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COME CAMBIA LA LINGUA

Renzi

2. I cambiamenti dell’italiano contemporaneo

1. L’osservazione del cambiamento in atto


L’italiano non è soggetto a forti pressioni esterne, ma comunque subisce cambiamenti. Il cambiamento in atto è difficile da osservare;
la documentazione qui usata è sia scritta, sia orale, ma soprattutto fatta di conversazioni colte al volo. Un fatto linguistico è da
considerarsi nuovo quando comincia ad avere un certo uso diffuso. In molti casi, la forma innovativa che sostituirà quella precedente
è percepita come errore, come violazione del buon uso. Se questo ‘errore’ si impone, non viene più considerato tale. Il parlante
percepisce quindi tutta una serie di errori che prendono il volto di una decadenza della lingua. Per secoli la grammatica classica è
stata prescrittiva e ha tentato di difendersi dagli errori con quella che viene chiamata ‘fallacia classica’: un pdv condanna un certo
dominio invece di studiarlo. Tuttavia, non tutti gli ‘errori’ di oggi saranno norme in un domani; alcune innovazioni si imporranno,
altre verranno eliminate.

2. Innovazioni
Vengono proposte due tipologie diverse di innovazioni, alcune che scalfiscono la struttura della lingua (la tettonica della lingua), le
altre invece che ne cambiano in parte la superficie - nuova forma di un avverbio o un saluto- (la meteorologia della lingua). Non è
sempre facile dire quanto nuova sia una forma che ci ha colpiti per la prima volta, a volte si ritiene nuovo un fenomeno che in realtà
appartiene ad un passato remoto.
I primi casi analizzati vedranno l’ordine della costruzione, che passa dal latino SOV a SVO nelle lingue romanze. Accanto a
quest’ordine, da tempo abbiamo altre costruzioni:
1a. Dislocazione a sinistra: un tempo quasi bandite dalla grammatica, sono molto diffuse nel parlato. Sta prendendo il posto
del passivo: entrambe le costruzioni permettono di mettere in prima posizione un elemento diverso dal soggetto; nel parlato
toscano spontaneo l’unico uso veramente naturale del passivo è quando il soggetto è inanimato e manca la gente (la pietra è
stata spostata; la donna, l’hanno vista passare; la pietra l’hanno spostata i ragazzi).
Originariamente, il suo uso era più limitato, anteponeva sintagmi molto lunghi (Placito capuano).
I clitici avverbiali ne e e ci si estendono anche a frasi che cominciano con sintagmi preposizionali, ma che non sono delle
dislocazioni (Di mele ne prendo due).

1b. Dislocazione a destra: ripresa di un elemento presente in frase (a fine frase) indicato prima con un pronome. Spesso si
tratta della ripresa di un tema che è presupposto come dato. In Novecento di Baricco vi sono numerosi esempi. Anche
strutture come ‘Ce l’hai cento dollari?’: oltre anticipazione c’è uso pronominale di lo (>l’ per li). E’ stato notato l’uso della
dislocazione per frasi non marcate sintatticamente e pragmaticamente (lo vuoi un caffè? Ci vai a Valencia? L’ho imparata la
lezione), trovate anche in registri formali. Questa struttura potrebbe diventare in futuro una forma non marcata; in spagnolo lo
è già, e il clitico diventa marca di concordanza dell’ogg, con valore di anticipazione dell’ogg.

2a. Frase scissa: questa costruzione si impone nel Settecento sotto l’influenza del francese. Il principale ambito d’uso è
l’Italia settentrionale (dove è presente anche in molti dialetti), ma anche in Toscana e a Roma. Viene usata nella prosa scritta
colta anche senza che si voglia mettere l’elemento che regge il verbo essere a contrasto con un altro elemento, ma
semplicemente per metterlo in rilievo. Può anche essere usata in costruzioni interrogative con focalizzato l’introduttore detto
wh – o k (Chi è che ha parlato? (Che) cos’è che hai detto? Cos’è che hai scritto qui? Dov’è che abiti?). In italiano dovrebbero
essere usate quando esiste una presupposizione relativa alla domanda, ma in alcuni casi le interrogative scisse sono alternate
alle forme non marcate (Chi sei? \ Chi è che sei?), superando la restrizione e aumentando così il loro uso.

2b. E’ che…, Non è che…: esempi tratti da compiti scolastici fiorentini. Non è chiaro se possano essere messe nello stesso
quadro della frase scissa. La forma con negazione (solo quella) si trova anche nella interrogazione polare (Non è che mi
faresti un favore?; *è che mi faresti un favore?). L’introduttore può essere anche ‘e sì che…’ (e si che gliel’avevo detto).
E’ possibile anche l’ellissi di ‘è’ (Non che io ci tenga, Non che io ci vada volentieri). Invece del sogg nullo possono esserci ‘il
fatto\ la verità\ la realtà è che…’. Nella lingua letteraria antica era presente anche il tipo di base, con il verbo essere introdotto
da un soggetto espletivo ‘gli’ (gli era che, gli è che…). È una forma ha quindi antecedenti, ha un carattere analitico in sintonia
con altri caratteri dell’italiano e lo apparenta al francese, e assomiglia ad una forma in uso tra i logici: è/non è il caso che…

3. Decadenza del congiuntivo: bisogna distinguere tra congiuntivo indipendente (nella frase principale) e congiuntivo nella
subordinata. Nel primo caso l’uso è stabile, non c’è alternanza con l’indicativo (Che sia malato? Che venga pure!). Nel
secondo caso talvolta l’uso è costante, in subordinate rette da verbi di volontà (Digli che venga). In entrambe si può sostituire
(alla meridionale) con il congiuntivo imperfetto (Che fosse malato? Digli che venisse).
Vediamo alternanza di congiuntivo e indicativo nel periodo ipotetico, e ciò è riscontrabile fin dal latino, è un dato stabile nella
nostra lingua (Se me lo dicevi venivo). In diversi casi è poi possibile l’alternanza con l’indicativo futuro, in analogia col
francese e in registri elevati (Non so se venga/ non so se verrà, invece di un colloquiale Non so se viene). L’indicativo
abbassa il registro allo spontaneo quotidiano, ma in questi casi ampiamente accettato. Non si può parlare di decadenza del
congiuntivo, anche se in alcuni casi si ha l’impressione che l’indicativo lo stia soppiantando; ci sono in realtà verbi che
ammettono entrambi i modi (ottenere, dispiacersi, volere), altri che ammettono solo il congiuntivo (sperare, prevedere,
ritenere). Nei casi di riduzione dell’uso del congiuntivo, l’ita segue a distanza il fr, la direzione è la stessa. Nonostante ciò,
l’alternanza che abbiamo visto si perpetua da tempo e sembra stabile.
4. Avere preceduto da Ci: solo avere come principale e non come ausiliare. Forse nasce da un’analogia con esserci come uso
presentativo e non locativo (ci hanno molti libri \ ci sono molti libri), malgrado il primo sia considerato italiano basso ed
esserci sia considerato stilisticamente medio. Esserci e averci compaiono entrambi nel ‘300, usati anche da diversi autori.

5. Ce l’hai cento dollari?: Il soggetto “cento dollari” avrebbe dovuto essere anticipato dal pronome li e non Lo > L’. Tale L’
però non è più pronome, ma marca d’oggetto. La mancanza di accordo non si ritrova in altre posizioni sintattiche (li accetti
cento dollari?).

6. No, na, n’ come articoli indefiniti: Aferesi presente in molti dialetti meridionali, ma anche in italiano basso spontaneo e
trascurato. E’ un fenomeno non recente (Via un sindaco, sotto n’altro. Che bello, due amici na chitarra e no spinello).

7. Entrare preceduto da Ci: non funziona come entrarci, non si dice ‘potrebbe entrarci’ ma ‘potrebbe centrare’: la normale
alternanza di posizione del clitico non si realizza. Il clitico poi è sempre ci, non alterna con mi e ti. Per l’autore ci cessa di
essere un avverbio e diventa parte integrante della radice del nuovo verbo centrare, che come “avere a che fare” dovrebbe
essere introdotto in vocabolario (univerbazione, fusione per contatto).
(fa uno svarione sul fatto che ‘avere a che fare’ viene sostituito da ‘avere da fare’ perché questo è uno schema più produttivo
– ‘avere da dire’ esiste, ‘avere a che dire’ no dice lui, ma in realtà esiste eccome – e l’italiano non teme l’omonimia, quindi
non importa se così facendo ‘avere da fare’ assume due significati)
(poi dice che forme come celo e celai non sono diventate alternative a ho e hai)
(poi ancora dice che forme come ‘dite, fate’ sono isolate ma frequenti, e che non le preserva solo la norma scolastica, ma
anche il fatto che sono verbi così comuni che il bambino impara queste forme prima di poterle incasellare in altri paradigmi
regolari, quindi sono forme fisse. Ed è proprio questo il motivo per cui la maggior parte delle forme irregolari sono le più
frequenti nell’uso, perché nonostante non si conformino con altri paradigmi, sono così usate che si fissano. Verbi più rari non
tollererebbero tale irregolarità).

8. Il pronome dell’inanimato: “Esso” non si usa più, francese e romeno usano la stessa forma per l’animano lui, lo spagnolo
ello che equivale ad esso ma è usato spontaneamente (C’ha un’anima anche lui (il chiodo), poveretto). Il parlante medio non
si accorge di questo uso.

9. Tipo come avverbio: usato soprattutto dalle ultime generazioni, si tratta di un caso di grammaticalizzazione (un elemento
lessicale è entrato a far parte della grammatica). Non perde la sua funzione di nome, ne aggiunge una nuova (per esempio).

10. Nuovi superlativi: si usano i prefissi latini super – iper- , in composti lessicalizzati (superdotato, ipercritico) o meno
(superricco, ecc.). Molti di questi casi sono presi dal linguaggio delle scienze e della tecnica. Per l’ordine degli elementi
‘bellissimo’ è anomalo (preso dal latino), ma l’utilizzo dei nuovi prefissi è pienamente conforme alla struttura interna della
lingua, e questo ne spiega il successo.

3. Altre innovazioni
11. Da subito: Analogo a ‘da adesso’, in uso dagli anni 90, diffuso tra intellettuali e politici. Ha una dimensione
decorrenziale, segna un punto di partenza meno indefinito di adesso (in questo istante, in questo secolo, in questi decenni).

12. Buona giornata e Salve: Buona Giornata è un saluto-augurio analogo in Francia e Romania, è un saluto vero e un augurio
(forma augurale anche in en, have a nice day), nato dall’annunciazione del giornale radio. Salve è un saluto confidenziale che
non presuppone il tu come il ciao. Posizione inferiore – superiore.

13. Piuttosto che: Senso disgiuntivo esteso nei giornali e nei registri alti della conversazione.

14. Participio passato al superlativo: Tipico milanese (Il direttore d’orchestra è stato festeggiatissimo).

15. Dai: come interiezione di meraviglia positiva e non come incoraggiamento (Son promosso. Dai!).

16. Non esiste: “È assurdo”, “non è possibile” può reggere una completiva “non esiste che ti promuova”.

17. Troppo bello: Troppo diventa una sorta di molto rafforzato. Ma l’uso è limitato solo a certe combinazioni lessicali.

18. Cercasi, vendesi, affittasi: forme lessicalizzate, opache alla loro formazione morfologica (verbo + pron enclitico).

19. Nuovo uso di ‘questo’: ambienti colti, quando il parlante presuppone che l’interlocutore non conosca il referente del nome
in questione (Brizzi è questo scrittore che…), o anche se non si fanno supposizioni sulla conoscenza o meno del referente.

20. Prenomi non tradotti: una volta era in uso tradurli (Francesco Goya).

21. Ipercorrettismi: alcuni errori sono indotti da ipercorrettismo (al nord la grafia di z ambigua, ora ne ha due ed ora una,
viene resa a volte come produzzione. Lo stesso per l’uso del trapassato prossimo (piùcheperfetto) sostituito dal perfetto
(passato prossimo) al nord anche quando non servirebbe.
4. Anglismi

22. Accentazione della negazione: in ita si accentua solo se ha valore di domanda eco (c’è o nòn c’è).

23. Superlativo relativo ordinale: ‘il secondo più importante’ invece di “il secondo per importanza”.

24. Grazie di\per: hanno uso riferito anche al futuro e non al passato come in en (cambiamento del valore semantico).

25. Coordinazione di preposizioni con lo stesso SN: Traghetti per e dalla Sardegna.

26. Preposizioni senza elemento retto: Sul modello di I ame grateful to the women I have spoken to > vediamo chi vota per,
prep lasciata a fine frase senza ogg (invece di pro o di contro – avverbi usati così giustamente).

27. Doppia interrogativa

28. Composti di ispirazione anglosassone: Italofono > italian speaker , o ereditati da latinismi e grecismi (oviparo,
nullatenente, telefono); sono calchi modificato-modificatore, quando di solito in ita l’ordine per i composti è modificatore-
modificato (spaccalegna, perditempo). Analoghi sono docufilm ed e-book che forse prenderà solo per e intesa come prefisso.

29. Sembra a me: anche in contesti non contrastivi sul calco di ‘it seems to me’.

30. Essere nella apposizioni con valore di appartenenza + art indef: solitamente in queste costruzioni l’italiano non usa l’art
indef (Non diventerò mai ingegnere > non diventerò mai un ingegnere).

L’influenza dell’inglese è minima anche se ha un forte impatto sul lessico sia con prestiti non adattati, sia con prestiti adattati o calchi
sintattici. A volte abbiamo anche cavalli di ritorno, latinismi presenti in italiano rilanciati con significato diverso dall’inglese
(frustrazione - delusione) o ampliamento del senso (corretto x giusto, severo x grave).

5. La persistenza del tipo fiorentino


L’ita è nato fiorentino, ma cambiamenti avvenuti in seguito ne hanno cambiato il volto. Fonologia e morfologia hanno grande tenuta,
poche sono le eccezioni (–aio vs –aro, benzinaio, borgataro, romano con connotazione umoristica). L’infiltrazione romana è limitata

6. La lingua di Roma
C’è un’impressione di romanizzazione dell’ita, soprattutto per l’ita spontaneo:
-fonetica rafforza le sonore b, dz, d, (libbro, bibblioteca, aggente) e J al posto di GL (fijo)
-articolo er, ‘de me te se’ invece di ‘di mi ti si’
-sostituzione di stare ad essere, la posizione preverbale di già e ancora (già te l’ho detto), l’uso estensivo del pronome clitico con
valore etico (mi ti magno, mi perdo i pantaloni).

7. Il continuum romano-italiano
Siamo in una situazione di diaglossia, al contrario delle altre regioni italiane. Appare controcorrente rispetto alla regressione dei
dialetti italiani, ma quello romano non è un dialetto (solo in senso anglosassone lo è). La sua espansione nell’ita spontaneo è
paragonabile all’estensione del tedesco meridionale in Baviera, o del fr di Parigi. Tutti questi casi non sono dialetti, ma varietà che
formano un continuum con lo standard, così come l’en degli US.
Vi è una tendenza generale alla ristandardizzazione, ad abbassare il registro comune e adottare uno standard meno alto.
3. Due tipi di cambiamento linguistico

1. Di nuovo sulle innovazioni


Un’innovazione è un fenomeno di cambiamento che può avvenire a diversi livelli di lingua, e non sempre può essere facilmente
riconosciuto (ci davanti ad “avere”, non ancora riconosciuto nella norma, presente nel parlato, non riconosciuto affatto nello scritto.
Primo esempio del 1301, presente anche in Myricae di Pascoli, che aveva acuta sensibilità per la lingua parlata). La forma sembra
nuova ma è vecchia. Ci sono forme che sono elementi aggiuntivi e non entrano in concorrenza con altre forme, altre si, ma non
sempre avviene effettivamente il cambiamento linguistico, ossia la sostituzione di una forma con un’altra (regressioni sono le
innovazioni fallite).

Vi sono errori di parole (non sistematici), che sono frutto di un’errata progettazione momentanea del discorso, ed errori di langue, che
invece sono sistematici. Solitamente sono ben distinguibili, ma vi sono anche casi dubbi (es. congiuntivo partano\partino).

Gli errori di langue possono essere ERRORI o SNOBISMI. I cambiamenti destinati a prevalere all’inizio si comportano come delle
innovazioni linguistiche. Alcuni sono considerati “errori” (trascuratezza, mancanza di conoscenza della lingua), altri invece sono
considerati “snobismi” (novità ingiustificate). Labov, i cambiamenti possono avvenire:
A) dall’alto, dalla classe dominante o intellettuale, spesso prestiti di altre comunità linguistiche e godono di maggior prestigio;
appaiono prima nel discorso accurato; può succedere che la mancanza di coerenza impedisca ad un elemento di integrarsi con il resto
del sistema (snobismi). Spesso decadono.
B) dal “basso” ed essere “fenomeni di massa” (errori); appaiono prima nella parlata corrente e sono frutto di fattori linguistici interni.
Sono al di sotto della coscienza sociale. Spesso diventano norma.
Il discorso di Labov si riferisce alla fonologia, ma può in realtà coinvolgere tutti i livelli di lingua.

A) Errori
1. Io ciò, tu ciai 2. Gli x loro 3. Gli x le.
4. Ce l’hai cento dollari 5. C’è x v’è, vi sono 6. Centrare x avere a che fare
7. N’altro x un altro 8. lui, lei x l’inanimato 9. parlare che x dire che
10. Avverbio tipo 11. Metaplasmo (cambio di coniugazione): persuadere x persuadére.
12. Dichi, facci, servino (analogia con la 1coniug)

Ci sono tre principali poli di influenza nell’ita: romano, settentrionale, toscano (meno degli altri due).
13. Prestiti dell’italiano di Roma
- stare x essere - aro suffisso, cazzaro - congiuntivo imperfetto invece che presente
- Interrogazione polare introdotta da che (che sei impazzito?) - posizione preverbale di già e ancora
- de x di - stare lì per - al centro x in centro (andiamo al centro)

14. Influenza settentrionale


- s intervocalica sempre sonora
- che + aggettivo che introduce esclamativa parziale seguita da aggettivo: Che bello!
- Cosa (introduttore interrogativo) x quanto (Cosa pesa? Cosa costa?)
- morfologia: 1. Pers. Imperfetto indicativo II coniugazione analogico sulla I: perdavamo. A.

15. Influenza di Firenze - Te come soggetto per tu.

A parte va bbuo non ci sono meridionalismi che tentano la scalata all’italiano.

B) SNOBISMI
1. Superlativi con prefissi latini o greci (superi, iper, mega) 2. Da subito per subito.
3. X addietro > X fa. Tempo addietro, ecc. 4. Non esiste > non è possibile.
5. Piuttosto che non disgiuntivo 6. Questo (Ha scritto questo libro in cui...)
7. Andare a + infinito, presente di attualità (vado a riscaldare il bagno)
8. Ellissi di introduttori subordinanti (se se ciò non bastasse > ciò non bastasse; credevo che non ci fosse > credevo non ci fosse)
9. Tema introdotto da per (Funerali di stato per il coordinatore)
10. Soppressione dell’articolo davanti a nomi femminili. Davanti ai nomi di personaggi celebri è, invece, dal basso.

Influenza anglosassone
11. Mario rossi, vent’anni < Mario rossi di vent’anni 12. Accentazione della negazione non
13. Composti tipo verofunzionale (speculari a taglialegna) 14. Coordinazione di preposizioni: di e per immigrati.
15. Parentetica dopo il determinante: Dopo il – e forse anche a seguito del – dibattito estivo.

16. Forme dialettali va bbuo

Per B ci sono poi dei tormentoni, delle mode linguistiche, che hanno a che fare con la ‘meteorologia’ della lingua (alcunché, certo che
sì, della serie). In genere non durano

4. Criteri e difficoltà di distinzione


Non è sempre facile applicare la distinzione di Labov. Lo stesso parlante a volte non sa dove prenda le forme che utilizza, se siano
spontanee o ricercate, i cambiamenti dal basso in genere però sono stati già stabilizzati e ci sono ben noti, oppure, se sono in stadio
iniziale, agiscono sotto lo strato della coscienza e non presenti al parlante. In soldoni, A più inconscio mentre B alterna, ma più
presenti casi coscienti.

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