Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Nel passaggio dall’indoeuropeo allo slavo comune, una serie di consonanti ha subito lo
spostamento del punto di articolazione nel palato, dando vita a un gruppo di consonanti palatali.
La palatalizzazione ha quindi determinato la comparsa di nuove consonanti.
Questa, insieme alla sonorità crescente della sillaba, costituisce uno degli elementi chiave per
comprendere la fonetica dello slavo comune e lo sviluppo delle lingue slave.
La legge della sillaba aperta aveva creato un rapporto più stretto tra vocali e consonanti all’interno
della sillaba (le vocali anteriori agiscono sulle consonanti posteriori che le precedono per ristabilire
un’armonia sillabica). Quindi sfruttando l’apparato fonatorio, è possibile spostare il punto in cui
vengono articolate determinate consonanti, producendo nuovi suoni.
Le prime tre palatalizzazioni riguardano le consonanti velari: k, g, ch.
2. La prima palatalizzazione
La prima palatalizzazione delle velari è provocata da una vocale anteriore seguente: oltre alla i e
alla e, troviamo ĭ (cioè lo jer molle (ь)), la nasale anteriore ę e infine la jat, che traslitteriamo ĕ.
Si aggiungono le liquide sonanti (ļ’, ŗ’), molto vicine alle vocali e infine la ’u.
Per influsso di queste vocali anteriori, la consonante velare sposta in avanti il suo punto di
articolazione e si trasforma in palatale, superando lo squilibrio della sillaba che rendeva più difficile
l’articolazione.
k > č (in cirillico ч)
g > dž > ž (in cirillico ж)
ch > š (in cirillico ш)
I tre nuovi fonemi sono il risultato dell’avanzamento del punto di articolazione delle consonanti
velari; arricchiscono il sistema fonatorio dello slavo comune ma allontanano decisamente lo slavo
dall’indoeuropeo.
Questi nuovi fonemi assumono una grande rilevanza nella morfologia del nome e del verbo dal
momento che sono proprio le terminazione delle desinenze o l’aggiunta di formanti a provocare la
palatalizzazione, mutando la forma della radice stessa.
3. La seconda palatalizzazione
Il fenomeno si realizza in presenza di due fonemi vocalici che appartengono sempre al gruppo
delle vocali anteriori (ĕ (jat), i nella posizione di fine parola), ma che risultano dalla
monottongazione dei dittonghi. All’epoca della prima palatalizzazione questi dittonghi erano
ancora tali, e proprio per questo motivo non la innescarono.
k > c (in cirillico ц)
g > dz > z (in cirillico з)
ch > s (in cirillico с), š (solo nello slavo occidentale)
4. Fenomeni affini
La palatalizzazione è un fenomeno di lunga durata che agisce sia nella prima fase dello slavo
comune sia nella seconda, con la formazione dei diversi gruppi slavi.
Alle due palatalizzazioni sono legati alcuni fenomeni affini che interessano i gruppi consonantici
kv, gv, chv. In alcune aree questi gruppi si conservano, mentre in altre aree subiscono una
palatalizzazione.
Nello slavo meridionale e soprattutto in quello orientale si osserva un duraturo processo di
palatalizzazione, mentre nello slavo occidentale, il fenomeno si arresta più velocemente.
Se consideriamo il gruppo kv, nelle lingue polacca e ceca troviamo kwaiat e kvĕt (“fiore”), che
conservano il gruppo kv, mentre in area slava orientale e meridionale si afferma la
palatalizzazione, come mostrano il russo svet e il bulgaro cvjat.
La stessa cosa si verifica per il gruppo gv. In polacco troviamo gwiazda (“stella”), mentre in russo si
incontra la forma palatalizzata zvezda, in cui il gruppo zv attraverso dvz risale alla medesima forma
della prima fase dello slavo comune: *gvĕzda.
Lo stesso fenomeno interessa anche il gruppo sv: vlĭchvŭ (“mago”) che al nominativo pl. davanti a
vocale anteriore i in posizione di fine parola palatalizza il gruppo chv in sv: vlĭsvi.
5. La terza palatalizzazione
6. La fusione dello jod con una consonante o con un gruppo di consonanti precedenti
Con l’affermazione della sonorità crescente della sillaba, alcune consonanti o gruppi consonantici,
per lo spostamento del limite della sillaba, entrano in contatto diretto con lo jod che si trova
interposto fra la consonante o il gruppo consonantico precedente e la vocale che segue. Lo jod è
una semiconsonante; quindi si formano delle sillabe con struttura CjV o CCjV. Questo jod
interposto fra consonante e vocale influisce sia sulla consonante che precede sia sulla vocale che
segue. All’interno della sillaba si creano delle influenze in una doppia direzione: lo jod tende a
palatalizzare (cioè a far spostare in avanti il punto di articolazione delle consonanti che lo
precedono), ma allo stesso tempo tende a determinare l’apertura delle vocali che seguono.
Si realizzano, all’epoca dello slavo comune, i seguenti passaggi che generano la serie di consonanti
molli o palatalizzate:
sj > š zj > ž nj > n’
lj > l’ rj > r’ kj > č
gj > dž > ž chj > š
lo jod agisce non solo sulla consonante che precede, ma anche sulla vocale che segue. Se lo jod ha
palatalizzato la consonante precedente, spostando in avanti il suo punto di articolazione, è anche
in grado di trasformare la vocale che segue da posteriore a anteriore.
Si verifica così una serie di passaggi di cui consideriamo solo i più importanti:
o>e
ŭ > ĭ (da jer duro a jer molle)
y > i (da i velare a i palatale)
-omĭ (terminazione strum. sing. maschile) a cui si alterna, laddove agisca lo jod, la desinenza -emĭ.
Lo jod produce una serie di alternanze vocaliche nelle terminazioni, finendo per creare una doppia
declinazione, una con le desinenze dure e l’altra con le desinenze molli. Si tratta di un elemento
essenziale per orientarsi nella grammatica delle lingue slave.
8. La prosodia e la metrica
Nel tardo slavo comune l’accento cadeva sulla sillaba di tono ascendente o sulla prima sillaba e
questo deve aver favorito, almeno in una fase antica, l’uso dell’allitterazione nella parlate slave
che hanno conservato o recuperato questa tendenza. Solo più tardi si è sviluppato l’accento libero
che lega le lingue slave orientali al bulgaro.
Ceco, slovacco, croato e serbo hanno invece sviluppato vocali di quantità libera. Entrambe le
tendenze sono assenti nel polacco e nel macedone, influenzando in modo determinante il diverso
sviluppo della metrica.
Tra gli elementi prosodici comuni, emerge l’impossibilità nelle assonanze fra vocali di legare le
consonanti sonore con le sorde.
9. L’apofonia