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LESSICOLOGIA E LESSICOGRAFIA DELLA LINGUA ITALIANA

1) M. Fanfani, Calchi, in Enciclopedia dell’italiano, a cura di R. Simone, vol. I, Enciclopedia italiana, Roma, 2010,
pp. 164-65, consultabile anche in Rete all’indirizzo:
http://www.treccani.it/enciclopedia/calchi_(Enciclopedia_dell'Italiano)/;

2) M. Fanfani, Forestierismi, in Enciclopedia dell’italiano, a cura di R. Simone, vol. I, Enci¬clo¬pedia italiana,


Roma, 2010, pp. 511-13, consultabile anche in Rete all’indirizzo:
http://www.treccani.it/enciclopedia/forestierismi_(Enciclopedia_dell'Italiano)/;

3) M. Fanfani, Prestiti, in Enciclopedia dell’italiano, a cura di R. Simone, vol. II, Enciclope¬dia italiana, Roma,
2011, pp. 1158-60, consultabile anche in Rete all’indirizzo:
http://www.treccani.it/enciclopedia/prestiti_(Enciclopedia_dell'Italiano)/;

MARTEDÌ 18/02/20

-Lessico: insieme dei vocaboli e delle locuzioni di una lingua. Ess: l.sportivo, l.inglese, l.
della medicina (→ lessico di una particolare disciplina). Il lessico è il dizionario che
raccoglie le parole di una lingua, disciplina o autore (lessico dantesco).
-Dizionario: strumento in cui sono ordinati tutte le parole di una lingua.
-Vocabolario: è una frase del lessico: voc. Dei Promessi Sposi, voc. Dell’architettura…
Nel parlare comune, vocabolario e dizionario sono sinonimi.
-Lessicologia: lo studio scientifico del lessico (nel senso che abbiamo precisato).
-Lessicografia: tecnica di composizione dei dizionari, il modo di sistemare le cose dentro
di un vocabolario.

FONTI DEL LESSICO ITALIANO

1) Parole che vengono dal latino o greco (lingue antiche) diretta o indirettamente.
L’italiano è il latino modificato nel corso dei secoli.
2) Prestiti e calchi, sia esterni (forestierismi) sia interni (dialettismi). Essempi di
dialettismi: ciao → Veneto mafia → siciliano pizza → napoletano
3) Parole ottenute attraverso i meccanismi di formazione lessicale dell’italiano (derivati
e composti).
Piede → pedata
mano → manata

 L’interno lessico di un dizzionario ha più meno 120.000 parole divise tra:


-25% latino, greco
-11% forestierismi, regionalismi
-64% meccanismi interni (derivati e composti)

 Il lessico di base sono le parole più usate del italiano medio:


-48% latino , greco
-10% forestierismi, regionalismi
-42% meccanismi interni

In conclusione, le parole più utilizzate del italiano vengono dal latino.

MUTAMENTI SEMANTICI NEL LESSICO ITALIANO

1) Molte sono rimaste iguale: mare, vita, ala, terra… Non si sono modificate dal latino.

2) Altre hanno subito dei lievi cambiamenti:


focu(m) → fuoco
clave(m) → chiave
pede(m) → piede
Con la caduta dell’impero romano (2-3d.C) , tende a prevalere un lessico umile, quotidiano
e concreto, quelle più usate.
Per più ragioni bisogna considerare l’abbassamento del livello di vita, le persone che
hanno lasciato le città per rifugiarsi in campagna, e la diffusione del cristianesimo: parole
nuove come vescovo, battezzare.

Le parole corpose foneticamente, espressive, avevano più probabilità di arrivare fino a noi:
1) Sparizione di parole: si mantiene il vocabolo più corrente e popolare
-tellus: non esiste più, si mantiene il vocabolo più popolare → TERRA
-pulcher: non essiste più, si utilizza → BELLUS, formosus (hermoso en ES)
-ager: non essiste ma di questa parola viene “agricoltora”. Si utilizza → CAMPUS
-sider: è sparita, ma “siderale” proviene di là” → STELLA
-hirudo: non ha sparito del tutto, ma quella che si utilizza è → SANGUISUCA (corposa e
lunga)
-omnes: si è persa ma ha lasciato “omnipotente” → TUTTI

2) Prevalgono le parole espresive , che sostituiscono quelle più neutre:


-os/bucca
-equum: equino, equitazione → CABALLUM ha prevalso
-domum: era la casa, ma oggi si intende come la casa del Signore → CASA
-edere: edibile: cibo che si può mangiare → MANDUCARE → MANGIARE

3) Prevale il diminutivo invece delle parole base


frater/fratellum si intendeva come fratellino, il più piccolo di tutti, ma oggi noi utiliziamo
fratellum nel senso di FRATELLO, che non è il fratello piccolo
culter/cultellum → coltellino → COLTELLO
-agnus: è caduta → agnellum → AGNELLINO, AGNELLO
-auris-→ auricola: piccola orecchia

4) Prevale l’iterativo invece del verbo base


-salire/saltare
-canere (“cantare”) / cantare (“continuare a cantare”) → oggi ha preso il significato del
-primo (cantar)

5) Si formano nuovi verbi con suffiso


-beatus + ificare → beatificare
-captus + iare → cacciare

6) Si formano nuovi verbi con prefisso


-cum + nascere → conoscere
+ ducere → condurre

7) Sostantivazione di aggettivi (tendenza continuamente operante)


-(tempus) matutino → mattino
-(hora) matutina → mattina
-(acqua) funtana → fontana
- (via) strata → strada
- (tempus) diurnum → giorno
- (porcus) singularis → cinghiale: animale isolato, selvatico

8) Cambiamenti di significato
-parabolare: parlare attraverso parabole come Gesù (decadenza impero romano) → è
diventato il nostro PARLARE
-papilionem: padigione → FARFALLA
-bustum: sepolcro → BUSTO: parte superiore del corpo
-paganum: contadino → PAGANO: non cristiano
-tradere: voleva dire “consegnare” ma oggi significa TRADIRE
-captivum: prigionero → CATTIVO (oggi)
-ad necare: morire attraverso l’acqua → MORIRE di qualsiasi modo
-ad ripare: giungere alla riva → ARRIVARE
-ad matiare: uccidere attraverso una mazza → AMAZZARE con qualsiasi cosa

MERCOLEDÌ 19/02/20

ALLOTROPI: PAROLE DOTTE E POPOLARI (esondero)

-Le parole popolari sono le parole che sono sempre state usate e che dunque si sono
“usurate” foneticamente, per esempio “ghiaia” che continua il latino GLAREA(M). Sono
parole latine che non sono mai state abbandonate.

-Latinismi: queste parole sono state dimenticate, sono riaparse ma senza cambi, sono
rimaste molto uguali alla forma latina BUSCAR MÁS

-Le parole dotte sono le parole che a un certo punto sono state dimenticate e che poi
sono state riprese, per esempio “gloria”, dal latino GLORIA(M). La parola arriva a noi
sostazzialmente invariata. Non è stata pronunciata per lungo tempo quindi è rimasta così
com’era, intatta.

-Quando due o più parole provengono da un antenato comune si parla di allotropi. Gli
allotropi sono parole che hanno lo stesso origine ma forma diversa. Si può distinguere
facilmente qual’è la parola popolare e quella colta.
LAS PALABRAS DE LA IZQ SON LATINISMOS
Vizio → La parola popolare sarebbe stata “vezzo”
Macchina → la parola popolare che deriva sarebbe “ macina”
coagulare → la parola popolare sarebbe “quagliare”
causa → è diventata la parola popolare “cosa”
platea → piazza
copula → coppia
disco → desco (tavolo dove si mangia, aveva forma circolare)
giustizia → diventa popolarmente “giustezza”
fauce → foce
area → aia
radio → raggio e razzo
fuga → foga
bestia → biscia
restaurare → ristorare
inclinare → inchinare
solido → soldo
collocare → coricare
pausa → posa
plebe → pieve
angustia → angoscia
rissa → ressa
circolo → cerchio
bacillo → baccello
implicare → impiegare
pensare → pesare
cunicolo → coniglio
esempio → scempio

FORESTIERISMI

Anche chiamati “prestiti linguistici” ma non è vero, è inadeguato.


Sono rapporti, contatti fra popolazioni e rispettive lingue. Non sempre pacifici → hanno
una natura bellica, quando si combateva nel passato. Supremazia culturale (oggi)
La somiglianza strutturale fra lingue favorisce i prestiti. Abbiamo avuto più contatto
linguistico con la Francia che con la Cina (esempio) quindi abbiamo più prestiti francese.
L’italiano e l’arabo non hanno niente di simile.
+ADATTARE UNA PAROLA STRANIERA MOLTO DIVERSA DAL ITALIANO AL NOSTRO
SISTEMA MORFOLOGICO: togliere nessi consonantici che in italiano non ci sono. Si può
distinguere tra:
-Prestiti adattati: esempi: bistecca (dal inglese), besciamella (proviene dal francese),
cocchio (dal ungherese)
-Prestiti non adattati: esempi: yacht, blitz, jihad. Ovviamente non sono parole italiane

Tradizionalmente, in passato, prevaleva l’adattamento: alleanza (fr), intervista (ingl). Oggi


si preferisce la forma non adattata: computer (ingl). Tsunami (giap) fado (port). Dal 900 in
più si fa l’adattamento. EN EL PASADO SE ADAPTABAN LAS PALABRAS O NO?
Generalmente il forestierismo è accolto al singolare, che in italiano è mantenuto anche per
le forme plurali: i film, i computer, i cognac NON i films, i computers, i cognacs.
Talvolta, invece, può accadere che il prestito sia molto più frequente al plurale, e che
inconsapevolmente si usi la forma plurale anche al singolare: “un indios”, invece che “un
indio”; “un silos” invece che “un silo”.

Le modalità attraverso le quale questi forestierismi arrivano alla nostra lingua:


-Canale scritto: in passato era prevalente: tunnel, bungalow → sono prenetate in italiano
attraverso la scrittura.
-Canale parlato: oggi è il canale privilegiato (grazie ai media): news, duty free shop

-Prestito di necessità: sarebbe quando ci si trova il bisogno di denominare oggetti prima


inesistenti, cose importati (dal America) che prima non esistevano in Europa) : patata,
cacao, caffè, sauna, computer. Sono parole che oggi formano parte della nostra vita ma
che nel passato neanche conoscevano l’oggetto.
Prestito di lusso: sarebbe quando invece esiste già un corrispondente nella lingua di
arrivo: baby sittter, weekend, record; di fronte agli italiani “bambinaia”, “fine settimana” e
“primato”.
In realtà, non c’è bisogno di ricorrere a un prestito di necessità nel caso di nuovi oggetti,
perché le lingue hanno già i mezzi per denominare nuovi oggetti e concetti: patata e
pomodoro. Questi prodotti nuovi sono stati denominati attraverso tracce linguistici antichi
(pomodoro → pomo di oro).
Non tutti i prestiti vanno a buon fine; in alcuni casi siamo di fronti a prestiti effimeri, presto
dimenticati, come nel caso dei vari “buglia” (spag) e “disappuntato (fr). I prestiti possono
avere una vita effimera. Molti di questi prestiti sono francesismi.
-Esempi di prestito effimero, tratto da lettere dell’Ottocento:
Che venga subbito così presto | faremo la sua opera, la quale dovra fare un cclù
La mia stuffa non mi fa nè mal di capo nè courbature e non soffro freddo
Oggi sentendo qui vicino dei colpi di fucile e dei suoni di campane indigene e di tam-tam giusto
nella direzione del cimitero indigeno sono andato a vedere se per caso vi fosse un anterrement.
Sembrano due piante Etiolées – tenute e cresciute in serra prive d’aria, di luce e di moto
Ai miei occhi non valgo nulla.-. e sono così distratta che fin gli sguardi hanno perduto il loro
percant.
Rincresce solo alle mie idee romanzesche non si chiami Arturo, o Romualdo, o Ermenegildo, o
something like.
Sarà questo un processo che darà molta eclatanza e di cui i fogli vi daranno ragione.
Sarete tanto buono da farmele far copiare, sopra una Carta leggerissima e con un piccolo
carattere in modo da poterle mettere in diversi Inviloppi, come se fossero lettere.

MARTEDÌ 25/02

FORESTIERISMI (calchi)

La differenza fra prestito e calco sta nel fatto che il primo è una vera parola straniera,
adattata o meno; il secondo invece è costituito da una o più parole italiane su cui l’influsso
straniero non si coglie immediatamente, ma è potentissimo.

Calchi strutturali: quando si riproduce la struttura e il significato di una forma straniera


usando materiale linguistico italiano: dall’ingl. Basket-ball e dal tedesco Eisenbahn, si sono
fatti gli italiani pallacanestro e ferrovia

-Calchi semantici: quando, per influsso straniero, si aggiunge un nuovo significato a una
parola già esistente in italiano: realizzare, coperto, articolo, indossare

In generale, non sempre una parola o espressione ha identico significato nelle lingue di
partenza e di arrivo. Alcune volte c’è un restringimento, come nel caso di lapin, più
raramente un allargamento, come nel caso di raid .

L’INFLUSSO DELLE LINGUE STRANIERE NELLA STORIA DELL’ITALIANO


Cronologicamente, l’influsso delle lingue straniere si fa sentire già prima della caduta
dell’Impero romano. Nell’ordine, le principali influenze delle lingue straniere sull’italiano
sono: lingue germaniche (alto Medioevo), arabo (dal IX al XIII-XIV sec.), francese e
provenzale (basso Medioevo e XVIII- inizi XIX sec.), spagnolo (XVI-XVII sec.), inglese
(specie dal Novecento).
Ma naturalmente, oltre a quelle citate, anche molte altre lingue ci hanno fornito parole.
Vediamo qualche esempio per ciascuna lingua:

-balcone, nastro, albergo, elmo, guardia, fiasco, gruccia, milza, schiena, alce, sapone,
vanga, alabarda, aspirina, brindisi, guerra, blitz, crauti, krapfen, strudel, würstel →
germanico-tedesco
-baccalà, cambusa, boscimani, ottentotti, boeri, diga → olandese
-geyser → islandese
-lego → danese
-sci, slalom, fiordo → norvegese
-alfiere, baciamano, creanza, amaca, caimano, cannibale, uragano, lama, tabacco, bolero,
flamenco, maraca, merengue, salsa, rumba, tango → spagnolo
-ginseng, tazebao, tè, tao, wok → cinese
-caffè, sorbetto, emiro, minareto → turco
-affanno, bandiera, cavaliere, coraggio, viaggio, pensiero, straniero → provenzale
-ragazzo, darsena, arsenale, limone, albicocco, melanzana, carciofo, algebra, algoritmo,
assassino, magazzino, zenit, nadir, cifra, zero,sultano, fachiro → arabo
- barocco, marmellata, caravella, autodafé, banana, tapiro, samba, telenovela →
portoghese
- parlamento, costituzione, pullman, grizzly, sterlina, cowboy, computer → inglese
- arancio, talismano, scacchi, pasdaran, scià, ayatollah, talebano → persiano
-alleanza, ambulanza, bagaglio, cinema, ragù, supplì, chic, roulotte, collant francese
-robot → ceco
- sabato, pasqua, manna → ebraico
-cravatta, vampiro, crucco → l. slave
-renna, sauna → finlandese
-ikebana, origami, samurai, kamikaze, bonsai, sushi giapponese
nomenklatura, steppa, dacia, duma, gulag, matrioska, tundra, vodka, zar russo

MERCOLEDÌ 26/02
DIALETTISMI LESSICALI (prestiti interni)

1) Dialettismi non adattati


Sono pochissimi: senatùr, bagna cauda, ‘ndrangheta e qualche altro
A volte sono riconoscibili per il suffisso non toscano: per es → roman; merid. e settentr. →
-aro, -arolo, -arello; nap → -illo (palombaro, rifondarolo, pennarello, piccirillo)

2) Dialettismi adattati
Sono la grandissima maggioranza, c’è il problema dell’origine dialettale delle parole e
l’importanza dei dialettismi anche fuori d’Italia (pizza, ciao, mafia)

DIALETTISMI GRASTONOMICI

La cucina italiana è una cucina prevalentemente regionale.


-lingua salmistrata, canederlo, capasanta, crauti (dal tedesco), tiramisù, a scottadito →
queste parole hanno il suo origine nel Nord-Est (Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli
Venezia Giulia).
-brodetto (zuppa di pesce), ciauscolo → Le Marche
-cassata, cannolo, canestrato, abbuffarsi, scuocere (un sicilianismo) → Sicilia
-cacciucco (dal turco, è tipico da Livorno, Viareggio), passato, ribollita, acquacotta (La
Maremma), cavallucci, panforte, ricciarelli (dolci senesi), vinsanto → Toscana
-agnolotti, grissini, gianduiotti, fonduta, fontina → Piemonte , Val d’Aosta
-carasau, filu’e ferru → Sardegna
-spaghettata, spaghetti alla (a)matriciana, stracciatella, rigatoni, fettucine, saltimbocca,
supplì (dal francese) → Il Lazio
-pizza, calzone, panzarotto, mozzarella, caponata, provolone, fusilli, capitone (pesce) →
Campania
-vongola, cozza, cannolicchio, scamorza, caciocavallo, orecchiette → SUD oltre la
Campania
-caciotta, porchetta, arrosticini → Centro oltre il Lazio
-risotto (il risotto è un modo di cuocere, dato che il riso è presente in tutto il mondo),
minestrone, fesa, ossobuco, panettone, brasato, grana, mascarpone, grappa →
Lombardia
-pesto (Genova), trenette, pandolce → Liguria
tagliatelle, tortellini, cappelletti, cotechino, zampone, culatello, piada (ina) → Emilia
Romagna

Di notevole importanza anche il contribuito di elementi grastonomici che ereditano il nome


dalla zona di provenienza, specie formaggi e sopratutto vini.
-il Chianti → ha il suo nome della zona geografica dove si produrre
-il Marsala → prende il nome della città della Sicilia dove ha la sua origine
-il Varol → vino di un piccolo paesino del Piemonte
-il Prosecco → viene da un paesino dalla Eslovenia che confina con l’Italia
-il Cirò → Calabria
-Il Orvieto → Orvieto

-Parmigiano → Parma
-Reggiano → Reggio Emilia
-Gorgonzola → Milano

ALTRI CAMPI SEMANTICI

-orbace, launeddas, carasau, nuraghe → Sardegna


-abbaino, mugugno, acciuga, darsena, scoglio, cambusa, oblò, arrembaggio, lavagna →
Liguria
-anagrafe, contrabando, ghetto, catasto, zattera, traghetto, arsenale, malga, maso,
slavina, foiba, bora, laguna, gondola, giocattolo → Friuli Venezia Giulia, Veneto,
Trentino Alto Adige
-sommozzatore, carosello, bancarella, paranza, malavita, scippo(are), cafone, lava,
iettatore, mannaggia, trullo, camorra → Campania e Mezzogiorno
-mezzadro, sfondone, sballotare, ocarina, amarcord (‘mi ricordo’) → Emilia Romagna
-funzionario, vidimare, bocciare, passamontagna → Piemonte
-abbuffarsi, incazzarsi, zagara, rimpatriata, pizzo, pizzino, omertà → Sicilia
-imbianchino, giornalaio, ferragosto, dirimpettaio, ganzo, bischero → Toscana
- lavandino, guardina, secondino, teppa, mondina, filanda, teppista, scartoffia →
Lombardia
-malloppo, scopare, tintarella, fasullo, pennichella, bagarino → Lazio
GEOSINONIMI

Sono delle parole o espressioni che in luoghi diversi esprimono gli stessi concetti. In Italia
sono diffusissimi come risulta da un’inchiesta svolta nel dopoguerra.
-spigola (pesce) = branzino = pesce ragno → non tutti sanno che indicano lo stesso pesce
-anguria (sandía) = cocomero = mellone o melone d’acqua o citrone (nel Mezzogiorno
dell’Italia)
-papà = babbo (Toscana, Sardegna, Lazio)
-temperamatite = appuntalapis (termine usato in Toscana)
-asino = somaro = ciuco (Toscana)
-immondizia = pattume (settentrionale) = spazzatura (Toscana e italiana)
-suora (centro-nord) = monaca (centro-sud)
-sàntolo = compare (centro settentrionale) = padrino (Toscana)
-cozze = muscoli = peoci (Veneto)
-brufolo = foruncolo = pedicello (Roma)
-affitare = appigionare (Toscana) = locare e fittare (nel Mezzogiorno)
-frappe = bugie = cenci = chiacchiere

Un’altro tipico geosinonimo gergale per dire “saltare una lezione o una giornata di scuola” :
marinare (standard) = salare = fare forca = bigiare = stampare = fare focaccia

Geosinonimi nell’italiano di Svizzera:


cassa malati = mutua / nota = voto scolastico

GEOOMONIMI
Sono delle parole o espressioni identiche nella forma che in luoghi diversi esprimono
concetti diversi.

MÉSTOLO
-cucchiao di legno per mischiare, in Toscana
-utensile di metallo, ramaiolo in Toscana
VILLA
-casa signorile con giardino : significato più comune
-parco pubblico: significato nel Centro- Sud
TOVAGLIA
-telo di stoffa per apparecchiare la tavola : significato più frequente
-asciugamano : significato nel Sud

COMARE
-madrina: nel Sud
-donna del popolo e pettegola: in Toscana

CAMPO
-terreno erboso: significato più difusso in tutta Italia
-piazza: significato aggiuntivo a Venezia (e talora a Roma: Campo de’fiori)

BISTECCA
-fetta di carne alta con osso: soprattutto in Toscana
-fetta di carne, anche senza osso : altrove (= tosc. “braciola”)

BABBO
-padre: Toscana e altrove
-stupido: in Sicilia e in altre zone del Sud

SCIOCCO
-poco intelligente: significato più corrente in Italia
-insipido: in Toscana

PRINCIPALE CARATTERISTICHE FONETICHE E MORFOSINTATTICHE:

VARIETÀ SETTENTRIONALI
-Scempiamento consonanti doppie: cavallo – cavalo
-Sonorizzazione sorde intervocaliche: marito – marido – marìo
-Mancanza raddoppiamento fonosintattico: a ‘llui – a ‘lui
-Diversa distribuzioni toniche aperte e chiuse: toscano → bène, perché / sett. → béne,
perchè
-Sibilanti intervocaliche e affricate dentali iniziali sempre sonore: toscano → kasa e kazo /
sett. → ‘kaza e ‘kazo
-Sibilanti sorde e sonore talora articolate in posizione più arretrata (quasi palatale) in
Emilia Romagna: it. → sospettavo / sett. → shoshpettavo
-Uso di vocali turbate, specie in Lombardia: it → luna / lomb → lüna
-Assenza quasi totale del pas. Remoto: it → dieci anni fa andai in Svezia / sett. → dieci
anni fa sono andato in Svezia
-Caduta di suoni finali: it → cavallo / piem. → caval

VARIETÀ TOSCANA
-Gorgia, ossia pronuncia spirantizzata delle sorde intervocaliche “t” e “p” e soprattutto “k”:
it. → la casa / tosc. → la hasa o la asa (Pisa)
-Tendenza alla riduzione del dittongo “uo” : it → buono e uomo / tosc → bono e omo
-Uso del si impersonale nella prima persona verbale: it → noi andiamo / tosc → noi si va
-Uso dell’articolo davanti a nomi propri femminile : it → Valeria / tosc. → la Valeria
- Uso del congiuntivo invece del indicativo

VARIETÀ ROMANA
-Diversa distribuzione delle vocale toniche aperte e chiuse in alcune parole : it → trénta,
cèntro, feróce / rom → trènta, céntro, feróce
-Tendenza alla riduzione del dittongo “uo” (=toscano)
-Raddoppiamento di “g” : it → agile e la gente / rom → aggile e la ggente
-Radoppiamento di “b” : it → la busta / rom → la bbusta
-Tendenza a pronunciare sorde tutte le sibilanti intervocaliche: it → uzo / rom → uso
-Lenizione (semisonorizzazione) delle occlusive : it → hai capito? / rom → hai gabido?
-Passaggio di “nd” a “nn”: it → mondo, andiamo / rom → monno, annamo
-Passaggio di “l” preconsonantica a “r”: it → alto, il pozzo / rom → arto, er pozzo
- Uso di “stare” per “essere” : it → la mela è sul tavolo / rom → la mela sta sul tavolo
-Uso dei verbi pronominali intensivi: it → ho mangiato / rom → mi sono mangiato
-”Quanto” per “come” in esclamazioni con entità non numerabili: it → come sei bella! / rom
→ quanto sei bella”!

VARIETÀ MERIDIONALI
- Chiusura della tonica nei dittonghi ascendenti: it → pièno e fuòri / merid → piéno e fuóri
-Pronuncia delle sibilanti intervocaliche (=romano)
-Lenizione (=romano)
-Radoppiamento di “g” e “b” (=romano)
-Vocale finale spesso indistinta : it → Napoli / napol → Napul
- Sonorizaccione dopo nasale : it → ampio / merid → ambio
-Passaggio di “r” a “d” : it → madonna, dopo /merid → maronna, roppe
-Passaggio di “nd” a “nn” (=romano)
-Uso di stare e tenere per essere e avere, specialmente in Campania: it → la mela è sul
tavolo, ho sonno / napol → la mela sta sul tavolo , tengo sonno
-Uso di voi come allocutivo di cortesia, specialmente a Napoli: it → come sta? / nap →
come state?
-Pronuncia di la C come sh: “facile” → fashile
-Uso di “a” invece che “in” con gli odonimi (=romano)
-Uso di “quanto” in luogo di “come” (=romano)

MARTEDÌ 3/3

FORMAZIONE DELLE PAROLE DEL ITALIANO STESSO

Oltre all’apporto delle lingue morte (greco, latino), e di quelle vive, una lingua dispone di
propri meccanismi interni per formare nuove parole (o neoformazioni, da non confondere
con i neologismi). Quando una nuova parola viene ottenuta è una neoformazione.
L’italiano sfrutta i meccanismi della prefissazione e della suffisazione (nel loro insieme:
derivazione, da cui i derivati) e quelli della composizione (da cui i composti).

-Prefissazione: è quando si aggiunge un prefisso (un elemento, un morfema) che viene


messo all’inizio di una parola per precisarne e modificarne il significato a una base (che
sarebbe la parola già esistente). Per esempio:
-dalla base cauta preceduta dal prefisso in avremo incauta: è una neoformazione, è stato
ottenuto da una parola italiana (base) + prefisso.
-dall prefisso ri+ la base fare avremo → rifare
Queste parole si chiamano prefissati e appartengono maggiormente alla categoria
grammaticale alla quale apparteneva la base.
Le eccezioni a questa regola, tutte con il prefisso anti: dal sostantivo missile si ha
l’aggetivo antimissile (la difesa antimissile). Dal sostantivo obesità si ha l’aggetivo
antiobesità.
Anti = l’unico prefisso che fa cambiare la categoria grammaticale alla base.

-Suffissazione: consiste nell’aggiunta di un suffisso (elemento o morfema) che si mette alla


fine di una parola per precisarne o modificarne il significato a una base. Per esempio:
-dalla base giardino seguita dal suffisso iere = giardiniere
-dalla base signore seguita dal suffisso ile = signorile

Possiamo ottenere la stessa categoria grammaticale oppure “transcategorizzazione” ,


passaggio da una categoria grammaticale a un’altra, come abbiamo appena visto.
Esempi:
-dal sost. Rumore possiamo avere l’aggetivo rumoroso, il sostantivo rumoraccio e il verbo
rumoreggiare.

In particolare, una parola che deriva da un aggettivo sarà definita “deaggettivale”, da un


sostantivo “denominale”, da un verbo “deverbale”:

NOME: zuppa; igiene; salto


DERIVATO: zuppiera; igienico; saltare
TIPOLOGIA: nome denominale, agg denominale; vb denominale

AGGETIVO: folle; amaro; gonfio


DERIVATO: follia; amarognolo; gonfiare
TIPOLOGIA: nome deaggetivale; agg deaggetivale; vb deaggetivale

VERBO: ronzare; realizzare; parlare


DERIVATO: ronzio; realizzabile; parlottare
TIPOLOGIA: nome deverbale; agg deverbale; vb deverbale
Un tipo particolare di suffissazione è l’alterazione, che non modifica del tutto la base, solo
alcuni aspetti. Vanno sottomessi all’alterazione i sostantivi, gli aggettivi e i verbi. Esempi:
foglio → foglietto
dolce (agg) → dolciastro
rubare → rubacchiare

Dagli esempi addotti, si sarà notato che rimane la stessa categoria grammaticale.
L’alterazione tende a far restare nel ambito della stessa categoria grammaticale la parola.

Spesso abbiamo sentito parlare dei falsi alterati: non sono solo quelli che hanno una
diversa origine e solo casualmente e solo casualmente hanno una identità della radice.
Esempi: matto, mattino e mattone: non hanno rilevanza linguistica. Hanno una etimologia
diversa.
Sono soprattutto le parole che nel corso dei secoli sono divenute autonome, perdendo, nel
comune parlante, memoria della loro originaria derivazione. Esempio: “spaghetto” (un
piccolo spago), “rosone” delle chiese (si chiama così perché all’inizio era fatto di petali di
rossa), “fumetto” (ha la forma di una nuvola dove si scrive, è il diminutivo di fumo).
Questi alterati si sono lessicalizzati, sono diventati autonome, con conseguente blocco
degli alterati reali (DOMANDA IMPORTANTE). Questo vuol dire XXXXXXX

Evitamento delle stesse sequenze di suoni: se dobbiamo fare il diminutivo di “contadino” o


di “tetto” non diremo “contadinino” o “tettetto”, ma “contadinello”, “contadinetto”,
“contadinotto” e “tettino” e “tettuccio”.

Diversa produttività dei suffissi e blocco delle parole virtuali: alcuni suffissi sono molto
produttivi, ma altri sono in grado di generare pochissime parole reali (-mondo). Questo
blocco: la creatività di una lingua è infinita, si possono creare tantissime parole (nel mondo
della chimica ci sono un sacco di parole). Perché non si forma una parola come
“rubatore”? -Perché esiste già “ladro” e funziona benissimo, anche se nascesse sarebbe
un doppione di una parola molto difussa e molto usata. Quando una parola è così forte e
inserita nel lessico italiano, blocca il fatto che altre parole, pure virtualmente creabili, di
fatto non nascono perché sarebbero inutili.

MERCOLEDÌ 4/03
NO VINE
MERCOLEDÌ 18/03

FORMAZIONE DELLE PAROLE

UNITÀ LESSICALI SUPERIORI O POLIREMATICHE: sono conosciute anche con il nome


di parole sintattiche o lessemi complessi. Si tratta di insiemi di parole dotati di particolare
coesione semantica e sintattica al proprio interno del tutto particolare. Sono quindi delle
espressioni formate da due o più parole che (PEDIR AYUDA A PIEROGI 2:20). del
significato sostanzialmente unitario.
Le parole, i componenti di una polirematica (RIESCE? PIEROGI) singolarmente e
costituiscono delle parole autonome, che sono utilizzabili anche in altri contesti.

Molte di questi insieme di parole si comportano come se fossero un unico lessema,


un’unica parola. Essempi:
luna di miele, ferro di cavallo, mulino a vento → sono considerate come una parola sola,
come delle construzione unitarie.
Presentano, almeno tendenzialmente, diverse proprietà al loro interno:
-Non ammettono una sostituzione sinonimica delle parole che costituiscono (LA
FORMA ?? PIEROGI) . Essempi:
→ camera a gas non potrà essere sostituita da stanza a gas (non esiste in questo
insieme)
nel sintagma fare luce (scoprire qualcosa) non potrà essere sostituita da fare luci
( SPADALARE? ) con la macchina.
-Non ammettono all’interno della polirematica interposizione di altre parole:
→ di fronte alla polirematica patente scaduta di guida, non potremo mettere un aggettivo
all’interno, non si potrà dire una patente scaduta di guida , ma dovremo dire una patente
di guida scaduta.
-Non ammettono dislocazioni né pronominalizzazioni o comunque alterazioni dell’ordine
delle parole:
→ nella polirematica permesso di soggiorno non si può creare una ipotetica interrogativa:
è di soggiorno quel permesso?
→ di fronte alla polirematica cartoni animati non si può costruire la frase: quelli animati
sono i cartoni che preferisco

Come si vede dagli essempi, le polirematiche appartengono soprattutto alla categoria dei
sostantivi, ma anche possono esserci delle polirematiche appartimenti a altre categorie
grammaticali. Esempio: sala da pranzo (sostantivo); acqua e sapone (aggettivi), all’aria
aperta (avverbi); tirare il fiato (verbali).

LE PAROLE – MACEDONIA sono formate dalla fusione di due o più parole, che spesso,
ma non necessariamente, hanno un elemento in comune:
→ mandar(ino) + arancio = mandarancio
→ canta(nte) + autore = cantautore
→ cartol(eria) + librería = cartolibreria
Ma, senza elemento in comune abbiamo:
→ panta(loni) + collant = pantacollant
→ fanta(sia) + politica = fantapolitica
→ frigo(rifico) + congelatore = frigocongelatore

A differenza dell’inglese dove abbiamo degli insieme di parole (ess: smoke + fog =smog;
breakfast + lunch = brunch), l’italiano tende a lasciare intatta la parola finale, come
abbiamo visto, ma con qualche eccezione, per esempio:
→ videofonino (video+telefonino)
→ mapo (mandarino + pompelmo)
→ tigone (tigre + leone)

Oltre alle parole macedonia, alle parole derivate da toponimi (vini e formaggi derivati
direttamente del nome del luogo) e antroponimi (Atlante → mondo, Judas → tradittore)
alle onomatopee (suoni di animali: ululare, velare, miau, guau), alle etimologie popolari
(città di Maleventum cambiò a Beneventum), ai marchionimi (passami un bic (la penna),
jacuzzi → è la marca, Barbie → è una tipologia di bambola), alle sigle (il lasser), ai derivati
per scorciamento (accortare la parola: cine → cinema, tele → televisione, bici → bicicleta),
c’è un piccolo gruppo di parole nate per errore. Essempi: “zenit” (è la parte sopra la nostra
testa) che prende le mosse dalla parola araba samt che voleva dire “direzione”. ||
“collimare” ha origine da un verbo latino → colignare: mettere sulla stessa linea.

MAR, MER 24.25/03

ESSERCIZIO SUI SUFFISSI

Sottolineare le parole che NON sono formate con il suffisso dichiarato tra parentesi

-(-accio/a) → suffisso peggiorativo


boccaccia: bocca + suffisso -accia
egoistaccio: egoista + -accio
focaccia: non c’entra il suffisso
romanaccio: peggiorativo di romanesco
votaccio:
palaghiaccio
fisicaccio: fisico + accio

(aio/a) → suffisso di relazione


bambinaia: bambina +aia
colombaia: colomba + aia
fornaio: forno + aio
sterpaia: sterpi + aia
vecchiaia: vecchio + aia
salvadanaio: è una parola composta da salvare + denaro
benzinaio: si avverte la base ?? benzina
limonaia: si avverte la base ?? limone

(-ale) → suffisso di relazione


cinghiale
caricaturale: caricatura + ale
ovoidale:
frontale
inaugurale
quindicinale
postale
musicale

(-ame): fasciame, pollame, reame, vasellame, tendame, infame, legname, verderame


(-ano/a): melanzana, asciugamano, catamarano, americana, tisana, tucano, carducciano
(-ello/a): gabbianella, cattivello, gazzella, pollastrella, caramella, orfanello, alberello,
pipistrello
(-esco/a): gigantesco, affresco, novecentesca, manesco, disinnesco, temporalesca,
pazzesco
(-ese): milanese, praghese, inglese, politichese, maionese, nepalese, manganese,
burocratese
(-ésimo): cristianesimo, paganesimo, protestantesimo, urbanesimo, incantesimo,
anglicanesimo
(-ico): arabico, arsenico, aristotelico, atletico, balsamico, edipico, terapico, partitico,
olimpico
(ino/a): bolzanino, fanciullino, figurino, magazzino, panino, mandarino, confettino,
fontanina
(-ísta): femminista, dopolavorista, ametista, chitarrista, capolista, barista, pianista,
conquista
(-otto/a): poliglota, terracotta, viadotto, cucciolotto, salsicciotto, ragazzotta, barilotto,
caciotta
(-ione): cementificazione, espropriazione, fucilazione, umiliazione, vivisezione

STORIA DELLA LESSICOGRAFIA

La lessicografia ha origini molto remote, primi repertori lessicali possono essere fatti
risalire al III millennio a.C: siamo in Mesopotamia, Medio Oriente, nella moderna Siria
dove anticamente c’era una città chiamata Ebla, nella quale alcuni decenni fa, alcuni
archeologi italiani hanno fatto una scoperta: sono state ritrovate 15.000 tavolette di legno
in caratteri cuneiformi contenenti il primo dizionario del mondo, bilingue eblaita –
sumerico.
Di poco posteriori abbiamo un frammento di un vocabolario bilingue egizio-accadico.
Entrambi sono repertori bilingui e mettono in connessione due civiltà. Nascono sotto la
spinta di favorire i commerci.

Molto più tarde appaiono i primi dizionari monolingui, cioè nella stessa lingua e nascono
dal bisogno di commentare i testi sacri.Questo bisogno è stato sentito indipendentemente
in Egitto come in India, in Grecia come a Roma. Tale necessità prosegue anche nel
Medioevo, in cui troviamo molti “glossari”.
→ Glossario di Monza: testo dove si trovano 65 copie di lemmi in cui il primo membro di
ogni coppia viene scritto in un dialetto del nord di Italia (di solito neolatino) mentre la
seconda parte della coppia è tradotta in greco-bizantino.

L’opera che è così lunga del Medioevo Occidentale sono le Etymologiae di Isidoro di
Siviglia (VII secolo). È un’opera grandiosa e molto impegnativa e contiene tutto il sapere
dell’epoca. Provò di scrivere tutto quello che conosceva in quest’opera.

I primi dizionari monolingui in volgare italiano risalgono al Quattrocento toscano e sono


scritti da:
-Luigi Pulci, poeta molto famoso, autore dell’opera Il Vocabolista: era una lista alfabetica
di vocaboli, seguiti da una breve definizione, compilato probabilmente per uso personale e
con molte incertezze di metodo, non c’era bisogno di scrivere bene.
- Leonardo da Vinci, il quale radunò circa 8000 vocaboli (termini dotti e voci dialettali non
toscane). È un’opera autodidattica , senza scopi divulgativi.

Una prima grande svolta in campo lessicografico si ha con l’invenzione e la diffusione


della stampa nella metà del Quattrocento.

Con la entrada in vigore della stampa, si assiste alle opere che hanno ambizione di essere
conosciute dal pubblico alfabetizzato. Anche cambia la natura di queste opere, non siamo
più di fronte alle glosse ne ai semplici raccolti di parole di uso personale. Su questi nuovi
prodotti a stampa del Cinquecento il peso delle dispute letterarie è davvero notevole.

Una di quelle che possiamo citare è Le tre fontane del 1526 e composta da un autore
friulano, Niccolò Liburnio, ed è il primo repertorio in volgare con fini non autodidattici. Le
tre fontane sono Dante, Petrarca e Boccaccio, quindi quest’opera si basava
esclusivamente sulle tre corone. Come l’autore era friulano, inseriva nella spiegazione
delle tre corone qualche tratto dialettale (venetismi..).

Un altro dizionario è Vocabolario di Lucilio Minerbi del 1535 nel quale il canone è troppo
ristretto al solo Decameron di Boccaccio.

Nel 1548 esce il primo dizionario metodico dell’italiano, la Fabrica del mondo di Francesco
Alunno. Un dizionario metodico è un dizionario che non si basa sull’ordine alfabetico ma
si basa su una distinzione interna per argomenti e categorie.

Da segnalare anche il Vocabolario, grammatica e orthographia della lingua volgare di


Alberto Acarisio (1543) di ispirazione bembesca ma con attenzione alla terminologia
scientifica e all’etimologia. È un dizionario importante perché coniuga insieme vocabolario
e grammatica e anche il modo di scrivere.

Queste e altre opere testimoniano un’attività lessicografica intensa. Gli autori che hanno
scritto questi dizionari erano letterati, notai, stampatori, maestri e grammatici. Erano
persone in grado di leggere e scrivere.

-Richiesta di modelli inalterati ed esigenza di una norma linguistica


-Incertezza di metodo (tutti questi vocabolari saranno caratterizzati da questo problema ,
non avendo modelli):
- voci non “tipizzate”
- “notorietà” dell’oggetto: : (mette ancora di più in risalto la differenza tra i dizionari di ieri e
oggi) . Alcune voci non venivano spiegate perché veniva considerato inutile. Infatti l'intento
dei lessicografi non era quello di spiegare . ( gatto =animale noto). Questo vale anche per i
dialettalismi ( il fatto che si parlassero quotidianamente, a volte, sfugge a tal punto che
questi dialettalismi risalgano al piano comune quotidiano, orale e anche scritto).

La opera lessicografica più importante della nostra lingua è Il vocabolario della Crusca
(in particolare noi parleremo della prima edizione).
L’Accademia della Crusca è un'istituzione linguista molto importante dell’Italia e anche
una delle accademie più antiche di Europa. Nasce a Firenze negli 80 del Cinquecento
quando un gruppo di giovani fiorentini chiamati la “brigata dei crusconi”, usava gli XXX per
scopi ludici, per declamare poesie ed scherzose orazioni. Più tardi si unisce a questo
gruppo Lionardo Salviati che fin da subito offre una importa alla attività dell’Accademia
molto forte, che piano piano diventa più seria. Salviati dette un nuovo significato al nome
di Crusca, fissando l’uso della simbologia relativa alla farina e attribuendo all’Accademia lo
scopo di separare il fior di farina (la buona lingua) dalla crusca (un elemento accesorio),
secondo il modello di lingua già promulgato da Bembo (1525) e ripresi poi da lo stesso
Salviati che prevedeva il primato del volgare fiorentino, modellato sugli autori del Trecento.
Fu un filologo formato sulla rassettatura del Decameron di Boccaccio e che aveva
espresso le sue idee in fatto linguistico.

Nel 1591 si inizia a parlare dell’idea della stesura di un vocabolario che richiede un bel po
di tempo. Si iniziò a compilare delle schede di questo vocabolario.
Nel 1612 a Venezia (era il centro tipografico ed editoriale del Rinascimento) esce la prima
edizione del Vocabolario della Crusca.

Le concezioni teoriche alla base di questo vocabolario furono :

-Da un lato si parte con il classicismo trecentista bembiano. Bembo scrisse l’opera Le
prose della volgar lingua, imprescindibile per il seguito della storia della linguistica italiana.
In queste prose individuò nel Trecento gli scrittori trecentisti Dante, Petrarca e Boccaccio,
anche se Petrarca è quello che viene preso come modello massimo. La lingua doveva
avere come modello esclusivamente i grandi scrittori.

-Idee linguistiche popolareggianti del Salviati : secondo lui, il fiorentino del suo tempo
doveva essere una lingua che doveva stare alla pari con la lingua dei grandi trecentisti.
Può essere anche un modello di lingua la lingua delle persone non letterate.

Struttura

-Non erano presenti all’interno del vocabolario della crusca le voci – tecnico –
scientifiche : i lessicografi ritenevano che non avessero nessuna utilità per il pubblico.
Non era compito dei lessicografi di divulgarlo.
- Con il criterio della notorietà si allude al fatto che non venivano definite alcune parole ,
lemmi, sono definite come “pianta nota”. I lessicografi manifestano un disinteresse totale
nel campo del sapere, perché bisogna sempre tener conto del pubblico a cui si
rivolgevano. Esempi: gatto, cane, pino, casa. → sono parole conosciute
-Rifiuto dell’etimologia perché l’idea del lessico che avevano gli Accademici erano un
po’acroniche o pancroniche, quindi il lessico immobile avrebbe un po messo in crisi.
- Il vocabolario è asistematico: mancano talora voci usate nelle definizioni. A volte
mancano le voci che i lessicografi usano per definire alcuna parola usate dentro il
Vocabolario → parole che non sono state lemmatizzate.
-Presenza e saldezza di metodo : questo vocabolario è stato un sforzo enorme, è un
dizionario con le dimensioni molto ampie. Soltanto l’introduzione occupa 120 pagine dove i
lessicografi spiegano la loro ideologia.
-Gran numero di citazioni attendibili: questo è uno sforzo molto importante che fecero i
lessicografi a testi e a manoscritti.
-Per quanto riguarda al vocabolario della Crusca → Sistemazione della grafia
(spariscono latinismi grafici come h e ct → factum → fatto).

Se a noi oggi un dizionario ci serve per sapere il significato di una parola, all’epoca
dobbiamo pensare in un universo di persone che nella maggior parte non sapevano ne
leggere ne scrivere e che parlavano dialetto.
Il Vocabolario della Crusca si rivolge soprattutto ai letterati di professione, ovviamente a
quelli non toscani che cercavano un modello di comportamento a cui attenersi per poter
scrivere le loro opere.

VISTA DI UNA PAGINA DEL DIZIONARIO, LETTERA “S”

All’epoca non esisteva il grassetto, quindi veniva utilizzato il maiuscolo. C’è confusione
nell’ordine dovuto a che non distinguevano tra “v” e “u”
(dice “svado” invece di “suado”). Viene scritto il luogo dove si aveva trovato la parola, in
questo caso, nel canto 31 del Paradiso di Dante. Non esistono differenze tipografiche tra
definizione esempi e altre parti dalla voce. Il corsivo appare solo per il latino, che chiarisce
il significato. I significati vengono distinti dal segno piede di mosca che identifica il confine
tra un significato e l’altro. Spesso la definizione di cose specifiche è data attraverso un
sinonimo (es: svarianza: varietà → definizione sinonimica).

ESEMPI DELLA I EDIZIONE DEL VOCABOLARIO DELLA CRUSCA


-Poca uniformità definitoria, come risulta bene dalle serie omogenee: minore capacità
tecnologica e di controllo delle definizione.
→ gennaio: nome di mese che è, secondo la Chiesa, capo dell’anno (la Chiesa come
fonte)
→ febbraio: nome del mese che i Latini chiamano februarius (adesso i latini)
→ marzo: nome del primo mese della primavera (si passa a un punto di riferimento
astronomico)
→ aprile: nome del secondo mese dell’anno, secondo gli astrologi
→ maggio: sust. (unico finora che ha la marca grammaticale) il terzo mese dell’anno,
secondo gli astrologi.
→ giugno: nome di mese (molto più sbrigativo)
→ luglio: nome del quinto mese dell’anno, secondo gli astrologi (naturalmente il computo
cominciava a marzo)
→ agosto: nome del terzo mese della state
→ nome di mese
→ ottobre: nome del secondo mese dell’autunno
→ novembre: il nono mese dell’anno secondo gli astrologi
→ dicembre: nome del mese nel qual comincia la bruma, cioè, cominciano le nebbie
invernali.

→ martedì: nome del terzo dì della settimana (la settimana iniziava con la domenica)
→ mercoledì: nome di giorno
→ venerdì: nome del sesto dì della settimana, festivo agli Ebrei
→ sabato: nome di giorno
→ domenica: giorno dedicato a Dio da Cristiani e principio della settimana

Non c’è definizione per “lunedì” neanche “giovedì”.

Un’altra critica fatta al Vocabolario fu quella della esclusione nel canone del vocabolario
del più grande poeta del secondo Cinquecento, Torquato Tasso.

Il primo critico fu Paolo Beni, un padovano che nello stesso anno della prima edizione del
Vocabolario della Crusca, criticò aspramente le scelte dei cruscanti. La sua opera si
intitolava L’Anticrusca, del 1612. Qua c’è un’aspra polemica contro la lingua del Trecento,
delle tre corone, specificamente contro la lingua di Boccaccio, per essere troppo legata al
passato, poco moderna. Invece, nella sua opera, Torquato Tasso viene definito come un
grande poeta, un grande scrittore.
Beni cerca di fondare una lessicografia su basi tuttavia non fiorentine, ma delle parlate di
altre località. Secondo lui, la lingua del Trecento, almeno il fiorentino, che la Crusca
prefigurava, era profondamente incolta.

Un’ altro detrattore della Crusca fu Alessandro Tassoni, modenese, autore di un opera
intitolata La Secchia rapita. Le polemiche di Tassoni furono affidate a una serie di
osservazioni che trovarono posto qua e là, un poco disordinata. Tassoni prende le mosse
(tomar medidas) da una critica contro la dittatura fiorentina, la quale non poteva essere
sopportata da parte di scrittori non toscani, che rifiutavano questo predominio fiorentino.
Tassoni propone di dotare l'edizione del vocabolario di un’espediente grafico che portasse
a distinguere tra ciò che era usabile e ciò che era un retaggio della lingua del passato,
quindi non più utilizzabile. Tassoni è visto come un modernista che protestò per
l’eccessivo arcaizzamento del vocabolario e per le molte voci moderne mancanti. Roma
doveva essere il luogo dal quale prendere modello linguistico (per la Corte Papale).

Un’altro detrattore fu Daniello Bartoli, di Ferrara, il quale scrisse libro Del torto e diritto
del non si può. Protestò sul totalitarismo della Crusca, non era d’accordo sulla possibilità
di imporre a tutta l’Italia le regole grammaticale fiorentine.

A questa reazione si affianca quella dei senesi, i quali reagiscono a questa superiorità
fiorentina, dicendo che il senese non è di meno.
Adriano Politi scrive nel 1614 un dizionario toscano che vuole essere una sorta di
compendio del vocabolario della Crusca con molte differenze, ad esempio, molte parole
senesi in luogo di quelle fiorentine.

Girolamo Gigli, senese illustre e accademico della Crusca, propose di sostituire le voci
dantesche con le voci di Santa Caterina di Siena (fu espulso dopo questa considerazione).

Nel Sud, Placito Spadafora, palermitano il quale contestò molto aspramente alcune
posizioni della Crusca.
Nel 1623 esce una seconda edizione, sempre a Venezia, che viene considerata come
una semplice ristampa rispetto all’edizione precedente. Tra i pochi aggiustamenti
possiamo registrare qualche voce tolta dalle opere da Lorenzo di Medici e Michelangelo.

C’è una terza edizione nel 1691 in tre volumi a Firenze (quindi in casa dei cruscanti). Il
salto quantitativo e qualitativo respetto alle edizioni precedenti è notevole. Le definizione
sono più chiare.
A questa edizione partecipano dei letterati come Carlo Dati o Lorenzo Magaloti. Ci sono
anche dei scienziati che danno un grande contributo a questa terza edizione. Una delle
voci di questi rinnovamenti sta proprio nella posizione della posizione di queste due
lettere: V.A (voce antica) e con questa sigla i lessicografi intendono mettere un elemento di
distinzione delle voci che loro ritengono non più usabili nella loro epoca ma che dovevano
avere un posto nel vocabolario per capire i testi più antichi. Ci sono delle voce non
segnate con V.A perché ancora si usano.
In questa edizione si da più spazio alle voci tecniche e scientifiche (es: microscopio).
C’è alla fine una inclusione, un recupero del Tasso e troviamo anche dei moderni come
Machiavelli e Guicciardini e per fino dei non toscani come Sannazaro e Chiabrera, ma non
troviamo Marino, il grande escluso di questa edizione, per essere troppo barroco.
In questa edizione c’è qualche forestierismo in più rispetto alle precedenti.

Ci sono stati altre edizioni nei secoli successivi:

- La quarta tra il 1729 - 38, questo in sei volumi e fu una sorta di piccoli passi indietro
rispetto alla terza. Dava una apertura a moderni, ma c’era una netta chiusura alle voci
tecnico – scientifiche (questo provocò varie critiche da parte del Nord) e ai non toscani.

-La quinta edizione (1863 – 1923): è rimasta incompiuta

DIZIONARIO UNIVERSALE CRITICO – ENCICLOPEDICO (1798 – 1805)

Opera scritta da un prete di Niza, Francesco d’Albert di Villanova, che segnò il


rinnovamento della lessicografia italiana. Niza in quel momento era già in Francia. Sono gli
anni di Garibaldi. C’è un grande senso di italianità.
In questo vocabolario, a differenza della Crusca, ci sono molte voci tecnico – scientifiche
(es: aerostato). Accoglie anche francesismi (dettaglio). Non mancano neanche i
dialettalismi e regionalismi (anguria). Sono presenti essempi di tratti dalla viva voce di
parlanti (toscani).

L’Ottocento è stato definito “Il secolo dei vocabolari” perché moltissimi di questi repertori
sono scritti in questo periodo. Fu anche il secolo che reagiva a questa ondata di
francesismi per pericolo per quanto riguarda la nostra lingua. Questi forestierismi hanno
portato alla costituzione di molti vocabolari.
L’Ottocento è anche il secolo del Risorgimento e l’Unità di Italia lo che ha portato a la
necessità di trovare il termine italiano ai vari termini dialettali usati quotidianamente dalle
persone.

Per quanto riguarda i repertori puristici (il purismo è sostanzialmente un atteggiamento


normativo e tendenzialmente tradizionalista che rifiuta l’ingresso in una lingua di
neologismi e di forestierismi che possono minacciare la purezza di una lingua) nel
Ottocento sono stati un sacco. Anche rifiutavano i francesismi, curioso perché la parola
“purismo” e “purista” hanno origine francese.
Tra i maggiori puristi italiani c’è Padre Antonio Cesari, un religioso di Verona che aveva
come modello linguistico il fiorentino del Trecento. Lo definisce come una lingua
naturalmente perfetta → giudizio di valore naturalistico non legato all'eccellenza letteraria.
Cesari fa dei forestierismi e i francesismi il suo principale obbiettivo. Pubblicò una sorta del
Vocabolario della Crusca con delle aggiunte. Questo vocabolario è noto come Crusca
veronese → fu utilizzato da Manzoni nel suo tentativo di raggiungere una lingua quanto
più possibile perfetta. Molte delle fonti che utilizzava Cesari, non avevano una buona base
filologica → non erano affidabili.

C’erano anche molti dizionari dialettali nel Ottocento avevano la funzione da tentativo di
acquisizione dell’italofonia da parte dei dialettofoni. Fornivano la corrispondente forma in
italiano a chi si serviva ancora del dialetto, ma l’italiano per uso scritto. Alcuni esempi di
dizionari dialettali: per il milanese Dizionario del Cherubini, del 1814. Per il veneziano, il
Dizionario di Boerio del 1829. Per il siciliano il Dizionario del Mortillaro (1838).
Questi lessicografi hanno dei tratti in comune, il primo dei quali è una generica
valutazione favorevole del proprio dialetto. Tutti ritengono che dopo il toscano, il proprio
dialetto è il migliore. Attribuiscono importanza al dialetto anche in ambiti tecnici, scientifici
e amministrativi.

Dizionari settoriali: definivano parte del lessico, non tutto, su un tema in concreto. Es:
Dizionario militare del Grassi e un Vocabolario della marineria. Qui anche vengono citati
quelli che si occupavano ai mestieri e alle arti.
Dizionari metodici : qui si trova il dizionario più importante del Ottocento. Questi dizionari
hanno delle parole e lemmi non ordinate alfabeticamente ma per categorie. Lo scopo di
questa sistemazione è far trovare al lettore la parola anche quando questa non sia
conosciuta.
Es: La fabbrica del mondo di Francesco Alunno
Il più importante dizionario di questa tipologia è il Vocabolario Domestico del piemontese
Carena, e viene edito per molto tempo. “Domestico” sta per parole con cui si deve avere
dimestichezza, familiarità. Diffondeva dei termini che nelle zone d’Italia avevano nomi
completamente diversi.

Vocabolario universale italiano (1829-1840): si potrebbe avvicinare quasi a


un’enciclopedia e infatti è di tipo enciclopedico perché lemmatizza i nomi propri. Questo
vocabolario si deve alla casa editrice Tramater di Napoli. È noto come Il Tramater.
Concede molta attenzione alle voci tecniche, alle scienze, alle lettere e alle arti. Nella
edizione del 1840 si fa una distinzione tra le parole con “V” e quelle con “U”. Si
abbandonano le definizioni pre – scientifiche che abbiamo visto nella lessicografia
cruscante. Es: cane, per i cruscanti, veniva definita come animale noto e domestico
dell’uomo, non si davano più spiegazioni perché tutti sanno cos’è. Invece nel Tramater si
da una definizione più scientifica e lunga.

I vocabolari dei sinonimi: il più importante è Nuovo dizionario dei sinonimi della lingua
italiana (1861 – 1870) conosciuto come Tommaseo – Bellini. È un vocabolario storico. Che
sia uscito nell’anno dell’Unità d’italia amplifica la sua importanza. Questo dizionario prende
le mosse dal Tramater, si caratterizza per la sua originalità che dipende dalla particolare
figura del suo autore. All’interno di questi vocabolari ci sono anche i contrari. Tommaseo
pensava che la lingua viva, da praticare in ogni situazione risiedesse nella letteratura
popolare e nel parlato toscano, soprattutto degli incolti, cioè delle persone che avevano
poca cultura, e queste persone portavano un uso linguistico non corrotto dunque, puro.
C’è un equilibrio tra tradizione e innovazione, con lo spoglio dei testi antichi ed
esempi della Crusca e con lo inserimento di scrittori non solo toscani dell’Ottocento
(Leopardi, Manzoni). C’è un uso fiorentino – coevo con una ricca fraseologia, molte volte
gli esempi erano creati dallo stesso Tommaseo.
È il primo dizionario che riesce a conciliare la diacronia (rappresentata dalla lingua
letteraria) e la sincronia. Un dizionario di questo tipo così grande e con un periodo di
pubblicazione così lungo non può essere privo di lacune. Ci sono delle etimologie
infondate e poi ci sono dei personalismi (Tommaseo era un po antipatico).

Un’altro importante dizionario dell’Ottocento fu il Novo vocabolario della lingua italiana


(secondo l’uso di Firenze) di Giorgini- Broglio (1870-97). Questo dizionario segue un po i
dettami ideologici manzoniani che avevano rinvenuto nel fiorentino parlato delle persone
colte il modello linguistico da fornire alla neonata nazione. → la Toscana e Firenze erano il
centro della idea manzoniana.
Fu il primo dizionario dell’uso che si caratterizzano per un formato ridotto con un volume
unico e contengono la lingua del periodo in cui il vocabolario nasce con un’attenzione
minore alla lingua del passato. In questo vocabolario c’è un impianto sincronico per
l’attenzione alla lingua coeva. Per la prima volta con questo dizionario si svincola la
lingua dalla letteratura. Descrive la lingua che si parlava in quel momento a Firenze. In
questo dizionario abbondano anche i livelli d’uso : gli ambiti nei quali una parola è
spendibile. Non ebbe molta fortuna al livello di circolazione.

IL NOVECENTO

In questo secolo c’è una diffusione di dizionari dell’uso, un esempio è il Zingarelli, il


quale esce a fascicoli nel 1917. Diventò il dizionario scolastico e ogni anno si pubblica una
nuova edizione.
Il dizionario più importante di questo secolo è GDLI (grande dizionario della lingua italiana)
noto come il Battaglia (fu fondato da Salvatore Battaglia). È uscito dal 1961 al 2002 in 21
volumi molto ampi a cui si possono aggiungere due supplementi usciti nel 2004 e nel
2009. È un dizionario storico, l’inizio si basa su fonti letterarie 8-900esche ma poi nei
volumi più nuovi si basa su fonti non letterarie. Anche si basa sulla lingua dei giornali,
manuali, da leggi e saggi.
L’obbiettivo dei lessicografi è di fornire la documentazione dell’uso di ogni parola per ogni
secolo, ovviamente non è sempre possibile. Inizialmente, nei primi volumi, i forestierismi
non erano sostanzialmente accolti (non appariva la parola “hotel” ma “trekking”). Un difetto
del Battaglia è quello che non sempre le fonte antiche erano attendibili. Ci sono
significati delle voci che non sempre sono ben spiegati.
TIPOLOGIA DI DIZIONARI
Le varie forme in cui si presentano le diverse tradizione lessicografica.
Esistono delle difficoltà di classificazione, di inquadramento. Il grande lessicografo
francese, Bernard Quemeda, ha manifestato dubbi nei confronti di mettere su divisioni
lessicografiche da un punto di vista lessicologico. In ogni repertorio si mischiano spesso in
modo anche inestricabile dei tratti tipologici diversi, spesso concorrenti l’uno con l’altro.
Quindi ognuno di questi repertori lessicografici è uno intreccio di tratti.

-I dizionari storici sono quelli dizionari che riflettono la tradizione scritta di una lingua
attraverso degli esempi degli autori. La tradizione scritta riguarda tutti i secoli della
letteratura italiana ma talvolta spesso nelle opere più recenti gli esempi sono anche da
altre tipologie di opere (es: il Battaglia). I primi dizionari storici erano il modello di lingua
scritta, quelli più recenti vogliono rispondere invece a requisiti più documentali. Altro
elemento importante nei dizionari storici è la documentazione della fraseologia ,
importante per conoscere gli usi che oggi non esistono più (modi di dire, frasi idiomatiche,
locuzioni che sono tipici di una determinata lingua). Questi dizionari sono naturalmente
diacronici, riguardano gli esempi del nostro passato, della nostra tradizione. Il Battaglia,
per ogni secolo ci spiega l’uso di una determinata parola.
Alcuni dizionari storici: Il vocabolario della Crusca, Il Tommaseo-Bellini, il Battaglia (GDLI),
il TLIO (nasce nel 1983, è il tesoro della lingua italiana delle origini ed è un repertorio che
sfrutta i vantaggi dell’informatica. Nasce come parte del vocabolario storico italiano. Il
periodo lessicografico del TLIO arriva fino alla morte di Boccaccio → 1375. Comprende
delle parole prese da testi toscani e non toscani, anche dialetti di tutta italiana e testi
tecnico – scientifici. Raccoglie 38000 voci), il GAVI (pubblicato da una sola persona nel
1983. È un glossario degli antichi volgari italiani. Inizialmente era previsto la
classificazione di testi scritti fino alla morte di Dante → 1323, ma si è allungato fino al
Cinquecento. Ci sono 32 volumi.
Le principali differenze tra il TLIO e il GAVI sono della modalità di presentazione dei
materiali e anche nella tipologia del materiale spogliato (materiali di prima mano per il
TLIO, edizione a stampa per il GAVI).
EXAMEN: DIFERENZE DIZIONARI STORICI E ETILOMOGICI
- Dizionari etimologici : sono anche diacronici poiché in qualche modo riflettono la storia
di una parola, in modo diverso dai dizionari storici ma anche lo fanno. L’aspetto
cronologico è molto importante. Si chiamano etimologici perché studiano l’etimologia e
l’origine e l’evoluzione delle parole, partendo dal etimo o dalla forma più antica a cui si può
risalire nella storia di una parola. L’etimo da solo non è sufficiente a spiegare la storia di
una parola, i suoi cambiamenti linguistici, per esempio, in latino si diceva “papilione” per
riferisce a “farfalla”, cui non basta il lessico per spiegare l’evoluzione della parola. Nei
dizionari etimologici è molto importante la prima attestazione di una parola.

Uno di questi dizionari → Pianigiani : vocabolario etimologico italiano. Pianigiani era un


magistrato senese e lessicografo prediletto, scritto all’inizio del secolo. È facilmente
accessibile ma è pieno di errori, non è affidabile.

Altro dizionario → DEI: dizionario etimologico italiano del dopoguerra (1950-57) scritto da
Carlo Battisti e Giovanni Alessio che consta di circa 50000 voci. Ci sono 5 volumi.
Racchiude il linguaggio nazionale di base toscana con qualche limitazione riguardo ai
tecnicismi e ai forestierismi non adattati, ma con estensione ai regionalismi e dialettalismi
soprattutto di scrittori, per esempio, ci sono i sicilianismi di Verga. È anche il primo
dizionario italiano a lemmatizzare i prefissi e suffissi e anche a fare ricorso come fonte al
latino medievale. Nel DEI, poche parole hanno il anno di datazione e nessuna di queste
parole è di origine dialettale. È il primo dizionario etimologico – scientifico ed è un passo
avanti nella storia della etimologia italiana.

Altro dizionario → DELI: dizionario etimologico della lingua italiana, uscito tra il 1979 e il
1988, ci sono 5 volumi ed ebbe come autori Mario Cortelazzo e Paolo Zolli. Nel 1999
l’opera viene edita in volume unico con il titolo di Nuovo Etimologico. È costituito da circa
60000 voci. Ogni significato ha una sua data e una fonte. Attualmente è il miglior dizionario
etimologico completo e finito della nostra lingua.

LEI → lessico etimologico italiano, che viene pubblicato dalla accademia delle scienze e la
letteratura di Magutsa, una città tedesca. Questo dizionario ha come obbiettivo lo studio
etimologico dell’intero lessico italiano, comprese tutte le varietà dialettali. È ordinato
alfabeticamente, non per le forme attuali, ma per la etimologia. Es: per cercare “zucchero”
dovremmo andare alla lettera “S” (sucar). È stato creato per gli studiosi, per i lettori
specialsti. È un’opera assolutamente monumentale. Finora sono stati composti 17 volumi
e si prevede una chiusura del LEI nel 2032, anche sicuramente finirà dopo il 2050.

CONFRONTO TRA DEI E DELI riguardo alla prima attestazione

Il confronto è stato ripreso dal testo di Marcelo Aprile Dalle parole ai dizionari.

-abaco → nel DEI appare a partire dal XVII sec. (senza l’anno)
→ nel DELI (è più strutturato e ci sono più datazioni) apparono 3 significati:
1) numero arabo (1372, in un documento di Prato: Edler)
2) tavoletta per eseguire le operazioni aritmetiche (ci sono tre datazioni:
avaci; pl, 1281-82 negli Statuti senesi; abbaco, 1400 nello scrittore F. Sacchetti; abaco
1427, S. Bernardino da Siena → la forma moderna)
3) arte di fare i conti (1260-61, B.Latini)

C’è una distinzione del tipo metodologico nel DELI, c’è la virgola dopo l’anno e i due punti
dopo il curatore. Nel DELI c’è più precisione nelle datazioni.

-abbonare → nel DEI siamo nel XVI sec, senza ulteriori distinzioni di significato
→ nel DELI abbiamo due significati:
1)render buono, migliorare (avanti 1597, data di morte di G.Saderini)
2) defalcare una parte del debito (1797, Municipalità di Venezia :Leso)

-Dizionari di sinonimi e contrari : i limiti del concetto di “sinonimia”, oggi gli studiosi di
sinonimia ci dicono che non esistono o sono molto rari i sinonimi perfetti in italiano, nel
senso che quasi mai una parola è sovrapponibile a un’altra, cioè sostituire una parola per
un’altra.
Nel caso di “Tra” e “Fra”, anche se sono sinonimi, non si possono usare nelle stesse
situazioni, ad esempio: al udito dire “tra tre treni” sembra strano, invece dire “fra tre treni” è
più ascoltabile, come dire “fra fratelli” è peggio dal punto di vista auditivo che “tra fratelli”.
Nel caso di “finire” , un sinonimo sarebbe “terminare”, tra questi due verbi ci sono più
elementi in comune, non come tra “finire” e “esaurire”, che è anche un sinonimo di finire,
anche se c’è sinonimia, ci sono situazioni in cui non si possono utilizzare entrambi:

-Ha il sistema nervoso esaurito non equivale a → -Ha il sistema nervoso finito

Dal punto di vista delle opere, bisogna citare il capolavoro insuperabile di questo genere di
dizionari: Nuovo dizionario dei sinonimi della lingua italiana di Niccolo Tommaseo (1830).
Questo dizionario era attento a distinguere i nuclei semantici delle parole e a distinguerne
appunto una sinonimia più o meno accentuata tra una e un’altra parola.
Lo scopo di questi dizionari è evitare ripetizioni soprattutto nello scritto, visto che il parlato
consente più libertà.

-I dizionari metodici sono quei dizionari che non sono in ordine alfabetico perché
tendono a raggruppare le parole secondo degli ambiti, mentre che in un dizionario dell’uso
in ordine alfabetico, si cerca il significato delle parole. I dizionari metodici sono anche
chiamati “onomasiologici” perché si fa il percorso opposto, spesso si sa il significato della
parola, ma si vuol sapere il nome, il verbo, aggettivo, ecc.
Alcuni di questi dizionari sono il dizionario domestico Carena (1846 – 53); il Premoli (1909
– 12). Questo dizionario aveva un carattere originale e una gran ricchezza lessicale.

- I dizionari inversi (o retrogradi): un esempio di questi dizionari è Alinei (1962).


→ esempio dimostrativo dell’ordine in cui possono comparire i lemmi in un dizionario
inverso: aneddoto, terremoto, totò, nuoto, devoto. Queste parole sono ordinate così
perché, lette al contrario, darebbero: otoddena, otomerret, òtot, otoun, otoved, quindi
sarebbero in un perfetto ordine alfabetico.
L’utilità di questi dizionari è che presentano la parte finale della parola in ordine alfabetico
quindi sono facile di trovare ma solo a partire dell’ultima lettera della parola. Servono allo
studio o utilità della parte finale della parola. Erano utili per gli studi dei suffissi, e per i
poeti dato che tutte le parole che finiscano nello stesso modo sono raggruppate perché
formano una rima.

-I dizionari di ortografia e pronuncia dei quali il più importante è il DOP , la cui prima
uscita è dal 1969 e ha avuto successive edizioni. Questo vocabolario insegnava la corretta
pronuncia soprattutto per attori, o persone che lavoravano nella radio e dovevano
pronunciare correttamente. Si basa molto sulla pronuncia toscana, sulla pronuncia
normativa. Apparono anche le parole di nomi propri, sia toponimi, cognomi, antroponimi…
Ci sono anche le discussioni dal punto di vista linguistico.
Un’altro esempio di questi vocabolari è il Dizionario di pronuncia italiana di Luciano
Canepari del 1999 che mette insieme tanto la pronuncia moderna come quella
tradizionale, mentre il DOP mostra solo quella tradizionale.

-Dizionario dell’uso: analizza e indaga sull’uso della lingua contemporanea. Il primo


esempio di dizionario dell’uso che ha una certa rilevanza è il Giorgini Broglio su spinte
manzoniane. Oltre a registrare l’uso sincronico del lessico, registra anche le voci del
passato per avere delle parole che non esistono più. Questi usi li ritroviamo anche nei
dizionari etimologici e storici. Generalmente, il dizionario del uso è monovolume e la media
di parole oscilla tra le 100 – 120000.
Il grande dizionario italiano dell’uso (anche conosciuto come GRADIT) dI Tullio di Mauro
contiene 260000 parole e dispone 6 volumi più due volumi di aggiornamento. È il più
corposo e supera in numero di entrate al Battaglia, che il suo mestiere è quello storico
quindi è più ricco negli esempi di autori. Il GRADIT ha un numero maggiore di pregi e
contengono le indicazioni grammaticali per il lettore medio. Anche contiene i vari livelli
stilistici e la frequenza d’uso: sapere si una parola è spendibile in un determinato contesto.
Per quanto riguarda i dizionari storici, è importante la fraseologia: l’inserimento delle
parole in una struttura più complessa. Molto meno importante è dire, da parte delle librerie,
il numero di nuove parole che vengono messe in questi nuovi volumi. Questo non è un
pregio reale.

Altri tipi di dizionari:

-Dizionario di neologismi: i neologismi sono le parole che entrano in una determinata


lingua nel ultimo periodo. Il più famoso è il Dizionario moderno di Alfredo Panzini del 1905.
Un paio di titoli contemporanei: Il dizionario di parole nuove di Cardinale e Cortellazzo,
pubblicato a partire dal 1989, e Neologismi quotidiani di Giovanni Adamo e Valeria Della
Valle (autora di uno dei testi d’esame) Questi dizionari sono generalmente stati aggiornati
di anno in anno.
-Dizionari enciclopedici: sono quelli che affiancano al contenuto di un vocabolario
normale la funzione di enciclopedia, quindi con nomi propri, nomi di luogo, etc. Il più
famoso è Il dizionario enciclopedico italiano della Treccani che ha avuto varie edizioni a
partire dal 1955.

- Dizionari dialettali: la funzione è quella di esenzione dell’italofonia nel periodo che


andava verso l’unità di Italia. Oggi questi dizionari sono compilati per lo più da parte di
persone non accademiche, con preparazione non scientifica.

-Le concordanze: sono un repertorio alfabetico di tutte le parole usate in una opera di un
autore accompagnate da un contesto che ci da l'indicazione dei luoghi testuali. Per
esempio, in una concordanza dantesca, possiamo provare che la parola “selva” è
accompagnata da un uno in numeri romani, virgola due. Ciò significa che questa parola la
troviamo nel Inferno (primo canto) al secondo verso. Le concordanze hanno avuto una
grande importanza da quando è stato possibile utilizzare lo strumento elettronico.

-Lessici di frequenza: dato che non tutte le parole hanno la possibilità di essere usate in
un testo, il lessico di frequenza misura quante volte compare una parola in un testo, e su
questa base è possibile mettere in un ordine ogni parola che quindi occupa un posto in
una classifica. Questo posto è detto “rango” e normalmente questi lessici vengono ordinati
dalla parola più frequente (parole grammaticale o generiche, per esempio, una
preposizione) a quella meno frequente. I due titoli più famosi sono Il lessico italiano di
Frequenza di Bortolini, Umberta, Carlo e Zampolli e Lessico di frequenza dell’italiano
parlato di De Mauro, Voghera e Mancini. Entrambi contano circa 500000 parole.

-Vocabolari bi/plurilingui : mettevano in connessione due lingue e culture diverse a scopi


commerciali. Ancora oggi sono molto diffusi, per esempio a scuola. Il periodo di più
espansione è stato quello dalla fine del Settecento all’inizio del Novecento in cui per
motivi di linguaggio settoriali venivano composti dizionari in più di una lingua. Un titolo: Il
vocabolario nautico italiano di Francesco Corazzini con le voce francese, spagnolo,
portoghese, latino, greco, inglese e tedesco.

STRUTTURA DI UN DIZIONARIO (con particolare riferimento ai dizionari dell’uso)


Trattano sostanzialmente il lessico attuale, di oggi, sono vocabolari prevalentemente
sincronici.
Per quanto riguarda un dizionario si può parlare di :
-Macrostruttura: è fatta dai materiali messi in un ordine che costituisce il vocabolario vero
e proprio. È composta da una introduzione o presentazione dove i lessicografi spiegano i
criteri lessicografici ai quali si sono attenuti nella compilazione di quel repertorio. Tali criteri
erano più importanti nel passato perché ciò che si richiedeva a un dizionario era molto
diverso da quello che si richiede oggi. Di solito ci sono anche le avvertenze che sono i
consigli dei lessicografi per un uso di quel dizionario, per esempio il modo in cui sono
usate le abbreviazioni, l’uso del corsivo… Ancora possono essere l’appendici alla fine del
dizionario, ci sono delle eccezioni che possono contenere per esempio i nomi degli abitanti
delle varie località, o anche vengono spiegate le sigle e il lemmario, cioè l’insieme delle
voci.
-Microstruttura: è composta sostanzialmente da tutti gli elementi che costituiscono una
voce lessicografica.

QUESTIONI TERMINOLOGICHE:

-Lessema: dal punto di vista lessicografico, è una forma base di una parola considerata
astrattamente. Sono lessemi gli infiniti verbali sotto qui stanno tutti le varie forme verbali
della coniugazione che fanno capo (se refieren) a un unico lessema, per esempio
“comprò”, “comprerà”, “avendo comprato”, fanno capo al lessema “comprare”.

Lemma: è l’entità grafica che costituisce l’intestazione di un articolo o una voce del
dizionario. La singola forma registrata può anche essere chiamata esponente o entrata. In
italiano c’è questa tipizzazione: i verbi vanno al infinito, i sostantivi e gli aggettivi al
singolare maschile… È una forma arbitraria di classificazione. Invece, nel latino e nel
greco i verbi sono lemmatizzati alla prima persona del presente di indicativo, quindi non
c’è uno schema fisso.
Le categorie in cui possono essere suddivisi i lemmi in italiano sono:
- parole semplici : i nomi “piede”, gatto”, gli aggettivi, i verbi, le congiunzioni, le
preposizioni, i pronomi, gli articoli…
- parole composte: aspirapolvere, asciugamano, appendiabito
- i prefissi e i sufissi, di solito preceduti di una lineetta. Per esempio “filo – sofia”, “disco –
teca”.
Anche possono essere lemmatizzati abbreviazioni “rai” (tv).

-Sottolemma: è un elemento dotato da una propria autonomia semantica ma non


registrato separatamente. Possono essere sottolemmi gli alterati di sostantivi e aggettivi:
alberghetto, alberghino… Anche i participi passati, le polirematiche (“Sala di pranzo” verrà
registrato sotto i lemmi “sala” e “pranzo”.). Vengono registrate alla fine della parola base.
Esempio: “lentamente” sotto il tema “lento”.

L’elemento fondamentale che compone un dizionario è il lemmario (o nomenclatura): è


l’insieme delle parole che compongono il vocabolario. Tale parole sono dette anche voci,
entrate o lemmi. È sostanzialmente una lista delle parole scritte in grassetto. Si deve
stabilire l’ordine in cui le parole devono comparire nel lemmario e poi nel dizionario.
L’ordine oggi è alfabetico. Quest’ordine è una vicinanza grafematica ovvero che si basa
sulle lettere scritte. Le parole come “culturale” o “multiculturale” da un punto di vista
semantico dovrebbero essere vicine, invece una è sotto la “c” e l’altra è sotto la “m”.
Queste parole sarebbero vicine in un dizionario metodico che raggruppa sotto ambiti
semantici analoghi ma non in ordine alfabetico. Le parole “vagare” e “wagneriano” che dal
punto di vista fonetico sono simili, in questo dizionario si trovano sotto lettere diverse. Un
altro aspetto importante è la selezione del lessico, per esempio non si possono mettere le
parole, soltanto le parole del lessico chimico già servirebbero per formare un altro
dizionario quindi i lessicografo deve scegliere quale parole della chimica meritano un
posto nel dizionario, quelle più conosciute. Un altro elemento importante è la selezione
dentro del interno lemmario il lessico fondamentale, cioè le parole più usate.
L’area dell’entrata, dove è scritto in grassetto il lemma. Qui c’è anche un processo di
tipizzazione che è una cosa convenzionale. La divisione in sillabe si trova anche in
quest’area come la trascrizione fonematica o semplicemente la pronuncia. Un elemento
importante di quest’area è la marca grammaticale che serve al lettore per sapere se una
parola è un nome, un verbo… Anche c’è la indicazione riguardante alla flessione in caso di
irregolarità, per esempio nel caso del verbo “andare” ci sarà un’indicazione che ci dirà che
è un verbo irregolare e ci aiuterà nella coniugazione, o ci aiuterà nella formazione dei
plurali.
ESEMPI DI TRATTAMENTO DEI NOMI MOBILI (da Sabattini Coletti)

Questi sono i sostantivi che hanno sia una forma maschile sia una forma femminile.
- attore: sostantivo maschile (femminile -trice)
- cuoco: sostantivo maschile (femminile cuoca)
- professore: sostantivo (femminile -ressa)
- dottore: sostantivo maschile (anche con riferimento a donna ma è più usato dottoressa,
o utilizzando un senso scherzoso, dottora)

Sotto queste parole femminile (attrice, cuoca, professoressa, dottoressa) è presente la


parola ma c’è un rinvio alla forma maschile, quindi c’è una preferenza per il genere
maschile riservando al femminile una citazione all’interno della voce principale che è
maschile = società patriarcale.

L’area semantica ed esemplificativa è l’area della voce lessicografica. Si divide in due


aree:
-Area dei significati (definizioni): conta l’ordine nelle parole con più definizioni, i lessicografi
devono scegliere quale definizione mettere al primo posto. Le definizioni possono essere:
 d’ordine storico, quindi la prima è la più antica e poi le più recenti.
 D’ordine logico, cioè prima le definizioni concrete e dopo quelle più figurate. (Il
Zingarelli preferisce questo tipo)
 Ordine di diffusione, prima la definizione più corrente e usata e dopo quella meno
usata.

Come curiosità, il verbo “arrabbiare” ha come significato in tutti i dizionari dell’uso il più
antico.
Nell’ideologia dei lessicografi, secondo le diverse situazioni, come le parole tabù, parole
da esemplificare, per esempio la parola “comunismo” durante il periodo fascista.

- Area degli esempi e fraseologia: ci sono esempi lessicografici, o esempi tolti dai grandi
scrittori letterari.

TIPI DI DEFINIZIONI
-sinonimiche (con i limiti noti): non esiste il significato perfetto. Una parola può racchiudere
buona parte della semantica di un altra parola ma difficilmente la sostituirà. Per esempio:
“colloquiare” definita come → “conversare, discutere”
-con perifrasi: “audace” potrebbe essere definita attraverso un sinonimo, è anche definita
come → che ha coraggio, che non bada a pericoli.
Si ricorre anche agli elementi che vengono definiti come definitori: elementi che servono
a introdurre classi specifiche di parole:
- sostantivi in -mento:
→ il/lo + inf. Del verbo → pedinamento può essere definito come “il pedinare”
→ l’atto, l’effetto di + inf. del vb → abbinamento può essere definito come “l’atto
dell’abbinare”
→ della, relativo alla → lombardo → relativo alla Lombardia
→ sistema che… → amplificatore
→ chi /che manovra → manovratore → chi manovra
→ si dice di → fungicida → si dice di sostanza

Si ricorre spesso a definitori generici, così come a iperonimi.


Esistono anche le definizioni circolari, ma sono poco informative, non danno mai la
definizione completa. Il significato è un sinonimo, non la spiegazione in sé.

ALTRE INFORMAZIONI:

-Marche diasistemiche : sono delle etichette che troviamo in una parola quando quella
parola non è usabile in tutte le situazioni → limiti di uso
→ d’uso
→ settoriali

-Sinonimi e contrari
-Eventuali varianti di uso: si trovano all’inizio della voce
-Datazione: tratto tipico dei dizionari etimologici
-Etimologia

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