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Michele Mioni
● LA “POLITICA EUROPEA”:
Il tema principale è l’evoluzione (europea) della politica sociale nel XX secolo, il cui
culmine si raggiunge con il Welfare state post-bellico, con una società sempre più
prospera, inclusiva e democratica. La premessa è che in Europa le politiche di Welfare si
sono mosse sia su un asse nazionale che internazionale, tant’è che dopo il 1945 vi è una
sorta di coincidenza fra le politiche dei singoli stati e il welfare europeo (non ne esiste
un solo tipo, ma diversi tipi) generale. Parleremo di come le scelte geopolitiche degli
stati europei siano spesso state guidate dalla competizione tra i vari sistemi sociali.
● IL PERIODO INTERBELLICO (FRA I E II GM):
All’epoca esisteva già l’idea di politica sociale intesa come qualcosa di nazionale e
internazionale. Vediamo com’era la situazione nei vari stati europei (ed extraeuropei):
1. REPUBBLICA DI WEIMAR 🡪 è un patto sociale che ha allargato i perimetri dello stato
+ i diritti dei cittadini, come pensioni pubbliche, assegni familiari, assistenza… Queste
misure erano in realtà già presenti in Germania ma qui nella Rep. di Weimar si voleva
democratizzare la politica tedesca e porre i diritti al centro della politica sociale. Questo piano
fallì a causa della crisi e della crescente alienazione delle classi medie e lavoratrici alla
Rep.
2. FRANCIA 🡪 abbiamo la riannessione di Alsazia e Lorena, territori con sistema
assicurativo tedesco che ora andavano amalgamati con il resto della Francia. Anche in
Francia l’obbiettivo era quello di avere una coesione nazionale tramite una mediazione
con ceti e interessi divergenti e il primo tentativo fu fra 1928-1930 con una riforma delle
assicurazioni sociali che fu l’esito di un compromesso dello Stato con il settore
mutualistico.
3. ITALIA LIBERALE 🡪 la Commissione Rava fece uno studio per la risistemazione della
legislazione sociale e nel 1919 furono aumentate le pensioni + assicurazioni per i
disoccupati. Il fascismo non modificò l’impostazione liberale della previdenza sociale,
semplicemente inserì il tutto all’interno della Carta del Lavoro: il lavoro era un dovere sociale
da tutelare per rafforzare la nazione.
4. UK 🡪 il problema principe era quello della disoccupazione. Inoltre, nel periodo 1931-35,
all’estero sempre a causa della disoccupazione nascono i governi fascisti e gli UK, per
proteggersi da ciò, prendono delle misure; 1935: revisione delle Poor Laws + struttura
governativa centrale che unificava le istituzioni a sostegno dei disoccupati. Beveridge
critica l’approccio emergenziale e propone misure rivolte al lato dell’offerta.
N.B. L’internazionalizzazione delle politiche sociale consiste in una competizione tra esse, che utilizza
anche la circolazione di idee come mezzo, cosa di cui il fascismo comprese subito l’utilità (propaganda).
Il FASCISMO afferma come ci fossero 3 vie: collettivismo, liberalismo e il fascismo stesso, vincente
perché in esso ‘datori di lavori e operai marciano compatti’ applicando una collaborazione interclassista.
1929 🡪 GRANDE DEPRESSIONE. In occidente si cercava di capire come risollevare le due ‘vie’
principali: capitalismo e istituzioni democratiche. Ne esiste una terza:
5. URSS 🡪 nel periodo 1920-30 vennero fatte inizialmente diverse riforme a tutela degli
operai, che in qualche modo andavano a scapito di altre categorie sociali; poi si passò alla
dimensione dello stakanovismo: la disoccupazione e le assicurazioni vennero cancellate
dalla lista delle statistiche ufficiali, divenne complicato accedere alle prestazioni di
invalidità e malattia. La politica sociale divenne funzionale all’ideologia
produttivistica del regime e all’industrializzazione forzata del paese.
L’URSS esercitava un certo fascino nel mondo intellettuale d’Occidente poiché dava
risposte alla crisi del liberismo. C’erano opinioni contrastanti a riguardo: i coniugi
Webb (parlavano di una nuova civilizzazione) vs Keynes (il sistema sovietico avrebbe
scosso i vecchi paradigmi ideologici d’Occidente). Alle soglie della II GM la politica
sociale definiva il campo di appartenenza dei regimi politici e le loro alleanze
internazionali. Un esempio sono Italia e Germania, collocate nella via ‘fascista’ e ‘nazionalsocialista’.
1941-42, gli Alleati creano un piano di sicurezza sociale per il dopoguerra prendendo ispirazione da
questo documento. Il più conosciuto tra i piani è il “Rapporto Beveridge” seguito sempre negli UK dai
Libri Bianchi. Trattavano di assicurazione sociale, servizio sanitario nazionale, misure contro la
disoccupazione anche se il punto cardine era l’identificazione tra cittadinanza e diritti sociali (ripreso
anche da Marshall) con un rinnovato patto tra poteri pubblici e società. Gli anglo-americani avevano
sconfitto il nazismo con la forza delle armi; ora volevano sconfiggere il comunismo avendo influenza
sulle classi lavoratrici europee.
La guerra era percepita come il culmine di un lungo conflitto tra il modello sociale fascista e quello
liberale, dove i due approcci distinti alla politica sociale ricalcavano anche i due schieramenti,
demarcazione denotata dalla propaganda. Tra l’altro, nei regimi nati dall’occupazione nazista, come la
Francia di Vichy, la loro legittimazione si ritrovava nel ‘nuovo ordine europeo’ di stampo nazista con
influenze nell’ordine sociale post-bellico. Esisteva però un terzo contendente: l’URSS.
QUESTIONE DOMESTICA: si apre una competizione tra Europa Orientale e Occidentale (non di
carattere strutturale delle politiche sociali)
DESTALINIZZAZIONE (fine anni ’50 – inizio anni ‘60): c’è una nuova fase del conflitto che include la
capacità di garantire crescita, sviluppo economico, stabilità sociale e consumi. È interessante notare
come in questo periodo i due blocchi convergevano essenzialmente sulle politiche sociali riguardanti le
società industriali. Come già durante la II GM, le politiche sociali vennero ancora una volta usate per
definire aree di appartenenza comuni e opposte ad altri sistemi di alleanze. Qui però non si è ricalcata
perfettamente la geopolitica dei sistemi politici in concorrenza.
● NEOLIBERISMO E IL “MODELLO SOCIALE EUROPEO”:
1973-1979 🡪 Crisi del welfare capitalism
La svolta si ritrova nel mondo anglosassone con il riemergere del neoliberismo in:
- UK 🡪 Margaret Thatcher
Il neoliberismo ebbe un impatto certamente meno tosto di quello che solitamente si dice sul welfare
state. Ad esempio, la riduzione della spesa sociale è stata applicata solo a singoli settori, il welfare ha
creato molti interessi che untagli massicci avrebbero danneggiato, il declino del salario industriale
ha avuto conseguenze parziali sull’estensione della rete di protezione sociale in Occidente. Vediamo
alcuni esempi di stati in cui tra anni ’70 e ’80 vi è stato un ampliamento dei beneficiari delle
prestazioni sociali + un cambiamento della natura del welfare state:
1. ITALIA; il Servizio Sanitario Nazionale dal 1978 ha perso il suo carattere mutualistico per
assumere carattere universale
2. FRANCIA; nel 1978 furono generalizzati gli schemi previdenziali obbligatori, prima riservati
solo a determinate categorie, coprendo ora il 95% della popolazione
3. PAESI SCANDINAVI; qui la crisi ha solo modificato parzialmente il welfare. Solo negli anni
’90, con l’aggravarsi della crisi, la spesa sociale è stata davvero posta sotto pressione.
ANNI ’90 🡪 effetti della svolta neoliberista nella percezione del ruolo del welfare state in Europa post-1989.
Dopo il collasso dell’URSS, le politiche di welfare hanno continuato ad intersecarsi, facendo
intersecare lo stato sociale con il processo di integrazione europea. Ad oggi il welfare è un settore in cui
è possibile registrare gli effetti delle politiche comunitarie, ma com’era un tempo?
ANNI ’90 🡪 UE identità sociale sovranazionale in Europa. Ha apportato delle modifiche alle politiche
sociali continentali, focalizzandole non più sul lavoratore /cittadino ma su disoccupazione e povertà,
sull’ammortizzazione dell’impatto dell’unione monetaria e sulla workfare.
- critica anti-austerity;
- distinzione tra chi si merita gli aiuti sociali e chi no;
● CONCLUSIONI:
> Kersbergen sostiene che il welfare state viene associato all’Europa nelle sue origini, nelle
sue caratteristiche e nella sua identità. Attenzione che la ricerca di maggior coesione sociale
NON è una prerogativa fra i sistemi politici europei;
> Ritter sostiene che lo stato sociale sia alla base della produttività economia + stabilità
perché offre la pace e la legittimazione di una società. Ecco perché ad oggi sistemi del
genere sono presenti quasi ovunque, aldilà del modello politico-sociale.
Nel XXI° secolo quest’espansione della politica sociale ha cambiato l’autorappresentazione delle società
europee al loro interno e verso l’esterno con un impatto sui campi di appartenenza geopolitici. Ci sono
stati diversi tentativi di interconnessione fra i vari paesi europei, tutti basati sull’allineamento dei patti
sociali a livello nazionale.
N.B. 1951-1979 è stato un periodo eccezionale in cui in occidente il welfare era accompagnato da
politiche per garantire inclusione e pace sociale con crescita, consumi, piena occupazione …
🡪 Questo modello è entrato in crisi con l’unione monetaria. Tuttavia, ad oggi il welfare state in Europa
non è in pericolo ma ha cambiato natura e finalità. C’è anche una tensione non indifferente tra la
coesione sociale nazionale e i paradigmi a livello europeo, dunque internazionale, che magari non
collimano.