Copyright MMXI
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
info@aracneeditrice.it
via Raffaele Garofalo, /AB
Roma
()
----
A mio padre
Indice
Prefazione
di Claudio Cerreti
Introduzione
Capitolo I
Etnie, culture, espressioni linguistiche
.. Letnia e i suoi elementi costitutivi, .. Termini diversi per
concetti differenti, .. La diversit etnica oggi, .. Regioni
culturali e confini etnici, .
Capitolo II
Lingue e geografia
.. Premessa, .. Lo studio degli aspetti spaziali delle lingue,
.. Tra Linguistica spaziale e Geografia delle lingue, .. Gli
strumenti dellanalisi, ... I censimenti linguistici, ... La
rappresentazione cartografica, .
Capitolo III
I molteplici usi delle lingue
.. Lingue e varianti linguistiche, .. Bilinguismi e multilinguismi, .. Stadi di sviluppo differenti, .. Molteplicit di usi delle
lingue, .. Le lingue di contatto, .. Le lingue artificiali, .
Capitolo IV
Dinamiche linguistiche nello spazio e nel tempo
.. Levoluzione linguistica nel tempo, .. Lespansione delle
lingue nello spazio, .. Le politiche linguistiche, .. La tutela
delle lingue minori, .
Lingue e spazi
Capitolo V
Genesi e distribuzione geografica delle lingue
.. Famiglie di lingue, .. La ricerca linguistica nel tempo,
... Genetica e linguistica, ... Teorie diverse su luoghi dorigine e percorsi, .. La distribuzione delle lingue nel mondo, ... Le famiglie linguistiche, ... I territori delle lingue, .. Limportanza
ineguale delle lingue, .
Capitolo VI
La variet linguistica dellItalia
.. La frammentazione linguistica dellEuropa, .. Variet di lingue
sul territorio italiano, ... Lingue regionali e dialetti francoprovenzali
e provenzali, ... Colonie linguistiche, ... Lingue di minoranze
nazionali, .. La tutela delle lingue minoritarie, .
Riferimenti bibliografici
Prefazione
Lingue e spazi
facendosi lingua (e viceversa) e si esprime e si trasmette in primissimo luogo in quanto lingua. La circostanza del tutto evidente
negli aspetti cosiddetti immateriali di ogni sistema culturale: certi
concetti, certe relazioni logiche, certe elaborazioni, tipici di una
data cultura, esistono solo nella lingua propria di quella cultura
e possono risultare intraducibili/incomprensibili allesterno. E levidenza di questa coessenzialit invade largamente anche il campo
della cultura cosiddetta materiale, dove le cose, gli oggetti hanno
sempre un senso culturale veicolato o, meglio, rappresentato dalla
lingua.
La cultura/lingua lelemento pi rilevante nel caratterizzare un
gruppo etnico. Gli elementi non strettamente riconducibili alla cultura, come quelli biologici, hanno uninfluenza scarsissima per non
dire nulla. Letnia caratterizzata, individuata e differenziata rispetto
alle altre in primissima e forse unica istanza dalla condivisione di un
sistema culturale (e linguistico).
Lidioma, come linsieme dei dati culturali che esso ha il compito
di rappresentare, si trasmette per via di apprendimento: tutte le competenze culturali si insegnano e si imparano e non c altra maniera
per farle passare da una generazione a unaltra, da un individuo a
un altro. Il modo principale e quasi irrinunciabile di trasmissione
certamente quello che si realizza allinterno della comunit umana
di appartenenza: la famiglia, il vicinato, gli abitanti del villaggio o del
quartiere. . .
Quasi altrettanto importante e per certi aspetti altrettanto irrinunciabile lapprendimento che ciascun individuo realizza mediante
i dati culturali implicitamente o esplicitamente inscritti nelle cose
che ha intorno a s, disposte nello spazio che circonda la comunit di
appartenenza: nel territorio.
Quella che potremmo definire come la scoperta della territorialit umana, e quindi del senso operativo del concetto di territorio,
ha messo in evidenza il fatto che il territorio in primo luogo e
in generale un immenso deposito di segni. Segni che rimandano a
significati, stratificati in un tempo a volte lunghissimo, di ambito
sociale, economico, religioso, mitico, etico, politico e via dicendo.
Perch ogni evento e ogni processo sociale, economico, religioso,
mitico, etico, politico e via dicendo lascia un segno nel territorio.
Ogni cultura produce e rimaneggia in continuazione il suo terri-
Prefazione
Lingue e spazi
Introduzione
Lingue e spazi
Introduzione
Lingue e spazi
Introduzione
Lingue e spazi
Introduzione
Lingue e spazi
Introduzione
Lingue e spazi
Introduzione
Lingue e spazi
Introduzione
Lingue e spazi
Introduzione
presenti nel testo. A loro, cos come alle persone a me pi care, da cui
ho ricevuto affetto e sostegno oltre che, talvolta, utili spunti nello
svolgimento del lavoro va il mio sincero grazie.
Capitolo I
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
primo luogo la sedentariet, che, sostituitasi al nomadismo, ha contribuito allo sviluppo nei gruppi di un senso dappartenenza comune
in risposta alla profonda nostalgia per la vita di prima. In secondo
luogo, la religione organizzata, il cui ruolo si esplica in modi diversi:
innanzitutto attraverso lelaborazione e listituzionalizzazione di una
cosmogonia coerente, in cui il gruppo ha sempre un posto centrale;
poi mediante la netta definizione dei confini comunitari, del noi
contrapposto al loro, dellinterno del gruppo inteso come il Bene
e dellesterno visto come il Male; infine attraverso la formazione di
una classe di intellettuali organica allinsieme, il clero, che mediante
luso del potere mitosimbolico in tutte le sue forme, garantisce
la continuit e la stabilit identitaria della comunit nel tempo.
per probabilmente un altro lelemento che sembra aver contribuito
pi di tutti allaffermazione dello spirito etnico, ed la guerra: essa agisce tanto come strumento di mobilitazione interna ai gruppi,
rinnovandone lidentit, quanto come specifico fattore di stress esterno che attiva meccanismi identitari di difesa e di rafforzamento del
noi.
Rispetto a quella di Smith, pi articolata lanalisi del concetto
di comunit etnica fatta qualche anno prima dal geografo francese
Roland Breton (). Questi, nel definire i caratteri generali della
struttura etnica , fa riferimento a nove elementi.
I primi tre che Breton qualifica come prestrutture sono rappresentati dai dati demografici del gruppo, dalla sua lingua e dal suo
territorio. Si tratta di tre componenti essenziali in quanto una comunit
etnica, per esistere, deve possedere una sua consistenza demografica,
deve vivere su e in rapporto ad un certo territorio (esclusivo o diviso con altri gruppi, costituito da un blocco compatto o discontinuo,
di insediamento antico oppure pi recente), e deve, per definizione,
parlare una sua lingua.
Per Breton, infatti, affinch il termine etnia abbia uneffettiva
utilit, opportuno consegnargli la sua precisa accezione di gruppo
. Per Breton etnia un gruppo dindividui legati da un complesso di caratteri
comuni la cui associazione costituisce un sistema di natura essenzialmente culturale.
Egli sostiene inoltre che nella maggior parte dei casi le etnie non sono venute da aree
geografiche lontane con la fisionomia collettiva che presentano oggi; quasi sempre si
sarebbero trasformate in loco, sulla base di unantica eredit autoctona in cui si sono
integrati apporti ulteriori.
Lingue e spazi
caratterizzato prima di tutto dallunit linguistica, e non tanto dallorigine genetica o dallomogeneit fisicoantropologica (si deve allora
pi correttamente parlare di razza), da legami di consanguineit (clan
o trib), n tanto meno da un complesso di legami culturali (popolo) o politici (nazione). In tal senso, letnia si identifica con il Gruppo
di Lingua Materna (GLM) dei linguisti e degli etnologi, detto anche
gruppo etnolinguistico o comunit linguistica. Si tratta, in sostanza,
di un insieme di individui con la stessa lingua madre, quali che siano
le loro diversificazioni di origine fisicoantropologica, di situazione
geografica o di appartenenza politica .
Se, per, non sembrano esserci problemi nel comprendere la rilevanza della lingua e del territorio nellindividuazione di un gruppo
etnico, pu forse risultare meno evidente limportanza del dato demografico, che va inteso non tanto dal punto di vista strettamente
quantitativo, quanto piuttosto nei suoi aspetti dinamici. Lanalisi della
struttura e dellevoluzione di una popolazione pu infatti consentire di valutarne il dinamismo, ed il trend demografico sar in stretta
correlazione con la dinamica linguistica del gruppo: se questo tende
ad invecchiare, anche la sua lingua tender a perdere vigore; in un
gruppo in piena espansione, al contrario, anche la lingua recepir
nuovi stimoli e conoscer continue innovazioni.
Nel secondo insieme di elementi che Breton identifica (le strutture)
rientrano invece la cultura non materiale, le classi sociali ed il sistema
economico.
Cultura non materiale tutto il patrimonio spirituale ereditario del
gruppo: la storia comune, la religione in quanto fattore di coesione,
le manifestazioni di tipo folcloristico, la letteratura, la musica, la danza, la poesia popolare, le tradizioni orali, le usanze culinarie, come
pure le tecniche e i saperi elaborati, ad esempio, nella costruzione di
strumenti o edifici.
Lanalisi della struttura sociale di una comunit linguistica e la sua
divisione in classi sono, daltra parte, ritenute necessarie poich dalla
presenza o meno di barriere sociali dipendono le possibilit di circola. Si potrebbero fare delle obiezioni. In tutti gli Stati a popolazione composita, infatti,
la situazione reale sembra andar contro una definizione come quella di Breton. Negli Stati
Uniti, ad esempio, imparano linglese come lingua materna milioni di persone di origine
molto diversa, che considerare appartenenti alla stessa etnia quanto meno opinabile.
Ciononostante, quello di GLM resta un concetto valido (Bellezza, ).
Lingue e spazi
Lingue e spazi
per i vari caratteri, ciascuno dei quali presenta in genere una propria
particolare distribuzione.
Il concetto non va, dunque, confuso n con quello di razza
che designa invece, senza alcuna implicazione ideologica, un gruppo
umano contraddistinto dalla frequenza media di determinati caratteri somatici, un sottoinsieme della popolazione, cio, i cui membri
hanno in comune alcune caratteristiche biologiche che li distinguono
fisicamente da altri gruppi n con quello di gruppo culturale che,
al contrario, prescinde da ogni riferimento biologico.
In particolare, lidea di razza precedente rispetto a quella di
etnia, ma anchessa figlia dellIlluminismo riflette il concetto pi
generale di specie, applicato ad ogni gruppo di individui con procedimenti classificatori . Ma da quando al concetto di razza si
affiancato quello di etnia andata diffondendosi una sorta di inquietudine concettuale, prima nellambito delletnologia e poi in quello
dellantropologia culturale. Questo proprio perch letnia doveva essere individuata attraverso due insiemi di criteri: da una parte, criteri
dellantropologia fisica, basati sullaccertamento oggettivo di caratteri
somatici; dallaltra, criteri delle scienze sociali, ove era difficile arrivare a conoscenze oggettive. Ecco perch teorie e ricerche oscillarono,
attribuendo ora maggiore, ora minore rilevanza agli elementi sociali
e culturali (Vallega, ).
Fu negli anni trenta del Novecento che si cerc di superare il problema, e ci avvenne mediante lintroduzione del concetto di modello di
cultura: ogni elemento di un gruppo umano veniva considerato parte
di un insieme di elementi collegati e costituenti un tuttuno. E quanto
pi questi elementi erano tra loro collegati, tanto pi il gruppo risultava ben strutturato. La cultura complesso di conoscenze e capacit
reattive nei confronti dellambiente esterno si rivelava, cos, una
. Su queste differenze somatiche sono state basate teorie volte a sostenere lesistenza
di razze superiori e inferiori, e quindi a legittimare il dominio delle une sulle altre: si pensi
a Joseph Arthur de Gobineau diplomatico e filosofo francese autore, tra laltro, del Saggio
sullineguaglianza delle razze umane () , la cui dottrina, caratterizzata da un forte
antisemitismo, fu utilizzata dai nazisti come giustificazione delle loro teorie razziste, o,
ancora, allopera in tre volumi delletnologo e geografo tedesco Friedrich Ratzel (Le razze
umane, ), il primo ad utilizzare lespressione spazio vitale.
. Il concetto di razza ha dato luogo a notevoli studi di classificazione sistematica da
parte degli antropologi fisici della passata generazione.
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Si detto che il concetto di etnia non sempre compreso correttamente e che spesso il termine viene adoperato come sinonimo
di altre parole. I maggiori equivoci emergono rispetto al concetto
di nazione, soprattutto quando si fa riferimento ad un fenomeno
sociopolitico quale letnismo e lo si confonde con quella corrente di
pensiero, sviluppatasi nellEuropa del XIX secolo, che port allesaltazione dellidea di nazione come principio supremo cui deve ispirarsi
lazione politica, e cio il nazionalismo.
La volont di essere soggetti attivi del proprio patrimonio culturale e di proteggerlo in quanto legame spirituale che ci consente di
riconoscerci con altri individui con i nostri stessi valori e le nostre
stesse tradizioni , invece, cosa ben diversa dal rivendicare il diritto
di essere soggetti attivi della propria storia. E mentre alla soggettivit
culturale nessuno pu rinunciare, perch lappartenenza ad una comunit etnica un dato acquisito (si pu tuttavia rinunciare a difendere
questa soggettivit quando essa minacciata), la soggettivit storica
una scelta politica, e pu quindi cambiare con levolversi del pensiero
sociale e politico (Barbina, ).
vero che fra i due fenomeni esiste spesso un legame, ed naturale
che siano soprattutto i gruppi etnici a porre la questione della propria
nazionalit e a rivendicare la propria autonomia politica, in quanto essi,
coesi grazie al comune patrimonio culturale, pi facilmente possono
sentire il bisogno di una rivendicazione autonomistica di questo tipo .
Ma il senso della propria individualit culturale (etnia) e quello della
propria individualit storica (nazione) non sempre coincidono, e i due
fenomeni (etnismo e nazionalismo) hanno natura diversa.
La distinzione tra etnia e nazione, etnismo e nazionalismo, comunit
etnica e minoranza nazionale non certo semplice; oltretutto i diversi
termini hanno una particolare valenza espressiva e spesso vengono
adoperati pi secondo la forza che si vuole dare al discorso che in base
al loro reale significato. Essa va per tenuta presente laddove si vo. Non a caso nella storia moderna del continente europeo gli Stati nazionali si sono
formati quasi sempre attorno ad unetnia pi forte delle altre.
. A proposito delle lingue, solitamente si parla, per analogia col concetto di minoranza nazionale, di minoranze linguistiche. In realt sarebbe pi opportuno utilizzare, in
relazione alle lingue, lespressione comunit etnica (o etnicolinguistica) laddove tra due gruppi linguistici o etnicolinguistici esista una differenziazione pi che una contrapposizione
dialettica maggioranza/minoranza.
Lingue e spazi
Lingue e spazi
tra pi Stati. Ecco perch il difficile problema che molti dei nuovi Paesi
africani si sono trovati a dover affrontare stato quello di creare la
nazione, ovvero cercare di sviluppare, in una cittadinanza costituita in
modo arbitrario, sentimenti di fedelt verso lo Stato.
Tutta la storia dellumanit disseminata di crimini contro comunit prese di mira per la loro diversit culturale o razziale; e in questi
ultimi anni come si detto attorno allespressione pulizia etnica hanno ruotato conflitti scoppiati in numerose parti dellAfrica,
cos come nel SudEst asiatico e in alcuni territori dellex Unione
Sovietica e dellEuropa orientale . In grado di fornire sostegno ad
imprese coloniali, motivare politiche espansionistiche, giustificare
limposizione di un predominio su spazi assoggettati capace, quindi,
di rivelarsi funzionale allesercizio del potere , il termine etnia
rimanda, per, anche ad altri temi oggi di grande importanza sociale,
come il governo di spazi multietnici o i rapporti tra Occidente ed altre
civilt.
Non va dimenticato, daltro canto, che letnocentrismo termine
adoperato in riferimento alla tendenza a valutare altre culture in base
agli standard della propria cultura di appartenenza (con limplicita
convinzione della superiorit del proprio gruppo etnico) pu, s,
costituire un elemento di divisione, generando isolamento e contrasti sia a livello sociale che territoriale, ma pu anche assumere una
connotazione positiva e rivelarsi un fattore di riconoscimento e di
identificazione capace di offrire valori e sostegno allindividuo (si pensi ad un immigrato in un Paese straniero) che si ritrova allinterno di
un contesto a lui estraneo. Il gruppo etnico tende, infatti, a conservare
la cultura di origine e spesso offre ai nuovi arrivati una rete di contatti
sociali e di opportunit economiche; molte volte, poi, tutto questo
rafforzato dallisolamento territoriale, carattere del separatismo etnico
che consente ai singoli gruppi di preservare il senso della propria
identit. Si pensi, nelleterogeneit culturale che contraddistingue il
panorama nordamericano, a come le svariate Chinatown e Little Italy
create come enclave allinterno delle citt abbiano fornito un rifugio
concreto e sistemi di supporto fondamentali per i nuovi arrivati .
. Attraverso il genocidio, ci si prefigge leliminazione violenta di un gruppo etnico da
una determinata area per raggiungere lomogeneit razziale o culturale e poter occupare i
territori a tale gruppo appartenuti.
. Gli immigrati stranieri che risiedono nellEuropa continentale adottano spesso
Dal momento che come abbiamo osservato il cuore delletnicit va ricercato nei miti, nella memoria, nei valori e nei simboli, e
cio nel complesso mitosimbolico che alla base dellidentit di una
popolazione, una societ viene definita come multietnica non solo se
comprende al proprio interno molteplici gruppi etnicamente differenti, ma anche se i membri di ciascun gruppo ritengono di possedere
una cultura distinta da quella degli altri ed esprimono la volont di
salvaguardare la propria identit comune, per la quale richiedono un
riconoscimento ufficiale.
Le societ multietniche non costituiscono una novit di questi anni;
nelle maggiori citt capitali di imperi, empori fiorenti, crocevia di
traffici internazionali si sempre concentrata una grande variet
etnica e culturale. Nei decenni pi recenti, tuttavia, si assistito ad una
ripresa del pluralismo culturale e ad una crescente richiesta di riconoscimento dellautonomia etnica nelle societ multietniche di tutto il
mondo; laccettazione dellappartenenza etnica stata infatti invocata
come base per ottenere un trattamento speciale nella distribuzione
del potere politico, allinterno della struttura del sistema educativo,
come segno di rispetto dei diritti di gruppi linguistici o religiosi minoritari. Quando diciamo, allora, che il mondo diventato multietnico
non perch le societ e le culture siano pi numerose di una volta,
ma perch parlano con voce sempre pi autonoma e determinata
(Kapuscinski, , p. ).
La multietnicit implica necessariamente la multiculturalit, in quanto i diversi gruppi etnici presenti su uno stesso territorio posseggono
per definizione una propria cultura con elementi diversi da quelli delle
altre. Parlando, per, di societ multiculturale si fa oggi riferimento non
solo alla compresenza di culture diverse allinterno di una stessa societ,
bens anche ad un particolare modo di rapportarsi ad esse; in questa
accezione, una societ definita come multiculturale nella misura in
cui al suo interno tutte le differenze di cultura, costume, etnia sono
ugualmente rispettate, tanto reciprocamente quanto dal potere centrale.
Nellambito dei possibili rapporti con la differenza creata dai processi
unanaloga separazione spaziale; se da un lato questa dipende dalla situazione del mercato
immobiliare e da una serie di limitazioni sia nel settore pubblico che in quello privato,
dallaltro essa assolve ad una funzione di supporto e protezione.
. La formazione degli Statinazione, a partire dal XIX secolo, aveva oltretutto
interrotto la secolare continuit storica degli imperi, strutturalmente multietnici.
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Meinig () si occup in particolare di una di queste regioni culturali quella dei Mormoni, nello Utah che presentava
una sua marcata identit e le cui origini nel tempo e nello spazio
risultavano definibili con esattezza, e mise in evidenza come il relativo isolamento e lo sviluppo senza ostacoli da essa sperimentato si
fossero tradotti in un modello spaziale con tre zone di concentrazione: in primo luogo unarea nucleo (core), contenente lessenza del
complesso culturale, la pi forte concentrazione di tratti culturali
ed un paesaggio omogeneo ; poi un dominio in cui il complesso
culturale restava, s, forte ma in misura minore rispetto allarea
nucleo; infine una sfera di influenza, area esterna e di contatto periferico in cui prevalevano solo certi tratti e le persone appartenenti
alla cultura dellarea nucleo potevano essere in minoranza . Le
tre zone mostravano, quindi, il declino della forza culturale che si
manifesta a partire dal nucleo centrale larea pi densamente e
anticamente popolata da chi appartiene ad una cultura andando verso lesterno, prima verso il territorio in cui quella cultura
risulta ancora prevalente (anche se in misura minore) rispetto alle
altre presenti e poi verso quelle zone anche molto lontane dal
nucleo centrale e dal dominio in cui possono esserci, a volte
isolati in ambiti dominati da una cultura diversa, gruppi di persone
appartenenti alla medesima cultura.
Proprio nella comprensione di alcune delle dinamiche relative al
territorio del gruppo etnolinguistico il modello di Meinig si dimostra
utile: il nucleo centrale larea pi chiaramente sentita come patria
ed quindi, generalmente, la zona in cui la cultura della comunit
possiede maggior forza e mostra maggior capacit di resistenza alle
influenze esterne; il dominio, invece, larea del contatto e del continuo confronto con gli altri, mentre le sfere di influenza o sono quel
che resta di un nucleo centrale un tempo pi esteso e poi intaccato da
unaltra cultura o sono aree in cui parte della popolazione proveniente
. Per i Mormoni si trattava dellarea di Salt Lake City, il punto in cui la popolazione
presentava la maggiore densit, la religione era dominante e la storia delloccupazione
risaliva a tempi pi lontani.
. Accanto alle tre zone, potevano esserci delle aree discontinue, delle appendici:
per la comunit mormone, ad esempio, le maggiori erano situate in corrispondenza
della costa del Pacifico, mentre di pi recente origine risultavano quelle presenti in
Inghilterra, Svizzera e Nuova Zelanda.
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Capitolo II
Lingue e geografia
.. Premessa
Fenomeno in continuo mutamento, le lingue evolvono in relazione
ai luoghi e rispondono alle dinamiche delle espressioni e delle esperienze umane; possono essere tenacemente difese e conservate in
quanto elementi essenziali di identit , ma anche progressivamente
abbandonate qualora, ad esempio, si veda in esse un possibile ostacolo
ad una piena integrazione sociale.
Nella consapevolezza che la storia del linguaggio si confonde con
la storia della civilt, e che la lingua riflette i comportamenti e il modo
di pensare di ogni popolo, nel corso degli ultimi trentanni linteresse nei confronti di questo fondamentale veicolo di cultura andato
crescendo. Le comunit linguistiche sono divenute oggetto di attenzione nellambito della dialettica politica alle scale sia degli Stati che
dei rapporti internazionali. Nella difesa delle parlate regionali si
riconosciuto un insostituibile strumento di riappropriazione dellidentit sociale. Contemporaneamente allo sviluppo delle ricerche
in ambito linguistico, daltra parte, sono andate moltiplicandosi le
questioni poste dalla pluralit delle lingue. La riduzione delle distanze
e laumento dei legami tra le diverse aree del pianeta determinati
dalle trasformazioni della societ mondiale e nel quadro della sempre
maggiore globalizzazione delleconomia e la crescita dei flussi migratori hanno posto la collettivit internazionale di fronte a problemi
nuovi: multinazionali o unitari, federali o accentrati che siano, molti
Stati accolgono sul loro territorio gruppi linguistici la cui coabitazione
non sempre facile, e ladattamento alluso abituale di due o pi lin. In pi casi le lingue hanno costituito il fulcro delle rivendicazioni di movimenti
indipendentisti, in particolare di quei gruppi collocati al di fuori delle aree centrali dei Paesi
cui sono stati annessi.
Lingue e spazi
. Lingue e geografia
Lingue e spazi
. Lingue e geografia
Lingue e spazi
. Lingue e geografia
Lingue e spazi
. Lingue e geografia
Lingue e spazi
. Lingue e geografia
Lingue e spazi
. Lingue e geografia
Lingue e spazi
. Lingue e geografia
della sua forza, della sua complessit, dei suoi utilizzi, della sua capacit
di aggregare altre persone, della sua evoluzione, costituisce una parte
importante della Geografia umana, perch porta ad osservare uno
degli aspetti fondamentali dellazione creativa delluomo. La lingua ha,
insomma, un suo preciso momento geografico: lattivit costruttiva e
organizzativa delluomo trova un riflesso in essa, e il geografo pu,
attraverso di essa, individuare la rete di correlazioni che legano un
gruppo sociale agli altri e allambiente (Barbina, ).
Il geografo considera la lingua come parte fondamentale della cultura; ne indaga la distribuzione spaziale e i flussi, ne esamina i vettori
(gli individui, ma anche i libri e i mezzi di comunicazione di massa);
raccoglie le informazioni statistiche necessarie ad unanalisi quantitativa.
Osserva le diverse situazioni spaziali che incontra: la diffusione pi
o meno omogenea, la maggiore o minore espansione, i confini pi
o meno netti, le frammentazioni e le isole; abituato ad individuare
le correlazioni con fenomeni umani di ordine diverso (storici, sociali, economici) e col quadro fisico di riferimento . Pu comprendere,
inoltre, come un tratto culturale del genere abbia potuto espandersi,
sopravvivere o fissarsi in un determinato ambiente o in pi ambienti
e come lo abbia fatto rispetto ad altri caratteri, culturali, sociali o
economici. Continuamente, per lampiezza del campo di ricerca, deve
chiedere aiuto ad altre discipline, ma proprio attraverso lausilio di
altre esperienze scientifiche che il suo metodo si dimostra assai utile
nello studio di quei fattori che hanno portato lo spazio ad adottare certe
strutture (sociali, politiche, amministrative, economiche) e nellanalisi
dei processi che modificano queste strutture.
diventare plurilingui per poter prendere parte alle vicende sociali di aree culturalmente
diverse.
. Breton sottolinea, ad esempio, come non si possa non notare il fatto che in ciascuna
delle quattro regioni biogeografiche in cui suddivisibile lIndia meridionale siano nate le
quattro grandi lingue dravidiche: il malayalam della costa occidentale esposta al monsone, il
tamil delle pi asciutte pianure orientali dominate dal monsone dinverno, il kannada degli
altipiani nordoccidentali, pi freddi e umidi, il telugu delle pi calde zone del nordest.
Lingue e spazi
. Lingue e geografia
gruppi alloglotti presenti sul territorio sono stati generalmente adoperati i censimenti, adattati con alcuni accorgimenti per registrare, oltre
ai dati demografici e sociali, anche certi caratteri culturali della popolazione. A dire il vero, per, pur effettuando ormai praticamente tutti
gli Stati del mondo delle rilevazioni statistiche per valutare consistenza
e struttura della popolazione, solo alcuni vi includono anche una parte
relativa alle lingue; inoltre, anche quando si provvede a questo tipo di
rilevazioni, non sempre i dati risultano tra loro confrontabili.
Lindicatore utilizzato nella maggior parte dei casi la lingua materna, ma anche su questa definizione vi sono alcune discordanze, a
seconda che si adotti il criterio dellanteriorit cronologica (in base al
quale tale la lingua che ognuno di noi apprende per prima) o quello
delluso continuativo (per cui la lingua materna quella che si continua
a parlare e, soprattutto, nella quale si pensa). Ad ogni modo, quale che
sia il criterio prescelto , si generalmente daccordo sullimportanza
della madrelingua quale indice di appartenenza dellindividuo ad un
gruppo.
Meno frequente il censimento delle seconde lingue, molto significativo qualora venga condotto congiuntamente a quello della lingua
materna ; in certi casi, invece, viene rilevata lattitudine a parlare determinate lingue (una lingua nazionale o una parlata locale minoritaria).
Nei Paesi ove diffuso il plurilinguismo, la ripartizione degli abitanti
in base alle diverse classi possibili (di bi, tri o quadrilinguismo) pu
mostrare i differenti percorsi dellacculturazione. Nella popolazione
alfabetizzata, infine, possibile rilevare, accanto alla parlata materna
e a quella sussidiaria, la capacit di leggere e scrivere in una certa
lingua. Tutti i dati, comunque, possono essere adoperati solamente
dopo una verifica dei criteri utilizzati per qualificare le parlate. Forte ,
infatti, il contenuto politico dei censimenti che rilevano lappartenenza etnolinguistica, spesso effettuati in sostegno o contro richieste di
. Il pi delle volte si prende in considerazione il criterio della prima acquisizione;
la stessa Commissione della Popolazione dellONU definisce la lingua materna come la
lingua parlata in famiglia da un individuo nella sua prima infanzia.
. Sono pochi i Paesi che rilevano accanto alla lingua madre la lingua usuale
domestica, permettendo la misurazione, per esempio, delle differenze tra infanzia ed et
adulta. In alcuni Paesi si censiscono invece anche la lingua o le lingue sussidiarie, cos da
poter valutare la diffusione di ogni lingua al di fuori del suo gruppo etnico e limportanza
del bilinguismo.
Lingue e spazi
. Lingue e geografia
Lingue e spazi
. Lingue e geografia
Lingue e spazi
. Lingue e geografia
Lingue e spazi
Sono stati proprio atlanti come questo fonte assai utile di informazioni ad aver attirato lattenzione dei geografi: indubbio infatti
che, proprio in virt della stretta correlazione esistente tra espressione
linguistica e dati antropologici o etnologici, non si possa conoscere a
fondo un territorio se non se ne prendono in considerazione anche
le caratteristiche linguistiche, frutto di situazioni storiche, sociali ed
economiche differenti da un luogo allaltro.
La Geografia delle lingue prese le mosse come si visto
proprio dalla Geografia linguistica o dialettologica, e in particolar
modo da quelle carte di sintesi che venivano elaborate dai linguisti a
conclusione dei loro atlanti (carte di sintesi che erano, in realt, essenzialmente giustapposizioni di carte analitiche), e latlante linguistico,
nato nellambito degli studi glottologici, and da subito dimostrandosi uno strumento molto utile nellapprofondimento di alcuni degli
aspetti fondamentali delle diverse regioni. Il linguista, allora, fissava i
confini tra il campo di variazioni continue e le zone in cui la continuit
si interrompeva e le parlate divenivano reciprocamente inintelligibili;
il sociolinguista poteva indagare la variazione degli usi linguistici a
seconda delle classi e dei gruppi sociali (oltre che in funzione del messaggio da comunicare); al geografo restava da spiegare la distribuzione
spaziale delle lingue come fenomeno globale a scala macrosociale,
cercandone le correlazioni con linsieme dei fatti territoriali.
Carte tematiche (demografiche, storicopolitiche, dei trasporti,
dei flussi di segni linguistici ecc.) e carte di sintesi costruite al fine di
spiegare la distribuzione territoriale dei fenomeni linguistici si sono
rivelate spesso, tuttavia, pi degli strumenti politici che dei validi documenti scientifici. Solo quelle relative ai fenomeni linguistici interni
(quelle, cio, basate sulle isoglosse) sono rimaste un tipo di produzione scientifica neutra; le altre invece quelle relative ai fenomeni
esterni, cio ai confini e alla diffusione delle lingue non sono riuscite a sfuggire ad un uso strumentale: in pi casi sono state utilizzate
con lo scopo di giustificare unespansione ulteriore o per stimolare
la resistenza ad uneventuale invasione; altre volte, poi, sono state
realizzate gi con lintento di favorire interpretazioni capziose.
Qualunque carta, in quanto strumento di comunicazione, pu alterare in modo pi o meno evidente il messaggio che trasmette
o contenere informazioni intenzionalmente false; cos come pu diffondere dati spaziali verificabili o supportare analisi scientificamente
. Lingue e geografia
Lingue e spazi
. Lingue e geografia
Lingue e spazi
. Lingue e geografia
una carta geografica o osserva un grafico deve poter ricavare velocemente delle informazioni precise. Ecco perch chi costruisce una carta
o elabora un diagramma deve possedere al tempo stesso buone conoscenze tecniche e capacit di sintesi e comunicazione, ma deve anche
conoscere a fondo il territorio e i fenomeni da rappresentare: solo cos
il prodotto finale potr svolgere concretamente la sua funzione.
Capitolo III
Lingue e spazi
Gli individui che parlano una stessa lingua costituiscono una comunit linguistica; lappartenenza ad una medesima comunit, tuttavia,
non implica di per s una situazione di uniformit. Al contrario: accanto alla lingua standard (o ufficiale) utilizzata in ambito governativo e
legislativo, nellistruzione e in tutta una serie di altre attivit pubbliche
e private generalmente esistono pi varianti regionali (i dialetti)
che riflettono il parlato quotidiano di una determinata area geografica
o rimandano ad un particolare ambito sociale o professionale. Da un
lato, infatti, il lessico, la pronuncia, come pure il ritmo e la velocit
delleloquio possono aiutarci a distinguere un gruppo di persone da
un altro, consentendoci di individuare lorigine di chi parla; dallaltro,
per, poich in pi casi le persone delle classi pi basse o meno istruite
tendono ad adoperare pi spesso il dialetto, luso di un dialetto pu
contrassegnare lappartenenza del soggetto ad una certa classe sociale
o indicare il livello di istruzione raggiunto . E, questo, bench le diverse varianti linguistiche possano essere utilizzate anche da una stessa
persona in relazione alle differenti situazioni che si trova a vivere: uno
studioso, specialista di un determinato settore, ad esempio, cambier
il suo modo di parlare (e quindi termini, frasi, espressioni formali e
strutture semantiche) a seconda che si trovi a discutere di lavoro con
dei colleghi o passi, invece, a discorrere di argomenti pi informali
con i propri amici .
Un dialetto pu diventare lingua standard qualora esso corrisponda
alla parlata di coloro che detengono il potere o che occupano i gradini
di un altro popolo a scapito della loro parlata originaria hanno accompagnato tanto le
conquiste militari che i movimenti migratori; in tutti e due i casi, il gruppo che subisce
la deculturazione spinto o dalla parte di chi ha il potere o da quella del gruppo pi
numeroso, a seconda della forza culturale degli uni o degli altri cos come dellutilit
sociale del momento.
. Se indubbio che in certi casi i dialetti locali marcano la persona che parla come
socialmente o culturalmente inferiore o comunque come diversa, altrettanto vero, per,
che la percezione verso le singole varianti strettamente collegata anche alle politiche
adottate dai diversi Stati, che in alcuni casi tutelano e valorizzano tali parlate in quanto tratti
distintivi dellidentit regionale.
. La permanenza dei dialetti molto pi spiccata nelle campagne rispetto alle citt.
Questa una conferma di una delle norme di Bartoli (), ma il discorso potrebbe essere
esteso dallambito spaziale a quello sociale. Tutti possono infatti constatare che allinterno
di una citt il dialetto si mantiene pi a lungo presso le classi sociali meno abbienti, mentre
gli abitanti dei quartieri bene usano maggiormente la lingua standard e tendono a ridurre
le inflessioni dialettali (Bellezza, ).
Lingue e spazi
Gli Stati, poi, in alcuni casi distinguono le lingue nazionali espressione di un gruppo etnico consolidato, che pu aver raggiunto una
certa autonomia o indipendenza dalle lingue ufficiali, usando poi
pi comunemente le seconde. Cos nel la Svizzera riconobbe il
romancio come lingua nazionale ma non ufficiale a livello di confederazione; nel , invece, anche il romancio insieme al tedesco, al
francese e allitaliano (lingue gi ufficiali e nazionali) stato riconosciuto ufficiale . Allo stesso modo i Paesi del Maghreb considerano
larabo come lingua nazionale bench adoperino il francese come
lingua amministrativa; e, ancora, la distinzione risulta generale in tutti
quegli Stati del mondo in via di sviluppo che cercano di promuovere
le loro parlate autoctone pur continuando a far ricorso alla vecchia
lingua coloniale.
Nelle strutture statali federali si possono individuare due livelli duso ufficiale: quello della federazione e quello delle unit federate. Nellex Unione Sovietica, ad esempio, molte lingue erano, a diverso titolo,
ufficiali: innanzitutto il russo, lingua di comunicazione internazionale
del popolo; poi le altre quattordici lingue di stato delle repubbliche
federate e, ancora, la quarantina di idiomi di repubbliche e regioni
autonome; infine la dozzina dei circondari nazionali. In India dove
oggi ufficiali sono lhindi e linglese nessuna delle tante parlate
censite (si stima che siano almeno una trentina, pi circa duemila
dialetti) definita nazionale, ma la Costituzione elenca lingue che
possono essere ufficialmente adottate dai diversi stati per le necessit amministrative e come strumento di comunicazione tra il loro
governo e quello centrale.
Negli Stati non federali, invece, si tende a contrapporre alla
lingua nazionale una parlata locale soltanto quando questultima ha
un ruolo ben preciso o come legame interetnico o interregionale
oppure come espressione di unetnia (si pensi al wolof per il Senegal
o al giavanese per lIndonesia) o di una regione a statuto speciale
(la Valle dAosta, il Galles ecc.). Spetta alla Geografia delle lingue il
compito di indagare sui rapporti, le discrepanze e le interazioni fra i
larabo. Per il Segretariato delle Nazioni Unite sono invece linglese ed il francese le lingue
di lavoro.
. Questo vale nei rapporti fra Confederazione e persone di lingua romancia. I documenti ufficiali dellamministrazione federale devono quindi essere disponibili in tedesco,
francese e italiano, mentre se ne fornisce una versione in romancio solo su richiesta.
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Il quarto livello occupato, invece, dalle lingue nazionali, espressione di un gruppo etnico consolidato che ha compiuto il processo di
unificazione politica ed ha assunto una sua cultura ben definita .
Si detto che per popolo (concetto storicosociale) si intende
quellinsieme di persone che si riconosce in un determinato assetto
sociale e istituzionale; pur mantenendo ciascuna la sua specificit, dunque, queste persone hanno individuato un interesse unico da gestire
in comune. Che questo interesse abbia unestensione limitata o che
riguardi unarea ben pi estesa, e che sia pi o meno complesso, in
ogni caso per la realizzazione del progetto sociale che aggrega un
popolo in uno sforzo comune necessaria una lingua. In una prima
fase quando ancora non si pu parlare di popolo ma solo di un
insieme di individui con uno o pi interessi condivisi la lingua
si limita a consentire la comunicazione interpersonale. questo il
caso delle parlate semplificate adoperate nel commercio internazionale che hanno assunto con luso una sistemazione meglio definita.
Generalmente, per, i problemi da affrontare sono pi complessi: la
lingua, fattasi base comune nella formazione del pensiero collettivo,
pu diventare elemento unificante del gruppo che la utilizza .
Quando ad una parlata viene attribuito il compito di aggregare
intorno ad un unico ideale di nazione delle comunit, anche portatrici
di culture differenti, tale lingua diviene allora nazionale; e per facilitare
lazione di governo, allontanando le comunit da eventuali tentazioni
separatiste, questa verr prescelta quale lingua obbligatoria per lamministrazione, per linsegnamento e per tutte le funzioni proprie di un
sistema di gestione centralizzato. Il successo di una lingua adoperata
nelle funzioni amministrative resta comunque legato alle effettive
capacit di azione di quel sistema di governo: unamministrazione
inefficiente, infatti, di certo coinvolger nel suo fallimento anche la sua
lingua; unamministrazione valida, soprattutto in presenza di parlate
deboli e frammentate sul suo territorio, contribuir a diffonderla.
Le lingue nazionali sono patrimonio di comunit molto diseguali
. Questo processo ne comporta uno analogo di edificazione linguistica, che procede
attraverso la scelta di una versione comune e la fissazione delle forme ritenute modelli di
espressione corretta.
. In questo caso il legame tra la lingua, il popolo ed il suo progetto sociale diventa cos
evidente che lanalisi di ciascuno di questi elementi ci consente una migliore comprensione
anche degli altri due.
Lingue e spazi
Insieme a questa lingua ed al francese ufficiale in un cospicuo numero di Paesi del mondo e adoperato da un gran numero di persone,
oltre che da molte organizzazioni internazionali altre quattro lingue
(lo spagnolo, il portoghese, larabo ed il neerlandese) vengono parlate
in pi continenti, mentre cinque (il tedesco, il russo, il persiano, il
malese/indonesiano e il kiswahili) presentano una diffusione limitata
a pi Stati vicini.
facile capire che una lingua diviene internazionale per un motivo
fondamentale, ovvero per il potere del popolo che la parla, che si tratti
di potere politico (o militare) o di supremazia economica, culturale,
tecnologica. Prendiamo il caso dellinglese: ciascuna di queste forme
di potere ha condizionato, in momenti diversi, la sua espansione. La
forza politica si manifestata essenzialmente nella forma di quel
colonialismo che, a partire dal Cinquecento, ha diffuso linglese nel
mondo; il potere tecnologico scaturito dalla Rivoluzione industriale
del SetteOttocento; a partire dal XIX secolo si assistito, poi, alla
crescita del potere economico degli Stati Uniti, e nel Novecento si
manifestata anche una supremazia di tipo culturale, che ha agito
attraverso sfere di influenza prevalentemente americane. Proprio in
conseguenza di queste diverse manifestazioni del potere, linglese
riuscito ad acquisire un indubbio predominio in pi campi differenti.
Ma una lingua raggiunge uno status realmente globale soltanto
quando sviluppa un ruolo che le viene riconosciuto generalmente.
Non sufficiente, allora, perch si possa usare la qualifica di internazionale, che costituisca la madrelingua per un cospicuo numero di
persone; affinch questo accada, infatti, altrettanto necessario che
essa venga adottata in altri Paesi del mondo e che assuma allinterno
delle loro comunit un posto particolare. Ci pu avvenire in due
modi: da un lato, una lingua pu diventare ufficiale (o semiufficiale)
in pi Stati, e quindi essere adoperata in ambito governativo, nellamministrazione della giustizia, nei media, nellistruzione; dallaltro, essa
pu vedersi attribuire una netta priorit nellinsegnamento delle lingue straniere in molti Paesi. In virt di questo sviluppo tripartito
come madrelingua, come seconda lingua e come lingua straniera
inevitabile che una parlata mondiale giunga ad essere utilizzata da
molte pi persone rispetto a qualsiasi altra (Crystal, ).
Oggi linglese ha raggiunto questa fase: con una certa approssimazione si pu ritenere che siano circa milioni coloro che hanno
Lingue e spazi
questa come lingua materna, almeno altrettanti quelli che hanno appreso linglese come seconda lingua, e almeno milioni gli individui
in grado di parlarlo come lingua straniera. Ma poich nelle regioni in
cui linglese seconda lingua la crescita demografica di circa tre volte
superiore rispetto a quella delle regioni in cui linglese lingua materna, presto il numero di coloro che parlano linglese come seconda
lingua sar di gran lunga superiore a quello dei locutori nativi.
proprio per tale ragione che linglese, relativamente stabile nel
suo status di lingua mondiale, non altrettanto stabile quanto a caratteristiche linguistiche; esso, anzi, sta mutando rapidamente, soprattutto
in seguito al cambiamento del suo baricentro: tre parlanti inglesi su
quattro non sono oggi n britannici n americani; in India, probabilmente, vi sono pi persone che parlano inglese che in Gran Bretagna e
negli USA messi insieme. E queste persone vanno sviluppando un proprio inglese: il processo di appropriazione della lingua implica infatti
un rimodellamento della stessa a seconda delle regioni, e quindi un
adattamento a culture, background linguistici e necessit differenti.
Cos come dal latino, allora, sono scaturite le lingue romanze e
cos come le numerose varianti dellarabo parlato corrispondono in
realt a idiomi diversi, anche linglese sta sperimentando una sorta
di differenziazione regionale, e segue un percorso che pare orientato
alla reciproca inintelligibilit delle proprie varianti, quelle, cio, che
sono state denominate New Englishes . Ciascuna variet veicolo
di comunicazione e reciproca comprensione per i suoi locutori
viene cos corretta; ognuna di esse, daltra parte, incarna, per le sue
particolari caratteristiche, il crescente orgoglio culturale e nazionale: i
New Englishes sono nati per il bisogno di esprimere lidentit nazionale
e per il desiderio di manifestare tale identit agli occhi del mondo.
Tutto ci, unito al fatto che ogni variante regionale formata da
individui che per primi non possiedono una perfetta padronanza della
lingua standard, potrebbe condurre ad una graduale frammentazione
dellinglese in una molteplicit di idiomi reciprocamente incomprensibili; altres possibile ipotizzare, tuttavia, che lazione della globa. Si pensi, per fare solo due esempi, al singlish, forma di inglese parlato a Singapore
nella vita quotidiana, che ha incorporato termini e forme grammaticali dai dialetti cinesi,
dal malese e dallindiano, o al Nigerian English, variet di inglese modificata dalluso locale
che ha assunto particolare dignit letteraria con le opere di autori africani quali Ekwensi,
Achebe, SaroWiwa e Tutuola.
Lingue e spazi
Lingue e spazi
da coloro che, pur parlando lingue diverse, professano una stessa religione. Il latino, ad esempio, anche dopo aver perso la sua importanza
letteraria, rimasto a lungo la lingua liturgica comune per i cristiani,
e ad esso hanno dovuto ricorrere anche quelle popolazioni parlanti
idiomi differenti che in tempi successivi hanno aderito alla Chiesa di
Roma. Considerandolo inoltre un importante fattore di unione dei
fedeli, lo si continuato ad adoperare proprio in quanto tale (Barbina,
).
Non un caso, allora, se gli scismi religiosi che hanno coinvolto la
Chiesa cattolica sono stati anche degli scismi linguistici. Le novantacinque tesi affisse da Martin Lutero alla porta della chiesa del palazzo
ducale di Wittenberg nellottobre del erano scritte in latino; quando, per, la rottura con la Chiesa di Roma divenne definitiva, Lutero
che gi aveva espresso alcune delle sue posizioni usando la lingua
tedesca prepar in tedesco una lunga lettera indirizzata alla nobilt
cristiana della nazione tedesca, invitandola allo scontro con Roma e
dando inizio alluso di questa lingua nellambito della Chiesa protestante. Allo stesso modo, anche la riforma anglicana fu accompagnata
da una rivoluzione linguistica: ladozione (nel ) del Book of Common
Prayer testo base della liturgia della Chiesa dInghilterra, promulgato da re Edoardo ma opera dellarcivescovo Thomas Cranmer e la
traduzione della Bibbia in inglese (nel ) interruppero, infatti, luso
del latino nella liturgia e favorirono la diffusione di un testo in inglese.
Politiche linguistiche diverse sono state portate avanti dalle varie
Chiese. Due esempi fra tutti, per quanto diversi. Lala pi filogallese della Chiesa anglicana istitu alla fine del XVIII secolo le Sunday Schools,
che diedero un prezioso contributo alla diffusione della forma standard
del gallese; questala si stacc progressivamente dalla Chiesa anglicana fondando, nel , la Chiesa metodista, che si diffuse rapidamente
combattendo contro ogni forma di inglesizzazione del Galles. Il gallese
riusc cos a sopravvivere proprio in quanto saldamente legato ad una
cultura locale ancora viva e sempre sostenuto dai metodisti. Ancora,
le missioni cattoliche dellAfrica hanno sempre cercato di favorire le
lingue tribali sia per avere un mezzo di predicazione pi immediato, sia
. Il clero anglicano aveva capito che era impossibile conquistare alla nuova religione le
genti del Galles senza passare attraverso la loro lingua e accett pertanto la predicazione in
gallese.
per stroncare, laddove era penetrato, larabo, veicolo di diffusione dellIslam; ma anche le missioni anglicane dellAfrica orientale contrastarono
larabo, contribuendo alla diffusione del kiswahili e, anzi, cercando di
depurarlo da ogni apporto arabo (Barbina, ).
Oltre alla lingua e alla religione per elementi base su cui
intessuta la complessa trama della cultura e fattori chiave nei processi
di identificazione dei gruppi umani gli individui trovano anche altri
motivi di aggregazione sociale (cos come di scontro) nel corso della
loro costante attivit creativa ed organizzativa sul territorio. Uno dei
principali sicuramente quello economico: gli uomini per sopravvivere devono produrre i beni e i servizi di cui hanno bisogno e la loro
azione risulta tanto pi efficace quanto pi razionali e coordinate sono
le scelte di ciascun membro del sistema. Per tale motivo necessario che gli individui diano vita ad una struttura produttiva ampia ed
efficiente; e dal momento che questa ha bisogno di continui scambi
di informazioni, se le informazioni vengono trasmesse e comprese
rapidamente tutto il sistema economico se ne avvantaggia.
Luso di una lingua in ambito economico uno dei pi poveri; le
trattative finalizzate al trasferimento di beni, servizi e denaro tendono
ad essere effettuate, infatti, attraverso codici linguistici facilmente
comprensibili e quindi ridotti allessenziale. Non un caso se i primi,
nella storia, ad aver compreso lutilit di uno stesso modo di parlare
siano stati probabilmente proprio i mercanti: le lingue franche, lingue
mercantili, sono sorte proprio dalla necessit di comunicare con un
gran numero di persone appartenenti a comunit linguistiche diverse
in frequente contatto tra di loro.
Entrata in uso allepoca delle Crociate, lespressione lingua franca
deriva dallarabo al farang: in origine era questo, infatti, il termine con
cui i mercanti arabi chiamavano gli europei (lisanalfarang stava per
lingua europea). Per quanto, perci, franco sia oggi considerato
qualsiasi idioma comune tra parlanti di estrazione diversa, la lingua
franca per eccellenza (il sabir) fu una lingua di servizio parlata tra il
XIII ed il XIX secolo.
Lungo le coste del Mediterraneo orientale confluivano le merci e
si incontravano i mercanti provenienti dallAsia con quelli europei;
questi, per comprendersi, avevano bisogno di uno stesso codice di
comunicazione che combinasse le forme espressive pi semplici e
adatte tra quelle a disposizione. Ne deriv un linguaggio particolare
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
figli. Nel momento in cui, poi, la schiavit termin, tali parlate avevano ormai assunto una notevole ricchezza espressiva e in certi casi
anche una dignit letteraria, tant che, una volta avviata la decolonizzazione, riuscirono ad assicurare ai nuovi Stati una coesione culturale,
divenendo in certi casi veri e propri simboli nazionali. E anche se
poche di esse sono state dichiarate ufficiali il caso, ad esempio, del
creolofrancese della Repubblica delle Seychelles e del creolo di Haiti
la loro importanza nella vita dei nuovi Stati indipendenti continua
ad essere elevata .
Nella sua forma originaria un pidgin non considerato una lingua madre, ma piuttosto una sorta di seconda lingua per coloro che
lo parlano, un linguaggio veicolare generalmente limitato a funzioni
specifiche. Un pidgin, insomma, una lingua occasionale, provvisoria,
che costituisce lunico strumento di comunicazione tra due o pi
gruppi che non dispongono di un idioma comune. Esso, solitamente,
plasma la propria grammatica una grammatica ridotta al minimo
per soddisfare limitati bisogni comunicativi su quella delle lingue
indigene e costruisce invece il lessico attingendo soprattutto a quello
della lingua che alle parlate indigene si sovrapposta (lingua lessificatrice), vale a dire in genere quella del gruppo socialmente dominante.
Un pidgin ha quindi un utilizzo ed una diffusione limitati a pochi
ambiti funzionali, che sono quelli in cui i gruppi diversi devono interagire ; per tale motivo, daltra parte, un pidgin non viene utilizzato
nellambito familiare, che rimane di pertinenza delle lingue native.
. Oltretutto, essendo in queste aree ancora notevolmente diffuso lanalfabetismo, la
lingua europea scritta non ha grandi possibilit di imporsi sulla lingua creola nella gestione
delle normali relazioni interpersonali.
. Permangono incertezze circa letimologia della parola pidgin. Stando a Mhlhusler
() si potrebbe pensare, tra laltro, alla resa in cinese dellinglese business o a quella
(sempre in cinese) del portoghese occupao, o, ancora, allebraico pidjom (commercio) o
al cinese piqin (rimetterci, pagare i danni). Al di l, comunque, della difficolt di risalire
alleffettiva origine del termine, le diverse etimologie ipotizzate risultano coerenti con la
funzione tipica di ogni pidgin, quella cio di lingua legata a contesti caratterizzati da
relazioni di natura economica.
. La sua struttura nota ancora Grandi () perci essenziale: il lessico copre
solo le sfere semantiche strettamente legate alle attivit in cui si concretizza la relazione
tra i gruppi, non contempla preposizioni, articoli e congiunzioni, ed ricco di elementi
polisemici (la tendenza quella di ridurre gli elementi di base ed aumentare le possibilit
combinatorie, attribuendo a ciascun termine pi significati); la morfologia manca quasi del
tutto; la sintassi si limita quasi alla sola coordinazione (giustapposizione di frasi brevissime).
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
il suo bagaglio culturale per creare una parlata semplice e alla portata
di tutti. In questo modo, grazie ad una lingua facile da imparare ma
espressiva, una seconda lingua ausiliaria che fosse propriet comune
dellumanit e non di un popolo solo e neutra proprio in quanto
non appartenente a nessun gruppo in particolare , gli uomini avrebbero potuto dialogare, liberi da ogni strumentalizzazione o ideologia
politica, religiosa o di altro genere.
Ortografia, fonetica, grammatica e sintassi non potevano basarsi
che su principi di semplicit e regolarit. Le regole della grammatica furono scelte da quelle di varie lingue studiate da Zamenhof;
i vocaboli furono tratti da idiomi preesistenti, alcuni (specie quelli
introdotti di recente) anche da lingue non indoeuropee, ma per lo
pi dal latino, dalle lingue romanze (in particolare dallitaliano e dal
francese), da quelle germaniche (sopratutto tedesco e inglese) e da
quelle slave (russo e polacco). Grazie, inoltre, ad un razionale (e facile
da memorizzare) sistema di radici, prefissi e suffissi, e alla possibilit
di creare parole composte in grado di descrivere un dato concetto, il
lessico riusciva ad esprimere le sfumature di pensiero in una forma
comprensibile anche a popoli di tradizioni culturali differenti.
Fu per tutti questi motivi che lesperanto cominci a diffondersi
in Europa, tanto tra gli intellettuali quanto tra la gente comune, ed
stato per questo che, pur avendo subito duri colpi nel corso dei
primi decenni del Novecento, il movimento esperantista ha potuto
continuare ad espandersi. Oggi lesperanto viene usato quotidianamente, in forma parlata e scritta, da centinaia di migliaia di persone
in tutto il mondo e alcuni organismi a carattere generale, insieme a
numerose associazioni specializzate, lo utilizzano nei rispettivi campi
di attivit ; opere originali in tale lingua sono edite in ogni parte del
. Gli ideali del movimento sono riassunti nella Dichiarazione di Boulogne ()
e nel Manifesto di Praga (), documenti in cui si pone laccento sulla neutralit del
movimento rispetto ad ogni tipo di organizzazione o corrente (politica, religiosa o di
altro tipo) e ribadita lindipendenza di ogni esperantista dal movimento. definito, infatti,
esperantista semplicemente chi impara la lingua, a prescindere dalluso che ne fa, dalla
condivisione degli ideali o dalladerenza al movimento.
. Secondo alcune stime, sarebbero almeno milione e mezzo le persone in grado di
sostenere una conversazione in lingua che vada al di l delle semplici frasi di commiato.
. Lattivit su scala mondiale coordinata dalla Associazione Universale di Esperanto,
con sede a Rotterdam, che ha soci in oltre Paesi. In Italia, le diverse associazioni sono
coordinate dalla Federazione Esperantista Italiana, che ha sede a Milano.
Lingue e spazi
Capitolo IV
Lingue e spazi
Lingue e spazi
vie di comunicazione principali, nei centri urbani e nelle zone industriali e minerarie, e continuando poi ad avanzare via via che queste
regioni diventavano mete turistiche. Il processo di riorganizzazione
territoriale imposto dallInghilterra industriale fin cos per arrestare
lautonoma evoluzione tanto delle loro strutture sociali quanto delle loro lingue , incapaci di esprimere i nuovi rapporti e di resistere
allinvadenza dellinglese (Zanetto in Breton, ).
In genere, lesistenza nellarea di un centro politico e culturale
determina delle innovazioni dinamiche negli usi linguistici; da ci deriva, daltronde, la tendenza delle lingue ad evolversi pi rapidamente
nel centro del loro ambito di insediamento che non in periferia, ove
invece si conservano pi a lungo gli arcaismi. Il francese di Parigi, ad
esempio, si presenta pi moderno rispetto a quello delle province,
cos come quello dEuropa mutato pi rapidamente rispetto a quello
del Qubec. Tra le lingue indoeuropee, poi, il lituano e il lettone sono
rimaste quelle pi immobili e complesse proprio perch prive di un
centro innovatore. Ancora, nellinsieme germanico come gi si
avuto modo di osservare la lingua pi periferica, lislandese, si
configura come un vero e proprio fossile, e nel subcontinente indiano,
il marathi, la lingua pi lontana dal centro di diffusione gangetico,
rimasta la pi arcaica (Breton, ).
La lingua che diviene predominante, comunque, non deve certo il
successo alla sua struttura interna, bens alla capacit innovatrice del
gruppo che la utilizza; anche rispetto allimportazione di termini stranieri, daltra parte, evidente che a diffondersi sono le parole dellidioma
che in un certo momento prevale in un determinato settore: la lingua
esportatrice, cio, quella che esprime una supremazia in ambito
culturale, tecnico, politico o economico. Vero pure, daltro canto, che
le lingue cosiddette minori non sono in difficolt unicamente a causa del
peso, in termini quantitativi, di certi idiomi (come il cinese mandarino,
. Alquanto diversa solo la situazione del gallese (o cimrico): mentre infatti il gaelico
scozzese e lirlandese si sono progressivamente ritirati verso la costa occidentale, il gallese
ancora diffuso sul suo territorio dorigine e la diminuzione del numero dei suoi parlanti
anche grazie allazione di organizzazioni che lhanno preservato dallestinzione e si sono
battute per un suo riconoscimento ufficiale stata pi lenta.
. Non detto che la stessa lingua mostri una preminenza in tutti i campi: nellinformatica, ad esempio, i termini tecnici sono quelli inglesi, ma nel campo della moda si usano
comunemente parole francesi; nella musica classica, invece, da oltre due secoli tempi e
volumi sono indicati come andante, pianissimo, allegretto, ecc. (Bellezza, ).
Lingue e spazi
linglese, lhindi o lo spagnolo) con un numero di locutori elevato; responsabili dellestinzione di molte parlate sono lo sviluppo economico e
la globalizzazione, la diffusione dei moderni mezzi di comunicazione di
massa, i flussi migratori: tutti fattori che stanno portando alla scomparsa
di molte delle lingue esistenti nel mondo.
Non c nulla di inconsueto nella morte di una lingua. Un gruppo
etnolinguistico come ha giustamente evidenziato Breton ()
costituito da diversi elementi in stretta interconnessione e la loro
parlata costituisce soltanto uno di questi elementi; ad ogni variazione
di uno conseguono variazioni e adattamenti degli altri, e se tutti o
quasi gli altri elementi vengono meno anche la lingua non essendo
pi funzionale al sistema sociale e amministrativo, non servendo a
far crescere leconomia e non essendo pi lingua di cultura andr
perdendo importanza, finendo con lestinguersi. La scomparsa di un
idioma ovvero il processo di diminuzione della competenza che
avviene in una comunit di locutori (processo che diviene completo quando non rimangono pi locutori nativi nella popolazione in
cui esso era precedentemente utilizzato) costituisce un evento frequente nel continuo susseguirsi delle civilt e delle culture, anche se
nella storia del genere umano nessuna lingua morta senza lasciare
traccia di s negli idiomi che ad essa si sono sovrapposti e molte di
quelle che hanno smesso di essere parlate (come il greco antico o il
latino) sono divenute oggetto di studio in quanto interessanti relitti
storicoculturali.
Oggi, per, ci che risalta drammaticamente la dimensione del
problema: delle circa seimila lingue parlate sulla Terra, sembra probabile che pressappoco la met sparir nel giro di un secolo. La consapevolezza di ci a livello delle masse ancora molto limitata la
maggior parte delle persone deve infatti ancora sviluppare una coscienza linguistica ma la portata ed il tasso della perdita in corso a
livello mondiale risultano realmente catastrofici. Siamo di fronte ad
unestinzione linguistica senza precedenti. Secondo lAtlante internazionale delle lingue in pericolo di estinzione presentato dallUNESCO
nel febbraio , ad essere sullorlo della scomparsa, o a rischiare
una morte certa, sono soprattutto le parlate delle regioni a forte diversit linguistica (lAfrica subsahariana, lAmerica del Sud, la Malaysia);
duecento sono le lingue che si sono estinte nel corso delle ultime tre
generazioni, oltre cinquecento si trovano in una situazione particolar-
Lingue e spazi
il processo di acculturazione, sia che i suoi locutori divengano gradualmente, nel corso delle generazioni, bilingui, fino a cessare di
usare la lingua originaria per adottare (pi o meno spontaneamente)
quella dei dominatori, sia che i suoi locutori vengano fisicamente eliminati. Si pu, cos, imporre una lingua, per esempio dichiarandola
come unica ufficiale o costringendo le popolazioni locali a parlarla, o
si pu vietare una parlata che si intende eliminare; si pu distruggere
la cultura tradizionale di una comunit o impedire che i bambini imparino la loro lingua madre. Ma in questo modo, e con le conseguenti
misure istituzionali, si abbandona il campo dei mutamenti spontanei
per entrare in quello delle politiche coscientemente perseguite.
Mentre alcune lingue hanno abbandonato la scena della storia, altre
vi si sono affacciate: da un lato, lingue cosiddette emergenti, espressione cio di gruppi o di Stati che hanno raggiunto lindipendenza
ed hanno intrapreso un processo di consolidamento linguistico volontario (si pensi ai casi del kiswahili e del sango in Africa); dallaltro,
lingue resuscitate per azione di una comunit etnica: cos lebraico,
ad esempio, lingua morta da pi di duemila anni, diventata prima la
seconda lingua dei coloni sionisti e, poi, quella nativa di un crescente
numero di bambini in Israele. Pochi sono, per, i tentativi di rivitalizzazione di un idioma ormai avviato alla decadenza che abbiano avuto
effettivamente successo.
Se positivo stato lesito della rivalutazione del kiswahili in Tanzania ove, come si detto, la necessit di aggregare pi gruppi
etnici in un unico Stato nazionale spinse il governo dellex colonia ad
adoperare la lingua franca locale come strumento di comunicazione
interetnica oltre che lingua ufficiale dello Stato, ed il kiswahili, riadattato ed aggiornato in base alle esigenze da un apposito istituto di ricerca
dellUniversit di Dar es Salaam, divenuto una delle lingue pi importanti di tutta lAfrica , non altrettanto si verificato per il gaelico
irlandese. Prima dellindipendenza, ottenuta dallIrlanda nel , le
condizioni di questa antica parlata celtica, per secoli lunica degli Irlandesi, erano gi preoccupanti: il lungo periodo della dominazione
inglese, iniziata dal XIV secolo, aveva visto una continua penetrazione
della lingua dei conquistatori, e poich il gaelico era anche la lingua
della tradizione cattolica irlandese gli Inglesi cercarono di combatterlo
in ogni modo. Lindustrializzazione sviluppatasi a partire dalla fine del
Settecento contribu, poi, ad un suo ulteriore arretramento: chi vo-
Lingue e spazi
Lingue e spazi
con s; lapprendimento di una lingua dominante facilita enormemente questo processo. Laccentramento di potere nelle metropoli finisce
col tradursi in una perdita di autonomia per le comunit locali, e lidioma della cultura pi forte riesce ad insinuarsi ovunque, sostenuto
dalla pressione quotidiana dei media.
Ad ogni modo, sembra potersi notare una stessa sequenza di eventi
che colpiscono la lingua in via di estinzione. In una prima fase, infatti,
si pu osservare una forte pressione politica, sociale o economica, dallalto verso il basso (una serie di provvedimenti legislativi, ad
esempio) o dal basso verso lalto (come su sollecitazione di un gruppo
sociale) sulla popolazione affinch parli la lingua dominante; il
risultato (seconda fase) un periodo di bilinguismo in cui le persone
parlano sempre meglio la nuova lingua, ma conservano la competenza
di quella precedente. Successivamente, questo bilinguismo inizia a
declinare e il vecchio idioma cede il passo a quello nuovo. Questo segna il passaggio ad una terza fase, nel corso della quale la generazione
pi giovane migliora sempre pi la competenza della nuova lingua,
giunge ad identificarsi maggiormente con essa e finisce col considerare la prima lingua ormai divenuta una sorta di dialetto familiare
sempre meno adatta alle nuove esigenze. Nel giro di una generazione,
cos, il bilinguismo pu diventare prima un incerto semilinguismo
e, quindi, un monolinguismo, che colloca la prima lingua pi vicina
allestinzione (Crystal, ).
Tra due aree linguistiche limitrofe, la fascia di contatto non risulta
quasi mai stabile nel tempo. Soltanto se il confine linguistico segue
delle barriere fisiche che ostacolano gli spostamenti degli individui
essa potr rimanere inalterata; qualora, per, tra le due regioni ci siano
regolari scambi di prodotti, servizi, informazioni e persone, la pressione del gruppo culturalmente, economicamente o politicamente pi
forte nei confronti di quello pi debole far sentire i suoi effetti. La
zona di contatto bilingue: un certo numero di persone ha qui, infatti,
la necessit di tenere i rapporti con tutte e due le comunit linguistiche. Lesistenza di questa frangia bilingue composta di individui
in via di acculturazione o di deculturazione un utile indicatore
per lanalisi delle tendenze profonde delletnia verso lespansione o
lassorbimento.
Per comprendere meglio gli aspetti territoriali del fenomeno, pu
essere utile riferirsi ad un modello elaborato da Roland Breton ().
Secondo tale modello, procedendo dal centro di una regione etnolinguistica (A) verso il centro di unaltra regione etnolinguistica (B),
possiamo osservare una serie di aree con connotazioni linguistiche
differenti. La prima larea delletnia A e in cui si parla solo la lingua
a (Aa); andando verso lesterno, per, ancora nella regione delletnia
A, ci saranno persone che hanno a come prima lingua, ma utilizzano
anche la vicina lingua b (frangia bilingue Aab). Proseguendo ancora,
si incontrer una zona, sempre di etnia A, dove invece la lingua b a
prevalere, mentre a ha solo unimportanza secondaria (frangia bilingue Aba). Ancora pi allesterno, infine, ci sar unarea appartenente,
s, alletnia A, ma monolingue b (Ab), e quindi osserva Breton
completamente allofona . Pi avanti ancora ci sar larea delletnia B,
con monolinguismo etnofono (Bb) .
Le fasi territoriali del passaggio dalla lingua a alla b attraverso due
frange di bilinguismo a diversa prevalenza possono darci unidea del
processo, in questo caso, di deculturazione delletnia A per effetto della
maggiore influenza delletnia B (dal cui punto di vista si pu invece parlare di acculturazione). In altre parole, losservazione ed il confronto dei
dati possono consentirci di valutare lampiezza della frangia bilingue
che si forma, ai margini di qualsiasi gruppo, in seguito a deculturazione (quando, cio, alcuni dei suoi componenti hanno adottato unaltra
lingua) o ad acculturazione (quando, cio, membri di altri gruppi ne
hanno adottato la lingua). Allesterno di questa frangia bilingue si
potr incontrare una parte del gruppo che, pur avendo conservato
lappartenenza etnica originaria, risulter totalmente deculturata, e,
verso linterno, unaltra parte, completamente acculturata. Lincidenza
di queste frange bilingui e la diversa proporzione di individui con lingua materna uguale o diversa rispetto a quella della propria comunit
possono dunque costituire un utile indicatore nella valutazione dei
. Breton parla di etnofoni e allofoni per indicare, rispettivamente, i membri di un
gruppo etnico che hanno come lingua materna la stessa del proprio gruppo e quelli che
invece, allinterno del gruppo, hanno una lingua madre diversa.
. Prendendo ad esempio due Gruppi di Lingua Materna (gli Ucraini e i Russi) e le
due nazionalit corrispondenti e considerando le condizioni degli individui nei processi di
acculturazione e deculturazione, Breton notava come per gli Ucraini si andasse da un grado
zero di deculturazione (Ucraini etnofoni monolingui) alla completa deculturazione (Ucraini
allofoni russificati), passando per gli Ucraini etnofoni bilingui e gli Ucraini allofoni che
mantenevano lucraino come seconda lingua; per i Russi, si poteva osservare un percorso
inverso di acculturazione (da Russi etnofoni monolingui a Russi allofoni ucrainizzati).
Lingue e spazi
.. Le politiche linguistiche
Lespansione di una lingua, cos come la contrazione della sua area
dimpiego o la sua scomparsa dalluso normale derivano da tutta una
serie di elementi; su alcuni di questi chi governa la comunit pu
agire concretamente, intervenendo per favorire un idioma piuttosto
che un altro, per impedirne il declino o, al contrario, per farlo progressivamente arretrare. Chi amministra una comunit, quindi, pu
modificare mediante opportune scelte politiche e a patto di riuscire
alla scala urbana; un linguaggio referenziale, legato alle tradizioni culturali, assicurante la
continuit dei valori; un linguaggio mitico, espressione di sacralit. Una sola lingua pu
possedere tutte e quattro le funzioni, ma quattro lingue diverse possono essere portatrici
ognuna di una di queste quattro funzioni.
. Raffestin () considera due modelli doppressione linguistica: luno riguardante
linterno di ununit statale e sfociante nellaffermazione di una lingua fissa, standard, sui
dialetti (in questo caso si cerca di destrutturare quei modelli che costituiscono, nellottica
dellorganizzazione centrale, una controcultura che si oppone allideologia dellomogeneo) e laltro riguardante lesterno (si pensi al fenomeno coloniale e allespansione delle
lingue europee su vasti spazi, ove le lingue autoctone furono ridotte ad un rango inferiore
attraverso la limitazione dei loro ambiti duso).
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
problema linguistico e delle sue ripercussioni sulla vita del Paese, nel
i leader politici vararono un apposito pacchetto legislativo (leggi
Gilson) con cui fu fatto il primo passo sulla strada del federalismo; si
stabil in via definitiva il confine linguistico tra le due comunit, venne
istituito il bilinguismo nei comuni della regione di Bruxelles, e fu
regolato luso dei diversi idiomi nellinsegnamento. Negli anni successivi, in seguito al processo di revisione della Costituzione, il Paese si
dato una struttura federale e ha consacrato la divisione linguistica attraverso quella istituzionale e legislativa. Da allora il Belgio divenuto,
pi che uno Stato bilingue, uno Stato con due lingue (e due comunit) contrapposte ; soltanto Bruxelles luogo in cui effettivamente
francese e neerlandese si incontrano in un reale bilinguismo .
Al di fuori dellEuropa, il problema della coesistenza di gruppi linguistici diversi si posto con la massima ampiezza in India, una volta
avviata la decolonizzazione. Sotto la spinta dellopinione pubblica e
grazie allaffermazione del linguismo un movimento secondo cui
in uno Stato tanto vasto ogni etnia doveva poter godere di un adeguato
quadro istituzionale e territoriale la carta politicoamministrativa
del Paese venne ridisegnata cos da creare una corrispondenza con
quella delle principali lingue . Questo, per, non riusc a placare le
tensioni di origine linguistica; molte etnie hanno continuato a combattere per veder riconosciuto il proprio diritto ad unidentit linguistica
e per avere proprie istituzioni culturali e territoriali. Da anni le problematiche legate alle lingue continuano ad alimentare conflitti: frequenti
sono state, ad esempio, le richieste di secessione da parte di stati meridionali come nel caso del Tamil Nadu, dove il tamil antica lingua
. Anche di recente, con la vittoria alle elezioni politiche del giugno del partito
nazionalista (e indipendentista) fiammingo di Bart De Wever, si riproposto lo spettro della
scissione tra le Fiandre e la Vallonia, e il Paese si trovato a dover affrontare una situazione
potenzialmente esplosiva.
. La questione di Bruxelles , in effetti, non cos semplice: la citt fa geograficamente
parte delle Fiandre, ma zona bilingue, per quanto progressivamente maggiore sia la
prevalenza del francese; per di pi e senza tener conto dei tanti immigrati (e delle loro
lingue) che vi abitano la massiccia presenza di funzionari dellUnione Europea ha reso
linglese sempre pi diffuso come lingua comune.
. Con oltre un miliardo di abitanti, lUnione indiana comprende ventotto stati e sette
territori disegnati essenzialmente su una base linguistica: quella delle ventidue lingue citate
nella Costituzione. Inoltre afferma larticolo della Costituzione qualsiasi gruppo
di cittadini residente sul territorio indiano che abbia una sua lingua, un suo sistema di
scrittura o una cultura distinta ha il diritto di conservarlo.
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Anche la scelta di designare come ufficiale pi di un idioma, comunque, non sempre soddisfa le ambizioni, in termini di riconoscimento
e autonomia, di comunit linguisticamente distinte. Oltretutto, la percezione del declino della propria lingua, e quindi della sua minore
capacit di resistere allespandersi di altri idiomi, pu rappresentare
un vero e proprio trauma per la comunit etnica del cui patrimonio
culturale essa fa parte. La lingua come abbiamo detto pi volte
parte inseparabile dellidentit collettiva ed per questo stata sovente
al centro delle rivendicazioni di certi movimenti indipendentisti.
Si pensi al caso della Spagna: nel periodo franchista tutti i fermenti
linguisticopolitici vennero bloccati duramente; la necessit di riunificare il Paese dopo la guerra civile ed una visione accentratrice
del potere spinsero infatti il governo a contrastare in ogni modo le
rivendicazioni etniche, soprattutto quelle di Baschi e Catalani, pi insofferenti nei confronti di Madrid e con una loro precisa individualit.
Apertamente osteggiate durante il regime di Franco, le minoranze
alloglotte si sono viste riconoscere alcuni diritti solo in seguito alla
morte del dittatore, col ripristino della monarchia, la restaurazione
delle libert democratiche e lavvio della politica di pacificazione nazionale portata avanti dal nuovo governo. La Costituzione del ,
daltra parte, pur dichiarando unico idioma ufficiale del Paese il castigliano, riconobbe limportanza della variet linguistica e consent il
bilinguismo nellambito delle Comunit autonome. Facolt, questa,
di cui i diversi gruppi si sono giovati in maniera differente: la Comunit autonoma asturiana ha sancito nel suo statuto la difesa della
lingua locale, ma di fatto non ha ritenuto utile instaurare ufficialmente
il bilinguismo, essendo la sua popolazione quasi totalmente monolingue spagnola; la Comunit galiziana, invece, con gran parte della
popolazione bilingue, ha proclamato il gallego ufficiale assieme al
castigliano; il basco antichissimo idioma non indoeuropeo parlato
attualmente nel nord della Spagna e nellestremo sudovest francese,
nel dipartimento del Pirenei Atlantici lingua ufficiale, accanto al
. Alla persecuzione si era avuta una forte opposizione che, in un continuo crescendo
di violenza, aveva portato il movimento irredentistico della regione basca alla scelta del
terrorismo.
. Attualmente si tende a credere che il basco sia lunico idioma sopravvissuto di una
famiglia di lingue parlate nellEuropa occidentale che si estinse quasi interamente con le
invasioni indoeuropee a partire dal XIII secolo a.C.
Lingue e spazi
Lingue e spazi
tali comunit e le istituzioni europee e internazionali; dallaltra, sostenendo la Rete informativa Mercator, sorta con lobiettivo di migliorare
lo scambio e la circolazione delle conoscenze sulle lingue e le culture
minoritarie.
In tutti gli Stati europei in cui il problema pi sentito, comunque,
si cercato di difendere in qualche modo le lingue minori. Nel nostro Paese, ad esempio, come si vedr meglio pi avanti, la maggior
attenzione verso le minoranze linguistiche ha portato, in armonia
con quanto espresso in sede europea e internazionale, ad una legge
la legge dicembre , n. (Norme in materia di tutela delle
minoranze linguistiche storiche) che tutela, allinterno del territorio
nazionale, la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane,
germaniche, greche, slovene, croate e di quelle parlanti il francese,
il francoprovenzale, il friulano, il ladino, loccitano e il sardo . Le
buone intenzioni in materia, in Italia come altrove, non mancano;
il problema quello di individuare una forma di tutela che risulti
realmente efficace e non sia soltanto una dichiarazione di principi.
Daltra parte, rispetto agli effetti concreti delle iniziative intraprese
il pi delle volte concessioni di tipo amministrativo volte al recupero
di alcuni degli usi delle lingue minori si potrebbero avanzare
numerose riserve. Essendo, infatti, quello di etnia un concetto
multidimensionale, per tutelare una lingua in declino occorrerebbe
affrontare il problema della rivitalizzazione non di uno solo, ma dei
diversi elementi che caratterizzano unetnia. Se agire in ambito linguistico sembra, tutto sommato, relativamente facile, per, ben pi
difficile modificare con appositi provvedimenti ci che riguarda,
ad esempio, il trend demografico, lorganizzazione della societ, i
modelli insediativi, il quadro economico generale; e senza interve. Per quanto tutti i cittadini imparino a parlare litaliano e adoperino questa lingua
imposta come lingua nazionale dopo lUnit al fine di creare, anche in questo modo,
uno Stato unitario in ambito scolastico, amministrativo, religioso ecc., vi sono delle
comunit che continuano ad utilizzare alcune parlate locali come lingue materne e di
relazione (comunit etniche alloglotte), ed altre (minoranze nazionali) cui stato riconosciuto il diritto di mantenere la loro parlata anche come lingua ufficiale (limitatamente al
loro territorio e a certi momenti) e nellistruzione.
. I provvedimenti prevedono in genere il riconoscimento di una qualche ufficialit
alla lingua minore (nella scuola, i mass media, la toponomastica ecc.), e dispongono
lerogazione di contributi allo scopo di sostenere quanto si ritiene possa essere utile alla
sua conservazione.
Lingue e spazi
Capitolo V
Lingue e spazi
Lingue e spazi
che era allora la parlata comune in tutta larea andarono sviluppandosi autonomamente, emergendo nei secoli successivi come singole
lingue.
Per altre famiglie, invece, risulta pi difficile tracciare con chiarezza
simili relazioni tra termini riconducibili alle medesime radici protolinguistiche: le lingue appartenenti al gruppo germanico ad esempio
al cui interno gli studiosi distinguono un settore orientale ormai
estinto (di cui si conosce il gotico), uno settentrionale (comprendente
le lingue scandinave, il danese e lislandese) ed uno occidentale (con il
tedesco, linglese ed il neerlandese) derivano da una protolingua
poco nota, e che non ha lasciato praticamente alcuna documentazione
scritta, parlata da quei popoli che risiedevano nella parte meridionale
della penisola scandinava e lungo le coste del Mare del Nord e del Baltico dai Paesi Bassi alla Polonia occidentale. Cos anche per il polacco,
il russo, il serbocroato e le altre lingue che costituiscono il gruppo
slavo mancano documenti scritti relativi ad un supposto paleoslavo.
Anche tra le lingue di questi diversi gruppi esistono, comunque,
delle somiglianze. Si consideri, ad esempio, la nostra pronuncia del
numero : questa deriva evidentemente come anche quelle del
francese (sept), dello spagnolo (siete), del portoghese (sete) dal latino
septem; le stesse pronunce, daltra parte, non sono poi cos diverse
da quelle dellinglese (seven), del tedesco (sieben), del russo (sem) o
del croato (sedam). Studi specifici su simili somiglianze portarono, nel
corso dellOttocento, ad ipotizzare che le lingue europee potessero
essere considerate ramificazioni (sottofamiglie) di una protolingua
comune, e che quindi potessero esser ritenute parte di una famiglia
ancora pi vasta, che i linguisti denominarono indoeuropea. Non solo:
una volta intrapreso lo studio scientifico di alcune lingue parlate al di
fuori dellEuropa, si vide che i principali idiomi dellaltopiano iranico
e del bassopiano del Gange erano imparentati con quelli dei gruppi europei sopra menzionati; anchessi, pertanto, rientravano nella famiglia
indoeuropea , allinterno della quale risultava evidente la distinzione
fra un ramo occidentale (quello europeo) ed uno orientale (quello
indoiranico).
. La lingua documentata che si pensava fosse pi simile alla lingua originaria era il
sanscrito usato negli antichi testi sacri; la lingua attuale pi parlata in India lhindi, vicino
al sanscrito quanto litaliano vicino al latino.
Lingue e spazi
Lingue e spazi
preso il posto di tutta una serie di varianti locali; e gli idiomi bantu
parlati nellAfrica subsahariana non sono altro che varianti linguistiche di un protobantu introdotto da una popolazione culturalmente
avanzata e in piena espansione che fin col soppiantare le genti locali.
La ricostruzione anche solo di un piccolo ramo dellalbero linguistico risulta, pertanto, impresa complessa per lo studioso. Basterebbe,
daltra parte, notare come in Europa, per esempio, lungherese circondato da lingue indoeuropee non appartenga alla stessa famiglia
di tutti i suoi vicini o pensare al caso del basco, lantichissimo idioma
dalle origini ancora oscure della regione che si affaccia sul Golfo di
Biscaglia, a cavallo dellultima propaggine dei Pirenei.
Si detto che, per misurare la somiglianza tra due o pi dialetti o
lingue, il metodo pi semplice consiste nel valutare la proporzione di
parole che presentano unorigine comune, anche se queste possono
aver subito cambiamenti di tipo fonologico o semantico; la proporzione di parole con la stessa origine ci fornisce, infatti, una misura della
prossimit tra queste lingue o dellaffinit linguistica tra le popolazioni corrispondenti. Il problema principale sta nella velocit con cui il
linguaggio si evolve. Malgrado ci, comunque, alcuni linguisti hanno
cercato di individuare termini comuni a tutte le famiglie linguistiche.
Chiaramente la ricerca storicocomparativa non poteva essere
condotta a caso, su qualsiasi parola; la scelta doveva essere guidata
dal ragionamento. Innanzitutto, allora, andavano messi a confronto
alcuni termini presenti in ciascuna lingua presa in considerazione .
Poi, per, al fine di indagare il modo di vivere delle diverse popolazioni, sarebbe stato utile osservare altre parole, proprie di certe
lingue e non di altre. Come quelle relative alle condizioni ambientali, ad esempio, che forniscono utili informazioni sulla regione
dinsediamento di un gruppo umano: qualora nel lessico di una
popolazione vi fossero, ad esempio, pi termini relativi al deserto,
sarebbe facile ricavarne che quel gruppo fosse insediato in una regione arida; al contrario, se esistessero molteplici termini per indicare
il ghiaccio e la neve, saremmo indotti a credere che chi parlava quella lingua vivesse in unarea dal clima ben pi rigido. cos che la
. Vi sono alcuni concetti che si possono definire universali, in quanto esistenti in
tutte le lingue: si pensi, oltre ai numeri, ai termini adoperati per definire i componenti
pi prossimi della famiglia.
Lingue e spazi
Per seguire le varie ondate di migrazioni delle popolazioni indoeuropee pu essere utile richiamare brevemente le vicende dellimportante civilt neolitica fiorita, a partire dal VII millennio a.C., nel bacino
inferiore del Danubio . In una prima fase, sul finire del V millennio
a.C., alcuni gruppi di invasori partirono dalla regione situata sul basso corso dei fiumi Dnepr e Don, dalle steppe delle odierne Russia e
Ucraina, sul Mar Nero, e si diressero verso il bacino del Danubio, dove
arrivarono attorno al a.C.; insediatisi agevolmente nella pianura
ungherese, questi primi Indoeuropei arrivarono, verso sud, fino alla
Macedonia.
La loro societ identificata generalmente con la cultura dei
kurgan (particolari tombe seminterrate di capi e condottieri) denotava unorganizzazione pi progredita rispetto a quella dei gruppi
la cui economia si basava esclusivamente sulla caccia e la raccolta;
tali genti praticavano infatti lallevamento, il commercio e le razzie,
ed una parte si dedicava anche a qualche produzione agricola. La
progressione verso ovest delle sepolture kurgan testimonia il percorso compiuto da queste antiche popolazioni indoeuropee, che
sembrerebbero dunque essersi diffuse a ondate successive, avendo la
meglio sulle pi antiche societ neolitiche .
Una seconda ondata migratoria delle popolazioni indoeuropee si
verific sul finire del IV millennio e fu ben pi consistente della precedente; anche la regione di partenza, daltra parte, era pi ampia,
estendendosi dal Dnepr verso est fino al basso corso del Volga e comprendendo tutte le regioni a nord del Caucaso. Nel corso di questa
fase, vari gruppi si diressero a nord, invadendo lUcraina e la Polonia
fino ad oltrepassare lElba; alcuni si stabilirono nella penisola balcanica e nella parte centrosettentrionale di quella italiana, scacciando i
. Il linguista francese Andr Martinet che indirizz i suoi primi studi verso la
fonologia sincronica e diacronica, e si dedic poi alla linguistica generale e comparativa,
pubblicando un importante studio comparativo sulle lingue indoeuropee () parla
di questa civilt danubiana (non indoeuropea) come di una societ agricola, matriarcale,
ove i vari gruppi vivevano abitualmente in pace. Secondo alcuni studiosi, inoltre, i segni
grafici di tipo religioso stavano evolvendosi, nel IV millennio, in qualcosa di simile ad un
sillabario.
. . Lipotesi kurgan stata introdotta negli anni cinquanta dallarcheologa e linguista lituana Marija Gimbutas, che studi le culture del Neolitico e dellEt del Bronzo
dellEuropa antica, coniugando, al fine di risolvere alcuni problemi riguardanti gli antichi
popoli parlanti il protoindoeuropeo, lo studio della cultura kurgan con la Linguistica.
Lingue e spazi
Lingue e spazi
dellIndo, unaltra sarebbe andata verso nord, ad est del Mar Caspio, e
da qui, poi, un gruppo si sarebbe diretto verso lAsia centrale e laltro
verso ovest, in Europa (cfr. Fig. .). A partire dalle coste settentrionali
del Mar Nero, i percorsi seguiti sembrano coincidere, grosso modo,
con quelli ipotizzati dalla teoria della diffusione per conquista.
... Genetica e linguistica
Allinizio degli anni novanta, la teoria agricola stata confermata dallanalisi del contenuto proteico (genico) degli individui sparsi in diversi
luoghi dellEuropa, che ha mostrato lesistenza di un decadimento
sulla distanza nel modello geografico di distribuzione: certi geni, cio,
divengono rapidamente meno comuni dal sud della Turchia attraverso
la Bulgaria e verso i Balcani e lEuropa occidentale e settentrionale.
Ci sembrerebbe dimostrare che i popoli di agricoltori dellAnatolia,
via via che si muovevano verso ovest e verso nord, si mescolavano
con le popolazioni indigene qui insediate, diluendo il loro patrimonio genetico man mano che aumentava la distanza dalla loro area
dorigine.
Se la genetica ha fornito risultati di enorme importanza per lo
studio delle lingue, fondamentale stato lapporto di uno studioso
italiano, Luigi Luca CavalliSforza, le cui ricerche hanno consentito
di ritrovare nellattuale patrimonio genetico umano i segni lasciati
dai grandi movimenti migratori del passato. In seguito ad un lungo
periodo di studio negli Stati Uniti, CavalliSforza redasse insieme
al collega Robert Ammerman una serie di carte sulla diffusione di
diverse caratteristiche genetiche umane; contemporaneamente, per,
lui e i suoi collaboratori si tenevano al corrente su quanto si andava
scoprendo in merito alla propagazione in Europa di varie tecniche (la
cerealicoltura, ad esempio) partite dal Vicino Oriente.
Andamento parallelo a quella genetica e/o geografica risultava avere
la variazione linguistica nello spazio: ci veniva dimostrato in alcune
indagini particolari riguardanti sia aree limitate che regioni pi ampie. I
contatti di tipo culturale e quelli di tipo genetico, daltra parte, seguono
gli stessi percorsi, subiscono gli effetti delle stesse barriere geografiche
ed ecologiche e possono influenzarsi a vicenda, rafforzandosi reciprocamente: molte ragioni sembrano, quindi, giustificare la stretta similarit
esistente tra patrimoni culturali e patrimoni genetici.
Lingue e spazi
Lingue e spazi
alcuna convergenza con idiomi preesistenti. In realt, per, se ripercorressimo i dibattiti relativi agli studi sulle lingue del Pacifico e su
quelle dei nativi americani, noteremmo come anche i problemi ad essi
connessi non siano per nulla semplici da risolvere (De Blij, ). In
particolare, per ci che riguarda le Americhe la cui carta linguistica
oggi dominata dalle lingue indoeuropee ci si accorse subito come
non si fosse affatto davanti ad una situazione pi semplice di quella
eurasiatica: almeno duecento erano, secondo i linguisti, le famiglie
relative ai nativi americani, ciascuna diversa dallaltra.
Non tutti, per, la pensavano allo stesso modo: lamericano Joseph
Greenberg alla fine degli anni ottanta, mentre i genetisti studiavano
il popolamento del continente americano afferm che le lingue
precolombiane potevano essere raggruppate in tre sole famiglie, ognuna corrispondente ad unimportante ondata migratoria dallAsia verso
il Nuovo Mondo. La pi antica ed ampiamente distribuita era quella
amerindia, estesa dagli attuali Stati Uniti fino allestremo sud; la seconda, molto meno diffusa, era quella naden, le cui lingue erano parlate
dai nativi del nordovest del Canada e di parte dellAlaska, come pure
dalle popolazioni navajo e apache; la terza, ultima in ordine di tempo
ad essere arrivata nelle Americhe, era la famiglia eskimoaleutina,
attualmente concentrata nellestremo nord, lungo le coste artiche (cfr.
Fig. .).
Molti colleghi di Greenberg criticarono la sua ipotesi, sostenendo
che egli non avesse seguito idonee procedure di ricostruzione ; anche
a volerne ridurre il numero secondo loro le famiglie linguistiche
americane avrebbero dovuto essere almeno una sessantina. I risultati
della genetica, tuttavia, finirono col confermare in pieno la teoria di
Greenberg. La distribuzione mondiale dellumanit moderna era stata
determinata da alcune grandi migrazioni, susseguitesi ad intervalli
sempre pi ridotti. La prima avvenuta circa un milione di anni fa
fu quella che vide la partenza dellHomo erectus dallAfrica orientale:
sfruttate le risorse disponibili in misura pi intensa di ogni altro predecessore, alcuni gruppi si avventurarono verso il Medio Oriente e
lAsia a sud dellHimalaya, nel SudEst asiatico e in Cina. La seconda
. Egli avrebbe confrontato parole dal suono simile in varie lingue contemporanee
conosciute pi che studiare gli spostamenti dei suoni.
. Una glaciazione abbass il livello dei mari, ampliando il numero di ponti naturali.
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
estende la famiglia afroasiatica (o semitocamitica), composta da circa lingue parlate in tutta lAfrica settentrionale, in Etiopia, Eritrea
e Somalia, ma anche in Medio Oriente e in Arabia ; tale famiglia
al cui interno sono stati identificati cinque rami principali (semitico,
berbero, ciadico, omotico e cuscitico) conta circa milioni di
locutori: almeno spettano allarabo, circa alle lingue cuscitiche
di Etiopia e Somalia (oromo, somali, sidamo, afar), una ventina alle
parlate berbere, circa allhaussa della Nigeria (la principale delle
lingue del ramo ciadico), allamharico e pressappoco allebraico.
Per ci che riguarda, invece, le lingue negroafricane, la loro classificazione stata abbastanza discussa. A nord, in contatto con le lingue
ciadiche, la famiglia nilosahariana (prima chiamata sudanese o sudanica) si estende dalla Libia meridionale fino al Kenya e alla Tanzania; si
tratta di un gruppo relativamente ristretto, che include diversi popoli
pastori nomadi e agricoltori e risulta frammentato in tre isole: ad
ovest, sul medio Niger, il songhai, al centro il sahariano, e ad est i gruppi nilochariani (sudanico centrale, sudanico orientale e nilocamitico),
il foriano del Darfur ed il maban, ai confini con lEtiopia.
Praticamente tutte le altre lingue negroafricane rientrano invece
nella famiglia nigerkordofan, che comprende il kordofaniano, ramo
con poche lingue parlate in Sudan, ed il ben pi diffuso ramo niger
congolese, esteso su tutta lAfrica tropicale, cui fanno capo pi di mille
lingue (e milioni di locutori), distinte, da ovest ad est, in almeno
quattro gruppi principali: sulla costa tra il Senegal e la Sierra Leone
(e diffuso nella regione delle savane fino al Camerun) quello atlantico occidentale; il mande, lingua dellomonima trib di agricoltori,
in tutto il bacino dellalto Niger e fino alla costa; il nigercongolese
centrosettentrionale con i popoli di lingua kru, gur (voltaico) e
adamawaubangiana esteso su tutta la costa del Golfo di Guinea
(Liberia, Costa dAvorio, Ghana, Benin, Nigeria meridionale), ma an. Popolazioni semitiche erano insediate, attorno al IVIII millennio a.C., nellAfrica
settentrionale e in Arabia; agricoltori, secondo lipotesi di Renfrew, originari del Mediterraneo orientale. Il Sahara, daltra parte, non era desertico come oggi (come confermano
i bovini raffigurati nelle pitture rupestri dei rilievi nella zona centrale). Con lavanzare
dellinaridimento, negli ultimi cinquemila anni, i gruppi che qui abitavano si ritirarono
sempre pi a nord. Parte si rifugi in qualche zona pi elevata e lungo lalto Nilo; le loro
lingue costituiscono la famiglia nilosahariana. Altri si diressero verso sud, diffondendosi
in tutto il Sahel; le loro lingue compongono la variegata famiglia che Ruhlen ha definito
nigerkordofan, di cui fanno parte le lingue bantu.
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Cesk
Ten, lucraina nei Carpazi orientali (Breton, ).
Nellarea slava orientale, dopo la rivoluzione del , si sono costituite definitivamente, accanto al russo , le due lingue sorelle ucraina
e bielorussa, oggi parlate nelle relative repubbliche e nei territori immediatamente circostanti. Sul Baltico, lituano e lettone sono le uniche
due lingue sopravvissute dellantica famiglia baltica, ritenuta la pi
vicina al sanscrito. Pi a nord, finnico ed estone rappresentano le esponenti principali della famiglia uraloaltaica, che si estende attraverso
lEurasia fino alla costa del Pacifico ed include, tra le altre oltre
allungherese il turco, il kazaco, il kirghiso e luzbeco. Georgiano
(lingua sudcaucasica), armeno (lingua singola) e azero (famiglia altaica, sottofamiglia turcotatara), nella Transcaucasia, svolgono un ruolo
nazionale allinterno dei rispettivi contesti statali.
Il mondo arabo
Lingua ufficiale in venticinque Stati e materna per circa milioni di
persone, larabo una delle ultime nate fra le lingue della famiglia
semitica si sviluppato ai margini dei deserti dellArabia centrale;
a partire dal VII secolo, per, cominci ad essere diffuso dai beduini
che portavano il messaggio di Maometto nelle zone conquistate dallIslam e soppiant, cos, gradualmente le parlate dei territori dal Golfo
Persico allOceano Atlantico.
Ma la diffusione dellarabo non si limita alle regioni o ai Paesi in cui
questa lingua risulta essere quella nativa degli abitanti e ufficiale degli
Stati; larabo, lingua del Corano, infatti adoperato in tutto il mondo
islamico. Eppure, su un piano strettamente linguistico, larabo un
idioma particolare, differente secondo i livelli dutilizzo e diversificato
in dialetti distinti tanto luno dallaltro (e perci non reciprocamente
comprensibili) quanto dalla lingua religiosa, ormai non pi parlata
dalle popolazioni bench insegnata nelle scuole coraniche di tutto il
mondo. La comunit linguistica comunque tale da consentire che
pur non realizzando laspirazione ad ununica nazione alla Lega
Araba, istituita nel , abbiano aderito ventidue Stati dellAsia e
. La Federazione Russa conta circa differenti gruppi etnici e una decina di famiglie
linguistiche. Secondo il censimento del , quasi l% della popolazione di lingua russa
e pertanto appartiene al gruppo etnico di maggioranza, che seguito da Tatari, Ucraini,
Baschiri, Ciuvasci, Ceceni, Armeni; altri gruppi pi piccoli vivono compatti nelle rispettive
regioni e sono classificati sulla base delle diverse lingue.
Lingue e spazi
lingue iraniche (tagico, pashto ed osseto) e quattro turche (uzbeko, uiguro, tataro e bashkiro) hanno, inoltre, un riconoscimento
regionale in altri Paesi di questarea.
Quattro sono invece le famiglie linguistiche presenti nel subcontinente indiano: quella indoeuropea, la dravidica, la sinotibetana
e laustroasiatica. La pi antica , come si detto, la famiglia dravidica, forse imparentata con lelamitico del Medio Oriente e verosimilmente dominante allepoca della civilt della valle dellIndo
(tra il ed il a.C. circa), ma poi sospinta dallavanzata
dei parlanti indoeuropeo in una regione compatta nel sud della
penisola indiana, dove tuttora (fatta eccezione per qualche isola
nel Belucistan e a nordest dellIndo) prevalente. In un periodo
storico di incerta datazione sono penetrate le lingue austroasiatiche
(munda e monkhmer); ad unepoca pi recente risale, invece, larrivo delle lingue della famiglia sinotibetana, infiltratesi attraverso
la barriera himalayana nella parte settentrionale e nordorientale
del subcontinente: il tibetano a nord, le parlate tibetohimalayane
prevalentemente nel Nepal, e i diversi gruppi tibetobirmani lungo
la frontiera orientale. Due isole periferiche, infine, probabilmente
anteriori rispetto a queste famiglie, sopravvivono sul territorio
indiano: si tratta del burukashi, parlato sulle montagne del Pakistan
settentrionale, e delle lingue andamane della famiglia indopacifica.
Nel complesso, in tutta lAsia meridionale, sono almeno un centinaio le lingue presenti (per oltre , miliardi di locutori); tra queste, una
quindicina sono quelle che hanno raggiunto una posizione nazionale
o regionale solida. In primo luogo lhindi lingua ufficiale in India
che, insieme a due lingue sorelle (lurdu del Pakistan ed il punjabi),
forma lhindustani, parlato da circa milioni di persone. Poi le altre
grandi lingue indoariane: il bengali (ufficiale in Bangladesh), il marathi, il gujarati, loriya, il singalese, lassamese, il sindhi, il kashmiri, il
nepalese (ufficiale in Nepal), il konkani. E, ancora, le quattro grandi
lingue dravidiche: telugu, tamil, kannada e malayalam (che contano
rispettivamente , , e milioni di locutori).
Dominato da diversi idiomi importanti, il mosaico linguistico indiano non risulta per per una popolazione cos numerosa frammentato come quello africano; rapportati ai principali, gli altri idiomi qui registrati appaiono piuttosto come dialetti regionali o parlate
tribali.
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
allorch cominci ad essere la lingua materna dei figli nati dalle unioni
fra colonizzatori portoghesi e schiavi africani.
.. Limportanza ineguale delle lingue
Quante sono le lingue? E quanti i locutori per ciascuna di esse? Lassenza di criteri di definizione universalmente riconosciuti e la mancanza,
nella maggior parte degli Stati, di censimenti linguistici organizzati
impediscono come si pi volte ricordato di rispondere precisamente ad interrogativi di questo tipo. Il calcolo periodico dei locutori
non compiuto che da un esiguo numero di Stati, i quali includono
qualche domanda relativa allappartenenza etnica nei loro censimenti
della popolazione; per il resto, mancano del tutto dati precisi sulle
lingue parlate e si possono effettuare solo delle valutazioni approssimative in tal senso. Daltra parte, poi, le scelte collettive o individuali
e le appartenenze multiple, frutto di mescolanze ed acculturazioni,
contribuiscono a rendere le comunit linguistiche degli insiemi dai
contorni ben poco definiti (id., ).
Quello che si pu notare immediatamente, comunque, pur tenendo
conto di tali difficolt, la forte disparit quantitativa delle comunit
linguistiche. Il gruppo pi facilmente individuabile quello composto
dalla dozzina di lingue con pi di milioni di locutori ciascuna,
che raccoglie pi della met della popolazione mondiale. Secondo
LouisJean Calvet (), questo club di grandi lingue raggruppa
attorno allinglese lingua ipercentrale, parlata da circa milioni di
persone come lingua materna, ma da almeno altrettante come seconda
lingua, e da almeno milioni di individui come lingua straniera
una serie di comunit maggiori corrispondenti, appunto, a quelle lingue
(che Calvet chiama supercentrali) con almeno milioni di locutori
nativi ognuna: il cinese (con , miliardi di parlanti se considerato come
un unico Gruppo di Lingua Materna, pi di milioni limitandosi
al solo mandarino), lhindi ( milioni, che diventano almeno se
si considerano anche il punjabi e lurdu, con cui lintercomprensione
agevole), lo spagnolo (con gli oltre milioni di Spagna e America
ispanofona), larabo (pi di milioni), il bengali (oltre milioni
di locutori tra India e Bangladesh), il portoghese (quasi milioni),
il russo (circa ), il giapponese (), e ancora il tedesco (circa
Lingue e spazi
misura minore, anche nel Libano, in Cambogia, nel Laos e nel Vietnam. Nellinsieme, dunque, una quarantina di Paesi sparsi nei cinque
continenti.
Ben pi compatta e delimitata di quella francese la base geografica
dello spagnolo, la cui importanza sia per lalto tasso di natalit di
molti Paesi in cui viene parlato, che per lo sviluppo economico di vari
Stati latinoamericani, come pure in conseguenza della crescita della comunit ispanofona negli Stati Uniti aumentata notevolmente negli
ultimi anni. Una ventina sono gli Stati in cui tale lingua ufficiale ;
fatta eccezione per la Spagna e la Guinea Equatoriale, questi si trovano
tutti nel continente americano: Messico , Cuba, Repubblica Dominicana, Porto Rico, i Paesi del Centro America, e ancora Colombia,
Venezuela, Ecuador, Per, Bolivia, Cile, Argentina, Paraguay, Uruguay
senza dimenticare i cospicui gruppi di immigrati presenti sia in
Europa che nel Nord America fanno di questa una delle principali
lingue del mondo .
Geograficamente compatte sono anche le aree di diffusione del
russo e del tedesco, entrambe lingue internazionali parlate allinterno
di Stati tra loro vicini, cos come quella del persiano (o farsi), che,
con i suoi dialetti tagico e dari, viene parlato da pi di milioni di
persone in Iran, Tagikistan e Afghanistan dov anche ufficiale (in
Afghanistan insieme al pashto) e in parte dellUzbekistan . Esteso
su quattro continenti invece il portoghese , ufficiale in Portogallo,
. Nel corso del Novecento, luso della lingua spagnola ha conosciuto un costante
declino in Asia. Nelle Filippine, in particolare, tale lingua non pi ufficiale e non fa pi
parte dei curricula degli studi superiori; quei pochi filippini che ad esso si rifanno parlano,
in realt, un creolo spagnolo noto come chabacano.
. Il Messico lo Stato con la pi numerosa popolazione ispanofona del mondo; il suo
spagnolo si arricchito di apporti delle lingue locali e costituisce attualmente la variante pi
diffusa della lingua spagnola negli USA grazie allelevato numero di immigrati qui presenti.
. Ognuno di questi Paesi ha un proprio modo di parlare lo spagnolo (il castigliano):
nel Centro America la situazione abbastanza uniforme e tale lingua compresa da tutti,
pur esistendo qui ancora diverse parlate amerindie; nei Caraibi il cubano, il dominicano ed
il portoricano se ne discostano sia per la pronuncia che per il significato di certi termini, e
simile a quello dei Caraibi lo spagnolo del Venezuela.
. Il persiano moderno (fatta eccezione per il tagico, che utilizza lalfabeto cirillico)
utilizza una versione modificata dellalfabeto arabo, che si afferm dopo la conversione
della Persia allIslam. Ma il persiano e larabo restano due lingue estremamente diverse,
che appartengono a due famiglie distinte: il primo a quella indoeuropea (ramo iranico
dellindoiranico), il secondo a quella afroasiatica.
. Tale lingua si diffuse soprattutto nel corso del XV e del XVI secolo, nel momento,
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Capitolo VI
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
va crescendo la necessit di trovare nuove soluzioni per gestire quegli aspetti che concorrono a creare nuove occasioni di contatto e di
conflitto.
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
dei comuni friulani di Sauris e Resia, sedi di due minoranze germanica e slava, e in diversi centri della Benecia, area della provincia di
Udine in cui risiede una minoranza slovena (cfr. Fig. .). Come infatti
lisolamento dei Sardi (isolamento geografico, ma anche storico ed
economico) ha favorito il mantenimento della parlata e dellidentit
etnica, la posizione marginale del proprio territorio rispetto ai confini recenti dellItalia evidenzia Barbina () ha contribuito a
dare ai Friulani quella particolare fisionomia culturale che alla base
della loro autonomia etnica. La forza di aggregazione delle comunit
che utilizzano tali lingue deriverebbe, dunque, da fattori geografici e
storici ben individuabili.
Quattro sono i grandi gruppi dialettali del friulano che possibile
identificare: il tipo centrale innanzitutto, parlato in gran parte della
provincia di Udine, che per prestigio storico e letterario costituisce
la base della variet standard ; quello carnico, poi, composto in realt da un insieme di variet tra loro molto diversificate; e, ancora, il
goriziano (friulano orientale) e il tipo occidentale, parlato nelle aree
friulanofone della provincia di Pordenone e nellex mandamento di
Portogruaro. Tutti questi dialetti hanno in comune sia con i dialetti
dolomitici che col romancio dei Grigioni un certo numero di tratti
conservativi; lacquisizione di una specifica individualit, tuttavia, ha
fatto s che essi potessero essere valutati come un insieme a s, inserito tra le variet minoritarie ammesse a tutela ai sensi della legge
/. La percezione di unidentit culturale propria and evolvendosi soprattutto sullonda degli studi di Graziadio Isaia Ascoli, nativo
di Gorizia, sulloriginalit del friulano e riguard inizialmente la zona
rimasta allAustria fino al , dove il desiderio di riconoscimento
delle peculiarit locali procedeva insieme allirredentismo filoitaliano;
anche in seguito, daltra parte, il friulanismo non assunse quasi mai
caratteri antiunitari e soltanto raramente si manifest attraverso forme
di rivendicazione politica a sfondo nazionalista (Strassoldo, ; Toso,
).
Bench lopinione pubblica friulana avesse cominciato a chiedere
. Nel corso del XIX secolo, grazie ad una produzione letteraria di un certo pregio,
andata formandosi una koin fondata sulla variet di Udine, mediatrice tra i vernacoli
locali e litaliano regionale; attorno a questa, lingua veicolare in unarea pi ampia di quella
originaria, si sono incentrati i progetti di normalizzazione e formalizzazione di una lingua
friulana sovradialettale (Nocentini, ; Orioles, ).
Lingue e spazi
una certa autonomia per la propria regione gi subito dopo la Seconda guerra mondiale e nel , tra laltro, fosse sorta a Udine
quellAssociazione per lAutonomia Friulana che si era proposta di
ottenere per il proprio territorio, percepito come distinto dalle vicine regioni veneta e giuliana, il riconoscimento di unampia libert
amministrativa ed economica nellambito dello Stato italiano fu
per solo nella seconda met degli anni sessanta che lautonomismo
friulano si svilupp appieno: questioni quali listituzione della regione a statuto speciale e la difesa della lingua friulana furono poste
al centro del dibattito politico, e lallora fondato Movimento Friuli
partito che diede voce per oltre ventanni alle istanze friulaniste
manifest espressamente la necessit di modalit specifiche di difesa
della cultura degli abitanti di questarea, riunita, nel , a territori
(quali erano Trieste e le aree slovene della Venezia Giulia) vissuti come
storicamente e geograficamente estranei .
Quasi cinquantanni prima, invece, e cio dopo la Prima guerra
mondiale, era andato prendendo forma lautonomismo sardo. Sorto
negli ambienti del reducismo, espressione di coloro che avevano visto
non mantenuto limpegno ad una pi equa distribuzione fondiaria,
il regionalismo sardo inizialmente non assunse specifici caratteri di
rivendicazione etnica, tant che il Partito sardo dazione si present,
in una prima fase, essenzialmente come un partito agrario. Dapprima,
per, con lavvento del fascismo e la sua azione repressiva nei confronti delle autonomie locali, poi nel secondo dopoguerra, quando emerse
linadeguatezza delle prerogative concesse alla regione ai fini di una
risoluzione dei tanti problemi che ancora colpivano lisola, e ancora
dagli anni settanta, allorch il problema della tutela e della valorizzazione della specificit linguistica divenne uno dei punti centrali dei
. Due anni pi tardi da tale Associazione si stacc il pi radicale Movimento Popolare
Friulano, che mirava ad ottenere la ricostituzione integrale, con la pi ampia autonomia,
della regione del Friuli nei suoi confini naturali.
. Larticolo della Costituzione aveva previsto che al Friuli Venezia Giulia, cos
come alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino Alto Adige e alla Valle dAosta, fossero attribuite
forme e condizioni particolari di autonomia, secondo statuti speciali adottati con leggi
costituzionali; il Friuli Venezia Giulia, per, fu lultima fra le regioni autonome italiane ad
essere istituita: lo statuto venne infatti introdotto dalla legge n. del gennaio .
. Oggi, di fatto, le tematiche autonomiste sono assenti dal dibattito politico regionale,
e linteresse pare esser tutto per le modalit di applicazione della legge di tutela e per la
promozione della lingua e del suo insegnamento.
Lingue e spazi
In un territorio la cui economia ha risentito fortemente dellindustrializzazione della pianura piemontese e dei fondovalle osserva
Telmon () e in una condizione in cui il bi o il plurilinguismo
hanno sempre rappresentato la normalit, le parlate occitaniche sono
venute assumendo il rango di codice della quotidianit pi informale;
questo da un lato ha accentuato le tendenze disgregatrici interne, e
dallaltro ha visto crescere, da parte delle lingue di prestigio, la sovrapposizione e loccupazione di domini linguistici e di interazioni che
pure erano di competenza del patois. Di tale situazione pressoch
totale la coscienza degli stessi locutori, tant che da parte degli stessi
movimenti autonomisti questa consapevolezza si riflette spesso in
propositi di prospettive bi o plurilingui piuttosto che in programmi di
ritorno ad un monolinguismo che, in verit, non ha mai fatto parte
della storia linguistica di queste valli (id., p. ).
La presa di coscienza di una specificit linguistica occitana avvenuta, comunque, in Italia abbastanza di recente, anche in conseguenza
delle differenziazioni esistenti tra le popolazioni che si soliti mettere
assieme sotto questa denominazione, prive di una identit comune;
stato solo negli anni sessanta, infatti, che, sulla scia della pubblicazione del lavoro di Corrado Grassi e in seguito alla fondazione della
Escolo du Po (Scuola del Po), primo organismo di studio di tale
patrimonio in Italia, la cultura occitana si risvegliata ed venuto
gradualmente maturando un senso di appartenenza ad essa. Passato,
per, quel primo periodo in cui loccitanismo assunse forme pi apertamente rivendicative trovando prima un supporto nel felibrismo di
matrice mistraliana e rifacendosi poi alle idee del teorico di origini
guasconi Franois Fontan , lazione proseguita secondo modalit
diverse: numerose sono state e restano le iniziative portate avanti da
gruppi di cultori e associazioni attivi nella valorizzazione delle tradizioni, ma spesso tali specificit sono state utilizzate pi come fattori di
. Correnti e contrasti di lingua e cultura nelle valli cisalpine di parlata provenzale e franco
provenzale, Giappichelli, Torino, .
. Fondato in Francia a met dellOttocento da Frdric Mistral insieme ad altri poeti,
il movimento letterario del Felibrismo (Flibrige) si proponeva di salvaguardare e riportare
in auge la lingua doc, parlata un tempo dai trovatori medievali, ma relegata dallavanzata
del francese alluso domestico.
. Secondo Fontan lOccitania era una nazione e, in quanto tale, aveva diritto ad erigersi
in uno Stato indipendente.
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
piccola isola della Tunisia data in concessione dal bey di Tunisi alla
famiglia genovese dei Lomellini, che ad essa erano interessati per
la pesca del corallo e successivamente trapiantata in Sardegna,
laddove oggi ancora presente. Mutate infatti le condizioni politiche
in Tunisia, diminuito il corallo, cresciuta lingerenza della Francia e
divenute maggiori le pressioni della dinastia locale per rafforzare il
controllo sul territorio, nella prima met del XVIII secolo un cospicuo
gruppo di Tabarchini cerc asilo altrove, accogliendo linvito di Carlo
Emanuele III di Savoia a contribuire al ripopolamento di alcune terre
sarde allora disabitate. Si stabilirono cos dapprima (nel ) nellisola
di San Pietro ove fondarono il centro che, in omaggio al sovrano,
fu chiamato, appunto, Carloforte e quindi, trentanni pi tardi, a
Calasetta, sulla costa di SantAntioco . Superate le difficolt dei primi
periodi, in cui alcune epidemie decimarono la popolazione, e bonificate ampie zone paludose, il nucleo primitivo delle due colonie and
crescendo nel tempo; oggi gli abitanti di Carloforte sono circa . e
quelli di Calasetta ..
Mantenuta integra la loro identit culturale, estremamente attaccati
alle loro tradizioni, essi hanno conservato un uso molto ampio della
parlata, tant che pur avendo attinto alcuni elementi dallarabo, dal
sardo, dal siciliano e dal ponzese limpiego del tabarchino da sempre
tratto tipico delle consuetudini linguistiche della popolazione, anche
caso unico nel contesto delle minoranze linguistiche presenti in Italia
presso le generazioni pi giovani. Promosso e salvaguardato a livello
locale, riconosciuto nel come lingua minoritaria dalla legislazione
regionale sarda, che attribuisce ad esso la stessa valenza culturale delle
altre parlate diffuse sullisola, il tabarchino per ignorato dalla legislazione nazionale; a differenza dei Sardi e dei Catalani di Alghero, pertanto,
i suoi locutori non sono considerati dallo Stato italiano come costituenti
una minoranza linguistica e, soli in tutta la Sardegna, non possono fruire
dei benefici della legge / (Toso, e ).
. In seguito a tale concessione (probabilmente una ricompensa per la liberazione
dellisola dalle incursioni del corsaro turco Dragut), i Lomellini colonizzarono Tabarca
trapiantandovi un gruppo di abitanti di Pegli dediti, appunto, alla pesca del corallo. Qui
la comunit prosper fino allinizio del Settecento, sviluppando intensi commerci con le
popolazioni del retroterra.
. Contestualmente, il tabarchino fu impiantato anche sullisola di Nueva Tabarca, in
Spagna, presso Alicante, dove per si estinse allinizio del XX secolo.
Permeabili allingresso di piccole comunit germanofone sono state poi, in pi momenti storici, le Alpi; stabilitesi in territorio italiano,
tali comunit vi hanno trovato spazio per unautonomia culturale che
ha consentito loro di perpetuare forme di organizzazione sociale ed
economica molto simili a quelle dei territori di provenienza. Cos
accaduto, ad esempio, per i Walser, popolazione parlante un dialetto
germanico (rientrante nel gruppo dellalemanno superiore) migrata,
tra il XII ed il XV secolo, dallAlto Vallese, dove si era stabilita attorno
allVIII secolo, nella regione alpina, in pi direzioni : nella zona di
Berna prima, poi nella parte orientale della Svizzera e in quella occidentale dellAustria, e infine in Italia, sulle Alpi Pennine, attorno al
Monte Rosa. Concentrati, in Italia, nella valle del Lys e in quella di
Ayas (in provincia di Aosta), in Val Formazza e in Val dOssola (provincia di Verbania), e nellalta Valsesia (Vercelli), questi gruppi sono
riusciti a mantenere la memoria delle proprie origini e certi caratteri culturali e linguistici peculiari. E nonostante il regresso della loro
parlata , consistente soprattutto a partire dal secondo dopoguerra,
molti continuano ad essere impegnati nellorganizzazione di iniziative volte oltre che ad attrarre turisti a preservare le antiche
tradizioni walser: alcuni istituti di ricerca e fondazioni si occupano
di promuovere incontri e convegni sul tema, sviluppando essi stessi,
in certi casi, unattivit di studio della lingua e della cultura walser, e
numerosi sono stati i progetti di recupero e valorizzazione di questo
antico idioma portati avanti negli ultimi anni.
Nella Val Frsina, a pochi chilometri da Trento, sopravvivono invece alcuni insediamenti (Fierozzo, Frassilongo, Pal) in cui tuttora
parlata una variante arcaica di bavarese; si tratta di quel che resta di
unarea pi vasta che fu popolata, a partire dal XIII secolo, da gruppi
di contadini germanofoni (e poi, tra il XIV e il XV secolo, da minatori
attratti dai giacimenti presenti nella valle), chiamati dai feudatari di
Pergine al fine di render produttivo un territorio fino a quel momen. Lemigrazione avvenne probabilmente per una serie di ragioni: le dure condizioni
di vita ed il sovrappopolamento delle terre dellAlto Vallese; le favorevoli condizioni
climatiche, che resero possibile la sopravvivenza anche ad alte quote; gli incentivi alla
colonizzazione di nuove terre e, quindi, alla creazione di nuovi insediamenti.
. In Italia, lungo lintero arco alpino, quelli che parlano ancora il walser sono oggi
pressappoco la met dei circa . abitanti di tutti i centri interessati dal fenomeno (Toso,
).
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
cui i loro territori si trovavano circondati, hanno potuto conservare praticamente intatti fino allultimo dopoguerra costumi, usanze,
lingua dorigine; dopo di allora, tuttavia, neanche limpegno della
Chiesa grecobizantina e lopera di recupero delle tradizioni svolta dalle comunit arbreshe attraverso numerose iniziative culturali,
promozionali, didattiche , sono riuscite a contrastare le tendenze
in atto. Negli ultimi decenni consistente stato il calo demografico
conseguente allemigrazione e gli Albanesi si sono trovati coinvolti
dagli stessi problemi delle aree del Mezzogiorno che li hanno accolti;
per un numero sempre pi alto di essi, a contatto con la popolazione autoctona, si imposto, cos, un uso ben pi ampio dellitaliano
(Orioles, ).
... Lingue di minoranze nazionali
Del terzo grande insieme individuabile fanno infine parte quelle lingue minoritarie che, in regime di coufficialit con litaliano, rimandano ad altrettante minoranze nazionali che hanno i propri riferimenti
culturali e politici al di l dei nostri confini. Rispetto alle altre tipologie
minoritarie, queste lingue il tedesco dellAlto Adige, lo sloveno del
Friuli Venezia Giulia ed il francese della Valle dAosta presentano
proprie caratteristiche peculiari e, proprio in quanto parlate da gruppi
il cui nucleo centrale nazionale situato oltre i confini dello Stato
italiano, risultano tutelate da accordi di diritto internazionale .
La minoranza che ha ottenuto a livello legislativo, nellambito dello
Stato italiano, il riconoscimento del maggior numero di prerogative
tanto da poter essere ritenuta quella giuridicamente pi forte
sicuramente quella di lingua tedesca della provincia di Bolzano (cfr.
. Non esiste una struttura ufficiale che rappresenti a livello politico o culturale la
comunit arbresh; va per detto che in questi anni le province del Meridione con
presenza albanese (e in primis quella di Cosenza) hanno svolto un ruolo di coordinamento
istituzionale, e che diverse associazioni si propongono di proteggere e valorizzare questa
cultura.
. Ad una minoranza nazionale spettano diritti di tipo diverso (non maggiori o minori)
rispetto a quelli propri di una comunit etnica e, di norma, questi diritti sono sanciti da
trattati internazionali.
. In Trentino Alto Adige sono presenti tre gruppi linguistici: quello italiano, quello
tedesco e quello ladino. Il Trentino (la parte meridionale della regione, corrispondente alla
provincia autonoma di Trento) quasi completamente italofono, con comunit storiche
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Lingue e spazi
dal lungo contenzioso ed estranei al controllo internazionale che interess i maggiori centri urbani e i loro dintorni, e questo non fece
che acuire la frattura esistente tra gli slavofoni di tale provincia che
non si sentivano parte di una stessa identit slovena e sostenevano
la specificit delle proprie tradizioni, oltre che delle proprie variet
dialettali e quelli di Gorizia e Trieste, favoriti dalla presenza di solide istituzioni culturali, attive gi in epoca asburgica. Ad ogni modo,
dopo anni di polemiche e discussioni , la situazione sembra essersi
avviata a nuovi, pi positivi sviluppi grazie allavvenuta approvazione,
da parte del nostro Parlamento, di una legge (la n. del febbraio
) a tutela dei diritti dei cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena residente nelle province di Trieste, Udine e
Gorizia, in seguito alla quale stato istituito un Comitato istituzionale
paritetico specificamente chiamato ad intervenire nella risoluzione dei
problemi di tale gruppo.
La terza lingua minoritaria che, in regime di coufficialit con
litaliano, corrisponde ad una minoranza nazionale che ha i suoi riferimenti culturali e politici in un altro Paese il francese della Valle
dAosta. Abitata dal IV secolo a.C. dai Salassi, popolazione di stirpe
liguregallica, questarea fu poi conquistata, nel a.C., dal console
Aulo Terenzio Varrone Murena, e nel suo territorio fu dedotta la colonia di Augusta Praetoria Salassorum, lattuale Aosta. Importante sotto
il profilo militare e strategico per il controllo dei valichi alpini, nel
Medioevo sub le invasioni di diversi popoli e fu oggetto di contesa
da parte di pi regni. Teatro di numerose incursioni saracene, venne alla fine sottomessa dai Savoia, che gi dopo il Mille vantavano
. Oltretutto, non avendo mai avuto gli Sloveni della provincia di Udine a differenza
di quelli delle province di Trieste e Gorizia la possibilit di un contatto costante con la
lingua letteraria, persisteva una diffusa diglossia e la loro variante era rimasta ad un livello
di lingua orale.
. Particolarmente distante dallo sloveno standard il dialetto resiano, percepito dai suoi
locutori, che hanno sviluppato una propria identit etnicolinguistica, come idioma a s stante.
. Barbina () ricorda come, nel , il governo italiano avesse affidato la risoluzione
della questione ad una commissione di esperti, che per aveva chiuso i suoi lavori tre anni
dopo senza essere arrivata ad un documento unitario. In quelloccasione, i rappresentanti
sloveni avevano chiesto, tra laltro, che la tutela fosse estesa anche ai territori storici, cio
a quei comuni della provincia di Udine nei quali un tempo abitavano genti slovenofone, e
che non si distinguesse fra comunit etniche slovenofone (quelle della provincia di Udine)
e minoranza nazionale slovena (per Gorizia e Trieste).
Lingue e spazi
Lingue e spazi
Nellarticolo di tale legge, infatti, si fa riferimento alla tutela della lingua e della cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche,
greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco
provenzale, il friulano, il ladino, loccitano e il sardo. Il legislatore,
in sostanza, nel momento di procedere allindividuazione dei criteri
necessari a stabilire quali gruppi assoggettare a tutela, si attenuto
alla controversa scelta di enumerarli in modo analitico e tassativo, scartando lalternativa di limitarsi alla previsione di norme semplicemente
generali in conformit alle quali qualunque gruppo linguistico, a certe condizioni, potesse venir riconosciuto come minoranza (Orioles,
, p. ).
Dodici sono, dunque, le minoranze linguistiche storiche cui il testo
quasi a fissare un confine, nellambito delle situazioni esistenti nel
Paese, tra ci che merita e ci che non merita di esser tutelato fa
riferimento . Ed questo sicuramente un limite di un provvedimento magari discutibile, incompleto e macchinoso, ma quanto meno
capace di sbloccare la situazione stagnante che da anni si deplorava
(id., p. ). Daltro canto, per, pur vero che anche senza tener
conto di tutti i punti deboli, i difetti e le ambiguit che il testo presenta
non si pu riconoscere alla legge / nemmeno una reale
efficacia quanto a capacit di salvaguardia e valorizzazione delle lingue
minoritarie di pi antico insediamento.
In sostanza ricorda ancora Toso quello che accaduto che
lelencazione delle lingue ammesse a tutela ha finito con lincoraggiare un
principio di autoidentificazione, portando, laddove se ne sono percepiti i
vantaggi economici, allinopportuna dilatazione di aree linguistiche minoritarie o allinattesa rinascita di identit linguistiche allinterno di comunit
. Da questo punto di vista, non mancano osserva ancora Orioles variet linguistiche ignorate dalla legge in quanto ritenute non rientranti nella categoria delle minoranze
linguistiche storiche: in primo luogo le eteroglossie interne (come i Tabarchini della Sardegna o i Galloitalici di Sicilia e Basilicata), poi le lingue delle minoranze diffuse sul territorio
(si pensi al caso delle lingue dei Rom), e, infine, il patrimonio delle nuove minoranze,
ovvero di quei gruppi di immigrati, giunti in Italia negli ultimi trentanni, che hanno dato
prova di un progetto migratorio di lunga durata.
. Alcune delle lingue minoritarie riconosciute dalla legge / avevano gi ricevuto in precedenza riconoscimenti mediante leggi statali o regionali. Diverse parlate
regionali invece come il siciliano, il napoletano e il veneto sono state riconosciute
dallUNESCO come lingue distinte dallitaliano, ma non godono di alcun riconoscimento
o tutela da parte dello Stato; qualcuna ha tuttavia una qualche forma di tutela a livello
regionale.
Lingue e spazi
Questione delicata, in conclusione, quella delle comunit linguistiche minori, e spesso affrontata da persone glottologi e dialettologi, ma anche sociologi, giornalisti, politici che hanno difficolt
a capirsi perch diversi sono i significati attribuiti a certe parole e
le giustificazioni portate a sostegno della tutela . La salvaguardia
del proprio retaggio culturale, la necessit di preservare la propria
individualit sociale, il timore di scomparire come collettivit, il
desiderio di difendere anche attraverso la lingua un determinato modello economico, la possibilit di diventare soggetti politici
autonomi, la volont di distinguersi in qualche modo dagli altri sono
tutti fattori che possono giustificare una richiesta di tutela. Quel che
certo, per, che, anche evocando loppressione linguistica, la
colonizzazione interna o la progressiva estinzione del gruppo, difficilmente si pu modificare la realt dei fatti: ovvero che le diverse
espressioni culturali di cui lItalia era ricca stanno progressivamente
scomparendo a causa dellallargamento dei contatti sociali e della trasformazione dei sistemi economici e dei modelli comportamentali
(Barbina, ).
Coinvolte dai grandi cambiamenti (lemigrazione verso le aree
forti del Paese, i nuovi modi di produrre e vendere, il turismo) che
hanno interessato il Mezzogiorno modificandone i generi di vita tradizionali, le numerose isole linguistiche dellItalia meridionale sono
andate perdendo locutori, e lo stesso successo per le comunit minori del Nord Occitanici, Walser, Mcheni, Cimbri, Tedeschi
che a stento sono riuscite a mantenere una loro identit, investite da
un processo che tende ad uniformare le basi della vita di ciascuno e
dellorganizzazione della societ. E, senza che tale processo mostri
segni di rallentamento e che lassimilazione inverta il suo corso, sembra che ad essere tutelate siano solo quelle espressioni che possono
essere commercializzate . Di fronte alla massificazione linguistica e
la tutela dovrebbe, da una parte, riguardare tutti i cittadini, garantendoli da ogni discriminazione fondata sulla lingua, e, dallaltra, far s che tutto il patrimonio linguistico nazionale
divenga oggetto di promozione, mediante un provvedimento generale che preveda il
ricorso a normative specifiche per i casi di particolare importanza.
. Oltretutto non sempre chiaro se vada tutelata la variante locale di una parlata o
se invece sia pi opportuno diffondere la forma standard della relativa lingua ufficiale: se,
cio, sia pi giusto tutelare il patois francoprovenzale o il francese di Parigi, lo sloveno
della Val Resia o della Val Canale oppure quello di Lubiana.
. In questi territori numerosi sono i gruppi folkloristici non sempre, per, cos
Lingue e spazi
Riferimenti bibliografici
A.V. (), Grande dizionario enciclopedico, UTET, Torino.
A.V. (), I Dialetti e le lingue delle minoranze di fronte allitaliano, Atti dellXI
Congresso della Societ di Linguistica Italiana (Cagliari, maggio ), Bulzoni, Roma.
A.V. (), Etnia e stato, localismo e universalismo, Studium, Roma.
A P., A A., F M. (), Alto Adige. Ottantanni di storia,
Praxis , Bolzano.
A M. (), Lingua e dialetti. Struttura, storia e geografia, il Mulino, Bologna.
A E. (), I mutamenti della natura dei movimenti etnici: dalla tradizione
allorganizzazione, in Il Mulino, , , pp. -.
A C. T. (), Ethnos e Demos. Identit etniche e valori democratici, Feltrinelli,
Milano.
A F., B M., C P. (), Lesilio della parola: la minoranza
linguistica albanese in Italia, ETS, Pisa.
A F., B G., F G. C. (a cura di) (), Esperanto: dati e
fatti, FEI-Fondo Marelli, Milano.
A M., S R. (a cura di) (), Limba lingua language. Lingue locali,
standardizzazione e identit in Sardegna nellera della globalizzazione, CUEC,
Cagliari.
A J. (), Langue, territoire et tat-nation dans le cas du Pays basque, in
Hrodote, , pp. -.
A G. I. (), Saggi Ladini, in Archivio Glottologico Italiano, I, pp. -.
I. (), Schizzi franco-provenzali, in Archivio Glottologico Italiano, III, pp.
-.
I. (), Scritti sulla questione della lingua, Einaudi, Torino.
B D. (), Langues et nations en Europe, Payot, Paris.
B E. (), Minoranze assediate. Tra memorie e speranze di piccole patrie sulle
tracce della loro identit, SEI, Torino.
B E. (a cura di) (), Le lingue delle minoranze etniche, Giunti-Marzocco,
Firenze.
B G. (), La conferenza internazionale sulle minoranze, in Bollettino della
Societ Geografica Italiana, , pp. -.
I. (), Letnismo in Europa, in Appunti di cultura e politica, , pp. -.
I. (), La geografia delle lingue, in G. Corna Pellegrini, C. Brusa (a cura di), La
ricerca geografica in Italia -, Ask, Varese.
I. (), Un caso di geografia delle lingue: il kiswahili, lingua emergente nellAfrica nera
postcoloniale, CDC, Udine.
I. (), La geografia delle lingue. Lingue, etnie e nazioni nel mondo contemporaneo,
Carocci, Roma.
Lingue e spazi
Riferimenti bibliografici
Lingue e spazi
Riferimenti bibliografici
Lingue e spazi
Riferimenti bibliografici
Lingue e spazi
Riferimenti bibliografici
N D., R S. (), Vanishing Voices: The Extinction of the Worlds Languages, Oxford University Press, Oxford.
N A. (), LEuropa linguistica. Profilo storico e tipologico, Le Monnier,
Firenze.
O M. (), Italiani dimezzati. Le minoranze etnico-linguistiche non protette,
Edizioni Dehoniane, Napoli.
I. (), Minoranze, Gruppo Abele, Torino.
I. (), Italia insolita e sconosciuta, Newton Compton, Roma.
O A. (a cura di) (), Le lingue dei sardi. Una ricerca sociolinguistica, Universit
degli Studi di Cagliari, Cagliari.
O V. (), Le minoranze linguistiche. Profili sociolinguistici e quadro dei documenti di tutela, Il Calamo, Roma.
O G. G. (), Storia e progetto dellautonomia. Percorsi e profili dellautonomismo
sardo del Novecento, CUEC, Cagliari.
P C. (), La geografia delle lingue in Europa, Scriptaweb, Napoli.
P D. (), Interstizialit e invisibilit dei paesaggi etnici: prime riflessioni
geografiche sullimmigrazione nel Piemonte orientale, in C. Brusa (a cura di),
Processi di globalizzazione delleconomia e mobilit geografica, Memorie della
Societ Geografica Italiana, LXVII, Roma.
P A. (a cura di) (), Heimat. Identit regionali nel processo storico, Donzelli,
Roma.
P G. B. (), Carta dei dialetti dItalia, Pacini, Pisa.
I. (), Unimportante opera sulle lingue del mondo, in Bollettino della Societ
Geografica Italiana, , pp. -.
I. (), Minoranze e culture regionali, Unipress, Padova.
P R. (), Le lingue perfette nel secolo dellutopia, Laterza, Roma-Bari.
P A. (), Stati nazioni etnie. Il pluralismo etnico e nazionale nella teoria
sociologica contemporanea, F. Angeli, Milano.
P S S. (), Esperienze multiculturali. Origini e problemi, Carocci, Roma.
P V. (), Lingue minoritarie e identit culturali, Giuffr, Milano.
P M. (a cura di) (), LEuropa delle diversit. Identit e culture alle soglie del
terzo millennio, F. Angeli, Milano.
P V. (), Le lingue indoeuropee, Paideia, Brescia.
P A. (), Il plurilinguismo tra Stato nazionale e autonomie regionali, Pacini,
Pisa.
I. (), Minoranze e maggioranze, Einaudi, Torino.
P G. (), Gallician, greci di Calabria, Edimedia, Reggio Calabria.
P V. (), In nome della lingua. Antropologia di una minoranza, Aracne,
Roma.
P N. J. G. (), Political geography, McGraw-Hill, New York.
R C. (), Per una geografia del potere, Unicopli, Milano.
R F. (), Le razze umane, UTET, Torino.
R F. (), Classification des sciences anthropologiques, Nourry, Paris.
R C. (a), Archeologia e linguaggio, Laterza, Roma-Bari.
Lingue e spazi
Riferimenti bibliografici
S J. (), Language, geography and identity: the case of the Welsh in London, in
Social & Cultural Geography, , pp. -.
S L. J. (), In tema di multilinguismo: osservazioni sul modello spagnolo, , pp.
-.
S A. D. (), Il revival etnico, il Mulino, Bologna.
I. (), Le origini etniche delle nazioni, il Mulino, Bologna.
S P. (), Spazio e razzismo, F. Angeli, Milano.
S G. (), Le lingue dellAfrica, in Africa e Mediterraneo, , pp. -.
S J. (), Les quatre soleils, Plon, Paris.
S E., C L., V . (), I tedeschi e gli sloveni nella Val Canale quadrilingue. La diversit etnica in pericolo, in Bollettino della Societ Geografica
Italiana, , pp. -.
S M. (), La tutela delle lingue minoritarie tra pregiudizi teorici, contrasti
ideologici e buoni motivi, in Ianua. Revista Philologica Romanica, , pp. -.
S M. (), Lingue e nazionalit nelle rilevazioni demografiche, CLUET,
Trieste.
I. (), Lingua, identit, autonomia: ricerche e riflessioni sociolinguistiche sulla
questione friulana, Ribis, Udine.
I. (), Lingua, identit, autonomia: levoluzione della questione friulana dal ad
oggi, in V. Orioles (a cura di), Atti del Convegno di Studi La legislazione nazionale
sulle minoranze linguistiche. Problemi, applicazioni, prospettive, Forum, Udine.
T T. (), Le minoranze linguistiche in Italia, Edizioni dellOrso, Alessandria.
T B. (), Guida allo studio della linguistica storica, Laterza, Bari.
T M. (), Minoranze linguistiche e immagine della lingua, F. Angeli,
Milano.
T L. (), Pidgins and Creoles, Routledge and Kegan Paul, London.
T E., L A. (), Alamans. Elementi per una storia della colonizzazione
Walser in Valle dAosta, Le Chteau, Aosta.
T F. (), Isole tabarchine. Gente, vicende e luoghi di unavventura genovese nel
Mediterraneo, Le Mani, Recco.
I. (a), Lingue dEuropa. La pluralit linguistica dei Paesi europei fra passato e
presente, Baldini Castoldi Dalai, Milano.
I. (b), La legge e gli scenari recenti della politica linguistica in Italia, in
Rivista Italiana di Linguistica e Dialettologia, , pp. -.
I. (), Le minoranze linguistiche in Italia, il Mulino, Bologna.
I. (), Patrimoni linguistici e lingue minoritarie: la prospettiva europea e quella
italiana, in Annali della Facolt di Lingue e Letterature Straniere dell'Universit
di Sassari, , pp. -.
T P. (), Linguistic Geography and Geographical Linguistics, in Progress
in Geography, , pp. -.
T B. (), Lingua e diversit. Multilinguismo e lingue veicolari in Africa
occidentale, F. Angeli, Milano.
I. (), Le lingue in Africa nera, in E. Banfi, N. Grandi (a cura di), Le lingue
extraeuropee: Asia e Africa, Carocci, Roma.
Riferimenti bibliografici
Scienze matematiche e informatiche
Scienze fisiche
Scienze chimiche
Scienze della terra
Scienze biologiche
Scienze mediche
Scienze agrarie e veterinarie
Ingegneria civile e architettura
Ingegneria industriale e dellinformazione
Scienze dellantichit, filologicoletterarie e storicoartistiche
AREA
Scienze giuridiche
Scienze economiche e statistiche
Scienze politiche e sociali