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L’ITALIANO DELL’USO MEDIO: UNA Realtà TRA LE Varietà LINGUISTICHE ITALIANE.

SABATINI (ROMA)

l’italiano dell’uso medio, varietà parlata e scritta, primariamente


diastratica, ovvero differenziate in base all’appartenenza dei parlanti a
diversi strati, fasce e gruppi sociali) , impiegata dalla generalità delle
persone almeno mediamente colte, dai giornali e dai mass media in
genere. • Tali tratti si riscontrano su tutto (o quasi) il territorio nazionale. Non sono cioè tratti che
connotano particolari varietà regionali. Questo italiano d’uso medio corrisponde al bisogno di comunicare
in maniera semplice

2.. TRATTI FONOLOGICI E MORFOSINTATTICI

I 35 tratti fonologici, morfologici, sintattici che caratterizzano l’uso prevalentemente orale ma anche
scritto della nostra lingua in una situazione formale ma anche informale. Questi tratti sono stati presi
dall’orale ma anche dallo scritto.

2.1 FONOLOGIA

4.. la i prostetica davanti al nesso iniziale s+ consonante dopo una parola con finale in consonante è di
uso raro sia nel parlato che nello scritto. Resiste per ISCRITTO ma non esiste piu ISVIZZERA, IN ISTRADA.
Questo è accaduto sia per la maggiore autonomia del lessico delle parole e sia per la familiarità con nessi
consonantici complessi.

5.. le forme ad, ed vengono limitate ai casi di incontro con la stessa vocale: scrivo ad anna. Ma luigi e
anna. La forma od è scomparsa. Prevale l’autonomia lessicale.

.. il che polivalente: originariamente era un pronome relativo con significato di cui, in cui, a cui. Poi è
diventato connettivo generico.

1)di significato esplicativo-consecutivo

- Vai avanti tu, che a me mi vien da ridere

2) frasi causali

Vai a studiare, che ne hai bisogno

3) Frasi relativo-temporali

- maledetto il giorno che ti ho incontrato

4) Frasi nelle quali il ‘che’ ha valore esclamativo

- Che bello! Che fame che ho! Che paura! Etc.

5) Frasi pseudo relative

- li vedo che scendono dal treno

6) Frasi finali/ consecutive/ dichiarative?

- Bada che mi arrabbio!

- Guarda che non faccia una pazzia


- è bianco che pare uno straccio

7) Pronome relativo al caso obliquo (valore locativo, temporale, strumentale etc.)

- È il posto che ci si mettono le chiavi

- Il coltello quello che ci taglio la carne

2.2 MORFOLOGIA E SINTASSI

8.. Tra gli aggettivi e pronomi dimostrativi come codesto o cotesto o avverbi di luogo come costi e costa,
sono ormai confinanti, fuori dalla toscana, ad un uso burocratico. Nel parlato si usano altre forme o i
gesti per spiegare la posizione degli oggetti.

9.. le forme aferetiche sto sta per questo questa connotano la lingua in senso colloquiale ma sono
panitaliane. L’uso di sto e sta è favorito dalle forme già fuse nella lingua standard come stamane.

3.. LESSICO

. Alcuni vocaboli sono polivalenti e solo nel contesto si capisce il senso. Ad esempio faccia come viso o
alla faccia di,

Alcuni vocaboli si caratterizzano in assoluto per la loro valenza di livello medio come pigliare invece di
prendere come arrabbiarsi al posto di adirarsi.

4.. L’ITALIANO DELL’USO MEDIO SPOSTA IL BARICENTRO DELLA NORMA.

I tratti sopra descritti sono: panitaliani, sono usati da persone di ogni ceto e di ogni livello di istruzione, si
ritrovano solidali in un discorso e si usano sia all’orale non pianificati che allo scritto pianificato.

De mauro ha definito questa scala: italiano scientifico, italiano standard, italiano popolare unitario, italiano
regionale colloquiale, dialetto regionale, dialetto locale stretto.

Ma anche in questa scala, le varietà risultano formate dalla polarità lingua dialetto.

È evidente che non siamo davanti ad un diverso sistema linguistico, a una diversa grammatica, le varietà
interne di una lingua sono collegate almeno in parte alle stesse regole. La varietà in questione in quanto
nazionale e rispondente alle esigenze della società si candida ad occupare il baricentro dell’intero sistema
linguistico o perlomeno a condividere con lo standard ufficiale il crisma della norma.
1.. la distinzione tra vocali chiuse e aperte secondo il modello toscano non ha successo perché ad esempio
manca di una distinzione grafica, ed in più gente dal nord e dal sud non sono abituati ad usarle soprattutto
il sud visto che ha un timbro aperto.

2.. la distinzione tra s sorda ed s sonora secondo la norma fiorentina è impraticabile per tutti a causa della
mancanza grafica e di un criterio logico. Le persone dovrebbero imparare a memoria le parole sorde come
casa e sonore come rosa. Il nord parla con la sonora, il sud con la sorda. Si tende a privilegiare l’accento del
nord, ritenuto più prestigioso.

3.. il raddoppiamento fonosintattico è poco avvertito. È assente nella pronuncia di tutti i settentrionali e dei
sardi. Nella pronuncia del centro meridionale manca.

6.. l’elisione ed il troncamento sono rari. L’armi, m’e capitato ELISIONE, vengono detti, far ombra
TRONCAMENTO: oggi sarebbero sentiti come arcaicizzanti. Nel parlato l’elisione ed il troncamento sono piu
familiari, allo scritto sono prevale la forma integrale della parola.

7.. la regola del dittongo mobile cioè alternanza tra SUONO E SONARE è sostituita da: verbi con dittongo
come NUOCERE, e verbi senza dittongo come ARROTARE.

2.2 MORFOLOGIA E SINTASSI

8.. Tra gli aggettivi e pronomi dimostrativi come codesto o cotesto o avverbi di luogo come costi e costa,
sono ormai confinanti, fuori dalla toscana, ad un uso burocratico. Nel parlato si usano altre forme o i
gesti per spiegare la posizione degli oggetti.

9.. le forme aferetiche sto sta per questo questa connotano la lingua in senso colloquiale ma sono
panitaliane. L’uso di sto e sta è favorito dalle forme già fuse nella lingua standard come stamane.

10.. con funzione di neutro si usano questo e quello: questo non è vero. Molto raro è l’uso di ciò. Anche il
pronome neutro lo è usato: lo so, lo credo bene.

11.. la forma pronominale dativale gli è di uso larghissimo con tutti i valori: a lui, a lei, a loro. La tendenza si
ha avuto perché: storicamente il dativo singolare illi e il dativo plurale illis, validi in latino per tutti i generi
hanno dato la forma unica li poi gli.; in altre composizioni con le particelle pronominali come lo- la- li-le la
forma dativale è glie+ lo-la. ; la forma loro è usata senza distinzione di generi. ; molto scrittori dei secolo 14-
16 usarono la forma gli. Questa forma è usata nell’uso medio parlato ma anche scritto.

12.. le forme lui, lei, loro in funzione di soggetti al posto di egli, ella, essa sono norma nel parlato anche
formale. L’uso di egli, ella, essa, essi, esse è ristretto al parlato che possiamo definire celebrativo. Le forme
lei, lui, loro si trovano già nel 14 secolo. Bembo le criticò ma furono ugualmente usato come dal Manzoni.

13.. trovano posto i dimostrativi questo e quello rafforzate da qui e li. Questo qui, quello li. È un uso di
origine settentrionale, parallelo alle forme francesi rinforzate con ci ma affiora nel parlato.

14.. la combinazione di una preposizione con l’articolo partitivo, sconsigliato dalla grammatica è frequente
nella lingua media: con dell’olio, con degli amici. Nelle varietà piu alte e basse ci sono altre forme usate
senza partitivo oppure sostituendolo: con olio, con amici o taluni.

15.. tra ci o ce o vi ve come particelle pronominali con valore di avverbi di luogo si è preferito usare ci e vi.
Ci resto, ci metto. Quando il ci avverbiale di luogo si trova con il ci come pronome personale si modifica il
costrutto senza usare vi: PIAZZIAMOCI e non PIAZZIAMOVICI.

16.. la particella ci ha un uso larghissimo con i verbi essere e avere. La sua funzione ora è quella di rinforzo
semantico e fonico alle forme verbali. Con il verbo essere il ci conserva una sfumatura di avverbio di luogo,
con un effetto attualizzante. Il ci è obbligatorio quando sono richiamati aspetti materiali o localizzabili come
oggi c’è sciopero dei giornali.

L’uso del ci pronominale è obbligatorio con il verbo essere nel significato di esistere: c’è della gente che
ama perder tempo.

Con il verbo avere ha forma attualizzante. All’orale è obbligatorio in alcuni casi per evitare l’ambiguità: ce
l’hai l’ombrello? Si ce l’ho. Non posso omettere il ce.

Forme come c’ho freddo, c’ho fame allo scritto stentano ad entrare perche c’è un problema grafico.

La particella ci è usata con i verbi sentire e vedere con un uso attualizzante.

17.. IL CI che riprende o anticipa un tema espresso in altra parte:

le grammatiche scolastiche tradizionali hanno sempre condannato come pleonastiche le costruzioni con
ripresa pronominale di un tema e come francesismi tipo è per questo che, è a lui che.

È stata sottratta l’enfasi dall’attenzione di chi insegna la lingua, presenti nella lingua italiana parlata e
scritta.

Ci sono 4 tipi di procedimento di natura sintattica.

a.. la posposizione del soggetto al predicato. Canta Mario, perché voglio sottolineare la nuova informazione.

b.. la frase segmentata cioè tema a destra o sinistra del dato noto e ripresa poi da un pronome che indica il
rema. I soldi te li ho dati. Questa costruzione è antica e risale ai testi latini di epoca tarda.

c.. anacoluto: il tema è una enunciazione senza raccordo sintattico con il rema. Giorgio, non gli ho detto
nulla.

d.. la frase scissa in due frasi di cui la prima col verbo essere mette in rilievo il nuovo, la seconda contiene il
noto. : è Mario che canta.

18.. in presenza di un verbo servile, il pronome clitico tende a risalire cioè a passare da enclitico del verbo
semanticamente più importante a proclitico del verbo servile.

Il si passivante è obbligatorio se ha un uso impersonale. Qui si possono comprare dei giornali.

La risalita è molto facile coni verbi modali o con i verbi aspettuali cioè stare più gerundio. Non mi posso
rassegnare.

19.. proclisi, presente nell’italia peninsulare, nella forma dell’imperativo negativo. Non ti muovere.

21.. tra che cosa, cosa, che nelle frasi interrogative, dirette, ha perduto terreno che cosa e si è affermato
cosa, mentre il che di provenienza meridionale si è fissato in formule del tipo, che so, che importa.

22.. in funzione di aggettivo che è molto più usato di quale: che via faremo per andare a Siena? Che libri
leggi?

23.. alcuni nessi relativi che esprimono un legame dichiarativo o casuale sono stati ridotti con ellissi
dell’elemento nominale( tieni conto che col treno arriveresti tardi--- invece di dire tieni conto del fatto che )

24.. l’uso portato ad una notevole selezione tra i tipi di congiunzione casuale, finale, interrogativa. Per le
casuali che precedono la proposizione principiale parlando si da netta prevalenza siccome, o dato che. E le
due frasi sono unite da una e detta pragmatica e esplicativa. Fa molto freddo e preferisco stare a casa
per le finali l’uso di affinché e raro. Si usa di più perché oppure si trasforma il costrutto implicito che
incorpora un verbo causativo: te lo dico per fartici andare.

Nelle interrogative è molto frequente anche l’uso di come mai. il come mai esprime una maggiore
disponibilità preventiva ad ascoltare e accettare le spiegazioni dell’interlocutore.

25.. l’avverbio allora con valore temporale ma consecutivo ha un largo impiego non solo come correlativo
di una casuale tipo siccome non si era fatto vivo, allora decidemmo di andarlo a trovare ma come elemento
che introduce domande, ordini con il significato di insomma. Allora andiamo o no al cinema?

26.. l’uso del congiuntivo nell’italiano parlato: c’è una notevole tendenza a introdurre l’indicativo invece del
congiuntivo con i verbi di opinione o dire o sapere. Non so se è vero- non so se sia vero.

Modalità di questo tipo sono diffuse nel parlato medio.

Nelle ipotetiche dell’irrealtà prevale se me lo dicevi, ci pensavo io.

27.. quando il soggetto della frase è formato da un nome collettivo, il predicato spesso tende ad essere
plurale soprattutto se c’è l’uso del partitivo. “una quantità di uccelli di alzarono in volo”.

28.. la concordanza tra il participio passato e l’oggetto sotto forma di pronome relativo antecedente è
raramente rispettata. Se il participio è accompagnato dall’ausiliare avere resta nella forma maschile
singolare. I libri che ho letto.

Se il participio è accompagnato dal verbo essere il participio concorda con il soggetto per genere e numero.
La camicia che caro si è comprato.

29.. è più accettata di un tempo la costruzione riflessiva apparente o di affetto, tipica con i verbi mangiare e
bere. Aldo si gode la vacanza

30.. sono frequenti i costrutti impersonali coniugati al plurale come bussano alla porta, oppure il pronome
indefinito uno.. uno se ne sta per i fatti suoi o il tu generico tu credi di essere a posto. Si usa anche il passivo
senza l’agente come è stato aumentato il prezzo della benzina.

31.. l’uso di niente in funzione di aggettivo permette di realizzare un tipo di espressione partitiva-negativa:
ragazzi niente imbrogli.

32.. la giustapposizione di due sostantivi: 1: treno lampo, notizia bomba dove il secondo sostantivo ha
funzione di aggettivo che determina il primo sostantivo.

2: treno merci: è stata soppressa la preposizione. Treno per le merci.

33.. l’uso di Lei è usato da quelli non istruiti. Mentre Ella è raro nel parlato. Il plurale di cortesia è voi,
mentre loro è meno usato perché crea ambiguità.

34.. la ripetizione dello stesso sostantivo per rideterminare il significato della parola è in uso dall’800: vorrei
un caffe caffe.

35.. elementi lessicali che svolgono funzioni sintattiche: ci vuole, ci vogliono, sennò.

3.. LESSICO

. Alcuni vocaboli sono polivalenti e solo nel contesto si capisce il senso. Ad esempio faccia come viso o
alla faccia di,
Alcuni vocaboli si caratterizzano in assoluto per la loro valenza di livello medio come pigliare invece di
prendere come arrabbiarsi al posto di adirarsi.

4.. L’ITALIANO DELL’USO MEDIO SPOSTA IL BARICENTRO DELLA NORMA.

I tratti sopra descritti sono: panitaliani, sono usati da persone di ogni ceto e di ogni livello di istruzione, si
ritrovano solidali in un discorso e si usano sia all’orale non pianificati che allo scritto pianificato.

Questi tratti sono sufficienti per individuare una varietà della lingua nazionale che si distingue sia dallo
standard sia dalla varietà regionale. Questa varietà è ITALIANO DELL’USO MEDIO.

ESISTONO:

De mauro ha definito questa scala: italiano scientifico, italiano standard, italiano popolare unitario, italiano
regionale colloquiale, dialetto regionale, dialetto locale stretto.

Ma anche in questa scala, le varietà risultano formate dalla polarità lingua dialetto.

È evidente che non siamo davanti ad un diverso sistema linguistico, a una diversa grammatica, le varietà
interne di una lingua sono collegate almeno in parte alle stesse regole. La varietà in questione in quanto
nazionale e rispondente alle esigenze della società si candida ad occupare il baricentro dell’intero sistema
linguistico o perlomeno a condividere con lo standard ufficiale il crisma della norma.

TABELLA: Per italiano standard si intende fissato e riconosciuto al più alto livello di istituzionalità .

Le varietà italiano regionale popolare e italiano regionale delle classi popolari sono distinte in base ai
parametri socio cultuRali degli utenti. Nella sfera della comunicazione informale si usa l’italiano regionale.
Per le classi istruite questa varietà ha un carattere meno marcato ed limitato all’orale. Per la classe
popolare una caratterizzazione regionale più marcata e si impiega allo scritto.

In genere le classi istruite accedono all italiano standard, italiano dell’uso medio e italiano regionale delle
classi istruite. Le classi istruite ovviamente non sanno l’italiano regionale popolare.

La classe popolare ha la competenza di italiano regionale delle classi popolari, dialetto regionale e
provinciale e dialetto locale.

4.2 tutti i tratti morfosintattici che caratterizzano il nostro italiano dell’uso medio non sono innovazioni
recenti. Molti di essi sono attestati da vari secoli e dall’uso orale erano passati allo scritto. La novità
dell’italiano dell’uso medio riguarda sostanzialmente la validità della norma non le caratteristiche
profonde del sistema. Coseriu dice che vari tratti dell’italiano dell’uso medio erano gia presenti nel sistema
che è alla base della lingua italiana ed erano stati accolti anche nelle norme scritte regionali ma non accolti
in quella particolare norma, definibile come supernorma che dal 16 secolo ha dominato l’uso standard della
lingua italiana.

Accanto le trasformazioni socio-culturali c’è anche la complessità del sistema di comunicazioni che mette in
crisi il predominio di una solo norma rigida.

4.3 bisogna tenere conto della distinzione tra la varietà standard per l’uso scritto formale e la varietà
dell’uso medio parlato e scritto.

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