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CAPITOLO I, 15-32

La linguistica è la scienza che studia il funzionamento del linguaggio umano, il qual è alla base della
comunicazione e della trasmissione del pensiero.
Questi due elementi, ovvero pensiero e linguaggio, si influenzano vicendevolmente, motivo per cui
Von Humboldt sostenne nell’Ottocento che la conoscenza del linguaggio permetteva la
conoscenza del pensiero di un popolo e viceversa (dato che a ogni linguaggio corrisponde una
differente organizzazione della realtà).
Successivamente Shapir e Whorf, studiando la lingua inuit, si accorsero che essa aveva differenti
modi per indicare la neve, poiché tutti questi termini avevano una sfumatura particolare
necessaria per la vita in quell’ambiente: formularono quindi una teoria secondo la quale la lingua
non traduce il pensiero, ma lo forma.
Un esempio dell’influenza bidirezionale tra cultura e linguaggio:
1. In tedesco SOLE è femminile e LUNA maschile: questo perché la cultura animista ha
stabilito così (CULTURA INFLUENZA LINGUA)
2. Oggi il tedesco ha mantenuto questa caratteristica, nonostante la cultura animista non sia
più presente (LINGUA INFLUENZA CULTURA)
< Il mondo reale è costruito sulle abitudini linguistiche del gruppo>
Lo studioso russo Jakobson ha evidenziato come le principali differenze tra le lingue non risiedono
in ciò che possono esprimere, ma in quello che le lingue sono obbligate ad esprimere, i cosiddetti
“vincoli strutturali”:
1. In italiano osiamo obbligati a esprimere il genere, in giapponese il grado di cortesia verso
l’interlocutore
2. In italiano c’è differenza tra LEGNA, BOSCO e LEGNO, mentre in francese è sempre BOIS
3. In italiano è sempre CARNE, in francese c’è differenza tra CHAIR e VIANDE
IN CONCLUSIONE: la lingua ci condiziona e noi non siamo liberi, anche se crediamo di esserlo
perché questa ci vincola con costrizioni non esplicite, seppur ineludibili.
ORIGINI DELLA LINGUISTICA
La linguistica odierna si sviluppa tardi, intorno al XVIII-XIX secolo, ma possiamo descriverne
l’evoluzione in base ai differenti intenti:

 FILOLOGICO: si studiavano le sacre scritture, che erano in una lingua ormai differente dalla
parlata corrente, per tentare di tradurle e comprenderle attraverso dei commenti ( ex.
Veda in sanscrito vedico VS hindi)
 PRESCRITTIVO: studi per tentare di individuare la forma corretta di una lingua (ex.
Aristotele, Quintiliano)
 DESCRITTIVO: tentare di comprendere il funzionamento di una lingua. Questa nasce dalla
constatazione di Jones sulla somiglianza tra latino, greco antico e sanscrito e sull’ipotesi di
una loro parentela. Schlegel riprenderà le teorie e troverà somiglianze anche con il
persiano, coniando il termine “Grammatica comparata” - ovvero la comparazione di forme
differenti di lingue per far emergere le differenze-. Bopp passa dalla comparazione tra
singole parole a quella tra morfologie. In epoca positivista ci si illuderà fi poter ricostruire
l’indoeuropeo e si scoprirà che le lingue erano mutate obbedendo a regole che si pensava
quindi di poter prevedere, diffondendo la teoria dell’INECCEPIBILITA DELLA LEGGE
FONETICA.
Con Ferdinand de Saussure nasce lo studio sincronico della lingua (= in un dato momento)
contrapposto a quello diacronico usato finora. Saussure considera la lingua “un systéme où tout se
tient” e istituisce la differenza tra LANGUE ( insieme di regole da cui goni parlante attinge) e
PAROLE (le scelte dei singoli individui nel parlare).
Inoltre crea il concetto di SEGNO LINGUISTICO, costituito da SIGNIFICANTE (ovvero l’immagine
acustica che ogni parlante ha di quel segno) e SIGNIFICATO (il concetto associato al SIGNIFICANTE).
Lo stesso concetto può essere espresso da differenti SIGNIFICANTI, dando vita all’arbitrarietà del
rapporto tra significante e significato.
Per via dell’arbitrarietà del rapporto, che si contrappone all’iconicità (capacità della lingua di
essere immagine della realtà), Peirce attua una distinzione tra i tipi di segno (che possono passare
da un tipo all’altro):

 INDICE: rapporto di causa-effetto (i brufoli son INDICE di cattiva alimentazione)


 SEGNO: indici prodotti intenzionalmente (i segnali di fumo sono prodotti per segnalare la
propria presenza)
 ICONA: rimandano alla cosa cui si riferiscono mediante rapporto di somiglianza (l’omino o
la donnina del gabinetto da soli sono ICONE)
 SIMBOLO: segno che significa qualcosa grazie a una convenzione stabilita da una cultura
(omino e donnina insieme sul bagno insieme sono SIMBOLO del gabinetto)
Saussure capisce che questo sistema presenta le proprie parti in relazioni regolari tra loro
(STRUTTURALISMO):

 RELAZIONI PARADIGMATICHE: sono le relazioni di accordo tra elementi linguistici ( in


presenza)

 RELAZIONI SINTAGMATICHE: sono le relazioni di sostituibilità in assenza di elementi


linguistici (il significato dell’uno non può occupare il significato dell’altro-ne delimita il
confine). Ecco che a definire la natura di un segno linguistico è il suo essere diverso dagli
altri: la metafora degli scacchi di Saussure esplica bene questo concetto.
CAPITOLO II,37-66
Meglio si conoscono i meccanismi di funzionamento del linguaggio, meglio si può usare la lingua.
Austin elabora la teoria degli atti linguistici, sostenendo che parlare sia un’attività come un’altra
che può modificare lo stato della persona con cui si sta parlando senza per forza dover veicolare
sempre delle informazioni.
Dunque, l’atto linguistico è uno strumento che influenza il mondo circostante e l’interlocutore ed
è il risultato della somma di tre atti:

 ATTO LOCUTIVO: il rispetto della struttura del sistema linguistico


 ATTO ILLOCUTIVO: l’intenzione con cui l’enunciato viene prodotto

 ATTO PERLOCUTIVO: l’effetto che l’enunciato ottiene di produrre, che dipende dal
contesto e dagli interlocutori
L’enunciato può essere formulato in forma diretta (ex. < Che ore sono?>) o indiretta (ex. < Sa dirmi
che ore sono?>)
Si definisce VERBO PERFORMATIVO uno che determina un effetto perlocutivo basato su
convenzioni sociali e si trova obbligatoriamente alla prima persona singolare del presente
indicativo (ex. Scommetto, ti nomino, prometto, …)
Un filosofo del linguaggio, Paul Grice, si accorse di come, nonostante molti atti linguistici siano
indiretti, le persone riescano a rispondere cercando un significato magari anche nascosto:

 < Domani andiamo al cinema?> < Domani ho l’esame.>


In questo caso, anche se nella risposta non è menzionato il cinema, noi capiamo che non è libero
perché supponiamo che il nostro interlocutore sia sempre cooperativo dal punto di vista della
comunicazione (PRINCIPIO DI COOPERAZIONE) e che quindi l’esame gli impedisca di venire al
cinema. Questo principio è alla base della TEORIA DELLE IMPLICATURE CONVERSAZIONALI e si
compone di quattro massime conversazionali:

 MASSIMA DI QUALITà: essere sincero e non dire il falso

 MASSIMA DI QUANTITà: contributo né più né meno informativo di quanto richiesto

 MASSIMA DI RELAZIONE: il contributo è pertinente e in relazione agli scopi

 MASSIMA DI MODO: riguarda il confezionamento delle informazioni ( chiarezza,


concisione)
Lo sfruttamento delle massime di Geiss avviene quando c’è un’apparente violazione delle massime
che sottende un’implicatura conversazionale (ovvero l’interlocutore estrapola l’informazione,
“vincendo” così la massima): quindi le implicature sono basate sullo sfruttamento delle massime.
La selezione dell’implicatura è illustrata dalla TEORIA DELLA PERTINENZA secondo la quale è la
rilevanza delle possibili soluzioni a guidare le ipotesi dei parlanti, i quali dunque scartano le ipotesi
che porterebbero a uno spreco comunicativo.
La branca della linguistica che descrive le relazioni tra il linguaggio e le sue funzioni pratiche si
chiama “pragmatica”.
Per comunicare bene ed essere convincenti bisogna avere buoni argomenti e saperli organizzare.
La lingua è ICONICA, perciò procede secondo relazioni di successioni temporali di causa-effetto che
non si possono sovvertire (tranne che tramite la subordinazione).
Se qualcuno organizza male un discorso, siamo più inclini a perdonarlo o a non accorgercene,
mentre nei confronti di un testo scritto siam o più rigidi in quanto si ha più tempo per organizzare
e correggere.
DEISSI: elemento che non determina una volta per tutte gli oggetti a cui si riferisce, anzi questi
cambiano a seconda del contesto:
 DEISSI PERSONALE: pronomi come “tu” designano persone differenti a seconda del
contesto

 DEISSI SPAZIALE: avverbi e dimostrativi come “qui, lì”

 DEISSI TEMPORALE: espressioni come “quando, ieri, oggi, etc.”


Anche i verbi funzionano in modo deittico (ex. Parlo e parlerò).
La funzione della DEISSI è di permettere di riferirsi a qualsiasi entità senza il bisogno di dare un
nome apposta a tutte le cose esistenti.
Per una buona organizzazione della struttura del testo occorre prestare attenzione alla
GERARCHIA, evidenziata spesso dalla scansione in CAPOVERSI, che segnalano il cambio di
argomento. Inoltre, la GERARCHIA può essere evidenziata nel parlato dall’intonazione.
È importante stabilire un certo grado di precisone nella comunicazione onde evitare
fraintendimenti: per questo si usano IPERONIMI (nomi generali come “albero”) e IPONIMI (nomi
più specifici come betulla, acero”). Ci sono anche i SINONIMI e i loro opposti, ovvero gli
ANTONIMI.
Ogni parola può avere molti significati legati da un unico senso: ad esempio “grana” vuol dire
“formaggio, denaro” e tutti e due sono riconducibili a “grano=corpuscolo”.
Solo chi conosce la formazione e le etimologie delle parole può usarle al meglio (è utile conoscere
il latino per questo motivo).
CAPITOLO III, 73-91
La “frase scissa” sottolinea l’importanza di una parte della frase degradando il resto al ruolo di
ovvietà:

 È per colpa di sua madre, che Pierino è un cattivo ragazzo

 Per colpa di sua madre, Pierino è un cattivo ragazzo


In entrambi i casi la frase evidenziata presenta l’informazione trasmessa, mentre il resto è ciò che
era già assodato.
Ai giorni nostri un messaggio persuasivo è potenziato dai mezzi di comunicazione di massa. Prima
la pubblicità si limitava a dire bene del prodotto ma, una volta compratolo e scopertolo peggiore di
quanto presentato, il pubblico ha cessato di credere alla pubblicità, che quindi si è dovuta
evolvere. Ora si punta a creare un senso di simpatia e un alone di prestigio intorno al prodotto,
anche con l’ausilio di immagini e suoni.
IL TRUCCO è NON DIRE ESPLICITAMENTE Ciò CHE TI STA A CUORE, MA FARLO PASSARE NELLA
MENTE DEL PUBBLICO PER VIA INDIRETTA.

 Negli anni Ottanta tutti volevano la macchina potente, quindi la scelta dei nomi verteva su
quelli con la doppia R o R+ consonante ( Prisma, Scorpio), mentre per le utilitarie si usano
nomi meno altisonanti (Polo, Twingo)
Anche la scelta delle lingue è importante per la pubblicità ( francese per i profumi e inglese per
l’elettronica).
PRESUPPOSIZIONE DI ESISTENZA:

 Attualmente la Francia ha un re (FALSO)

 L’attuale re di Francia è calvo (che ci sia un re è innegabile, ciò che è questionabile è


se è pelato o meno)
I sintagmi che attivano le presupposizioni di esistenza sono le descrizioni definite ( sintagmi
nominali con articolo determinativo, aggettivo dimostrativo, pronomi personali e dimostrativi):

 La freschezza di Jocca ha solo il 7% dei grassi (la freschezza è inattaccabile)


PRESUPPOSIZIONE DI VERITà
Anche certe subordinate possono presupporre un contenuto:

 E quando proverai una nuova emozione, avrai raggiunto la Danimarca che cercavi
(apparentemente sembra informare sul momento in cui potrà dire di aver raggiunto lo
scopo del viaggio, ma in realtà dà per note che si proverà una nuova emozione e che si è in
cerca di una nuova Danimarca)
La presupposizione permette di non asserire esplicitamente qualcosa, presentandolo
implicitamente come già oggetto di accordo o condiviso dal ricevente.
I verbi fattivi (ignorare, disapprovare, rimpiangere, …) attivano delle presupposizioni per proprio
conto. Mentre infatti asseriscono una valutazione o un atteggiamento del soggetto, danno per
presupposto che l’evento si sia verificato:

 Mi dispiace che avete fatto una brutta figura ( è certo)

 Secondo me avete fatto una brutta figura ( non certo- non è un verbo fattivo)
RELATIVE:

1. Restrittive: restringono il campo di ciò a cui si riferisce il nome da cui dipendono (Gli
studenti che si interessano di politica sono nemici)

2. Non restrittive: dicono qualcosa in aggiunta, caratterizzano ( Gli studenti, che si


interessano di politica, sono nemici)
Spesso il contenuto apparentemente centrale di una frase è uno specchietto per le allodole che
attira su di sé lo spirito critico perché non venga in mente al lettore di dubitare di ciò che è
presentato come noto.
1) Siete ancora competitivi? (dà l’idea che finora lo sono stati e potrebbe
essere spiacevole smettere)
INFERENZE:
nella nostra epoca il ritmo di innovazione tecnologico e culturale è senza precedenti. Dunque è
importante dare nomi che conferiscano piacevolezza nel consumo di quella determinata cosa.
Ogni cosa reale ha un componente linguistico che è reale anch’esso e ne determina in gran parte
la personalità.
CAPITOLO IV,95-117
Senza la padronanza della lingua si è condannati alla subalternità sociale.
In Italia Don Milani si accorse, nella seconda metà del Novecento, che la scuola italiana (avente per
modello l’italiano letterario) escludeva gli studenti la cui prima lingua era il dialetto. Lui si batté
affinché la scuola non discriminasse in base a come i bambini si esprimevano nel “codice
dominante”, ma anzi agisse partendo consapevolmente da questo fatto.
Nella seconda metà del Novecento Basil Bernstein elaborò i concetti di CODICE ELABORATO
(ovvero il linguaggio delle classi dominanti) e CODICE RISTRETTO (ovvero il linguaggio delle classi
subalterne). Secondo lui i subalterni avevano un linguaggio povero, caratterizzato dalla mancanza
di astrazione e prevedibile; i dominanti invece avevano un linguaggio adatto all’astrazione e una
maggiore probabilità di interazione sociale di successo.
William Labor ha mostrato tuttavia che il linguaggio delle classi subalterne non è meno ricco o
creativo di quello dominante, ma solo diverso. È tuttavia innegabile che chi padroneggia il CODICE
ELABORATO ha maggiori probabilità di riuscita in più contesti.
La scienza che descrive come la lingua varia attraverso la società e le situazioni connesse alla vita
sociale è la “sociolinguistica”.
In ogni comunità linguistica è in uso un repertorio linguistico composto di molte variazioni/varietà:

 VARIAZIONE DIATOPICA: varia in base all’area geografica in cui un codice è usato

 VARIAZIONE DIASTRATICA: varia a seconda dello stato sociale

 VARIAZIONE DIAFASICA: varia a seconda delle situazioni in cui avvengono gli atti di parola

 VARIAZIONE DIAMESICA: dipende dal mezzo con cui viene trasmessa la lingua

 VARIAZIONE DIACRONICA: il mutare dei codici nella storia (è la meno sensibile perché non
ce ne accorgiamo sul momento). Solitamente le forme più rustiche e quelle più elevate
conservano gli elementi della lingua passata.
Queste varietà hanno messo in crisi lo STRUTTURALISMO di Saussure, portando a teorizzare il
DIASISTEMA, ovvero un insieme di sistemi attraverso i quali si muovono gli elementi linguistici dei
parlanti.
La chat è a metà tra la scrittura (senza la sua accuratezza) e il parlato (di cui non ha il tono della
voce, l’espressione del viso, etc.): ciò comporta una povertà semiotica che porta a incomprensioni
ed esplosioni di aggressività.
Ogni lingua ha le sue variazioni

 ENNUYER scocciarsi EMMERDER

 JE NE… PAS io non JE… PAS


Parlando e scrivendo operiamo delle scelte continue di registro che sono inevitabili.
Il dialetto, seppur linguaggio base, talvolta può essere usato come marca di distinzione rispetto a
chi non è in grado di usarlo.
Si può essere padroni di un costrutto linguistico in due modi:

 COMPETENZA PASSIVA: comprendendo quando la usa qualcun altro

 COMPETENZA ATTIVA: capacità che noi stessi abbiamo di usarlo


FORESTIERISMI: parole straniere diventate di uso comune nella nostra lingua
RIDONDANZA: ripetizioni che nel parlato possono anche essere trascurate, ma che nello scritto
sono indice di sciatteria (“Il rossetto è dentro nella borsa”)
UNIFICAZIONE DI PRONOMI: scelta di unificare pronomi (cosa che sposta il registro in basso, come
“gli” al posto di “le, loro”
Anche i tempi e i modi stanno scomparendo (più indicativo meno congiuntivo, il passato remoto
che ormai è prerogativa del sud): eppure anche il verbo abbassa o innalza il registro.
CHE POLIVALENTE: il “che” normalmente ha funzione di congiunzione dichiarativa o pronome
relativo soggetto/oggetto diretto. Tuttavia, si comincia a usarlo anche in altri modi che sono però
scorretti, soprattutto allo scritto.
FIGURE RETORICHE: innalzano il registro, anche se in realtà sono molto diffuse nella nostra lingua
(metafora e metonimia soprattutto)
Tuttavia, non è sempre detto che il registro formale sia quello migliore, ma bisogna adoperare
registri diversi a seconda delle variazioni dei contesti.
 La scuola, come diceva Don Milani, dovrebbe sia valorizzare la componente culturale-
tradizionale delle parlate locali sia permettere a tutti di padroneggiare i registri alti
 Una branca della linguistica è la “corpus linguistics” che, tramite la raccolta dei dati, studia i
costrutti e i fenomeni linguistici, la loro incidenza e il loro variare a seconda delle situazioni.
CAPITOLO V, 125-153
La lingua per funzionare si serve di suoni che sono studiati in modi diversi dalla “fonetica acustica”,
dalla “fonetica articolatoria” e dalla “fonologia”.
 La FONETICA ACUSTICA studia il modo in cui i suoni, detti “onde sonore”, si propagano
sotto forma di vibrazioni dell’aria. Gli studiosi li analizzano attraverso gli spettrografi che
producono delle immagini chiamate spettrogrammi
 La FONETICA ARTICOLATORIA si interessa ai movimenti grazie ai quali l’apparato fonatorio
produce i suoni (il processo di produzione è detto “fonazione”)
 La FONOLOGIA si occupa dello studio delle funzioni dei suoni di una lingua
COME SI PRODUCE IL SUONO: l’arai entra nella trachea, dopo essere stata spinta fuori da i
polmoni, raggiungendo la laringe: qui ci sono le corde vocali (due pieghe carnose che possono
entrare in vibrazione) e l’aria uscendo produce un certo rumore, la cui potenza varia a seconda
della presenza o assenza di vibrazione delle corde vocali.
VOCALI (suoni autonomi) CONSONANTI (suoni concomitanti)

 Costituiscono da sole una sillaba  Devono essere prodotte insieme a una


(<suonano>) vocale (<con-suonano>)

 Prodotto con poco restringimento del  Risultato di un marcato restringimento


canale articolatorio (da “frizione” fino a “occlusione”)

VOCALI
Il timbro dipende dalla forma assunta dalla cavità orale, fai movimenti della lingua- più o meno
vicina, più o meno avanti- e dalla posizione delle labbra-arrotondate o meno.

 Le vocali sono ATONE (non accentate) o TONICHE (accentate)

 Le vocali sono LUNGHE (se sono toniche e non in fine di parola) o BREVI (tutte le altre)

 Le vocali sono APERTE (basse e la lingua è adagiata sul fondo della bocca) o CHIUSE (alte e
la lingua va verso il palato duro per le ANTERIORI e verso il velo/palato molle per le
POSTERIORI)
Protusione: le labbra si arrotondano e sporgono fuori
CONSONANTI
Hanno differenti luoghi di articolazione e diversi modi di articolazione .
LUOGHI

BILABIALI Incontro delle labbra


LABIODENTALI Incontro denti superiori e labbro inferiore
DENTALI/ALVEOLARI Incontro punta della lingua e alveoli superiori
dei denti
PALATALI Incontro dorso della lingua e palato duro
VELARI Incontro dorso della lingua e palato molle

 SORDE (corde vocali inattive) DIFFERENTE GRADO DI ARTICOLAZIONE

 SONORE (corde vocali vibrano)


IPA: alfabeto apposito che indica il valore fonetico dei suoni di tutte le lingue
1) OCCLUSIVE: dette anche “momentanee” o “esplosive”, sono caratterizzate dal passaggio
dell’aria tutto chiuso e, quando si riapre, fa uscire l’aria in maniera improvvisa, producendo
una minuscola esplosione che dura un solo istante.

OCCLUSIVE SORDE SONORE

BILABIALI P B
DENTALI T D

VELARI K G

2) SPIRANTI/FRICATIVE: si restringe il canale e l’aria provoca uno sfregamento mentre passa

SPIRANTI SORDE SONORE

LABIODENTALI

ALVEOLARI

PALATALI

Nelle LABIODENTALI l’attrito è tra labbro inferiore e denti superiori, mentre nelle ALVEOLARI e
nelle PALATALI è la lingua ad accostarsi agli alveoli dei denti superiori e al palato.
3) AFFRICATE: una occlusione più uno sfregamento

affricate sorde sonore

ALVEOLARI

PALATALI

Le ALVEOLARI sono pronunciate “intense” (o “doppie”) se precedute da vocale


4) NASALI: si chiude la bocca, ma si fa uscire l’aria dal naso; il velo è abbassato e in italiano
sono quasi sempre “sonore”
5) LATERALI: il flusso espiatorio passa ai lati della lingua

laterali

ALVEOLARE

PALATALE

6) VIBRANTI: quella italiana è una “r polivibrante” perché la punta della lingua vibra battendo
due o tre volte contro gli alveoli dei denti

vibrante

ALVEOLARE

SEMICONSONANTI
È un suono che ha luogo di articolazione simile a quello di una vocale ma modo di articolazione
quasi fricativo (nei dittonghi non fanno sillaba, ma si “appoggiano” alla vocale adiacente)
semivocali

ANTERIORE

POSTERIORE

In inglese “sin” e “sing” sono coppia minima, ovvero una coppia di parole di significato diverso tra
cui esiste una differenza limitata a un solo suono (le due “n” qui sono infatti diverse, differenza
non presente in italiano, quindi sono varianti dello stesso fonema N e si dicono allofoni).
Il FONEMA è realizzato da tutte le sue varianti e si indica /…/; poiché le varianti dipendono dai
suoni con cui sono in combinazione, si chiamano varianti combinatorie (che sono in “distribuzione
complementare, ovvero se compare una delle varianti, non ci possono essere quelle restanti).
Un FONEMA può anche avere le “varianti libere2 (ovvero anche se cambia leggermente la
pronuncia di alcuni suoni di una parola, la parola a cui risaliamo è sempre la stessa): questo perché
la lingua organizza e fa ricadere le infinite possibili sfumature fonetiche in un numero finito di
parole dotate di significato.
I SUONI/GRAFI sono concreti, mentre i FONEMI/GRAFEMI sono astratti.
Non tutte le lingue hanno lo stesso insieme di fonemi, quindi i parlanti di altre lingue non possono
rendersi conto di alcune differenze tra suoni presenti in alcuni idiomi. Ad esempio, l’inglese fa
distinzioni tra le varianti di /t/ che non sono però presenti in italiano; quella che fa l’inglese in
questo caso è una “distinzione pertinente”, ovvero che serve a distinguere parole che hanno
significati diversi ma sono molto simili nella pronuncia.
Ci sono due livelli della produzione linguistica:

 SEGMENTALE: accostamento di fonemi che porta alla formazione delle sillabe

 SOPRASEGMENTALE: organizzazione dell’intonazione e degli accenti di parola.


L’INTONAZIONE è l’andamento del tono della voce mentre si producono i suoni del livello
segmentale:

Tono assertivo tono interrogativo


L’intonazione segnala anche differenza di importanza fra parti di un enunciato (lingue diverse
hanno differenti intonazioni).

 TEMA: materiale accessorio/contorno/informazioni superflue o già conosciute

 REMA: parte più importante dell’enunciato/ dove cade l’accento

CAPITOLO VI, 159-165


PAROLA: segmento della catena parlata o del testo scritto che non può essere interrotto da altri
elementi, che è mobile e può comparire da sola e ha significato
*Ci sono lingue 2incorporsnti in cui espressioni come “salire sul tavolo” sono una sola parola*
Ci sono però degli insiemi di parole che ne costituiscono una sola (ex. FERRO DA STIRO).
Ci sono poi delle parole 2intermedie”, ovvero sono parzialmente modificabili o interrompibili (ex.
ANDARE AL CIENAM, METTERE IN MOTO).
Ogni lingua ha le sue classi di parole: verbo, nome, aggettivo, avverbio, congiunzione, preposizion e

Denotazione semantica Funzione pragmatica

NOME Oggetto referenza

AGGETTIVO proprietà modificazione

VERBO Stato/processo predicazione

Ma a seconda delle lingue le parole possono appartenere a diverse classi; i participi inoltre
possono comportarsi sia come verbi, sia come nomi, sia come aggettivi.

 Ci sono nomi derivati fa aggettivi che designano proprietà (ex. Biancheria, solitudine)

 Ci sono nomi connessi con verbi che designano processi/azioni (ex. Crollo, uccisione)
CAPITOLO VII, 167-182
La MORFOLOGIA e lo studio del modo in cui sono formate le parole.
I MORFEMI sono i pezzi di cui sono formate le parole e si dividono in :

 LESSICALI: esprimono l’informazione lessicale/ che elemento del lessico è

 GRAMMATICALI: esprimono informazione grammaticale/ che categorie e funzioni


grammaticali accompagnano le parole
In italiano i MORFEMI GRAMMATICALI esprimono genere, numero se legali a quelli LESSICALI,
mentre l’ordine delle parole esprime la funzione sintattica: questo è espresso anche dai MORFEMI
GRAMMATICALI LIBERI come le proposizioni.
Tuttavia, ci sono lingue che esprimono le funzioni sintattiche con i MORFEMI GRAMMATICALI
LEGATI (le desinenze dei casi).
Le lingue si distinguono in:
1. FUSIVE/FLESSIVE: lo stesso morfema grammaticale cumula su di sé diverse funzioni; può
cioè esprimere contemporaneamente genere, numero, etc. (ex. ROSAE)
2. AGGLUTINANTI: un morfema per ogni funzione grammaticale e gli si possono attaccare
quindi morfemi grammaticali (ex. ADAM=uomo; ADAM+LAR= uomini)
3. POLISINTETICHE: vari morfemi lessicali sono incollati a formare trenini (ex.
Awa+agali+aka+qing+aan=lavorare+per un po’+se non+ io+ a noi)
4. ISOLANTI: ogni fonema è isolato (ex. Ta zai tushuguan kan bao= egli presso biblioteca
leggere giornale)
Queste lingue sono il frutto della fusione di due parametri:

 Indice di sintesi: dice in che misura le parole di una lingua sono frutto della sintesi di più
morfemi

 Indice di fusione: dice quanto i morfemi sono fusi


*nessuna lingua appartiene perfettamente a un solo tipo di lingua*
Con il termine ALLOMORFO si indicano varianti tutte riconducibili alla stessa funzione e, dunque,
allo stesso morfema.

RICAPITOLANDO:

 MORFEMI GRAMMATICALI: segnalano alcuni attributi di parola

 MORFEMI LESSICALI: identificano il lessema (=la parte che non varia ed esprime il
significato lessicale)

 MORFEMI DERIVATIVI: producono parole che appartengono alla stessa classe della loro
base o meno:
ex. Nomi ed aggettivi verbali (FINANZIARE FINANZIAMENTO) *-MENTO*
ex. Verbi e aggettivi DENOMINALI (ATOMO ATOMIZZARE) *-IZZARE*
ex. Nomi e verbi DEAGGETTIVALI (BELLO BELLEZZA) *-EZZA*
DERIVAZIONE: creazione di nuove parole tramite l’aggiunta di:

 Prefissi: vita vitale

 Suffissi: onesto disonesto

 Infissi(non presenti in italiano): cece (scoiattolo) cełce (scoiattoli)

 Circonfissi: vescovo arcivescovile


Un’altra derivazione è la modificazione interna di alcuni elementi della radice:
ex. Trilittere arabo: concetti collegati alla stessa idea hanno in comune le consonanti
della radice e si distinguono per le vocali che la completano: dars (studio) daras (ha studiato)
COMPOSIZIONE: creazione di nuove parole tramite l’unione di due parole (ex. Pianoforte)
I nomi composti sono composti da due parole non attaccate: MODIFICATORE (l’aggettivo) e TESTA
(centro).
Si dicono “endocentrici” se hanno la TESTA (ex. CAPOstazione), mentre sono “esocentrici” se al
posto della testa hanno un ELEMENTO ESTERNO deducibile dai due presenti (ex. strozzapreti)
CAPITOLO VIII, 187-208
La sintassi è il modo in cui le parole si mettono insieme e si organizzano per formare enunciati.
 PRINCIPIO DELLA DIPENDENZA DALLA STRUTTURA: per capire un enunciato non è
sufficiente tenere conto dell’ordine in cui compaiono le parole, ma occorre anche avere
una qualche nozione della struttura in cui sono organizzate

 STRUTTURA: modo in cui le parole sono raggruppate e ordinate gerarchicamente in una


frase. A sua volta ogni costituente è strutturato al suo interno e il riconoscimento di tale
struttura interna ci permette di porre i confini tra “soggetto, verbo e oggetto”.
*Prova di sostituzione: se delle parole si possono sostituire con altri semplici nomi, vuol dire che
hanno la stessa funzione*

La mamma di Lia ha picchiato quel ragazzo maleducato

det N PREP N aus V det N Agg

det N S PREP V det N Agg

det SN SV det SN

SN SV SN

L’ordine basico degli elementi è S-V-O (basico=prevalente). Si definisce MARCATO qualunque


scelta linguistica che si discosti dall’uso prevalente o sentito più “normale”.
Un ordine dei costituenti diverso da quello basico è possibile solo a certe condizioni poiché adatto
a contesti marcati (cioè caratterizzati da una funzione specifica e ristretta). Dipende da:

 INTONAZIONE MARCATA

 SPECIFICO EFFETTO PRAGMATICO


Joseph Greenberg ha mostrato come nelle lingue del mondo prevalgano i seguenti ordini: SOV
(45%), SVO (42%), VSO (10%).
In tutti e tre i casi S precede O, perché nella nostra cognizione di realtà ogni azione “parte” da chi
la fa e “arriva” a che la subisce.
Nel SV, V è la TESTA e O il MODIFICATORE (se una lingua predilige V-O allora predilige l’ordine
TESTA-MODIFICATORE, se predilige O-V allora preferisce l’ordine MODIFICATORE-TESTA).
Si può verificare confrontando l’ordine basico in molte lingue:
1)VSO 2) SOV
N-Agg Agg-N in alcune lingue l’ordine varia a
N-Gen Gen-N seconda che sia principale o
N-Rel Rel-N subordinata

LA STRUTTURA ARGOMENTALE

 Complementi obbligatori (argomenti) DEL VERBO


 Complementi facoltativi (aggiunti)
È il verbo motore della frase e generatore della struttura sintattica:

 Monovalente (1 argomento obbligatorio+ eventuali aggiunte)

 Bivalente (2 argomenti= soggetto e oggetto; se uno manca, la frase è inaccettabile)

 Trivalente (3 argomenti)

 Tetravalente (4 argomenti)

 Zerovalente (verbi che indicano fenomeni atmosferici)


Gli ARGOMENTI e gli AGGIUNTI spesso designano i partecipanti all’evento e hanno ruoli tematici
(=funzioni) differenti. Questi esistono nella struttura profonda della frase (= modo in cui
rappresentiamo l’azione e i partecipanti) e sono perciò detti CASI PROFONDI: questi si
differenziano dai SUPERFICIALI anche per come nominalizzano.

RUOLI TEMATICI

AGENTE Entità che compie l’azione espressa dal


predicato

PAZIENTE Entità che subisce l’azione

TEMA Entità (no agente/paziente) a cui è riferito il


processo espresso dal verbo

ESPERIENTE Entità che sperimenta/ prova lo stato espresso


dal predicato

BENEFICIARIO Entità che trae beneficio


dall’azione/stato/processo
DESTINATARIO/META Entità/luogo verso cui è diretta l’azione del
processo

PROVENIENZA Entità/luogo da cui si muove qualcosa

LOCATIVO Entità/luogo dove si svolge


l’azione/processo/stato descritto dal verbo

COMITATIVO Entità che si associa all’agente nell’azione

STRUMENTALE Entità adoperata per l’azione

LINGUE NOMINATIVO-ACCUSATIVE LINGUE ERGATIVO-ASSOLUTE

Sia il partecipante all’origine di un processo Distinguono chi è all’origine dell’azione


transitivo (AGENTE) sia chi è coinvolto in un transitiva da chi subisce un processo transitivo
processo intransitivo (TEMA) sono soggetto, e da chi è coinvolto in un processo intransitivo
mentre chi subisce un’azione transitiva (questi due hanno lo stesso ruolo)
(PAZIENTE) è oggetto

Anche queste lingue hanno fenomeni ergativi (ex. AFFONDARE è un verbo ergativo; infatti il
soggetto di una frase transitiva e il soggetto di una frase intransitiva hanno lo stesso ruolo
argomentale)
CAPITOLO IX, 213-227
La semantica studia o significati, ila rapporto tra i casi e il loro mutare.
1. CONCEZIONE REFERENZIALISTA: il significato fi una parola coincide con il suo referente
(tuttavia, bisogna tenere conto del fatto che le lingue organizzano in modi diversi i
significati)
2. CONCEZIONE CONCETTUALISTA (Saussure): il concetto che corrisponde ad una parola è
determinato dalla struttura del sistema; tuttavia, sorge il problema della delimitazione dei
concetti stessi (specie di quelli più astratti)
3. CONCEZOINE CONTESTUALISTA: il significato di una parola si identifica con l’insieme delle
sue situazioni d’uso
*vd. Appunti esempio tazza e bicchiere

ESTENSIONE INTENSIONE

Porzione di realtà a cui si riferisce Fascio di caratteristiche/ proprietà che la parola


significa

Simile a…
DENOTAZIONE (termine designato) e CONNOTAZIONE (qualità attribuite ai termini per denotare
una cosa)
Le singole parole sono portatrici di un giudizio positivo o
negativo da parte di chi le adopera
Cambia l’interpretazione che chi le usa
dà loro nel contesto in cui si sta parlando.
1. SINONIMIA: due parole hanno equivalenza estensionale e intensionale (più che avere
stesso significato, dato che la sinonimia è difficilmente perfetta)
EX. Bambino (neutro) è diverso da bimbo (vezzeggiativo)
2. OMONIMIA: due parole di diverso significato ma stessa fonetica
EX. Casco (verbo) e casco (oggetto)
3. POLISEMIA: accezioni di significato differente, ma riconducibili a una sola parola
EX. Stadio (fase) e stadio (luogo)
4. ANTINOMIA (opposto di SINONIMIA): parole che hanno significato opposto (parole che
esprimono un estremo di una realtà “a due poli”
EX. Alto/basso, bello/brutto
5. IPONIMIA: una parola designa qualcosa che è parte del campo semantico di un’altra.
EX. Giacca (sinonimo di indumento)
6. IPERONIMIA (opposto di IPONIMIA):
EX. Animale (sinonimo di leone)
7. PARTONOMIA: il referente di una parola è una delle parti di cui è formato il referente di
un’altra
EX. Corpo, braccio, mano, dito componenti

L’uomo ha sempre ragionato per categorie (definite da tratti caratteristici). Queste tuttavia non
sono reali, ma è la lingua che le usa per segmentare e comprendere la realtà.
Eleanor Rosch teorizza la TEORIA DEI PROTOTIPI, secondo la quale ad essere definiti più
chiaramente non sono i contorni di una categoria, ma il suo contrario.
Nella concezione classica, invece, i tratti caratteristici delimitavano le categorie, mentre ora le
proprietà caratterizzano appieno gli elementi più tipici della categoria.
PROTOTIPO: elemento della categoria che possiede in misura maggiore tutte le proprietà e che la
esemplificano al meglio.
CAPITOLO X, 231-237
Fa parte ella micropragmatica il meccanismo per cui alcune parti del discorso ricevono più
evidenza di altre.
Nella frase, niente vieta che il TEMA manchi quando la sua funzione di “situare il REMA e renderlo
comprensibile” sia già svolta dal contesto, mentre un enunciato fatto di solo TEMA viola la
Massima di Quantità perché non è informativo. L’italiano si basa sulla variazione TEMA-REMA
(intonazione non marcata) e chi scrive deve tenerne conto per non disturbare il lettore.
Tuttavia, bisogna tenere conto che non tutte le lingue gestiscono TEMA e REMA allo stesso modo.
*se non chiaro, guarda appunti libro*

CAPITOLO XI, 241-249


La sintassi, la morfologia, la semantica, la fonologia sono costruzioni della nostra mente che non
esistono separati nella realtà, ma si mescolano.
 FENOMENI DI INTERFACCIA: si mescolano fattori che appartengono a comparti della lingua
che la linguistica ha deciso di considerare come livelli diversi.

 MORFONOLOGIA: nella formazione di molti dialetti meridionali le vocali /e/ ed /o/ toniche
hanno avuto un comportamento diverso a seconda che la vocale finale fosse aperta o
chiusa. Quando la vocale era /i/ o /u/, la /e/ tonica si è chiusa in /i/ e la /o/ tonica si è
chiusa in /u/.
I FENOMENI DI INTERFACCIA sono molto frequenti.
EX. Tra morfologia e sintassi: il latino aveva ordine libero, ma con la perdita delle desinenze i nomi
devono segnalare i casi mediante l’ordine delle parole (sintassi) e l’aggiunta di preposizioni per i
casi cosiddetti “obliqui”.
Alterando l’ordine si ottengono risultati inaccettabili, perché nella transizione dal latino al romanzo
l’indebolimento della morfologia ha fatto crescere il ruolo della sintassi. Sia sintassi che fonologia
si attivano per la messa in evidenza di un costituente, ma mentre la seconda ci riesce da sola, la
sintassi, oltre a ricorrere a costrutti marcati, necessita del supporto della fonologia.
CAPITOLO XII, 253-272
Come mai l’attività elettrochimica determina il pensiero?
Tra tutte le discipline, la linguistica è quella che può rispondere meglio alla domanda, perché si
occupa del prodotto della psiche che è molto regolare (ovvero si comporta seguendo modalità che
si ripetono).
La linguistica ricerca gli universali linguistici (caratteristiche comuni a tutte le lingue):

 Si servono sia di fonemi vocalici che di fonemi consonantici;

 L’illocutività assertiva e quella interrogativa sono distinte da diverse intonazioni che si


trovano in fine di parola;

 Distinguono Nome e Verbo;

 Hanno mezzi per codificare le funzioni sintattiche di Soggetto e Oggetto;

 Hanno categorie pronominali che esprimono almeno 3 persone e 2 numeri;

 Hanno strumenti per esprimere la categoria di tempo;

 Esistono espressioni deittiche (=esprimono qualcosa a seconda del contesto);

 La posizione non marcata è prima della principale;

 Gli elementi che esprimono concetti mentalmente collegati sono anche collegati
sintatticamente (EX. Articolo accanto al nome a cui si riferisce).
Poi ci sono universali più complessi da identificare, detti implicazionali, perché la cosa condivisa da
tutte le lingue è una “implicazione”.
GLI UNIVERSALI IMPLICAZIONALI
Non tutte le lingue hanno la distinzione tra singolare e plurale, ancora meno lingue hanno il duale
e pochissime il triale: da ciò si evince che duale e triale non sono universali. Eppure, c’è una regola
che li riguarda:
universale implicazionale: quando una lingua esprime il triale, esprime anche il duale.
Se in una lingua c’è il duale, può benissimo mancare il triale, mentre il discorso inverso non è
valido.
Questa implicazione universale ci dice qualcosa su tutte le lingue: che il duale è più utile del triale.
Nelle lingue che hanno entrambi, questa preferenza non è visibile, ma non è neanche
contraddetta.
Altri esempi di universali implicazionali:

 Se una lingua esprime il duale, esprime anche il plurale

 Se una lingua distingue di genere nella prima persona, distingue anche nella seconda e
nella terza, ma non viceversa

 Se l’aggettivo descrittivo precede il nome, il dimostrativo e il numerale faranno altrettanto;


ma se l’aggettivo descrittivo segue il nome, il dimostrativo e il numerale possono non
imitarlo

 In una lingua la presenza di circonfissi implica quella di prefissi o suffissi o entrambi

 Se una lingua esprime la categoria di genere, esprime sempre anche quella di numero

 Se in una lingua il verbo esprime le categorie di persona/ numero o di genere, esprime


sempre anche quelle di tempo-modo
Noam Chomsky teorizzò un’ipotesi in due punti:

 Tutte le lingue hanno la stessa grammatica

 Quanto detto al punto 1 avviene perché tale grammatica esiste fin dalla nascita in ogni
cervello umano
Chomsky dedicò parte del suo lavoro alla ricostruzione della GRAMMATICA UNIVERSALE, che è un
“dispositivo per l’acquisizione del linguaggio” con cui il bambino riconosce negli esempi di
linguaggio la grammatica che ah già nella testa e l’esperienza serve solo a fissare le particolarità
che distinguono la sua lingua dalle altre. Insomma, la mente del bambino sa già di cosa deve
andare in cerca quando acquisisce la lingua, perché la fissazione di un valore per quel parametro è
prevista dalla struttura stessa del suo cervello. Ecco quindi che il linguaggio è innato, ovvero esiste
un modulo dedicato esclusivamente all’apprendimento e alla gestione del linguaggio.
Quella di Chomsky ha dato vita all’idea della mente modulare, ovvero al fatto che la mente è
costituita da diversi moduli facenti tutti funzioni diverse.
A questa tesi si oppone la teoria di Jean Piaget, per il quale la mente del bambino è poco
organizzata e si dedica a poche elementari attività che, col tempo, portano a un potenziamento
della capacità di risolvere i problemi e di “ricostruzione del linguaggio” sulla base di quello parlato
dai genitori. Dunque, ad esistere non sono i moduli, ma delle abilità generali che permettono
l’acquisizione del linguaggio.
A sostenere questa tesi ci sono i differenti tempi di acquisizione di un linguaggio di un bambino
rispetto a un adulto, che porterebbe a pensare che la grammatica arriverebbe solo dopo del
tempo che il bambino parla: cruciale, a questo punto, è la scoperta dei neuroni specchio.
Questi agiscono sia quando facciamo dei movimenti sia quando vediamo altri farli: questo
rispecchiamento (detto simulazione incarnata) avviene perché nel nostro cervello succedono le
stesse cose sia se facciamo dei movimenti sia quando osserviamo un altro farli e ciò potrebbe
essere stato il principio di una comunicazione intersoggettiva.
Questa ipotesi è stata confermata studiando il cervello dei macachi e trovandovi i neuroni specchi
nell’area F5, che corrisponde nell’uomo all’area di Broca, riconosciuta come la sede più evidente
dell’attività linguistica.
Se tutte le lingue preferiscono le vocali orali alle nasali, la ragione è nello sforzo minore. Se tutte le
lingue si servono sia di fonemi vocalici sia di quelli consonantici è perché udire pronunciare parole
fatte di sole consonanti è più difficile. Se in tutte le lingue esistono espressioni deittiche è per
esigenza di economia. Se in ogni lingua gli elementi esprimono concetti mentalmente collegati
questi risultano collegati anche sintatticamente per via del minore sforzo che il cervello così fa in
fase di elaborazione del messaggio.se tutte le lingue hanno categorie pronominali implicanti
almeno tre persone è perché nella maggior parte delle situazioni si distingue chi produce il
messaggio, chi è il destinatario e chi non è né l’ino né l’altro. Se una lingua ha distinzione di genere
nella prima persona, l’ha anche nella seconda e nella terza per rendere meno ambiguo il
riferimento dei pronomi.
Il cervello è una macchina che ha bisogno di chiarezza e tende a preferire l’impiego minore di
tempo e fatica, ma mantiene il linguaggio libero di raggiungere questi risultati secondo dei vincoli
che sono posti in gran parte dalla realtà esterna.
Gli esseri umani hanno due tipi di memoria: la memoria a lungo termine o MLT (più capiente e
contiene tutto ciò che sappiamo) e la memoria a breve termine o MBT (contiene l’informazione
attiva, ovvero i concetti che stiamo mettendo in funzione o a cui stiamo pensando: questa viene
rimpiazzata continuamente). Tuttavia, l’MBT non è molto capiente e funziona bene fino a sette
elementi.
Miller, che ha studiato le capienze delle due memorie, osserva che il linguaggio è lo strumento
attraverso cui la mente raggruppa l’informazione in blocchi che le permettono di gestirne maggiori
quantità. Se ad esempio dobbiamo memorizzare una frase con meno di sei elementi, ce la
facciamo; tuttavia, se si allunga abbiamo problemi a ricordarla (ciò avvien perché la MBT in questo
caso sarebbe troppo carica e quindi per farla funzionare di nuovo bisognerebbe “riorganizzarla”).
CAPITOLO XIII, 275-300
La linguistica storica o diacronica studia il mutare delle lingue nel tempo, cosa indispensabile per
ottenere una conoscenza completa di un paese, un’epoca o una civiltà.
Il mutamento linguistico è molto imprevedibile: i parlanti infatti cambiano sì le loro abitudini
linguistiche, ma lo fanno in modo molto lento.
EX. La e lunga latina (regem) /wa/ francese (roi)
Si è notato però che questo fenomeno non apparteneva solo al caso regem-roi, ma
comprendeva tutte le parole dove c’era una e lunga tonica: esiste quindi una legge fonetica
secondo cui tutte le e lunghe latine diventano /wa/ in francese.
In italiano le e sono rimaste lunghe, mentre le e brevi latine dittongano in /je/:
EX. Pedem piede
Questo fenomeno è detto regolare se il dittongamento interessa tutte le e brevi. A prima vista non
sembra così:
EX. Sediamo/sedete/ siedono hanno la e atona.
Ciò porta a una rettifica della regola: < Tutte le e brevi toniche latine danno /je/ in italiano>
Tuttavia, anche qui ci sono delle eccezioni:
EX. Vengono/ vengo non hanno dittongo nonostante la vocale sia tonica.
Anche qui però si nota una caratteristica comune: le e di vengono e vengo non sono in fine di
sillaba, mentre dove ha dittongato sì.
< Tutte le e brevi toniche latine in fine di sillaba danno /je/ in italiano>
Il tipo di mutamento fonetico più frequente è l’assimilazione, ovvero quando due suoni si
influenzano a vicenda fino a diventare più simili di prima (solitamente muta uno dei due per
avvicinarsi all’altro). La principale ragione delle assimilazioni è la tendenza a ridurre lo sforzo per
articolare i suoni delle parole.
Molti dialetti dell’Italia centromeridionale assimilano nt in nd per un minore sforzo articolatorio e
avviene solitamente quando si trovano tra vocali (lenizione). Questo può causare confusione (non
c’è più distinzione monto-mondo, per cui adesso si modifica mondo in monno: questo fenomeno è
detto catena di spinta ed è dato dal fatto che i mutamenti fonetici si influenzano a vicenda. Questa
catena di spinta può anche essere concepita come catena di trazione, ovvero il mutamento preso
in analisi prima piò essere cominciato da nd a nn, per cui il sistema linguistico si è privato dei nessi
nd e si è creata una casella vuota.
Le lingue possono anche mutare per analogia, ovvero la tendenza a regolarizzare il sistema
linguistico in modo che le forme che svolgono uguali funzioni siano il più possibili somiglianti
(alcune sono errori, tipo la tendenza dei bambini a dire facete e dicete, mentre altre si impongono
nell’uso generale).
Nel mutamento operano l’economia di sforzo articolatorio e la chiarezza (rispettivamente di
natura sintagmatica e paradigmatica).
La spinta al mantenimento di una distinzione può essere espressa dall’economia di sforzo e dal
maggior grado di rendimento funzionale (= se assicura la differenza tra molte parole rimarrà
invariata). Nel determinare il potenziale di ambiguità associato a un’omofonia è importante anche
la classe di appartenenza delle parole coinvolte.
C’è anche il caso della grammaticalizzazione, ovvero quando una parola diventa un morfema
legato, passando da un significato lessicale pieno ad avere funzione grammaticale:
EX. Non mangio mica (lett. “non mangio una mollica”) non l’ho mica rotto/ non penso mica
In questo caso il senso si è esteso ad altri domini dell’esperienza.
Le parole possono mutare anche nel significato:
EX. GALERA= nave a remi (ci andavano i criminali) prigione
Bisogna ricordarsi che le leggi del mutamento linguistico sono descrittive, non predittive: ciò vuol
dire che quello che vale in una lingua o in un dialetto non vale in un altro. La spiegazione sarà
quindi sempre a posteriori.
La ricostruzione linguistica è parte della ricostruzione culturale: la presenza della stessa parola in
lingue diverse, infatti, permette di dire che essa è più antica di tutti quegli idiomi e risale come
antenato comune. A volte è possibile ottenere informazioni su un popolo e sulla sua originaria
ubicazione dal fatto che i termini che designano certe cose sono importati da altre lingue. Le
metafore agricole usate nei testi antichi per riferirsi all’atto sessuale dimostrano che anche
l’agricoltura faceva parte delle attività centrali nell’esperienza degli indoeuropei. Allo stesso modo,
se con i termini derivanti dal contesto agropastorale si designa la ricchezza, si ha un’ulteriore
conferma della centralità della vita agropastorale.
La filologia è la scienza che studia i documenti letterari e non, per ricostruirne la forma originale; al
termine di questo lavoro, si può pubblicare un’edizione critica di un teso e il filologo che la cura è
detto editore. Per fare questo lavoro, è necessario capire la provenienza del manoscritto preso in
esame e il suo copista: infatti è possibile stabilire la provenienza di un codice antico in base a fatti
linguistici.

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