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LINGUISTICA ITALIANA (secondo semestre)

28 febbraio 2023
Educazione linguistica, L2 (italiano per persone non italofone)
Bilingue: persona che usa due lingue nella sua vita quotidiana
Due volumi: “Lingua italiana ed educazione linguistica. Tra storia, ricerca e didattica”, “Imparare
attraverso le lingue. Il translanguagging come pratica didattica”

Educazione/Apprendimento:
- Insegnanti -> devono essere formati, ognuno ha il suo modo di insegnare
- Alunno -> individualità
- Oggetto di apprendimento -> non c’è un unico risultato generalmente, il codice linguistico si
adatta ai destinatari, al contesto, alle competenze. (abilità fondamentali: parlare, scrivere,
leggere ed ascoltare)

Santa Trinità: Apprendimento, insegnamento e valutazione: tre elementi fondamentali che


viaggiano insieme.
Valutazione = verifica del processo di apprendimento.

1873, Francesco D’Ovidio conia il concetto di educazione linguistica durante i primi dibattiti su
quale fosse la lingua italiana e come andasse insegnata.
Repertorio linguistico: le varietà linguistiche che ciascuno domina. (inclusi i dialetti)

Giuseppe Lombardo Radice, esperto di pedagogia che a inizio 900 viene chiamato come consulente
dal ministero e che nel 1913 pubblica “Lezioni di didattica e ricordi di esperienza magistrale” in cui
ci sono tutti i principi di educazione linguistica che ritroviamo nelle Indicazioni Nazionali.
Le sue idee sono accantonate durante il fascismo ma sono riprese negli anni Sessanta.
Idee principali:
1. Il centro del processo non è l’insegnante ma l’apprendente.
2. L’apprendimento è frutto dell’interazione tra creazione individuale e imitazione.
3. L’apprendimento non è innato, componente biologica (bambini lupo) ma ci vuole a
componente sociale.
4. Educare linguisticamente significa educare all’originalità, usando la creatività linguistica.
5. Dobbiamo abituare le persone alle scelte linguistiche he possiamo fare anche in base al
contesto.
6. L’apprendente non è una tavola rasa, dobbiamo valorizzare ciò che è il suo repertorio
linguistico
7. La grammatica non è il punto di partenza, nemmeno il punto di arrivo ma è un supporto.

8. L’errore non è un peccato, ma l’esito di una competenza ancora incompleta; è applicazione


della regola dell’apprendente (generalizzazione di un meccanismo: mangiare-> mangiato,
aprire-> aprito).

Semiotica: come noi comunichiamo attraverso i segni

Educazione linguistica: il processo in cui una persona geneticamente preordinata all’acquisizione


linguistica e (forse) geneticamente dotata di una grammatica universale di riferimento, dopo aver
acquisito spontaneamente la lingua materna nella sua dimensione orale entra in un sistema
formativo, in cui inizia l’approfondimento della competenza nella lingua materna, incluse le abilità
scritte e la dimensione metalinguistica e dove altre lingue vengono acquisite (Balboni, 2012).
Momenti fondamentali nella storia della linguistica moderna.

 Scuola media unica 1962

 Tullio De Mauro, “Storia linguistica dell’Italia unita” 1963

 Educazione linguistica e crisi di libertà, Gentile M.T., 1966

 Fondazione della Società di Linguistica Italiana 1967, De Mauro contribuisce

 Lettera a un professoressa, Don Milani 1967 (denuncia il classismo, la professoressa boccia


il figlio del contadino e promuove il figlio del dottore)

 Tesi GISCEL 1975

 Nuovi programmi della scuola media 1979

 Programmi per la scuola elementare 1985

 Quadro Comune Europeo di riferimento per le lingue 2001

 Sette tesi per la promozione di politiche linguistiche democratiche 2013

6 marzo 2023

Obiettivo educazione linguistica: ampliare lo spazio delle comunicazioni, mettere


l'apprendente nella condizione di sapersi muovere in questo spazio

Su iniziativa di De Mauro viene creato il Giscel: gruppo di intervento e di studio nel campo
dell'educazione linguistica. Si mettono insieme pedagogisti, professori, insegnanti di ogni
grado, per fare ricerca e risolvere eventuali problematiche.

Associazioni di supporto degli insegnanti: LEND (LINGUA E NUOVA DIDATTICA),


CIDI (LINGUE E TUTTE LE MATERIE), MCE (movimento di cooperazione educativa
basato su Freinet, con cui ha collaborato anche Mario Lodi.

DIECI TESI GISCEL PER L'EDUCAZIONE DEMOCRATICA


Presentato il 26 aprile 1975- obiettivo è quello di rendere più efficace l'educazione
linguistica, ciò implica il fatto che fino a quel momento l'educazione aveva dei punti critici
Tesi 1,2,3 tracciano il quadro teorico (cos'è la lingua...)
Tesi 4 accostamento con la Costituzione.
Tesi 5... cosa funziona e cosa no
Le ultime tesi propongono un modello di educazione linguistica nuovo. Uno di questi punti
mette dentro 10 principi.

Le tesi sono ispirate da Gramsci, molto prima da Aristotele.


Obiettivo del GISCEL: attuare un'educazione linguistica democratica, di pari opportunità
per tutti.
Le tesi sono state accusate di essere state il male della scuola italiana, di aver promosso una
cultura in cui andassero portati avanti tutti, ma al contrario esse si ponevano l'obiettivo di
dare pari opportunità a tutti.
L'idea era quella di dare un nuovo insegnamento della grammatica; partire dall'osservazione
dell'uso linguistico e lavorare con lo studente per trovare la regola da applicare.
Perché leggere un testo scritto nel 1975?
Testo che ha ispirato i programmi scolastici del 79, le IIN del 2012.

Le tesi
I. La centralità del linguaggio verbale.
Il linguaggio serve a comunicare a "tagliare" la realtà. La lingua è pervasiva quindi,
mi serve per analizzare la realtà, anche a me stessa.
II. Radicamento nella vita biologica, emozionale, intellettuale e sociale.
Lo sviluppo delle capacità linguistiche affonda le sue radici nello sviluppo di
tutt’intero l'essere umano, dall'età infantile all'età adulta, e cioè nelle possibilità di
crescita psicomotoria e di socializzazione, nell'equilibrio dei rapporti affettivi,
nell'accendersi e maturarsi di interessi intellettuali e di partecipazione alla vita di una
cultura e comunità. Lo sviluppo delle capacità linguistiche dipende da un buono
sviluppo organico e, per dirla più chiaramente, da una buona alimentazione. Un
bambino sradicato dall’ambiente nativo, che veda poco o niente genitori e fratelli
maggiori, che sia proiettato in un atteggiamento ostile verso i compagni e la società,
che sia poco e male nutrito, inevitabilmente parla, legge, scrive male.

III. Pluralità e complessità delle capacità linguistiche


Il linguaggio verbale è fatto di molteplici capacità. Alcune si vedono e percepiscono
bene: la capacità di produrre parole e frasi appropriate oralmente o per iscritto, la
capacità di conversare, interrogare e rispondere esplicitamente, la capacità di leggere
ad alta voce, di recitare a memoria, ecc. Altre si vedono e percepiscono meno
evidentemente e facilmente: la capacità di dare un senso alle parole e alle frasi udite e
lette, la capacità di verbalizzare e di analizzare interiormente in parole le varie
situazioni, la capacità di ampliare il patrimonio linguistico già acquisito attraverso il
rapporto produttivo o ricettivo con parole e con frasi soggettivamente o
oggettivamente nuove.

IV.I diritti linguistici nella Costituzione


Rimuovere gli elementi che amplificano la disuguaglianza. La scuola favorisce la
rimozione degli ostacoli ma non può essere l’unica a farlo. Troviamo media,
associazioni culturali e non si legge.

V. Caratteri della pedagogia linguistica tradizionale


La pedagogia linguistica tradizionale punta i suoi sforzi in queste direzioni: rapido
apprendimento da parte dei più dotati di un soddisfacente grafismo e del possesso
delle norme di ortografia italiana, produzione scritta anche scarsamente motivata
(pensierini, temi), classificazione morfologica delle parti della frase (analisi
grammaticale); apprendimento a memoria di paradigmi verbali, classificazione
cosiddetta logica di parti della frase; capacità di verbalizzare oralmente e per iscritto
apprezzamenti, di solito intuitivi, di testi letterari, solitamente assai tradizionali, su
interventi correttivi, spesso privi di ogni fondamento metodico e di coerenza, volti a
reprimere le deviazioni ortografiche e le (spesso assai presuntive) deviazioni di
sintassi di stile e vocabolario.

VI.Inefficacia della pedagogia linguistica tradizionale


Anche le persone colte fanno errori grammaticali. Scrivere bene vuol dire essere
chiari e farsi capire, non vuol dire usare termini aulici.

VII. Limiti della pedagogia linguistica tradizionale


A) Insegnare italiano non è l’obiettivo solo dell’insegnante di italiano ma tutti gli
insegnanti fanno/dovrebbero fare educazione linguistica. Poco lavoro sulla
comprensione: trovare strategie di comprensione, significato, differenze.
Davanti a un errore cosa faccio? Creo uno spazio di riflessione, decido se farlo
notare o meno in base a vari fattori, ricordando che l’errore è una competenza
incompleta. L’errore è un punto di partenza.
B) Bisogna lavorare anche sul conversare, sulla forma orale, perché solitamente ci
soffermiamo troppo sulla produzione scritta. Maggiore attenzione sul rapporto su
ortografia e pronuncia.
C) Nella stessa produzione scritta, la pedagogia linguistica tradizionale tende a
sviluppare la capacità di discorrere a lungo su un argomento, capacità che solo
raramente è utile, e si trascurano altre e più utili capacità: prendere buoni appunti,
schematizzare, sintetizzare, essere brevi, saper scegliere un tipo di vocabolario e
fraseggio adatto ai destinatari reali dello scritto.
D) La pedagogia linguistica tradizionale si è largamente fondata sulla fiducia
nell'utilità di insegnare analisi grammaticale e logica, paradigmi grammaticali e
regole sintattiche. La riflessione scolastica tradizionale sui fatti linguistici si
riduce a questi quattro punti.
1. La riflessione sui fatti linguistici deve esserci nella scuola e deve tener
conto anche dei fenomeni del mutamento linguistico (storia della lingua),
delle relazioni tra tale mutamento e le vicende storico-sociali (storia
linguistica), dei fenomeni di collegamento tra le conoscenze e abitudini
linguistiche e la stratificazione socioculturale ed economico-geografica
della popolazione (sociologia del linguaggio), dei fenomeni di
collegamento tra organizzazione del vocabolario, delle frasi, delle loro
realizzazioni e organizzazione psicologica degli esseri umani (psicologia
del linguaggio), dei fenomeni del senso e del significato, della
strutturazione del vocabolario (semantica).
2. Conoscere le regole della grammatica non fa di me un buon parlante.
3. Le grammatiche di tipo tradizionale sono fondate su teorie del
funzionamento d'una lingua che sono antiquate e, più ancora che antiquate,
largamente corrotte ed equivocate.

E) La pedagogia linguistica tradizionale trascura la realtà linguistica di partenza,


spesso colloquiale e dialettale, degli allievi. L'educazione linguistica tradizionale
ignora e reprime con ciò, trasforma in causa di svantaggio la diversità dialettale,
culturale e sociale.
F)
7 marzo 2023

Meccanismi cognitivi dell’acquisizione del linguaggio


Premessa: nella realtà esistono varie espressioni per parlare di lingua

- L1: lingua madre, la prima lingua con cui entro in contatto


- L2: lingua che viene acquisita in un momento successivo
- LS: lingua straniera, che si differenzia dall’L2 dal momento che sono lingue che
imparo al di fuori del contesto da dove vengono parlate (imparo l’inglese a scuola).
Se vado in Corea e imparo il Coreano, diventa L2, come per gli immigrati che
imparano l’Italiano in Italia.
- LT-LO: lingua target - lingua obiettivo, quella che sto imparando
- Lingua d’arrivo: sinonimo della lingua obiettivo
- Heritage Language: lingua che eredito dai miei genitori/nonni
- Lingua Etnica: lingua dei miei avi che voglio imparare nonostante in famiglia non si
parli più
- Lingua di contatto: Lingua imparata dai bambini immigrati nel contesto in cui
vivono. Tullio De Mauro si occupa del fenomeno della presenza di alunni stranieri
nella scuola italiana, bambini in crescita che sono malleabili. Dire che per loro
l’italiano è L2 non è una definizione completa al 100%. Impatto linguistico
identitario molto più forte rispetto a un adulto straniero.

Differenze nel processo di acquisizione di un L1 o L2


Quando imparo un L1 non so niente di fatto, non so cosa sono le categorie linguistiche, gli
oggetti della realtà.
Se imparo le L2 ho già una base linguistica e posso usare processi e strategie che ho già
usato per l’acquisizione dell’L1.
Quando imparo in italiano che gli occhiali si chiamano così, prima ne ero all’oscuro, se
imparo la parola in inglese (glasses) so già a cosa si fa riferimento.
C’è una differenza nella periodizzazione, quando imparo L1, il caregiver da un forte supporto e c’è
una cura linguistica, mentre per L2 devo lavorare singolarmente.

- L1 procede con lo sviluppo cognitivo e sociale del bambino


- Acquisizione di L2 dispone già di categorie e nozioni linguistiche
- In L2 le differenze individuali sembrano pesare di più
- Lo stadio finale raggiunto è diverso: Il bambino va più lento, ha risorse diverse però
arriva in maniera migliore rispetto a un adulto che invece arranca.
- Per L1 è più forte il legame fra lingua e identità
- Per L1 l’input è più favorevole all’apprendimento, abbondante e curato
- In L2 pesa di più l’apprendimento esplicito
- Diversità neurobiologiche fra i due processi (in L2 si riorganizza l’architettura
neurale legata all’L1). Le aree cerebrali coinvolte in apprendimento tardivo di L2
sono di più

Non c’è un limite di lingue che una persona può acquisire


Tratti comuni:
- La base biologica cognitiva è la stessa, non ci sono settori, l’apparato fonatorio è lo
stesso unica facoltà di linguaggio)
- Fanno leva sui processi di socializzazione
- Usano risorse cognitive e articolatorie della specie umana
- Procedono attraverso fasi di sviluppo

Acquisizione e apprendimento, differenze?


L’acquisizione avviene in maniera spontanea (L1), l’apprendimento avviene in maniera più
esplicita, ragionata, consapevole.
L2 può essere sia acquisita che appresa.

Cummins
Sotto il livello del mare vi è un unico immenso blocco di
ghiaccio, ma in superficie emergono due o anche più punte.
Queste ultime rappresentano L1 e L2, apparentemente
separate e non connesse l’una con l’altra, mentre il blocco
sotto superficie è simbolo della loro reale connessione, della
loro «fusione». Da qui derivano almeno cinque punti
fondamentali che caratterizzano la teoria bilinguistica di
Cummins:
1. Qualunque sia la lingua usata, il pensiero che accompagna tutte le modalità d’uso di
questa proviene dallo stesso «“motore centrale”»;
2. Plurilinguismo e bilinguismo sono possibili perché i diversi codici linguistici
possono essere immagazzinati nello stesso “centro”;
3. Apprendimento e funzioni cognitive possono svilupparsi in maniera efficace sia
attraverso due lingue che attraverso una sola;
4. Questo può avvenire solo se la lingua è abbastanza sviluppata da poter svolgere le
funzioni richieste;
5. Essere competenti in due lingue aiuta il sistema cognitivo, ma se una delle due lingue
non è sufficientemente sviluppata, allora il sistema cognitivo non funzionerà al
meglio.
Sulla base di quanto teorizzato, lo studioso definisce «soglia» il livello di sviluppo a cui
è giunto il bilinguismo del bambino. Infatti, se il piccolo apprendente non ha ben
sviluppato uno dei due sistemi linguistici o entrambi i sistemi, allora avrà difficoltà più o
meno grosse di apprendimento, mentre se entrambe le lingue sono sviluppate e il livello
di competenza in entrambe è relativamente alto, allora per il bambino il bilinguismo
rappresenta veramente una chance, un’opportunità in più, sia in termini linguistici che
cognitivi in generale.

Ipotesi dell’apprendimento L1

A) IPOTESI COMPORTAMENTISTA (Skinner, Bloomberg)-> imitazione e formazione di


abitudini

B) IPOTESI INNATISTA (Chomsky)->facoltà di linguaggio


C) IPOTESI COGNITIVISTA - COSTRUTTIVISTA o INTERAZIONISTA-> interazione tra
ambiente linguistico e predisposizioni innate

D) IPOTESI AMBIENTALISTICA->socializzazione, ruolo dell’input materno e del contesto

Comportamentista (A)

- Apprendimento di una lingua = acquisizione di abitudini senso- motorie grazie


all’associazione di risposte agli stimoli dell’ambiente con ripetizione di stimoli-risposte
- Acquisizione avviene per imitazione (l’apprendente riproduce ciò̀ che sente, dà una
risposta a uno stimolo) e memorizzazione
- Quanto più frequente è uno stimolo tanto più è favorita l’acquisizione
- Il rinforzo è il feed-back dell’ambiente quando l’apprendente realizza una risposta a
seguito di uno stimolo (positivo – negativo)
-Nella didattica si usano esercizi per presentare la L2 es. trasformazione e sostituzione
(grammatica!)
-Metodo audio-orale 1945
-Alta probabilità di interferenza

Innatista (B)

-Apprendimento è risultato di un processo mentale creativo


- esiste predisposizione umana a imparare una lingua
-Language Acquisition Device consente di formulare ipotesi sul funzionamento del sistema
linguistico e di verificarle confrontandole con l’input dell’ambiente
-Grammatica universale: principi innati universalmente validi e parametri
-Acquisizione della L2 è diversa dalla L1 perché oltre alla conoscenza innata l’apprendente
dispone già anche della L1 e perché è diverso lo stato dello sviluppo cognitivo
-L’apprendente crea le regole linguistiche (mangiato-aprito) a partire dall’input

 Manca tutta la parte relazionale

Cognitivista, costruttivista e inserzionista (C)

-Cooperazione tra individui permette di sviluppare il linguaggio


-L’apprendente impara la L2 partecipando alla comunicazione: osserva e generalizza, dà
significato all’input
-C’è negoziazione del significato: aggiustamenti continui (semplificazione lessicale
sintattica, richieste, spostamento del topic) in base al feed-back
-Input diventa comprensibile per promuovere l’apprendimento
-Durante l’interazione l’apprendente verifica le ipotesi sul funzionamento della L2 (regole
dell’interlingua)

Approcci e modelli teorici apprendimento L2

GRAMMATICA UNIVERSALE (Chomsky) acquisizione dipende dallo sviluppo


dell’organo mentale del linguaggio, il Dispositivo di acquisizione della lingua.
-Senza conoscere i principi linguistici universali non si impara una lingua perché l’input non
è sufficiente né qualitativamente né quantitativamente
-Imparare una lingua significa fissare il valore dei parametri della lingua obiettivo
(parameter setting)
- acquisizione di L2 è riposizionamento dei parametri di GU
- questione dell’accessibilità ai parametri in L2

MODELLO DEL MONITOR (Krashen, 1981)


apprendimento dipende da fattori interni ed esterni all’apprendente

- ipotesi dell’acquisizione vs apprendimento


- ipotesi dell’ordine naturale di apprendimento: io imparo prima delle cose e poi altre
(presente - trapassato remoto), ci sono sequenze di acquisizione che se vengono rotte
possono causare più difficoltà nell’apprendimento
- ipotesi del filtro affettivo (inibisce se è troppo alto/favorisce se viene abbassato ma non
causa acquisizione o mancata acquisizione, semplicemente aiuta o ostacola)
- organizzatore: quello che passa dal filtro viene elaborato dall’organizzatore e diventa
conoscenza acquisita
- ipotesi del monitor: organismo di controllo, mi aiuta nella produzione dell’output
(responsabile d. elaborazione consapevole)
- ipotesi dell’input comprensibile: l’input deve essere un gradino sopra per generare nuovi
apprendimenti, deve rientrare però nella zona di sviluppo prossimale (non è mai
sufficientemente ricco e variato e presenta errori)

Ambiente linguistico > I Filtro > Organizzatore > Monitor I > Esecuzione
Input Intake Output

TEORIE AMBIENTALISTE

MODELLO DELL’ACCULTURAZIONE (Schumann, 1978): gradualmente ci si appropria


della L2 e della sua cultura.
Il successo dipende dalla distanza sociale (grado di chiusura e coesione del gruppo) e
psicologica (shock culturale e linguistico, motivazioni) dell’apprendente dalla L2 che
causano fossilizzazioni.

IPOTESI INTERAZIONISTA (LONG, 1996):


- Input e interazione con nativi determinano apprendimento
-Input comprensibile comprende modifiche come ripetizioni, domande di chiarimento,
controlli della comprensione, parafrasi, sequenze di negoziazione e spiegazione del
significato, correzione
- Diventa input «su misura», calibrato sull’apprendente
- Risvolti didattici: cura dell’input

13 marzo
1967: “Il significato degli errori dell’apprendente” (Corder) : ha rivoluzionato l’idea
di errore. L’errore non è un peccato ma un indizio, di qualcosa che è in evoluzione,
in via di sviluppo. Gli errori nascono perché io ricreo una certa regola, genero
un’ipotesi e vado a sperimentarla, a volte ci azzecco, a volte no e nasce l’errore.
Questo vale per L1 che per L2. Corder fa anche un’altra distinzione: “mistake” e
“error”. Gli errori NON sono tutti uguali, “mistake”= errori di performance, legati al
momento, perché io quelle cose le so. L’altro errore ho un buco conoscitivo e devo
intervenirci (“error”) errori di competence, sono errori che nascono da strategie di
apprendimento, tentativi di generalizzare una regola, oppure strategie di
semplificazione, come del pronome oppure tralascio l’ausiliare.

1972: ulteriore idea che ha fatto la storia della didattica linguistica degli ultimi 50
anni. Questa idea è di Selinker che elaborò la nozione di interlingua: “inter”= nel
mezzo, ma non dobbiamo considerare qualcosa che sta in mezzo tra L1 e L2. È un
sistema linguistico a sé stante, in relazione con gli altri due ma un sistema autonomo
che è il risultato del tentativo dell’apprendente di ricreare input di L1. Lo possiamo
considerare come un sistema a metà ma se guardiamo all’interlingua di un
apprendente lo possiamo immaginare come una rete con dei nodi che vengono
messe in discussione di continuo, serie di sistemi in evoluzione. È un sistema
dinamico, precario, variabile (ciascuno di noi ha la propria interlingua), individuale e
creativo. Cambia da individuo a individuo e in un certo senso da giorno a giorno, è
soggetto anche a delle regressioni o fossilizzazioni (manifestazione per cui un certo
punto della lingua NON progredisce mai, non evolve mai). Le regressioni se parlo
meno la lingua o faccio poca pratica, torno indietro. È un sistema linguistico a tutti
gli effetti benchè imperfetto.

L’interlingua (Villarini, 2019): tutti i nodi rappresentano una regola, alcune con
pallino più grosso, altre più piccolo. Le regole più esterne sono meno frequenti e si
consolidano molto meno. Più grosso è il nodo più collegamenti ha e più grande è la
mia conoscenza. Rete di elementi lessicali: parole che conosco meglio, che so
collegare meglio per tutta una serie di relazioni, le recupero più facilmente, le trovo
prima rispetto a quelle periferiche. I nodi possono aumentare, creare nuovi
collegamenti, l’interlingua ristrutturata di continuo. Caratteristiche interlingua:
 Fossilizzazione;
 Transfer linguistico: quando parlo una seconda lingua la mia L1 pesa, influenza
della L1 che io già ho o altre lingue che conosco pesano sulla nuova lingua che
sto imparando;
 Transfer di insegnamento.

In L2 usiamo strategie diverse, sovra estensione regole, generalizzazione,


semplificazione sistema nominale.
Strategie di commutazione di codice: cambio lingua.
Qualsiasi sia la lingua che l’apprendente decide di usare serve l’aiuto del parlante
sennò non è possibile comunicare, chiedere aiuto all’altro.

Fattori che incidono sull’apprendimento di una lingua


Macrodistinzione: fattori di tipo linguistico – fattori legati all’apprendente
1. Fattori di tipo linguistico: incide la L1, quanto sono lontane L1 e L2, il tipo di
input a cui sono esposto.
- Universali linguistici: alcuni elementi sono più centrali, ce li hanno tutte le
lingue, più semplici da imparare. Es: distinzione singolare, plurale, mentre già
il genere NON c’è in tutte le lingue. Più un elemento è frequente nella lingua,
prima lo imparo, ho più occasione di vederlo. Si impara quindi prima ciò che è
più frequente, più utile, più universale ma anche ciò che ha una funzione
univoca.

- Transfer di L1: esistono aree linguistiche dove la mia L1 si sente molto di più,
cioè nella pronuncia quindi nella parte fonetica. Poi nel lessico, ci portiamo
dietro parole dalla L1 che però poi non tornano. Per ultima la morfosintassi,
livello che risente di meno. Nella realtà influsso di L1 si sente molto di più
quando le lingue sono simili rispetto a quelle che sono distanti. Influenza di L1
si sente nelle aree più periferiche. Transfer di L1 dipende molto anche dall’età
di acquisizione, bambini abbattono prima la resistenza rispetto che gli adulti,
dipende però anche dalla personalità e capacità di essere permeabili e dal
livello di competenza.

- Questione dell’input: determina lo sviluppo della mia lingua. Se vengo esposto


a un input solo parlato non saprò leggere e scrivere. Se vado a scuola vengo
esposto a input in cui la fonte è l’insegnante, poi i libri di testo e altri che
posso leggere, oggi anche i video. È importante variare, da orale a scritto,
mediato dal computer, colloquiale, formale ecc. Variare il più possibile
permette di garantire input adeguato.

2. Fattori legati all’apprendente: distinguere 2 tipi di fattori: fattori interni –


fattori esterni.

-Fattori esterni: input e ambiente in cui viviamo.


-Fattori interni: emotività, motivazione, il fatto di essere bilingui, l’ansia, l’età.
- L’età: è più facile imparare una lingua da piccoli perché c’è una maggiore
plasticità cerebrale. Di contro il bambino NON può fare leva su strategie cognitive
che noi già abbiamo, per cui lo rallenta un pochino. Da bambini si parte più
lentamente, ma si arriva molto più avanti, a un livello di padronanza migliore
rispetto all’adulto. L’adulto parte più veloce ma non arriva dove arriva il
bambino, e non vale soltanto per la pronuncia ma anche per le altre dimensioni
linguistiche.
Nell’apprendimento esiste un periodo critico oltre il quale non è più possibile
imparare perché viene meno elasticità, plasticità per cui dopo non siamo più in
grado, per esempio, di imparare nuovi fonemi in L2. Nella realtà questa idea che
esista un periodo critico è superata, si parla di periodi critici, soglie critiche,
periodi sensibili per cui di fatto oltre quella soglia non è che è impossibile
imparare una lingua ma è più difficile perché siamo meno recettivi. Le soglie si
chiudono entro i 6-7 anni oltre i quali è difficile avere una pronuncia da nativo,
per i 15-16 per la parte morfologica sintattica, quella lessicale non si chiude mai.
Prima si inizia, meglio è.
- Emotività: molti studi hanno preso in esame l’ansia, considerata come un
fattore che incide su apprendimento linguistico. Non è vero che è per forza un
problema anzi tramite un questionario hanno messo insieme profili ansiosi e
profili poco ansiosi, è venuto fuori che gli ansiosi andavano meglio degli altri
perché trasformano l’ostacolo in un punto di forza perché voglio arrivare e
fare bene. Ottengono risultati migliori rispetto a quello che pensa di essere già
là. Quello che conta è la personalità, se siamo più estroversi o introversi, se ci
lasciamo andare oppure no. L’autostima aiuta tantissimo perché mi dà più
occasioni per mettermi alla prova.

- Differenze negli individui: alcuni più bravi a discriminare i suoni, altri più inclini
a cogliere le idee grammaticali o connessioni tra parti della lingua. Alcuni
hanno invece bisogno di svilupparle con la scuola.
Motivazione, perché si impara una lingua: se mi serve, utilità. Il problema
dell’inglese a scuola è che viene visto come una materia, non come strumento di
comunicazione. Questo scatto manca ancora.
Un altro modo di guardare allo sviluppo delle competenze linguistiche è quello
che ci porta a parlare di varietà di apprendimento: sistemi linguistici in
evoluzione che sembrano in continuum. Lo posso rappresentare partendo da un
punto zero e tracciamo una retta, rappresenta il processo di sviluppo delle
competenze linguistiche. Infondo c’è il massimo a cui io posso arrivare, cioè
Native Speaker (= parlante nativo). In mezzo cosa c’è? Un’ipotesi è quella di
tagliare in parti più o meno uguali e ci mettiamo A1, A2, B1, B2, C1, C2 (che è
molto simile al parlante nativo). Ho fatto questi tagli in modo arbitrario, un punto
di accordo tra chi ha creato i livelli, però nella realtà succede che la maggior parte
delle persone non si colloca nettamente ma in modo arbitrario, le mie abilità
possono non essere tutte del solito livello.

Varietà interlinguistiche italiano, 5 stadi di apprendimento:


1. Varietà pre basica: non c’è sintassi e morfologia, non c’è flessione del verbo.
Lavoro per parole giustapposte dove domina componente pragmatica, non c’è
verbo, articolo e preposizioni. Corrisponde ad un livello A1 iniziale.
2. Varietà basica: stile semplice, elementare e molti elementi veicolati ancora dal
lessico.
3. Varietà post basica: passo più evoluto perché c’è il verbo flesso, siamo A2
pieno, accordo soggetto verbo, nome e aggettivo, comincia a esserci la
grammatica e le prime subordinate che hanno una loro sequenza di
acquisizione.
4. Intermedia: livelli B1-B2.
5. Avanzata: livelli C1-C2.
Si va a studiare alcuni elementi relativi alla morfosintassi, lessico quasi mai stato
studiato in questo caso. Noi possiamo oggi osservare quelle che si chiamano
sequenze acquisizionali: esiste un ordine di acquisizione che non è una legge
universale ma tendenzialmente in tutti gli apprendenti si nota che prima si
impara un certo elemento, poi un altro.
Alcuni esempi sequenze di acquisizione:
 Accordo di genere: prima distinzione che viene fatta è nell’uso del pronome
lui/lei, poi lo vediamo nell’articolo determinativo, poi in quello
indeterminativo, poi aggettivo attributivo, poi predicativo e infine participio
passato.
 Negazione: No, no pappa o pappa no, no pappa mangio, non mangio ecc.
 Modalità: segnali non verbali, elementi lessicali (avverbi, verbi di opinione,
modali).
 Pronomi: ci, mi, ti, si, me, ne.
 Le prime subordinate che si imparano sono le causali.

14 marzo

Competenza linguistico-comunicativa:

Competenza linguistica: è la conoscenza che un parlante ideale ha del proprio sistema


linguistico (conoscenza grammaticale) ed è distinta dall’esecuzione, ossia dall’uso del
linguaggio nelle situazioni concrete (Chomsky).

Competenza comunicativa: include la conoscenza del sistema linguistico, ma è intesa


soprattutto come capacità del parlante di produrre testi comprensibili e coerenti con i
diversi contesti di comunicazione: conoscenze + abilità. È la capacità di selezionare le
forme più adatte al contesto secondo le norme sociali. L’unità di analisi è l’evento
linguistico, non più la frase perché il linguaggio è agire sociale (Hymes 1972 → Framework
2001).
Quadro comune europeo di riferimento delle lingue: apprendimento, insegnamento,
valutazione
Documento di politica linguistica, per insegnanti, apprendenti e autori. Questione dei livelli
B1,B2 ecc.

Competenza linguistico-comunicativa:
- dimensione linguistica: insieme delle conoscenze lessicali, morfosintattiche, abilità e
altre dimensioni della lingua come sistema (centralità della competenza
metalinguistica).
- dimensione sociolinguistica: sensibilità alle convenzioni sociali, alle regole di cortesia,
alle norme che governano le relazioni tra generazioni, gruppi sociali ecc.
- dimensione pragmatica: uso funzionale delle risorse linguistiche nella gestione di
scenari e schemi di scambio interattivi (gestire la testualità: coerenza e inclusione)

BILINGUISMO
Nel 900 veniva sconsiderato come uno svantaggio (periodo dello svantaggio) essere
bilingue, idea nata da studi fatti male.
Periodo degli effetti neutrali: l’idea dello svantaggio viene meno
Periodo del vantaggio, 1962: Lamberg mette in conto la variabile socioeconomica per
riformulare i risultati degli studi fatti male.
Dal 2014, c’è stata la svolta plurilingue, viene riconsiderata la didattica plurilingue a scuola.

Persona bilingue: visione monoglossica = pezzettini di lego, blocchi di lingue

Individuo bilingue: persona che parla almeno 2 lingue dalla nascita


- Weinreich: pratica dell’uso alternativo di due lingue (Lingue in contatto: sono usate
alternativamente dalle stesse persone)
- Bloomfield: si è bilingui se si possiede una conoscenza nativa di due lingue
- MacNamara: si è bilingui se si possiede una competenza linguistica minima in una delle
quattro abilità linguistiche (così saremmo tutti bilingue)
- Grosjean, Li (2013) il bilinguismo è l’uso di due o più lingue (o dialetti) nella vita
quotidiana

I bilingui avranno sempre una competenza linguistica maggiore di una lingua rispetto
all’altra conosciuta.

Definizione persona bilingue: colui che è capace di alternare 2 o più lingue nella sua vita
quotidiana a seconda del contesto.

Principio di complementarità: uso la lingua in base al contesto in cui mi trovo.


Distinzione politica: bilinguismo popolare (italiano-rumeno) ed elitario (italiano-
americano). Ciò è legato alla gerarchia delle lingue (americano>arabo), in base al prestigio
sociale (valore che i parlanti danno alle lingue).

Studio 2001, Londra, circa 200 lingue diverse emerse.

Se io tengo la mia L1 ad un livello minimo, è più facile sviluppare un L2 migliore:


trampolino.

Tipi di bilinguismo:

- Bilanciato (conoscenze eque) o dominante.

- Simultaneo (sviluppo le due lingue nello stesso periodo): da 0 ad 1 anno

- Consecutivo (una viene prima): Consecutivo precoce fino ai 4 e consecutivo tardivo 4-8
anni

Da quali fattori dipende?


-Età di acquisizione
-Fenomeni di regressione (il bilinguismo non è statico, assodato o costante)
-Dipende dalla qualità e quantità dell’input (il primo genito solitamente parla molto di più
la seconda lingua rispetto ai fratelli minori)

I benefici del bilinguismo:


- Maggior consapevolezza di come funziona il linguaggio
- Maggior abilità di distinguere tra forma e significato delle parole
- Sviluppo precoce dell’abilità di lettura
- Aumento della capacità di attenzione, flessibilità, monitoraggio della produzione
linguistica
- Maggiore abilità a svolgere più compiti cognitivi contemporaneamente o in rapida
successione
- Minor declino delle funzioni cognitive nella terza età
- Maggior consapevolezza che altre persone hanno una prospettiva diversa dalla nostra
- Maggiori capacità di problem solving
- Maggiori capacità matematiche
- Maggior controllo inibitorio (capacità di frenare una risposta abituale o resistere a
stimolo ingannevole o info non rilevante)
- Maggiore flessibilità cognitiva (adattarsi rapidamente a cambiamenti e reagire)
- Dimensional change card sort, Stroop task, Simon task, Flanker task
- Abilità di riconoscere i punti di vista (false-belief performance, unexspected-contents
reaction)
- Consapevolezza metalinguistica: conoscenza della relazione tra segno e significato e
capacità di riflettere sulle forme linguistiche e di manipolarle (word awareness, syntactic
awareness, phonological awareness)
Come si sviluppa il bilinguismo?

Sviluppo della fonologia:


- Neonato sfrutta fenomeni prosodici (intonazione, accento, struttura ritmica) + repertori
fonetici + mimica labiale, gestualità, espressioni
- Dopo 1 anno, diminuisce capacità di distinguere contrasti fonetici
- Alla nascita riconoscono la propria madrelingua
- A 5 mesi discriminano lingua diversa da L1 ma appartenente alla stessa classe ritmica
- 6 mesi lallazione per mono e bilingui
Sviluppo del lessico:
-12-13 mesi per mono e bilingui
-Svantaggio numerico dei bilingui è solo apparente, vanno sommati i due vocabolari
-8 mesi neonato distingue lo stesso termine in due lingue

Sviluppo della morfosintassi:


-Patterns di sviluppo sono uguali per mono e bilingui
-Interferenza da lingua dominante a non dominante
-Come per monolingui, un lessico più ricco tra 18 e 30 mesi sviluppa meglio le abilità
morfologiche e sintattiche

Parlante nativo:
- Ha acquisito la L1 da bambino
- Ha intuizioni sulla propria grammatica
- Sa distinguere la propria grammatica da un’altra
- Ha una specifica competenza comunicativa
- Ha una specifica capacità di utilizzare la propria lingua per scopi creativi
- Ha una specifica capacità di tradurre e interpretare nella propria L1

Alunni stranieri inseriti nelle classi italiane: Alunni con background migratorio

Lunedì 20 marzo
Didattica plurilingue: didattica attenta alla diversità linguistica che sta dentro alle classi,
didattica che lavora su più lingue contemporaneamente (faccio x ore nella lingua 1, faccio x
ore nella lingua 2).

Limite: le due lingue rimangono sempre separate, stanno su due piani diversi e non si
incontrano mai.

Oggi l’idea è quella di far entrare in contatto le lingue tra di loro, all’interno della stessa ora
faccio sì che i miei alunni tirino fuori anche le proprie lingue per fare dei confronti, lavorare
insieme sui meccanismi di funzionamento di lingue diverse per stimolare riflessione di tipo
metalinguistico.

Subordinato a 2 ordini di motivi. “Il bambino ha 100 lingue ma gliene rubano 99.” (Loris
Malaguzzi)
Nel momento in cui arriva un bambino a scuola e rifiuto la sua lingua è come se rifiutassi il
bambino stesso.
Il plurilinguismo è anche interno ad una lingua, italiano asse diatopico abbiamo i dialetti,
l’italiano regionale, se consideriamo asse diastratico asse semicolti, formale, aulico,
burocratico (…). Spazio tra una varietà di lingue.

Massimo Vedovelli: neoplurilinguismo italiano: “neo” perché se l’Italia storicamente è


stata plurilingue, con l’arrivo degli immigrati si aggiunge uno strato delle lingue immigrate.
L’idea di accogliere o meno tutto ciò dipende da politiche linguistiche e scolastiche che ci
vogliamo dare. Ruolo dell’insegnante: può decidere se riconoscere e valorizzare un tipo di
lingua, può decidere la politica linguistica. Può decidere se valorizzare repertorio degli
studenti, può insegnare una nuova lingua e a scrivere. La scuola è momento per eccellenza
dove si impara a scrivere. La famiglia decide quale lingua abbiamo imparato a casa e se
mantenere le loro lingue d’origine, è importante il mantenimento.
Ci sono una serie di documenti europei che spingono sul mantenimento lingue di origine e
didattica plurilingue, con target di studenti stranieri ma anche italiani. Prima dei documenti
europei uno dei punti focali delle 10 Tesi GISCEL è che parlano di repertori linguistici dei
bambini da valorizzare, cioè dicono che apprezzare la varietà linguistica è il primo modo
per imparare a convivere con la diversità, non calpestarla e riconoscerne la specialità.
Le Indicazioni Nazionali ci dicono di sottolineare l’unicità di ognuno come obiettivo della
scuola, dove si spingono molto avanti perché non basta dire che una persona parla più
lingue, ma quelle lingue devono essere sfruttate per imparare tutto il resto.

- Scuola infanzia: padronanza dell’italiano, ma anche rispettare l’uso della lingua


d’origine del bambino, mettiamo i bambini nella condizione di scoprire che esistono
altre lingue oltre la propria.

- Scuola primaria: lavorare sulla lingua materna, di scolarizzazione (italiano), almeno una
lingua europea, consapevolezza delle lingue e sensibilità interculturale. Quando
impariamo una lingua la confrontiamo anche in maniera poco strutturata, quindi
partire da riflessione spontanea sulla lingua (riflessione epilinguisitca) per passare
gradualmente a riflessione metalinguistica (strutturata e guidata dall’insegnante, più
matura).

Indicazioni Nazionali e Nuovi Scenari 2018: spunta la questione che l’insegnante deve
essere preparato a gestire la classe plurilingue, NON deve soltanto insegnare italiano ma
anche avere una didattica in prospettiva plurilingue. Sulla stessa onda sono anche alcuni
documenti come Linee Guida per accoglienza alunni stranieri del 2014.
Piano Europeo: l’UE da molti anni spinge al plurilinguismo; ognuno di noi deve conoscere
almeno due lingue straniere oltre la lingua madre. Infatti, dalla prima media si studiano
due lingue straniere.
In merito, il Quadro comune Europeo per il riferimento delle lingue, guida per lo sviluppo
di curricoli orientati al plurilinguismo e al pluriculturalismo.
Quadro di riferimento per gli approcci culturali: 4 metodi di insegnamento che ruotano
intorno all’idea del plurilinguismo, uno è perfetto per scuola infanzia e primaria.

Tutte le nostre lingue, parlate a casa e presenti a scuola, sono ugualmente importanti: a
scuola inglese (lingua straniera), italiano (lingua scolarizzazione), lingue straniere moderne,
lingue d'origine, dialetto o varietà locale, lingue classiche (latino e greco). Nella realtà
possiamo attuare anche prospettiva diversa: la lingua è anche il veicolo per
l'apprendimento didattico. Distinguiamo la lingua come disciplina e la lingua come veicolo
per imparare le discipline. L'idea dell'Unione Europea è che non sono cose separate ma
tutte collaborano allo sviluppo di una competenza plurilingue.
completamento del testo: attivato
% Accessibilita

DERLE 2007, Coste, documento europeo di riferimento per le lingue dell’educazione.


Propone curriculo plurilingue in cui tutte le lingue dell’educazione possono trovare
collocazione e tutte le lingue partecipano allo sviluppo delle competenze plurilingui.

Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curriculi per un’educazione plurilingue e


interculturale, 2014

- Educazione plurilingue e interculturale: integrare nei percorsi scolastici la competenza


plurilingue e pluriculturale
- Progettazione di curricula
- Trasversalità dell’apprendimento

Dimensione orizzontale: coerenza sincronica tra le discipline e le lingue su obiettivi,


contenuti, metodi, materiali, valutazione > economia curriculare tra discipline linguistiche
e non, con focus su aspetto linguistico dell’apprendimento, facilitando il transfer

Dimensione verticale: continuità diacronica


CARAP 2012: quadro di riferimento per gli approcci plurali alle lingue e alle culture,
Candelier.
Quali risorse deve avere l’apprendente per poter progettare io insegnante un percorso
didattico?
Consapevolezza diversa da competenza linguistica.
Obiettivo: farti capire che esiste una pluralità di lingue, ciascuna con la propria
organizzazione. Sapere che esiste una varietà di universi sonori, di sistemi di scrittura,
situazioni di multi e plurilinguismo che sono in evoluzione.

Considerare l’alunno bilingue con una potenziale ricchezza e non come svantaggiato.
Inizialmente la mancata conoscenza dell’italiano può essere uno svantaggio ma è una cosa
passeggera, può comunque diventare competente in italiano.
Un prerequisito fondamentale per cambiare la percezione delle competenze e per
strutturare al meglio la didattica è conoscere a fondo il repertorio della classe, favorire
l’inclusione e il processo di formazione di un’identità plurima. Non dobbiamo essere un
monoblocco.

Il primo passo per riconoscere che in classe ci sono tante lingue è fare domande in maniera
diretta o indiretta. C'è poi una maniera multimodale: la biografia linguistica: foglio con
sagoma e colorarla con le sue lingue (siluette linguistica). Ogni parte del corpo rappresenta
una lingua. Si può fare in tutte le classi, dalla prima elementare.
Lavorando anche a voce capisco anche la percezione che hanno delle loro lingue, non solo
lavoro sulla competenza.
Protocolli di accoglienza anche per la valutazione della lingua madre.
Competenza L1, percezione linguistica, competenza italiana.

Obiettivi:
- Valorizzare plurilinguismo
- Legittimare le lingue e le culture degli altri
- Mantenere le lingue di origine
- Far acquisire la consapevolezza negli alunni della varietà del mondo

Punti a favore per il docente:


- Maggior efficacia didattica se conosco i punti critici di chi ho davanti, conosco le
caratteristiche della sua lingua d’origine

Punti a favore per il bambino bilingue:


- Costruzione dell’identità
- Sviluppo competenze linguistiche (modello interdipendenza linguistica)
- Sviluppo cognitivo

Cummins (iceberg)
Esiste un livello soglia con cui arrivare con L1 perché posso usare le competenze acquisite
anche in L2.
- Se sono bravo in comprensione orale in L1 lo sarò anche in L2.
- Se a casa usi la tua lingua d’origine (L1) in maniera massiccia è un predittore del
successo accademico.

Come gestirlo a scuola?


Adottare quest’ottica per diversificare l’input della lingua minoritaria parlata in famiglia,
perché a casa il bambino usa un tipo di comunicazione che punta ai bisogni primari, se si
fermasse a questo non raggiungerebbe il livello soglia.
La scuola può facilitare il processo utilizzando il “Language Awarness” (consapevolezza
lingusitica). Lavorare in ottica plurilingue serve ad evitare la marginalità ed aumentare
l’autostima del bambino. Ci sono gerarchie linguistiche molto vive nella nostra lingua infatti
è difficile scardinarle.

Ophelia Garcia

Approcci plurali: approcci didattici dove sono coinvolte più varietà linguistiche e culturali.
Questi approcci si oppongono all’approccio singolare. Non si sviluppano le stesse
competenze nelle due lingue e non si mira al raggiungimento della stessa soglia.

Risveglio alle lingue: educare alle lingue ed al linguaggio


Infatti, è importante con i più piccoli per risvegliare la consapevolezza linguistica.
Su quali lingue si concentra questo approccio? Qualsiasi lingua: lingua scolastica, lingue
imparate a scuola, lingue imparate in famiglia, altri paesi altri contesti.
L’obiettivo è quello di portare ad un apprendimento per scoperta, esiste una pluralità di
significati, forme linguistiche, alfabeti, segni. Guardo e osservo, scopro le diversità.
Confronto ciò che osservo e ciò che ho nel repertorio. Va fatto in proporzione a ciò che ho
davanti.
Sensibilizzare alla diversità e stimolare la curiosità verso le altre lingue, promuovendo
un’apertura verso queste nuove lingue.

L’obiettivo non è imparare una lingua nuova.


Il risveglio alle lingue ha 4 dimensioni:
1. Linguistica e cognitiva: aiutare a comprendere i fenomeni linguistici, a ragionarci.
Aiutarlo a capire come funziona una lingua. Ricaduta sull’apprendimento delle
discipline.
2. Sociolinguistica: atteggiamenti, apertura verso la diversità linguistica. Esistono
relazioni tra le lingue, anche di tipo gerarchico. Non ha senso catalogare le lingue
come di serie A e di serie B.
3. Psicologica: vale soprattutto per il “monolignue”, favorire il decentramento dalla
propria lingua, che non è il centro dell’universo.
4. Emotiva: creare un atteggiamento positivo nei confronti della diversità.

Tutto funziona attorno all’osservazione di materiale linguistico che non conosco.


Posso prendere anche una lingua che non fa parte del repertorio linguistico della classe.
Fa leva sulle intuizioni linguistiche (ordine, composizione, elementi ricorrenti tra le parole)
e sfrutta la naturale epilinguistica.

Meccanismo: Osservo e faccio ipotesi sul funzionamento della lingua sfruttando ciò che già
so.
Vantaggi approccio: la lingua diventa non più solo strumento comunicativo ma oggetto di
riflessione (metaliguistica).
Se uso una lingua di un bambino presente in classe lo valorizzo e lo faccio diventare
esperto.

“Noi e le nostre lingue”, Silvia Soldella e Cecilia Andorno, Torino.


Progetto laboratoriale, non di didattica quotidiana. 10 incontri da 2h l’uno.
1. Fase presentazione di un testo
2. Fase osservazione, discussione, elaborazione sulla lingua presente nel testo. Lingua
guidata dall’ insegnante e dall’esperto della lingua. Hanno degli obiettivi precisi.
Sviluppare la capacità di comprendere testi di diverse lingue e riflettere sui diversi livelli di
analisi.

Didattica integrata delle lingue:


Funziona bene con lingue che sono affini tra loro.
Obiettivi: Creare dei ponti tra le lingue che il bambino conosce già e le sue L2, L3 ecc.
L1 fa da fonte, magazzino, repertorio da cui attingo.
Approccio induttivo e comparativo.
Limite: funziona un po' meno bene se le lingue sono lontane.

Intercompresione:
Può essere fatto nel quotidiano.

Traslanguaging:
Trawsieithu (Cen Williams, ‘90) > dual literacy: comprendere un messaggio in una lingua,
dargli un significato e utilizzarlo in un’altra lingua

Garcia, Li Wei (2015)


- Pratiche discorsive multiple attraverso le quali il bambino può esprimere pienamente il
suo repertorio linguistico e semiotico, accettato dagli insegnanti e legittimato come
pratica pedagogica
- Approccio pedagogico che legittima e struttura queste pratiche in aula. Con una
prospettiva inclusiva e democratica integrando le lingue immigrate nelle pratiche
didattiche quotidiane, nella programmazione curriculare

Post strutturalismo critico, quadro teorico:


- Lingua non è struttura predeterminata di fatti oggettivi e astratti, ma interazione
comunicativa collocata nello spazio e nel tempo. Perciò il linguaggio è vario e
imprevedibile.
- Le lingue sono invenzioni, costrutti sociali, artefatti convenzionali. La loro enumerazione,
identificazione, mappatura dipende da ideologie linguistiche e relazioni di potere.
- I parlanti devono riappropriarsi delle lingue.
- Approccio fluido alle pratiche linguistiche.
- Fatti semiotici oggi sono complessi, più che plurali.

Ecologia linguistica
Languaging: abilità di usare risorse semiotiche nel creare/manipolare il significato
all’interno dell’interazione elaborando le esperienze del mondo.

Dimensione trasformativa:
Obiettivo è scardinare le gerarchie linguistiche consolidate dal potere linguistico e dalle
istituzioni scolastiche e affermare la propria identità nei contesti di minorizzazione
opponendosi all’egemonia monolingue.

- Gli individui selezionano e utilizzano elementi da un repertorio linguistico unitario per


comunicare.
- Il focus è sui parlanti e le loro pratiche linguistiche e comunicative, non sulle lingue.
- Le ideologie strutturaliste della lingua e delle “named languages” hanno delle
conseguenze sui parlanti, soprattutto quelli delle lingue minoritarie (o minorizzate).
- Lingue denominate sono categorie socialmente costruite, focus va spostato su soggetto
che quotidianamente le pratica.
- Opposizione a ideologia monoglossica: contro educazione bilingue.

Code switching: cambio il codice linguistico mentre sto parlando (italiano-inglese).,


Focus sulle lingue e non sul parlante.

Martedì 21 marzo
RIPRENDI 15 MIN DA GIULIA

Esami: ognuno deve avere pari opportunità e condizioni

Cummins: 2 anni per una competenza comunicativa che mi permetta di approcciare ala
vita quotidiana, più 5 per una vita scolastica

Translanguaging: utile anche nella valutazione

Progetto di ricerca-azione trasformativa, Università per straniere di Siena, centro


bilinguismo Conta
Obiettivi: vedere se era possibile applicare il translanguaging al contesto italiano per
vedere la natura plurilingue delle classi.
Riprendono le 10 tesi Giscel e le I.N.
Come misurare l’impatto? Promuovere la consapevolezza linguistica, la riflessione
metalinguistica, l’identità da cittadini globali, in prospettiva delle competenze europee.
Multilingual literacy skills = competenze alfabetiche multilinguistiche
Fasi del lavoro:
1. Formazione dei i docenti su cosa sia il bilinguismo, i falsi miti e i vantaggi.
2. Decidere insieme quali possono essere gli strumenti di rilevazione etnolinguistica
(fotografo chi ho davanti).
3. Riprogettazione del curricolo scolastico, in chiave plurilingue
4. Quali attività didattiche del translanguaging proporre

Come mai è importante fare una rilevazione etnolinguistica ?


Per capire da che punto posso partire, per circoscrivere i loro bisogni e definire gli obiettivi
(fare programmazione).
Come si fa?
1. I genitori fanno un questionario sociolinguistico (“che lingue sono parlate in casa?”)
2. Questionario sociolinguistico per i bambini
3. Focus group con studenti
4. Siluette linguistica, gomitolo delle lingue

Storytelling: narrazione bilingue, con attività dove sono coinvolti dei genitori (raccontano
una storia nella loro lingua e il bambino traduce)

Come valutare il livello di italiano (competenza comunicativa) di un bambino neoarrivato


che ha vissuto 3 mesi a Roma:
- O costruisco un test o lo prendo che già esiste e lo propongo al bambino.
- Prova livello A1 che mi aiuta a lavorare sulle 4 abilità.
- Glotto-kit per stranieri (De Mauro): indagine socioculturale e linguistica -> intervista +
prova lessicale + misurazione fluenza del parlato (leggere per 30 sec) + prova
produzione orale (descrizione immagini, video).

Criteri di valutazione: fonetici, morfosintattici, lessicali e testuali

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