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La linguistica è sempre stata una scienza teorica, ma dalla seconda metà del ‘900 inizia ad
allargare il proprio raggio anche alla pratica, che già negli anni Settanta si dirige verso gli
insegnanti. Questa però non ci da alcuna indicazioni su obiettivi e finalità di un percorso di
educazione linguistica.
Una particolare branca della linguistica è poi la linguistica acquisizionale, ovvero quella
scienza a metà fra linguistica e sociolinguistica, che studia i processi di acquisizione
(naturale, in maniera simile alla L1) della lingua del paese d’arrivo da parte dei migranti. Le
ricerche negli ultimi anni si sono focalizzate su:
- ruolo di fattori sociali, culturali e linguistici
- analisi del continuum interlinguistico e la sua suddivisione in tappe stabili nei sistemi
di acquisizione di regole
Ancora, questa idea di sistemi, implica l’importanza della collaborazione fra scuola, comunità
e famiglie. Ciascun sistema mantiene la sua specificità, ma allo stesso tempo tutti
collaborano e crescono insieme. Le parole chiave in questo caso sono rete,
interistituzionalità, coordinamento e progettualità integrata.
il modello glottodidatti è quello dell’atto didattico, all’interno del quale intervengono 3 fattori:
studente (in alto al centro per rimarcarne l’importanza), il docente e la disciplina.
Chi è il docente?
- docente di classe, senza alcuna formazioe specifica in glottodidattica che può al
massimo prender alcune metodologie non specifiche e trasversali al resto
- Altri insegnanti della scuola (potenziamento e recupero ad esempio) che possono
attuare alcuni progetti specifici sulla glottodidattica
- facilitatori linguistici e culturali, che sono non sempre e solo docenti, ma anche
educatori e volontari ad esempio e che agiscono non solo a scuola ma anche fuori.
- mediatori linguistici e culturali, che non hanno alcuna competenza didattica ma sono
a loro volta immigrati con discrete competenze dell’italiano e della cultura italia ed
intervengono quindi come ponte tra l’immigrato e le istituzioni italiane, compresa la
scuola soprattutto (se non solo) in fase di accoglienza
Gli obiettivi generali per coordinare tutte queste figure, non sono altro che una base di
formazione comune, una comunicazione e cooperazione, ed una migliore definizione dei
ruoli per evitare sovrapposizioni.
- Dimensione sociolinguistica
Analizzando bene il bilinguismo, questo non si può vedere solo come isolato
processo cognitivo o linguistico stretto, ma anche e soprattutto sociale: comunicare
non è che un atto sociale, che risente quindi dell’apprezzamento sociale del
bilinguismo, del valore attribuito alle lingue del parlante, del livello socio-economico
del gruppo parlante bilingue, e del suo generale prestigio sociale.
A livello sociale, ciò che incide sui rapporti sociali è…
- dimensione, coesione interna. progetto migratorio e d’integrazione del gruppo
sociale immigrato
- la congruenza culturale fra nativi e immigrati
- atteggiamento dei nativi verso la lingua nativa degli immigrati e la dominanza
sociale (tipo di rapporto di potere fra nativi e immigrati)
Per i bambini, che l’immigrazione la subiscono, incide invece in particolar modo il
processo psicologico dell’introduzione in un nuovo contesto sociale, che porta a
- shock linguistico,
- shock culturale,
- motivazione di studio della lingua
1
vedere definiziona a p.53
- permeabilità dell’io (capacità di adattamento dell’immagine di sè)
A scuola, ancora dopo 40 anni di discorsi a riguardo, le insegnanti faticano a vedere
la lingua come uno strumento sociale e non insegnano l’italiano nella sua varietà o
basandosi sulle necessità degli alunni, ma insegnano solo l’italiano standard o
neostandard, che se è nocivo per gli studenti italiani, ancor più lo è per gli stranieri.
Bisogna sempre incentivare il bilinguismo e i suoi usi anche a scuola, per evitare che
dalla seconda generazione la lingua materna dei migranti venga dimenticata a favore
della seconda o che si verifichi (come avviene oggi nei maggiori paesi europei) un
bilinguismo senza diglossia (quindi una lingua viene usata in contesto formale e
l’altra nell’informale).
- Dimensione glottodidattica
Differenza tra insegnare l’italiano come lingua straniera, seconda e madre:
- L2 rispetto a LS serve anche per studiare e non solo per comunicare, quindi
ci vuole una determinata competenza comunicativa ma anche
metacomunicativa che integri gli aspetti cognitivi e disciplinari
- L2 rispetto a LS non ha solo una motivazione reale di tipo comunicativo ma
anche integrativo, che obbliga l’alunno ad apprendere la lingua orale e anche
la quella scritta e formale
- L2 rispetto a LS e L1 è caratterizzata da alunni con livelli di partenza diversi,
quindi il curriculum dev’essere sempre flessibile
- L2 rispetto a LS è caratterizzato da input linguistici tutti diversi fra loro e non
solo quelli dell’insegnante, che quindi in parte ne perde il controllo
- L2 rispetto a LS è sempre e comunque un compito autentico
- L2 rispetto a LS è esposto ai modelli culturali senza mediazione e questo
spesso causa scontri e conflitti rispetto alla cultura d’origine. Nel caso di L1 il
problema della cultura non si presenta.
- L2 rispetto a L1 a diversi obiettivi riguardo alle “abilità strumentali di base” che
non sono leggere e scrivere ma la comunicazione nei diversi contesti
- L2 ha una gamma di varietà linguistiche richieste che è minore: ci chiede
prima il colloquiale, e solo poi tutto ciò che imparano gli L1, come l’italiano
standard, il neostandard dei giorni, l’alto e letterario, per la descrizione reale,
verbalizzazione organizzata di esperienze, ecc.
- L2 rispetto a L1 non riflette sulla grammatica, non da etichette e nomi precisi,
ma tenta di usarla correttamente e intuirne le regole
Glottodidattica umanistico-affettiva
Cosa prova una persona inserita in un contesto estraneo dove ben poco conosce della
lingua usata?
L’apprendimento ecologico è un aspetto della glottodidattica che ha come scopo il rispetto
della persona e garantisce relazioni positive tra chi è coinvolto nel processo.
Di questo tipo di apprendimento si fa garante l’approccio umanistico affettivo della
glottodidattica. In tale approccio rientrano una gran quantità di metodi sviluppati negli anni
’60 ma entrati in uso in Italia solo dagli anni ’80.
La glottodidattica umanistica è centrata sulla centralità dell’affettività, della fisicità, della
relazionalità, delle caratteristiche personali e della tensione all’autorealizzazione ed è un
superamento dei metodi strutturali (meccanicismo), dei metodi comunicativi (bisogni
comunicativi) e dell’approccio cognitivo (nozionale-funzionale). Lo studente di lingue non ha
solo bisogni comunicativi, ma anche bisogni legati alla propria personalità e motivazione
inoltre egli non ha solo una dimensione cognitiva, ma anche emotiva, fisica e psicologica.
Tale approccio si rifà alle teorie psicologiche di Maslow e Rogers focalizzandosi anche sulle
percezioni soggettive dell’individuo che egli sviluppa nel contatto con il mondo.
Tratti comuni dei metodi umanistico-affettivi:
discente come persona, infantilizzazione (riproporre condizioni dell’apprendimento della
lingua L1), primato della pedagogia (metodo sul contenuto), multimodalità (coinvolgimento
globale) e ruolo del docente (guida e programmatore delle attività).
Le componenti di tale approccio quindi sono: sentimenti (l’apprendimento è più proficuo se
c’è il piacere di apprendere), rapporti sociali (clima collaborativo nel gruppo), responsabilità
(accettazione delle critiche e impegno personale), intelletto e autorealizzazione.
C’è un rischio: semplificare l’approccio limitandolo alla creazione di un clima sereno, con lo
studente protetto da ansie e fallimenti. L’ottica deve essere quella ecologica sistemica e
costruttivista dove è indispensabile il rispetto delle caratteristiche della persona associate
alla facilitazione delle relazioni tra le varie figure presenti. Non si tratta più di mettere al
centro la persona, ma le persone in un contesto sistemico, dove chi apprende è inserito in
un contesto educativo nel quale c’è co-costruzione di relazioni (anche l’insegnante entra in
tale contesto nel quale a sua volta tutti i soggetti si cambiano reciprocamente).
Glottodidattica umanistico-affettiva e lingua seconda
Tale approccio vale anche per la glottodidattica della lingua seconda per studenti stranieri in
ambito scolastico dove si dovrebbe riscontrare: a) l’attenzione allo studente come persona
(valorizzazione delle peculiarità del sogg.); b) l’importanza delle relazioni con insegnanti, con
compagni e con le figure educative; c) la centralità del processo di autorealizzazione legata
al fatto di doversi inserire in vari contesti, non solo quello scolastico, dove viene utilizzata la
L2; d) il coinvolgimento di tutte le modalità di imparare.
Tra i tanti metodi ne esistono due applicabili nel contesto scolastico: il Total Phisical
Response o TPR e il Natural Approch.
Total Phisical Response
Il TPR è un metodo che si contrappone al meccanicismo dell’apprendimento (strutturalismo)
ma si rifà al comportamentismo e al processo stimolo/risposta/rinforzo. Fu ideato da James
Asher negli anni sessanta.
Esso parte da osservazioni fatte su bambini e parte dal processo di acquisizione della lingua
materna.
L’apprendimento è un processo lento, caratterizzato da esperienze ricettive, frenato da
esperienze frustranti e ansiogene e basato sul coinvolgimento di tutte le modalità
esperienziali dell’individuo (audio-orali, affettive, motorie e visive)).
La principale caratteristica del metodo è il collegamento della lingua al movimento alle azioni
e alla fisicità. Inizialmente gli studenti non producono la lingua, ma la ricevono come input,
come indicazione d’esecuzione in quanto l’ascolto è l’abilità che viene usata maggiormente
ed è alla base, quando diventa comprensione, della competenza linguistica.
Non basta l’esposizione, la comprensione è necessaria e il ruolo della scuola è quello di
attuare strategie rivolte a tale competenza. L’insegnante deve tener presente che la prima
fase d’apprendimento consiste nella comprensione e decifrazione degli input ed è una fase
di silenzio, quindi gli studenti non parlano e non danno feedback di tipo verbale. Forzature di
tale tipo potrebbero provocare l’innalzamento del filtro affettivo e la perdita della
motivazione.
L’input del TPR è un input verbale dato dall’insegnante, costituito da comandi, al quale gli
studenti rispondono con l’esecuzione dei comandi a livello pratico, senza utilizzare il
linguaggio. Lo scopo è favorire esperienze ricettive di comprensione della lingua senza
forzare l’allievo alla produzione verbale.
I comandi possono essere caratterizzati da semplici ordini (apri la porta) o sequenze di
azioni e comportamenti e sono formulati con l’uso dell’imperativo.
Critiche al metodo: il metodo è stato definito troppo meccanicistico e ripetitivo e l’attenzione
per l’input trascura invece l’output, ovvero la parte della produzione linguistica e della sua
correttezza.
Nonostante le critiche il metodo si è rivelato molto utile per quelli studenti che non
conoscono nulla della lingua L2.
La SLAT di Krashen e il Natural Approch
Il secondo metodo, il Natural Approach si rifà alle 5 ipotesi della teoria SLAT (Second
Language Acquisition Theory) di Krashen:
1) La lingua si può imparare attraverso due processi: a) l’acquisizione spontanea
naturale automatica e veloce tipica della prima infanzia; b) l’apprendimento razionale
conscio e lento tipico dello studio;
2) L’apprendimento ha funzione di monitor, cioè un meccanismo di controllo della
produzione verbale. Se il monitor è troppo sviluppato no si è in grado di produrre la
lingua;
3) Esiste un ordine naturale di acquisizione linguistica delle strutture grammaticali.
Perché ci sia acquisizione e non apprendimento è necessario rispettarlo;
4) L’allievo va esposto ad un input comprensivo leggermente superiore al suo livello di
comprensione “input+1”. Ciò significa che l’insegnate deve proporre un input
comprensibile, ma con strutture che si trovino ad un livello leggermente superiore a
quelle già note.
5) L’acquisizione della lingua dipende anche da fattori psicologici interni dell’individuo.
Situazioni d’ansia fanno scattare il filtro affettivo.
Implicazioni didattiche: al centro dell’apprendimento è l’allievo che non va forzato a parlare,
ma deve essere esposto ad una lingua autentica e significativa (vocabolario ricco e molti
significati piuttosto che grammatica); non sono necessarie spiegazioni grammaticali e
correzioni formali, ma bisogna lasciare che gli allievi si costruiscano una propria interlingua e
acquisiscano una certa scorrevolezza nella produzione verbale (attività comunicative).
Critiche alla SLAT e al Natural Approch
-indimostrabilità delle ipotesi e poca credibilità e applicabilità del modello delle prove
sperimentali che supportano la teoria;
- mancanza di distinzione tra acquisizione della lingua straniera e lingua 2.
Anche le cinque ipotesi sono state soggetto di critica:
1) Dicotomia acquisizione/apprendimento: è impossibile dimostrare scientificamente
quando una lingua viene acquisita e quando appresa, inoltre non è accettato il fatto
che l’acquisizione venga bloccata se vi è un percorso di apprendimento formale.
2) L’acquisizione attraverso il metodo input + 1 non è l’unico valido ed utile a volte può
essere necessaria la correzione da parte dell’insegnante o la spiegazione esplicita di
regole grammaticali. Anche l’output è indispensabile perché serve per la verifica e la
ristrutturazione delle conoscenze.
Natural Approch e didattica dell’italiano come lingua seconda
Da tale teoria emergono una serie di riferimenti per la didattica dell’italiano come lingua
seconda
a) Dal superamento della dicotomia acquisizione apprendimento è nato un tipo di
insegnamento che porta all’interno del contesto formale scolastico gli aspetti positivi
dell’acquisizione naturale (contesto ecologico di istruzione naturale).
b) L’importanza del filtro affettivo che si aggiunge alla motivazione come elemento che
incide sull’acquisizione.
c) L’importanza della nozione i+1 che prevede un compito leggermente superiore alle
conoscenze ma che non sia troppo elevato da demotivare l’allievo.
Tuttavia anche se il compito appare complesso l’insegnante può comunque prevedere una
rete di input tali che attraverso supporti e facilitazioni l’allievo possa in ogni caso
comprendere.
Il legame tra glottodidattica e linguistica acquisizionale è molto alto. L’applicazione di teorie
proprie dell’acquisizione linguistica possono infatti essere collegate all’acquisizione di una
lingua seconda e può essere utile per declinare proposte didattiche in un quadro
glottodidattico.
Interlingua
lo spazio ideale tra lingua d’origine e lingua seconda è detto continuum interlinguistico
(continuum di varietà linguistiche che si pongono nello spazio tra lingua materna di chi
apprende e lingua seconda d’arrivi) ed è suddiviso in tappe di sviluppo con una propria
sistematicità e organizzazione interna. L’interlingua non è più considerata un sistema
intermedio tra L1 e L2, ma una varietà di apprendimento della lingua seconda. Gli studi
sull’incidenza delle variabili individuali sull’acquisizione della lingua hanno fatto sì che si
superasse l’idea di una grammatica universale che scandisse le tappe dell’acquisizione
naturale a favore di una prospettiva caratterizzata dalla presenza dei due fattori: variabili
universali da una parte ed elementi universali che accomunano tutte le lingue.
L’interlingua è caratterizzata da:
sistematicità, caratteristiche e strutture descrivibili e ricorsive a prescindere dalle
caratteristiche del sogg. e della L1;
instabilità, in quanto in continua ristrutturazione. Se l’instabilità viene meno si ha la
fossilizzazione e il blocco dell’apprendimento;
variabilità individuale.
La linguistica acquisizionale ha cercato di dividere il continuum in stadi dove la variabilità e
l’instabilità è data da fattori interni legati all’apprendente e da fattori esterni legati al contesto.
Teoria della Processabilità
È una teoria elaborata dallo studioso di acquisizione delle lingue seconde Manfred
Pienemann.
Si basa su due principi:
1) la sequenza temporale delle fasi di produzione di un enunciato che riguardano
qualsiasi parlante di qualsiasi lingua. Si va dall’attivazione del lessico, alla sua
grammaticalizzazione alla sonorizzazione;
2) lo scambio di informazioni tra gli elementi linguistici, processi di codifica che hanno
tra loro un legame e formano una gerarchia.
3) Un apprendente di lingua L2 deve apprendere le procedure specifiche per
assemblare tali elementi che sono diverse dalla sua lingua L1
La sequenza delle procedure di processabilità si divide in 5 fasi:
4) fase lemmatica: l’apprendente usa parole e formule non analizzate
grammaticalmente;
5) fase categoriale: comincia ad analizzare gli elementi che ha imparato ma senza
connessione tra parole (ad esempio associa a maestra il termine maestre)
6) fase sintagmatica: inizia un’analisi sintattica interfrasale (es associazione nome
aggettivo)
7) fase frasale: inizia l’analisi intrafrasale (es si associa il nome al verbo)
8) fase subordinante: raggiunta da parlanti a livello molto avanzato che prevede uno
scambio di informazione tra frase principale e subordinate.
La teoria è stata applicata a diverse lingue e ha confermato l’esistenza di elementi di
universalità essa inoltre tiene conto anche degli elementi di variabilità individuale. La teoria
predice che ciò che non può essere elaborato, processato, non può essere appreso.
All’interno di queste fasi c’è uno spazio di ipotesi, ovvero le procedure di elaborazione si
presentano come una gamma di opzioni che danno vita ad esiti diversi.
La lingua di comunicazione
La lingua italiana per gli studenti stranieri che vengono inseriti nel contesto scolastico è lo
strumento indispensabile per l’integrazione sociale e culturale ed è alla base del successo
scolastico.
L’insegnante deve quindi chiedersi che tipo di competenza deve raggiungere l’allievo, quali
strumenti metodologici utilizzare, le condizioni operative ed i contesti d’apprendimento.
Importante è anche il successo scolastico dove la scuola rappresenta un contesto protetto di
integrazione e interazione.
Dalla didattica compensatoria al successo scolastico
molte volte la causa degli insuccessi scolastici è dovuta dall’incapacità o difficoltà da parte
della scuola di organizzare percorsi e strumenti didattici e glottodidattici.
Per evitare tali fallimenti bisogna definire cosa sia il successo scolastico per tali allievi, in
quanto i bisogni rispetto agli studenti italofoni sono diversi.
Vi deve essere quindi un cambiamento nell’ottica della didattica, da compensatoria a
didattica che imposti e valorizzi le sue diverse abilità, competenze e conoscenze.
Il bambino o i bambini quindi non devono essere vissuti come problemi all’interno della
scuola in quanto essi diventeranno tema centrale per l’intera società.
Il concetto di successo scolastico
Un allievo quindi inserito nella scuola si trova di fronte a quattro grandi traguardi:
a) deve prima di tutto adattarsi ad un contesto del quale conosce le regole deve quindi
capire come comportarsi e come agire, trovare dei punti dii riferimento, orientarsi
negli spazi e nei tempi della scuola, deve entrare in rapporto con gli altri (insegnanti,
coetanei, altre figure educative)
b) deve imparare la lingua per comunicare ed esprimere i propri bisogni, per inserirsi in
giochi e attività e stabilire contatti con gli altri.
c) Deve apprendere a leggere, a scrivere e a studiare in lingua seconda, deve quindi
imparare la lingua usata a scuola e le microlingue tipiche di ogni disciplina per avere
gli stessi strumenti cognitivi dei compagni italiani.
d) Deve apprendere che la cultura d’origine e la lingua madre le sue esperienze
pregresse vengono valorizzate dalla scuola e non negate.
Il successo scolastico quindi è strettamente legato allo stare bene a scuola e il vivere con
serenità lo studio e il realizzare di essere in grado di superare le difficoltà.
Un modello di competenza comunicativa per l’italiano in lingua seconda
Competenza indispensabile per lo studente straniero è quindi sapere la lingua seconda in
quanto può permettere il successo scolastico.
Cosa significa quindi sapere la lingua seconda, significa indagare cosa l’allievo deve
conoscere in lingua seconda e gli aspetti che caratterizzano il curricolo di italiano.
Lo scopo è il raggiungimento della competenza linguistica e comunicativa intesa come la
capacità di esprimersi attraverso la lingua in modo corretto dal punto di vista linguistico,
appropriato al contesto di situazione ed efficace in grado cioè di raggiungere gli scopi
prefissati dal parlante.
Un’altra finalità è quella di sviluppare la competenza metalinguistica metacomunicativa
intasa come la capacità di riflettere sulla lingua e su come la si apprende.
Da qui il modello di competenza comunicativa e metacomunicativa di Balboni:
a) saper fare lingua, padroneggiare le abilità linguistiche primarie e integrate: comprendere,
produrre e manipolare testi;
b) saper fare con la lingua: saper agire con la lingua dal punto di vista sociale e pragmatico,
lingua per comunicare;
c) sapere la lingua: conoscere ed usare le grammatiche (fonemica, grafemica, lessicale,
morfosintattica, testuale).
Questo modello viene rappresentato da una piramide dove le tre facce sono costituite da
saper fare lingua, saper fare con la lingua, sapere la lingua e saperla integrare con altri
codici e alla base c’è il contesto comunicativo o glotto-didattico.
CONTESTO SAPERE LA
LINGUA E
COMUNICATIVO SAPERLA
INTEGRARE CON ALTRI CODICI
O GLOTTO-
DIDATTICO
Lo stesso modello per quanto riguarda la lingua seconda può essere integrato aggiungendo
una ulteriore competenza:
e) saper studiare la lingua e quindi saper usare la lingua seconda per studiare e per
apprendere contenuti non linguistici.
ALTRE LINGUE
Anche se il saper studiare con la lingua rientra nel saper fare con la lingua è possibile
inserire tale capacità in un’ulteriore faccia.