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Capitolo 1 - Approcci al’italiano L2 in un contesto scolastico

La ​glottodidattica​ è una ​scienza​ ​teorico-pratica interdisciplinare, ciò significa che:


- possiede un universo di discorsi specifico
- si prepone obiettivi originali
- è caratterizzata da una coerenza logico-semantica interna
- ha una propria metodologia scientifica
Interdisciplinare​:
- correla le conoscenze di altre discipline fra loro
- le sue scoperte contribuiscono all’approfondimento di altre discipline
- è correlata alle altre discipline per ​assunzione ​(adotta, non subisce le novità delle
altre), e ​implicazione ​(secondo lo schema logico “se… allora…” la glottodidattca
screma cosa assumere dalle altre discipline e cosa invece ignorare).
Ma con chi avviene questa interdisciplina? Non solo con le scienze della formazione
ovviamente, ma anche con quelle della comunicazione e del linguaggio, le scienze
psicologiche, della cultura e della società, ad esempio. molti sono quindi i collegamenti, ma
quelli che più si rivelano solidi sono ovviamente quelli con la linguisitca.

La ​linguistica è sempre stata una scienza ​teorica​, ma dalla seconda metà del ‘900 inizia ad
allargare il proprio raggio anche alla pratica, che già negli anni Settanta si dirige verso gli
insegnanti. Questa però non ci da alcuna indicazioni su obiettivi e finalità di un percorso di
educazione linguistica.

Una particolare branca della linguistica è poi la ​linguistica acquisizionale​, ovvero quella
scienza a metà fra linguistica e sociolinguistica, che studia i processi di acquisizione
(naturale, in maniera simile alla L1) della lingua del paese d’arrivo da parte dei migranti. Le
ricerche negli ultimi anni si sono focalizzate su:
- ruolo di fattori sociali, culturali e linguistici
- analisi del continuum interlinguistico e la sua suddivisione in tappe stabili nei sistemi
di acquisizione di regole

L’approccio è quindi di tipo ​ecologico e sistemico​, questo significa che si considera


l’acquisizione della lingua nei contesti in cui questa avviene, ovvero ci si domanda quali
siano i processi che la favoriscono e quali la bloccano; e si considera l’individuo come un
sistema che muta in relazione con gli altri -> i sistemi sono qui intesi come ​aperti, organici e
irreversibili. ​Bronfrenbrener descrive meglio la struttura di questo sistema ecologico, come
una serie di cerchi concentrici che partendo dal più piccolo ed arrivando al più vasto si
sviluppano come segue:
- Microsistema (strettamente situato e contestualizzato nella pratica di un’azione
precisa) - es. scuola
- mesosistema (interrelazione fra due o più microsistemi ai quali l’individuo partecipa
attivamente) - es. contesto del quartiere, famiglie, relazioni scuola-famiglia
- esosistema (una o più situazioni ambientali all’interno delle quali l’individuo non è
attivo seppur strettamente legato al tutto) - es. lavoro dei genitori, formazione degli
insegnanti, uso dell’italiano in famiglia
- macrosistema (congruenze fra forma e contenuto dei sistemi che costituiscono i
micro- , meso- e eso- sistemi presenti all’interno di una data cultura, ovvero il sistema
di ideologie che vi sottostanno) - es. cultura, leggi, governi, relazioni della società con
la cultura estera

Mantenendo quest’ottica, è facile intuire come la glottodidattica ecologica si centri


sull’individuo in quanto sistema, e quindi correlato con il contesto. Allora…

La ricerca glottodidattica L’insegnante a scuola:


- definisce in modo preciso le - è consapevole dell’importanza del
caratteristiche dei diversi contesti rapporto fra sistemi
- raccoglie informazioni in contesti - offre agli studenti diversi
naturali microsistemi di apprendimento,
- analizza i dati per ricercare le preferendo quelli sostenuti dalla
relazioni sistemiche più favorevoli ricerca
per l’acquisizione della L2 - tiene sotto controllo le variabili dei
sistemi ai vari livelli

Ancora, questa idea di sistemi, implica l’importanza della collaborazione fra scuola, comunità
e famiglie. Ciascun sistema mantiene la sua specificità, ma allo stesso tempo tutti
collaborano e crescono insieme. Le parole chiave in questo caso sono ​rete,
interistituzionalità, coordinamento e progettualità integrata.

Dati alla mano ​ecco come stanno le cose in Italia oggi:


- gli insegnanti non sono formati per insegnare l’italiano come lingua seconda
- la presenza degli stranieri in Italia è ormai stabile, e lo si evince dal fatto che
tantissimi sono i bmabini stranieri soprattutto alle elementari e all’asilo
- rispetto agli altri stati europei, l’Italia ha stranieri di diversa provenienza e con un
modello di distribuzione policentrico e diffuso (distribuzione disomogenea)
- più di uno straniero su quattro alla secondaria non riceve la promozione a causa di
una mancata risposta da parte della scuola verso i loro bisogni didattici, cognitivi e
soprattutto linguistici.

Capitolo 2 - bilinguismo e glottodidattica dell’italiano come lingua


seconda

il modello glottodidatti è quello dell’atto didattico, all’interno del quale intervengono 3 fattori:
studente (in alto al centro per rimarcarne l’importanza), il docente e la disciplina.

Chi è lo ​studente straniero​?


La legge sulla cittadinanza n.91/1992 divide gli alunni in tre categorie: italiani, comunitari, e
di paesi terzi, in base alla provenienza dei genitori o, in caso di assenza du questi, per
nascita nel territorio italiano. In questa sede però, quando parleremo di alunni stranieri, ci
riferiremo in particolare a coloro che non parlano italiano e non hanno quella italiana come
cultura d’origine.

Chi è il ​docente​?
- docente di classe, senza alcuna formazioe specifica in glottodidattica che può al
massimo prender alcune metodologie non specifiche e trasversali al resto
- Altri insegnanti della scuola (potenziamento e recupero ad esempio) che possono
attuare alcuni progetti specifici sulla glottodidattica
- facilitatori linguistici e culturali, che sono non sempre e solo docenti, ma anche
educatori e volontari ad esempio e che agiscono non solo a scuola ma anche fuori.
- mediatori linguistici e culturali, che non hanno alcuna competenza didattica ma sono
a loro volta immigrati con discrete competenze dell’italiano e della cultura italia ed
intervengono quindi come ponte tra l’immigrato e le istituzioni italiane, compresa la
scuola soprattutto (se non solo) in fase di accoglienza
Gli obiettivi generali per coordinare tutte queste figure, non sono altro che una base di
formazione comune, una comunicazione e cooperazione, ed una migliore definizione dei
ruoli per evitare sovrapposizioni.

Quali sono infine le caratteristiche di questa ​lingua seconda​?


Se la lingua ,aterna è quella d’origine, appresa durante l’infanzia, la lingua straniera è quella
che viene imparata in un contesto non quotidiano (spesso lingua franca per la
comunicazione tra persone di diversa madrelingua, ed appresa a scuola), lingua etnica è
quella caratterizzante l’ambiente strettamente familiare, non forzatamente coincidente con
quella madre (anche detta lingua nativa o originaria); allora la lingua seconda è quella lingua
che viene imparata dopo uella madre, nel contesto in cui viene usata per la comunicazione.

- Dimensione ​psicolinguistica: il bilinguismo


Bilingue è colui che padroneggia pienamente due sistemi linguistici che non si
confondono tra loro, non c’è alcuna parafrasi da una lingua all’altra: sono due sistemi
separati ai quali l’individuo sa far corrispondere modi, registri e scopi distinti propri di
entrambe le lingue. Si distingue fra
- simmetria fra le due lingue​: perfetto bilanciato ​/​ asimmetrico​),
- tempi di acquisizione: primario simultaneo / primario precoce, secondario
differito / secondario sequenziale / sequenziale tardivo o se la seconda lingua
viene appresa fra i 4 o 5 anni ​bilinguismo precoce consecutivo,​ e fra i 5 o 6
bilinguismo precoce educativo
- esiti cognitivi, psicologici e sociali: ​additivo / sottrattivo
- livelli delle due lingue: ​semilinguismo o bilinguismo limitato ​quando si hanno
conoscenza funzionali insufficienti per entrambe le lingue
- legami con la comunità di L2: ​bilinguismo isolato
La definizione di plurilinguismo secondo il quadro comune europeo valorizza in
particolar modo l’uso delle lingue conosciute e non la sua conoscenza approfondita,
nonché gli esiti positivi a livello psicologico e sociale

- Dimensione ​pedagogica e cognitiva


Il linguaggio non serve solo come mezzo di comunicazione, ma è un vero e proprio
strumento di strutturazione mentale per riflettere, ricordare, astrarre, generalizzare,
categorizzare, concettualizzare e riflettere.
Da questo punto di vista, si analizza il bilinguismo in base ai suoi effetti ​negativi ​(fino
agli anni Sessanta), ​neutri (nell’ultimo periodo in contemporanea con la teoria degli
effetti negativi) o ​additivi​. L’ultima prospettiva risale invece al 1962 grazie ad una
ricerca di Peal e Lambert in Canada che mette alla luce quanto i test linguistici
vadano a penalizzare coloro che la lingua non la padroneggiano pienamente e
quanto tutte le ricerche precedenti si basassero su alunni che oltre ad essere
stranieri erano anche svantaggiati dal punto di vista economico.
Secondo le scoperte delle ricerche più attuali, c’è una divisione fra teorie ​SUP
(Separate Underlying Proficiency) e ​CUP​ (Common Underlying Proficiency).1
In questa prospettiva, è coerente la divisione di bilinguismo in livelli soglia che mano
a mano si vanno sviluppando: ​semilinguismo, bilinguismo asimmetrico e il
bilinguismo equilibrato​, unico da cui si possono effettivamente ricavare vantaggi
cognitivi dalle due lingue.

- Dimensione ​sociolinguistica
Analizzando bene il bilinguismo, questo non si può vedere solo come isolato
processo cognitivo o linguistico stretto, ma anche e soprattutto sociale: comunicare
non è che un atto sociale, che risente quindi dell’apprezzamento sociale del
bilinguismo, del valore attribuito alle lingue del parlante, del livello socio-economico
del gruppo parlante bilingue, e del suo generale prestigio sociale.
A livello sociale, ciò che incide sui rapporti sociali è…
- dimensione, coesione interna. progetto migratorio e d’integrazione del gruppo
sociale immigrato
- la congruenza culturale fra nativi e immigrati
- atteggiamento dei nativi verso la lingua nativa degli immigrati e la dominanza
sociale (tipo di rapporto di potere fra nativi e immigrati)
Per i bambini, che l’immigrazione la subiscono, incide invece in particolar modo il
processo psicologico dell’introduzione in un nuovo contesto sociale, che porta a
- shock linguistico,
- shock culturale,
- motivazione di studio della lingua

1
vedere definiziona a p.53
- permeabilità dell’io (capacità di adattamento dell’immagine di sè)
A scuola, ancora dopo 40 anni di discorsi a riguardo, le insegnanti faticano a vedere
la lingua come uno strumento sociale e non insegnano l’italiano nella sua varietà o
basandosi sulle necessità degli alunni, ma insegnano solo l’italiano standard o
neostandard, che se è nocivo per gli studenti italiani, ancor più lo è per gli stranieri.
Bisogna sempre incentivare il bilinguismo e i suoi usi anche a scuola, per evitare che
dalla seconda generazione la lingua materna dei migranti venga dimenticata a favore
della seconda o che si verifichi (come avviene oggi nei maggiori paesi europei) un
bilinguismo senza diglossia (quindi una lingua viene usata in contesto formale e
l’altra nell’informale).

- Dimensione ​antropologica, culturale e interculturale


Riguarda per l’appunto l’approccio culturale e permettere di riflettere sulla differenza
tra bilinguismo funzionale (biliteracy) magari con scarsa alfabetizzazione ma alto
grado di biculturalità, e bilinguismo con alto grado si competenze nelle lingue scritte
ma scarse competenze culturali. Glli stranieri nelle nostre scuole sono ovviamente
nella prima situazione, che purtroppo per quanto più funzionale, continua ad essere
vista con malocchio rispetto alla conoscenza dichiarativa della lingua scritta seppur
con grado di conoscenza culturale zero.
Da insegnanti dobbiamo al contrario andare a rinforzare la conoscenza dalle culture
di cui gli alunni fanno parte, con interventi sul piano organizzativo (conoscere la
cultura degli alunni, rafforzare i rapporti con le altre istituzioni, con i volontariati, con
le famiglie, ecc), metodologico (classi aperte, lezioni laboratoriali, cooperative,
differenziazione delle esercitazioni, ecc) e didattico (materiali di supporto, istituzione
di gruppi di lavoro, ecc.)

- Dimensione ​glottodidattica
Differenza tra insegnare l’italiano come lingua straniera, seconda e madre:
- L2 rispetto a LS serve anche per studiare e non solo per comunicare, quindi
ci vuole una determinata competenza comunicativa ma anche
metacomunicativa che integri gli aspetti cognitivi e disciplinari
- L2 rispetto a LS non ha solo una motivazione reale di tipo comunicativo ma
anche integrativo, che obbliga l’alunno ad apprendere la lingua orale e anche
la quella scritta e formale
- L2 rispetto a LS e L1 è caratterizzata da alunni con livelli di partenza diversi,
quindi il curriculum dev’essere sempre flessibile
- L2 rispetto a LS è caratterizzato da input linguistici tutti diversi fra loro e non
solo quelli dell’insegnante, che quindi in parte ne perde il controllo
- L2 rispetto a LS è sempre e comunque un compito autentico
- L2 rispetto a LS è esposto ai modelli culturali senza mediazione e questo
spesso causa scontri e conflitti rispetto alla cultura d’origine. Nel caso di L1 il
problema della cultura non si presenta.
- L2 rispetto a L1 a diversi obiettivi riguardo alle “abilità strumentali di base” che
non sono leggere e scrivere ma la comunicazione nei diversi contesti
- L2 ha una gamma di varietà linguistiche richieste che è minore: ci chiede
prima il colloquiale, e solo poi tutto ciò che imparano gli L1, come l’italiano
standard, il neostandard dei giorni, l’alto e letterario, per la descrizione reale,
verbalizzazione organizzata di esperienze, ecc.
- L2 rispetto a L1 non riflette sulla grammatica, non da etichette e nomi precisi,
ma tenta di usarla correttamente e intuirne le regole

Centrale è anche l’importanza di mantenere viva e utilizzare la lingua madre degli


alunni. Come?
- tracciare la biografia linguistica come forma mentis
- stimolare e sostenere nelle famiglie l’interesse ad insegnare al figlio la lingua
d’origine, anche scritta e alta
- reperire e far usare a scuola testi bilingui
- favorire l’uso della lingua materna anche a scuola con i compagni che la
condividono
- usare i mediatori linguistici per produrre testi in lingua madre, mediare gli
apprendimenti e far prove di verifica
- far scrivere testi bilingui magari in collaborazione con i compagni italiani.
Capitolo 3 - Un approccio umanistico-affettivo alla didattica
dell’italiano come lingua seconda

Glottodidattica umanistico-affettiva
Cosa prova una persona inserita in un contesto estraneo dove ben poco conosce della
lingua usata?
L’apprendimento ecologico è un aspetto della glottodidattica che ha come scopo il rispetto
della persona e garantisce relazioni positive tra chi è coinvolto nel processo.
Di questo tipo di apprendimento si fa garante l’approccio umanistico affettivo della
glottodidattica. In tale approccio rientrano una gran quantità di metodi sviluppati negli anni
’60 ma entrati in uso in Italia solo dagli anni ’80.
La glottodidattica umanistica è centrata sulla centralità dell’affettività, della fisicità, della
relazionalità, delle caratteristiche personali e della tensione all’autorealizzazione ed è un
superamento dei metodi strutturali (meccanicismo), dei metodi comunicativi (bisogni
comunicativi) e dell’approccio cognitivo (nozionale-funzionale). Lo studente di lingue non ha
solo bisogni comunicativi, ma anche bisogni legati alla propria personalità e motivazione
inoltre egli non ha solo una dimensione cognitiva, ma anche emotiva, fisica e psicologica.
Tale approccio si rifà alle teorie psicologiche di Maslow e Rogers focalizzandosi anche sulle
percezioni soggettive dell’individuo che egli sviluppa nel contatto con il mondo.
Tratti comuni dei metodi umanistico-affettivi:
discente come persona, infantilizzazione (riproporre condizioni dell’apprendimento della
lingua L1), primato della pedagogia (metodo sul contenuto), multimodalità (coinvolgimento
globale) e ruolo del docente (guida e programmatore delle attività).
Le componenti di tale approccio quindi sono: sentimenti (l’apprendimento è più proficuo se
c’è il piacere di apprendere), rapporti sociali (clima collaborativo nel gruppo), responsabilità
(accettazione delle critiche e impegno personale), intelletto e autorealizzazione.
C’è un rischio: semplificare l’approccio limitandolo alla creazione di un clima sereno, con lo
studente protetto da ansie e fallimenti. L’ottica deve essere quella ecologica sistemica e
costruttivista dove è indispensabile il rispetto delle caratteristiche della persona associate
alla facilitazione delle relazioni tra le varie figure presenti. Non si tratta più di mettere al
centro la persona, ma le persone in un contesto sistemico, dove chi apprende è inserito in
un contesto educativo nel quale c’è co-costruzione di relazioni (anche l’insegnante entra in
tale contesto nel quale a sua volta tutti i soggetti si cambiano reciprocamente).
Glottodidattica umanistico-affettiva e lingua seconda
Tale approccio vale anche per la glottodidattica della lingua seconda per studenti stranieri in
ambito scolastico dove si dovrebbe riscontrare: a) l’attenzione allo studente come persona
(valorizzazione delle peculiarità del sogg.); b) l’importanza delle relazioni con insegnanti, con
compagni e con le figure educative; c) la centralità del processo di autorealizzazione legata
al fatto di doversi inserire in vari contesti, non solo quello scolastico, dove viene utilizzata la
L2; d) il coinvolgimento di tutte le modalità di imparare.
Tra i tanti metodi ne esistono due applicabili nel contesto scolastico: il Total Phisical
Response o TPR e il Natural Approch.
Total Phisical Response
Il TPR è un metodo che si contrappone al meccanicismo dell’apprendimento (strutturalismo)
ma si rifà al comportamentismo e al processo stimolo/risposta/rinforzo. Fu ideato da James
Asher negli anni sessanta.
Esso parte da osservazioni fatte su bambini e parte dal processo di acquisizione della lingua
materna.
L’apprendimento è un processo lento, caratterizzato da esperienze ricettive, frenato da
esperienze frustranti e ansiogene e basato sul coinvolgimento di tutte le modalità
esperienziali dell’individuo (audio-orali, affettive, motorie e visive)).
La principale caratteristica del metodo è il collegamento della lingua al movimento alle azioni
e alla fisicità. Inizialmente gli studenti non producono la lingua, ma la ricevono come input,
come indicazione d’esecuzione in quanto l’ascolto è l’abilità che viene usata maggiormente
ed è alla base, quando diventa comprensione, della competenza linguistica.
Non basta l’esposizione, la comprensione è necessaria e il ruolo della scuola è quello di
attuare strategie rivolte a tale competenza. L’insegnante deve tener presente che la prima
fase d’apprendimento consiste nella comprensione e decifrazione degli input ed è una fase
di silenzio, quindi gli studenti non parlano e non danno feedback di tipo verbale. Forzature di
tale tipo potrebbero provocare l’innalzamento del filtro affettivo e la perdita della
motivazione.
L’input del TPR è un input verbale dato dall’insegnante, costituito da comandi, al quale gli
studenti rispondono con l’esecuzione dei comandi a livello pratico, senza utilizzare il
linguaggio. Lo scopo è favorire esperienze ricettive di comprensione della lingua senza
forzare l’allievo alla produzione verbale.
I comandi possono essere caratterizzati da semplici ordini (apri la porta) o sequenze di
azioni e comportamenti e sono formulati con l’uso dell’imperativo.
Critiche al metodo: il metodo è stato definito troppo meccanicistico e ripetitivo e l’attenzione
per l’input trascura invece l’output, ovvero la parte della produzione linguistica e della sua
correttezza.
Nonostante le critiche il metodo si è rivelato molto utile per quelli studenti che non
conoscono nulla della lingua L2.
La SLAT di Krashen e il Natural Approch
Il secondo metodo, il Natural Approach si rifà alle 5 ipotesi della teoria SLAT (Second
Language Acquisition Theory) di Krashen:
1) La lingua si può imparare attraverso due processi: a) l’acquisizione spontanea
naturale automatica e veloce tipica della prima infanzia; b) l’apprendimento razionale
conscio e lento tipico dello studio;
2) L’apprendimento ha funzione di monitor, cioè un meccanismo di controllo della
produzione verbale. Se il monitor è troppo sviluppato no si è in grado di produrre la
lingua;
3) Esiste un ordine naturale di acquisizione linguistica delle strutture grammaticali.
Perché ci sia acquisizione e non apprendimento è necessario rispettarlo;
4) L’allievo va esposto ad un input comprensivo leggermente superiore al suo livello di
comprensione “input+1”. Ciò significa che l’insegnate deve proporre un input
comprensibile, ma con strutture che si trovino ad un livello leggermente superiore a
quelle già note.
5) L’acquisizione della lingua dipende anche da fattori psicologici interni dell’individuo.
Situazioni d’ansia fanno scattare il filtro affettivo.
Implicazioni didattiche: al centro dell’apprendimento è l’allievo che non va forzato a parlare,
ma deve essere esposto ad una lingua autentica e significativa (vocabolario ricco e molti
significati piuttosto che grammatica); non sono necessarie spiegazioni grammaticali e
correzioni formali, ma bisogna lasciare che gli allievi si costruiscano una propria interlingua e
acquisiscano una certa scorrevolezza nella produzione verbale (attività comunicative).
Critiche alla SLAT e al Natural Approch
-indimostrabilità delle ipotesi e poca credibilità e applicabilità del modello delle prove
sperimentali che supportano la teoria;
- mancanza di distinzione tra acquisizione della lingua straniera e lingua 2.
Anche le cinque ipotesi sono state soggetto di critica:
1) Dicotomia acquisizione/apprendimento: è impossibile dimostrare scientificamente
quando una lingua viene acquisita e quando appresa, inoltre non è accettato il fatto
che l’acquisizione venga bloccata se vi è un percorso di apprendimento formale.
2) L’acquisizione attraverso il metodo input + 1 non è l’unico valido ed utile a volte può
essere necessaria la correzione da parte dell’insegnante o la spiegazione esplicita di
regole grammaticali. Anche l’output è indispensabile perché serve per la verifica e la
ristrutturazione delle conoscenze.
Natural Approch e didattica dell’italiano come lingua seconda
Da tale teoria emergono una serie di riferimenti per la didattica dell’italiano come lingua
seconda
a) Dal superamento della dicotomia acquisizione apprendimento è nato un tipo di
insegnamento che porta all’interno del contesto formale scolastico gli aspetti positivi
dell’acquisizione naturale (contesto ecologico di istruzione naturale).
b) L’importanza del filtro affettivo che si aggiunge alla motivazione come elemento che
incide sull’acquisizione.
c) L’importanza della nozione i+1 che prevede un compito leggermente superiore alle
conoscenze ma che non sia troppo elevato da demotivare l’allievo.
Tuttavia anche se il compito appare complesso l’insegnante può comunque prevedere una
rete di input tali che attraverso supporti e facilitazioni l’allievo possa in ogni caso
comprendere.
Il legame tra glottodidattica e linguistica acquisizionale è molto alto. L’applicazione di teorie
proprie dell’acquisizione linguistica possono infatti essere collegate all’acquisizione di una
lingua seconda e può essere utile per declinare proposte didattiche in un quadro
glottodidattico.
Interlingua
lo spazio ideale tra lingua d’origine e lingua seconda è detto continuum interlinguistico
(continuum di varietà linguistiche che si pongono nello spazio tra lingua materna di chi
apprende e lingua seconda d’arrivi) ed è suddiviso in tappe di sviluppo con una propria
sistematicità e organizzazione interna. L’interlingua non è più considerata un sistema
intermedio tra L1 e L2, ma una varietà di apprendimento della lingua seconda. Gli studi
sull’incidenza delle variabili individuali sull’acquisizione della lingua hanno fatto sì che si
superasse l’idea di una grammatica universale che scandisse le tappe dell’acquisizione
naturale a favore di una prospettiva caratterizzata dalla presenza dei due fattori: variabili
universali da una parte ed elementi universali che accomunano tutte le lingue.
L’interlingua è caratterizzata da:
sistematicità​, caratteristiche e strutture descrivibili e ricorsive a prescindere dalle
caratteristiche del sogg. e della L1;
instabilità​, in quanto in continua ristrutturazione. Se l’instabilità viene meno si ha la
fossilizzazione e il blocco dell’apprendimento;
variabilità​ individuale.
La linguistica acquisizionale ha cercato di dividere il continuum in stadi dove la variabilità e
l’instabilità è data da fattori interni legati all’apprendente e da fattori esterni legati al contesto.
Teoria della Processabilità
È una teoria elaborata dallo studioso di acquisizione delle lingue seconde Manfred
Pienemann.
Si basa su due principi:
1) la sequenza temporale delle fasi di produzione di un enunciato che riguardano
qualsiasi parlante di qualsiasi lingua. Si va dall’attivazione del lessico, alla sua
grammaticalizzazione alla sonorizzazione;
2) lo scambio di informazioni tra gli elementi linguistici, processi di codifica che hanno
tra loro un legame e formano una gerarchia.
3) Un apprendente di lingua L2 deve apprendere le procedure specifiche per
assemblare tali elementi che sono diverse dalla sua lingua L1
La sequenza delle procedure di processabilità si divide in 5 fasi:
4) fase lemmatica: l’apprendente usa parole e formule non analizzate
grammaticalmente;
5) fase categoriale: comincia ad analizzare gli elementi che ha imparato ma senza
connessione tra parole (ad esempio associa a maestra il termine maestre)
6) fase sintagmatica: inizia un’analisi sintattica interfrasale (es associazione nome
aggettivo)
7) fase frasale: inizia l’analisi intrafrasale (es si associa il nome al verbo)
8) fase subordinante: raggiunta da parlanti a livello molto avanzato che prevede uno
scambio di informazione tra frase principale e subordinate.
La teoria è stata applicata a diverse lingue e ha confermato l’esistenza di elementi di
universalità essa inoltre tiene conto anche degli elementi di variabilità individuale. La teoria
predice che ciò che non può essere elaborato, processato, non può essere appreso.
All’interno di queste fasi c’è uno spazio di ipotesi, ovvero le procedure di elaborazione si
presentano come una gamma di opzioni che danno vita ad esiti diversi.

Acquisizione naturale ed acquisizione in contesto scolastico


Dal punto di vista linguistico il contesto scolastico è solo uno dei tanti contesi in cui avviene
l’acquisizione della lingua e in quanto tale non può agire sulla sequenza di acquisizione, ma
solo sul ritmo di apprendimento.
Dal punto di vista della glottodidattica invece il contesto formale è quello che maggiormente
può influire sull’acquisizione della lingua, purché vengano create le condizioni adeguate.
Esso quindi riprende il concetto di didattica naturale, ma all’interno del contesto
d’insegnamento.
Si rifà anche alla teoria dell’insegnabilità di Pinemann che rientra nella teoria della
processabilità secondo la quale l’ordine e la sequenza delle tappe di acquisizione di una
lingua L2 non possono essere cambiate dall’istruzione formale in quanto non si può
insegnare ciò che in quel momento non è apprendibile e quindi processabile.
Qui infatti si trova il collegamento tra linguistica acquisizionale e glottodidattica, nel punto in
cui gli elementi che si riproducono in sequenze fisse si uniscono agli elementi variabili.
Ritorna quindi il concetto che l’acquisizione della L2 è un percorso individuale e l’interlingua
una rete costituita da tanti percorsi.
Dalla linguistica acquisizionale alla glottodidattica
La nuova considerazione di interlingua come un continuum verso la lingua seconda porta a
fare un paragone con le teorie del LAD e del LASS. Mentre nella teoria del LAD Chomsky
ipotizzava un meccanismo mentale innato che si attiva nei confronti di ogni lingua ed è alla
base delle competenze linguistiche con la teoria del LASS di Bruner si amplia il concetto di
competenza linguistica. Bruner non nega infatti l’esistenza di aspetti cognitivi innati, ma
sostiene che anche i fattori esterni hanno un ruolo fondamentale. Il LAD infatti si attiva nel
momento in cui esiste un sistema di rapporti sociali facilitanti, feedback positivi, stimoli
coerenti con il livello cognitivo dell’apprendente (pensiamo al linguaggio della madre nei
confronti del proprio figlio ancora incompetente a livello linguistico).
L’azione didattica deve quindi tenere conto del LAD e fare in modo di svilupparlo anziché
bloccarlo con interventi sbagliati e la violazione dell’ordine della sequenza.
Come la linguistica acquisizionale può entrare in classe
La pratica didattica: si tratta di applicare collegare gli argomenti e gli studi della linguistica
acquisizionale ad un contesto o situazione caratterizzato da grande variabilità (contesto
scolastico).
Sono state definite delle piste di lavoro didattico:
-Bosisio mette in primo piano la centralità dell’apprendente attraverso uno studio del profilo
dell’apprendente per adeguare le strategie di presentazione dell’input;
- Barni e Villarini propongono un’azione didattica che rispetti per lo più il processo di
apprendimento, prendendo in considerazione i tratti che caratterizzano le varietà di
apprendimento
- Pallotti si concentra invece sulla valutazione e sul trattamento dell’errore e nella
programmazione di un sillabo;
Dal quadro fin qui delineato si deduce che:
-l’insegnante deve essere un facilitatore di apprendimenti, che utilizza le sue conoscenze
per creare un ambiente strutturato in grado di promuovere la competenza comunicativa,
facilitando i processi di acquisizione spontanea. Di conseguenza l’insegnante deve essere
un professionista della didattica, non della lingua, quindi non devono essere né costruttori né
ideatori di materiali didattici i quali dovrebbero invece essere pensati da delle figure
specifiche a seguito dei risultati della linguistica e della glottodidattica.
Il fatto che molti insegnanti a causa di una carenza in tale settore siano divenuti ideatori di
materiali didattici evidenzia la carenza in tale settore.
L’insegnante alla presenza di materiali didattici adeguati dovrebbe solo adattarli alla
situazione della sua classe e renderli il più possibile individualizzati. Altri compiti sono:
- atteggiamento problematizzante di fronte ad errori ripetuti dai suoi studenti (motivazione
acquisizionale?)
- la conoscenza di diversi tipi di errore, per monitorare il livello di competenza
- la consapevolezza che è controproducente forzare alcune tappe del processo
d’apprendimento
- non abusare della correzione laddove non c’è ancora il livello di competenza linguistica
adeguato
- la cura nella proposta di riflessone sulla lingua (focus on form) che permetta agli studenti di
notare e soffermarsi su elementi e strutture linguistiche senza forzature.
L’insegnante deve inoltre soffermarsi sul tipo di input. Secondo alcuni studiosi esso
dovrebbe essere caratterizzato da strutture presenti nell’interlingua dello studente per
evitare errori di output.
L’insegnante d’altra parte non può proporre un input troppo semplificato o scorretto
(foreigner talk) né l’esposizione massiccia a testi corretti ma costruiti sul livello
dell’interlingua poiché diventa problematico definire sia il livello d’interlingua del singolo (sia
in entrata cioè al momento dell’arrivo a scuola, sia in itinere, cioè durante il processo
d’istruzione) che del gruppo (studenti stranieri con differenti competenze).
Di conseguenza mancando ancora un sillabo vero e proprio che rispetti il processo di
processabilità, l’insegnante dovrà essere consapevole che l’input proposto dovrà essere
compreso nella sua globalità da tutti gli studenti e che solo una parte di esso verrà utilizzato
per la produzione di atti comunicativi autonomi e autentici.
Dal punto di vista glottodidattico l’input quindi non deve avere solo tratti propri di ogni
sequenza, ma deve essere in grado di stimolare il potenziale di acquisizione (input +1).

Capitolo 4 - L’italiano lingua di comunicazione

La lingua di comunicazione
La lingua italiana per gli studenti stranieri che vengono inseriti nel contesto scolastico è lo
strumento indispensabile per l’integrazione sociale e culturale ed è alla base del successo
scolastico.
L’insegnante deve quindi chiedersi che tipo di competenza deve raggiungere l’allievo, quali
strumenti metodologici utilizzare, le condizioni operative ed i contesti d’apprendimento.
Importante è anche il successo scolastico dove la scuola rappresenta un contesto protetto di
integrazione e interazione.
Dalla didattica compensatoria al successo scolastico
molte volte la causa degli insuccessi scolastici è dovuta dall’incapacità o difficoltà da parte
della scuola di organizzare percorsi e strumenti didattici e glottodidattici.
Per evitare tali fallimenti bisogna definire cosa sia il successo scolastico per tali allievi, in
quanto i bisogni rispetto agli studenti italofoni sono diversi.
Vi deve essere quindi un cambiamento nell’ottica della didattica, da compensatoria a
didattica che imposti e valorizzi le sue diverse abilità, competenze e conoscenze.
Il bambino o i bambini quindi non devono essere vissuti come problemi all’interno della
scuola in quanto essi diventeranno tema centrale per l’intera società.
Il concetto di successo scolastico
Un allievo quindi inserito nella scuola si trova di fronte a quattro grandi traguardi:
a) deve prima di tutto adattarsi ad un contesto del quale conosce le regole deve quindi
capire come comportarsi e come agire, trovare dei punti dii riferimento, orientarsi
negli spazi e nei tempi della scuola, deve entrare in rapporto con gli altri (insegnanti,
coetanei, altre figure educative)
b) deve imparare la lingua per comunicare ed esprimere i propri bisogni, per inserirsi in
giochi e attività e stabilire contatti con gli altri.
c) Deve apprendere a leggere, a scrivere e a studiare in lingua seconda, deve quindi
imparare la lingua usata a scuola e le microlingue tipiche di ogni disciplina per avere
gli stessi strumenti cognitivi dei compagni italiani.
d) Deve apprendere che la cultura d’origine e la lingua madre le sue esperienze
pregresse vengono valorizzate dalla scuola e non negate.
Il successo scolastico quindi è strettamente legato allo stare bene a scuola e il vivere con
serenità lo studio e il realizzare di essere in grado di superare le difficoltà.
Un modello di competenza comunicativa per l’italiano in lingua seconda
Competenza indispensabile per lo studente straniero è quindi sapere la lingua seconda in
quanto può permettere il successo scolastico.
Cosa significa quindi sapere la lingua seconda, significa indagare cosa l’allievo deve
conoscere in lingua seconda e gli aspetti che caratterizzano il curricolo di italiano.
Lo scopo è il raggiungimento della competenza linguistica e comunicativa intesa come la
capacità di esprimersi attraverso la lingua in modo corretto dal punto di vista linguistico,
appropriato al contesto di situazione ed efficace in grado cioè di raggiungere gli scopi
prefissati dal parlante.
Un’altra finalità è quella di sviluppare la competenza metalinguistica metacomunicativa
intasa come la capacità di riflettere sulla lingua e su come la si apprende.
Da qui il modello di competenza comunicativa e metacomunicativa di Balboni:
a) saper fare lingua, padroneggiare le abilità linguistiche primarie e integrate: comprendere,
produrre e manipolare testi;
b) saper fare con la lingua: saper agire con la lingua dal punto di vista sociale e pragmatico,
lingua per comunicare;
c) sapere la lingua: conoscere ed usare le grammatiche (fonemica, grafemica, lessicale,
morfosintattica, testuale).
Questo modello viene rappresentato da una piramide dove le tre facce sono costituite da
saper fare lingua, saper fare con la lingua, sapere la lingua e saperla integrare con altri
codici e alla base c’è il contesto comunicativo o glotto-didattico.

SAPER FARE SAPER


FARE CON LA LINGUA
LINGUA

CONTESTO SAPERE LA
LINGUA E
COMUNICATIVO SAPERLA
INTEGRARE CON ALTRI CODICI
O GLOTTO-
DIDATTICO

Lo stesso modello per quanto riguarda la lingua seconda può essere integrato aggiungendo
una ulteriore competenza:
e) saper studiare la lingua e quindi saper usare la lingua seconda per studiare e per
apprendere contenuti non linguistici.

SAPER FARE SAPER FARE CON


LA LINGUA
LINGUA

SAPERE LA LINGUA E SAPERLA INTEGRARE CON

ALTRE LINGUE

CONTESTO COMUNICATIVO O GLOTTODIDATTICO

Anche se il saper studiare con la lingua rientra nel saper fare con la lingua è possibile
inserire tale capacità in un’ulteriore faccia.

Modelli operativi per l’insegnamento delle lingue


Per realizzare tali obiettivi glottodidattici serve un modello operativo che tenga conto sia
delle caratteristiche psicologiche e cognitive dello studente sia funzionale al contesto nel
quale va applicato.
Il modello operativo più adatto è quello dell’unità didattica, modello sia teorico che pratico
che tiene conto di tre versanti dell’atto didattico:
● Contenuti delle discipline;
● Le esigenze e le caratteristiche psicologiche e cognitive dell’allievo;
● Il comportamento dell’insegnante
Unità in quanto l’intervento autonomo ed autosufficiente e unità della lingua insegnata nei
confronti dell’allievo. Caratteristiche sono:
1) La presenza di tutti gli elementi basilari di un insegnamento linguistico: abilità
linguistiche, aspetti propriamente linguistici, elementi pragmatici e funzionali, modelli
culturali legati alla comunicazione;
2) Rispetto del principio gestaltico di globalità-analisi-sintesi e il principio di direzionalità
e bimodalità.
Il modello di unità didattica elaborato da Freddi e da Balboni si articola in 4 fasi: 1-
motivazione, 2-accostamento al testo (globalità), 3- lavoro sul testo (analisi, sintesi,
riflessione), 4-controllo
Favaro invece ha elaborato un modello di Unità Didattica a tre fasi: 1- vivere la situazione
(approccio globale al testo sia linguistico che situazionale), 2- ricordare (lavoro sulla lingua
basato sulle conoscenze del soggetto), 3- sintesi (utilizzo creativo degli elementi appresi in
contesti nuovi).
L’unità d’apprendimento
Il modello dell’Unità Didattica può fare da sfondo per un percorso glottodidattico per
l’insegnamento dell’italiano come lingua seconda nel contesto scolastico, ma devono essere
apportate delle variazioni in quanto ci sono da considerare degli elementi specifici:
1 gli studenti stranieri hanno in entrata diverse competenze linguistiche e diverse motivazioni
che li spingono all’apprendimento della lingua seconda.
2 per gli alunni stranieri con bassa conoscenza della lingua essa diventa un mezzo
indispensabile per risolvere problemi e comunicativi immediati e contingenti ed è inoltre
l’unico mezzo all’interno e all’esterno della scuola per esprimere sensazioni, bisogni e
pensieri.
3 le presenze degli stranieri nelle classi non sono continue e regolari e caratterizzate da
inserimenti in qualsiasi periodi dell’anno e prolungate assenze.
4 non c’è un unico insegnante che si occupa di lingua seconda ma ci sono diverse figure che
ruotano attorno all’alunno.
Al modello più rigido dell’unità didattica viene così integrato il modello dell’unità
d’apprendimento, ovvero all’interno dell’unità didattica vengono attivate una serie di attività
di apprendimento più brevi comprese in unità di lezione che seguono il modello
globalità-analisi-sintesi e sono organizzate tra loro non in modo lineare, ma a rete. All’interno
di questa rete l’insegnante può:
a. scegliere la successione delle unità, alcune unità devono necessariamente seguire
un ordine altre invece possono essere avere un percorso più libero, in alcuni casi
alcune unità possono essere saltate
b. creare percorsi autonomi e diversificati che preveda poi la verifica e la valutazione
degli obiettivi raggiunti che devono essere comuni e ben definiti
c. rispettare i processi cognitivi e i bisogni psicologici degli studenti attraverso input
individualizzati e scelti in base alla necessità
d. partire dai bisogni formativi, emotivi comunicativi di ogni studente e non dalla
disciplina.
La caratteristica della rete di micro unità permette di:
● impostare il lavoro didattico in modo flessibile
● riutilizzare lo stesso materiale didattico ma in diverse progressioni e situazioni per la
necessità di personalizzare ed individuare i percorsi didattici
● programmare in modo elastico: l’insegnante ha in mente il percorso generale ma lo
può modificare in itinere in base alle risposte degli studenti sempre tenendo conto
degli obiettivi formativi e della situazione di partenza
● insegnare i diversi aspetti della lingua italiana senza forzare troppo sulla grammatica.
Partire quindi da ciò che al bambino serve di più ad uso comunicativo (esempio uso
dell’indicativo anziché altre forme verbali) o introdurre un elemento di grammatica al
fine di favorire la comprensione senza soffermarsi troppo sulla regola.
Curricolo vs non curricolo
Secondo Balboni il modello classico di curricolo glottodidattico suddiviso in mete obiettivi e
contenuti a causa delle molte variabili in gioco (diverse provenienze, esperienze, lingue,
competenze, diverse situazioni in cui si insegna l’italiano, molteplicità di insegnanti) è
inapplicabile. D’altra parte lasciare gli insegnanti senza metodo diventa oltremodo pericoloso
in una tale situazione.
Esiste una terza via tra curricolo e non curricolo, ovvero la stesura di un piano di obiettivi e
contenuti che abbia:
a. una forte impostazione funzionale: definire gli scopi in base alle funzioni
comunicative si crede lo studente debba raggiungere per: esprimere se stesso, stati
d’animo e stati fisici; interagire con gli altri per porsi in relazione; comprendere ed
interagire con l’ambiente e con il mondo.
Diversi studi ad esempio hanno dimostrato che è più utile insegnare formule ed espressioni
che servono ad interagire con gli altri piuttosto che termini isolati per ampliare il
vocabolario. Una volta introdotte formule ed espressioni minime si può procedere con
l’arricchimento del linguaggio a livello più descrittivo.
b. Una struttura a maglie larghe che si possa riadattare o inserire eventuali emergenze
comunicative
c. Un rispetto delle tappe di sviluppo attraverso l’utilizzo di una progressione delle
strutture linguistiche.
Il riduzionismo dei materiali didattici
Tra molti testi e materiali didattici per l’insegnamento dell’italiano presi in esame da Villarini
sono emerse delle caratteristiche quali: disomogeneità, riduzionismo, slittamento e scissione
alle indicazioni della linguistica.
Input integrato
La differenza tra insegnamento della lingua straniera e insegnamento della lingua seconda
sta nel tipo di input, che nel secondo caso viene detto misto, a cui è sottoposto
l’apprendente. Infatti da una parte c’è l’insegnamento guidato della scuola dall’altra quello
spontaneo, a volte non corretto e influenzato da forme dialettali, che avviene nell’ambiente
sociale e tra coetanei.
In realtà nelle nostre scuole è più semplice insegnare l’italiano quando esso è più simile ad
una lingua straniera, nei confronti di allievi che all’esterno del contesto scolastico hanno
scambi quasi nulli con persone del posto, in quanto è più facilmente controllabile e
programmabile. La scuola deve quindi cambiare ottica e favorire le occasioni comunicative
scolastiche che avvengono in contesto extrascolastico partendo da quelle.
Bisogna quindi passare da un concetto di input misto che presuppone una interazione e
confronto dei diversi input provenienti da dentro e fuori il contesto scolastico e implica
l’esposizione a diverse nozioni linguistiche e modalità di apprendere la lingua italiana che
possono affiancarsi, sovrapporsi o entrare in contraddizione ad un concetto di input integrato
secondo cui i diversi tipi di input possono essere uniti in modo coerente.
Il concetto di input integrato e coerente con:
● un approccio glottodidattico di impostazione umanistico-affettiva (studente non solo
mente ma persona)
● una scuola che assume un approccio integrato (tra azioni linguistiche a scuola, in
famiglia, nella comunità e nei contesti sociali)
● una scienza glottodidattica aperta alle altre teorie sull’acquisizione della lingua
seconda in particolare la linguistica acquisizionale
sotto quest’ottica la scuola dovrà tener progettare percorsi che tengano conto della naturale
acquisizione dell’italiano sviluppato dall’allievo dentro e fuori dalla scuola:
● registrando la lingua che ogni allievo porta a scuola dall’esterno
● rispettando il processo spontaneo di acquisizione
● favorendo il processo di naturale e spontaneo di acquisizione
● soffermandosi sulle strutture linguistiche già apprese
● agendo sulle abilità linguistiche sia attraverso l’esercitazione orale sia introducendo
lo scritto
● proponendo una riflessione consapevole sulla lingua
la competenza metalinguistica
la scuola deve agire anche per rafforzare il processo di riflessione sulla lingua, che in
genere si attiva in modo naturale anche all’esterno del contesto scolastico ed ha il compito
di:
● rendere consapevoli ed esplicite le riflessioni che rimangono implicite a livello
spontaneo
● controllare e se serve correggere le regole che emergono da tali riflessioni
● favorire i processi di osservazione ed esposizione alla lingua
● creare situazioni e contesti che facilitano l’esplicitazione e il confronto delle riflessioni
● ampliare il campo di riflessione
la scuola ha quindi il ruolo di organizzare, potenziare e correggere all’interno del processo
spontaneo e condurre gli studenti di lingua seconda a una padronanza metalinguistica.
La riflessione linguistica per l’italiano lingua seconda nella scuola
Per quanto riguarda la riflessione linguistica all’interno del curricolo di italiano lingua
seconda ci sono due posizioni:
1 insegnanti che credono che il bambino sia immaturo ancora per compiere certe riflessioni
quindi loro obiettivo di insegnamento è il comunicare con la lingua senza riflessione
morfo-sintattica e grammaticale
2 altri che invece propongono riflessioni sulla lingua seconda come si fa per la lingua madre
quando ancora gli allievi non hanno ancora una sufficiente e sviluppata competenza
La terza via è quella di inserire nel curricolo sia la competenza comunicativa sia la
riflessione sulla lingua attraverso un percorso guidato dall’insegnante dove gli allievi
possano riflettere sulla lingua utilizzando materiale sul quale i bambini hanno già fatto
pratica e che hanno assimilato come comportamento comunicativo.
Aspetti metodologici per la riflessione linguistica
Riflessione sulla grammatica non significa ritornare all’insegnamento tradizionale della
grammatica ma applicare la metodologia del focus on form ovvero un occasionale
spostamento dell’attenzione ad aspetti del codice linguistico che inizia con la percezione di
un problema da parte dell’insegnante o di qualche allievo.
Tale riflessione dovrà essere:
-posta sotto forma di gioco o di problema
- volta alla scoperta attiva e non sotto forma di spiegazione da parte dell’insegnante che
invece fornisce lo scaffolding.
Inoltre la riflessione sulla lingua:
● è il punto d’arrivo e non di partenza del processo d’apprendimento
● va centrata non solo sulla lingua e sui meccanismi di funzionamento ma anche sugli
aspetti pragmatici e comunicativi
● avverrà grazie ai confronti con la lingua materna
● sfrutterà l’interazione tra pari
Tali percorsi potranno essere attivati quando lo studente avrà acquisito i primi strumenti
comunicativi in lingua seconda.
La competenza glottomatetica
Consiste nella capacità di acquisire una lingua grazie al transfer, trasferimento delle
conoscenze apprese per altre lingue, e all’arricchimento della stessa nel tempo.
Poiché la lingua quindi non viene appresa solo per esposizione o per una somma di nozioni
è importante puntare anche sulle strategie e sui modi che permettono e potenziano
l’apprendimento.
Tale competenza non solo migliora l’aspetto cognitivo ma incrementa la motivazione.
Le competenze glottometiche come quelle metalinguistiche rientrano nella metacognizione.
Competenze glottometiche sono: capacità di riconoscere i propri bisogni linguistici, di avere
consapevolezza delle proprie abilità, di pianificare strategie e azioni per rispondere ai propri
bisogni, di regolare e monitorare i processi di acquisizione e valutare le strategie applicate.
Tali abilità possono essere insegnate a scuola attraverso giochi e attività specifiche.
I contesti per l’apprendimento dell’italiano a scuola
Un bambino straniero inserito nella scuola italiana si trova ad interagire con più contesti
comunicativi diversi. Ognuno di tali contesti può essere strutturato per favorire
l’accostamento, la comprensione e l’acquisizione della lingua seconda. I contesti sono: la
scuola, la classe e il laboratorio di lingua seconda.
1) La scuola: le scuole dovrebbero attrezzarsi per garantire inizialmente l’acquisizione
della prima lingua comunicativa (laboratori linguistici, interventi individualizzati,
protocolli d’accoglienza, presenza di mediatori linguistici e culturali).
Tutti gli insegnanti sono chiamati a lavorare per un unico obiettivo prettamente linguistico al
di là della materia insegnata e la scuola dovrebbe diventare un ambiente ecologico
accogliente, strutturato e ben organizzato.
In realtà accade che nelle scuole non vi sia nulla di organizzato e guidato da scelte
didattiche pensate e condivise.
Di conseguenza l’allevo straniero quando arriva viene spesso affidato alla classe o dalla
classe a varie figure di volta in volta disponibili che non sempre hanno una
competenza specifica in didattica delle lingue seconde.
La scelta organizzativa da parte della scuola dovrebbe prevedere:
- Delle ore di insegnamento individualizzato o a piccoli gruppi di stranieri o in piccoli
gruppi misti
- Una parte di ore di scuola con l’inserimento in classe con compagni italofoni. La
scelta delle materie da frequentare non deve essere fatta in base al peso che essa
ha nel curricolo, ma in base alla maggiore facilità per lo straniero
2) La classe: il contesto classe non è un contesto naturale, dove si trova una disparità
dei ruoli e l’interazione è guidata dall’insegnante. La comunicazione non viene
attuata con strutture facilitanti, tutoriali e diadiche ma all’interno di conversazioni con
un gran numero di partecipanti.
Affinché la classe possa diventare un contesto facilitante è necessario che essa diventi
classe di lingua e non solo classe dove si lavora semplicemente su una determinata
disciplina ( classe di matematica, storia…)
3) Il laboratorio di lingua seconda: è inteso come uno spazio all’interno della scuola
dove gruppi di allievi non italofoni appartenenti a classi diverse possono apprendere
lessico e sviluppare strutture linguistiche, socializzare con il gruppo di pari in una
situazione con minori differenze linguistiche, interagire con compagni di diversa età
parlanti la stessa lingua, svolgere attività non compromesse dall’attività linguistica,
avere la possibilità di far emergere la cultura d’origine e entrare in contatto con la
lingua italiana necessaria a comprendere le discipline scolastiche.
Il laboratorio di lingua pur alternandosi con degli inserimenti in classe diventa il luogo
privilegiato per acquisire l’italiano e accostarsi alle discipline.
Va inoltre preferito all’intervento individualizzato in quanto favorisce la socializzazione e la
motivazione.

La programmazione didattica nel laboratorio di italiano lingua seconda


Elementi che devono essere considerati nel laboratorio:
- Coniugare eventuali emergenze comunicative con esigenze della programmazione
(isola dove potersi rilassare e dove viene favorita l’espressione personale) -
valorizzazione dello studente
- La programmazione è un compito complesso in quanto il gruppo non è omogeneo
Il metodo dell’unità d’apprendimento dovrà far svolgere agli studenti attività mirate allo
sviluppo di specifiche competenze che però variano da studente a studente e dipendono dal
profilo linguistico e cognitivo di ogni allievo. Lo stimolo e il contenuto saranno lo stesso ma i
percorsi saranno diversi e graduati attraverso numerazione. Anche gli esiti attesi alla fine del
percorso saranno differenziati.
Alla base della piramide ci saranno le abilità e i contenuti che tutti acquisiranno, a metà
quelli che molti studenti acquisiranno e sulla punta quelli che pochi acquisiranno.
Tecniche didattiche per il laboratorio di italiano lingua seconda
Il laboratorio si presenta come un gruppo ad abilità miste, ma anche la classe ha le stesse
caratteristiche, anche gli studenti italofoni hanno abilità differenti.
La classe è un sistema e non una somma di individui è caratterizzata da eterogeneità.
Anche il laboratorio di lingua seconda è caratterizzato da eterogeneità (età, conoscenza
dell’italiano, livello di sviluppo cognitivo, motivazioni che spingono a studiare l’italiano).
La lezione tradizionale è centrata sul materiale didattico scelto e adattato dall’insegnante,
somministrato a tutti gli allievi nello stesso momento e con le stesse modalità e non può
soddisfare le esigenze di ciascuno.
Anche il modello individualizzato sull’allievo non può essere applicato all’interno di un
gruppo ma si può cercare di individualizzare i materiali e i compiti dando la possibilità agli
allievi di scegliere in base ai propri bisogni.
Le tecniche glottodidattiche utilizzate devono essere in grado di:
- Coinvolgere tutti gli studenti nel lavoro sulla lingua seconda
- Motivare allo studio
- Attivale stili personali e canali preferenziali
- Sfruttare le conoscenze pregresse
- Creare un ambiente supportivo e collaborativo
Da qui la distinzione tra esercizi chiusi e aperti.
Gli esercizi aperti permettono agli studenti di lavorare secondo il proprio stile, alla loro
velocità all’interno di una stessa lezione. L’esercizio chiuso invece prevede un’unica
soluzione, data in un unico modo con determinati strumenti.
Tecniche che rientrano nella categoria chiusa sono: domande che prevedono una sola
risposta, esercizi a scelta multipla, il dettato. Tecniche aperte sono: l’intervista, attività di
previsione, role plays. Altre non rientrano nell’una o nell’altra ma possono essere adattate
come domande di comprensione di un testo e domande a scelta multipla. Tali esercizi sono
chiusi se si basano sulla comprensione del testo, non vi sono più possibilità, la risposta
corretta è una. Diventano aperti se invece vengono utilizzati per riflettere sulla struttura della
lingua italiana dove si può trovare più di una risposta corretta.
Es. scegli quali espressioni possono completare correttamente
IO GIOCO:
-con la palla
-una cassetta con il registratore
-insieme ai miei amici
-una chitarra
-a calcio
-un panino al prosciutto
Sei capace di trovare altri modo di completare correttamente la frase IO GIOCO?
I bambini possono anche lavorare in gruppo.

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