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TRADUZIONE DIDATTICA E DIDATTICA DELLA TRADUZIONE

INTRODUZIONE
La storia dell’insegnamento e apprendimento delle lingue moderne considera la
traduzione come una delle tecniche didattiche più adottate ma allo stesso tempo più
controverse. E’ dall'inizi degli anni '70, (1972) con i translation studies e le idee di
James Holmes, che possiamo datare la nascita della traduttologia come disciplina. La
traduzione viene considerata importante sia per l'insegnamento delle lingue
straniere moderne, sia per la formazione professionale dei futuri traduttori.
TRADUZIONE DIDATTICA: L’USO DELLE PRATICHE TRADUTTIVE
NELL’INSEGNAMENTO DELLE LINGUE STRANIERE
1.1 LA TRADUZIONE NEL METODO GRAMMATICALE-TRADUTTIVO
La pratica traduttiva, un processo testuale, interlinguistico, intersemiotico e
interculturale viene considerata fondamentale nella prassi didattica. Nel periodo
rinascimentale, le modalità di traduzione impiegate nell’insegnamento della lingua
Latina erano la “versione interlineare” ed il “testo a fronte”, assumendo la duplice
funzione sia di supporto per la comprensione del testo originale che di analisi
contrastiva dei due codici. Questo esercizio del buon tradurre caratterizza fino al
700 la didattica delle lingue classiche.
Parallelamente si assiste alla fase del non tradurre, dovuta alla diffusione di un
metodo naturale in cui l'apprendimento procede mediante diretta esposizione alla
lingua, possibilmente insegnata da docenti native speaker. Senza il ricorso alla
riflessione grammaticale e senza le pratiche di traduzione, questa fase anticipa
alcune metodologie dei Direct Methods di fine 800.
Successivamente, all'inizio del 19esimo secolo incontriamo la fase del mal tradurre,
ovvero l'impiego delle Pratiche traduttive dettato da finalità docimologiche o di
fissazione dei contenuti morfosintattici e lessicali.
 Fintanto che il latino conserva la funzione di lingua Franca per la
comunicazione quotidiana, nel progressivo passaggio a lingua morta si avverte
l'esigenza didattica di fissarne le strutture grammaticali e lessicali, procedendo
dunque alla redazione di manuali con tabelle per le declinazioni dei sostantivi
e per i paradigmi verbali.
 Tra la fine del 700 e gli inizi dell’800 si ha l'esigenza di apprendere
rapidamente le lingue moderne, insegnate con un metodo simile a quello
adottato per le lingue classiche.
L'insegnamento delle lingue straniere, viene fondato su una metodologia che
prevede l'applicazione di regole grammaticali dedotte dall'allievo, l'acquisizione di
uno stile colto e lo studio degli aspetti formali della lingua, da cui il binomio
formalistico-deduttivo, altrimenti nota come metodo grammatica-traduzione.
Arnauld e Lancelot in Francia nella fine del 600 individuano un rapporto causa-
effetto tra ragionamento e lingua.
1.1.1 I METODIFORMALISTICI: BAD GRAMMAR AND BAD TRANSLATION
Traduzione: ruolo importante
I manuali Dell'Ottocento, vengono redatti in base al principio per cui conoscere una
lingua straniera equivale a possederne il lessico e la grammatica, obiettivo che si può
raggiungere attraverso l'uso della traduzione di frasi semplici e decontestualizzate e
soltanto in una fase più avanzata, gli allievi vengono iniziati alla lettura di interi testi
letterali.
Questo percorso di apprendimento fa leva ad un processo deduttivo, ovvero alla
spiegazione in una lingua madre di ogni regola grammaticale segue la sua ripetuta
applicazione nello svolgimento degli esercizi traduttivi e la memorizzazione dei
vocaboli avviene tramite liste di parole prive di riferimenti contestuali.
Il modo di lavorare che caratterizza il metodo grammatica-traduzione avrà
ripercussioni sull’insegnamento delle lingue moderne, in quanto non richiede un
particolare coinvolgimento delle conoscenze linguistico-comunicative del docente, il
quale può affidarsi al libro di testo. I volumi ispirati dal metodo grammaticale-
traduttivo attuano il principio della gradualità degli elementi morfosintattici
introdotti in brevi lezioni, che contengono la spiegazione in L1 di una singola regola
grammaticale da applicare agli esempi di traduzione, cui fa seguito una lista di
vocaboli da memorizzare.
L'obiettivo didattico è lo sviluppo delle abilità linguistiche della scrittura e della
lettura, trascurando quelle dell’oralità. L'interazione in classe avviene
esclusivamente nella lingua madre dell’allievo. Ai discenti non viene mostrata una
visione d’insieme del codice linguistico, ma una percezione distorta della lingua,
Ricevendo solo una classificazione in categorie grammaticali, come se nelle
comunicazioni parlate o scritte si usasse ad esempio un unico tempo verbale.
La disposizione di regole grammaticali astratte e schematiche, tipica del metodo
grammaticale-traduttivo non porta lo studente ad una riflessione autonoma sulla
lingua.
Il processo traduttivo si riduce dunque ad una creazione di frasi isolate, all'impiego
di liste di vocaboli staccati dal contesto, che comporta una traduzione meccanica e
decontestualizzata.
L’allievo, non essendo introdotto ad una riflessione metalinguistica è dunque
portato ad illudersi sull’esistenza di perfette corrispondenze tra le lingue sul piano
semantico e strutturale.
Le ragioni per il quale questa pratica di traduzione viene ancora utilizzata sono ad
esempio il fatto che la traduzione può essere controllata con sicurezza anche da
docenti che non possiedono un'adeguata padronanza della lingua straniera, per
classi molto numerose e ragioni economiche.
1.1.2. LA MESSA AL BANDO NEI DIRECT METHODS
Motto: Teach the language not about the language
Nella seconda metà dell'Ottocento il metodo formalistico-deduttivo viene messo in
discussione dal movimento di riforma dell'insegnamento delle lingue straniere, nato
in Germania, Inghilterra e nei paesi scandinavi, per poi diffondersi nel resto d'Europa
e nel Nord America, dando origine ai metodi diretti.
Perchè non viene usata la traduzione: L’insegnate parla soltanto nella lingua
d’apprendere ed è un native speaker della lingua da apprendere, quindi traducendo
bisogna usare per forza la L1 , per questa la traduzione non viene utilizzata.
Nel 1882 Wihelm Vietor, docente di inglese e tedesco, afferma la necessità di
insegnare la lingua parlata nelle reali situazioni d'uso, mediante la conversazione
con l'insegnante che può fornire all’alunno un modello di lingua viva. Egli si oppone
ad una didattica incentrata sulla traduzione meccanica di parole o frasi isolate. Le
tesi di Vietor vengono accolte nei congressi internazionali di Vienna e di Lipsia,
dando vita ad un insegnamento che fa leva ad un processo induttivo della
grammatica, dando la precedenza all’esposizione linguistica diretta. Attraverso la
conversazione attiva, l'allievo apprende per imitazione della lingua viva e non più
mediante lo studio analitico della grammatica.
Berlitz fu un insegnante e glottodidatta, fondatore delle Berlitz Schools, nate negli
Stati Uniti d'America con lo scopo di insegnare l'inglese ad immigrati di diversa
provenienza, per persone con un basso livello di istruzione. Il docente utilizza solo la
lingua da apprendere, anche perché ci sono diverse lingue madri.
L'obiettivo è quello del di potenziare le abilità linguistiche relative alla
comunicazione orale, dunque in queste scuole vengono messi in pratica i metodi
diretti. Attraverso questi metodi si lavora le abilità orali ritenute più importanti
rispetto a quelli della scrittura. Le strutture grammaticali vengono intuite
implicitamente e le abilità della lettura e della scrittura vengono esercitate solo
dopo l'acquisizione delle capacità di conversare.
1.1.3. LA TRADUZIONE NELL’ECLETTISMO METODOLOGICO DI SWEET

Non mette al bando completamente il metodo grammatica traduzione e Ammette


la pratica traduttiva nonostante ci troviamo alla fine del ottocento. 
In questo periodo nasce l’alfabetico fonetico nazionale.
Con il fonetista universitario e glottodidatta Henry Sweet si ha un parziale recupero
della traduzione a scopi didattici.
Nel suo manuale The  practical study of  languages,  a
guidefor teachers  and  learners  (1899), egli traccia le linee di un approccio
scientifico di una concezione comunicativa della didassi linguistica. Questo metodo
si oppone alla tradizionale antiquarian Philology che studia le lingue vive in funzione
di quelle morte, mettendo in secondo piano l'indagine dei suoni reali a quella dei
loro simboli scritti. Dunque la fonetica viene intesa da un punto di vista teorico come
scienza dei suoni e da una prospettiva pratico-applicativa come scienza della
pronuncia. Pur rifiutando le tradizionali spiegazioni di regole astratte, dedotte
dall’allievo e applicate alla traduzione di singole frasi isolate, l’eclettismo
glottodidattico di Sweet prevede dei momenti riservati alla riflessione
grammaticale, ovvero di una inductive grammar, in cui le strutture morfosintattiche
vengono apprese mediante continui riferimenti a situazioni comunicative concrete. 
L'uso della traduzione nella lingua madre dei discenti viene consigliato nel
manuale di Sweet in quanto rappresenta il modo migliore per la spiegazione del
significato di singole parole o intere frasi. 
Inoltre l'autore prende le distanze dagli orientamenti che vietano tassativamente
l'uso della lingua materna. Vengono svilupparsi delle fasi:  
Nella prima fase abbiamo l'uso della traduzione nella lingua madre degli studenti in
modo che si possano conoscere sia il significato metaforico che letterale. 
Traducendo l’allievo capisce prima, essendo che l’alunno al principio
dell’apprendimento pensa in lingua madre.
Successivamente in una seconda fase dell’apprendimento è raccomandata la
progressiva riduzione dell'uso della L1 del discente,
nella terza fase la traduzione viene reintrodotta sotto forma di una tradizione
idiomatica libera ed infine nella quarta ed ultima fase, con il raggiungimento di una
perfetta conoscenza delle relazioni che si hanno tra la L1 e la LS, sono previsti
passaggi interlinguistici più complessi che lo studente sarà ormai in grado di
svolgere.  
1.1.4 LA TRADUZIONE PER JESPERSEN

Anche il linguista Jespersen difende il metodo di insegnamento delle lingue nella


loro globalità e non parcellizzate nelle singole componenti grammaticali. Nel suo
volume How to Teach a Foreign Language  afferma che si dovrebbe imparare una
lingua per mezzo di comunicazioni ragionevoli e sul piano morfologico-sintattico egli
propone di sostituire le tradizionali spiegazioni basate sui processi logici di
deduzione con un processo di tipo induttivo, nel quale il docente si limita a guidare
gli allievi verso l’apprendimento delle strutture grammaticali. 
Inoltre Jespersen consiglia di ricorrere a tecniche dirette per la spiegazione dei
significati nei primi stadi dell’apprendimento linguistico ed facendo uso della
traduzione nella lingua madre solo in rari casi.  
1.1.5. LA SEMANTIZZAZIONE BY TRANSLATION DI PALMER

Non mette al bando completamente il metodo grammatica traduzione


Il fonetista e linguista Palmer nel suo primo volume sull’insegnamento
linguistico, The Scientific Study  and Teaching of Languages  parla
di semantizzazione in riferimento alle svariate modalità in cui il docente può
spiegare ai discenti il significato di una nuova unità linguistica: 

A  Immediate association, l’insegnante illustra il significato di un’unità linguistica


riferendosi direttamente all’oggetto 
B  Translation, associando all’unità linguistica della LS l’equivalente nella L1
dell’allievo 
C  Definition, ricorrere a parafrasi o sinonimi 
D  Context esibire frasi contenente l’elemento non noto, facendo in modo che i
discenti possano derivarne il significato sulla base di elementi già noti. 

Traduzione didattica e Language policy


Le pratiche traduttive non vengono più usate per diverse ragioni:
-punto di vista editoriale: più conveniente un libro in una sola lingua piuttosto che
avere traduttori in diversi paesi per tradurlo.
- impossibile per il docente conoscere tutte le lingue in caso di classi mistilingue.
- motivi politici.
Parlando della glottodidattica nord americana , Cook evidenzia lo stesso connubio
tra costruzione del sentimento nazionale e tendenza al monolinguismo. Negli Stati
Uniti d'America i metodi diretti si diffondono molto rapidamente all'inizio del 900
accompagnata da una language policy fondata sul riconoscimento della sola lingua
inglese. Negli anni 20 si istituiscono degli speech tests per esaminare la pronuncia
dei docenti in modo da escludere dalla categoria professionale tutti i non native
speakers.
SKINNER
Apprendimento del linguaggio è una forma complessa di condizionamento operante
Il linguaggio è un comportamento verbale
Ruolo passivo del bambino. Il bambino è una tabula rasa, forgiata nel corso degli
anni dall’ambiente. Il processo di acquisizione è, dal punto di vista qualitativo simile
ad altri apprendimenti messi in atto dall’uomo e dagli animali e dipende dalla
percezione degli stimoli e da rinforzi linguistici appropriati. (in questo caso il rinforzo
linguistico dell’adulto che PLASMA le espressioni inizialmente scorrette del bambino
La traduzione didattica dal comportamentismo al cognitivismo BLOOMFIELD
L'insegnamento delle lingue straniere e seconde in area statunitense nei primi
decenni del 900 viene condotto secondo modalità che convergono nella comune
esclusione delle pratiche traduttive dalla didassi linguistica.
A partire dagli anni 20-30 sempre negli Stati Uniti si impongono le ricerche di
bloomfield a cui si deve l'elaborazione delle analisi in costituenti linguistici
immediati tramite una metodologia che rappresenterà il quadro scientifico di
riferimento per la glottodidattica statunitense ed europea per oltre un trentennio.
Blomfield non concepisce la lingua come un riflesso del pensiero ma come un
insieme costituito da strutture finite acquisite tramite ripetizioni comportamentali.
Accogliendo le tesi di Skinner, Bloomfield concepisce l’acquisizione della lingua
madre come l’assunzione di una serie di abitudini linguistiche, sostituite poi da
nuove abitudini nel momento in cui il soggetto apprende un’altra lingua.
La mente umana viene paragonata ad una tabula rasa, sulla quale vengono a
formarsi progressivamente dei mental habits ovvero dei meccanismi inconsci di
reazione agli stimoli dell’ambiente esterno.
La L1 viene esclusa dalla prassi didattica, Poiché il ricorso a vecchie abitudini
mentali rappresenterebbe soltanto un ostacolo per l'apprendimento linguistico e
anche una causa di errori dei discenti. Come afferma bloomfield lo studente,
ripetendo lo stimolo della forma natìa, dimenticherà quella straniera.
La traduzione nel ASTP e nel metodo audio-orale
Mettono al bando il metodo grammatica traduzione.
Gli antecendi sono il metodo sviluppato da blooomfield
In questo periodo la necessità di conoscere le lingue straniere per scopi
principalmente comunicativi, determinata anche dalla scese in campo degli Stati
Uniti nel secondo conflitto mondiale, comporta ad un nuovo cambiamento nel
panorama glottodidattico
Dal 1942 si passa dall’IIP (Intensive language program ) all’ASTP (army specialized
training program).
Si tratta di metodi di insegnamento per far apprendere le lingue straniere ai soldati.
Blomfeld è il principale ispiratore teorico e traccia le linee guida nel celebre volume
Outline Guide for the Practical Study of Foreign Languages 1942 dove ribadisce il
primato della lingua parlata su quella scritta
I corsi dell’ASTP consistevano in studi di area organizzati in dibattiti di lingua
straniera, successivamente si diffondono i metodi audio-orali.
La traduzione come separate skill
Robert Lado, sotto la scia di Bloomfield, si concentra su analisi dove i parlanti
tendevano a trasferire elementi della lingua in quella straniera. Da qui il fenomeno
del transfer che però poteva avere sia influenze negative che positive. Lado inoltre è
contro le pratiche traduttive. Abituare gli allievi alla pratica traduttiva potrebbe di
fatto indurli a credere che esistono delle equivalenze perfette tra la lingua straniera
e la lingua madre.
1.2.3. LA TRADUZIONE NEI METODI AUDIOVISIVI E STRUTTURO-GLOBALI 
Negli anni 60, con la diffusione dei mass media, sia ha la nascita dei metodi
audiovisivi, i quali vanno a sostituire quelli audio-orali, non lasciando spazio quindi
alle pratiche traduttive nella classe di lingua straniera e preferendo l'utilizzo di
tecniche dirette a dimostrare la spiegazione dei significati. 
L’immagine assume il ruolo di accostare il significato al significante, fornito
dall’insegnante direttamente in lingua straniera. Questi metodi creano una sorta di
continuità con le teorie di Bloomfield, affermando che il nucleo della lingua straniera
deve essere presentato in rapporto con oggetti e situazioni concrete, vietando
inoltre di ricorrere alla traduzione nella L1. 
1.2.4. LA RIVOLUZIONE CHOMSKIANA

Nella seconda metà degli anni 50, in opposizione alle teorie di Bloomfield, si


sviluppano le teorie del linguista Chomsky, caratterizzate da una concezione creativa
del linguaggio, che muove dalla capacità di ogni individuo di comprendere e
produrre anche frasi mai ascoltati prima, oltre che di distinguere quelle corrette da
quelle scorrette già in età infantile. Ciò costituisce il punto di partenza di una nuova
teoria linguistica, secondo la quale l'acquisizione di una lingua non può avvenire
mediante la graduale memorizzazione di una serie di frasi apprese per
imitazione, ma il parlante deve in qualche modo interiorizzare il sistema di regole
grammaticali.
Nella celebre opera Aspects  of  the Theory of  Syntax 1965, Chomsky postula
l'esistenza nella mente umana di un meccanismo biogenetico di acquisizione
linguistica il LAD (Language Acquisition Device), mediante il quale l'individuo è in
grado di processare induttivamente frasi ascoltate, sviluppando così la propria
competenza linguistica. Nella psicologia cognitiva l’apprendente viene visto come un
agente attivo, protagonista del processo di formazione della sua competenza
linguistica.
Chomsky si sofferma particolarmente sulla competenza linguistica, la quale
prescinde dall’analisi delle performance, cioè le produzioni dei singoli individui,
imperfette e limitate. Diversamente da Bloomfield, ora la grammatica assume un
ruolo primario. 
Il linguista fa corrispondere una serie di regole grammaticali dette trasformazioni,
da cui deriva il nome stesso del modello della grammatica chomskiana. 
Tale teoria mostra le regole di formazione e le descrizioni strutturali
dell’insieme potenzialmente infinito delle frasi producibili in una lingua.

Le trasformazioni grammaticali sono dunque delle operazioni che convertono


qualunque frase di forma dichiarativa nella forma passiva interrogativa o di
altro tipo. 
Possiamo citare un suo esempio, ovvero alla frase John is reading the book, possono
rispondere le seguenti trasformazioni: the book is being read by
John, who is reading the book? eccetera. Le trasformazioni generano l'insieme
infinito delle frasi effettive.   

Sul piano metodologico il metodo Audio-orale manca di considerare gli aspetti


creativi della lingua e porta ad un'impostazione meccanicistica dell'insegnamento
linguistico, la rivoluzione chomskiana si assiste dunque al rifiuto della pratica
meccanica. 
A partire dalla fine degli anni 60, si riconosce il valore della traduzione, si ha un
incremento della competenza linguistica ma soprattutto per valore cognitivo, dopo
chomsky si capisce che l’alunno ragiona sul funzionamento della lingua seconda e
appunto la traduzione può essere utile e stimolante per l’alunno.

1.2.5. ERRORE, INTERLINGUA E TRADUZIONE 

Si passa dallo strutturalismo alla grammatica generativo trasformazionale, che


corrisponde negli studi di psicologia da un approccio comportamentista ad uno
cognitivista, ovvero più attento alle dinamiche cognitive.  
Il professore Corder, alla fine degli anni 60, svolge delle analisi sulla lingua dei
discenti, intesa come una varietà linguistica diversa dalla L2 ma comunque con una
propria grammatica. Da qui di parla Error Analysis. La frequenza di determinati
errori porta a riflettere sulle possibili cause come vuoti di memore o stanchezza. 
Viene fatta la distinzione tra sbaglio occasionale Mistake e l’errore
sistematico Error, fonte importante di informazioni
sulla transitional competence, definita in seguito da Selinker Interlanguage.  
Inoltre c'è da dire che pochi degli errori commessi derivano da fenomeni di transfer
negativo della lingua madre, gli errori sistematici sono provocati da procedimenti
come l’ ipersemplificazione delle strutture morfosintattiche lessicali e proprio
queste produzioni distanti dalla norma rivelano la presenza di una grammatica
implicita, costituitasi intuitivamente nell'uso della lingua.  

Il concetto di interlingua di Selinker va oltre quello di transfer in quanto non si limita


al confronto fra i due sistemi, ma considera ulteriori processi
cognitivi nell'apprendimento e nell'uso effettivo della L2, come: 

- Transfer of training: dovuto all’insegnamento ricevuto 


- Strategies of second-language learning: riguardanti le modalità di apprendimento 
- Strategies of second-language learning: inerenti alle scelte di colui che apprende e
nei modi in cui le applica con i nativi di L2. 
- Overgeneralization of TL linguistic material: sovraestensione delle regole 
della lingua target. 

Questi processi ribadiscono la centralità che la lingua madre assume


nell’ apprendimento della seconda lingua, la sua abolizione, costituirebbe solamente
un inutile forzatura rispetto al naturale processo di apprendimento di una
lingua seconda, privando inoltre i discenti di un riferimento mentale virgola in base
al quale confrontare i nuovi contenuti linguistici. Da qui nasce il recupero nella prassi
didattica della traduzione e lo stesso Selinker la riconosce fondamentale nella
formazione della interlanguage competence.  
I metodi glottodidattici di matrice strutturalista comportamentista prescrivevano
l'esclusione della lingua madre della prassi didattica per evitare possibili errori
dovuti al transfer negativo della L1 e la conseguente acquisizione di comportamenti
verbali e propri.

Dagli anni 70 in poi il cognitive turn  ha comportato un nuovo atteggiamento nei


confronti dell errore virgola non più stigmatizzato e immediatamente
corretto. Al posto delle tradizionali pratiche di correzione, insegnanti adottano un
lavoro di autoriparazione condotto dall’allievo. 

1.3. LA TRADUZIONE NEGLI APPROCCI COMUNICATIVI 

Mirano al raggiungimento della competenza comunicativa,


Durante gli anni 70, discipline come la pragmalinguistica, la linguistica funzionale, la
sociolinguistica, attuano una sorta di riorganizzazione della didattica delle lingue
straniere.
Il filosofo oxoniense Austin, fondatore della pragmalinguistica, concepisce l'uso del
linguaggio come un vero e proprio agire in grado di trasformare la realtà. Ogni
essere umano non si limita a pronunciare frasi analizzabili soltanto da un punto di
vista semantico grammaticale, ma compie atti linguistici.
Nozioni fondamentali di contesto situazionale e di situazione comunicativa hanno
origine nelle ricerche dell’antropologo Malinowski.
La Textlinguistik, ovvero linguistica testuale, è una disciplina sviluppatasi negli anni
70. Gli orizzonti di ricerca di questa disciplina si aprono alla considerazione degli
aspetti extra linguistici della comunicazione per poi giungere alla formulazione di
teorie testuali che superano il livello di indagine astratto della grammatica della
frase.
L'abilità di riconoscere di utilizzare le regole del discorso prevede l’adeguato utilizzo
di una serie di operazioni testuali e logico pragmatiche, importanti per un corretto
scambio linguistico. L'analisi testuale si interessa della coerenza semantica, della
connessione sintattica e anche dell’appropriatezza del contesto, estendendo il livello
d'indagine dalle categorie linguistiche del ko-text a quelle extralinguistiche del
Kon-text.

LA RIABILITAZIONE DELLA TRADUZIONE NEGLI APPROCCI COMUNICATIVI

HYMES
Negli approcci comunicativi la traduzione ha recuperato un ruolo fondamentale
nell'apprendimento delle lingue straniere e delle lingue seconde, non viene più vista
come un esercizio strutturale o di verifica, ma viene vista come un processo
cognitivo finalizzato a potenziare la competenza comunicativa del discente.
Il concetto di competenza comunicativa si deve al sociolinguista Hymes e
rappresenta uno dei principali obiettivi dell’approccio e dell'insegnamento delle
lingue.
Hymes afferma che esistono delle regole senza le quali le regole grammaticali non
avrebbe senso, per cui bisogna essere in grado non solo di realizzare delle frase
corretta dal punto di vista grammaticale ma bisogna essere in grado anche di
realizzare delle fasi che sono adeguate alle condizioni del contesto situazionale. Il
concetto di competenza comunicativa di fa riferimento alla conoscenza delle
capacità che l’individuo ha di conoscere tutti i fattori della comunicazione linguistica
ed extralinguistica.
Questa competenza comunicativa presenta quattro sotto competenze tra cui la
competenza linguistica di Chomsky:

-paralinguistica, intonazione;
-prossemica, posizione nello spazio;
-cinesica, gesti;
-socioculturale + competenza linguistica(Chomsky).
Hymesparla inoltre dell’evento comunicativo ed individua otto fattori dell’evento
comunicativo che se messi in verticale uno dopo l'altro formano l’acrostico speaking:
Setting
Participants
Ends
Acts
Key
Instrumentalities
Norms
Genres

Dunque è grazie alle novità in ambito teorico introdotte dagli approcci comunicativi
che la traduzione ha recuperato un ruolo decisivo nell’insegnamento delle lingue
straniere e seconde.
La traduzione non viene più intesa come un esercizio strutturale o di verifica, ma
come un procedimento di tipo cognitivo finalizzato ad accrescere la competenza
comunicativa degli alunni con il confronto tra situazioni comunicative e l'indagine a
livello semantico, sintattico e pragmatico delle due lingue-culture.
1.3.2 TUTTO IL DRAMMA STA QUI: SIGNIFICATO E CONTESTO

Il linguista russo Roman Jakobson, nel suo celebre saggio On LinguisticAspects Of


Translation, pone la questione della traduzione come un problema di
interpretazione segnica e individua tre tipi di traduzione del segno linguistico:

- Endolinguistica (riformulazione), quando si interpretano segni linguistici per mezzo


di altri segni della stessa lingua
- Interlinguistica (la traduzione propriamente detta), quando si interpretano segni
linguistici per mezzo di un'altra lingua
- Intersemiotica (trasmutazione), interpretazione di segni linguistici per mezzo di
codici non verbali
Arcaini (famoso per le sue ricerche teorico applicative riguardo l'impiego
glottodidattico della traduzione) afferma che la traduzione intralinguistica deve
sempre precedere quella interlinguistica, purchè si considerino le difficoltà connesse
di ordine sia linguistico sia extralinguistico. La traduzione diventa così luogo per un
confronto tra civiltà, le maggiori difficoltà che gli studenti affrontano nel praticarla
nascono dalle dinamiche del processo di significazione, dalla mancanza di
conoscenze socioculturali. Dunque il dramma della traduzione sta nel significato e
contesto ed egli propone inoltre il ricorso all'esercizio del tradurre.
1.3.3 COMPETENZA COMUNICATIVA E TRADUZIONE
In riferimento alla riflessione glottodidattica italiana, Renzo Titone considera l'uso
della traduzione all'interno di un modello olodinamico o glottodinamico per
l'apprendimento delle lingue straniere, che comprende le operazioni di natura:
Tattica (Produzione e ricezione testuale sia orale sia scritta ), Strategica
(pianificazione, selezione, controllo e correzione delle sequenze testuali e discorsive)
ed Egodinamica (l'autocoscienza, la consapevolezza linguistica, le motivazioni e gli
atteggiamenti del soggetto apprendente). Con questo modello lo sviluppo della
competenza linguistico comunicativa ed espressiva dei discenti procede di pari
passo con lo sviluppo di una consapevolezza metalinguistica, raggiungibile tramite il
potenziamento delle capacità comparativo analitiche dell'allievo.La pratica
traduttiva si rivela di alto valore formativo e molto proficua non solo sul piano
grammaticale ma anche a livello stilistico-lessicale e pragmatico-culturale.
Il glottodidatta propone due tecniche ispirate dalle teorie di Voegelin e Nida, con
degli esercizi basati sulla multiple stage translation da una parte e sulla back-
transformation dall'altra.
Per Titone back-transformation consiste in un operazione di parafrasi volta a
semplificare i vari segmenti testuali prima di tradurre nella lingua d'arrivo, secondo
un procedimento di tipo trial-and-error, volto a ridurre la complessità sintattica e
semantica del testo di partenza.
Titone inoltre evidenzia come l’atto del tradurre implica il trasferimento di un modo
di pensare, per cui nel processo psicologico della traduzione la comprensione dei
pensieri espresso in una lingua preceda le espressioni tali pensieri in una seconda
lingua , sarebbe quindi assurdo pretendere che gli alunni prima traducono parola
per parola un testo per poi capirne il significato. Per questo motivo vengono
proposti agli allievi soltanto testi già letti o ascoltati in classe.
1.3.4. LA TRADUZIONE NEL LEXICALAPPROACH
Il LexicalApproach , sviluppato in area anglosassone all'inizio degli anni Novanta, si
fonda su una concezione del linguaggio che supera il rapporto dicotomico tra il
livello lessicale e livello grammaticale dell'analisi linguistica , per cui lessico stesso
risulta portatore di informazione sintattico-morfologica.
Tra i primi progetti di ricerca un esempio è il cobuild che ha permesso di azione dei
materiali didattici per la lingua inglese , compilati a partire da testi autentici
selezionati tramite elaborate analisi statistiche.
Diversamente da quanto praticato nei metodi tradizionali, qui viene motivata la
validità di un apprendimento simultaneo del lessico e della sintassi, per cui assume
un ruolo centrale la corretta identificazione dei chunks, unità minime di analisi
lessico grammaticale di un testo, Generalmente composte da più vocaboli ed il loro
significato non dipende sempre da quello dei singoli componenti. Inoltre l'allievo
viene continuamente spronato ad usare in maniera autonoma vocabolari ed
enciclopedie.
1.3.5. TRADURRE CHUNKS
La studiosa ispanista Landone, afferma l’importanza della traduzione per chunks,
come insostituibile strumento per la didattica dello spagnolo in un contesto di
apprendimento basato sul lexical approach. Studi di error analysis, condotti in classi
di allievi con scarsa padronanza della lingua straniera hanno dimostrato che le
produzioni errate sono attribuibili alla scarsa sensibilità verso le unità lessicali.
E’ quindi opportuno intensificare gli esercizi di traduzione per chunks in modo tale
da acquisire la consapevolezza che più la negoziazione dei significati in un contesto
comunicativo e altamente funzionale all’apprendimento del lessico.
2.1 LA RIABILITAZIONE DELLA L1 NELL’INSEGNAMENTO DELLE LINGUE SECONDE 
L'utilizzo della L1 può assumere due macrofunzioni dell'insegnamento linguistico, sia
di tipo comunicativo sia di tipo didattico.  

Nel primo caso il docente si serve della L1 degli allievi per dinamiche connesse alla
gestione della classe ad esempio per instaurare delle relazioni. Nel secondo caso si
fa riferimento alle varie pratiche di supporto all'apprendimento linguistico, come la
presentazione dei vocaboli con il loro corrispondente nella lingua madre discenti.  
2.1.1 IL BILINGUAL METHOD  

Alla fine degli anni 60 ci fu un uso esclusivo della LS persino dei primi livelli di
conoscenza linguistica. Il glottodidatta Dodson, fu uno dei primi ad
opporsi al monolingual  teaching, progettando nel 1967 un bilingual  method per
l'insegnamento delle lingue straniere e seconde. Nel volume language teaching and
the bilingual method, Dodson sostiene la necessità di un drastico ripensamento per
i metodi d’insegnamento della lingua. Egli afferma che il discente non è in grado di
attribuire alcun significato ai suoni espressi in una lingua straniera senza far
riferimento ai concetti pensati nei termini della lingua madre.  
Diversamente da quanto avveniva nel grammar translation method, alla traduzione
nella L1 non si assegnano funzioni esplicative per le
strutture morfosintattiche. L’ambito d'uso che interessa unità testuali complete,
tradotte nel più naturale possibile dal docente, il quale non ricorre alle classiche
forme di traduzione parola per parola. Dodson consiglia di non focalizzarsi sulle
singole traduzioni, ma sulla comprensione dell’input linguistico in lingua straniera in
modo tale da ottimizzare i tempi della lezione, la qualità e la velocità
dell’apprendimento. Dodson propone un bilingual method strutturato in brevi cicli
di lezioni impostate secondo lo schema tradizionale del presentation-practices-
production.  
La LS i sostituisce progressivamente alla L1 , per poi arrivare ad un
uso esclusivo nell'ultima parte del ciclo di lezioni. 
 
2.1.2 VERSO UN MONOLINGUISMO ILLUMINATO
Negli anni 70 il linguista Butzkamm, elabora il monolinguismo illuminato, un modello
che concorda con le teorie di Dodson. Butzkamm afferma che la lingua madre
dell'alunno rappresenta il punto di partenza dell’apprendimento linguistico e
contribuisce alla comprensione delle grammatiche di tutte le lingue straniere
apprese dall'età scolare in poi, per cui risulta utile l'impiego di tecniche bilingui.  

Egli inoltre propone la tecnica bilingue del mother tongue mirroring, ovvero un


rispecchiamento nella lingua madre per la presentazione di nuove strutture
grammaticali, che consiste nella traduzione all'inizio idiomatica di ciò che
si vuole dire per poi proseguire in una traduzione letterale che aiuta l'alunno a
raggiungere una comprensione a livello strutturale.  
Questa tecnica viene però sconsigliata nel caso in cui ci siano corrispondenze
strutturali tra gli enunciati in L1 e L2. Il monolinguismo illuminato prevede che
circa 1/3 del monte ore di lezione sia impiegato in attività di tipo comunicativo con
l'uso esclusivo della LS. Il discente passa così da un uso guidato verso un uso libero
della LS. Un utilizzo attento della L1 secondo Butzkamm non rappresenta un
ostacolo ai progressi degli allievi ma è utile per facilitare la comprensione. 
  
L’USO DELLA L1 NELL’ENGLISH LANGUAGE TEACHING

 Il bilingual method sviluppato da Dodson non viene approfondito nella


riflessione accademica inglese.  
Atkinson nel suo Teaching Monolingual Classes 1993 sviluppa una serie di proposte
relative all'uso della madrelingua. Atkinson sostiene nei corsi per
principianti l'uso della L1 per facilitare la spiegazione dei significati e per la
comprensione delle consegne di un esercizio.  
Nella prima fase di ampliamento del lessico l’insegnante può fornire il primo termine
nella lingua madre degli alunni per stimolarli a produrre nuovi esempi più
velocemente e le pratiche di traduzione sono utilizzate come punto di partenza per
una riflessione contrastiva mediante appositi esercizi di correzione di versioni
sbagliate o di confronto e commento tra traduzioni corrette dello stesso testo.  
Nei corsi di lingua più avanzati l'autore reputa opportuno e giusto l'utilizzo di
pratiche traduttive dalla LS alla L1 per la verifica della comprensione di strutture
morfosintattiche lessicali e nel caso in cui l'allievo pronunci o scriva alcune frasi
senza senso per l'insegnante, questi può chiedergli di tradurlo nella lingua materna
affinché il discente possa riconoscere l'errore commesso.  
Per Atkinson l'errore viene concepito come un punto di partenza
per l'apprendimento. L’uso della L1 viene usato in modo moderato.  

 2.1.4 METODI DELL’ALTERNANZA E DELL’INTERAZIONE 


 
Il professore di linguistica applicata Cook afferma che ci sono delle tesi
glottodidattiche che motivano l’esclusione del ricorso alla lingua madre, ovvero:  

-La pretesa di assimilare il processo di apprendimento di una LS al processo di


acquisizione della lingua madre, seguendo poi all’eliminazione di ogni forma di
riflessione  
-la concezione della mente umana suddivisa in compartimenti stagni, con la
conseguenza che il passaggio da un codice all’altro potrebbe rallentare il processo di
apprendimento 

-La convinzione che occorra aumentare l’esposizione dei discenti all’input nella


lingua straniera 
Cook riconosce però l’importante ruolo della L1 nell'attivazione delle strategie di
apprendimento da parte degli studenti, in quanto ogni discende apprendere
la L2 mediante un costante confronto inconscio con strutture della propria L1. 

Da questo derivano gli svantaggi di una metodologia di insegnamento che intenda


bandire completamente l'uso della madrelingua, come è avvenuto ad
esempio con metodologie simili ai Direct methods, impostati sulla full immersion in
lingua straniera. La L1 per lui è un prezioso strumento per apprendere la L2, per la
riflessione semantica e grammaticale. 
Cook propone una classificazione distinguendo: 

 Gli Alternating language approaches che non prevedono l'uso


contemporaneo dei due codici durante la lezione.  
Tra questi lo studioso cita: 
-Il Key School Two Way Model, applicato nelle classi miste di alunni anglofoni
e ispanofoni con lezioni mattutine in inglese e quelle pomeridiane in spagnolo 
-Alternate Days, l’insegnamento delle lingue a giorni alterni 
-Il Reciprocal Language Teaching dove gli alunni apprendono reciprocamente la
LS dai loro compagni di corso attraverso un'alternanza quotidiana. 

 Gli approcci dell'interazione comprendere invece: 


-Il New  Concurrent Method, secondo cui il code switching dell'insegnante
risponde ad una precisa strategia in conformità alle esigenze di gestione della
classe ad esempio quando gli alunni sono distratti durante la spiegazione di un
concetto chiave, per lodarli o rimproverarli 
-Il Community  Language  learning, l'interazione spontanea degli studenti
nella L2 e tramite la mediazione della L1. Negli stadi iniziali lo studente dice
qualcosa nella lingua madre, la frase viene tradotta nella L2
dal docente e ripetuta dallo studente e il resto della classe ascolta entrambe le
versioni 
-Il Bilingual Method di Dodson, nato per l'insegnamento del gallese a bambini
anglofoni e poi applicato anche in altri contesti didattici 
2.1.5 LE FUNZIONI DELLA TRADUCCION PEDAGOGICA

 Negli anni 80 anche in Spagna gli studiosi sostengono la


validità della traducciòn pedagogica, purché sia sempre orientata al processo e
non al prodotto, indirizzando l'attenzione dei discenti sugli aspetti linguistico
testuali. Nei decenni successivi sono state condotte numerose indagini
nell'ambito della error Analysis, tra le quali troviamo quelle di Fernandez,
ed emerge che proprio nelle attività di traduzione si verifica il maggior numero di
errori. 

2.1.6 READING COMPREHENSION E TRADUZIONE VERSO LA L1

Per il potenziamento delle abilità linguistiche della lettura, nel metodo


di Butzkamm sono previste attività di bilingual reading, con la traduzione
in L1 circoscritta a piccole porzioni di testo per agevolare gli allievi. Egli propone
di assegnare la lettura a casa di un testo in lingua straniera scelto dagli stessi
studenti, letto già in lingua madre, per poi riassumerlo oralmente
direttamente in LS. 
Negli anni 90 alcune teorie hanno dimostrato la grande importanza a livello
formativo del free voluntary reading nell'apprendimento delle lingue straniere
e Krashen è stato uno dei maggiori sostenitori. In questo caso non si lascia spazio
alle pratiche traduttive nella lingua madre discenti. 

2.2 TO BAN OR NOT TO BAN: THAT IS NO LONGER THE QUESTION


 
Negli anni 90 la traduzione è stata definitivamente considerata come uno degli
obiettivi cui deve tendere l'insegnamento linguistico. Tuttavia esistono diversi
studi che presentano liste di pro e contro sulla validità o meno
della traduzione didattica.  
Importanti documenti europei, come il quadro comune europeo di
riferimento per le lingue, assegna un ruolo fondamentale la traduzione. 

2.2.1 LE OBIEZIONI ALL’USO DELLA TRADUZIONE DIDATTICA 

Alcune indagini sulla traduzione didattica presentano una lista delle principali


obiezioni contro l'uso delle pratiche traduttive nella classe di lingua straniera: 
1) un uso elevato della lingua madre durante la lezione di lingua straniera
potrebbe ostacolare la produzione linguistica nella LS, impedendo agli studenti di
pensare in lingua straniera.  
Tutte le metodologie fin qui indagate prescrivono utilizzo della
L1 moderato e calibrato, ed è soprattutto nei primi stadi dell’apprendimento che
si predilige un uso della lingua madre e si tollerano frequenti code-switching
proprio per facilitare l'interazione lingua straniera in maniera quanto più
autentica e spontanea 

2) L'uso della L1 faciliterebbe i meccanismi di interferenza linguistica , al


contrario traducendo verso la madrelingua aumenta la consapevolezza di
questo fenomeno nel discente e riesce a gestirlo maggiormente 

3) La traduzione potrebbe ostacolare lo sviluppo delle altre abilità linguistiche  

4) Gli esercizi di traduzione non sono una tecnica economica in termini di tempo
e sarebbe più opportuno dedicarsi al potenziamento delle altre abilità
linguistiche.  

5) la traduzione si sovrappone al processo di comprensione in lingua straniera. 

6) La traduzione non sarebbe sufficientemente precisa ai


fini della semantizzazione e potrebbe illudere il discente sull’esistenza di
equivalenze biunivoche tra le lingue. 

2.2.2. LA TRADUZIONE NEL QUADRO COMUNE EUROPEO DI RIFERIMENTO

Alle quattro abilità linguistiche primarie si aggiungono altre abilità


integrate e balboni individua al loro interno il sottotipo delle abilità integrate
interlinguistiche che comprendono: 
Le attività di traduzione scritta 
Le attività di traduzione orale 
La traduzione impromptu, ovvero la traduzione scritta di un testo orale che
viene dettato. 
Le abilità integrate interlinguistiche sono descritte anche nel quadro comune
europeo di riferimento, un sistema descrittivo impiegato per valutare le abilità
conseguite da chi studia una lingua straniera europea e  indicare il livello di un
insegnamento linguistico. 
2.2.3 L’ALTERNANZA LINGUISTICA NEL CLIL 

Content and language integrated learning (CLIL) è un approccio sviluppato per


rafforzare l'apprendimento della seconda lingua (L2) utilizzandola come
veicolo[1] (o mezzo di comunicazione) per l'assimilazione di altri contenuti.  
il CLIL è una metodologia di apprendimento della lingua dove l'aumento
dell'input linguistico è attuato per via dell'insegnamento di una o più discipline in
L2, con modalità didattiche innovative. Questi metodi prevedono che lo studente
sia attore nella costruzione del proprio sapere: l'assimilazione del contenuto
(inter)disciplinare diventa l'obiettivo principale; l'acquisizione di maggiori
competenze comunicative in L2, invece, una conseguenza. 
Butzkamm ha condotto alcune indagini, individuando 7 forme d'uso della lingua
madre 
1 La early immersion dove l'insegnante svolge la lezione in L2 mentre i bambini
rispondono nella lingua materna 
2 L'adozione di un libro di testo in L1 
3 L’alternanza annuale della lingua di studio 
4 L’alternanza quotidiana della lingua veicolare 
5 Gli incontri post lezione, gli studenti possono riunirsi in gruppi di studio a
seconda della lingua madre per poter rielaborare i
contenuti della lezione ascoltata in L2 
6 L’ora aggiuntiva di spiegazione in L1 
7 Il code-switching integrato, una modalità di alternanza linguistica che si
avvicina molto alla strategia che Butzkamm definisce del pendolo,
ovvero una ricerca di equilibrio tra attività di tipo comunicativo mirati al
potenziamento delle conoscenze sulla materia e attività di esercitazione
sulla LS per potenziare le abilità linguistiche. 

2.2.4 LA RIVALUTAZIONE DELLA TRADUCTION PEDAGOGIQUE

Ladmiral-> riflette sul ruolo delle version (traduzione scritta dalla LS alla L1). Lui
riconosce il vantaggio di accrescere potenzialità stilistico-espressive della LS. 
Grellet-> lui appoggia la traduzione che vede come un obbiettivo nell’insegnamento.
Vuole sensibilizzare gli studenti all’analisi contrastiva dei codici ed elabora delle
indicazioni: 
 Comparare diverse versioni dello stesso testo. 
 Individuare il testo originale tra due testi in lingua diversa. 
 Traduzione a catena verso la L2. 

3.1 LA DIDATTICA DELLA TRADUZIONE

Didattica della traduzione: l'insieme di percorsi e attività per la formazione


professionale dei futuri traduttori.
James Holmes con il suo saggio The Name and Nature of Translation studies
(1972) si pongono le basi per la autonomia accademica di una disciplina aperta
ad altri indirizzi di studio di tipo umanistico. Si è affermata una duplice visione
del fenomeno traduttivo all'interno dei translation studies: 

Applicativo prospettiva, che traccia le linee guida e le strategie finalizzate allo


sviluppo di una competenza traduttiva 

Descrittivo retrospettiva, che si focalizza sullo studio dei testi tradotti con


l'obiettivo di individuare le convenzioni e i fattori che hanno influito sul
comportamento del traduttore. 

Gli universali traduttivi sono quei fenomeni linguistici ricorrenti nei testi


tradotti e quasi del tutto assenti nei testi originali. 

3.1.2 ETNOGRAFIA E TRADUZIONE: CONTEXT OF SITUATION MALINOWSKI

Le prime riflessioni sul context of situation si devono


all’antropologo Malinowski. Lo studioso si confronta con questioni
traduttologiche data la difficoltà di pubblicare in inglese alcune espressioni della
lingua dei nativi il Kiriwiano sia traducendo parola per parola sia optando per una
traduzione più libera.  
Nel volume The Coral gardens and their Magic (1935 )egli prende in
esame formule magiche e di espressione kiriwiniane legate al settore della
coltivazione dei giardini. Risoluzioni traduttive adottate vengono chiarite tramite
un processo di contestualizzazione. E’ opportuno che il traduttore illustra gli
elementi in riferimento alle porzioni di testo che precedono e seguono gli
enunciati da tradurre mentre una seconda fase verrà illustrato in dettaglio il
contesto situazionale. 

Nel celebre saggio The Problem of Meaning in primitive Language (1923)


(si diffondono movimenti razziali) ritiene ancora valido la distinzione tra lingue
civilizzate, usate per la comunicazione di contenuti astratti e pensieri e quelle
primitive, usate per compiere azioni ritualizzate che fanno parte della comunità.

Lui ha una visione più complessa del processo traduttivo. Viene riconosciuto il valore
ai fattori extralinguistici e a elementi paralinguistici come: gesti, espressioni,
cinesica, prossemica. Avviene anche il superamento della pratica traduttiva quale
semplice sostituzione parola per parola: 
 Descrizione elementi del co-testo e del con-testo. 
  Prima traduzione parola per parola tramite parole-etichetta per la
comprensione del testo. 
 Traduzione libera; per espressioni intraducibili si aggiunge una nota. 
No a traduzioni di parole/frasi prive di co-testo e con-testo 
Si a traduzioni di enunciati nella loro interezza. 

LA TRADUZIONE PER NIDA


  
Nida è un biblista e pastore evangelico ed è considerato il fondatore della
moderna scienza della traduzione. Egli è in opposizione alle teorie che c’erano
durante il periodo del suo pensiero ovvero il relativismo linguistico e afferma che
la traduzione è sempre possibile. Ad esempio la bibbia è una traduzione, della
traduzione e così via, di qualcosa che verosimilmente Gesù ha pronunciato in
aramaico e Nida si pone come obiettivo quello di dimostrare che la traduzione è
possibile e che è possibile mantenere l’effetto che il testo originale ha avuto sul
primo ascoltatore e far sì che l’effetto rimanga lo stesso anche sul secondo
ascoltatore. Nida inoltre cerca di realizzare una teoria scientifica per la
traduzione, prendendo in prestito da Chomsky alcuni elementi, ad esempio
universali linguistici e l’idea di struttura profonda e  superficiale della lingua.

Nel libro science of translating (1964), Nida elabora uno schema per la


traduzione e afferma che alla traduzione di un testo ponte in lingua A è sempre
possibile in lingua B, purchè vi sia un attento lavoro di analisi e la presenza di
una source e di un receptor.  

Nida vuole dunque dire che il testo di partenza dev’essere semplificato ad un


livello di struttura profonda, per poi trasferirne il significato nella lingua del
ricevente, sempre ad un livello di struttura profonda per poi realizzare infine
un’espressione semanticamente e stilisticamente adeguata alla lingua del
receptor. 

Successivamente avviene il passaggio interlinguistico


che Nida chiama Transfer all'interno del quale il testo di partenza viene
trasferito nella lingua B sempre ad un livello di struttura profonda. Infine si
procede Restructuring, una fase di rielaborazione intralinguistica nella lingua
d'arrivo B in cui il materiale tradotto viene trasformato in una struttura di
superficie. 
Cercare il punto alla riva un punto piu basso del fondale del fiume cercare qual è
il punto piu conveniente

 Wills dice che la traducibilità dei testi può essere garantita dall’esistenza di
categorie sintattiche, semantiche e logico-esperienziali comuni a tutte le lingue.
A livello superficiale è impossibile stabilire equivalenza tra due lingue mentre a
livello profondo è possibile. 
Atto traduttivo-> processo di riformulazione linguistica 
Tradurre ovvero creare equivalenti sintattici, semantici ed efficaci dal punto di vista
della ricezione. 

Capitoli 3.2 e 3.2.1 


Le diverse considerazioni sui diversi tipi testuali vengono elaborate da raiss
Alla fine degli anni 60 propone delle indicazioni specifiche in relazione alla
traduzione di ogni tipo testuale. La tipologia tripartita illustrata da rais si basa Sulla
teoria di buhler il quale individua le seguenti funzioni fondamentali del linguaggio:

 Referenziale: contesto 
 Espressiva: emittente 
 Conativa: destinatario 
Ad ognuna di esse per ReiB corrispondono

 Dimensione del linguaggio, 


 Tipo di testo, 
 Funzione dominante, 
 Componente specifica. 

Importante è la finalità, “Skopos”, che il testo tradotto persegue nella lingua- cultura
di arrivo; il traduttore, a seconda dello scopo, opterà una determinata scelta
traduttiva. 
Text sorte sono un gruppo di testi determinato da strutture, convenzioni e regole di
comportamenti comuni. 
Newmark si ispira a Bulher ma prevede che i testi possano realizzare tutte e tre le
macro funzioni e considera anche 3 funzioni di Jakobson: poetica, fatica e
metalinguistica.
L’analisi testuale mira a identificare la funzione dominante nel testo e studia anche
gli aspetti pragmalinguistici.  
Pym, translation competence: 
 Essere in grado di generare più testi d’arrivo accettabili per lo stesso testo di
partenza  
 Essere in grado di scegliere solo una di queste varianti 

ROMAN JAKOBSON

E’ stato un linguista e semiologo russo, considerato come uno dei principali


iniziatori della scuola del formalismo e dello strutturalismo nonché uno dei
maggiori linguisti del XX secolo. A lui si deve lo studio della teoria della
comunicazione linguistica.
Saggio Aspetti linguistici della traduzione

Secondo Russell nessuno può capire il senso della parola "formaggio" se non ne
ha fatto esperienza non linguistica diretta. Questo non sempre è vero perché noi
abbiamo un'esperienza solo linguistica delle parole Ambrosia e Nettare degli dei,
eppure ne comprendiamo il senso. Il senso delle parole è un fatto linguistico, o
semiotico.

È necessario ricorrere a una serie di segni linguistici se si vuole far comprendere


una nuova parola. Sia per il linguista che per il parlante comune il senso di una
parola altro non è che la trasposizione di esso in un altro segno che può essere
sostituito a quella parola in un altro segno nel quale si trovi sviluppata più
completamente.

Ad esempio SCAPOLO può essere trasferito nella designazione "uomo non


sposato" ogni volta se ne richieda il senso.

Esistono 3 modi d'interpretazione di un segno linguistico:

1) TRADUZIONE ENDOLINGUISTICA o RIFORMULAZIONE, consiste


nell'interpretare dei segni linguistici per mezzo di altri segni della stessa lingua

2) TRADUZIONE INTERLINGUISTICA o TRADUZIONE PROPRIAMENTE DETTA,


consiste nell'interpretazione dei segni linguistici per mezzo di un'altra lingua

3) TRADUZIONE INTERSEMIOTICA o TRASMUTAZIONE, consiste


nell'interpretazione dei segni linguistici per mezzo di sistemi di segni non
linguistici come ad esempio un saluto

TRADUZIONE ENDOLINGUISTICA La T.E. di un termine si serve di un altro termine,


più o meni sinonimo, o ricorre a una circonlocuzione. Sinonimia non significa
equivalenza assoluta: ogni vecchio scapolo è un celibe non corrisponde a ogni
celibe è un vecchio scapolo. Una parola o un gruppo di parole può essere
interpretata per mezzo di un messaggio che si riferisce ad essa. Es. ogni celibe è
un uomo non sposato = ogni uomo non sposato è un celibe.

TRADUZIONE INTERLINGUISTICA O PROPRIAMENTE DETTA Anche in questo caso


non c'è equivalenza assoluta fra le unità codificate. Traducendo da una lingua
all'altra per lo più si sostituiscono in una lingua dei messaggi non a unità distinte,
ma a interi messaggi dell'altra lingua. Sorta di discorso indiretto il traduttore
ricodifica e ritrasmette un messaggio ricevuto da un'altra fonte.
La facoltà di parlare una data lingua implica quella di parlare di questa lingua
operazione METALINGUISTICHE, consentono di rivedere e definire nuovamente il
vocabolario usato. Ogni esperienza conoscitiva può essere espressa e classificata
in qualsiasi lingua esistente. Dove vi siano lacune, la terminologia sarà modificata
e ampliata dai PRESTITI, dai CALCHI, dai NEOLOGISMI, dalle TRASPOSIZIONI
SEMANTICHE e dalle CIRCONLOCUZIONI.

Se alcuni processi grammaticali mancano nella lingua in cui si traduce, ciò non
rende impossibile la trasposizione letterale dell'informazione concettuale
dell'originale.

Più difficile è l'aderenza all'originale quando si tratta di tradurre in una lingua


fornita di una certa categoria grammaticale da una lingua che la ignora. Boas il
sistema grammaticale di una lingua determina gli aspetti di ogni esperienza che
devono essere necessariamente espressi nella lingua in questione. Occorre
scegliere fra questi aspetti, e deve essere scelto l'uno o l'altro.

Es. per tradurre correttamente la frase inglese "I hired a worker" il russo
necessita di informazioni supplementari: l'azione è stata compiuta o no?,
l'operaio era maschio o femmina? ecc.. Poiché l'info richiesta dai sistemi
grammaticali del russo e dell'inglese è diversa, ci troviamo di fronte a complessi
di scelte binarie totalmente diverse.

Le lingue differiscono essenzialmente per ciò che devono esprimere, non per ciò
che possono esprimere. In una lingua data ogni verbo implica necessariamente
un complesso di scelte binarie specifiche.

Nella sua funzione CONOSCITIVA, il linguaggio dipende pochissimo dal sistema


grammaticale. La definizione della nostra esperienza si trova in relazione
complementare con le operazioni metalinguistiche. L'aspetto conoscitivo del
linguaggio non solo ammette, ma richiede, l'interpretazione per mezzo di altri
codici, in altre parole richiede la traduzione. L'ipotesi di dati conoscitivi
inesprimibili o intraducibili sarebbe un contraddirne ma nella mitologia linguistica
quotidiana e nella poesia, le categorie grammaticali hanno un elevato tenore
semantico.

Anche una categoria come quella del genere grammaticale, che è stata giudicata
puramente formale, assume una grande importanza negli atteggiamenti
mitologici di una comunità linguistica.
Es. nell'Istituto Psicologico di Mosca nel 1915 un test dimostrò che i russi, portati
a personificare i giorni della settimana, rappresentavano il lunedì, il martedì e il
mercoledì come essere maschili, e il giovedì, il venerdì e il sabato come femminili,
senza rendersi conto che questa distribuzione era dovuta al genere maschile dei
primi tre nomi, in opposizione a quello femminile degli altri.

In poesia le equazioni verbali sono promosse al rango di principio costruttivo del


testo. Diventano veicolo di un significato proprio.

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