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27/09/19

ESEMPIO. Sviluppo del futuro eskimo-aulentino, lingua parlata in Canada e Groenlandia. [13] Pioverà:
proverà a piovere. Diverso da futuri costruiti con verbi come volere o andare. Tipi di futuri non sempre
presenti nella lingua ma costruiti a partire da qualcos’altro, forme verbali con andare, volere; costruzioni
molto diverse tra loro. Lo stesso processo si è verificato in italiano: farò, dirò, parlerò, forme non ereditate
dal futuro latino. L’italiano ha queste forme derivate da una costruzione latina che voleva dire “ho da fare,
dire, correre, parlare, …”: necessità o obbligo di compiere una determinata azione. Nel corso del tempo,
“ho da dire” diventa “dirò” e con la fusione si è giunti al futuro di adesso. Desinenze dell’infinito latino +
forme del verbo avere: forme del futuro italiano. Cfr. con il futuro greco.

NB! È importante notare che 1 Le forme grammaticali che troviamo nelle lingue si sviluppano, non sono
sempre state presenti e 2 lingue diverse presentano somiglianze nel loro sviluppo. Da qui ci si può chiedere
il perché di questi fenomeni, processi ricorrenti che danno forma alla grammatica così come la possiamo
osservare. Il caso dei futuri è molto comune, ad esempio.

ESEMPIO. Differenza in italiano tra mangio/mangiavo e sto mangiando/stavo mangiando. [14] Differenza
tra azione ABITUALE e azione IN CORSO DI SVOLGIMENTO, ma divisione approssimativa perché in alcuni
contesti si sovrappongono. Unione gerundio + verbo stare (stato in luogo), combinazione che troviamo
anche in inglese I eat/I am eating. Molte lingue hanno questo tipo di contrapposizione tra tempi.

ESEMPIO. PREPOSIZIONI: l’uso di questo termine perché si trovano prima del nome. In varie lingue del
mondo queste si trovano DOPO il nome, ad esempio nel Kabiye, lingua africana [16]. Sarebbe, quindi, “non
vado mia amica dalla”: è una POSTPOSIZIONE, cambia solo la posizione, come ad esempio mecum nel latino
o molti casi nei testi omerici con preposizioni che si trovano anche dopo il nome.

Come si sviluppano le pre/postposizioni? Di italiano dal de latino, a da ad, e così via. In francese c’è la
preposizione chez, ovvero da: ad es. “chez Paul”, perché deriva dal nome latino “casa”. [15] Se vado a casa
di una certa persona non vuol dire necessariamente che andiamo da lei ma è così la maggior parte delle
volte. Vado a casa di Paolo = vado da Paolo, e così il significato di “casa” si perde. Così, il francese è arrivato
ad avere la preposizione chez dal latino casa. Cfr. Francese con kabiye: altro caso in cui lingue indipendenti
hanno forme precise simili, nello sviluppo di PREPOSIZIONI LOCATIVE tipo casa. In questo caso non è un
fenomeno di influenza ad es. imperialismo francese, non è un prestito materiale da un’altra lingua, ma è un
fenomeno INDIPENDENTE dalle circostanze storiche.

LINGUISTICA COME STUDIO SCIENTIFICO DEL LINGUAGGIO

Queste questioni formano l’oggetto dello studio scientifico del linguaggio, ovvero linguistica generale o
glottologia [17]. Principali obiettivi: se troviamo somiglianze nell’evoluzione di lingue indipendenti (trovate
per centinaia e centinaia di lingue che non hanno nulla a vedere le une con le altre), questo non può essere
frutto del caso, ha a che fare con meccanismi generali di FUNZIONAMENTO DELLA MENTE umana. [18]
Come gli umani ragionano, categorizzano le loro esperente, la linguistica rientra nell’ambito più generale
delle cosiddette “SCIENZE COGNITIVE”, che studiano il funzionamento della mente. Da verificare a livello
sperimentale, con esperimenti psicologici, fatti dalla PSICOLINGUISTICA. Il linguista fornisce i dati e lo
psicolinguista verifica le ipotesi.

Chomsky ipotizza esista la GRAMMATICA UNIVERSALE, categorie di lingua innata nella mente umana. Oggi
ci si divide in due approcci: pro e contro di lui, in psicolinguistica è molto contestata. Si tratta di un
paradigma teorico di ipotesi sul funzionamento della mente umana, una grammatica mentale.
Differenza rispetto alle altre scienze cognitive: ricostruzione della STORIA di singole lingue. Ad es. l’italiano
discende dal latino: ovvero, il latino ha subito tante diverse trasformazioni (caduta casi, pronuncia) così da
venir chiamato diversamente. Non è più la lingua di partenza: si parla di LINGUA MADRE e LINGUE
DERIVATE. Ciò avviene per tutte le lingue del mondo, ci sono delle lingue madre che trasformandosi danno
origine a nuove lingue. Le lingue derivate sono da considerare come “lingue SORELLE” (o “cugine”), gruppi
di lingue che hanno antenati comuni tra loro. Vi sono quindi grandi FAMIGLIE LINGUISTICHE, ad es.
indoeuropea, australiana, afroasiatica (a questa appartenevano l’ebraico e l’antico egizio). Vi sono metodi
precisi per capire che si tratta di un antenato comune. Studiare quindi le lingue per capirne la loro storia,
come per l’archeologia; così in biologia, si confrontano varie tipologie di organismi per capire se hanno
antenati comuni.

Esiste una lingua madre ORIGINARIA, da cui tutte le lingue odierne derivano? Ipotesi molto speculativa allo
stato delle nostre conoscenze, nel caso esistente in epoca talmente remota da essere impossibile
precisarne le caratteristiche. “Studio dell’evoluzione del linguaggio”: come l’uomo ha sviluppato nel corso
della storia un sistema che si può chiamare “lingua”.

I geroglifici sono un sistema di scrittura come l’alfabeto greco o latino, usato per trascrivere una lingua
parlata. Una cosa è la lingua come è usato dai parlanti, un’altra il SISTEMA DI SCRITTURA utilizzato.
Quest’ultimo è un aspetto essenzialmente marginale, le lingue sono create dei parlanti, che siano scritte è
un accidente storico derivato dall’organizzazione delle società; fatto storico INDIPENDENTE dai meccanismi
di funzionamento e uso delle lingue, oggetto di studio della lingua, che non si occupa propriamente dei
sistemi di scrittura. Ci sono anche meccanismi di scrittura connessi l’uno all’altro, branca specialistica della
linguistica, ad essa direttamente connesso.

DUE APPROCCI: due livelli di osservazione dei fenomeni linguistici. Possiamo osservare le regole di una
lingua, o domandarci, ad esempio, come è arrivato l’italiano ad avere queste preposizioni rispetto al latino
che non le aveva: una cosa è vedere le regole, un’altra domandarsi come queste caratteristiche si sono
sviluppate nel corso della lingua [19]. Osservazione, descrizione e spiegazione dei fenomeni in un certo
momento storico della lingua in questione (approccio sincronico) o osservazione dei processi che portano
al costituirsi delle forme utilizzate nelle lingue (approccio diacronico). Ciò può essere considerato anche per
lingue non più utilizzate, quindi ci può essere una descrizione sincronica del latino o greco; diverso
domandarsi come sono arrivate le lingue ad avere questa struttura. Distinzione fondamentale nella
linguistica moderna. Allo studioso Ferdinand Saussure, fine ‘800 – inizio ‘900, si deve la formulazione
teorica di molte forme canoniche oggi dei linguisti, nel libro Corso di linguistica generale. Per illustrare i due
concetti utilizza una metafora tratta dal gioco degli SCACCHI. Una cosa è la posizione dei singoli pezzi sulla
scacchiera in un preciso momento della partita (approccio sincronico), un’altra la sequenza di mosse che
hanno portato lì (approccio diacronico). Ai giocatori interessa la prima, ma si può anche considerare cosa ha
portato a quella posizione.

Studio scientifico del linguaggio per capire il perché della loro ORGANIZZAZIONE. Quali criteri si usano per
questo studio? Di quali criteri disponiamo per descrivere le forme che possiamo osservare nelle varie
lingue, es. preposizioni nell’italiano? Ci spostiamo un po’ nell’astratto. [20] I criteri utilizzati per descrivere
la grammatica delle lingue sono criteri distribuzionali, ovvero fanno riferimento ai contesti in cui singoli
elementi sono utilizzati.

Ad es. si dice che una lingua ha un sistema di casi perché la forma del nome varia a seconda del contesto in
cui viene utilizzato, quindi si vede quali forme del nome sono utilizzate in quali contesti. Questo fenomeno
è quindi ciò che descriviamo come “sistema di casi”. È una formalizzazione della grammatica tradizionale.

Cfr. caso di lingua australiana. [8] Esistenza della stessa forma del nome (assolutiva) per soggetto fase
intransitiva e oggetto transitiva e di un caso speciale (l’ergativo) per soggetto fase transitiva. Cosa ci porta a
dire che un certo elemento è il soggetto? Posizione per l’italiano, la desinenza per il latino. In quest’ultimo
caso, il padre sarebbe il soggetto, perché ha la stessa desinenza che il padre nella frase intransitiva (“il
padre viene”); ma ciò non torna, si arriva a risultati non proprio ovvi. I criteri non danno gli stessi risultati da
una lingua ad un’altra, bisogna porre l’attenzione sui CRITERI che ci portano a certe situazioni, DIVERSI A
SECONDA DELLA LINGUA. Come facciamo quindi a dire qual è il soggetto nella lingua australiana? Sono in
realtà questioni molto complesse di letteratura linguistica, non c’è una risposta univoca e anzi varie
soluzioni. È importante avere consapevolezza dei criteri utilizzati, ad es. un’applicazione coerente, malgrado
ci porti a conclusioni non ovvie, è dire che il padre è soggetto. Vedere quindi la TRADUZIONE e sulla base di
quella capire come la lingua funziona, a seconda di come sono distribuite le desinenze di caso. Vedere
come le forme, quali forme vengono utilizzate nei vari contesti. [2] Le regole della grammatica non sono
qualcosa che esiste a priori ma norme generali a posteriori.

Esaminare quindi dalla prospettiva distribuzionale i vari aspetti di funzionamento delle lingue e la
distinzione canonica che fa riferimento a vari LIVELLI DI ANALISI del linguaggio, che si occupano dei versi
aspetti:

 sintassi, quindi studiare qual è l’organizzazione interna delle FRASI;


 morfologia, organizzazione interna delle PAROLE, ad es. tavolo/i, parole costituite da diversi
segmenti combinati insieme, quindi suffissi ecc, malgrado siamo abituati a considerare le parole
come un tutt’uno;
 fonica e fonologia, SUONI e sue funzioni;
 semantica, studio del SIGNIFICATO del linguaggio;
 pragmatica, elementi di cui non siamo consapevoli in maniera conscia. Es. finestra aperta, dico
“non fa un po’ freddo?”: voglio ottenere non solo una risposta ma che facciate qualcos’altro,
ovvero chiudere la finestra. Il linguaggio è veicolato per comunicare una serie di significati che non
sono il significato letterale delle espressioni. Rapporto tra detto e non detto, vedere cosa la persona
vuole comunicare sulla base del contesto: tutti i nostri scambi si basano su questo.

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