il confronto fra la cultura della Lm e della L2.
Un po’ come in tutte le metodologie della glottodidattica moderna, il CLIL può essere
usato con qualsiasi tipo di età ma in maniera diversa:
● Giovanissimi (ultimo anno di scuola dell'infanzia, scuola primaria) tutto quello che
io propongo (sia a livello di lingua che di disciplina non linguistica) viene preso
come un nuovo spunto di apprendimento. È ovvio che più indietro si va con l’età,
maggiore diventa il grado di spontaneità dell'intervento, nell’interazione, nella
richiesta di spiegazioni e questo facilita tantissimo per certi versi il lavoro del
docente, anche dal fatto che i bambini contrariamente agli adulti non si
vergognano e non hanno paura di sbagliare. Per quanto riguarda i bambini, in
situazione di L2 c’è maggiore facilità rispetto a panorama degli adulti per esempio
a ridefinire la propria identità linguistica, che non significa disconoscere quella di
partenza, ma riconoscere semplicemente che insieme alla propria identità
linguistica e culturale di partenza ne possano convivere pacificamente delle altre,
che non sono né migliori né peggiori di quella di partenza.
● Giovani (preadolescenti: scuola secondaria di primo grado), la situazione inizia a
cambiare, nel senso che siamo ancora nella fase della spontaneità e della non
paura rispetto all’errore linguistico, e siamo ancora nella fase in cui il docente è
visto come una guida verso come contenuti disciplinari e linguistici nuovi. Tra
l’altro se per esempio ci troviamo ad insegnare in una classe in cui sono presenti
più lingue e più culture, il docente è visto come un’ancora di salvezza, nel senso
che se è in grado di insegnare a tutti questi comporta che tutti sono in grado di
imparare, eliminando differenze di capacità, di approccio cognitivo, di difficoltà tra
gli uni e gli altri, indipendentemente dalla lingua di partenza.
● Adolescenti e Adulti, la questione della “proiezione del sé all'esterno", (come lo
chiamano gli psicolinguisti) si fa più pesante, nel senso che quando comincio a
imparare una lingua tardi, mi preoccupo di sbagliare, di usare una forma non
corretta, rispetto a quando mi sono preoccupato anni prima di usare una forma
non corretta nell’apprendimento di una lingua. Questo perché passando il tempo,
l’apparato cognitivo si sviluppa in una certa direzione e tra gli sviluppi che prende
c’è quello della consapevolezza non soltanto del sé, ma anche dell’errore come
momento in cui viene fuori che una cosa che pensavo di aver imparato in realtà
non l’ho imparata, o l’ho imparata in maniera incorretta. Col tempo la situazione,
se non affrontata in tempo, può diventare problematica in quanto può formarsi una
barriera interiore che blocca il processo di apprendimento; c’è un rifiuto inconscio
che non si può controllare. Negli adulti e negli anziani la condizione peggiora, in
quanto il rifiuto di apprendere una nuova lingua deriva anche dal fatto che spesso
si trovano di fronte un docente molto più giovane di loro, ma che ne sa di più.
LE SOLUZIONI/ VANTAGGI DEL CLIL DIFFICOLTA’ DEL CLIL
➔ Considerare la lingua come un possono essere di varia natura e legate o alla formazione dei
veicolo/strumento. Non è più docenti (la quale non è sempre adatta a questo tipo di percorso) o
l’obiettivo dell’apprendimento, alla questione di decisioni da prendere (quale lingua adoperare, in
ma lo strumento per arrivare che misura far intervenire la lingua e la disciplina non linguistica,
all’apprendimento. quale ruolo deve avere il docente di lingua e quello dell’altra
➔ Il CLIL valorizza il ruolo del disciplina).
cooperative learning: studenti e
docenti collaborano per la PROBLEMATICHE DI ATTUAZIONE DEL CLIL (riferimento
riuscita del progetto. (Se io ne all’Italia)
so più del mio insegnante, metto Nonostante tutti questi anni di sperimentazione, tutte le iniziative di
a disposizione della classe le formazione docenti alla metodologia CLIL e di certificazione della
mie conoscenze e insieme si conoscenza linguistica dei docenti richiesta nel CLIL, il ministero
costruisce il percorso). non ha ritenuto ufficiale il ricorso a questa metodologia, per cui non
➔ riconoscimento immediato (e si può parlare di un piano didattico ufficiale ma bisogna ancora
comunque garantito) dei considerarlo e usarlo come sperimentale.
benefici: essendo un Questo comporta che non essendoci una ufficialità a livello
apprendimento dual-focused ministeriale il CLIL viene considerato a tutti gli effetti un extra, un
(anche nella valutazione), se il qualcosa di facoltativo che se si fa non deve intaccare nel monte
contenuto non linguistico viene ore della programmazione ufficiale della lingua straniera e del
appreso in parte, se io sono più contenuto non linguistico. Questo a sua volta comporta che tutto il
bravo nelle lingue e po’ meno lavoro fatto in vista di un percorso CLIL venga considerato un
nella disciplina non linguistica, lavoro extra, non conteggiato nelle ore ufficiali di
avrò comunque un beneficio, insegnamento/apprendimento, e non riconosciuto a livello
perché sì, non avrò imparato per formativo.
bene la lingua straniera, ma A catena rispetto a queste problematiche, ci sono quelle
avrò comunque fatto dei accessorie tra cui ad esempio il fatto che se la scuola non
progressi nella disciplina non riconosce il CLIL come metodologia il docente se vuole portare
linguistica e viceversa. avanti questo progetto a sue spese (fornendo materiali così come
nella programmazione e valutazione), questo è il motivo per il
quale molto spesso i docenti abbandonano queste
metodologie per proseguire con percorsi riconosciuti ufficialmente.
Il problema fondamentale, resta in Italia, la mancanza/incapacità di
collaborazione tra i due docenti.
CAPITOLO 6: TECNICHE LUDICHE: FORMALI, SEMANTICHE, LOGICHE E
COMUNICATIVE
Il gioco, fisico e mentale, ha origini che risalgono ai primordi della civiltà. Tracce evidenti
ci sono state tramandate dalle letterature antiche, spesso in connessione con miti e rituali
sacri (oracoli), che elevavano la soluzione degli enigmi a condizione della salvezza di
persone o comunità. L’enigma ha conservato il suo carattere di esercitazione colta e di
curiosità letteraria, essi si risolvono con la logica, la quale nel mondo antico aveva due
sensi:
❖ modo di pensare esplorativo che permette di interconnettere le osservazioni della
realtà (logica produttiva)
❖ modo di pensare organizzativo-razionale che permette di combinare i risultati della
logica produttiva in modo coerente (logica riproduttiva).
Se l’enigma è intrinseco alla cognizione umana, allora si può concludere che fa parte
anche del sistema di apprendimento del cervello, questo principio può essere denominato
come “principio enigmistico dell’apprendimento” che implica che si impara
“naturalmente” attraverso il gioco fisico e mentale. Negli anni ‘80 questo principio riceve la
formulazione all’interno della glottodidattica, producendo quello che Anthony Mollica ha
designato come “ludolinguistica applicata”.
Gli enigmi sono importanti per lo sviluppo della “fluenza concettuale”.
Le tecniche ludiche sono versatili che servono didatticamente per compiti di
apprendimento strutturali, interattivi e per l’apprendimento in generale; esse comprendono
le tecniche per l’esercitazione formale, per lo stimolo di attività di linguistica autonoma e
molte orientate alla scoperta di un qualcosa, ciò vuol dire che l’insegnante pur lasciando
molta libertà agli allievi deve tener ben presente i principi del gioco, orientandolo verso gli
obiettivi comunicativi, concettuali e grammaticali che vuole raggiungere nell’unità
didattica.
Le proposte in glottodidattica hanno mostrato che le tecniche ludiche portavano allo
sviluppo:
● delle capacità autonome di usare la L2 in modo creativo
● del dominio consapevole delle forme grammaticali, delle funzioni comunicative e
dei modelli concettuali
● della capacità di trarre divertimento dalla L2
● della capacità di risolvere problemi tramite la L2
● dell’abilità di usare la L2 come veicolo di pensiero.
⤿si possono suddividere in quattro categorie:
tecniche ludico-FORMALI attività enigmistiche che focalizzano l’attenzione del discente sulle “forme” strutturali
della L2. Il gioco formale permette al discente di focalizzare l’attenzione sulle forme
linguistiche adatte a rispondere al quesito.
Tra di esse ci sono:
★ PAROLE INTRECCIATE (CRUCIPUZZLE) → permettono al discente di
identificare le parole nella loro struttura morfologica o di decifrare il rapporto tra
forma e significato. L’obiettivo è quello di cercare parole in verticale, orizzontale,
da sinistra verso destra, da destra verso sinistra, dall’alto verso il basso e
viceversa, che sono generalmente legate a un tema lessicale o grammaticale,
all’interno di un sistema di lettere. Le parole possono anche essere inserite in
una lista separata, e le lettere rimanenti possono rappresentare una parola
nascosta che fornisce una definizione.
Si può trattare di compiti: di riconoscimento semplice (trovare le parole),
semantici-lessicali (trovare le parole senza indicarle prima),
formali-contenutistici (usare le parole trovate in frasi), puramente morfologici
(trovare le parole indicate in una lista al maschile nella loro forma femminile nel
puzzle)
★ PAROLE MESCOLATE → gioco che permette di focalizzare l’attenzione sulla
fonetica e sulla morfologia delle parole, mostrando di saper combinare le lettere
in modo adatto. Anche questa attività può essere organizzata in compiti di:
riconoscimento, semantici-lessicali.
★ ANAGRAMMI → coinvolgono la permutazione di lettere di una parola o
espressione in modo da creare una parola o espressione nuova, il cui risultato è
a volte affine (teatro=attore) o umoristico (bibliotecario=beato coi libri). Si tratta
di un’attività ludica divertente e proficua nell’apprendimento, è sia formale che
contenutistica e ne esistono delle varianti:
- anagramma semplice (da una parola ne deriva un’altra)
- anagramma a frase (da una parola ne deriva un’espressione o una
frase)
- frase anagrammata in parola (frase che diventa parola)
- frase anagrammata in altra frase.
★ REBUS → tecnica in cui l’espressione è nascosta da simboli, permutazioni di
lettere o immagini. L’obiettivo è ricavare una frase risolutiva.
★ INTRUSI VISIVI → attività che si può presentare in diverse forme (scene uguali
in cui una presenta un intruso/ immagini fra cui una non appartiene allo stesso
campo semantico). È un’attività che coinvolge il discente all’uso della logica
visiva assieme all’attivazione della conoscenza del lessico.
★ GIOCO DEL TRIS → variante della forma tradizionale del gioco secondo la
quale il discente, deve trovare in orizzontale, verticale o diagonale parole che
hanno qualcosa in comune.
★ LABIRINTI VERBALI → permette di trovare delle espressioni in un labirinto di
lettere, quindi si individuano parole che se messe insieme formano delle frasi,
per cui c’è un aspetto sintattico-contenutistico.
tecniche attività ludiche che focalizzano la mente del discente sul significato, anzichè sugli
ludico-SEMANTICHE aspetti formali, tra di esse abbiamo:
★ ACROSTICI → (anticamente era un componimento poetico dove le lettere
iniziali di ciascun verso, lette di seguito in verticale formavano una o più parole),
consiste nel trovare per mezzo di definizioni un certo numero di parole, le cui
iniziali, lette di seguito, danno la parole chiave.
★ PAROLE CROCIATE → gioco che permette di affrontare un aspetto semantico
in modo che il discente possa intravedere un legame stretto tra forma e
contenuto.
★ CRITTOGRAMMI → si compone di parti in preciso rapporto tra di loro, si tratta
di trovare una frase risolutiva attraverso situazioni precise (sostituire ogni lettera
con la sua corrispondente oppure sostituire la lettera al numero)
★ INTRUSO SEMANTICO → individuare l’intruso.
tecniche ludico-LOGICHE focalizzano la mente del discente su una situazione enigmistica da risolvere con la
logica. Si tratta di attività che offrono la possibilità all’allievo di decifrare il contenuto di
un testo redatto nella forma di un problema di risolvere e formulare una soluzione al
problema posto utilizzando la L2. Per risolvere questo problema logico, si dovrà
conoscere il lessico, la grammatica e il dominio concettuale appropriati. Si tratta di
un’attività altamente “olistica” dal punto di vista dell’apprendimento. Tra esse:
★ ENIGMA → la cui soluzione andrà spiegata attraverso la L2 in modo autonomo.
Le tecniche logiche non costituiscono una categoria monolitica. I processi
cognitivi che sottostanno alla logica sono diversi e, inoltre, non si tratta di un uso
singolare; vale a dire, la logica non è mai esclusivamente induttiva, deduttiva. È
costituita da varie fasi di pensiero che variano dalla pura fantasia al
ragionamento deduttivo, a seconda della necessità dei fatti in merito.
★ INDOVINELLO → breve componimento che in forma ambigua allude ad una
parola o ad un concetto da indovinare. Esso si serve dello schema
“domanda-risposta non ovvia” che porta a favorire l’aspetto cognitivo-fantasioso
dell’apprendimento. L’indovinello prevede di poter parlare la lingua secondo una
“fluenza concettuale” (=abilità di correlare gli elementi formali della L2 con
pensieri, atteggiamenti e schemi culturali spesso codificati con il linguaggio
figurato nella L2). La “fluenza concettuale” prevede la conoscenza delle reti
metaforiche nella programmazione del discorso che rivela un’accettabile fluenza
verbale, ma una mancanza di naturalezza concettuale, la quale è una carenza
che si nota soprattutto nel momento in cui il discente tenta di trasferire i concetti
della Lm nella L2.
L’indovinello ha come aspetto notevole, l’ambiguità, che fa pensare in una
direzione quando la soluzione è in un’altra. Nell’uso didattico, l’indovinello non
viene usato per sapere la risposta, ma ad esempio per verificare le conoscenze
dell’apprendente o per gioco.
L’indovinello si divide, secondo Anthony Mollica, in:
1- intraconcettuale: la soluzione sta nell’indovinello stesso
2- intralessicale: la soluzione si trova nelle parole dell’indovinello stesso
3- intrastrutturale: la struttura sillabica o strutturale è importante per la soluzione
4- omostrutturale: la risposta si basa sull’omofonia
5- basato sulla polisemia: facoltà di avere significati diversi sia per svolgimento
di significato sia per confluenza di due diverse tradizioni
6- definisce la risposta in modo metaforico
7- basato sulla descrizione delle funzioni pratiche del lessico, lasciando
all’immaginazione di localizzare il dominio semantico corrispondente
8- usa la strategia della negazione
9- basato su un gioco di antonimia o di apparente divergenza
10- basato su una situazione che sembra paradossale, ma che è “logica”
11- descrive un oggetto basandosi sulle sue funzioni e usando combinazioni di
negazioni e altre strategie
12- basato su una conoscenza di proverbi o espressioni idiomatiche.
Di conseguenza, l‘indovinello ha un grande valore per l’apprendimento di una
L2, infatti, si tratta di un’attività che permette di giocare con il linguaggio in modo
da far notare il senso della connotazione naturale implicita.
tecniche proiettano gli studenti in situazioni interattive, in cui devono cercare di comunicare tra
ludico-COMUNICATIVE loro facendo domande, proponendo ipotesi, e quindi utilizzando la L2 in modo
spontaneo e autonomo.
Esse comprendono: giochi individuali, a coppie o a squadre e i giochi da tavolo.
MODELLO A RETICOLO Può essere considerato un’ “evoluzione comunicativa” del modello a stella
bidirezionale sia per quanto riguarda la disposizione degli apprendenti in classe sia
nelle opportunità di interazione che questo offre.
Questo modello prevede che gli apprendenti, disposti in modo che possano vedersi in
faccia, prendano parola quanto più liberamente possibile e che il docente assuma un
ruolo sempre preminente, a seconda che si trovi nel cerchio (↙) o dentro al cerchio (↘
al centro).
In questo
tipo di
modello, il
docente
diventa
mediatore
di flussi,
gestore
dei turni di
parola,
stimolo per gli apprendenti a parlare o a In alcuni casi il docente può
scoprire meccanismi linguistici. Le scegliere di collocarsi al centro del
dinamiche che il modello a reticolo consente cerchio, muovendosi tra gli
di mettere in atto sono tali da incrementare apprendenti cercando di coinvolgerli
la densità comunicativa rispetto al modello a e rivolgendosi a loro con specifiche
stella, poiché in questo modello ogni domande- elicitazione o semplici
apprendente potrà prendere liberamente domande. Queste potrebbero
parola, ma l'interazione potrà avere luogo introdurre e contestualizzare il testo
sia con il docente che fra gli apprendenti input a creare la motivazione a
stessi. guidare gli apprendenti nella
Secondo Calvani, questo modello consente scoperta delle regole, o potrebbe
di realizzare formati di problem solving o avere lo scopo di verificare se le
“scoperta guidata”, di studio del caso, di istruzioni di giochi su schema siano
discussione o seminario, di progetto, di state comprese.
espressione libera e individuale, o
brainstorming. Ognuno di questi formati
introduce nella didattica tecniche come:
★ brainstorming
★ discussione
Facendo riferimento al formato del problem
solving nello specifico:
★ domanda-elicitazione
★ riconoscimento di informazioni
★ tecniche di esplicitazione
★ tecniche di natura insiemistica
lo studio di caso, invece, prevede che
l’insegnante presenti o aiuti a ricostruire una
situazione reale o verosimile in cui formulare
ipotesi tramite tecniche come:
★ domanda-elicitazione
★ discussione
Nel caso del progetto, invece, si può
realizzare con:
★ project work
★ task
★ discussione
MODELLO A ISOLOTTI Prevede di dividere in classe in coppie o in
piccoli gruppi, con il docente che si sposta al
di fuori della scena diventando una risorsa
esterna alla quale gli apprendenti possono
ricorrere. La densità comunicativa che
questo modello consente è la più elevata, in
quanto tutti i partecipanti al gruppo potranno
prendere parola in modo libero con turni di
parola più lunghi e frequenti (essendo i
gruppi formati da minor numero di apprendenti).
Questo modello venne introdotto nella didattica delle lingue con l’avvento
dell’approccio comunicativo e si utilizzano tecniche come:
★ role play (anche nelle varianti di role taking e role making)
★ drammatizzazione
★ conversazione
★ discussione
★ giochi su schema
★ tecniche umoristiche
★ stesura di un testo scritto
E’ attraverso il modello a isolotti che si
realizza l’approccio cooperativo, che ha
come potenzialità e vantaggi lo sviluppo della
riflessione metacognitiva e la promozione
delle abilità di relazione e di un buon clima di classe; inoltre si basa su:
➢ interdipendenza positiva= consapevolezza dell’importanza della collaborazione
fra compagni ai fini di un migliore, rapido ed efficace apprendimento che può
essere promossa tramite la condivisione di obiettivi e risorse, ripartizione di
compiti e ruoli e responsabilità individuale e collettiva anche ai fini della
valutazione.
➢ sviluppo delle abilità sociali= utile per far mettere il tutto in atto, poiché solo
dopo aver imparato a conoscersi e a fidarsi gli uni degli altri, a comunicare con
chiarezza e precisione, ad accettarsi e a sostenersi a vicenda, gli apprendenti
saranno in grado di mettere in pratica le abilità necessarie ai fini della gestione
del gruppo e del funzionamento delle attività necessarie per promuovere
l’apprendimento.
Il docente pur restando una risorsa esterna, ha un ruolo fondamentale prima, durante
e dopo la lezione in quanto dovrà:
● definire gli obiettivi, formare i gruppi e organizzare i materiali;
● analizzare il compito assegnato e prendere decisioni organizzative;
● monitorare i gruppi e le abilità sociali, favorire l’interazione e chiedere i
necessari chiarimenti per migliorare le attività di gruppo;
● valutare il funzionamento del gruppo e l’evolversi dell’apprendimento.
Per la formazione dei gruppi, il docente potrà scegliere in modo casuale, omogeneo e
eterogeneo, mentre per quanto riguarda il numero dei componenti la decisione dovrà
basarsi sugli obiettivi, sulla complessità del compito, sul tempo a disposizione, sul
livello di consapevolezza degli apprendenti e sulla loro esperienza nel lavoro
cooperativo.
Tra le tecniche utilizzate:
★ tecniche ludiche, per creare un clima sereno in classe e per lo sviluppo delle
abilità sociali (giochi su schema)
★ tecniche cooperative semplici e complesse, utilizzate come supporto nella
spiegazione e nello studio (pairing e jigsaw)
★ project work.
Uscendo dallo schema tripartito di Castellani, è possibile contemplare altri modelli
presenti nella didattica delle lingue, consentendo di realizzare quello che Castellani
definisce il “setting d’aula” all’interno del quale presentare le diverse attività.
MODELLO A PLATEA al quale fa riferimento la proiezione di un video in classe, attività che
l’introduzione degli audiovisivi nella didattica ha reso non solo
possibile ma anche frequente. Non possiamo fare riferimento a una
vera e propria tecnica, anche se quelle che potrebbero essere usate
potrebbero essere:
★ (video)-osservazione
★ prima della proiezione del video si potrebbe utilizzare il
brainstorming
★ per notare alcuni aspetti potrebbe essere utile il
riconoscimento di informazioni
★ alla fine si potrebbe proporre una discussione o la stesura di
un testo scritto nel quale raccontare il video.
E’ un modello che potrebbe essere indicato anche per attività di tipo
ludico, nelle quali avvalersi di tecniche umoristiche o di task.
E’ simile al modello a stella, ma si distingue per il punto focale che
non è rappresentato solo dal docente, ma può essere anche
l’apprendente o qualcos’altro (schermo, cartina geografica, oggetto
appartenente a una cultura). Si tratta di un modello unidirezionale
dagli apprendenti al focus.
MODELLO A FERRO DI CAVALLO meglio si presta ad una lezione a classe intera, in cui gli alunni si
guardano tutti in faccia e guardano l’insegnante. Al posto
dell'insegnante vi può essere lo schermo, il monitor per assistere
alla proiezione. Vicino all’insegnante vi può essere la lavagna
tradizionale o quella luminosa o quella a fogli mobili.
Potrebbe essere visto come una variante “più partecipativa” del
modello a platea, in quanto gli apprendenti non devono limitarsi a
osservare: mentre osservano possono guardarsi l’un l’altro in faccia,
interagire fra loro o con l’insegnante.
Le tecniche utilizzate sono:
★ osservazione
★ brainstorming
★ discussione
★ gioco su schema
MODELLO LABORATORIO prevede di poter far lavorare ogni apprendente a una postazione ma
INFORMATICO E/O MULTIMEDIALE che può permettere il lavoro a coppie o a piccoli gruppi.
Il laboratorio informatico consente di lavorare individualmente e di
svolgere sia esercizi mnemonici di ripasso per i quali avvalersi di
tecniche quali:
★ pattern drill
★ esercizi di manipolazione
★ cloze mirati
★ cloze
★ riordino
★ tecniche enigmistiche
Grazie all’uso del computer è possibile che due studenti possano
lavorare insieme alla produzione di un testo. In questo modo la
stesura di un testo scritto diventa un’attività condivisa nella quale,
come nel caso di lavoro individuale, si possono osservare il
processo tramite cui il testo viene realizzato, il ragionamento che gli
apprendenti portano avanti, le strategie che durante questo
processo vengono messe in atto, tutti elementi che la semplice
presa visione del prodotto finito non consente di prendere in esame.
MODELLO TAVOLATA (SENZA vede il docente in modo diverso, in quanto gli viene assegnato un
CAPOTAVOLA) ruolo più defilato, che ricorda un po’ il ruolo di counselor proposto da
Gattegno nel Silent Way.
Se noi osservassimo l’uso dello spazio, la figura dell’adulto è in
ombra. È presente ma in funzione non direttiva. È l’adulto che sta al
tavolo con gli alunni o si siede con loro; può avere un ruolo di guida
discreta. E’ l’adulto che stimola il parlato esperienziale e non dà la
parola per “valutare” cosa gli alunni hanno capito. Si tratta di una
tavolata dove il lavoro si svolge a gruppi, a coppie, ma anche
individualmente. Le attività, oltre a essere differenziate per i diversi
gruppi di apprendenti, possono essere anche modificate di volta in
volta, alternando varie tecniche come:
★ task
★ role play
★ conversazioni
★ discussioni
★ project work
fase 2: momento della globalità caratterizzata dall’incontro con il testo (orale/scritto) che si conclude con la
verifica dell’assunzione della sequenza e di una prima saldatura tra significati e significanti
fase 4: fissaggio delle strutture e del lessico, riservato alla sintesi, quindi gli elementi linguistici dopo essere
stati indotti e fissati vengono reimpiegati in maniera guidata per poi essere utilizzati in modo più libero
fase 5: fase della riflessione destinata alla sistematizzazione delle strutture grammaticali
Pur nella loro diversità questi modelli hanno comuni matrici psicologiche, pedagogiche e
linguistiche; si nota dalla presenza di fase iniziale di motivazione o contestualizzazione e
fase finale dedicata alla verifica. Il tutto ha portato alla creazione dell’UNITÀ DI LAVORO:
modello omnicomprensivo, flessibile che si adatta a qualunque situazione comunicativa
suddiviso in 3 fasi: introduzione, svolgimento e conclusione.
RINFORZO/RECUPERO: il recupero si colloca alla fine del percorso, mentre il rinforzo mira a consolidare
l’apprendimento di quanto proposto nell’unità e può essere previsto in due momenti: prima di sottoporre gli
allievi alla verifica, o dopo essersi accertati che l’input sia stato acquisito e trasformato in intake.
Vedovelli, vede questa operazione come uno strumento per fissare l’acquisizione dei meccanismi che
regolano la struttura della lingua e per rielaborarli a livello cognitivo trasferendoli nella memoria a lungo
termine e la propone prima della verifica.
Balboni, invece, colloca questa operazione dopo la fase di controllo e ha come scopo quello di consentire
ad eventuali “ritardatari” di recuperare alcune lacune.
Queste due operazioni possono avvalersi delle tecniche:
★ manipolazione
★ cloze mirato
★ riordino
★ matching
★ tecniche enigmistiche.
Prima di procedere ad un nuovo micropercorso durante il quale verrà fornito un nuovo input da acquisire,
può essere necessario proporre attività che coinvolgano tutta la classe ad un recupero generale.
RILASSAMENTO: si pone come interludio fra un’unità e l’altra e durante il quale è fondamentale assicurarsi
che tutti gli apprendenti siano pronti per eseguire efficacemente il percorso didattico. Pertanto sono utili:
★ tecniche umoristiche
★ giochi di vario genere, utili a ridurre l’ansia e favorire una migliore acquisizione.
★ tecniche che prevedono un’interazione spontanea e autentica fra gli allievi, comprese quelle basate
sull’uso di immagini.