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MARIA CECILIA LUISE MODULO ALIAS 05 LITALIANO COME LINGUA SECONDA INDICE 1. INTRODUZIONE 2. ITALIANO LINGUA SECONDA 3.

LINGUA STRANIERA E LINGUA SECONDA 4. INSEGNARE UNA LINGUA STRANIERA O SECONDA: APPROCCI E METODI 5. SAPERE LITALIANO 6. ITALIANO LINGUA SECONDA A SCUOLA 6.1. IL RUOLO DELLA SCUOLA 6.2.IMPARARE LITALIANO A SCUOLA 6.3. QUALE LINGUA PER I BAMBINI STRANIERI 6.4. LINGUA MATERNA E APPRENDIMENTO DELLITALIANO 6.4.1. LINGUA MATERNA E LINGUA SECONDA 6.4.1.1. LA LINGUISTICA CONTRASTIVA 6.4.1.2. LANALISI DEGLI ERRORI 6.4.1.3. LA TEORIA DELLINTERLINGUA BIBLIOGRAFIA

1.

INTRODUZIONE

Nella scuola italiana ci sono sempre pi alunni immigrati non italofoni: la loro quantit e la loro diffusione sta facendo sentire la loro presenza sempre pi come un problema per il quale necessario trovare soluzioni a breve termine; il loro numero varia, anzi, aumenta continuamente. Nello scorso anno scolastico si stima ci fossero circa 84.000 alunni stranieri nella scuola italiana, con un incremento annuo stimato intorno al 20%; la loro distribuzione molto varia: di pochi mesi fa la notizia che a Genova c una classe di 20 allievi, tutti stranieri, mentre in alcune grandi citt, come Milano o Torino, ci sono classi, e addirittura scuole nelle quali gli allievi italiani sono la minoranza. La scuola deve fare i conti con questa nuova realt, con questi nuovi allievi che spesso hanno queste caratteristiche: - non sono italofoni, in maniera diversa: c chi totalmente ignorante di italiano, chi ha competenze molto limitate, sufficienti ad una comunicazione essenziale su argomenti e problemi legati alla vita quotidiana, chi ha sviluppato una qualche forma di interlingua (cfr. par. 6.4.1.3.) semplificata, con forti influenze della lingua materna da un lato, e del dialetto italiano della zona dove risiede dallaltro; - spesso sono provenienti da situazioni familiari e sociali deprivate (per esempio immigrati clandestini, nomadi o residenti in campi profughi), o hanno un vissuto tragico o traumatico (per esempio profughi di guerra); - sono portatori di una cultura molto spesso molto lontana da quella italiana, fatto che si riflette, ed potenzialmente causa di conflitti, anche sui comportamenti quotidiani, sulla convivenza spiccia, scolastica: per quanto riguarda i problemi di comunicazione interculturale, si rimanda al modulo Problemi di comunicazione interculturale; - appartengono a popoli o etnie oggetto di atteggiamenti razzisti da parte degli italiani. La priorit in questa situazione diventa saper gestire lintegrazione di questi allievi, tenendo presente il fatto che uno dei primi, se non il primo fattore di integrazione la lingua, il possedere lo stesso strumento di comunicazione usato nellambiente nel quale si vive.

2. ITALIANO LINGUA SECONDA Se in molti Paesi europei investiti dal fenomeno dellimmigrazione di stranieri sono state fatte scelte precise di politica scolastica, dalla creazione di classi differenziate di accoglienza, alla formazione massiccia degli insegnanti, allinserimento di docenti appartenenti ad altre culture e lingue nella scuola, in Italia, finora, in nome di una scuola basata sul pluralismo, ci si occupati pi dellaspetto dellaccoglienza e delleducazione interculturale, piuttosto che della formazione dei docenti e dellinsegnamento dellitaliano come lingua seconda. In realt, gli insegnanti devono ricevere una precisa formazione in glottodidattica della lingua seconda, in quanto insegnare italiano a stranieri ben diverso dallinsegnare una lingua straniera ad allievi italiani, o dallinsegnare italiano ad allievi madrelingua. Dal punto di vista glottodidattico, per gli allievi stranieri inseriti nella scuola italiana serve quindi uno specifico percorso di insegnamento-apprendimento di italiano come lingua seconda. Linsegnamento di una lingua seconda ha delle precise specificit, e pu essere avvicinato, ma non identificato con un insegnamento di una lingua straniera: una lingua infatti detta straniera se viene studiata in un ambiente nel quale non viene parlata ed usata, se non a scuola; una lingua invece definita seconda se presente nellambiente che circonda gli studenti.

3. LINGUA STRANIERA E LINGUA SECONDA Se molte delle indicazioni glottodidattiche per linsegnamento di una lingua straniera possono essere utilizzate anche in un insegnamento di lingua seconda, ci sono delle importanti differenze tra i due tipi di insegnamento dei quali bisogna tenere conto. Tra di esse ricordiamo: - nel caso di insegnamento di una lingua straniera, ci si trova di fronte ad una motivazione che deve essere continuamente creata e stimolata, in quanto non , come per una lingua seconda, immediata e basata su bisogni strumentali; - linput linguistico in un insegnamento di lingua straniera totalmente controllato e fornito dallinsegnante, che programma quale e quanta lingua fornire agli studenti e in quale progressione; nel caso di una lingua seconda invece linput linguistico estremamente vario e difficilmente controllabile dallinsegnante, in quanto buona parte di esso proviene dallesterno della scuola, portato direttamente dagli allievi; - le attivit proposte nelle lezioni di lingua straniera non sono autentiche da un punto di vista pragmatico, in quanto si usa una lingua diversa tra parlanti che ne hanno gi una in comune: linsegnante che propone situazioni fittizie e scopi fittizi per esercitare la lingua straniera; una lingua seconda invece, anche in una situazione di apprendimento, serve allo studente per perseguire scopi reali, per integrarsi in un ambiente nel quale tutti parlano la lingua che lui sta imparando; - quando si impara una lingua straniera, i riferimenti culturali relativi al paese o ai paesi nei quali la si parla sono mediati dallinsegnante o di materiali didattici, e si riferiscono per lo pi ad un mondo lontano; nel caso invece di una lingua seconda, gli allievi incontrano gli aspetti culturali legati alla nuova lingua in modo diretto, senza mediazioni, con un effetto che pu causare scontri e conflitti con la cultura di origine.

4. INSEGNARE UNA LINGUA STRANIERA O SECONDA: APPROCCI E METODI La scienza glottodidattica 1 , pur essendo di recente definizione, si pone oggi come campo indispensabile di studio per chiunque voglia insegnare una lingua, sia essa straniera o seconda: accanto alla glottodidassi, alla pratica didattica messa in atto in classe, con gli studenti, importante conoscere i presupposti teorici che stanno dietro ai metodi e alle tecniche che si vanno ad applicare, per non essere in balia delle mode che periodicamente si affacciano nel panorama degli insegnamenti linguistici, per poter valutare e scegliere in base a criteri fondati i materiali didattici che vengono proposti, per poter lavorare con chiarezza e coerenza, piuttosto che in base a semplicistiche ricette didattiche o al semplice buon senso. La distinzione e la definizione dei termini approccio, metodo, tecnica sono fondamentali per avvicinarsi alla scienza glottodidattica. Approccio definisce la dimensione pi teorica della glottodidattica: dal dibattito degli anni 70 che si cominciato a sentire lesigenza di correlare gli aspetti metodologici ad una base fondante e scientifica che potesse servire da garanzia per i metodi che si andavano ad applicare con gli studenti. Ecco allora che lapproccio, basato su una pi generale teoria dellapprendimento e della lingua, dotato di coerenza e scientificit, un modello teorico, una filosofia di fondo della glottodidattica in grado di generare uno o pi metodi. Il metodo invece definisce un insieme coerente di interventi glottodidattici, che, sulla base degli assunti di un approccio, in modo coerente con essi, traduce i dati pedagogici, linguistici, psicologici in una strategia didattica, in uno strumento complesso e coerente che permette di realizzare gli obiettivi didattici e linguistici che ci si prefigge di raggiungere. Il quadro teorico dellapproccio e il modello fornito dal metodo vengono realizzati nella pratica didattica attraverso le tecniche glottodidattiche, cio attraverso quelle attivit e quegli esercizi che vengono concretamente svolti dagli studenti; se da un approccio possono scaturire pi metodi, le tecniche glottodidattiche a loro volta non appartengono esclusivamente ad un metodo, non realizzano le indicazioni didattiche di un unico metodo, ma possono essere utilizzate coerentemente ed efficacemente anche nellambito di metodi diversi: oggi infatti si assiste ad un uso sempre pi integrato di tecniche provenienti da diverse impostazioni metodologiche. Un breve excursus delle principali linee dei pi importanti approcci e metodi che, nel corso degli ultimi secoli, sono stati elaborati per linsegnamento delle lingue, sono descritti nel materiale Approcci e metodi della glottodidattica, presente nella sezione Materiali nel sito di Alias: sono tutti approcci e metodi che, anche se hanno origine lontano nel tempo, ancora oggi da una parte influenzano gli insegnanti o sono utilizzati nella pratica dellinsegnamento, dallaltra forniscono interessanti spunti di riflessione a chi interessato alla didattica.

La glottodidattica una disciplina che si occupa della metodologia delleducazione linguistica, quindi della didattica delle lingue materna, straniere, seconde, etniche, classiche. La glottodidattica pu essere definita una scienza teorico-pratica, in quanto, oltre ad elaborare e sistematizzare teorie proprie, si preoccupa di risolvere in modo scientifico un problema: linsegnamento-apprendimento delle lingue. La glottodidattica stata inoltre definita una scienza interdisciplinare, cio in stretto rapporto con numerose altre scienze: essa quindi correla conoscenze e strumenti propri di altre discipline scientifiche per rielaborarli in un quadro concettuale originale.

5. SAPERE LITALIANO Cosa significa sapere una lingua? Cosa deve sapere un allievo alla fine di un corso di lingua? Lo scopo, lobiettivo principale dellinsegnamento di qualsiasi lingua il raggiungimento della competenza comunicativa, intesa come la capacit di esprimersi usando una lingua in modo corretto, appropriato al contesto di situazione, coerente con i significati culturali veicolati dalla lingua, efficace, e quindi in grado di raggiungere gli scopi che il parlante si prefigge di raggiungere; accanto a questa competenza comunicativa va perseguita anche la competenza metacomunicativa, intesa come la capacit di riflettere sulla lingua e su coma la si apprende. Essere competenti dal punto di vista comunicativo significa quindi: -saper fare lingua, cio padroneggiare le abilit linguistiche primarie e integrate 2 , comprendere, produrre e manipolare testi; -saper fare con la lingua, considerata come uno strumento per agire in un contesto comunicativo, quindi agire con la lingua dal punto di vista sociale e pragmatico; si tratta di realizzare le funzioni della lingua. La dimensione funzionale particolarmente importante in un insegnamento di italiano lingua seconda: ad essa infatti dedicato un modulo: Glottodidattica funzionale e umanistico-affettiva; -sapere la lingua, cio conoscere ed usare le grammatiche: fonemica, grafemica, lessicale, morfosintattica, testuale. Questo modello di competenza comunicativa e metacomunicativa il cuore di un qualsiasi curricolo (per la nozione di curricolo, si veda il modulo Glottodidattica funzionale e umanistico-affettiva) di lingua, quindi anche di un curricolo di italiano lingua seconda; ulteriori approfondimenti in merito si possono trovare nei testi citati in bibliografia.

tradizionalmente le abilit linguistiche sono analizzate secondo un modello quadripolare: ascolto, monologo, lettura e scrittura; per ormai diffusa lopinione che questo modello insufficiente e che quindi vada completato con una serie di abilit integrate, la cui funzione, nella vita e nella scuola altrettanto, se non di pi, rilevante; tra le abilit integrate troviamo: la parafrasi, la traduzione, il dialogo, la racconta di appunti, il riassunto, la scrittura sotto dettatura, il monologo su traccia scritta, la lettura a voce alta.

6. ITALIANO LINGUA SECONDA A SCUOLA Un allievo straniero inserito in una nuova scuola si trova di fronte tre enormi problemi: il suo successo, nella scuola ma in generale nel nuovo ambiente, dipende in gran parte da come riuscir a superarli: -1-deve adattarsi ad una situazione della quale non conosce le regole: deve quindi capire, al pi presto come deve comportarsi e come deve agire in un ambiente a lui totalmente sconosciuto; -2-deve imparare la lingua per la comunicazione quotidiana di base, per esprimere i bisogni, per richiamare lattenzione, per inserirsi nei giochi e nelle attivit, per chiedere qualcosa e per comprendere cosa sta accadendo attorno a lui; -3-deve apprendere a leggere, scrivere, studiare: deve quindi imparare la lingua della scuola, la lingua, o meglio, le microlingue, delle discipline, la lingua astratta. Nei prossimi paragrafi vedremo pi da vicino che cosa implica un percorso di insegnamento-apprendimento della lingua italiana come lingua seconda nella scuola, evidenziando il ruolo della scuola in questo percorso e quale lingua italiana deve trovare posto nelle sue programmazioni, infine come usare litaliano con i bambini stranieri. Si vedranno poi le relazioni tra lingua materna e lingua seconda, analizzando alcune branche della linguistica che possono dare interessanti indicazioni alla glottodidattica: la linguistica contrastiva, lanalisi degli errori, la teoria dellinterlingua.

6.1. IL RUOLO DELLA SCUOLA Una delle caratteristiche dellinsegnamento di una lingua seconda che lo differenzia dallinsegnamento di una lingua straniera risiede nel fatto che lallievo che deve imparare una lingua seconda esposto ad un input detto misto: da una parte c linsegnamento guidato nella scuola, programmato e controllato dagli insegnanti, dallaltra ci sono gli stimoli linguistici che provengono dallesterno, dallambiente sociale che lallievo frequenta, dagli amici, dai compagni di scuola, c la lingua non necessariamente corretta, che pu avere infiltrazioni dialettali pi o meno marcate, non controllabile dalla scuola, ma che non pu essere ignorata. Il percorso programmato per portare lallievo straniero ad esprimersi e a comunicare in italiano deve necessariamente tenere conto dellinput e delle occasioni che egli ha per usare la lingua fuori dalla scuola: ci sono situazioni nelle quali lallievo ha numerose e diversificate occasioni per comunicare in italiano, in altre lallievo vive principalmente in un ambiente familiare, o in un ristretto ambiente sociale, dove non viene usata la lingua italiana, ma solo la sua lingua materna: in questo caso litaliano viene incontrato solo a scuola, e, paradossalmente, il percorso di apprendimento linguistico pi facilmente programmabile e controllabile, in quanto pi vicino ad una situazione di insegnamento di una lingua straniera piuttosto che di una lingua seconda. Laddove per litaliano lingua seconda la scuola deve assumersi un ruolo preciso, sia sul piano didattico che su quello organizzativo, accogliendo la lingua appresa in contesti extrascolastici e favorendo le occasioni comunicative spontanee. Dal punto di vista linguistico la scuola dovr progettare percorsi didattici che tengano conto del processo naturale di acquisizione dellitaliano che lallievo sta sviluppando. Un simile compito si pu portare avanti: -registrando spesso e attentamente la lingua che ogni allievo porta a scuola allesterno, per sapere quello che egli sa e quello che invece ancora non ha acquisito; -favorendo il processo naturale e spontaneo di acquisizione linguistica; -soffermandosi sulle strutture linguistiche che sono state gi apprese, per rinforzarle ed eventualmente correggere gli errori; -controllando, guidando, migliorando le abilit linguistiche di comprensione e di produzione, sia attraverso lesercitazione orale, sia introducendo e sviluppando il codice scritto; -sviluppando i campi lessicali, le strutture linguistiche, gli atti comunicativi collegati alla lingua che lo studente sta apprendendo naturalmente; -proponendo una riflessione consapevole sulla lingua acquisita naturalmente e inconsciamente. Per una trattazione pi esaustiva degli aspetti legati alla comprensione, alla produzione e alla riflessione linguistica, si veda il modulo Modelli operativi.

6.2.IMPARARE LITALIANO A SCUOLA Se una persona, in una situazione di full immersion in un ambiente che parla unaltra lingua, riesce in un periodo di tempo relativamente breve ad imparare la lingua necessaria per comunicare i suoi bisogni pi immediati e per svolgere compiti legati alla vita quotidiana, servono invece anni di studio per imparare quel linguaggio decontestualizzato, astratto, specialistico tipico della scuola e dello studio: ecco allora che servono particolari strategie e particolare attenzione verso questo tipo di lingua: essere alfabetizzati in una lingua straniera non significa necessariamente saperla usare nelle materie scolastiche. Questo spesso sfugge agli insegnanti, che ritengono, in modo semplicistico, che la lingua imparata in modo informale, al di fuori del contesto educativo, basti per affrontare le richieste cognitive e linguistiche della scuola. Vanno quindi contraddette alcune convinzioni diffuse tra gli insegnanti: imparare bene una lingua un compito difficile e richiede tempi lunghi, sia per i bambini sia per gli adulti, anzi, spesso pi difficile e richiede pi tempo per i bambini, che non possiedono competenze e strategie mnemoniche consapevoli. Ecco allora che la scuola deve farsi carico di insegnare litaliano: -per comunicare: allallievo straniero serve prioritariamente la lingua per interagire con gli altri, per gestire i rapporti interpersonali e per realizzare scopi immediati, serve la lingua della comunicazione orale quotidiana e concreta, servono le formule, le espressioni, le frasi necessarie a stabilire e regolare i contatti. Sicuramente questo un obiettivo che uno straniero pu raggiungere anche fuori dalla scuola, in situazioni informali e attraverso i contatti con lambiente italiano; il valore aggiunto che pu dare la scuola in merito alla lingua della prima comunicazione aiutare lallievo a passare dal comunicare comunque al comunicare bene, quindi al comunicare con una lingua corretta, efficace, appropriata; -per studiare: perch un allievo straniero possa non solo avere successo nella scuola, ma soprattutto perch abbia la possibilit di sviluppare le sue abilit cognitive, deve imparare a leggere e a scrivere, deve imparare la lingua decontestualizzata e astratta che serve per ragionare, raccontare, descrivere, deve imparare le microlingue che costituiscono il linguaggio delle discipline: basta partire dallanalisi dei libri di testo normalmente in uso nella scuola, cercando ed analizzando quali possono essere gli ostacoli linguistici insormontabili per uno straniero: facile scoprire che per esempio la storia non comprensibile per chi non sa usare il tempo del passato remoto dei verbi, che discipline come la matematica e la geometria presuppongono la conoscenza di una microlingua estremamente difficile, che nel linguaggio delle discipline scolastiche, anche a livello di scuola elementare, abbondano periodi ipotetici, congiuntivi, strutture sintattiche complesse. .

6.3. QUALE LINGUA PER I BAMBINI STRANIERI In un ambiente nel quale la normale comunicazione passa da madrelingua a madrelingua, che avviene quindi tra persone che possiedono un livello alto di competenza linguistica, bisogna avere particolare attenzione al modo nel quale ci si rivolge agli allievi stranieri, a quale lingua si usa con loro. Si apprende una lingua tramite input costituiti da esempi; ma solo ci che si riesce a comprendere anche minimamente pu servire per lapprendimento: linput pi utile per un apprendimento stabile quello che si trova nella zona di sviluppo prossimale, per usare le parole di Vygotsky, cio appena al di sopra delle capacit del discente, o, con Krashen, che ha la forma di input + 1, cio collocato al gradino dellordine naturale immediatamente successivo allinput finora acquisito. Ecco allora la necessit di attenzioni e tecniche specifiche per facilitare la comprensione dei messaggi orali, di un preciso controllo della lingua quando si comunica con un allievo straniero, di proporre una lingua italiana con le seguenti caratteristiche: 1. la lingua orale deve essere integrata da linguaggi non verbali: gesti, espressioni, caratteri paralinguistici, in grado di integrare e facilitare la comprensione e di stimolare diversi canali sensoriali nel processo di decifrazione del messaggio; 2. i messaggi linguistici vanno inseriti in contesti significativi e autentici per gli allievi, devono poter essere collegati facilmente alla loro esperienza e alla loro realt: una lingua autentica veicola messaggi autentici, non costruita apposta per lesercitazione in classe; 3. vanno scelte strutture sintattiche, linguistiche semplici e regolari, senza con questo creare una lingua innaturalmente semplificata. In particolare, la semplificazione delle strutture non comporta anche un rallentamento e una modifica del ritmo, dellintonazione e della velocit deloquio, fattori che rendono una lingua inequivocabilmente inautentica e innaturale; 4. linput linguistico offerto deve avere per lallievo unutilit immediata sul piano pragmatico, per la comunicazione, per linterazione con gli altri, per il soddisfacimento dei suoi bisogni. Linsegnamento dellitaliano come lingua seconda principalmente funzionale: nella scelta degli input linguistici bisogna chiedersi che lingua deve saper comprendere prima, e produrre in seguito, lallievo per poter esprimere se stesso, comunicare con gli altri, interagire con lambiente nel quale vive; 5. il lessico va scelto in funzione della concretezza dei referenti, evitando, soprattutto con allievi in possesso di una scarsa competenza linguistica, il linguaggio astratto e decontestualizzato.

6.4. LINGUA MATERNA E APPRENDIMENTO DELLITALIANO Il buon apprendimento della lingua seconda non legato alla perdita della prima lingua, ma, al contrario, dipendente dal suo sviluppo: come ha sottolineato Vygotsky, lo sviluppo del linguaggio nella prima infanzia strettamente legato allo sviluppo di quelle che lo studioso russo chiama funzioni cognitive superiori: concettualizzazione, generalizzazione, astrazione, pensiero logico. Ecco allora che labbandono della lingua materna mentre tali processi di sviluppo cognitivo sono in corso pu comportare un blocco dello sviluppo linguistico-cognitivo, superabile solo quando il livello di conoscenza della lingua seconda rende possibile la ripresa dei processi di acquisizione delle funzioni superiori. Se allallievo viene permesso di proseguire in lingua materna il suo sviluppo linguisticocognitivo, in seguito potr usare tali conoscenze anche in lingua seconda; ma se lo sviluppo viene arrestato attraverso la perdita della lingua materna, ci sar un rallentamento dello sviluppo che si ripercuoter anche in lingua seconda. Perdere la lingua materna, ha inoltre conseguenze negative sui rapporti del bambino con la sua famiglia e con le sue origini, soprattutto quando la madrelingua viene connotata come un elemento di diversit dal quale liberarsi. La scuola quindi deve favorire non tanto il monolinguismo in italiano, ma il bilinguismo, che va considerato un valore; ci non pu significare che la scuola deve farsi carico dellinsegnamento delle lingue materne dei suoi allievi stranieri, ma che deve progettare percorsi intenzionali per insegnare il valore della conoscenza di pi lingue, sia agli allievi stranieri sia a quelli italiani.

6.4.1. LINGUA MATERNA E LINGUA SECONDA C unaltra importante valenza del mantenimento e della valorizzazione della lingua madre dellalunno straniero: un parlante di qualsiasi et, a contatto con una nuova lingua, si costruisce una grammatica spontanea non solo in base agli esempi di lingua straniera ai quali esposto, ma anche attraverso processi di generalizzazione e di transfer, di trasferimento di quanto ha gi "regolarizzato", scoperto della sua lingua materna: si pone qui limportanza e le potenzialit linguistiche e cognitive della linguistica contrastiva, dellanalisi dellerrore e della teoria dellinterlingua. Sono settori di studio della linguistica che hanno avuto interessanti sviluppi in glottodidattica, anche nella glottodidattica della lingua seconda, in quanto permettono di rivalutare la riflessione linguistica, la vecchia grammatica, dove riflessione linguistica significa far s che lallievo scopra i meccanismi di funzionamento della lingua, anche quelli formali, attraverso processi di analisi e comparazione tra lingua materna e lingua straniera, mettere in primo piano le capacit cognitive dellallievo, per sfruttarle al fine dellapprendimento e valorizzare le sue competenze linguistiche, non solo quelle scolastiche, ma anche quelle che possedeva prima di arrivare a scuola. Se la scuola, oggi come oggi, non pu farsi carico del mantenimento della lingua dorigine, basterebbe conoscere alcune caratteristiche della lingua dorigine per capire le aree di maggior difficolt per lo straniero, e quindi i punti sui quali la scuola deve intervenire con maggiore attenzione, e le motivazioni, spesso perfettamente logiche, di molti errori da lui commessi: si veda la difficolt degli arabi a discriminare le vocali dellitaliano, in particolare a distinguere la e dalla i, o la difficolt dei cinesi con gli articoli, assenti nella loro lingua.

6.4.1.1. LA LINGUISTICA CONTRASTIVA Lanalisi contrastiva delle lingue parte dal presupposto che gli errori che compiono i soggetti che apprendono una lingua straniera sono causati dalle differenze tra la lingua materna e quella straniera, e dal trasferimento delle abitudini proprie della L1 nelluso della L2: questi errori sono quindi prevedibili e di conseguenza evitabili. Le diverse lingue vanno quindi analizzate in modo contrastivo, al fine di evidenziarne le simmetrie, i comportamenti simili, che causano nei parlanti dei transfer positivi, e le dissimmetrie, le diversit che sono motivo di interferenze negative, e quindi di problemi nellapprendimento linguistico. Gli studi di linguistica contrastiva influirono in modo decisivo sulla preparazione dei materiali didattici, che devono essere diversificati a seconda della lingua madre dello studente, e sulla gradazione e sistematizzazione del corpus linguistico da somministrare ai discenti. La linguistica contrastiva inoltre alla base delle successive ricerche di analisi degli errori e della teoria dellinterlingua.

6.4.1.2. LANALISI DEGLI ERRORI Abbiamo gi ricordato come la linguistica contrastiva degli anni 50 partisse dal presupposto che le differenze tra le regole e il funzionamento della lingua materna e della lingua straniera studiata fossero alla base di molti errori che compiono gli studenti: unattenta analisi delle due lingue avrebbe permesso di prevedere, e quindi di evitare, questi errori. Negli anni 60, dallanalisi contrastiva, integrata con alcuni aspetti della teoria mentalistica di Chomsky, in base alla quale ogni soggetto esposto ad una lingua usa le sue capacit innate per comprenderne e ipotizzarne le regole ed usarla non solo ripetendo gli stimoli che ha ricevuto, ma in modo nuovo e creativo, nasce lanalisi degli errori, teorizzata principalmente da P. Corder . Gli errori non sono pi soltanto comportamenti da sanzionare o da evitare, ma sono il segnale che lindividuo sta applicando le sue capacit mentali nellanalisi e nella costruzione di un sistema di regole che possa generare la lingua in oggetto: lerrore quindi solo un passaggio nel processo di apprendimento, e si crea quando il soggetto ipotizza delle regole errate. Lanalisi degli errori ha avuto un forte impatto sulla revisione delle tecniche glottodidattiche e sui materiali linguistici da utilizzare nellinsegnamento.

6.4.1.3. LA TEORIA DELLINTERLINGUA Legata agli studi di analisi degli errori, dagli anni 70 si sviluppa uninteressante teoria sullapprendimento linguistico, ad opera principalmente di Corder e Selinker. Secondo questi studi, il progressivo apprendimento di una lingua non procede per somma casuale di nozioni, ma per sistemi strutturati: infatti, i processi mentali che mette in atto uno studente che affronta una lingua straniera generano un sistema linguistico intermedio tra la sua lingua materna e la lingua da imparare, sistema detto interlingua; linterlingua composta da ipotesi sul funzionamento della nuova lingua da verificare: quindi un sistema in continua evoluzione, che procede allontanandosi sempre pi dalle regole della lingua materna dello studente, che nei primi stadi dellapprendimento vengono generalizzate, verso quelle proprie della lingua straniera o seconda. La formazione delle interlingue non procede a caso, ma procede secondo una gradualit guidata da quello che Krashen chiama ordine naturale, basato su una grammatica universale di acquisizione I processi che generano linterlingua e i meccanismi che la caratterizzano sono un settore di studio abbastanza nuovo: non ancora chiaro se tutte le caratteristiche formali di una lingua vengono acquisite con un ordine uguale per tutti, n esistono molti studi sperimentali sulle diverse lingue che si possono acquisire. Sono stati per fatti parecchi studi sulla cosiddetta interlingua di base, cio sulle prime forme di interlingua che un soggetto sviluppa nei primi stadi di acquisizione; da questi studi possiamo ricavare almeno due importanti indicazioni per linsegnamento di una lingua seconda: la necessit di una gradualit di presentazione della lingua da apprendere, e la necessit di una grande chiarezza sul curricolo e sul sillabo di italiano come lingua seconda da insegnare. Per ulteriori approfondimenti sullargomento si rimanda ai testi in bibliografia, in particolare al testo di Gabriele Pallotti

BIBLIOGRAFIA Balboni P., Didattica dellitaliano a stranieri, Bonacci editore, Roma, 1994 Balboni P., Luise M.C., Interdisciplinarit e continuit nellEducazione Linguistica, Armando, Roma, 1994 Favaro G. (a cura di), Imparare litaliano imparare in italiano, Guerini e Associati, Milano, 1999 Freddi G., Il bambino e le lingue, Larus, Bergamo, 2000 Pallotti G., La seconda lingua, Bompiani, Milano, 1998 Porcelli G., Principi di glottodidattica, Editrice La Scuola, Brescia, 1994

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