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TESTO BES

CAPITOLO 1 - LA CRISI DEL PRIMO DOPOGUERRA E DEL 1929

1. I problemi del dopoguerra


I trattati di pace a Versailles volevano creare equilibrio in Europa.
I Tedeschi pensavano che le condizioni fossero troppo dure, i Francesi credevano che le multe non
fossero sufficienti e i nuovi Stati erano abitati da popolazioni in lotta tra loro.
Nel 1920 Wilson fondò la Società delle Nazioni per risolvere con diplomazia i contrasti tra gli Stati.
L’Europa affrontò:
– l’epidemia spagnola che portò molti morti;
– una crisi economica, causata dal crollo delle industrie, del commercio e dall’inflazione, cioè il crollo dei
prezzi;
– il problema dei reduci, cioè dei soldati che tornavano dalla guerra e che non trovavano lavoro.
Tra gli operai e i contadini si diffuse il comunismo e nel 1919 e nel 1920 ci fu il biennio rosso, chiamato
così per il rosso delle bandiere dei socialisti, dove operai e contadini occuparono fabbriche e terre.
I borghesi moderati, spaventati dal comunismo, appoggiarono i partiti di estrema destra, che garantivano
l’ordine con la forza.

2. La delusione degli italiani


Alla fine della prima guerra mondiale, in Italia ci fu una grave crisi economica, che causò i licenziamenti e
l’inflazione.
Nel settembre 1919 Gabriele D’Annunzio occupò Fiume con un gruppo di legionari e proclamò
l’annessione all’Italia.
Il capo del Governo Francesco Saverio Nitti non fece nulla, mentre nel 1920 Giolitti tornò al governo e
con il trattato di Rapallo dagli Iugoslavi ottenne l’Istria e Zara, mentre Fiume diventava indipendente.
Nel dopoguerra divenne famoso il Partito Popolare Italiano (PPI), movimento cattolico fondato nel 1919
da don Luigi Sturzo, che univa gli ideali democratici e cristiani.
Don Luigi Sturzo chiedeva in politica interna:
– la tutela della famiglia, della moralità e dell’infanzia;
– il riconoscimento dei sindacati;
– il riconoscimento dell’autonomia dei Comuni;
– una riforma elettorale che estendesse il voto alle donne.
In politica estera Don Sturzo chiedeva:
– la tutela della Società delle Nazioni per le aspirazioni nazionali;
– strumenti alla Società delle Nazioni per imporre il rispetto dei diritti dei popoli.

3. Il biennio rosso in Italia


In Italia, durante il biennio rosso, ci furono scioperi e proteste, in cui gli operai chiedevano l’aumento del
salario e garanzie contro i licenziamenti.
Nel 1920 i sindacati fecero lo sciopero bianco, cioè i lavoratori entravano in fabbrica ma non lavoravano.
Gli industriali minacciarono la serrata, cioè la chiusura delle fabbriche e i sindacati le occuparono.
I contadini occupavano le terre e l’Italia era vicino ad una rivoluzione comunista.
I proprietari terrieri e gli industriali chiesero aiuto allo Stato ma Giolitti non fu d’accordo e aumentò i
salari agli operai.
Il Partito Socialista Italiano (PSI) si era rafforzato, mentre la borghesia e i ceti medi appoggiarono
l’estrema destra, in particolare i Fasci di combattimento fondati nel 1919 da Benito Mussolini, che
usavano la violenza contro i socialisti.
Nel 1921, durante il congresso di Livorno, il gruppo rivoluzionario di Gramsci e Bordiga fondò il Partito
Comunista d’Italia (PCI).
4. La Germania nel dopoguerra: la Repubblica di Weimar
Nel 1918 in Germania fu proclamata la repubblica.
Nel 1919 i comunisti della Lega di Spartaco tentarono di guidare una rivolta, ma fallirono.
Nacque la Repubblica di Weimar con una Costituzione democratica.
La Germania fu considerata l’unica responsabile della guerra e fu costretta a pagare un enorme
risarcimento.
Le dure condizioni di pace causarono una grave crisi economica e favorirono i nazionalisti.
La moneta perse valore e l’inflazione fece salire i prezzi. Molti aderirono ai partiti della destra
nazionalista che fecero crescere nei Tedeschi la voglia di una rivincita contro la Francia e i comunisti,
ritenuti responsabili della sconfitta tedesca.
Nel 1920 Hitler fondò il Partito nazista, chiamato Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori.

5. Gli Stati Uniti dai «ruggenti anni Venti» alla crisi del ‘29
Negli Stati Uniti ci fu una fase di crescita ma le persone e le imprese si indebitarono con le banche e alla
fine degli anni ‘20 la crescita economica americana si bloccò.
Furono colpite l’agricoltura e l’industria e la sovrapproduzione abbassò i prezzi delle merci e i contadini si
impoverirono.
Molte imprese fallirono e le banche chiesero indietro i prestiti. Il valore delle azioni precipitò e il 24
ottobre 1929 ci fu il Big Crash, il grande crollo economico che segnò la rovina di molti Americani. La crisi
durò fino al 1932.
Franklin Delano Roosevelt fu eletto presidente degli USA e favorì la ripresa con il New Deal, un
programma che chiedeva l’intervento dello Stato nell’economia:
– finanziò la costruzione di opere pubbliche;
– facilitò l’esportazione delle merci;
– controllò le banche e la Borsa;
– aumentò il salario dei lavoratori.
La produzione migliorò ma la disoccupazione restò alta.

6. Le ripercussioni della crisi del ’29 in Europa


Il grande crollo del 1929 peggiorò le condizioni economiche in Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia, i
paese democratici entrarono in crisi e i regimi autoritari si rafforzarono.
La disoccupazione crebbe e molte industrie fallirono.
Nelle elezioni del 1930 i partiti democratici furono sconfitti e si rafforzarono i comunisti e i nazisti di
Hitler.

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CAPITOLO 2 - IL TOTALITARISMO IN UNIONE SOVIETICA: LO STALINISMO

1. Il totalitarismo
Nel 1917, in Russia, nacque la repubblica e iniziò la democrazia.
A novembre ci furono le prime elezioni, i bolscevichi ottennero pochi voti e così Lenin instaurò la
dittatura del proletariato.
I dittatori controllavano la società grazie alla tecnologia e alla società di massa.
Nell’Italia fascista di Mussolini, nella Germania nazista di Hitler e nell’Unione Sovietica comunista di
Stalin nacque lo Stato totalitario, dove vennero eliminate tutte le libertà.
Questi regimi furono caratterizzati dal controllo della politica del Paese e della vita privata degli individui.
Il fascismo, il comunismo e il nazismo eliminarono qualsiasi opposizione con il terrore.
2. La Nuova Politica Economica (NEP)
Durante la dittatura di Lenin, l’Unione Sovietica aveva un’economia disastrosa.
Fu imposto il comunismo di guerra, cioè il sequestro forzato di tutti i beni alimentari, per sostenere
l’esercito e le città.
Così ci furono rivolte e anche l’industria entrò in crisi.
Per migliorare le condizioni del Paese, Lenin elaborò il piano della Nuova Politica Economica (NEP), dove i
contadini consegnavano allo Stato una parte del raccolto.
Questo portò ad un aumento della produzione agricola e alla fine della carestia.

3. La lotta tra Stalin e Trockij


Nel 1924 Lenin morì e nel partito bolscevico iniziò una lotta per la successione tra Stalin e Trockij.
Stalin era il segretario del partito e pensava che il socialismo poteva salvarsi solo rimanendo in Russia.
Trockij aveva portato la vittoria nella guerra civile ed era convinto che per difendere la rivoluzione
socialista bisognava estenderla anche in altri Paesi.
Nel 1925 vinse Stalin e Trockij scappò in Messico, dove venne assassinato per ordine del suo rivale.
Stalin nacque nel dicembre 1879 in Georgia e fin da giovane si dedicò alle teorie di Marx e di Lenin.
Entrò nel partito bolscevico e diventò segretario generale.
Stalin era instancabile, diffidente e crudele.
Secondo gli storici, nella lotta politica seguiva 4 regole:
1. ogni mezzo era valido per raggiungere l’obiettivo;
2. quando qualcuno non serviva più veniva messo da parte;
3. quando le alleanze non erano più convenienti venivano rotte;
4. le belle idee servivano solo per illudere la gente.

4. L’URSS diventa una potenza industriale


Nel 1927 Stalin divenne il padrone del partito e dello Stato russo.
Egli eliminò la NEP di Lenin, poiché contraria al comunismo e alla grande industria.
Decise di industrializzare l’Unione Sovietica in breve tempo, senza preoccuparsi dei costi umani e sociali.
Questo progetto prevedeva una serie di piani, ognuno di 5 anni.
Il primo piano quinquennale del 1928 privilegiò la produzione di materie prime (petrolio, ferro, carbone,
acciaio) e le industrie pesanti (siderurgiche, metallurgiche e meccaniche).
La popolazione fece molti sacrifici, ma alla fine l’Unione Sovietica divenne una grande potenza
industriale.
La propaganda invitava tutti i lavoratori a produrre il più possibile per dimostrare la superiorità del
comunismo come Aleksej Stachanov, un minatore che aveva aumentato la produzione di 14 volte e da cui
deriva l’aggettivo stachanovista, per indicare chi si dedica totalmente al lavoro.
Dal 1930 lo Stato decise di controllare anche l’agricoltura e tutti i contadini furono costretti a entrare
nelle grandi aziende collettive dello Stato: i kolkoz e i sovkoz.
Così ci furono molte rivolte a cui Stalin rispose con la violenza.
Nelle campagne si scatenò una vera e propria guerra civile, dove migliaia di kulaki, cioè i contadini russi,
furono uccisi o deportati nei campi di lavoro forzato della Siberia.

5. L’eliminazione di ogni opposizione: i gulag


Dopo l’eliminazione dal partito di Trockij, il potere di Stalin diventò assoluto, grazie alle purghe, cioè
all’eliminazione dei suoi oppositori.
Tutti gli oppositori erano processati e accusati di tradimento.
Il partito controllava ogni parte della vita dei cittadini: l’arte, la cultura, l’economia e la stampa.
Stalin controllava il partito come un capo assoluto e autoritario e fu introdotto il culto della sua persona.
Gulag, che in russo significa Amministrazione centrale statale dei campi di rieducazione e lavoro, era una
sigla che indicava i campi di concentramento sovietici dove venivano deportati prigionieri comuni,
oppositori politici come funzionari, intellettuali, ufficiali dell’esercito o membri del clero ortodosso.
I prigionieri lavoravano in condizioni pessime per il freddo; costruivano canali, linee ferroviarie e
estraevano minerali.
Così Stalin creò un insieme di campi di concentramento che formavano l’arcipelago gulag.

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CAPITOLO 3 - LA RIVOLUZIONE RUSSA

1. L’arretratezza dell’impero russo


L’Impero russo era grande e comprendeva Russi, Finlandesi, Polacchi, Mongoli, Georgiani, Ucraini e
Lettoni.
La Russia era governata da una monarchia assoluta che difendeva il proprio potere e eliminava ogni
opposizione.
Chiese, monasteri e grandi famiglie possedevano il 90% delle terre, mentre i contadini erano servi della
gleba.
Nel 1861 lo zar Alessandro II abolì la servitù della gleba e diede la terra ai contadini, che in cambio
dovevano pagare un riscatto.
La legge peggiorò la condizione dei contadini e favorì i grandi proprietari terrieri che si liberarono di
molta manodopera, e i kulaki, cioè i medi proprietari terrieri che acquistarono le terre a poco prezzo dai
contadini.
Nel 1800 l’economia russa era fondata sull’esportazione di cereali e di materie prime.
Dal 1870 furono costruite fabbriche grazie ai capitali di Francia, Germania e Gran Bretagna.
Fra il 1885 e il 1898 ci fu l’industrializzazione nelle città di Mosca, Pietroburgo e Baku.

2. L’opposizione allo zar


Dal 1850 in Russia si diffuse il populismo, un movimento dei contadini che voleva abbattere lo zar con il
terrorismo e sostituirlo con comunità agricole.
Nel 1881 un populista assassinò lo zar Alessandro II.
Con lo sviluppo industriale si diffuse il marxismo, che voleva la rivoluzione dei proletari.
Nel 1898 i socialisti russi fondarono il Partito Operaio Socialdemocratico Russo, che si divise in 2 parti:
– i bolscevìchi, guidati da Lenin, che volevano la rivoluzione;
– i menscevìchi, guidati da Martov, che volevano realizzare riforme con la borghesia e arrivare al potere
con le elezioni.
Vladimir Uljanov, detto Lenin, nacque nel 1870 da una famiglia di borghesi e antizaristi.
Per le sue idee, Lenin fu arrestato, espulso dall’università e costretto all’esilio.
Lenin pensava che il capitalismo era in crisi e che presto i popoli europei si sarebbero ribellati alla guerra
con la rivoluzione.
La classe operaia russa, per fare la rivoluzione, doveva allearsi con i contadini.
Lenin voleva una società comunista, fondata su 3 principi:
– eliminare la proprietà privata e dare allo Stato terre e fabbriche;
– eliminare le divisioni tra le classi sociali;
– creare un governo del popolo.

3. La rivoluzione del 1905


Il 9 gennaio 1905 molti sfilarono per le strade di San Pietroburgo fino al Palazzo d’Inverno dello zar.
L’esercito uccise un migliaio di persone e così questa giornata fu chiamata la domenica di sangue, che
causò scioperi e rivolte.
A ottobre a San Pietroburgo venne creato il primo Soviet, cioè un consiglio dei lavoratori.
Lo zar Nicola II allora concesse un Parlamento, la Duma, che però non esercitò mai il suo potere.

4. La rivoluzione di febbraio
Con la prima guerra mondiale la produzione di grano e le scorte alimentari diminuivano e i prezzi
salivano.
Il 23 febbraio 1917 a Pietrogrado (Pietroburgo) gli operai manifestarono e chiesero pane e pace.
L’esercito si schierò con loro e iniziò la rivoluzione di febbraio.
Lo zar Nicola II fu costretto ad abdicare e nacque la repubblica.
Si formarono due poteri:
– un governo provvisorio che voleva continuare la guerra, guidato dal principe L’vov, un aristocratico
aperto alle riforme e appoggiato dai borghesi;
– il Soviet dei deputati operai e dei soldati, che chiedevano la pace.

5. La rivoluzione di ottobre
Il 4 aprile 1917 Lenin arrivò a Pietrogrado, organizzò una seconda rivoluzione e nelle tesi di aprile indicò 3
obiettivi:
– abbattere il governo provvisorio e dare tutto il potere ai soviet;
– fare uscire la Russia dalla guerra;
– dare la terra ai contadini.
Le truppe si ribellarono e il Governo provvisorio, guidato da Kerenskij, non sapeva risolvere il problema.
Per abbatterlo i bolscevichi crearono la guardia rossa e iniziò la rivoluzione d’ottobre.
Il 24 ottobre 1917 le guardie rosse occuparono Pietrogrado e i rivoluzionari conquistarono il Palazzo
d’Inverno.
Venne creato il Soviet dei Commissari del popolo, guidato da Lenin.
Il nuovo governo abolì la proprietà della terra, affidò le fabbriche agli operai e firmò la pace di Brest-
Litovsk con cui la Russia usciva dalla guerra.
Il 12 novembre 1917 si svolsero le elezioni, Lenin sciolse l’assemblea e impose la dittatura del
proletariato.

6. La nascita dell’URSS
Nel 1918 in Russia ci fu una guerra civile tra i generali dello zar, che organizzarono un esercito detto
l’Armata bianca, e il nuovo Stato comunista.
I governi europei aiutarono l’Armata bianca perché temevano la diffusione del comunismo.
Lenin creò un esercito bolscevico, l’Armata rossa guidata da Lev Trockij, e una polizia politica, la Ceka,
famosa per i suoi metodi violenti.
I contadini si schierarono con i bolscevichi perché avevano paura di perdere le loro terre.
Il 16 luglio 1918 lo zar e la sua famiglia furono giustiziati.
Nel 1920 la guerra civile si concluse con la vittoria dell’Armata rossa.
Nel 1922 nacque l’URSS, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, in cui la Russia era unita con le
repubbliche di Ucraina, Georgia, Armenia, Bielorussia e Azerbaigian.

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