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Si sa poco del tipo di lingua che i traduttori usano, ma, se ci pensiamo, il 99% dei testi scritti
che noi abbiamo frequentato sono testi di traduzioni. La stessa cosa anche se pensiamo alla tv
o ai film, che sono prevalentemente doppiati. Perciò, l’idea di italiano che noi ci siamo fatti è
un italiano basato sulle traduzioni. Siccome per parlarne abbiamo bisogno di metodologie
particolari, faremo cenno ad una branca della linguistica relativamente nuova: l’analisi
statistica applicata ai dati testuali, cioè quella dei corpora.
• Dilalia vs diglossia
• Continuum con addensamenti (fasci di tratti => varietà)
Per riassumere, ecco cosa succede ad un italiano che impara la sua lingua: nasco, comincio a
parlare e imparo l’italiano marcato in diatopia, cioè tipico della mia zona (come pronuncia,
come lessico e come scelta di risorse sintattiche), poi comincio a modificare la mia
competenza linguistica invecchiando in diastratia, fino a raggiungere delle competenze
maggiori con la scolarizzazione, la formazione istituzionale, per cui sono in grado di gestire
tipi diversi di italiano a seconda della situazione in diafasia (mi rendo conto che esistono
diversi tipi di italiano mano a mano che proseguo nelle mie competenze linguistiche in
diastratia).
Il cerchio interno della diamesia è tratteggiato perché la formazione scolastica è basata
sull’apprendimento del mezzo scritto. Ricordiamo che tutte le lingue sono nate per mezzo di
espressione orale, la scrittura è un’invenzione successiva che si impara non automaticamente,
come la matematica. Tuttavia, quando impariamo a scrivere, ci rendiamo conto
intuitivamente della differenza tra scritto e parlato.
Ovviamente, quando si analizzano esempi di lingua l’influenza dei vari fattori è simultanea,
per esempio la parola riprovevole è
- una parola neutrale in diamesia,
- dal punto di vista diafasico è marcato come medio-alto /alto (registro elevato),
- in diastratia è marcato come alto (bisogna aver studiato per averla incontrato)
- nello scritto non è marcato, ma nella pronuncia sì.
La frase, invece, ...praticamente io sto a cercà ‘na sfitinzia:
- dal punto di vista della diafasia sarà marcata verso il basso, la produco in contesti
informali
- dal punto di vista della diastratia sarà medio-basso
- dal punto di vista della diatopia, possiamo categorizzarla come ‘laziale’
- dal punto di vista della diacronia è marcata (era una parola usata negli anni Ottanta dai
panettieri, la sfitinzia è una bella ragazza)
Gli italiani in media conoscono l’italiano medio, la varietà di italiano più nota come registro
alto.
Dialetto italianizzato: dei dialetti, gli italiani possono conoscere una varietà di dialetto
fortemente esposta alla lingua nazionale e quindi ha subito pressioni omologanti da parte
dell’italiano. Nei grandi centri urbani è più difficile parlare dialetto.
Dialetto locale rustico è quello più lontano dalla lingua nazionale (es. siciliano
mastrudascia, falegname).
Agli inizi del 2000, Antonelli propone una nuova immagine dell’italiano del XXI secolo
apportando alcune modifiche al modello di Berruto:
2 modifica: per quanto riguarda l’assetto generale, Antonelli dice che tutte le varietà si
avvicinano (lo spazio si riduce quindi rispetto allo schema di Berruto) perché in generale
negli ultimi anni abbiamo assistito a un abbassamento di registri = c’è stata
un’informalizzazione della società che ha avuto le sue ripercussioni dal punto di vista
linguistica
3 modifica: scompare l’italiano letterario standard. Antonelli afferma che ormai non c’è più
una lingua letteraria a cui fare riferimento che abbia delle caratteristiche costanti. Una volta
c’erano delle differenze anche una volta (Pavese era diverso da Sciascia), ma si trattava di
sperimentalismi. Oggi, ogni autore sceglie delle soluzioni assolutamente personali e
difficilmente riconducibili ad un modello di riferimento. L’unico modello è la scuola che ci
insegna un italiano molto conservatore
4 modifica: l’italiano neostandard viene fatto corrispondere da Antonelli come italiano
giornalistico (registro medio)
5 modifica: Scompare italiano burocratico che secondo Antonelli viene sostituito
dall’aziendalese.
Italiano parlato colloquiale si avvicina al centro perché diventa protagonista della gran parte
delle situazioni informali
Italiano regionale viene prima dell’italiano popolare (dei dialettofoni, percepito molto più
basso dal punto di vista diastratico e diafasico) ed è meno comune.
Italiano informale-trascurato procede verso il basso in diastratia, diafasia e verso il polo
parlato.
Ultima cosa interessante è l’introduzione di una decima varietà che va a occupare un
quadrante precedente vuoto: quello in alto a destra coperto dall’italiano digitato. Ciò che
succede alla fine del XX e alla fine del XXI secolo è il completamento dello sviluppo
dell’italianizzazione. Una comunità culturale che si è sempre riconosciuto in una lingua
scritta che non veniva utilizzata da nessuno per parlare cioè il fiorentino del ‘300 che
nemmeno i toscani parlavano più. Alla fine del 1900 tutti hanno iniziato più a parlare che
scrivere in italiano perché i mezzi di comunicazione di massa diventati disponibili (telefono,
radio, televisione, cinema) prevedevano principalmente la parola parlata, non scritta. Poi,
improvvisamente, arriva Internet e tutti cominciamo a scrivere in maniera moooolto
maggiore, ma in maniera diversa rispetto a prima. Questo per via dell’abbassamento dei
registri, ma soprattutto per via del mezzo che usiamo per scrivere che ci spinge ad utilizzare
un linguaggio scritto più prossimo, vicino, al linguaggio parlato.
1988 1995 2000 2006
• In famiglia
Solo o prev. italiano
Solo o prev. dialetto Entrambi
Altra lingua
• Con amici
Solo o prev.
Solo o prev.
Entrambi
Altra lingua
• Con estranei
Solo o prev. italiano
Solo o prev. dialetto Entrambi 20,3% Altra lingua 0,4%
41,5% 44,4%
44,1% 19,1%
48,0% 16,0%
72,7% 5,4%
19,0%
45,5% 16,0%
48,9% 13,2%
72,8%
32,0% 23,8% 24,9% 28,3% 32,9% 0,6% 1,5% 3,0% 5,1%
32,5%
italiano 44,8% 47,1% dialetto 26,6% 16,7%
27,1% 32,1% 32,7% 0,5% 1,2% 2,4% 3,9%
32,8%
64,1% 71,4% 13,9% 6,9% 6,8%
18,5% 18,6% 0,8% 0,8% 1,5%
Il 48 % degli italiani conosce il dialetto
Differenze
• Giovani vs anziani
• Uomini vs donne
• Territoriali (anche dimensioni del centro urbano) • Titolo di studio
Criterio 2: il luogo
Alcuni fenomeni
• Fonetica: scempiamento delle doppie; rafforzamento fonosintattico; S intervocalica
sorda/sonora; ʧ intervocalico realizzato come ʃ
• Morfosintassi: la Giovanna, lo Stefano; so mica niente; lo dici te!, noi si va via; voglio
proprio vede’; hai visto a Mario?; che la smettesse!; tengo fame; scusate, professo’!;
stamattina tardi mi alzai
• Lessico: sfortuna, sfiga, jella, scarogna; fava, gnocco, scostumato
Tutti questi sono geosinonimi, cioè parole che hanno lo stesso significato, indicano la stessa
cosa, ma si dicono in maniera diversa.
I geo-omonimi sono parole che hanno la stessa forma, ma indicano cose diverse.
Andrea Camilleri
La forma dell’acqua
Lume d’alba non filtrava nel cortiglio della “Splendor”, la società che aveva in appalto la
nettezza urbana di Vigàta, una nuvolaglia bassa e densa cummigliava completamente il cielo
come se fosse stato tirato un telone grigio da cornicione a cornicione, foglia non si
cataminava, il vento di scirocco tardava ad arrisbigliarsi dal suo sonno piombigno, già si
faticava a scangiare parole. (p. 9)
L’italiano dell’uso medio (neostandard): Italiano che parliamo tutti i giorni e che
leggiamo nei giornali, nella maggior parte dei libri di letteratura contemporanea, soprattutto
la paraletteratura (lett. Di consumo).
L’italiano dell’uso medio o neostandard può essere definito in relazione a qualcosa che
definisco come ‘standard’. Ma come si fa a definire la lingua standard? Si può fare
riferimento a criteri sociolinguistici di tipo diverso, ad esempio si può definire ‘standard’
come una varietà neutra rispetto agli altri assi di variazione, cioè una varietà parlata da
persone né troppo istruite né troppo poco in quasi tutte le situazioni, sia scritte che orali.
Tuttavia, nello schema di Berruto, l’origine dello schema, il punto di intersezione degli assi è
vuoto, non c’è nessuna varietà di italiano che sia marcata in diafasia, diastratia e diatopia.
Quindi, non riusciamo a fare riferimento per l’italiano a questo tipo di modello.
Un altro elemento è la correttezza. Si tratta di una lingua che viene considerata ‘corretta’
dalla maggior parte delle persone. Questo potrebbe far riferimento all’italiano scolastico,
quello che giudichiamo corretto, ma che non usiamo nella vita di tutti i giorni. C’è da
precisare, poi, che anche l’italiano scolastico subisce l’influenza della nostra provenienza
geografica.
L’altra possibilità è descrittiva: è standard la lingua statisticamente più rilevante. Il problema,
però, prendi in considerazione solo la variazione diatopica, la maggior parte della
popolazione italiana vive al nord, ma questo non significa che le varianti del nord vengano
percepite da tutti come marcate.
Sabatini nel ’85 stabilisce 35 tratti che individuerebbero questa varietà di italiano usata più
o meno da tutti gli italiani sia nello scritto che nell’orale di media formalità e che diverge
dall’italiano standard letterario che fino agli anni ’90 era descritto nelle grammatiche, quello
che di norma viene spiegato a scuola.
Dal punto di vista della realizzazione orale troviamo
la mancata posizione tra vocali aperte/chiuse al di fuori della Toscana:
al nord tendono ad essere chiuse, al sud aperte.
Mancato rispetto dell’opposizione s sorda o sonora al di fuori dalla Toscana: se sono
del nord è sempre sorda, sonora se sono del sud
Mancato rispetto del raddoppiamento fonosintattico fuori dalla Toscana: al sud si
tende a farlo sempre, al nord mai
Declino dell’uso di i prostetica davanti a s + consonante: fatta eccezione per per
iscritto che è comunemente usato
Limitazione nell’uso di d eufonica, secondo Sabatini si usa bene la d eufonica di una
volta
Rarefazione di elisione e troncamento, tendiamo a scrivere non dire di no piuttosto
che non dir di no, perché essendo una popolazione alfabetizzata tendiamo a pensare
alla lingua come qualcosa di scritto e non al suono, di conseguenza tendiamo a
rispettare l’integrità grafica della parola.
Mancato rispetto della regola del dittongo mobile
Dal punto di vista della morfosintassi troviamo
Mancato uso, fuori Toscana, di codesto, costì, costà
Uso consolidato delle forme aferetiche (cioè con la caduta della prima parte) ‘sto,
‘sta, ecc. per questo, questa
Maggior frequenza di questo e quello in funzione di neutro rispetto a ciò
Gli generalizzato per a lui, a lei, a loro
Lui, lei, loro in funzione di soggetti
Forme rafforzate questo qui, quello lì, tipicamente settentrionale però comune
anche altrove, fanno il paio con l’indebolimento in generale dei dimostrativi. Pare
che nell’italiano moderno stia succedendo quello che è successo in passato al
latino, cioè i dimostrativi che si sono trasformati in articoli. I dimostrativi ora
stanno perdendo forza, basti pensare a frasi come Dobbiamo riflettere su quelli
che sono i problemi del giorno d’oggi.
Frequente uso di preposizioni + articoli partitivi (Condiscilo con dell’olio crudo;
È uscito con degli amici, ecc), fino a poco tempo fa le grammatiche proponevano
di utilizzare la preposizione con articolo zero perché era considerato poco elegante
Prevalenza dei locativi ci/ce su vi/ve (Ci resto; metterci)
Frequenti usi attualizzanti di ci (Oggi c’è stato uno sciopero), qui Sabatini fa
riferimento ad una teoria che ancora non era conosciuta: la categoria dei verbi
procomplementari è stata individuata dopo il 2000 da De Mauro nel Grande
Dizionario dell’Uso. Sono verbi che hanno dei pronomi al loro interno e che ne
modificano il significato: farcela, volerci
Fenomeni vari di tematizzazione:
- Posposizione del soggetto al predicato:
- Frase segmentata (A me non me la fai: I soldi te li ho dati)
- Anacoluto o tema pendente (Giorgio, non gli ho detto nulla)
- Frase scissa (È Mario che canta)
- Non mi posso rassegnare; Ora te lo posso dire
- Imperativo negativo proclitico (Non ti muovere)
- Frequente uso di che polivalente:
o Con valore temporale (La sera che ti ho incontrato)
o In frase scissa (È qui che ci siamo incontrati)
o Che relativo invariabile con ripresa pronominale (La valigia che ci ho messo i
libri)
o con valore finale, consecutivo o causale (Aspetta, che te lo spiego; Vieni, che
ti pettino)
Cosa interrogativo prevalente su Che cosa
Che interrogativo ed esclamativo prevalente su Quale (Che antipatica, Carla!)
Nessi relativi ridotti al solo che (Tieni conto che col treno arriveresti troppo tardi; per
cui)
Congiunzioni prevalenti: causali siccome, dato che; finali perché o implicite con un
causativo; interrogative come mai
Allora riassuntivo-conclusivo o demaaricativo (Allora, andiamo al cinema?)
Concordanza a senso con soggetto collettivo
Mancato accordo del participio passato
Frequenti costruzioni pronominali affettive (Luca si è mangiato mezza torta).
Costrutti vari di senso impersonale (Finalmente riparano la strada) o mediante il
pronome indefinito uno (Uno più se ne sta per i fatti suoi e più finisce nei guai)
Niente aggettivo (Niente conservanti)
Giustapposizione dei sostantivi (treno lampo, marito modello, notizia bomba)
Allocutivi di cortesia: scomparsa di Ella e declino di Loro
Ripetizione del sostantivo per esaltarne il significato (Speriamo che sarà una vacanza
vacanza)
Vari elementi lessicali con funzioni sintattiche usati in testi che consideriamo di
formalità media:
- Ci vuole, ci vogliono
- Si capisce (frequente nelle risposte)
- Si vede che; mi sa
- Lo stesso
- Sennò
- Per forza
- Affatto e assolutamente usati con significato negativo, specialmente nelle risposte, per
evidente ellissi della negazione (quindi, al posto di niente affatto, non…affatto, non…
assolutamente)
- Solo che
Questi sono un po’ gli elementi che caratterizzano l’italiano d’uso medio e alcuni di questi
non li consideriamo nemmeno delle novità, altri invece sì perché la scuola pone un margine
molto forte a queste innovazioni, come Gli per Loro o per Lei nello scritto, ma poi nell’orale
lo usiamo.
ESEMPIO
Le spese allargate del ponte sullo Strettodi G.A. Stella, CS 28/10/11
MILANO - San Francesco da Paola, che passò lo Stretto camminando sul mantello steso sulle
acque, resterà ancora per un pezzo l'unico ad aver fatto il miracolo. Dopo lustri di
proclami, San Silvio Berlusconi ha ieri ordinato ai suoi fedeli alla Camera di votare
(ahilui...) la rinuncia al ponte di Messina. «A me m'ha rovinato 'a guera», diceva il mitico
Gastone di Ettore Petrolini. «A me la crisi» dirà il Cavaliere, mortificato dall'abbandono del
sogno di consegnare alla storia quella che doveva essere «l'ottava meraviglia del mondo».
Da questi esempi si evince i parlanti sono toscani. Un testo scritto, pensato come testo scritto
e poi veicolato oralmente non funziona, è troppo denso di lessico, di informazioni.
Di converso, una conversazione orale è difficilmente comprensibile nello scritto, perché
mancano tutti gli aspetti prosodici, il contesto, il non-detto, ci sono interruzioni varie che
nello scritto infastidiscono, mentre nell’orale funzionano bene. In generale, i tratti che
caratterizzano l’orale nei confronti dello scritto sono:
- Dal punto di vista della testualità, la prevalenza della pragmatica: la cosa importante è
far passare il messaggio, la correttezza lessicale, sintattica e morfologica interessa meno,
questo fa sì che ci appoggiamo molto al contesto situazionale = testi orali caratterizzati
da indessicalità
- Aspetto importante (che di solito nello scritto manca) è la gestione dell’interazione.
Anche nei testi monologici è normale fare qualche ah?, mh, ecc. per attirare chi ascolta
- Dal punto di vista della sintassi, quella elaborata usata nello scritto non è gestibile
nell’orale. Né si è in grado di formare frasi estremamente complicate né chi ascolta è in
grado di elaborarle, quindi si tende ad un’esposizione più frammentata, frasi più brevi e,
molto spesso, interrotte.
- Dal punto di vista della morfologia, si usano tutti i tratti dell’italiano dell’uso medio,
esclusa, in alcuni casi, una maggiore incidenza di tratti regionali che ci spingono a fare
delle preferenze.
- Dal punto di vista del lessico, i testi orali si differenziano dai testi scritti perché sono
meno ricchi lessicalmente. In altre parole, nei testi orali tendiamo ad utilizzare un minor
numero di parole e a ripeterle più frequentemente, quindi diciamo meno parole e
usiamo pochi sinonimi, oppure, in alcuni, casi usiamo parole con un significato più
generico perché parlando, impegnati nello sforzo di pianificazione, ci sfugge sul
momento la parola giusta da usare. Nello scritto, soprattutto in italiano, ciò non avviene,
perché abbiamo questa regola ferrea di non ripetere una stessa parola più volte, ma
tendiamo più alla sinonimia.
- Il registro nei testi orali è più basso.
Criterio 5: diastratia
L’elemento principale per distinguere i vari livelli della diastratia è l’istruzione. Per quanto
riguarda il livello di istruzione, l’italiano popolare è considerato la varietà più esemplificativa
ed è l’italiano imperfettamente appreso da chi parla come lingua madre il dialetto e ha
imparato l’italiano come una lingua straniera, cioè a scuola. Questa situazione era molto
comune in Italia fino a non molto tempo fa; oggi i parlanti esclusivamente dialettofoni sono
una minoranza molto ridotta. Però, l’italiano popolare non è scomparso.
Nell’italiano popolare emerge prepotentemente il dialetto sottostante. In passato ci si è chiesti
se fosse possibile parlare un italiano popolare invece che tanti italiani popolari a seconda dei
dialetti. La risposta di molti linguisti è stata positiva, perché le tendenze di fondo sono
condivise. Quindi, una c’è
tendenza alla regolarizzazione: avendo imparato l’italiano come una lingua straniera
si seguono le regole in maniera pedissequa, ma essendo la lingua piena di eccezioni
che magari non si conoscono si commettono gli stessi errori di quando un francese
impara l’italiano e le sue gaffe fanno ridere i madrelingua
e una tendenza all’ipercorrettismo, cioè al tentativo di modificare quelli che si
ritengono degli errori, anche in maniera eccessiva.
Altro criterio è quello del genere. Biologicamente, le donne hanno un timbro diverso
dagli uomini, ma oltre a caratteristiche tipiche determinate dalla diversa
conformazione fisiologica, ci sono anche caratteristiche prettamente culturali. Meno
disfemismi e tecnicismi, orientamento interazionale e interpersonale.
L’italiano giovanile: Inchiappettescion
• Leucociti
• Bianchi
• Globuli bianchi
Es.: l’italiano della medicina
Radiografia:
Segni di spondiloartrosi con riduzione dello spazio intersomatico di L5 S1. Non definite
immagini riferibili ad alterazioni osteostrutturali focali. Diffusa riduzione del tono calcico.
Conclusioni
Nessuna lingua è monolitica
La lingua nazionale (soprattutto scritta) è solo parzialmente una
competenza innata
L’italiano sta cambiando più di altre lingue
Influenza del parlato
Modelli di riferimento “alti” (scuola)
Analisi linguistica
(Serianni L., Italiani Scritti, Bologna, Il Mulino, 2007)
• Lessico
• Morfologia
• Sintassi della frase e del periodo
• Testualità