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Non esiste un solo italiano: Anche l’italiano si presenta in forme diverse a seconda del messaggio, le finalità,
le situazioni nelle quali si attua la comunicazione. Il codice è sempre lo stesso. L’italiano standard si pone
come punto di riferimento per capire le altre manifestazioni. Le varietà dell’italiano contemporaneo
dipendono da cinque parametri designati con nomi in cui si riconosce il prefisso di origine greca dia
(attraverso) Che indica differenza, separazione. I primi tre mesi definiscono di amnesia, il mutamento della
lingua secondo il mezzo fisico impiegato, di a strategia ovvero la variazione legata alle condizioni sociali
dell’utente e la diafasia, la variazione che dipende dalla situazione comunicativa. Sono inoltre la diacronia la
trasformazione legata alla dimensione cronologica, l’evoluzione della lingua e radiato via, i mutamenti della
lingua nello spazio. Per repertorio linguistico si intende l’insieme di tutte le varietà di lingua rientrano le
lingue ufficiali, nazionali, regionali, standard, dialetti. La nozione di repertorio tiene conto delle varietà
linguistiche. In alcune parti d’Italia esistono repertori regionali particolari, ad esempio, in Valle d’Aosta
esiste una sostanziale bilinguismo tra italiano e francese. Ambedue le lingue sono ufficiali nella provincia di
Bolzano il bilinguismo tra italiano e tedesco. Qui però le due lingue sono usate da due diversi sotto
comunità una Italofona E l’altra germanofona.
LA DIAMESIA: La diamesia individua due varietà dello scritto del parlato la cui principale differenza è il
canale di trasmissione grafico nel primo e fonico e uditivo nel secondo. La scrittura consente una
progettazione di elaborare il testo controllarlo e correggerlo che in tutte le forme del parlato in minima.
L’oralità si avvale dei mezzi prosodici, intonazione, Posey eccetera e dei tratti para linguistici, la gestualità,
la distanza tra gli interlocutori. La scrittura può rappresentare solo i primi attraverso la punteggiatura. Fra
lingua scritta e lingua parlata è molto diversa inoltre la condizione del destinatario chi ha sotto gli occhi un
testo può ripercorrerlo il parlato e fuggevole lo definiamo anche lineare. Esistono altri tipi di comunicazione
parlata: il monologo che ha rispetto al dialogo una maggiore coerenza, la conferenza, la relazione
congressuale che possono fondarsi solo su uno schema degli argomenti da trattare. I copioni teatrali e
cinematografici parlato recitato. Anche la lingua della radio della televisione informativa giornalistica si
realizza a partire da testi che sono prima stesi in forma scritta. Proprio per isolare il parlato lo scritto si
usano le etichette di parlato parlato e scritto scritto che li designano nelle loro modalità più genuine
rispettivamente il parlato del libero scambio conversazione anale la scrittura non legata in alcun modo al
parlato.
LA DIASTRATIA: Con diastratia intendiamo la variazione determinata da fattori di tipo sociale correlata allo
status socio economico di chi usa la lingua.le variabili sono costituite da fattori come il reddito, fattori
economici ma anche culturali, l’istruzione scolastica, il tipo di occupazione eccetera. Su queste basi si
distingueranno le persone più acculturate in grado di padroneggiare un italiano formale o standard e la
classe dotata di minor dimestichezza Il cosiddetto italiano popolare. Una peculiare varietà diastratica in via
di diffusione è l’italiano praticato degli immigrati e si possono iscrivere anche le variazioni linguistiche
legate al sesso e all’età, per esempio, gli uomini sono più inclini all’implicazione e all’uso di parole volgari.
Per la variabile dell’età si individua il giovanilese che si rinnova in generazione in generazione.
LA DIAFASIA: Individua le varietà della lingua determinante dalla situazione comunicativa e dalle finalità del
messaggio, dal contesto generale. Lungo l’asse di a fasico si distingueranno i due estremi le varietà più
formali della lingua quelle delle occasioni di maggior impegno e quelle più informali si delinea così una
scala.si fanno rientrare nella diafasia anche le varietà della lingua che definiamo sotto codici correlati Non al
contesto ma l’argomento del messaggio Come linguaggio tecnico scientifico lingua della fisica, della
medicina eccetera e quelli meno specializzati dello sport, della moda, dei mezzi di trasporto. Lo stesso sotto
codice può fare uso di registri diversi. Le varietà diastratiche E sono legate all’utente in modo univoco
ognuno di noi può far uso di una sola varietà diastratica Quella del ceto sociale di appartenenza viceversa le
varietà diafasiche Cui possiamo ricorrere sono molteplici le prime sono legate all’utente e le seconde
all’uso.
LA DIACRONIA: È legata alla dimensione cronologica l’italiano dei giorni si stratifica secondo gli usi delle
diverse generazioni i più anziani conservano abitudini linguistiche che appaiono in declino nel linguaggio
giovanile sono diffuse nuove abitudini a cominciare dalla grafia. Ma le innovazioni sono numerose
soprattutto nel lessico. Il giovanilese Luogo privilegiato nelle situazioni comunicative che richiedono minor
controllo formale.entra in gioco anche la diamesia I tratti del linguaggio dei giovani appaiono soprattutto
nell’oralità e nel trasmesso scritto di chat, blog, SMS.
LA DIATOPIA: E la variazione determinata dalla dimensione spaziale, era colta da Dante all’interno di una
stessa città la Bologna della tarda età medievale. Esistono in Italia tanti dialetti che si possono raggruppare
in tre grandi aree i dialetti settentrionali quelli centrali e quelli meridionali.la variabilità diatopica
Dell’italiano è data dall’influsso che i dialetti esercitano sulla nostra lingua. Vengono a configurarsi così
molte varietà regionali di italiano.a sua volta l’italiano va ad agire sulle parlate locali tanto che si può
parlare di dialetti italiani italianizzati. Una cosa sono i dialetti altra cosa gli italiani regionali altra cosa ancora
i dialetti italianizzati.
Lingua e dialetti a confronto: tra lingue e dialetti non esiste alcuna differenza. I dialetti al pari della lingua
possiedono lessico una grammatica codificabili in vocabolari le differenze devono essere cercati in fattori di
carattere storico, sociale e culturale. un dialetto e di solito usato in un’area più circoscritta ma i dialetti
Godono di un prestigio inferiore e sono stati allungo visti come un simbolo di arretratezza. L’italiano si
fonda sul fiorentino antico è scritto non è altro che alla sua origine un dialetto.
L’Italia dialettale: la variazione diatopica Dell’italiano si deve alle parlate dialettali, l’Italia dialettale si
ripartisce in tre grandi aree Settentrionali, meridionali e centrali,delimitate da due fasci di Isoglosse noti
come le line La Spezia Rimini e Ancona Roma. La prima lungo l’Appennino settentrionale e segna il confine
meridionale dei dialetti del Nord. La seconda svolge in direzione nord-est e individua il limite fra le parlate
centrali e quelle del mezzogiorno. I dialetti centrali risultano più conservativi rispetto alle basi latine (per
esempio per la resistenza alla caduta delle vocali finali) e fra i quali quelli toscani; Le parlate toscane si
avvalgono di una più stretta vicinanza al latino ma sono anche esposti agli influssi delle parlate
settentrionali. All’interno di queste grandi aree si individuano altre suddivisioni a nord distinguiamo i
dialetti gallo italici (Piemontesi, liguri, lombardi, emiliani e romagnoli) da quelli veneti: solo nei primi tre
registra la tendenza alla caduta delle vocali atone. Fra le parlate del sud si segnala il confine che separa le
aree continentali dalle meridionali: Puglia, Calabria Sicilia. Imposizione particolare si collocano le parlate
della Sardegna del Friuli sono due veri e propri codici autonomi nell’ambito delle lingue neolatine. Nel
sardo e nel friulano si conserva la S finale essi rientrano nelle lingue di minoranza. L’uso dei dialetti oggi è in
declino per via dell’insegnamento scolastico, dei mass media però i dialetti affiorano nel trasmesso scritto:
SMS, web, e-mail, chat, nella pubblicità, nella musica giovanile. Le parlate locali non sono più viste soltanto
in maniera riduttiva come sintomo di ignoranza.
I dialetti italianizzati: Sono il risultato dell’influsso dell’italiano sulle parlate locali assistiamo alla nascita di
nuove parole dialettali introdotte a partire dalla lingua. D’altro lato tendono ad affermarsi parole locali ma
più vicina ai modelli offerti dalla lingua comune esempio: albicocca/bricoccola (Il primo elemento è
italianizzante)
Le varietà regionali di italiano: con italiano regionale definiamo invece qui la varietà di italiano soprattutto
parlato ma anche scritto di un’area geografica, non si deve infatti pensare ai confini delle regioni. Nel
settentrione si dà una distribuzione dei timbri vocalici di e e o Toniche diversa che nella pronuncia standard.
Per pronuncia standard intendiamo il cosiddetto fiorentino emendato la cosiddetta Gorgia. In piemontese
in molte zone della Lombardia, in alto Adige si tende a realizzare la e tonica In sillaba libera in sillaba chiusa
terminante in nasale con esito spesso divergente dalla pronuncia fiorentina che in tutte le voci citate a una
e aperta, e ad aprire la vocali negli altri tipi di sillaba chiusa con il risultato di alcune deviazioni rispetto allo
standard. Negli italiani regionali Questo fenomeno c’è nel raddoppiamento delle palatali Che nella
pronuncia standard sono rafforzate. Particolare della Lombardia e del Trentino e la presenza dell’articolo
determinativo con i nomi di persona la Giovanna, per il lessico si pensi a voci come anguria cocomero, suca
“ubriacatura“ diffusa in tutto il settentrione e sconosciute alle altre aree. Nell’Italia centrale in particolare
della varietà romana si possono segnalare: l’applicazione della Fricativa alveolare preceduta da vibrante
nasale o laterale. Le voci caciara “chiasso“, pedalini “calzini“. Sono in Toscana sopravvive il sistema
tripartito dei pronomi aggettivi dimostrativi, questo, codesto, quello. Degno di nota è l’espressione con
formula impersonale della prima persona plurale: noi si usava andare in Versilia. Anche nell’Italia
meridionale i timbri delle vocali e o Sono in molti casi difformi rispetto alla pronuncia Fiorentina con la
realizzazione per esempio con la e aperta nei suffissi in etto e mente. In Sicilia, Calabria e Puglia le vocali
intermedia toniche sono sempre aperte e l’opposizione fra i timbri e neutralizzata e dunque non si
distingue per esempio fra pesca azione del pescare e pesca frutto. L’italiano di Sardegna viceversa conosce
solo i timbri chiusi. In tutto il meridione si tende alla sonorizzazione delle occlusive sorde in posizione post
natale bianco, biango. La popolarità del mezzogiorno del passato remoto riferimento a eventi che si
riflettono ancora nel presente mi scusi il ritardo perso il treno e la costruzione del complemento oggetto
preceduto da a, chiama a Giovanni. Diffusa nell’italiano di Sicilia è la collocazione del verbo in fondo alla
frase a Roma vado e della copula dopo il nome del predicato Vincenzo molto seccato è. L’italiano regionale
consiste in sostanza in una reazione di sostrato cioè in quel meccanismo per il quale la lingua che si afferma
in una determinata area geografica subisce l’influenza della lingua dominante in precedenza ma ormai in
declino “I dialetti”. Si verifica per molti concetti la coesistenza di perfetti sinonimi e così l’anguria dei
settentrionali e il cocomero dei toscani il melone dei meridionali. Non infrequenti sono poi casi di
Geomonimia , Parole uguali con significati diversi. Le varietà diatopiche Emergono soprattutto nel parlato
sono percepibili tu ti registri sono riconoscibili in forma trasparente e livelli inferiori della scala massi
manifestano anche presso gli strati più favoriti. È ormai patrimonio dell’italiano comune infatti un ampio
ventaglio di parole di matrice locale che si sono affermate in lingua: dal Piemonte bocciare, dal Veneto
giocattolo, da Roma fregarsene.
Le minoranze linguistiche: sono le lingue in uso presso le minoranze linguistiche ci sono anche sardo e
friulano che entrano In questo catalogo si individuano:
2 I cosiddetti dialetti franco provenzali concentrati soprattutto in Valle d’Aosta dove il Patois locale Franco
provenzale convive con i dialetti piemontesi, con l’italiano con il francese.
3 Le parlate latine nelle valli intorno al gruppo dolomitico della sella essi Appartengono agli altri due gruppi
gradini del cantone svizzero dei Grigioni Dove il latino a nome di romana cioè del Friuli. Nella provincia di
Bolzano in ladino È tutelato ed è inserito nei programmi scolastici. Il ladino dei grigioni “Romancio”, è
riconosciuto dalla confederazione svizzera ma non hai rango di lingua ufficiale.
4 Le parlate del Bavaro tirolesi della cospicua minoranza tedescofona Concentrate nella provincia di
Bolzano essi Si collegano Con i tirolesi dell’Austria
5 I dialetti sloveni si possono distinguere gli sloveni della provincia di Trieste a quelli dell’aria Udinese più
marginali, più esposti all’influsso del friulano.
6 Il croato in alcuni centri del Molise importato da immigrati provenienti dalla Dalmazia
8 I dialetti di origine greca concentrata in alcune località della Puglia Salentina in Calabria
9 Il catalano parlato ad Alghero la sua origine risale al 1354 quando Pietro Quarto d’Aragona conquista la
città la ripopola con coloni provenienti da diverse città della catalogna e dalle isole Baleari.
10 Infine si ricordano altre parlate minori: le gallo romanze, provenzale, zingari: dialetti dei rom e dei finti. A
tutti questi si deve ormai aggiungere la presenza dei nuovi flussi di immigrazione provenienti dai paesi del
terzo mondo, Asia, Africa e America latina. I nuovi immigrati sono eterogenei E quasi sempre giungono
senza alcuna competenza dell’italiano, la conquista dell’italiano è alla portata degli extracomunitari che
parlano lingue neolatine che approdano in tempi brevi a una padronanza della nostra lingua molto più
ardua invece per i portatori di una lingua tipologicamente diversa.
ITALIANO PARLATO
Caratteri generali dell’oralità: nel parlato dialogico, locutori e ascoltatore sono compresenti si scambiano i
ruoli con alternanza irregolare secondo i meccanismi della cosiddetta retroazione o feedback. I tratti
principali del parlato spontaneo sono: linearità e immediatezza nella produzione e ricezione del messaggio,
evanescenza del messaggio, uso dei tratti prosodici e di quelli para linguistici, compresenza di parlante e
interlocutore nello stesso spazio, interazione fra parlante ascoltatore.
Sintassi e testualità: nella sintassi della frase parlato predilige andamenti che adottano un ordine delle
parole diverso rispetto a quello che allinea soggetto, predicato verbale complemento oggetto o indiretto. Si
accampa in particolare nell’oralità una serie di costrutti col fine di mettere a fuoco un tema ciò di cui si sta
parlando, contrapposto al rema l’elemento informativo nuovo. La telematizzazione più ricorrente è la
dislocazione a sinistra l’elemento anticipato il posto in evidenza e integrato sintatticamente nella frase
ripreso da un elemento anaforico “che rinvia cioè un elemento antecedente“ esempio: Su quel divano ci si
sta proprio scomodi, alla mamma le ho regalato uno scialle. In assenza di ripresa anaforica l’elemento
dislocato a sinistra invece funzione di rema, veicola cioè un’informazione nuova: il giornale compra Mario e
non nel pane, il costrutto è il nome di tropicalizzazione contrastiva. Un altro caso di dislocazione a sinistra è
il cosiddetto tema sospeso nel quale l’elemento dislocato a sinistra del tutto esterno alla frase non
preceduto da preposizione ed è sempre separato da una pausa: la mamma, le ho regalato uno scialle. Può
essere ascritta quella costruzione designata anche con il termine di anacoluto è usato per indicare una
frattura della frase assai frequente nel parlato. Alla dislocazione a sinistra si affianca la dislocazione a destra
meno frequente: lo compra Mario, il giornale, l’elemento a destra è anticipato da un pronome catatonico
non è spostato il complemento oggetto ma il predicato verbale. Quando l’accentuazione fatica converge sul
rema, il parlato ricorre volentieri alla frase scissa: è Mario che compra il giornale. Si spezzano in formazione
in due blocchi distinti.alla sintassi marcata del parlato si deve a scrivere Il c’è presentativo: C’è di là uno
studente che vuole parlarti in questo caso non ci sono dati o presupposti già noti all’atto della
comunicazione. Nella sintassi del periodo si espandono andamenti ordinativi“ c’era la televisione a volume
altissimo e non ho sentito il telefono “e giusta positivi“ non l’ho sentito il telefono, c’era la tele al massimo“.
La subordinazione non è eliminata dal parlato, si avvale di una gamma di congiunzioni più ristretta che nella
scrittura: non si usano affinché, poiché, giacché sono invece gradite siccome, dato che e visto che. Per la
sintassi del verbo sugli usi dei modi e dei tempi parlato si caratterizza per la presenza di usi che
contraddicono l’osservanza del dato temporale “anteriorità, contemporaneità o posteriorità dell’evento
descritto“. C’è una forte estensione dell’oralità dell’imperfetto indicativo si segnala l’imperfetto fantastico
che evoca un Accadimento immaginario del passato che non si e poi attuato: avremmo potuto far senza
timbrare il biglietto, bravo! Poi magari se arriva il controllore ( che in realtà non è salito). Poi l’imperfetto
ipotetico: se lo sapevo, non ci venivo. L’imperfetto potenziale che esprime una forma di supposizione: non
capisco cosa è successo, doveva essere qui alle otto. In altri usi dell’imperfetto il riferimento al passato e
invece del tutto assente; l’imperfetto ludico e dei giochi infantili: dai giochiamo, tu eri il capo degli indiani e
io ero il capo Dei cowboy. In perfetto di modestia: volevo 1 kg di pere. L’imperfetto e epistemico che
richiama conoscenze e credenze precedenti: partivano stasera, ma gli si è rotta la macchina. Se l’aria
dell’imperfetto si espande quella del futuro sembra invece soffrire nel parlato di una forte contrazione è più
frequente nella lingua orale la sostituzione del futuro con il presente in casi come: parto domattina alle
otto. Il presente pro futuro Ricorre a eventi di un futuro prossimo non lontano. Il futuro è sconosciuto a
molte parlate dialettali. A fronte di questo arretramento del futuro almeno un uso a fare invece in crescita
nel parlato contemporaneo il cosiddetto futuro epistemico: Quanti anni ha Mario?Ma sarà sui 35. Quanto
all’uso dei modi è coerente che l’indicativo guadagni sempre più terreno a scapito del congiuntivo nella
lingua parlata. Il congiuntivo mostra zone di maggiore resistenza per esempio alla prima e terza persona
molti studiosi sono meno pessimisti sulle sorti del congiuntivo a dispetto delle previsioni di una sua morte
imminente. Abbondanti sono anche le osservazioni intorno all’uso dei pronomi: egli, il, essi che nell’oralità
sono ormai usciti dall’uso. Analogo discorso si può fare per l’uso di gli con valore dativo: Se vengono i ladri
gli preparo io una bella sorpresa. Consentito solo nei registri meno formali. Del parlato sono anche gli per
l’esprimere il dativo singolare femminile e te con funzione di soggetto: sei te che hai cominciato, due usi
che le grammatiche non hanno accettato nell’italiano standard. Appare in atto nel parlato una tendenza ad
annullare la distinzione tra le forme soggetto e quelle oblique a favore delle seconde. Anche i pronomi
tonici ricorrono nel parlato con alta frequenza: chi ti ha spinto? È stato lui, hanno valore deittico. Il
condividere lo stesso contesto spaziale situazionale fra interlocutori porta con sé la fitta presenza di dei
ittici e consente di omettere i presupposti già noti agli attori: bianco rosso?, Non ho bisogno di precisare gli
elementi già sottintesi. Dal punto di vista testuale e pragmatico la lingua della conversazione fa ricorso a
connettivi testuali: cioè, insomma, comunque che ci permettono di riprendere correggere i nostri enunciati
dopo una falsa partenza dopo un errore, si accordano lievi Posey, mantengono vivo il contatto fra gli
interlocutori, assecondano cioè la funzione fatica della lingua e si possono distinguere elementi che
segnano l’inizio: allora, dunque, ecco e quindi che lo chiudono. L’ascoltatore fa uso di segnali di
interruzione: ma, allora. Poi di segnali di avvenuta ricezione: Ovvio, perfetto, davvero. Di segnali di
disaccordo: ma va là. Le finalità delle ripetizioni lessicali possono rispondere a enfasi io pure all’esigenza di
spiegarsi con maggior chiarezza. Anche nel dialogo conversazione le riprese lessicali si pongono come
meccanismo di coesione fra i turni di conversazione.
IL LESSICO: il lessico dell’italiano parlato non è diverso per natura da quello dello scritto. Sono però diversi
meccanismi di selezione nel senso che il parlato privilegia il lessico dei registri informali, la lingua parlata fa
uso rispetto allo standard di un numero più ristretto di voci spesso di significato molto generico. Tra i verbi
sono frequentissimi spesso in usi frase ho logici, dare: non darti delle aree, andare: la lampadina è andata. Il
lessico del parlato si nota spesso per la coloritura dei toni per una ricerca di espressività. Nascono da
esigenze di affettività le forme di diminutivo E l’espressività conduce anche a superlativi assoluti enfatici.
Allo stesso versante dell’accentuazione espressiva rispondono gli a doppia menti: cos’è quella faccia nera
nera? Mi espressioni onomatopeici dei fumetti: bang, Splash. Fra i procedimenti di formazione delle parole
sia nota uno spiccato gradimento della lingua orale per i su fissati in base ata: Abbuffata, stupidata.
ALCUNI TRATTI FONOLOGICI: Fenomeni di metatesi, tendenza alla riduzione dell’accento sulla terzultima
sillaba in una fitta serie di voci: edite, persuadere, mollica, rubrica. Le pronunce trascurate o veloci sono
designate come fenomeni di allegro esempio le apocopi: sono venuta presto, riesci a passare da casa oggi?
Far finta. Le aferesi: sto abbastanza meglio, spetta per aspetta.
Web: I testi che si trasmettono attraverso lo schermo del computer le non presentano contorni definiti
sono continuamente modificabili e presentano una ricchezza di soluzioni. Negli scambi con la digitazione di
messaggi si riproducono le movenze del parlato per esempio con l’uso delle faccine del tempo Emoticons.
L’adesione è uno stile improntato all’immediatezza e l’informalità fa sì che ci sia una certa noncuranza
verso le norme ortografico grammaticali. Anche lo schermo del cellulare e il sistema degli SMS favoriscono
un tipo di comunicazione in cui la scrittura diventa una trasposizione del parlato.
L’ITALIANO POPOLARE
L’italiano degli analfabeti e dei semi analfabeti: cosa si intende per italiano popolare? Verso i gradini più
bassi della scala diastratica Si colloca l’italiano popolare. Si tratta in sostanza dell’espressione linguistica
propria degli incolti gli analfabeti e dei cosiddetti semi colti cioè di coloro che non hanno mai acquisito
piena competenza della lingua italiana.si tratta di una fascia per la quale si parla di analfabetismo di ritorno
o di analfabetismo funzionale vale a dire la sostanziale incapacità a comporre ma anche a intendere in
modo corretto un testo più breve di elementare.l’italiano popolare orientato verso il parlato in diamesia E
si realizza nel registro inferiori dell’asse diafasico. Coincidono spesso con quelli che affiorano nelle prime
varietà di apprendimento dell’italiano, nei bambini e negli stranieri alle prime armi. Nella pratica della
scrittura sono continue le incertezze grafiche: punteggiatura, maiuscole, H, la a, Le doppie. In fonetica e
tratti di italiano popolare individuati dagli studiosi sono quasi tutti il riflesso di abitudini e dialettali: la
pronuncia dei ceti meno colti è sempre molto marcata diatopia. Per la morfologia i tratti che si riscontrano
negli incolti e semi colti sono più numerosi: nell’articolo davanti a-Z e S. A fronte di una determinazione del
genere la e si adotta Il Morph Emma che identifica in modo più Preciso il sesso designato dalle singole
parole. Quanto alla sintassi sono continue le incertezze nell’uso delle preposizioni e l’ampiezza d’uso del
che polivalente e dei temi sospesi. Il lessico dell’italiano popolare è contrassegnato dall’impiego delle stesse
voci generiche che costellano il parlato, Dallo scambio di suffissi. Nei gradini bassi della distratia Gli studiosi
hanno sottolineato l’affioramento dei Malopropismo Ho sgrammaticature ovvero storpiature. Il
malapropismo Si pone sì come un fenomeno tipico e generalizzato degli strati inferiori della popolazione
ma si manifesta nei modi più occasionali.
PER UNA Valutazione dell’italiano popolare: ci sono tre questioni aperte sull’italiano popolare. La nozione
di italiano popolare fu approfondita da Tullio de Mauro e Manlio Cortellazzo. Il primo lo definiva il modo di
esprimersi di un incolto che senza addestramento maneggia la lingua nazionale. Il secondo come il tipo di
italiano è perfettamente acquisito da chi ha per madrelingua il dialetto. Queste due formulazioni hanno
portato altri studiosi a una netta contrapposizione fra due opposte valutazioni dell’italiano popolare. Alcuni
a partire dalla convinzione che l’italiano comune non esiste altri descrivendo l’italiano come una varietà
inferiore che deve essere sradicata e superata in direzione dello standard. Inoltre si discute anche sullo
sviluppo di questo alcuni dicono nel corso del novecento altri prima. Resta vero però che il suo uso avuto
un forte incremento dopo l’unità d’Italia quando si sono moltiplicate le occasioni di contatto con la lingua
nazionale per i gruppi sociali più attardati. Infine è innegabile che nei tratti di italiano popolare si possono
cogliere delle tendenze che non Sono solo dei tempi nostri ma percorrono tutta la storia (A partire da
Dante). Si deve riconoscere che in alcuni usi degli strati sociali inferiori emergono tendenze vive da sempre
la lingua tenuti a freno da una tradizione. Identificare nell’italiano popolare di oggi la forma più avanzata di
lingue addirittura italiano del domani pari azzardato. Sembra infine però anche eccessivo l’allarmismo di
coloro che ora giudicano un attentato all’integrità della lingua.
IL GERGO
I gerghi storici: altrettanto lontano dallo standard rispetto all’italiano popolare, si colloca la varietà del
gergo. Il gergo è la lingua propria di alcuni gruppi di persone ai margini della società, che ne fanno uso
all’interno della loro cerchia, con la finalità di promuovere il senso di appartenenza al gruppo e con il
risultato di escludere dalla comprensione gli estranei. È la lingua parlata da categorie di bassa estrazione
sociale (mendicanti, vagabondi) O Dedito Ad attività illecite (malviventi), E all’l’intrattenimento popolare
(cantastorie). Il gergo viene visto come lingua segreta. I tratti più rilevanti dei giochi storici devono essere
ricercati nel lessico che si forma su basi dialettali l’uso del suffisso oso, il troncamento di parole comuni, la
storpiatura, il frequente ricorso alla metafora.
I gerghi transitori e altri usi della voce gergo: si definiscono transitori i gerghi che hanno origine dalla
convivenza temporanea in ambienti di segregazione come il carcere, il collegio, la caserma. Condividono
con i primi la funzione di rafforzare l’identità del gruppo. Il gergo penetra nella lingua dei giovani. Molte
voci dei giganti sono penetrate del resto anche nell’italiano comune perlopiù nei registri bassi o nelle
varietà colloquiali: malloppo, modello. Negli usi correnti il termine gergo è attribuito anche a due significati
estensivi: di terminologia specifica di una certa classe il gergo degli informatici eccetera e di modo di
parlare oscuro e allusivo.
ITALIANO BUROCRATICO
Lessico e sintassi della lingua degli uffici: la lingua della burocrazia si confeziona negli uffici pubblici.
Carattere costante e tradizionale dell’espressione burocratica è quello di essere per così dire un po’
intimidatoria. Il lessico della lingua degli uffici Fa ricorso al serbatoio del latino. Tipiche del linguaggio
burocratico sono poi le locuzioni sovrabbondanti esempio dare comunicazione, procedere all’arresto. Non
pochi sono le forme antiquate: codesto, le congiunzioni: benché, nonché, ovvero. Nella sintassi è esclusiva
e circola anche negli usi correnti la sequenza cognome nome. Si segnalano poi per i tratti sintattici il ricorso
al cosiddetto futuro deontico Che esprime cioè un dovere un obbligo. Nella macro sintassi predominano
subordinazioni Di alta complessità. Si può Accomunare spesso il linguaggio burocratico con quello della
giurisprudenza: se non che mentre il discorso giuridico è destinato in prima istanza specialisti, la lingua degli
uffici si rivolge a un pubblico molto più eterogeneo.
Una varietà da semplificare?: anche i cittadini più istruiti incontrano del resto severe difficoltà
nell’interpretazione dei testi degli uffici E si invocata più parti una semplificazione delle sue oscurità
espressive. Il linguaggio burocratico è una varietà dell’italiano contemporaneo che assolve funzioni ben
precise della lingua-la comunicazione al pubblico. Forse il cotè Più negativo delle burocratese risiede nella
sua capacità di diffondere anche negli usi comuni stereotipi espressivi che affiorano poi in modo
automatico.
LE LINGUE SPECIALI
Problemi di classificazione: l’espressione lingue speciali e in concorrenza con molte altre: la più diffusa è
quella di linguaggi settoriali. La pluralità di denominazioni implica un fascio di realizzazioni linguistiche
eterogeneo: nelle lingue speciali si accomunano spesso infatti i linguaggi tecnico-scientifici quelli delle
discipline umanistiche e quelli dei mass media. La prima importante distinzione c’è offerta dalla nozione di
sotto codice, la varietà della lingua correlata all’argomento, la disciplina di cui si tratta esempio: la biologia,
la chimica, medicina. All’interno di ogni sotto codice possono esserci poi ulteriori specializzazioni
(cardiologia e pediatria) e Si parlerà in questi casi di sotto codici. Nelle espressioni veicolati da mezzi di
comunicazione la caratteristica più pertinente consiste non nel riferimento all’argomento specialistico ma
nella specificità del canale di trasmissione. Il discrimine fra lingue speciali In quanto sotto codici e lingue
veicolati dai mass media resta molto netto. La principale caratteristica del lessico dei sotto codici che non
appartiene alle lingue della comunicazione e la tendenza alla monosemia. Il linea di principio tutte le lingue
speciali si possono realizzare in una vasta pluralità di registri, differenziandosi al loro interno secondo il
parametro della diafasia. L’escursione diafasica Delle lingue speciali offre di limitazioni diverse A seconda
che si scenda nella scala delle scienze più formalizzate agli altri linguaggi: di calcio di moda si parla con
competenza specialistica anche negli scambi teologici meno formali, al bar con gli amici, ciò che è molto
raro per la geologia o la chimica. Viceversa il calcio è la moda non si prestano di norma essere trattati con lo
stesso rigore riservato alle scienze. La variazione diafasica delle lingue speciali E circoscritta verso il basso-
l’informalità-per le scienze più sistematiche codificate verso l’alto-la formalità-per quelle attività sociali non
scientifiche. Le lingue speciali si differenziano inoltre secondo la diastratia Individuata secondo categorie
professionali di preparazione culturale. Un’ottima padronanza dei sotto codici scientifici e tecnici può
verificarsi anche nei ceti socioculturali inferiori.
Il lessico: il lessico delle lingue speciali è caratterizzato dalla morosa è mia. La corrispondenza fra parola e
significato E di norma biunivoca, nel senso che non solo i significanti delle lingue speciali hanno un solo
significato, ma che anche i significati sono rappresentati da un solo significante. C’è una precisione
denotativa Per la quale i referenti devono essere individuati in modo esatto. Esigenza altrettanto perentoria
delle scienze più specialistiche è quella di una neutralità emotiva che comporta l’esclusione dei valori
connotativa. Il lessico delle lingue speciali sarà poi Riluttante alla sinonimia. Alcune scienze umanistiche
sono meno Contrastanti alla sinonimia ed Le lingue speciali non scientifiche esempio quella dei trasporti,
Anche nel linguaggio sportivo ci sono molti sinonimi. I sinonimi sono tanto più frequenti quanto più ci si
avvicina alla comunicazione divulgativa, verso il basso della diafasia. È possibile dunque operare una
distinzione tra tecnicismi specifici e con laterali. I primi individuano in maniera univoca e precisa i concetti
propri di un certo settore: la loro sostituzione con parole diverse genera ambiguità, gli altri invece possono
anche essere usati in maniera interscambiabile rispetto a un’unità lessicale differente, senza dispersioni di
significato. Il lessico delle lingue speciali si avvale di codici stranieri: in molte discipline nella comunicazione
scientifica soprattutto, Ma anche nel linguaggio dell’economia, nei mass media. Nelle lingue speciali ricorre
tutta la tipologia del prestito. Altro codice al quale attingono volentieri le lingue speciali e poi quello del
latino che ai suoi campi elettivi nel linguaggio giuridico e in quello della medicina. Anche il lessico delle
lingue speciali incrementa il suo patrimonio con i neologismi cioè con l’attribuzione di nuovi significati a
voci già presenti in lingua con altri valori, si segnala anche l’adozione di suffissi dotati, nelle singole
discipline, di significati esempio in chimica oso individua la valenza, i medicina Oma individua tumori. In via
di potente espansione sono poi le sigle DNA, AIDS, tac. Altri acronimi utilizzano le prime lettere e talora le
ultime di due o più parole basi.frequente ancora nelle lingue speciali e l’uso di voci di origine greca e latina
che concorrono alla formazione di famiglia di parole: emo: emofilia, emodialisi. Il fenomeno è frequente nel
linguaggio medico ma si estende per esempio alla fisica. Si aggiunga Qui anche il meccanismo della
creazione di voci politematiche Mediante l’accoppiamento di sostantivi: via cavo, ponte radio. Infine si
ricorderà la presenza nelle lingue speciali di eponimi Che indicare un prodotto, una teoria attraverso il
nome dello studioso: teorema di Pitagora. Campo privilegiato di eponimi È quello delle unità di misura.
Altrettanto vivo il processo inverso il passaggio di voci specialistiche all’italiano comune si sono citati i casi
di DNA. All’interno delle lingue speciali da ultimo si verifica un travaso terminologico da un settore all’altro.
Tratti testuali e sintattici: le lingue speciali non si differenziano dall’italiano standard e solo per il lessico. In
primo luogo, si è osservato che nei sotto codici scientifici la ripetizione di una parola breve distanza si
verifica molto più spesso che nell’espressione comune perché se aumenta la comprensione a livello
testuale. Anche sul piano della strutturazione sintattica le lingue speciali mostrano alcune scelte
preferenziali. Nominalizzazione: Il tratto più vistoso è forse il processo che porta alla cancellazione del
verbo: esso può essere sostituito da locuzioni pre posizionali (processi infiammatori a carico del palato
molle) e da sintagmi nominali.
Uso del verbo: il verbo spesso eliminato o limitato, prevale il presente e il futuro. Fra i modi è dominante
l’indicativo il condizionale per le congetture. C’è la tendenza a servirsi di forme impersonali, in obbedienza
alle esigenze della neutralità scientifica. C’è una propensione inoltre delle lingue speciali per le forme
passive del verbo per una cancellazione dell’io.
ITALIANO STANDARD
Per lingua standard e intendiamo un’espressione dotata di una sostanziale stabilità garantita dalla
grammatica depositata nei vocabolari. In quanto standard è una lingua a una funzione unificatrice tra
parlanti di differente origine e al tempo stesso separatrice in grado di simboleggiare un’identità nazionale
diversa da altre. Intendiamo infine un’espressione non marcata lungo gli assi della variazione. Individuiamo
nell’italiano contemporaneo una lingua che ha le sue origine nel fiorentino scritto del 300 ed è diventata
comune nel 500.
La concorrenza dell’italiano standard: occorre ammettere che per la grandissima maggioranza degli italiani
lo standard è un’entità del tutto virtuale. Se guardiamo all’oralità infatti è posseduto da un numero di
parlanti assai ristretto: attori di cinema e teatro, doppiatori. Lo standard nel parlato non è patrimonio
nativo di alcun cittadino italiano. Altro è il discorso sul fronte opposto dell’asse diamesico Quello della
scrittura: un italiano standard scritto e conseguito da settori più consistenti. Un italiano comune esiste sia
pur limitato sull’asse diamesico e diastratico E perciò imparziale contraddizione con la definizione di
standard. Così identificato, lo standard si pone come modello di riferimento per l’insegnamento scolastico
con attenzione alla scrittura. In conclusione l’italiano standard e contemporaneo è prerogativa soprattutto
delle classi più istruite si manifesta nella varietà scritta è solo presso Un’esigua minoranza in quella parlata.
LINEE DI TENDENZA
I tratti in via di espansione: una lingua standard è stabile ma non immobile. Berruto, Mioni, Sabatini hanno
cercato di definire un nuovo standard o neo standard. Le grammatiche più recenti non esprimono ormai
restrizioni normative. Si è osservato che alcuni esiti e costrutti sono in forte declino: V, sostituito da C, l’uso
di codesto. Infine si osservano nuovi equilibri nel rapporto tra forme costrutti concorrenti: il passato
prossimo, promosso dagli italiani sembra conquistare terreno a scapito del passato remoto e l’indicativo.
Queste evoluzioni nel loro complesso definiscono secondo Sabatini un italiano dell’uso medio diverso dallo
standard tradizionale. Maurizio Dardano non attribuisce un’identità autonoma al Neo standard. L’italiano
contemporaneo si caratterizza piuttosto per la mescolanza delle varietà e delle tipologie testuali e per la
forte incidenza dei mass media. Nell’inventario delle nuove forme che darebbero vita al neo standard
trovano posto molti usi sbilanciati in relazione agli assi della variazione linguistica in particolare negli usi
parlati piuttosto che in quelli scritti: l’uso di ci con avere : ci ho fame.
L’affermazione dell’oralità: c’è un rinnovamento dell’italiano con l’avanzare del parlato contemporaneo.
Con quest’ultimo si è avviata in modo decisivo la saldatura di Quella divisione fra italiano scritto italiano
orale che ho segnato Per secoli il cammino del nostro strumento espressivo quotidiano.
CAPITOLO 2
FONOLOGIA E GRAFIA
Generalità, concetti e termini fondamentali: il suono o fono è definibile come la minima entità fonico
acustico della lingua. Un fonema è la minima entità linguistica con valore distintivo cioè non dotata di
significato in sé ma capace di distinguere due parole dal punto di vista semantico cioè del significato. Un
esempio: nelle parole pane cane solo i due suoni iniziali di oppongono P e ci costituiscono quindi due
fonemi. Lo stesso accade nelle tue parole botte e bòtte. Le due coppie di parole citate costituiscono due
coppie minime formate da due parole che si oppongono per un fonema. La fonologia è lo studio della
lingua che tratta dei fonemi, la fonetica e il settore che tratta dei suoni o foni. Ogni fonema è anche un
fono, mentre non tutti i foni sono fonemi. I foni vengono indicati tra parentesi […]quadri mentre i fonemi
sono indicati tra due sbarre oblique /…/. I segni grafici che riproducono i foni fonemi sono le lettere o
grafemi il cui insieme costituisce il sistema alfabetico. Teoria della doppia articolazione di Andre Martinet:
Consideriamo una parola come andavamo: in essa distinguiamo a un primo livello elementi che ne
determinano il significato: and-che ci riporta al senso di movimento,-av- Che esprime il tempo imperfetto,-
amo che indica la prima persona plurale. Questi elementi sono detti Morfemi. A questa prima articolazione
segue una seconda articolazione in fonemi. Ogni Morfema quindi è composto Di fonemi. Sia la parola sia il
morfema Rappresentano dei segni linguistici, ogni segno è composto dal significante, l’immagine acustica, e
dal significato, il contenuto concettuale, che si riferisce all’oggetto reale chiamato referente.
Il sistema fonologico dell’italiano: il sistema fonologico di una lingua e l’insieme dei fonemi che la
compongono. Il sistema fonologico dell’Italia lo standard si basa sul fiorentino, ed è composto da 30
fonemi: sette vocali, 21 consonanti e due semi consonanti. Generalmente ce l’alfabeto dell’associazione
fonetica internazionale per trascrivere i fonemi. Definiamo vocali un fono pronunciato senza che l’aria
uscendo dal canale orale incontri ostacoli e con la vibrazione delle corde vocali. I foni con le corde vocali in
vibrazione si dicono sonori. I vocali dell’italiano sono sette:
-A: massima apertura,-e: Aperta e chiusa,-I,-O: aperta e chiusa,-U: massima chiusura. Possiamo
rappresentarli con una sorta di V a sinistra anteriori o palatali e a destra posteriori o velari. Quindi a è la
vocale di massima apertura, O aperta, o chiusa e u Rappresentano successivi gradi di chiusura nella serie
delle vocali posteriori o velari, cioè pronunciate con la lingua sollevata verso la parte posteriore della bocca
verso il velo palatino o palato molle e con il progressivo restringimento delle labbra, e Aperta e chiusa, i
rappresentano successivi gradi di chiusura delle vocali anteriori ho palatali cioè pronunciate con la lingua
sollevata verso la parte anteriore della bocca verso il palato anteriore.imposizione atona cioè non accentata
le vocali sono cinque a e i o U. Definiamo consonante un solo prodotto dal passaggio non libero dell’aria
attraverso il canale orale: l’aria incontra un ostacolo. Per descrivere le consonanti è necessario considerare
tre elementi: il modo di articolazione, il luogo di articolazione e l’opposizione sordità/sonorità.
Relativamente al modo di articolazione distinguiamo consonanti -occlusive: sono quelle consonanti nella cui
articolazione il canale orale è in una prima fase completamente chiuso, aprendosi successivamente per
lasciar uscire l’aria: per esempio la c Di cane o la t di topo.
-Continue: fuoriuscita dell’aria attraverso il canale parzialmente ostruito l di lato, s di sole. Considerando la
pronuncia le distinguiamo rispettivamente in: laterali, con l’aria che esce lateralmente alla lingua e vibranti,
fricative o spiranti: l’aria passa attraverso lo stretto canale, nasali: emetto l’aria dalle fosse nasali.
-Le affricate o semi occlusive: Sono quelle consonanti la cui pronuncia inizia con un suono occlusivo, Per poi
lasciare il posto a un suono continuo.
Relativamente al luogo di articolazione, Distinguiamo tra: bilabiali, pronunciate unendo le tue labbra e poi
aprendole p palla, E labiodentali, Labbro inferiore e denti superiori V vero. Poi le dentali, con la lingua
contatto con l’arcata dentaria superiore t tela. le alveolari, Punta della lingua contro gli incisivi superiori l
ulivo. Le velari, Pronunciate con chiusura del velo palatino k coda. Le palatali, articolate con la lingua che
tocca il palato n gnocco. Relativamente infine al grado di articolazione le consonanti possono essere sorde,
quando le corde vocali non vibrano s sale, O sonore quando ricordi vocali vibrano d dente. Le consonanti
possono essere brevi e lunghe. L’intensità delle consonanti è un fenomeno fonetico indipendente dalla sua
rappresentazione grafica. Le semiconsonanti dell’italiano sono due: j e w. Queste non possono mai essere
accentate si trovano nei dittonghi ascendenti (La voce aumenta dal primo al secondo elemento), composti
da una semi consonante da una vocale: ieri, uomo. Se i e U seguono invece una vocale sono considerate
come semi vocali: il dittongo e discendente, come in lancio, feudo. Si definisce invece iato un incontro di
due vocali che non formano dittongo, si realizza in assenza di i o U (paese), o quando sono accentate (spia,
paura) o dopo il prefisso Ri-(riammettere). La corrispondenza tra il sistema dei fonemi e il sistema dei segni
grafici, l’alfabeto, non è totale. Questa carenza è dovuta all’evoluzione che alcuni suoni hanno subito nel
passaggio dal latino all’italiano.ad alcuni grafemi dell’alfabeto normale corrispondono due foni, anche
molto diversi fra loro. Un’altra carenza dell’alfabeto grafico è costituita dall’assenza di un diagramma. Vi
sono poi i due grafemi a cui non corrisponde alcun fonema specifico. La H che serve a distinguere i suoni
diversi, la Q è sovrabbondante in quanto hai il medesimo valore fonetico di C. Il rafforzamento di Q è il
riflesso della grafia cq Ad eccezione della parola soqquadro. Nell’Italia lo standard Visto i due gradi di
apertura di e, Esistono coppie di parole che si differenziano solo per la pronuncia, aperta o chiusa (pesca,
pésca). Nella varietà lombardo veneta la e Viene pronunciata chiusa in sillaba libera e aperta in sillaba
chiusa. I due foni aperto e chiuso non hanno valore distintivo.
-Fenomeni di fonetica sintattica: Il rafforzamento raddoppiamento foto sintattico consiste nella pronuncia
rafforzata dalla consonante iniziale di parola, quando questa È preceduta da parole terminanti in vocale sia
il rafforzamento: per esempio andò Vvia, è vvero. Le parole che hanno proprietà rafforzativa sono, tutti i
monosillabi (a, e, che, fra), tutti i polisillabi tronchi (perché, andò), alcune parole piane (come, dove). Il
fenomeno del rafforzamento è del tutto assente nell’Italia settentrionale. La ragione per cui si scrive
soprattutto ma innanzitutto consiste proprio nel rafforzamento fonosintattico. Alla base del rafforzamento
ci sono ragioni di carattere storico linguistico. L’elisione è la caduta di vocali finali davanti a parola iniziante
per vocale ed è rappresentata graficamente con l’apostrofo: sull’uscio, un’anta, d’amore. Il troncamento o
apocope e la caduta della parte finale di una parola: andar bene, vuol correre, Riguarda solo le vocali atone
precedute da L, R, N, Esso non è rappresentato dall’, per distinguere l’elisione dal troncamento e quindi per
sapere se necessario l’apostrofo consiste nel vedere se la parola può nemmeno essere Elisa Anche davanti
a consonante.
-La sillaba: La sillaba è costituita da un fonema vocalico o da un insieme di fonemi. Distinguiamo tra sillaba
aperta se finisce con una vocale e sillaba chiusa se finisce con una consonante. Le norme che regolano la
divisione in sillabe: -Una vocale iniziale seguita da una sola consonante fa sillaba a se,-una consonante
semplice fa sillaba con la vocale che segue Ca-sa,
-Le consonanti doppie si dividono tra due sillabe,-i dittonghi dittonghi sono indivisibili (ie-Ri), è opportuno
non andare a capo con una vocale,-diagrammi e trigrammi non si dividono: Ca-gna , a-glio.
L’accento: L’accento in italiano è di tipo intensivo o dinamico, cioè conferisce maggiore intensità. L’accento
in italiano è libero o mobile. Le sillabe accentate si chiamano toniche, quelle non accentate atone. Ma oltre
all’accento primario può esistere un accento secondario. Le parole italiane accentate sulla penultima sillaba
si definiscono piane o parossitone (Per esempio casa, volere). Se l’accento cade sull’ultima sillaba la parola
e tronca o ossitona (Virtù, andò), si cade sulla terzultima la parola sdrucciola o proparossitona (Tenebra). Le
parole prive di accento proprio sono chiamate clitiche: Enclitiche Se si appoggiano la parola precedente
unendosi anche graficamente ad essa, proclitiche Sì si appoggiano alla parola che segue restandone
graficamente separate. Passando all’accento grafico notiamo che solo alcune parole lo richiedono
necessariamente: le parole tronchi, alcuni monosillabi che devono essere distinti da parole identiche ma di
significato diverso, i cosiddetti omografi. L’accento acuto viene messo sulle vocali chiuse (ne, perché) quello
grave sulle vocali aperte (andò, caffè). L’accento è un tratto soprasegmentale da alla catena parlata una
particolare configurazione melodica.
L’intonazione: L’intonazione riguarda le modalità di pronuncia di Insiemi di parole, detti gruppi tonali.
L’andamento intonativo di un enunciato viene chiamato tonìa. Tre diverse tonìe: -La Tonia conclusiva, ad
andamento discendente, -la tonia Interrogativa ad andamento ascendente (vuoi sempre avere ragione tu?).
- La tonia sospensiva (Per essere sinceri…)
L’intonazione degli enunciati Degli italiani è fortemente condizionata dalla variazione diatopica.
MORFOLOGIA E MORFOSINTASSI
Generalità: indica il settore relativo alla forma delle parole. Presenta una maggiore variazione morfologica il
verbo, nel verbo infatti l’italiano conserva la differenziazione latina di forme per le singole persone. Così
rispetto alle principali lingue europee l’italiano é meno complesso ma è più complesso dell’inglese nel
verbo. L’amorfo sintassi si occupa delle relazioni tra la forma e la funzione, tra la forma e il suo uso in
unione con altre parole. Nell’ambito della morfologia dobbiamo poi distinguere la morfologia flessionale a
quella derivativa. La morfologia flessionale Si occupa di studiare e descrivere la flessione delle parole, cioè
la loro modificazione formale da singolare al plurale dei modi e dei tempi. La morfologia derivativa ha per
oggetto l’analisi dei meccanismi che stanno alla base della derivazione di parole da termine basi: ome-one
Da uomo. Elementi aggiunti alla fine della parola sono i suffissi. Se la parola derivata si ottiene
premettendovi un elemento aggiuntivo questo si chiama prefisso: in-opportuno. Riprendendo il concetto di
morfema Possiamo distinguere i flessione ali come quelli appena citati e i morfemi derivativi Come -Etta o -
upola in casetta e casupola.
Le parti del discorso: Le parti del discorso individuate nella grammatica italiana sono nove: nome, articolo,
aggettivo, pronome, verbo, avverbio, preposizioni, congiunzioni, interiezione. Alla base della distinzione
delle diverse parti del discorso possiamo individuare questi differenti criteri: -criterio logico contenutistico:
che si basa sul contenuto di ciò che le categorie indicano cioè per il nome persone, animali, cose, concetti.-
Criterio funzionale: si basa sulla funzione esercitata dalla parola.-Criterio distribuzionale: si basa sulla
posizione che la parola occupa. In relazione al primo dei criteri si possono distinguere le parole piene cioè
quelle con contenuto semantico significativo dalle parole vuote o grammaticali che hanno debole
contenuto semantico e che hanno piuttosto un ruolo di complemento, collegamento. Parole piene: casa,
uomo, piccolo. Parole vuote: e, con, la. Poi ci sono le parole variabili come verbi, nomi, aggettivi e parole
invariabili come avverbio, preposizione e congiunzione.
Articolo: L’articolo può essere determinativo o indeterminativo E partitivo. L’articolo determinativo serve
per designare una classe, una categoria oppure indicare una persona o un oggetto noto, già presente nel
contesto precedente. L’articolo indeterminativo indica il membro di una classe. Riguardo alle diverse forme
l’italiano contemporaneo presenta scarse oscillazioni e incertezze, nell’uso osserviamo che davanti ai nomi
propri di persona di solito non si usa l’articolo ma nell’italiano parlato in alcune regioni soprattutto
settentrionali si sente dire la Carla, il Giovanni, davanti al cognome, l’articolo si può mettere, soprattutto
per i personaggi famosi. L’articolo partitivo del, dello, della alla funzione di indicare una parte, una quantità
indeterminata: dammi del pane. Tipico è l’uso dell’articolo partitivo al plurale dopo preposizione.
Nome: Il nome in italiano varia nel genere e nel numero. La distinzione tra nomi propri che designano un
particolare individuo di una specie o categoria, nomi comuni che designano ogni possibile individuo i nomi
collettivi, un gruppo di individui, nomi concreti, oggetti percepibili dai sensi (ciliegia, onda, luce), nomi
astratti che designano concetti (bontà, tristezza). Poi abbiamo nomi numerabile nomi non numerabile o
nomi massa: i primi indicano entità delimitabili, ricorrono anche al plurale, i secondi indicano sostanze
amorfe come acqua, latte, sale. Dal punto di vista morfologico i nomi maschili terminanti in -co e -Go
Possono avere il plurale in -chi/-Ghi Oppure in -ci/-gì Senza una regola precisa. Alcuni hanno entrambe le
forme Come chirurgi, chirurghi. In questa irregolarità agiscono spinte contrapposte: Da un lato l’evoluzione
fonetica dall’altro la tendenza a mantenere al plurale lo stesso tema del singolare per ragioni di analogie di
economia linguistica.
Aggettivo: L’aggettivo può essere qualificativo o determinativo. L’aggettivo qualificativo può avere tre
diverse funzioni: la funzione attributiva, se si collega a un nome, la funzione predicativo, se si collega un
verbo, la funzione avverbiale, se usato al posto di un avverbio. L’aggettivo qualificativo può esprimere il
grado positivo, comparativo, di maggioranza, di minoranza, superlativo, superlativo relativo e superlativo
assoluto. Una sotto categoria dell’aggettivo qualificativo e l’aggettivo di relazione derivato da un nome. Non
possono avere il comparativo e il superlativo e non possono essere usato in funzione predicativa. Nella
categoria degli aggettivi determinativi rientrano i possessivi, dimostrativi (Questo cane), gli indefiniti (alcuni
cani), gli interrogativi, gli esclamativi, i numerali ordinali. Sui dimostrativi la funzione è quella di mostrare e
viene chiamata deittica.
Pronome: il termine pronome indica una parola che sta al posto del nome può avere funzioni differenti, di
sostituire, di indicare qualcosa, di congiungere. Si distinguono diversi tipi di pronome: personale,
possessivo, dimostrativo, indefinito, interrogativo, relativo.circa i pronomi personali la presenza del
soggetto non è indispensabile perché la nostra lingua possiede forme verbali differenti per le varie persone.
In alcune situazioni sintattiche al posto di io e tu soggetti si devono usare me e te, in particolare: topo come
e quanto, nelle esclamazioni, dopo la congiunzione e. Il pronome soggetto di terza persona, a differenza
delle prime due persone io, tu che hanno funzione solo deittica può avere sia funzione deittica quando
indica una persona presente nella situazione comunicativa sia funzione anaforica dove riprende un
soggetto. Vengono utilizzati sempre di più lui, lei, loro preferiti soprattutto nello stile più vicino al parlato
mentre i narratori più tradizionali preferiscono egli, essa, essi. Lui, lei, loro si usano sempre: dopo come e
quanto, nelle esclamazioni, quando si vuole mettere in rilievo il soggetto, nelle contrapposizioni, dopo la
congiunzione e. oltre ai pronomi forti o tonici dotati di un accento fonico proprio ci sono quelli deboli detti
atoni o clitici Cioè privi di accento proprio. Tra i pronomi atoni la forma gli, si usa sempre più spesso anche
per il plurale in sostituzione di loro. Frequente nel parlato informale è gli per il femminile, Nella lingua
scritta nel parlato formale bene usare gli solo per il maschile singolare. Il caso dell’estensione al femminile
non è accettabile.
I pronomi allocutivi usati nel rivolgersi a qualcuno. in forma confidenziale, il tu, è una forma di cortesia, il
lei.
Per i pronomi interrogativi la forma che cosa, è considerata più corretta e Viene sostituita da cosa o da che.
I pronomi relativi, che consentono di collegare due proposizioni tra loro in un modo molto semplice. Che
può avere la funzione di soggetto e di complemento oggetto. E per i complementi indiretti accanto ai più
corretti cui e quale preceduti dalle preposizioni viene spesso usata in propriamente la forma Che. Quindi
che si può usare al posto di in cui o nel quale con funzione temporale, non al posto delle forme a cui, di cui
o del quale. Il che polivalente comprende usi di che estesi rispetto alle funzioni canoniche ma con funzione
di congiunzione, consecutivo, di collegamento.
Verbo: può indicare un’azione svolta dal soggetto, uno stato del soggetto oppure una relazione tra il
soggetto e il nome del predicato. Le categorie che ne determinano le forme sono il modo, il tempo, la
persona, la diatesi (attiva, passiva). Il modo indica l’atteggiamento che il parlante assume verso la propria
comunicazione il tipo di comunicazione con il suo interlocutore. Il modo è anche condizionato dalla
struttura per le subordinate. I modi finiti sono l’indicativo, congiuntivo, condizionale, imperativo; i modi
indefiniti sono l’infinito, participio e il gerundio. I modi indefiniti sono detti anche forme nominali del verbo
perché vengono usati anche al posto del nome e dell’aggettivo. Il tempo indica il rapporto cronologico tra
l’azione espressa dal verbo è il momento in cui viene proferito l’enunciato. Il tempo linguistico espresso
anche dagli avverbi e dagli altri indicatori temporali. L’indicativo possiede otto tempi il congiuntivo quattro
e il condizionale due, l’imperativo due. La persona determina la flessione Morfematica delle forme verbali.
La diatesi esprime il rapporto logico del verbo con il soggetto e con l’oggetto. È attiva quando il soggetto
compie l’azione e passiva quando il soggetto subisce l’azione, riflessiva quando il soggetto e l’oggetto
coincidono (il gatto si lava). Distinguiamo principalmente tra aspetto perfettivo, quando si descrivono Eventi
conclusi E aspetto imperfettivo quando gli eventi sono visti nel loro svolgersi (imperfetto). Per l’imperfetto
possiamo poi distinguere tra un aspetto progressivo è un aspetto continuo. L’azione verbale è legata al
significato lessicale del verbo. In base ad essa si distinguono verbi durativi, essere, lavorare e non durativi,
Morire e arrivare. Possiamo distinguere diversi tipi di Verbi in base alla funzione: possono essere
predicativi: Quando indicano un’azione svolta dal soggetto o uno stato di esso. I verbi sono invece
copulativi Si collegano il soggetto con un aggettivo. I verbi nelle forme non finite possono avere altre
funzioni: attributiva: analogamente all’aggettivo, avverbiale: modificando un verbo una frase, referenziale:
come un nome. Si possono individuare altre categorie di verbi. I verbi transitivi hanno un complemento
oggetto, i verbi Intransitivi Non hanno un complemento oggetto (dormiamo poco). I verbi ausiliari si
uniscono ad altri verbi. In generale si usa avere con i verbi transitivi e essere con i verbi intransitivi. I verbi
modali o servili: potere, volere, dovere si usano senza preposizione, prendono l’ausiliare avere. Una
categoria vicina a quella dei verbi servili e quella dei verbi fraseologici : Infinito preceduto da preposizione
oppure con gerundio: comincio a mangiare, sto per partire. Con questi verbi si formano le cosiddette
perifrasi verbali, che hanno la funzione di indicare l’imminenza cioè la prossimità di un avvenimento (sto
per arrabbiarmi), l’inizio, la durata, la continuità e la conclusione. Dal punto di vista morfologico
distinguiamo i verbi regolari e i verbi irregolari (in base alla flessione). I verbi difettivi Sono quelli che hanno
solo alcune forme, mancano del passato remoto e del participio come competere, i quali non possono
quindi formare i tempi composti. I verbi sovrabbondanti sono quelli che appartengono a due coniugazioni. I
verbi impersonali non hanno un soggetto determinato e si usano nella forma della terza persona singolare
sono i verbi che indicano una condizione metereologica, piovere, diluviare eccetera. Qualsiasi verbo poi può
essere usato in forma impersonale con la particella si: si dice, si parla. I verbi riflessivi sono quelli in cui
soggetto e oggetto coincidono, i riflessivi reciproci esprimono un rapporto scambievole (il gatto il cane si
odiano). I verbi intransitivi pronominali Sono verbi preceduti da i pronomi atoni mi,ci,si,ti,vi. (Mi vergogno).
Il presente viene molto usato nella lingua scritta come presente storico. Il passato prossimo o perfetto
composto tende a diffondersi a spese del passato remoto o perfetto semplice. Per l’italiano standard dei
perfetto composto e per azioni di un passato recente e il prefetto semplice per azioni di un passato lontano.
L’imperfetto presenta soprattutto nel parlato molti usi che ne trascendono la valenza temporale
assumendo piuttosto funzioni modali. Quanto ai modi l’indicativo è il modo della realtà il congiuntivo è il
modo del dubbio, il condizionale indica eventualità e l’imperativo il comando. L’estensione dell’indicativo a
spese del congiuntivo è un fenomeno che investe anche la lingua italiana. Secondo alcuni studiosi questa
usanza è propria soprattutto delle regioni centrali e meridionali. Da segnalare infine alcune forme verbali
che si diffondono sempre di più nell’italiano di oggi ma che vanno considerate errori da evitare Esempio:
Disfava, soddisfava.
Parti invariabili: Le congiunzioni hanno la funzione di congiungere tra loro elementi della frase. Possono
essere coordinative o subordinative A seconda che colleghino proposizioni coordinate o introducono una
subordinata. Tra le congiunzioni coordinative la più frequente è la e, ma anche ma. Digli congiunzioni
subordinative La più usata è decisamente che. Vi sono alcuni casi in cui non è facile distinguere il valore di
pronome relativo o di congiunzione di che, la valenza del che è molto ampia. Anche le preposizioni possono
introdurre Proposizioni ma solo le subordinate implicite cioè costruite con l’infinito: mi preparo per uscire.
Le preposizioni articolate si scrivono unite se formate con In, su, a, da, di separate se formate con per, con,
tra Fra. L’avverbio può aggiungere significato o modificare il verbo molti avverbi hanno la terminazione
mente, altri sono forme semplici autonomi come subito, dopo, bene altri ancora sono composti.alcune
parole possono avere sia la funzione di avverbio sia quella di congiunzione come allora (avverbio nella frase
le donne allora non lavorano, congiunzione nella frase allora, vuoi venire o no?). Altre parole possono avere
sia la funzione di avverbio sia quella di preposizione come dopo vengo dopo, vengo dopo di te.
L’interiezione Ha una funzione espressiva si possono citare ah, eh, oh, ahi. Nella lingua parlata i segnali
discorsivi sono elementi che assumono valori aggiuntivi. Si distinguono i connettivi (e, ma, perché, dunque)
e i demarcativi (in conclusione, per finire). I segnali discorsivi possono essere congiunzioni, avverbi,
interiezioni, verbi o anche frasi intere.
Concetti base terminologia: La frase può essere definita l’unità di massima estensione della grammatica
composta di unità e costruita secondo regole sintattiche. La frase semplice costituita da una singola
proposizione mentre la frase complessa o periodo da due o più proposizioni. La proposizione è definibile
come l’unità di base della sintassi interno di un periodo. Rinunciato all’unità di testo può essere costituito
da una singola parola da una frase semplice o da una frase complessa.
La frase semplice: tipologia: Si possono individuare diversi tipi di frasi: frase verbale (Verbo in funzione di
predicato), frase nominale(Priva di verbo in funzione di predicato), frase ellittica (verbo sottinteso presente
in una frase precedente). Le frasi nominali rientrano nello stile nominale, una modalità sintattica che
privilegia i nomi rispetto ai verbi. Distinguiamo i seguenti tipi di frasi: le frasi enunciati io dichiarativa che
può essere affermativa negativa, negative totali, negative parziali. Le frasi volitive possono esprimere un
comando, un desiderio, una connessione. Le frasi interrogative (dirette), Introdotte nel parlato da
un’intonazione ascendente e nello scritto dal punto interrogativo, Ci sono le interrogative totali nelle quali
l’interrogazione riguarda l’intera frase e la cui risposta sarà un sì o no e le interrogative parziali in cui la
domanda riguarda uno degli elementi della frase. Inoltre le interrogative disgiuntive
Ovvero l’alternativa tra due elementi e le interrogative retoriche in cui non c’è una reale richiesta ma una
domanda fittizia di cui si conosce già la risposta (potrei forse crederti?). Le frasi esclamativi nel parlato
caratterizzate da un’intonazione discendente nello scritto dal punto esclamativo.
La frase complessa: Il periodo o frase complessa o multipla. Il periodo può essere monoproposizionanale
Cioè composto da una sola proposizione, Biproposizionale e triproposizionale ecc.. Sì è composto da più di
tre proposizioni lo si definisce generalmente pluriproposizionanale. Le proposizioni di un periodo si
distinguono prima di tutto secondo i loro ruoli principali o reggenti o sovraordinati dalle quali dipendono le
secondarie o dipendenti o subordinati. Le proposizioni possono legarsi secondo due modalità principali la
coordinazione e la subordinazione. Nella coordinazione chiamata anche paratassi due o più proposizioni Si
susseguono senza dipendenza. Si tende a dilatare l’uso della coordinazione a spese della subordinazione. La
coordinazione può essere sindetica Cioè con congiunzione e asindetica, Senza congiunzione ma ottenuta
con segni di interpunzione. Poi c’è Polindeticq, Con più congiunzioni. La coordinazione asindetica Viene
anche chiamata giustapposizione. La coordinazione sindetica Può essere copulativa (Indica un
affiancamento), avversativa e sostitutiva stabilisce una contrapposizione tra due azioni se il contrasto è
parziale abbiamo la coordinazione avversativa espressa con ma, però, tuttavia, la proposizione introdotta
da ma non nega il contenuto della precedente. Se il contrasto e totale in quanto la seconda nega la prima
sia la coordinazione sostitutiva. La coordinazione disgiunti Iva pone un’alternativa tra due azioni o, oppure,
ovvero. Abbiamo poi quella conclusiva quindi, dunque, perciò. Quella esplicativa o dichiarativa chiarisce
conferma la precedente infatti, cioè. La coordinazione correlativa consiste nell’avvicinamento di due
proposizioni mediante congiunzioni ripetute. La coordinazione testuale consiste nella separazione con il
punto fermo della coordinata rispetto alla principale (e e ma). L’uso di congiunzioni come e o né All’inizio di
un testo è presente nella poesia otto novecentesca. Passiamo ora alla subordinazione ovvero insieme di
proposizioni. Le subordinate possono essere tra loro coordinate, costituendo quindi un unico livello di
dipendenza dalla reggente oppure essere dipendenti a catena, l’uno dall’altra. Le proposizioni dipendenti
possono essere esplicite se il predicato verbale è di modo finito o implicite quando invece è infinito. La
classificazione dei vari tipi di subordinate può essere fatta seguendo diversi criteri
-il criterio più seguito si basa sulla funzione logica svolta dalla proposizione e riproduce nella frase
complessa i costituenti della frase semplice. Si individuano le proposizioni soggettive, le interrogative
indirette, relative, avverbiali, finali, causali, ipotetiche, modali eccetera. -Un altro criterio elaborato dalla
linguistica novecentesca si basa sul principio della valenza del verbo che classifica le proposizioni in
relazione al loro rapporto con il verbo: le Argomentali, le avverbiali.
-Altro criterio considera la forma dell’elemento introduttore della proposizione subordinata. Secondo
questo criterio vengono classificate le proposizioni congiuntive, le interrogative, le relative, le participali , le
gerundive, le infinitive.
Le interrogative indirette: esprimono una domanda un dubbio possono essere totali O parziali. Possono
essere introdotte dalla congiunzione se o da pronomi, aggettivi, avverbi interrogativi. Il modo può essere
l’indicativo o il congiuntivo.
Le relative: le più usate sono introdotte da un pronome relativo da un avverbio relativo dove, come che
richiamo l’elemento antecedente. È importante distinguere tra relative determinative e relative appositive.
Le prime il significato è incompleto senza di esse, le seconde costituiscono un’aggiunta nella frase che
potrebbe fare a meno di queste. La relativa può acquisire una funzione logica: causale, consecutiva, finale,
concessi Iva, temporale, ipotetica. Le relative implicite sono introdotte dalla preposizione a.
Le causali: esprimono la causa di cui la principale è l’effetto possono essere introdotte dalla congiunzione
perché o poiché, dato che, visto che possono essere poste prima o dopo la principale. Il modo e l’indicativo
spesso.
Le finali: esprimono il fine è l’obiettivo verso il quale tende l’azione espressa nella reggente in forma
implicita sono introdotte dalle proposizioni per , al fine, allo scopo di in forma esplicita sono introdotte da
perché, finché, seguito dal congiuntivo. Non hanno valore finale e hanno una successione temporale.
Le consecutive: esprimono una conseguenza rispetto al contenuto della principale in forma esplicita
vengono introdotte da un che Preceduto da avverbi come tanto, così, talmente o aggettivi come tale,
simile. Il modo è generalmente l’indicativo ma può esserci il congiuntivo. In forma implicita introdotto da da
o per.
Le concessioni ive: indicano una condizione la cui conseguenza naturale sarebbe in contrasto con il
contenuto espresso nella principale. Introdotte da sebbene, nonostante, benché seguita dal congiuntivo. In
forma implicita introdotte da Poor seguito dal gerundio dall’infinito preceduto da per.
Le ipotetiche: o condizionali esprimono la condizione necessaria per l’avverarsi del contenuto della
principale insieme alla quale costituiscono il periodo ipotetico. La subordinata condizionale viene chiamata
anche protasi mentre La principale apodosi. La congiunzione è se, Qualora, nel caso che.il periodo ipotetico
introdotto da se può essere distinto in tre tipi: Nel primo tipo fatti certi, nel secondo tipo fatti possibili e nel
terzo tipo Fatti impossibili. Si usa il congiuntivo nella Portasi e il condizionale nella apodosi. Le condizionali
implicite sono costruite con l’infinito preceduto da a, con il gerundio e con il participio.
Le incidentali: non dipendono dalla principale sono da essa separate non rientrano nelle subordinate e non
sono introdotte da congiunzioni ho pronomi.
C’è sempre più comune nella lingua scritta contemporanea all’uso di separare la dipendente con il punto
fermo rispetto alla reggente in questo caso parleremo di subordinate Frante o spezzate.
Punteggiatura
Le funzioni della punteggiatura: Due sono le funzioni della punteggiatura quella di chiarire l’articolazione
del pensiero espresso nella scrittura è quella di riflettere le Posey che intervengono e interrompere la
catena del discorso. Le funzioni principali della punteggiatura possono essere così individuate.
-Funzione segmentatrice sintattica: consiste nel segmentare un testo chiarire il suo significato.
-Funzione enunciativa, legate a fattori espressivi e informativi, le pause intonative oltre a rispondere a una
finalità pragmatico testuale rispondono anche a una finalità espressiva.
-Funzione emotiva intonativa: Alcuni segni danno una particolare linea intonativa,!,?.
La punteggiatura in diversi tipi di testi: L’uso della punteggiatura varia a seconda del tipo di testo
argomentative, letterari, creativi. Nei testi argomentative deve rispondere esclusivamente alle funzioni
segmentatrice sintattica e metalinguistica. Nelle scritture letterarie può ricorrere anche alla funzione
enunciativa un esempio nei promessi sposi dove è molto evidente la presenza della funzione enunciativa.
Nella scrittura giornalistica sono presenti sia la finalità denotativa, comunicativa, connotativa, espressiva.
La virgola: E può essere usata in abbondanza o con parsimonia un suo impiego troppo abbondante può
determinare non leggibilità il suo uso scarso non favorisce la comprensibilità del testo. La virgola trova
impiego obbligatorio Nei seguenti casi:
-All’interno di un periodo: obbligatoria tra due o più proposizioni coordinate per asindeto (esempio dopo:
elenco di azioni), opportuna tra una subordinata che precede la principale la principale stessa, obbligatoria
separare una subordinata che ha autonomia rispetto alla principale, opportuna e presenza di connettivi,
opportuna tra due proposizioni coordinate introdotte da congiunzioni come ma, davanti a e non si mette
ma non c’è una regola vincolante.
-Non deve invece essere messa nei seguenti casi: tra soggetto e predicato, tra predicato e complemento
oggetto, prima di proposizioni oggettive per esempio Ho detto, che sarei venuto, subito dopo il che.
Punto e virgola: L’uso comune tende a sostituire il punto e virgola con la virgola. Si usa prevalentamente:
per separare i termini di un elenco introdotto in genere dai due punti , Per separare i proposizioni. Le
funzioni primarie dei due punti sono le seguenti:
-Nel periodo
Punto fermo: rappresenta l’interruzione massima all’interno del periodo. Notiamo nell’italiano di oggi la
tendenza ad abusarne, si tende spesso a separare con il punto fermo una coordinata o una subordinata alla
principale.
Puntini di sospensione: Devono essere sempre tre, Indicano una sospensione di varia natura nel discorso,
un cambio di progettazione del discorso o l’omissione di una parte del testo che si cita.
Generalità sull’ordine delle parole in italiano: L’ordine basico non è marcato e quello diretto SVO soggetto-
verbo-oggetto diretto e SVOOI Soggetto-verbo-oggetto diretto-oggetto indiretto. Il latino invece ha solo un
ordine SOV. L’ordine marcato modifica l’ordine normale mettendolo in rilievo enfatizzando.
Costruzioni dell’ordine marcato, sintassi mercato: Rispetto alla posizione normale prima del predicato, il
soggetto è posposto al verbo in determinate situazioni: per espressività, marca terza, enfatizzazione,
Contrasto nelle frasi interrogative esclamativi con verbi di accadimento O per infatti zar è il soggetto. Un
elemento diverso dal soggetto assume la funzione di tema dato ed è collocato A sinistra, seguito dal
predicato rema nuovo a destra con una connessione sintattica mediante una ripresa pronominale
anaforica. È più frequente con il complemento oggetto ma sia anche con altri costituenti: complemento
indiretto, partitivo, predicativo del soggetto. La ripresa pronominale rappresenta elemento caratteristico
del costrutto se manca la ripresa il costrutto diventa una semplice inversione o ante posizione (tua madre
ho visto ieri). Mentre la ripresa con il pronome atono per il complemento oggetto è quasi d’obbligo ormai
(il giornale lo leggo alla sera) Nel caso di Complementi indiretti, che possono essere anticipati senza ripresa,
questa determina una Ridondanza pronominale. Un’alternativa alla dislocazione dell’oggetto è la
trasformazione in frase Passiva, con l’elemento tematico che assume la funzione di soggetto. Il tema libero
sospeso è un costrutto formato da un costituente con apparente funzione di soggetto collocato a inizio
frase, seguito da una costruzione senza collegamento pronominale: la mia gamba mi fa male. Rientra nella
categoria anacoluto. La dislocazione a destra consiste nella collocazione di un costituente imposizione
finale a destra nella sua anticipazione con un pronome cataforico: l’ho già salutata, tua sorella. La differenza
rispetto alla costruzione normale e la presenza del pronome. Il costrutto della dislocazione a destra ha più
spesso un tono colloquiale è meno frequente nello scritto di quello a sinistra. La frase scissa è costituita da
una prima unità fra sale contenente il verbo essere e l’elemento focalizzato rema è una seconda
proposizione in cui si richiama un’informazione in parte presupposta (Tema): è Giovanni che mi ha detto di
te, e a te che penso in continuazione. Alla funzione di farle identificare più facilmente l’elemento nuovo e di
enfatizzarlo, ma anche di spezzare il contenuto. In genere l’elemento focalizzato è un nome o un pronome.
Nelle frasi pseudo scisse viene collocato prima il tema, successivamente il rema: ciò che vediamo è che
l’agricoltura sta scomparendo. Che mi fa paura e la nebbia. Quest’ultima frase rappresenta il corrispettivo
marcato di la nebbia mi fa paura. La frase scissa e pseudo scissa: nella prima il contenuto nuovo precede
quello noto il contrario accade nella seconda; condizione indispensabile tale presupposizione. Un tipo
particolare di frase scissa è il cosiddetto c’è presentativo, c’é + che: c’è mio fratello che non crede che sia
possibile, che alla funzione di marcare il soggetto.
LESSICO
Termini base, generalità: Lessico è l’insieme delle parole di una lingua, vocabolario: Opera chi raccoglie il
lessico-dizionario: opera che raccoglie il lessico, lessicologia: disciplina che studia il lessico, lessicografia:
tecnica di composizione dei dizionari,
Il lessico rispetto alla grammatica che è un sistema chiuso e invece un sistema aperto esistono comunque
delle relazioni tra i due sistemi. Sul piano sincronico il lessico È organizzato in classi di parole secondo la
grammatica. Vi è uno stretto legame tra lessico e grammatica nella formazione delle parole. Sul piano
diacronico La grammaticalizzazione Consiste nel passaggio di elementi lessicali al sistema grammaticale. La
lessicalizzazione È il fenomeno inverso il passaggio di un elemento grammaticale elemento lessicale.
Composizione del lessico italiano: Il lessico italiano è composto fondamentalmente da voci provenienti dal
latino, da neoformazioni, da prestiti ovvero voci provenienti dalle lingue straniere. Il bagaglio latino viene
dal latino volgare popolare.queste voci si sono modificate nel passaggio dal latino all’italiano subendo
trasformazioni fonetiche e morfologiche. Poi ci sono altre parole dotte Che non hanno subito modificazioni
fono morfologiche esempio: sapienza, insetto, pagina, molecola, scheletro. Il settore che si occupa di
studiare le parole dal latino all’italiano è chiamato grammatica storica dell’italiano. I neologismi o
neoformazioni sono parole nuove, create in momenti diversi. Si distinguono innanzitutto neologismi
combinatoria e neologismi semantici, i neologismi compilatori si formano per derivazione o per
composizione: nel primo caso si formano da parole preesistenti con elementi aggiunti all’inizio della parola
o prefissi, oppure a giunti alla fine della parola o suffissi. Prefissi e suffissi costituiscono gli affissi. Nel
secondo caso si formano componendo una nuova parola attraverso l’unione di due parole o parti di esse.
esempio prefissi: variato > invariato. Le parole derivate con suffissi si distinguono in suffissati denominali
(scafo-scafista), Deaggettivali(stabile-stabilizzare), deverbali (confezionamento). Possono avere minore o
maggiore valenza semantica. Prefissi e suffissi di carattere particolare, chiamati prefissoidi e suffissoidi Sono
quelli che entrano nella formazione di termini tecnico scientifici costituiscono la categoria dei confissi. Tra il
prefissoidi Vi sono per esempio auto (Autostrada, autorimessa). Tra i suffissoidi citiamo logial-logo
(Trapiantologia) -mania, -metro. Infine, gli alterati sono derivati con suffissi che aggiungono al significato
Modifiche relative alla quantità, la qualità: diminutivi (libretto), Accrescitivi (librone), Peggiorativi (libraccio).
Differente alla derivazione alla composizione, cioè l’unione di una o più parole per formare una parola
nuova, l’elemento da determinare precede quello che determina determinato più determinante.tra i
composti con base verbale (asciugamani). Tra i composti con base nominale vi sono i composti di nome più
aggettivo come terraferma, o di nome più nome come cartamoneta, cassapanca. Un altro meccanismo di
formazione di neologismi è quello di neologismi semantici, Cioè di voci preesistenti che possono acquisire
nuovi significati esempio calcolatore. In certo modo a cavallo tra derivazioni e composizione e la
formazione di parole tecnico scientifiche attraverso i confissi. Infine citiamo le unità lessicali superiori o
unità polirematiche: si tratta di un accostamento di due o più parole a formare una unità semantica (ferro
da stiro). Gli arcaismi, voci entrate nel lessico italiano molti secoli fa e oggi invecchiate si possono
distinguere in arcaismi grafici, fonetici, morfologici, sintattici e lessicali. Gli arcaismi semantici, voci che
vengono usate in accezioni diverse da quelle che possiedono lumi-occhi. i prestiti Si distinguono in prestiti
di necessità, cioè parole importate insieme a un popolo straniero (caffè, computer) e prestiti di lusso,
motivate dal prestigio del modello straniero (leader, weekend). Si distinguono poi i prestiti integrati cioè
Adattati al sistema fono morfologico della lingua come bistecca da beef-steak E prestiti non integrati come
champagne e, hardware.
Il calco: Sì ha calco semantico Quando una parola della lingua accogliente acquisisce significato di una
parola straniera, come realizzare rendersi conto dall’inglese to realize; Sia a calco traduzione o sintattico
quando si forma con elementi indigeni una parola composta copiando una parola straniera: luna di miele da
Honeymoon, grattacielo da Skyscraper. La lingua italiana ha assunto nei primi secoli della sua storia molte
voci dal provenzale e dal francese dette gallicismi (cavaliere, Viaggio), dal tedesco Germanismi (guancia,
schiena), arabismi (zero, algebra, zucchero), Ispanismi (etichetta, posata). In epoca moderna molto forte è
stata la presenza dell’influsso francese gli anglicismi raggiungono i francesismi a partire dai primi decenni
del 900. Tra i prestiti delle lingue classiche oltre ai latinismi vanno citati i grecismi Passati in italiano
attraverso il latino (cattedra, basilica, vescovo). Si definiscono poi anglo latinismi e Franco latinismi Le voci
latine entrate nell’italiano attraverso le lingue inglese francese: si tratta principalmente di termini scientifici,
filosofici, economici. Un particolare tipo di prestito sono i dialettismi un regionalismi Parole originatesi nelle
diverse varietà linguistiche d’Italia e penetrate nella lingua standard (Lavello, scocca, mozzarella, pizza,
panettone). Con differente prospettiva, si individuano i cosiddetti Geosinonimi Voci con lo stesso significato
e con significati diversi a seconda delle zone: per esempio anguria-cocomero-mellone. Infine l’onomatopea,
si forma imitando suoni e rumori (toc toc,bip) Un’altra modalità e la formazione di un nome comune da un
nome proprio come avviene nelle antonomasie (Nome di un personaggio assunto a simbolo), Adone,
Cicerone. Parole derivate dal nome dell’inventore dell’oggetto come le unità di misura. Poi ci sono le sigle.
Vocabolario o lessico fondamentale: il vocabolario di una lingua è costituito dalle voci più frequenti la cui
comprensione garantisce la comunicazione primaria. Il vocabolario fondamentale della lingua italiana si
aggira intorno alle 7000 parole ma è distinto su diversi livelli al suo interno: un nucleo di base, un livello
intermedio, un livello superiore di vocaboli definiti di alta disponibilità. Esistono dizionari dedicati a
raccogliere il lessico di base, il vocabolario di base di Tullio de Mauro e lessici di frequenza.
La semantica o studio del significato: La sinonimia e il rapporto che lega due parole con significante diverso
e significato uguale. La sinonimia assoluta è molto rara. Va considerata la sinonimia in relazione al testo:
due termini possono essere sinonimi in un determinato testo e non in altri. La Polisemia consiste nella
pluralità di significati per un singolo significante. Rare sono le parole che possiedono un solo significato. Si
parla di Polisemia sincronica per una parola con un’unica etimologia è più di un significato. Quando invece
siamo di fronte alla stessa parola ma con due etimologia diverse si parla di omonimia, si distinguono gli
omografi, Parole scritte uguali ma con pronuncia diversa (pesca-pèsca), dagli omofoni, Che hanno anche
identica pronuncia come lama. La Polisemia in senso diacronico concerne i meccanismi che portano al
mutamento di significato: l’estensione (canna), il traslato e la metafora (gamba del tavolo), la metonimia
(bere un bicchiere). L’antonimia e il rapporto di opposizione tra significati: Grande-piccolo. L’antonimia può
essere di tipo bipolare, quando si oppongono parole (o é l’uno o é l’altro) o graduale come in caldo-freddo.
L’iperonimia definisce il rapporto Tra un termine dal significato più ampio rispetto a uno con significato più
ristretto come albero-abete. Al contrario l’iponimia é Il rapporto tra un termine più ristretto e uno più
ampio come appunto avete-albero. Quindi albero è iperonimo di abete, e abete è iponimo di albero.
L’antonomasia consiste nell’usare al posto di un nome proprio un epiteto, una qualità (L’avvocato).
L’eufemismo consiste nell’usare un significato che non denomini direttamente il significato per pudore:
scomparsa (morte).
CAPITOLO 3
Che cos’è un testo: Un testo non è semplicemente una successione di frasi, nel momento in cui la lingua e
veicolo di comunicazione diviene un testo. Non è necessario pensare al testo come una successione di frasi
o meglio di enunciati un testo può coincidere con unità minime. La differenza tra la frase il testo non si basa
su fatti quantitativi bensì su fatti qualitativi. Possiamo definire il testo come l’unità fondamentale
dell’attività linguistica. Il testo è un messaggio che assume un senso solo se è collocato in una situazione
comunicativa, non è tale se non inserito in un contesto pragmatico.
La tipologia tradizionale: Werlich distingue cinque tipi fondamentali di testi: narrativo, descrittivo,
espositivo, regolativo, argomentativo. Il testo narrativo registra un’azione, un processo nello svolgersi del
tempo, gli eventi sono disposti in una sequenza che può coincidere con il progressivo svolgersi del tempo in
questo caso si avrà coincidenza tra fabula cioè l’ordine naturale degli eventi nella loro successione causale
temporale e l’intreccio o trama cioè la reale disposizione degli eventi nel racconto. Il narratore può
interrompere La successione lineare degli eventi può spezzare l’azione anticipandone parti, ciò può essere
attuato attraverso un procedimento di retrospezione Chiamato analessi o Flash back: l’ordine lineare è
interrotto per raccontare eventi accaduti in precedenza, oppure attraverso un procedimento di
anticipazione chiamato Prolessi per raccontare fatti successivi. Il narratore può essere estraneo ai fatti
raccontati-narratore esterno oppure può essere qualcuno che partecipa agli eventi-narratore interno.
Il testo descrittivo è correlato alla matrice cognitiva che consente di cogliere le percezioni relative allo
spazio. La descrizione letteraria ricerca il coinvolgimento emotivo anche con l’esplicitazione della
soggettività dell’autore, più neutre oggettive Sono le descrizioni dei testi pragmatici specialmente di tipo
tecnico. Accanto alla presenza di un lessico tecnico andranno notati l’uso esclusivo del presente atemporale
per esprimere uno stato di cose permanente.
In un testo di tipo espositivo una descrizione può avere una funzione informativa mentre all’interno di un
testo volto al sostegno di una teoria o di un’opinione potrà assumere una funzione argomentativa. A
seconda del rapporto che il testo descritto instaura con il proprio referente è possibile distinguere due tipi
basilari di descrizione. Gli oggetti possono essere reali o fittivi, con un ulteriore suddivisione per entrambi in
oggetti particolari e oggetti generici.oggetto reale particolare quello considerato nella sua concretezza e
individualità (La mia bicicletta), oggetto reale generico (la bicicletta). Oggetto fittivo Particolare è ad
esempio l’orco Shrek, oggetto fittivo generico l’orco.
Il testo regolativo allo scopo di indicare regole, dare istruzioni in modo tale da indirizzare il comportamento
del destinatario (leggi, regolamenti, regole dei giochi, ricette) devono essere intesi come provenienti da una
autorità. Il testo esempio di una ricetta ha l’emittente che si rivolge direttamente ai lettori con un tono
confidenziale che non usano i testi regolativi. Alcune indicazioni sono falsamente precise. Ben più rigida é la
struttura di un articolo del codice civile. Ogni indicazione data con precisione.
Il vincolo interpretativo come parametro tipologico: Una proposta tipologica diversa è stata avanzata
recentemente da Francesco Sabatini. Egli propone un modello che si fonda sul principio di rigidità-elasticità
del vincolo interpretativo posto da chi produce il testo al destinatario. Per mezzo di tale parametro si
possono individuare tre grandi classi di testi.il primo è costituito da quei testi per i quali il vincolo
interpretativo e massimo, l’interpretazione è regolata. Il secondo è costituito da testi per i quali l’emittente
intende far raggiungere per gradi al destinatario conoscenze diverse da quelle di partenza. Infine un terzo in
cui testi non hanno una rigida volontà interpretativa, al destinatario viene lasciata ampia libertà, siamo
nell’ambito dei testi letterari. Quindi abbiamo testi molto vincolanti (scientifici,normativi,tecnico operativo),
testi mediamente vincolanti(espositivi,informativi), testi poco vincolanti(letterari).
Il vincolo interpretativo è dato dai tratti linguistici che contraddistinguono il testo. I testi molto vincolanti
sono caratterizzati da un ordine di costruzione fanno riferimento a principi e uso di ripetizioni, I periodi non
sono interrotti dalla punteggiatura. I testi poco vincolanti sono caratterizzati dall’uso di sinonimi da
interrogative ed esclamativi.
I principi costitutivi di un testo: Un testo deve rispondere a precisi requisiti che corrispondono ai sette
principi costitutivi di un testo. Distinguiamo due principi relativi al materiale testuale: Coesione e coerenza,
I cinque principi relativi al contesto extra linguistico: l’intenzionalità, l’accettabilità, l’informatività, la
situazionalità e l’intertestualità.
La coesione: Consiste nel collegamento grammaticale di tutte le sue parti. Oltre ai rapporti grammaticali vi
sono degli elementi che contribuiscono a legare tra loro le parti del testo vengono detti coesivi e possono
essere distinti in due categorie: le forme sostituenti e i segnali discorsivi. Le forme sostituenti rimandano
espressioni linguistiche precedenti (anafora) o seguenti (catafora), Un ruolo importante nella sostituzione è
giocato dagli iperonimi , dai sinonimi, dai nomi generali (cioè nomi dal significato generico capaci di
sostituirne altri es cosa,fatto). I sostituenti possono essere: anafore, perifrasi, aggettivi, pronomi, ellissi. La
scelta del tipo di sostituente non è determinata solo da motivi stilistici e anche in funzione del grado di
coesione, di dipendenza reciproca tra gli enunciati di un testo. Maggiore è l’esplicitezza del sostituente
come può essere quella di una ripetizione dello stesso termine, minore è il legame tra l’enunciato che lo
contiene il cotesto; Viceversa a minore esplicitezza corrisponde un maggior grado di dipendenza cotestuale.
Più raro ma in espansione è il fenomeno della catafora cioè il rinvio in avanti. La seconda categoria di
coesivi è costituita dai segnali discorsivi si tratta di elementi che hanno tra le funzioni primarie di indicare
l’articolazione del testo, di collocare il testo in una dimensione interpersonale. Quando sono usati per
collegare parti di testo la loro funzione è di connettivi testuali. Non è possibile darne un elenco, possono
fungere da connettivi testuali molte congiunzioni (dunque, ma), sintagmi verbali (guarda), pre posizionali
(in altre parole). Osserviamo la differenza tra l’uso di allora in: l’autostrada era bloccata da ore, allora
decidemmo di prendere la statale.Giovanni sei il solito ritardatario. Allora ti decidi a uscire! Nel primo caso
allora mantiene il suo valore di congiunzione, nel secondo assume la funzione di segnale discorsivo.
La coerenza: la coerenza di un testo consiste nel collegamento logico di tutti i suoi contenuti e nella sua
continuità. Possiamo dire che mentre la coesione riguarda l’unità di superficie del testo la coerenza
riguarda il livello profondo, l’unità concettuale. In un testo la coerenza opera diversi livelli: possiamo
individuare una coerenza tematica, logica e semantica.
Coerenza tematica- Se noi consideriamo un enunciato avremo un argomento di cui si sta parlando, un tema
e qualcosa che si dice intorno adesso un rema. Il testo può essere analizzato come una sequenza di copie
tema-rema. A seconda di come in un testo si alternano tema e rema possiamo distinguere almeno cinque
tipi di progressione tematica.
1 Progressione lineare: il rema diventa il tema dell’enunciato seguente: il resto vorrebbe giocare con suo
fratello Bartolomeo. Bartolomeo preferisce inseguire il gatto.
2 Progressione a tema costante: il tema del primo rimane invariato nei successivi
3 Progressione a temi derivati da un Ipertema o da un iperrema (Cioè da un tema o da un rema più ampi)
4 Progressione con sviluppo di un tema o di un rema dissociato: Giovanna oggi andrò al cinema con Luca e
Maria, Luca vorrebbe vedere una commedia. Maria preferisce i film d’azione.il rema del primo enunciato
viene scomposto nei due elementi che divengono temi degli enunciati seguenti.
5 Progressione tematica salti: ogni enunciato presenta un tema diverso.la progressione tematica partecipa
alle strategie di coesione e coerenza testuale.
Coerenza logica- Le azioni espresse sono collegate tra loro da rapporti logici, i concetti sono posti in
relazioni logiche corrette, tali relazioni possono essere causali, temporali, finali e così via.
Coerenza semantica-La coerenza semantica riguarda la Compatibilità tra i significati delle parole, dei
sintagmi o delle proposizioni. Non tutti i significati possono selezionarsi tra loro.
L’accettabilità-É la volontà del destinatario di riconoscere l’atto linguistico del mittente come testo coeso e
coerente dipende anche dal contesto extra linguistico, sociale e culturale.
L’informatività-È il grado di informazione veicolato dal testo riguarda in primo luogo il contenuto del testo,
è inversamente proporzionale alla probabilità che elementi linguistici si seguono l’un l’altro.
La situazionalità-È la dipendenza del testo dalla situazione in cui è prodotto: mutando situazione, un testo
può aumentare perdere rilievo.la situazione aiuta a chiarire il senso di un testo.
L’intertestualità-È il rapporto tra un testo con uno più testi già conosciuti in precedenza. Spesso l’uso che si
deve fare di un testo è determinato da testi precedenti.
I principi regolativi: Oltre ai sette principi costitutivi esistono anche dei principi regolativi a differenza dei
primi non servono a determinare i testi ma esprimono il controllo circa il loro uso, tali requisiti sono:
l’efficienza, l’efficacia o effettività e l’appropriatezza.
3 L’atto perlocutorio: azione compiuta col dire qualcosa è l’effetto che si produce, il risultato dell’enunciato.
Ogni atto illocutorio è dotato di una forza illocutoria cioè la tensione che chi parla assegna l’enunciato, che
si manifesta per mezzo di indicatori tra i quali l’intonazione o la scelta dei modi verbali.
Le impalcature conversazionali: Spesso quando si parla non tutto è detto in modo esplicito.
Le massime di Grice: Paul Grice Fa una teoria osserva che la nostra conversazione si svolge secondo un
principio di cooperazione: affinché i risultati siano conformi devono essere rispettate quattro massime: di
quantità, qualità, relazione e modo. La massima della qualità richiede che si tenti di dare un contributo che
sia vero. La massima della relazione richiede di essere pertinenti. La massima di modo richiede di essere
perspicui, quindi evitare l’oscurità di espressione. Con la violazione delle massime si attua un’implicazione
conversazionale, Si attiva cioè nel destinatario un processo inferenziale. La violazione delle massime a volte
è data dal volere essere troppo diretti e dall’uso dell’ironia.
La deissi: È un fenomeno importante per il quale alcuni elementi linguistici hanno la proprietà di mettere in
relazione rinunciato con la situazione in cui questo è prodotto. Tali elementi sono detti deittici. Possiamo
distinguere tre principali tipi di Deissi: Personale, spaziale e temporale.
La deissi personale, Per mezzo di questa ci si riferisce a coloro che partecipano alla comunicazione, si indica
il loro ruolo nell’evento comunicativo, si tratta dei pronomi personali la loro corretta individuazione è
vincolata alla situazione. La deissi Personale può essere espressa anche per mezzo della flessione verbale:
andiamo a scuola. Non sempre sono deittici I pronomi di terza persona singolare dove spesso la
comprensione del pronome personale dipende dal cotesto. Va considerato all’interno della deissi Personale
anche la cosiddetta deissi sociale Che si realizza per mezzo dei pronomi allocutivi usati per rivolger è la
parola a qualcuno possono essere distinti in naturali o confidenziali: tu, voi; e in riverenziali o di cortesia:
lei, voi e dilla, voi e loro.
Mediante la deissi spaziale Si indica la collocazione nello spazio di chi partecipa all’interazione
comunicativa. Sono deittici spaziali gli avverbi qui,, la i pronomi e gli aggettivi dimostrativi.
Mediante la deissi temporale indica la collocazione nella dimensione del tempo. Sono deittici temporali Gli
avverbi: adesso, ora, allora e gli aggettivi dimostrativi, i morfemi verbali del presente del passato e del
futuro. Abbiamo collocato i dimostrativi sia tra i deittici spaziali sia tra quelli temporali. L’interpretazione
del dimostrativo è condizionata dal contesto linguistico ed extra linguistico.
I costrutti i mercati: L’ordine basico dei costituenti di una frase é SVO, Talora però quest’ordine non è
rispettato a esso si preferisce un ordine marcato dei costituenti. Una frase può essere marcata sotto tre
aspetti: sotto il profilo fonologico con pochi interrogativi, sotto il profilo sintattico, l’ordine basico non è
rispettato e sotto il profilo pragmatico alcuni elementi in rilievo. Questi tre tipi di marcatezza non si
escludono. Il più frequente di questi costrutti è la dislocazione a sinistra: un elemento diverso dal soggetto
viene spostato a sinistra esempio: la mela la mangia Andrea in questo caso il costituente dislocato al
complemento oggetto. Con una dislocazione si può aprire un discorso. Gaetano Berruto spiega la
dislocazione a sinistra come un fenomeno per cui parla tende ad anticipare l’argomento. Pragmaticamente
analoga alla dislocazione a sinistra è la costruzione detta tema sospeso: Giuseppe, non gli parlo da secoli. La
dislocazione a destra è una costruzione che consiste nell’isolare a destra dell’enunciato un costituente che
viene anticipato da un pronome clitico, si possono individuare due funzioni pragmatiche. La prima consiste
nella messa in secondo piano del tema noto la seconda è frutto di un ripensamento: l’elemento dislocato
viene aggiunto per necessità di chiarezza. Un altro costrutto mercato è la tropicalizzazione contrastiva: Un
costituente nuovo viene collocato all’inizio di frasi ed è pronunciato con enfasi: Luca è arrivato. Rispetto alla
dislocazione a sinistra la topicalizzazione serve a mettere in evidenza un elemento nuovo. Pragmaticamente
simile alla Tropicalizzazione la frase scissa. Anche in questo caso vi è un enfatizzazione di un elemento
nuovo, la frase scissa si realizza secondo la struttura: verbo essere più elemento focalizzato più che più
resto della frase: è con Luisa che dovete parlare, era lui che doveva telefonarti. L’enunciato è scomposto in
due blocchi nel primo viene messo in rilievo un elemento nuovo mentre il secondo contiene
un’informazione dal discorso precedente.
Usi pragmatici del verbo: Aspetti pragmatici sono stati rilevati anche nell’uso del verbo c’è una progressiva
semplificazione del sistema verbale. Molto frequentemente alcuni tempi non indicano più una relazione
temporale vengono usati per segnalare l’atteggiamento del parlante nei confronti della propria
comunicazione. È il caso del futuro epistemico Attraverso il quale il parlante esprime un’ipotesi. il tempo
che si sta estendendo è l’imperfetto epistemico Segnala una supposizione, non realizzata o che non può più
realizzarsi: dovevo parlarti urgentemente ora è troppo tardi. L’imperfetto irreale Indica la separazione dal
mondo reale usato anche per evocare un accadimento immaginario nel passato: avremmo potuto.
L’imperfetto ludico: facciamo che io ora. L’imperfetto attenuativo o di cortesia: cosa potevo esserle utile?
Suffissi e intensificazione: nel registro informale si assiste a un incremento d’uso di suffissi: ti ho fatto un
bel regalo, un regalone! A funzione pragmatica di intensificazione e di rielaborazione di quanto è stato
detto in precedenza.fenomeni di questo tipo si riscontrano nei testi pubblicitari, la ricerca di
intensificazione è dovuta alla volontà di catturare l’attenzione.
CAPITOLO 4
Premessa: In questa parte ci occuperemo di un fondamentale fattore di variazione per quanto riguarda la
lingua cioè il tempo. Lo studio della variazione diacronica cioè della dimensione storica studia l’evoluzione
delle forme linguistiche, adotteremo una periodizzazione in tre fasi:
1 Dalla frammentazione linguistica medievale al primato del fiorentino letterario: il periodo che va dalla
prima documentazione di testi in volgare alla fine del trecento quando il fiorentino ha acquisito una
posizione di rilievo sugli altri volgari.
2 Unificazione, norma ed espansione dell’italiano: va dalla fine del trecento all’unificazione politica (1861
programmazione del regno d’Italia). l’italiano comune comincia a espandersi house iscritti mentre ai parlati
continuano a venire impiegati i dialetti.
3 Da lingua della letteratura al lingua d’uso nazionale: dall’unità all’età contemporanea. L’italiano diviene
lingua d’uso nel parlato a partire dagli anni 70 del novecento si affermano fenomeni come l’influsso
dell’inglese, la diffusione dell’italiano neo standard.
L’italiano si è formato sulla base di un volgare locale il fiorentino diventando la lingua letteraria comune.
Alcune circostanze storiche hanno portato al primato del fiorentino: circostanze esterne, cioè la supremazia
differenze su altre città, circostanze interne la maggiore vicinanza del fiorentino al latino.si può dunque
affermare che l’italiano si fonda sul fiorentino letterario del trecento. La letterarietà Rappresenta una delle
Marche tipiche della storia dell’italiano. La differenza di fondo che ha separato La storia della lingua poetica
dalla storia della lingua della prosa: La lingua poetica appare già unificata alla fine del trecento invece la
prosa si sviluppa lentamente a livello letterario. La nostra lingua si è adattata faticosamente agli impieghi
non letterari da qui nasce la richiesta di un rinnovamento linguistico nel 700 formulata dagli intellettuali
illuministi. Manzoni fa una riflessione dicendo che all’italiano mancavano termini per designare oggetti
Appartenenti alla sfera quotidiana. Ha segnato profondamente la nostra storia linguistica il fatto che per
secoli l’italiano è stata una lingua prevalentemente scritta, mentre la comunicazione viva e parlata avveniva
in dialetto.solo dopo l’unificazione politica si è avviato finalmente il processo che ha portato l’italiano a
divenire da lingua scritta Lingua parlata, la lingua italiana si è mantenuta nel tempo relativamente stabile.
La frammentazione linguistica medievale e i primi documenti volgari: Le prime attestazioni scritte dei
volgari parlati nel territorio italiano tra il IX e il X secolo. In età imperiale si affermano nel latino parlato
mutamenti importanti ad esempio cadono le consonanti finali, l’ordine delle parole segue il modello SVO.
Tra il quarto e il V secolo l’accento quantitativo viene sostituito da quello intensivo: scompare la distinzione
fondata sulla quantità (vocali lunghe-vocali brevi), e si instaura la distinzione fondata sulla quantità (vocali
aperte-vocali chiuse), le vocali brevi venivano pronunciate aperte e le lunghe chiuse. Si passerà così dal
sistema vocalico latino a quello italico a sette vocali toniche ridotti a cinque. Esistevano molte varietà di
latino parlato con differenze legate alla variazione geografica diatopia alla situazione comunicativa più o
meno formale diafasia alla variazione socioculturale diastratia. Queste varietà sono il presupposto della
formazione di volgari locali.le dominazioni straniere di popoli germanici (Goti, longobardi, franchi)
contribuirono a questa frammentazione.i dominatori germanici a differenza dei romani che imponevano ai
popoli vinti in latino, adottarono la lingua delle popolazioni conquistate immettendo però alcuni elementi
della loro lingua (super strato). I prestiti longobardi sono diffusi nel lessico comune, nella toponomastica,
nell’antroponimia. La scripta latina rustica rappresenta una sorta di ponte del latino scritto con le scritture
volgari.
Indovinello veronese: Un caso ancora dubbio rappresentato dalla lingua del cosiddetto indovinello
veronese fine VIII secolo e inizio IX secolo. È ritenuto non un testo volgare ma un latino intriso di
volgarissimi. Si tratta di una nota, l’indovinello è stato aggiunto insieme a un’altra breve nota in latino
corretto su un codice scritto in Spagna e poi arrivato a Verona. L’arrivo di scriptae volgari é Legato a figure
come: notai, che dovevano tradurre riformulare di continuo da una lingua all’altra, i mercanti che di solito
non conoscevano il latino ma sapevano scrivere e far di conto e dovevano usare il volgare per esigenze
pratiche, i religiosi che dovevano farsi comprendere anche dagli illetterati. Le scriptae Sono differenti ma
presentano tendenze comuni: libri di Ismo, la variabilità e instabilità, la forte specificità dell’elemento
locale. Si parla perciò di plurilinguismo e policentrismo.
Catacomba commodilla: Il più antico testo volgare è l’iscrizione della catacomba di Commodilla a Roma
Una frase graffito sulla parete come invito all’officiante la messa: non dicere ille secrita a bboce (Non
pronunciare le orazioni segrete a voce alta). Iscrizione S. Clemente: Corredare affresco raffigurante un
episodio della passione di San Clemente nella basilica a Roma, le parole pronunciate dai servi che credono
di aver imprigionato il santo sono in volgare: spingilo dietro, col palo Carboncielo.
Placitò di Capua: risulta di grande importanza il primo documento che attesta l’uso consapevole del volgare
in un documento ufficiale che viene perciò di solito considerato l’atto di nascita dell’italiano: il placito
(decisione giudiziale) di Capua. Il placito è un verbale su pergamena dal notaio in esso il giudice accerta il
diritto al possesso di alcune terre da parte del monastero di Montecassino, sulla base di tre testimonianze
che vengono trascritte in formule volgari per tre volte.
Il volgare nei testi pratici e nei testi letterari in prosa: L’affermazione del volgare negli usi scritti avviene in
tempi diversi. Nei testi pratici si verifica più precocemente in alcune aree: Venezia dove è presente anche
un veneziano d’oltre mare, in Lombardia solo Mantova a testi pratici. Ci sono differenze notevoli a seconda
dei generi degli scriventi e della destinazione dei testi. E significativo lo spazio che acquista il volgare
nell’ambito della scuola dell’università, istituzioni tradizionalmente legate al latino ma sensibili alle nuove
esigenze. La necessità di un volgare è ben presente nelle formule epistolari volgari contenute nella gemma
purpurea. Il maestro di retorica bolognese a presta anche modelli di discorsi pubblici in volgare e su questa
via diventa importante l’applicazione della retorica del volgare. E noto il ritardo con cui si avviano in area
italiana esperienze volgari di prosa letteraria che resta allungo condizionata dal prestigio del latino e del
francese. Nella seconda metà del 200, Guittone d’Arezzo sperimenta con le sue lettere morali e religiose
una prosa penetrata da elementi della tradizione lirica. Una tradizione di prosa narrativa media inizia in
Toscana fino a 200 con raccolte di brevi novelle come il novellino di un anonimo autore. Le Traduzione dal
francese di romanzi del ciclo arturiano hanno grande fortuna e rispondono ai gusti di un pubblico così
aristocratico, sia borghese come il volgarizzamento del tristano in prosa. La presenza di francesismi è
massiccia. Sul versante del racconto Storico grafico e della cronaca testi come la cronica di anonimo
romano testimoniano la vitalità delle tradizioni di scrittura locali. La cronica racconta le vicende di cola di
Rienzo è rivolta a un pubblico laico che non sai latino.
La formazione della lingua poetica: Nel corso del 200 c’è la nascita di un avere propria scuola la scuola
siciliana che sperimenta l’impiego letterario del volgare sulla poesia. Questa tradizione si irradia dal
meridione al centro Nord Italia va dai primi decenni del XIII secolo fino alla metà dell’ottocento. Tra la fine
del 12º i primi del XIII secolo si collocano i primi documenti poetici in volgare si tratta di ritmi giullareschi
componimenti irregolari come il ritmo laurenziano e il ritmo cassinese, tuttavia non riescono a costituirsi in
una tradizione volgare autonoma di prestigio. Gli inizi della poesia religiosa sono con il cantico di frate sole
di Francesco d’Assisi scritto in volgare umbro. È importante la tradizione delle laudi che diventano un
tramite notevole di fenomeni linguistici mediani. Nel corso del 200 si sviluppa nell’Italia settentrionale un
filone di poesia con finalità didattiche e moraleggianti scritte in volgare illustri. La più antica lirica in volgare
nota è una canzone d’amore Recentemente scoperta a Ravenna. Resta aperto però il problema della sua
provenienza se sia di origine settentrionale oppure meridionale. La raffinata scuola poetica che si forma
torno alla corte di Federico Secondo, La scuola siciliana impiega il volgare nella lirica siciliana si
abbandonano i provenzalismi e suffissati. È caratteristico l’impiego di allotropi e il ricorso a sitologie
sinonimiche. In Toscana dove si stava affermando una società borghese ricca furono confezionati tre grandi
canzonieri: il Vaticano latino, il laurenziano Rediano,Il Palatino. Il più importante E il Vaticano latino, i
copisti toscani trascrivendo i testi siciliani li adattarono al loro sistema linguistico ma conservarono alcuni
tratti caratteristici. Il risultato è una lingua composita con un evidente coloritura Toscana in cui l’assunzione
di tipici Sicilianismi A un intento nobilitante rispetto al toscano. Dante nel de volgari eloquenza cita con
parole di lode la poesia siciliana. Come possiamo allora riconoscere il processo di travestimento messo in
atto dai copisti e ricostruire la veste linguistica della lirica siciliana? Una spia significativa è la rima. Mentre
per i siciliani la rima doveva essere perfetta troviamo nei canzonieri rime imperfette, c’è poi un’altra
testimonianza importante dell’originaria sicilianità dei testi. Essa proviene dalle carte del filologo
cinquecentesco Giovanni Maria barbieri che trascrisse alcuni componimenti da un libro siciliano. Un testo
rilevante perché di esso possediamo anche la redazione toscaneggiata, proprio il confronto tra le due
redazioni ci consente di verificare il processo di alterazione. Il formarsi di una tradizione linguistica lirica sia
con alcuni poeti nati e operanti in Toscana, etichettati come siculo-toscani e toscano-siculi. I primi
ripropongono con adattamenti il modello siciliano mentre i secondi tentano il distacco, Sono accomunati
dall’imitazione della maniera siciliana sulla base dei codici toscaneggianti. L’impasto linguistico e composito
con l’impiego di sicilianismi. Viene inoltre istituzionalizzato nel linguaggio poetico il principio della rima
imperfetta un rima siciliana destinato a spegnersi presto. Guinizelli, cino da Pistoia e lo stesso Dante
assimilano e trasfigurano le forme linguistiche della lirica siculo-toscana selezionando i dati della tradizione
ed elaborando una lingua raffinata. L’esperienza stilnovisti Ca’ del poeta, dalle rime alle liriche contenute
nella vita nuova conferma questi caratteri. Si tende a una forma di sublimazione letteraria del tosco-
fiorentino. Tale processo favorisce anche per la Concomitanza di altri fattori (scambi commerciali, rapporti
politici) la penetrazione dei modelli toscani in altre regioni.
Dante e la riflessione sul volgare: E di Dante la prima riflessione teorica e storica sul volgare e sulla
tradizione di poesia volgare dai siciliani ai siculo toscani, allo Stil novo; il de vulgari eloquenzia composto
nell’esilio tra il 1303 il 1304 è un trattato in latino rimasto interrotto oggetto principale del trattato è una
ricerca di stile poetico cioè del volgare come strumento di comunicazione letteraria di alto livello. Dante
individua l’esistenza di 14 varietà principali di volgari parlati nella penisola nessuno dei quali è il volgare
illustre. Si volge quindi alla ricerca di una lingua altamente letteraria, Dante giudica più positivamente il
siciliano. Il volgare illustre, cardinale, aulico, curiale non si identifica con quello di nessuna città italiana ma
in realtà appartiene a tutta Italia. Dante dedica i restanti 14 capitoli del secondo libro in cui parla del
volgare che si addice alla poesia in particolare alla canzone. Dante esorta a selezionare solo le voci più
elette. La riflessione di Dante sul volgare si arricchisce nel convivio, sono quattro libri scritto in volgare.
Nell’opera è affrontato piuttosto il problema del rapporto con latino ma giudica il volgare accessibile a un
più largo pubblico.
Il volgare e le tre corone: Dante, Petrarca, Boccaccio e il primato del fiorentino: Dante aveva intuito che il
volgare doveva raggiungere una dignità pari a quella del latino. Questo era possibile solo con l’impiego in
opere di indiscusso valore. E quanto accade grazie soprattutto alle tre corone che contribuirono a innalzare
il fiorentino: Dante con la commedia, Petrarca col canzoniere e Boccaccio con il Decameron. La commedia:
abbiamo copie manoscritte che documentano la grande fortuna e popolarità della commedia, il poeta
inventa un nuovo metodo narrativo, la terzina e sperimenta la pluralità e la mescolanza degli stili. Ciò si
traduce in un vivace plurilinguismo che attinge a tutte le varietà grammaticali del fiorentino dal Livello colto
e Meteo a quello plebeo. Orizzontale: perché nel tessuto della commedia entrano forme non fiorentine,
sicilianissimi, latinismi, gallicismi. Dante attinge a piene mani alle varietà lessicali del fiorentino scendendo
fino ai livelli più popolari. La precoce divulgazione anche popolare della commedia contribuì
all’affermazione del fiorentino. Il capolavoro dantesco è subito presente come modello linguistico. Antonio
da tempo, in un trattato in latino riconosce la lingua toscana più adatta alla letteratura delle altre. Per
l’unificazione della lingua poetica fu decisiva l’esperienza lirica di Francesco Petrarca. Il poeta inizio a
scrivere il canzoniere per Laura verso il 1336-38. Attraverso l’elaborazione linguistica del canzoniere,
Petrarca svolge un ruolo di strenua nobilitazione letteraria del fiorentino. Il lessico è circoscritto a un
inventario ristretto di parole, mentre abbondano le perifrasi vaghe e nobilitanti. Petrarca riduce la presenza
dei gallicismi e sicilianismi. Il canzoniere Petrarchesco forni in tal modo un modello linguistico alto e
selettivo. Se Petrarca fu determinante per la storia della lingua poetica per la prosa è stato altrettanto
fondamentale il modello di Boccaccio nel Decameron. L’opera inaugura il genere della prosa narrativa di
intrattenimento diffusa attraverso gli ambienti mercantili con la capacità di variare gli stili e la lingua. I livelli
espressivi e le lingue si alternano nell’opera senza sminuirne la base linguistica fiorentina. Del Decameron
possediamo l’autografo, la prima redazione dell’opera risale però all’età giovanile ed è stata individuata nel
codice 482 della biblioteca nazionale di Parigi dal primo al secondo Decameron si riconosce la tendenza da
un lato verso usi fiorentini medi dall’altro verso una coloritura formale. Boccaccio usa infatti varietà basse
di lingua o volgari diversi inoltre sperimenta il che polivalente, l’uso ridondante dei pronomi, segnali
discorsive e forme esclamativi. Per la prosa italiana il Decameron esercitò una funzione esemplare
consacrata dal Bembo, Che lo elesse a modello soprattutto per lo stile elevato. Boccaccio elabora una
sintassi complessa latineggiante con ampi periodi che si sviluppano mediante gli accumuli di subordinate e
uso di inversioni e separazione di elementi sintattici e frasali. Il modello boccacciano costituì così per secoli
una marca distintiva della prosa elevata.
L’umanismo latino e la crisi del volgare: L’espansione del fiorentino trecentesco come lingua letteraria
subisce un processo di rallentamento in età umanistica. Si avviano la riscoperta per i classici greci e latini, gli
umanisti considerano il latino come sola lingua elevata e manifestano un atteggiamento di rifiuto nel
volgare (lingua solo per usi pratici). Il trionfo del latino e la crisi del volgare ebbero importanti conseguenze,
d’altra parte il volgare emarginato dalla letteratura si espandeva in usi scritti epistolari, amministrativi e
burocratici che accoglieva fenomeni innovativi. Questa crescita in assenza di una norma uniforme è stata
ritenuta una vera e propria crisi di crescenza del volgare. Nel XV secolo saranno gli stessi umanisti a esigere
una regolarizzazione dei testi volgari. La fondazione di una norma stabile e Comune per il volgare non
creerà fratture linguistiche ma sancirà la continuità della lingua letteraria antica.
Tendenze innovative e sopra regionali e commistioni con il latino: L’umanesimo non servì da freno allo
sviluppo del volgare si diffondono forme e strani al fiorentino trecentesco delle tre corone. Vanno
sottolineati liberismo e il Latineggiamento presente nelle scritture volgari: latino e volgare si alternano.
Ibridismo e mescidazione Di latino e volgare costituiscono le premesse di sperimentazioni letterarie. Il
Macaronico A fini comici: metrica e tessuto linguistico solo latini e vengono calati elementi lessicali volgari.
Il linguaggio Polifilesco Chiamato dal titolo del romanzo anonimo nel 1499. Questo si fonda sul volgare ha
una grande latinizzazione. Fuori Toscana, le scritture volgari 400 esche mostrano variabilità ma anche i
caratteri comuni: la perdita di elementi locali, la veste, in misura diversa, latineggiante; la presenza di
toscano. La specificità geografica tende a evolvere verso forme di koinè Regionali in cui il peso del toscano
varia. Un esempio di uso letterario della koinè è offerto dall’Orlando innamorato di Boiardo. E di grande
rilievo che il volgare venga usato sia pure in alternanza con latino nelle cancellerie delle corti. Si elaborano
così delle Koinè cancellereschi, elaborate da funzionari colti Ma aperti alla cultura volgare. La lingua della
cancelleria mostra un processo di toscanizzazione.
L’Alberti e l’umanesimo volgare: con Leon battista Alberti si avvia il processo di rivalutazione letteraria del
volgare che va sotto il nome di umanesimo volgare. Alberti riprende la tesi dell’umanista biondo Flavio sul
volgare, esso apre la via alla considerazione del volgare come lingua che può essere regolata
grammaticalizzata e nobilitata, a lui si deve infatti una grammatica della lingua toscana che si basa sul
fiorentino colto, è la prima grammatica di una lingua moderna. Mentre la prima grammatica del volgare a
stampa, le regole del Fortunio, uscirà nel 1516. Con Lorenzo de’ medici e il suo circolo letterario Il riscatto
del volgare diviene Strumento della politica medica. Così infatti risulta dall’epistola vera e propria
esaltazione del fiorentino. I poetici laurenziani (Dal Poliziano al pulci, Lorenzo stesso) Usano una lingua
composita, aperta al fiorentino ma anche alla tradizione lirica antica e al Latineggiamento.
Successi del toscano letterario fuori Toscana: L’espansione del toscano letterario nel corso del 400 ha
come centro le corti, questo successo è sancito con la grande rivoluzione della stampa a partire dal 1470,
vengono stampati i classici della lingua volgare (il canzoniere, il Decameron, la commedia). La fortuna della
letteratura toscana è ben documentata esempio dall’Arcadia di Jacopo Sannazzaro che rappresenta il primo
documento di correzione linguistica in direzione toscaneggiante da parte di un autore non toscano.
Stampa, standardizzazione norma: L’influsso della stampa si è Attuato in tre principali direzioni:
l’uniformazione grafica, diffusione della lingua letteraria e della norma grammaticale, definitiva sostituzione
di un modello fondato anche sull’oralità con un Altro fondato solo sulla scrittura. La lingua delle stampe 400
esche ibrida Ma i tipografi cominciano a porsi il problema di una regolarizzazione grafica. La svolta avviene
col sodalizio stampatore, Aldo Manuzio e Pietro Bembo. Il modello per la lingua della prosa è presente negli
asolani, il dialogo filosofico che Bembo scrisse alla fine del 400. La revisione degli asolani fatta da bimbo a
testa la tendenza ad Abbandonare forme venete e latineggianti. Le prose della volgar lingua, è un trattato in
forma di dialogo in tre libri, furono pubblicate a Venezia nel 1525 (Bembo). Il dialogo è collocato nel 1502
per rivendicare la priorità dell’opera rispetto alle regole grammaticali della volgar lingua del friulano
Fortunio. Altra opera le regole 1516, prima grammatica volgare a stampa basata sulla lingua delle tre
corone, Ebbe subito successo anche la sua struttura che facilitava la consultazione ai lettori meno colti. È
grande la distanza che separa le regole dalle prose, già dall’impianto e dalla sua destinazione. Nelle prose
bimbo rivolgendosi all’uditorio dei letterari arriva a definire la norma letteraria del volgare, la grammatica
del volgare letterario si collega strettamente alla teoria del classicismo volgare elaborata da Bembo.
Dalla questione della lingua alla definizione della norma letteraria: le prose della volgar lingua: Le
principali posizioni teoriche che fanno da sfondo alle prose sono le teorie cortigiane, il principale teorico fu
Vincenzo colli detto il calmeta. Per lui la lingua poetica doveva essere imparata prima sui modelli fiorentini
trecenteschi in particolare su Dante Petrarca e poi affinata sull’uso della corte romana. La teoria di una
lingua italiana comune è espressa da Lombardo Baldassarre Castiglione nel suo dialogo il cortegiano Riflette
l’ideale di una lingua per l’uomo di corte questa lingua doveva essere lontana sia dalle affettazioni del
fiorentinismo letterario di cui gli asolani di Bembo potevano costituire l’esempio sia dalla parlata toscana
d’oggi. Il più agguerrito esponente della teoria italiana fu Gian Giorgio Trissino fa una riscoperta del de
vulgari eloquenzia dantesco che fece conoscere gli intellettuali fiorentini. La nozione dantesca del volgare
illustre è assunta come fondamento della sua teoria di una lingua illustre comune italiana, tale lingua non
coincideva col fiorentino.Trissino introduce anche una riforma grafica (subito combattuta soprattutto dei
fiorentini) e poi nel 1529 introduce il dialogo il castellano. Teorie fiorentistiche e Toscaniste: Sotto questo
nome si comprendono le posizioni teoriche dei sostenitori del fiorentino vivo e del toscano, Ludovico
Martelli affermava nella sua Risposta Il primato del fiorentino come lingua propria e naturale e negava
l’attribuzione a Dante del de vulgari eloquenzia. Il documento più notevole delle posizioni fiorentiniSte E il
discorso intorno alla nostra lingua di Niccolò Machiavelli in esso viene svolta una difesa del fiorentino come
lingua naturalmente bella è superiore agli altri volgari italiani. Le prose della volgar lingua costituiscono
invece il manifesto del fiorentinismo classicista e arcaizzante di Bembo. Egli difende il primato del fiorentino
dei grandi scrittori massimi esempi Petrarca e Boccaccio. Nelle prose viene rivendicata anzitutto la piena
dignità del volgare rispetto al latino e la funzione degli scrittori nel nobilitare la lingua. Vengono respinte la
letteratura e la lingua cortigiana teorizzata dal Calmera. Al centro della teoria bembiana ce la
considerazione della lingua come fatto scritto, letterario, distaccata dal presente collocata in una
dimensione atemporale. Bembo procedeva tracciando un articolato esame stilistico dei modelli esemplari
per poi analizzarne nel terzo libro delle prose, le scelte grammaticali. La grammatica degli autori modello
diventa fondamento delle sue indicazioni normative. Le prose diventavano strumento pratico di
regolamentazione e unificazione linguistica.
Diffusione e accettazione della norma letteraria: la lingua toscana lingua italiana: Il 1525, anno di
pubblicazione delle prose segna dunque una data fondamentale per la storia dell’italiano promuove il
fiorentino letterario unico modello di lingua letteraria. L’impegnativo dialogo bembiano diventa manuale
alfabetico facilmente consultabile con vocabolario. Fuori di Italia il prestigio dell’italiano letterario
determina la diffusione della norma bembiana. Anche i primi tentativi di raccolte lessico grafiche si rifanno
sul fiorentino letterario. Nel giro di pochi decenni il fiorentino letterario trecentesco diviene la lingua
studiata imitata da scriventi italiani diviene la lingua italiana letteraria. Si citano due esempi di revisione di
opere in direzione bembiana, l’Orlando furioso e il cortegiano. La revisione dell’Orlando furioso fu opera
dell’Ariosto. La prima edizione a ancora tratti latineggianti. L’edizione del 1521 mostra poche correzioni,
l’ultima del 1532 è il risultato di un massiccio lavoro correttivo. L’altro caso esemplare è quella del
Cortegiano Di Baldassar, L’autore fece nel 1520 quattro una redazione definitiva Del trattato apportandovi
correzioni che però non ne mutarono la fisionomia lombarda, l’ultima revisione fu attuata da Giovan
Francesco Valerio, che diede toscanità.
Bembo e la cultura fiorentina: Giambullari, varchi e l’Accademia della crusca: Bembo Esaltava il fiorentino
letterario trecentesco ma non accettava il fiorentino vivo contemporaneo e sminuiva Dante, proprio alla
rivalutazione del fiorentino E di Dante si mossero letterati come il Lezioni, il Giambullari, Il varchi legati
all’Accademia fiorentina da cui uscì anche la prima grammatica diretta a non toscani: di Giambullari
pubblicata a Firenze 1552 che raccoglieva regole, usi del fiorentino colto accanto a quelli della tradizione
letteraria. Varchi pubblicò nel 1549 l’edizione fiorentina delle prose bembiana, un dialogo l’Hercolano,
Nell’opera varchi distingueva la lingua come fatto vivo e naturale, dallo stile come elaborazione letteraria e
conciliava il principio della fiorentinità viva sul piano della lingua il principio derivato dal Bembo della
letterarieta sul piano dello stile. Sotto l’influenza dell’idee varchiame c’è la fondazione dell’Accademia della
crusca di Leonardo Salviati ispiratore del vocabolario degli accademici della crusca. Egli affermava la
perfezione naturale (la purità) della lingua fiorentina trecentesca, tutte le scritture fiorentina del trecento
erano considerate importanti come documento linguistico. Salviati tuttavia indica la norma nel buon uso
degli scrittori di maggiore autorità con preferenza però per quelli che avevano evitato uno stile troppo
elaborato. A questi criteri si conformava il vocabolario della crusca documentava le voci degli scrittori del
trecento. La seconda edizione del vocabolario uscì nel 1623 accogliendo Galileo tra gli autori citati. Era il
primo grande dizionario delle lingue europei.
Reazioni alla crusca: i moderni contro gli antichi: tra i grandi esclusi dal vocabolario ci fu il Tasso, che sarà
accolto solo dalla terza edizione, era stato al centro di polemiche: nella Gerusalemme liberata aveva creato
una lingua antitradizionale. Il tasso diventò invece l’emblema degli oppositori alla crusca che reclamavano
la superiorità dei moderni sugli antichi rimproveravano la ristrettezza geografica del canone cruscante.
Paolo beni nell’anticrusca Del 1612 biasimava le scritture trecentesche, Alessandro Tassoni manifestava la
sua insofferenza in varie annotazioni al vocabolario. La compiuta sistemazione della poetica barocca fu ad
opera di Emanuele Tesauro nel suo trattato il cannocchiale aristotelico. La grande spinta antitradizionale
riguardava lo stile e il lessico mentre le strutture metriche e l’impalcatura grammaticale restavano nel solco
della tradizione. È nuovo il lessico scientifico, derivato dalla contemporanea scienza sperimentale di Galileo.
C’è una propensione alle novità esotiche, ai francesismi, neologismi. Anche i vari generi della prosa sono
attraversati da tendenze anzi tradizionali: la prosa narrativa, storica.
Galileo e la prosa scientifica: Redi, Magalotti e la terza edizione del vocabolario 1691: Rispetto alle
tendenze del barocco la prosa scientifica rappresenta la continuità con la tradizione toscana. La scelta di
Galileo avuto un’importanza rilevante, lo scienziato opta decisamente per l’italiano spinto da una esigenza
di di vocazione anche presso i non specialisti. Galileo usa procedimenti di riformulazione o glosse Per
spiegare i termini e fissarli, come macchie solari, pendolo. Galileo padroneggia la sintassi che non scende
mai verso i registri bassi del parlato e si snoda con chiarezza ma con un notevole grado di complessità. Redi
e Malgalotti Furono tra i collaboratori alla terza edizione del vocabolario della crusca la lingua della scienza
entrava insieme ad altre novità come l’inserimento di autori non toscani.
Canali di diffusione dell’italiano e varietà dell’italiano: scritture regionali e scritture semi colte: Oscillazioni
d’uso. La diffusione del toscano si sviluppa in maniera lenta e graduale attraverso compromessi. L’italiano
dei testi tecnici e pratici offre molti esempi di questi compromessi un bell’esempio del conflitto tra lingua
nazionale e la resistenza degli usi locali e la lingua di Tartaglia che usa una lingua italiana che mantiene
tratti di koinè e settentrionale. I settori dominati dai regionalismi sono quelli delle nomenclature
domestiche tecniche delle arti e dei mestieri. La persistenza di tratti locali e dialettali può connotare la
scrittura di scriventi poco colti ad esempio di artigiani e bottegai. A partire dal 500 abbiamo infatti una
documentazione consistente di scritture semi colte provenienti dalle varie regioni queste hanno
caratteristiche che li accomunano: l’invadenza del parlato nello scritto, la scarsa competenza a livello di
grafia e interpunzione, l’alternanza di registri diversi e l’uso frequente di parole generiche (fare, cosa). Il
grado di standardizzazione delle scritture è legato all’alfabetizzazione. L’alfabetizzazione cresce in modo
diverso nelle varie aree in certe zone conto molto la politica religiosa educativa della Chiesa, il Lombardia la
Chiesa sviluppava la capacità di leggere applicata alle preghiere ma era anche assicurata una elementare
abilità di scrittura italiana. La crescita dell’alfabetismo comportava anche la diffusione di una produzione
editoriale di consumo, richiesta da un pubblico di commercianti e artigiani questa produzione che continua
a irradiare più che un modello toscano uniforme, un italiano di tipo regionale con oscillazioni tra forme
toscane e forme locali.il filone più ricco è quello delle opere religiose, da un lato si amplia il numero di
coloro che leggono dall’altro anche la competenza passiva e potenziata in primo luogo dalla predicazione in
italiano.
Uso letterario dei dialetti italiano e dialetti della commedia: Si sviluppa l’uso letterario dei dialetti, il ricco
filone di letteratura dialettale già partire da fine 400 inizi 500 diviene protesta e rivendicazione dei dialetti.
In Toscana d’altra parte fiorisce una letteratura Rusticale. Gli scrittori di teatro sfruttano il contrasto
dell’italiano con i vari dialetti in direzione espressiva e comica: con un plurilinguismo verticale, il comico
sfrutta anche la diversità delle lingue. La lineamento delle varietà con un plurilinguismo orizzontale
raggiunge l’apice con Andrea calmo con le spagnolas, che alterna sulla scena addirittura sette lingue e si
cristallizza nella commedia dell’arte dove le varie maschere sono legate a un dialetto.
Influsso iberico e francese nel cinque-600: Nel corso del cinquecento la conoscenza dello spagnolo si
diffonde in Italia. La crescente concorrenza con il francese è attestata da una famosa pagina di Baldassarre
Castiglione nel cortegiano circa il sapere diverse lingue da parte dell’uomo di corte. Gli intensi rapporti di
carattere culturale commerciale, politico religioso con la Spagna ebbero anche un riflesso nella stampa con
testi per la didattica dello spagnolo. Nel 1560 la prima grammatica e nel 1570 il primo vocabolario bilingue
Poi anche traduzioni di opere letterarie. Attraverso queste opere entrano nell’italiano voci iberiche, termini
marinaresche di origine spagnola o portoghese e esotismi (armadio, caimano, mais, papaya) i primi del
seicento il francese è ancora poco praticato Giovan battista Marino potrà utilizzare consapevolmente certe
voci di origine francese come vere e proprie preziosità lessicali i francesismi appaiono elementi interessanti.
Rinnovamento di espansione dell’italiano: Un capitolo fondamentale della nostra storia linguistica riguarda
il processo di trasformazione di espansione che investe l’italiano tra sei e settecento e culmina poi nel
secondo settecento. L’italiano si allarga nuovi usi non più letterari ma giuridici economici, tecnici e
scientifici. Le conseguenze Di questa espansione sono importanti: il patrimonio dell’italiano si arricchisce, La
nascita di nuove discipline. La formazione delle nomenklature delle varie discipline con elementi greci e
latini favorisce la convergenza dell’italiano con le altre lingue europee, attraverso il comune ricorso alle
lingue classiche per la formazione di europeismi lessicali. Tutte le lingue colte d’Europa hanno un buon
numero di voci comuni e grandissima parte pertinenti alle scienze. Il panorama lessico grafico è dominato
nel settecento dall’attività della crusca, che rappresenta il punto di riferimento ineliminabile: esce la quarta
edizione ufficiale del vocabolario (stampata Firenze in sei volumi dal 1729 al 1738). Ma il XXIII secolo
rappresenta una fase di sviluppo per la lessico grafia italiana, escono vari dizionari con una nuova apertura
alle parole di uso corrente e delle arti e mestieri. Si pubblicano i primi dizionari specializzati (il saggio
alfabetico di storia medica) e si stampano numerose traduzioni. Si fa strada l’idea del vocabolario
universale, su questa via il veneziano Giovan Pietro Bergantini compila la raccolta di voci italiane 1745 A
integrazione della quarta edizione del vocabolario della crusca, questo è autore di un inedito dizionario
universale. A rinnovare la lessico grafia è però l’abate Francesco d Alberti di Villanuova con il suo dizionario
universali della lingua italiana. Ci sono poi nuovi canali di diffusione che contribuiscono all’espansione
dell’italiano. Anzitutto la scuola si sviluppano piani che scardinano la didattica tradizionale fondata sul latino
e pongono l’esigenza dell’insegnamento dell’italiano. Poi le gazzette e i giornali che ti bucano la cultura
italiana a un pubblico non specialista (“caffè“), il giornale su cui scrivono Pietro e Alessandro Verri. È ancora
il teatro comico che si allarga un pubblico più stratificato per utilizzare uno stile familiare, naturale e facile
secondo il programma di Goldoni. Goldoni tenta anche di inventare un italiano colloquiale. Infine dobbiamo
ricordare la grande fortuna della poesia per musica e del melodramma che facilitò la conoscenza e la
diffusione anche all’estero della lingua poetica. Si cristallizza il giudizio dell’italiano come lingua delle dame
e dei sospiri, soprattutto in contrapposizione al francese, lingua della ragione. Cambiano anche le idee sulla
lingua: In epoca illuminista si fanno strada atteggiamenti innovatori che contrastano l’idea di lingua come
fatto artistico e letterario. I letterati del caffè rappresentano la posizione più radicale ispirata al
razionalismo che esaltava gli aspetti logici e comunicativi del linguaggio e ne svalutava gli aspetti retorico
letterari richiedendo alla lingua di essere resa versatile e maneggevole. Si tratta del momento di più aperta
frattura dell’Accademia della crusca. Contro di essa Alessandro Verri esprime sul caffè la polemica rinunzia
reclamando assoluta libertà grammaticale e lessicale in nome della ragione contro il pedantismo.
Ma con la diffusione delle teorie filosofiche sensiste Si recupera il genio retorico della lingua cioè i suoi
aspetti espressivi inseparabili dal genio grammaticale (saggio sopra la lingua italiana) di Caesarotti.
Caesarotti ammette la libertà espressiva degli scrittori e legittima l’innovazione del lessico indicandone le
fonti attraverso traslati o metafore.
Diffusione e usi del francese dell’inglese: Il saggio di Caesarotti inserisce il fenomeno del francesismo Si
possono indicare tre fasi di penetrazione dei francesismi. Nella seconda metà del seicento i primi del
settecento, una seconda fase che corrisponde al rinnovamento culturale dell’epoca illuminista è una terza
fase che corrisponde alle radicali trasformazioni politiche sociali e culturali quando l’influsso francese trova
nuovi supporti. La prima ondata francesizzante, la gallomania riguardava i costumi lo stile di vita. La
penetrazione del francese avveniva in settori attinenti alla vita pratica come l’abbigliamento,
l’arredamento. L’impiego del francese era favorito dalla scarsa competenza dell’italiano parlato e dalla
scarsa flessibilità dell’italiano agli usi scritti. Nel corso del settecento il francese è frequentemente usato
nella comunicazione letteraria e scientifica e nel parlato delle classi nobili. Il francese riveste a differenza
dell’italiano il ruolo di lingua viva della conversazione. Negli epistolari nelle traduzioni, nei giornali e nelle
gazzette, il diffuso bilinguismo promuove interferenze lessicali accanto a queste interferenze sostanziose
novità lessicali entrano nelle gazzette quei resoconti di nuove scoperte e di invenzioni. Si può osservare
nella stampa settecentesca l’avvio dell’europeismo di base francese e inglese che si riscontra anche
nell’aspetto morfologico dell’italiano settecentesco. In età rivoluzionaria e di stampo francese il nuovo
linguaggio politico Parole come cittadino, democrazia, uguaglianza, libertà. In età napoleonica si
consolidano molti francesismi della vita pratica intellettuale, Si diffondono voci nel lessico amministrativo e
politico. I repertori puristi (elenchi di neologismi con sostituzioni italiane), che proliferano numerosi per
tutto l’ottocento, ci danno un’idea dell’ampiezza del fenomeno. I lessici puristici hanno come bersaglio
preferito il francesismo. Il confronto il contatto col francese promuove l’avanzata di certi costrutti. Il clima
razionalistico promuove l’ordine diretto SVO Secondo il modello francese. Si rivendica una sintassi sciolta
dai legami connettivali, il nome di uno stile cupe, spezzato, si diffonde soprattutto in usi non istituzionali.
Nel corso del settecento comincia a manifestarsi un certo interesse per il mondo inglese gli anglicismi, negli
scritti di italiani. Si diffondono però tramite i giornali parecchi anglicismi di linguaggio politico (Aggiornare,
club, opposizione).arrivano a fine settecento anche immagini voci del continente americano: traduzione di
la storia d’America Che documenta parecchio anglicismi.
Un distinto, e speciale linguaggio.continuità e specificità della lingua poetica: Il richiamo al buon gusto
dettato dall’Arcadia significò il recupero del linguaggio poetico tradizionale disciplinato però dall’esigenza di
chiarezza e semplicità propria del classicismo razionalista. La lingua della poesia anche quando accoglie
tematiche nuove e continua a mantenere la sua specificità.
Lingua comune, identità nazionale dialetti nel primo Ottocento: Già nel corso del settecento e soprattutto
in età illuminista emerge la richiesta di una lingua unitaria, Vincenzo Monti stabiliva alcuni corollari.
Corollario: questa via di comunicazione non può essere il linguaggio parlato perché ognuno ha il suo
dialetto dunque è E linguaggio scritto. L’unità della lingua è affrontata con risolutezza ad Alessandro
Manzoni si trattava di colmare la secolare frattura tra scritto e parlato. Il moto di reazione all’influenza
francese determina un recupero dei valori del patrimonio letterario linguistico italiano e uno stimolo al
sentimento di italianità. Condividono questi ideali le correnti del purismo e del classicismo che però si
differenziano negli obiettivi: il purismo il cui capo scuola è il veronese Antonio cesari aspira una lingua
naturale, semplice proponendo di ricorrere alle scritture trecenteschi.il classicismo invece è spesso ispirato
alla teoria della lingua italiana comune guarda i valori artistici, letterari e nazionali della tradizione
linguistica, rivaluta la moderna cultura scientifica e filosofica per un rinnovamento linguistico. È questa la
posizione di Leopardi, di Vincenzo monti. A fronte di queste posizioni con i nuovi ideali del romanticismo
affiora la richiesta di una lingua come strumento sociale e si riflette sui dialetti rivalutando la letteratura
dialettale. I dialetti erano visti invece negativamente e come un ostacolo alla diffusione della lingua comune
da classicisti come monti e Alessandro Manzoni che pure condivideva con i romantici il concetto del dialetto
come lingua viva e vera. Proprio su questa base anzi egli arriverà a proporre la lingua viva e parlata di
Firenze, il dialetto fiorentino colto come strumento di unificazione linguistica razionale.
Manzoni E la ricerca di una lingua viva intera: Manzoni fa tre fasi di elaborazione linguistica di riflessione
sulla lingua: il Fermo e Lucia 1821 1823, non pubblicato. La prima edizione dei promessi sposi. La seconda
edizione dei promessi sposi. La stesura del suo romanzo storico che poneva al centro personaggi popolari
gli fa apparire invece inadeguata la lingua della prosa primo ottocentesca. La lingua del fermo appare infatti
un ibridismo soprattutto per la presenza di regionalismi lombardi. Accantonato l’abbozzo, Manzoni inizia la
stesura della prima edizione eliminando i lombardismi e mantenendo però le forme che trovava
concordanti con il toscano. Questa fase è chiamata infatti toscano milanese. Il viaggio a Firenze subito dopo
l’uscita dei promessi sposi e l’immersione nel fiorentino parlato convincono però Manzoni che solo l’uso
vivo, la lingua di una società reale può essere il punto di riferimento. La riflessione sul valore dell’uso e
testimoniata in scritti in editi. Matura così in Manzoni che solo il ricorso all’uso vivo fiorentino poteva
essere la via per l’unificazione linguistica e a partire dal 1838 Manzoni avvia la correzione del romanzo.
Queste le principali collezioni: eliminazione di lombardismo, introduzione di fiorentinismi vivi, introduzione
di forme più correnti, eliminazione di doppioni verso una maggiore omogeneità. Ma l’aspetto più rilevante
è la conquista di uno stile semplice attraverso l’oralità. Anche le poetiche del realismo e l’esigenza del vero
si scontrano con il problema del rapporto tra i dialetti è un italiano medio comune. Dopo l’unità: scuola,
italofonia e dialettofonia: dopo l’edizione definitiva dei promessi sposi Manzoni dà voce pubblica la sua
teoria con la lettera a Giacinto carena del 1847. Manzoni interverrà ancora sulla questione quando
incaricato ufficialmente da Emilio broglio ministro della pubblica istruzione gli invierà la relazione sull’unità
della lingua i mezzi per diffonderla seguita da un’appendice. Indicava le strategie per diffondere in tutto il
paese la cognizione della buona lingua. La prima proposta decisamente innovativa era la compilazione di un
vocabolario della lingua italiana fondato sull’uso vivo di Firenze a cui occorreva far seguire vocabolari
dialettali che tradussero in fiorentino i vocaboli delle varie parlate. Su queste indicazioni nel 1890 fu
bandito un concorso per fornire alla scuola dizionari di voci dialettali, tra il 1870 e il 1897 uscì il nuovo
vocabolario della lingua italiana secondo l’uso di Firenze, di Giovan battista Giorgini è più fortunato il nuovo
dizionario universale della lingua italiana di Pedrocchi che introduceva la grafia ortoepica e separava nella
pagina due livelli di lingua d’uso e fuori uso. La relazione di Manzoni suscitò consensi ma anche molte
critiche tra gli oppositori Ascoli che intervenne nel 1873 nel Proemio rivista scientifica da lui fondata. Ascoli
critica la pretesa di imporre la lingua di Firenze affermando che non si potevano cancellare di colpo le
varietà dialettali. Solo creando condizioni culturali diverse e riducendo l’alfabetismo si sarebbe potuto
diffondere l’uso dell’italiano. Manzoni che poneva la scuola al centro avviò un’editoria scolastica
specializzata, quest’ultima proposta trova terreno fertile in età post-unitaria, l’attenzione alla lingua parlata
al fiorentino vivo fu determinata anche dal successo di libri per l’infanzia di autori toscani come Pinocchio di
Collodi. Il fiorentino medio di Pinocchio a tratti di parlato familiare, sono frequenti anche alterati e
ripetizioni. La vera novità linguistica è data dalla ricchezza di vive espressioni idiomatiche toscane che
contribuirono alla formazione di una lingua unitaria grazie anche allo strepitoso successo editoriale. Di
notevole interesse sono i testi scolastici che proponevano un modello di lingua tradizionale, si fa strada
nella scuola post-unitaria il modello manzoniano. È per questa via che alcuni tratti del fiorentino
ottocentesco si diffonderanno nell’italiano, l’italiano scolastico cercherà un non facile compromesso fra
Manzonismo e valori della tradizione. Con l’allargamento dell’istruzione elementare l’alfabetismo scende.
La sola frequenza elementare non poteva tuttavia garantire il pieno possesso della lingua l’italofonia, al
momento dell’unità la percentuale degli italofoni era comunque molto bassa mentre più estesa era la
competenza passiva dell’italiano. L’abbandono del dialetto incoraggiato dalla scuola dove fioriscono
numerosi manualetti di regionalismi. La tendenza antidialettale si rafforza nel periodo tra le due guerre: la
politica del fascismo fu infatti improntata a un programma di italianità e Ostilità e dialetti. Nel secondo
dopo guerra la scuola continuerà a lungo a ignorare e a rifiutare il dialetto solo alla fine degli anni 70
comincia a farsi strada l’attenzione ai dialetti per le varietà del repertorio italiano. Le 10 tesi per
un’educazione linguistica democratica. Si identifica così la riflessione sul rapporto tra l’italiano i dialetti nel
percorso didattico non facile da risolvere anche per la rapida trasformazione del quadro sociolinguistico.
Una lingua per tutti: Oltre alla scuola hanno agito dunque in direzione dell’italofonia una serie di fattori
socio economici che possiamo sinteticamente indicare:
-Le forti ondate migratorie verso l’estero che spingono verso la facilitazione dell’apprendimento della
lingua.
-Il servizio militare obbligatorio che mette in rapporto tra loro soldati provenienti da regioni diverse spinge
verso l’italianizzazione dei dialetti
Degli anni dell’unità oggi da una situazione di competenza passiva dell’italiano si è arrivati alla situazione
attuale di prevalente bilinguismo con diglossia: oggi il dialetto è avvertito come codice basso rispetto
all’italiano. Il cambio di codice può avvenire come commutazione di codice cioè passaggio dall’uso
dell’italiano al dialetto e viceversa oppure come mescolanza di codice. Una percentuale sempre crescente
di popolazione è solo italofoni parla solo l’italiano e progredisce nelle nuove generazioni. L’uso prevalente
dell’italiano diminuisce con l’aumentare dell’età in tutti i contesti relazionali al contrario l’uso esclusivo del
dialetto cresce con l’aumentare dell’età.sono soprattutto i maggiori di 65 anni con un’istruzione di livello
elementare a parlare il dialetto in tutti i contesti.le regioni in cui è maggiore la quota di persone che parlano
prevalentemente italiano solo la Toscana, Liguria e il Lazio dove è minore: la Calabria, il Veneto e la
Campania. L’italiano dopo essere stato per secoli lingua scritta è diventato la lingua anche parlata almeno
del 90% della popolazione italiana. Giornali e mezzi di comunicazione sono questi i principali laboratori in
cui si rinnovano le strutture dell’italiano.
Il ruolo dei Mas media: I mass media hanno acquisito una posizione centrale sancita con la storia linguistica
dell’Italia unita di Tullio de Mauro. La storia sottolineava il ruolo determinante dei media in particolare della
televisione nel processo di italianizzazione. Dagli anni 70 in poi si sono moltiplicati studi sull’italiano dei Mas
media. Tanto fervore di studio e di pubblicazioni si spiega anche per la convergenza di più fattori anzitutto
l’interesse dei linguisti per le varietà diamesiche legate al canale di comunicazione. I mass media tendono
oggi a proporsi come le nuove fonti della norma linguistica come modello espressivo di usi scritti e parlati.
Sul ruolo della televisione maestra anche di lingua, il dibattito è ancora aperto e ripercorre la storia dei
rapporti tra lingua italiana e televisione come modello di italiano corretto o come modello negativo in
grado di determinare la morte del buon italiano e la creazione di una lingua di plastica, infine, come
specchio delle lingue e dei dialetti. La Losi conclude: attraverso il mezzo televisivo si è anche perseguito il
fine didattico di analizzare la lingua in se stessa anche se la dura legge dell’Audience A spesso penalizzato
come fascia oraria la programmazione di queste trasmissioni. È la scuola sede dell’educazione linguistica
che deve assumersi la funzione di fare riflettere sulla norma implicita dei media a cui i ragazzi sono esposti.
Si sono consolidate le varietà regionali che rendono riconoscibile la provenienza geografica in particolare i
tratti di pronuncia intonazione.
Si è delineata, accanto all’italiano standard è una varietà definita neo-standard o italiano dell’uso medio, è
chiaramente riconoscibile una tendenza alla semplificazione. Nell’ambito delle varietà di afasiche
dell’italiano si sono potenziati anche in senso verticale sottocodici o lingue speciali come la lingua
dell’informatica e dell’economia sia inoltre sviluppato l’italiano comunitario come lingua della legislazione
europea.
Si sono rafforzate diversificate le varietà diamesiche, Varietà di italiano trasmesso (radio, cinema,
televisione) e varietà di scrittura attraverso i media elettronici.
Si sono diffuse varietà di italiano parlato da stranieri immigrati. Il problema è uno dei più complessi che la
scuola è chiamata a risolvere per superare tale molteplicità è stata introdotta l’espressione italiano lingua di
contatto che propone l’italiano come luogo di incontro fra lingue e culture.
L’italiano di oggi: lo servato come lingua in movimento che non sembra però aver reciso i legami con la sua
secolare tradizione. Il problema è anzitutto di chiarezza comunicativa, anche la prestigiosa Accademia della
crusca assunto ruolo profondamente rinnovato, l’Accademia pubblica infatti da alcuni anni una rivista, la
crusca per voi fondata da Giovanni Nencioni E diretta da Francesco Sabatini, rivolta alle scuole e agli
amatori della lingua attraverso la quale vuole essere un punto di riferimento per i fenomeni evolutivi
dell’italiano. Inoltre aperto un portale Accademia della crusca.it sull’evoluzione degli usi della sezione la
lingua in rete è possibile accedere a una consulenza linguistica. La sezione parole nuove è un osservatorio di
neologismi dell’italiano mentre nella stazione bibliografica fornisce un elenco di collegamenti e pagine web
di interesse linguistico. L’Accademia collabora con l’opera del vocabolario italiano che pubblica in rete il
tesoro della lingua italiana delle origini cioè la parte antica del vocabolario storico italiano. L’Accademia
della crusca e la rappresentanza in Italia della commissione europea collaborano per diffondere i principi e i
valori del multilinguismo dalla loro collaborazione È nato il progetto Firenze, piazza delle lingue d’Europa
dove Firenze si pone come piazza ideale per il dibattito sul futuro linguistico.
Apporti di altre lingue. L’italiano anglicizzato?: il francese almeno fino alla seconda guerra mondiale
continua essere la lingua principale fonte dei prestiti. Per i primi decenni del novecento il più ricco
osservatorio del lessico è il dizionario moderno di Panzini dove si può cogliere l’andamento del francesismo.
La campagna di autarchia linguistica del regime trova espressione dal 1926 su periodici e quotidiani; la
battaglia di questi primi anni consiste nel reprimere il pullulare di stranierismi. Dopo il 1940 con il divieto di
impiegare parole straniere furono sottoposti a epurazione i settori maggiormente influenzati dal francese (il
turismo, la moda, lo sport) nel secondo dopo guerra l’afflusso di francesismi diminuisce drasticamente per
la sostituzione del modello francese con il modello anglo americano. Il francese ha mantenuto il suo ruolo
tradizionale di mediaazione Linguistica e culturale. L’influsso dello spagnolo è stato piuttosto marginale si
rafforza in vari settori del novecento con l’intensificarsi dei rapporti politici, economici e culturali. Molti
termini politici e quelli legati alla vita sociale, la danza, la gastronomia. L’influsso massiccio dell’inglese e
recente Si può datare dagli anni 70 del novecento. Negli anni 30 del novecento appaiono centinaia di
anglicismi, attinenti soprattutto agli sport e alla vita sociale e mondana (jazz, tennis, cocktail) con la fine
della seconda guerra mondiale e l’imporsi del modello americano inizia un più consistente apporto
linguistico. L’infiltrazione dell’inglese riguarda più le varietà diafasiche (in particolare le lingue speciali) Che
la lingua d’uso. Il rischio però è che dall’ambito specialistico gli anglicismi slittino nell’uso comune grazie alla
potenza dei Mas media. Dagli anni 90 cresce anche la formazione di parole miste cioè di derivati e composti
con formanti inglesi come chattare, linkare. La frequenza degli anglicismi nella lingua della comunicazione
quotidiana risulta ancora modesta. Per quanto riguarda l’italiano informatico e di Internet e possiamo
basarci su una recente ricerca che ha introdotto tre diversi livelli di anglicismi: lessico comune, linguaggio
elettronico delle chat e linguaggio hacker. Risultati: Il linguaggio specialistico informatico si arricchisce
continuamente di nuovi anglicismi tra cui molti derivati (scannerizzare, download, resettare) risultano avere
un’alta diffusione tra i giovani. L’abbondanza di sigle, parole macedonia abbreviazioni caratterizza I nuovi
anglicismi. Altri aspetti che caratterizzano l’anglicismi un italiano sono il frequente uso di ibridi (sintagmi
formati da un elemento italiano e uno inglese baby pensionato, caldo record). Vanno segnalati anche gli
pseudoanglicismi parole che in inglese non esistono o non vengono usate con quel significato (autogrill,
box, mister, pressing).
L’italiano è una lingua che attrae: la fortuna all’estero della lingua italiana è sempre stata collegata dal
Rinascimento in poi, oggi l’italiano è ancora dotato di una grande forza di attrazione e il suo studio in
espansione. Fattori di attrattività della lingua italiana riguardano i settori della moda e del design, del
cinema, della canzone dell’enogastronomia che fungono da polo di attrazione. L’immagine dell’Italia che i
mezzi di comunicazione di massa hanno diffuso è infatti quella di un paese con uno stile di vita
particolarmente attraente il cosiddetto vivere all’italiana. Uno degli elementi fondamentali di questo stile di
vita è senz’altro la cucina italiana. La promozione e la diffusione della lingua e della cultura italiana
all’estero rientrano nei compiti del ministero degli affari esteri. Negli ultimi anni sono diventati sempre più
numerosi i siti che promuovono l’uso della lingua italiana attraverso la rete. Le nuove metodologie dell’ e-
Learning Sono utilizzate dal consorzio ICON Chi ha come scopo quello di promuovere la lingua e la cultura
italiana nel mondo attraverso iniziative culturali e didattiche.
La lingua letteraria
Il linguaggio poetico: Fino all’Ottocento la lingua poetica aveva mantenuto una continuità. I caratteri
tradizionali cominciarono essere intaccati dalle esigenze del realismo già in età romantica, il risultato è però
liberismo, la compresenza di vecchio di nuovo. La continuità con la tradizione grammatica della poesia e la
permanenza degli ibridi Ismo si avvertono ancora nei poeti tardo ottocenteschi. Con i poeti della
scapigliatura si rinnova il repertorio tematico in direzione del bizzarro ma anche del quotidiano. La sintassi
si fa più discorsiva il parlato si insinua nei versi. Questo processo si intensifica fine Ottocento con Giovanni
Pascoli la sua sintassi assume un andamento colloquiale. In direzione opposta rispetto alla quotidianità e al
realismo ma non meno innovativa e l’esperienza poetica dannunziana tendente è una lingua alta. Anche
nella formazione delle parole è esibita una ricerca attenta. La poesia del primo Novecento sollecita la
frattura con la tradizione operano un abbassamento della lingua poetica impiegando un lessico comune. Si
crepuscolari innovano libertario linguistico e stilistico mantenendo i contatti con la tradizione, l’avanguardia
futurista vuole recidere ogni legame con il passato letterario.
Sperimentalismo ed espressionismo poetico: non sono però i crepuscolari e neppure i futuristi ad aprire la
via la nuova lingua poetica novecentesca ma piuttosto i poeti della rivista fiorentina “la voce“ che rifiutano
la tradizione e la media età linguistica in nome di una ricerca espressiva. La ricerca espressiva culminerà con
le prime esperienze di Giuseppe Ungaretti. La lingua della poesia tende così nuovamente a una nuova
specificità. La nuova grammatica della poesia è fissata dall’ermetismo, il movimento che ricercava
l’autonomia totale della parola poetica.
Il linguaggio poetico medio: adesione e rifiuti: Negli ultimi decenni mentre l’italiano diventa sempre più la
lingua di tutti, la lingua poetica tende spesso a incorporare il flusso del parlato
Prosa narrativa linguaggio: Vediamo le principali linee di tendenza della narrativa: una linea centrale, di
adesione è un italiano medio a partire dal secondo dopo guerra e una linea che rifiuta la medietà puntando
verso i piani alti della lingua e verso il plurilinguismo oppure attinge dialetti. Dopo Manzoni sono i maggiori
veristi, i siciliani Capuana e Verga arrivano a inventare una moderna medietà linguistica che riavvicina il
parlato allo scritto. L’elemento più caratteristico che suscitò le critiche e l’uso prevalente del connettivo
che. Ma l’uniformità Del romanzo è il risultato dell’impiego del discorso indiretto libero senza segnali
introduttivi che segnano il passaggio dalla voce del narratore a quella del personaggio Verga riesce infatti a
far scomparire la voce dell’autore e a far emergere il punto di vista dei personaggi. Il siciliano Luigi
Pirandello sperimenta tecniche narrative nuove impiegando una lingua neutra un parlato scritto. Anche
Italo Svevo si allontana dal naturalismo e sperimenta un profondo rinnovamento della scrittura. La ricerca
di medietà espressiva prosegue anche nella narrativa recente.
Oltre la lingua media: esperienze e soluzioni diversissime si sono poste contro la medietà. A inizio secolo il
futurismo rifiutava la sintassi reclamava l’esigenza di neoformazioni e di usare i più disparati materiali
linguistici. Molte esperienze novecentesche puntano al recupero programmatico della letterarietà. In
concomitanza con la diffusione dell’italiano come lingua d’uso nazionale la narrativa di ispirazione
neorealista del secondo dopo guerra attinge alle varietà del repertorio, si sfruttano i dialetti e le varietà
regionali come i ragazzi di vita e in una vita violenta di Pierpaolo Pasolini e il sentiero dei nidi di ragno di
Calvino. Senza la varietà dei dialetti non ci sarebbe stato un neorealismo distante dal naturalismo. Ma
sempre più con il progredire dell’italiano negli usi parlati il dialetto può diventare una ricerca memoriale
oppure una riserva di espressività per la narrativa italiana recente. Le varietà basse i gerghi giovanili più che
i dialetti sono le risorse espressive di narratori ribelli.