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Visualizzano graficamente la giusta intonazione da dare alle parole, con un aumento dell'intensità vocale volto a porre
in rilievo una determinata sillaba all'interno di una parola.
Abbiamo sillabe atone (prive di accento) o toniche (accentate).
Graficamente, l'accento non è altro che un segno posto, con inclinazione diversa a seconda del tono da emettere, sulla
lettera tonica da accentare, vediamo come:
E' obbligatorio segnare l'accento solo quando cadono sull’ultima vocale, e in particolare:
- le parole con due o più sillabe, da accentare alla fine (bontà, città, università, caffè);
- i monosillabi composti da un dittongo (può, più, piè);
- i monosillabi già, ciò, giù;
- i monosillabi con duplice significato che, se non accentati, confonderebbero. Ad esempio:
dì (sostantivo) di (preposizione)
dà (verbo dare) da (preposizione)
lì (avverbio di luogo) li (pronome)
là (avverbio di luogo) la (articolo)
è (verbo essere) e (congiunzione)
né (congiunzione) ne (pronome/avverbio)
sì (affermazione) si (pronome)
sé (pronome) se (congiunzione/pronome)
In caso di parole omografe (di medesima grafia ma significato diverso) non è obbligatorio ma spesso opportuno
segnare l'accento, per distinzione. Per esempio: condòmini / condomìni.
Queste le principali regole da seguire per l'utilizzo corretto degli accenti in scrittura.
Dove l'accento non venga indicato, non mancherà comunque di farsi notare nella lingua parlata…
L'uso della ‘d eufonica’ serve ad agevolare la pronuncia di parole che, in assenza di questa, risulterebbero difficili da
leggere o, in molti casi, cacofoniche.
Tale accorgimento consiste nell'aggiungere a preposizioni come a, e una d finale quando a seguirle sono parole che
iniziano per vocale.
E' consigliabile utilizzare la d finale in corrispondenza di parole che iniziano con la medesima vocale della proposizione
a cui fanno seguito, per esempio: “ad aspettare”, “ ad annuire”, “ed enunciare”, eccetera.