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TOTALITARISMI.

Il termine totalitarismo fu coniato dagli antifascisti italiani già negli anni


20. Successivamente Mussolini e i fascisti, iniziarono ad utilizzarlo con
accezione positiva, per indicare la loro aspirazione e cioè, un
identificazione totale tra lo stato e la società. Nel secondo dopoguerra
stava ad indicare quel potere assoluto, che pretendeva di trasformare la
società, di pervaderla attraverso l’uso del terrore e della propaganda.
Imponendo così la propria ideologia attraverso il monopolio
dell’educazione e dei mezzi di comunicazione di massa. Esempi di
totalitarismo furono il comunismo di Stalin e il fascismo di Hitler. Spesso
tale termine viene utilizzato erroneamente con il significato di dittatura,
autorità, o tirannia.
Stalinismo: Stalin, sorretto da un imponente apparato burocratico e
poliziesco - ma anche dal consenso di milioni di lavoratori che vedevano
in lui il continuatore dell'opera di Lenin e l'artefice dell'industrializzazione,
finì con l'assumere in Urss il ruolo di capo carismatico non diverso da
quello svolto nello stesso periodo dai dittatori di opposta sponda
ideologica. Era il padre e la guida infallibile del suo popolo, l'autorità
politica suprema, il depositario dell'"autentica" dottrina marxista - anzi
marxista-leninista, seconda la formula codificata in quegli anni - e al
tempo stesso il garante della sua corretta formulazione. Nessuna critica
pena accusa di tradimento, rigide direttive culturali e censura per
letteratura, cinema, musica e arti figurative, le quali dovevano avere solo
una funzione propagandistico-pedagogico entro i canoni del cosiddetto
realismo socialista, cioè descrizione idealizzata della realtà sovietica.
Dopo la morte di Lenin, Stalin divenne a metà degli anni venti capo
incontrastato del Partito comunista sovietico (bolscevico), in quanto
segretario generale del suo Comitato centrale. A partire dal 1939 fu anche
presidente del Consiglio dei ministri dell'URSS, ma sin dall'inizio degli
anni trenta aveva governato il paese con poteri pressoché assoluti.
Nasce così il Primo Piano Quinquennale (1928-1932), con l’obiettivo di
velocizzare il processo di sviluppo del paese attraverso
l’industrializzazione forzata e la modernizzazione di tutti i settori
produttivi. Il primo passo è rappresentato dalla collettivizzazione
dell’agricoltura, che avviene tramite l’introduzione di “fattorie collettive”,
i kolchozy,e l’espansione delle “fattorie di stato”, i sovchozy. Questo
processo porta con sé una vera e propria persecuzione nei confronti dei
contadini ricchi, i kulaki, che vengono privati della terra, esiliati e uccisi.
Tramite questa rivoluzione dall’alto, i kulaki vengono eliminati non solo
come classe, ma in molti casi anche fisicamente, portando così ad una
drammatica riduzione della popolazione presente nelle campagne.
La collettivizzazione forzata genera però una forte opposizione anche tra
quei contadini che non fanno parte della borghesia agraria: la resistenza a
questa politica si traduce nel volontario danneggiamento degli attrezzi o
nella macellazione del bestiame che è destinato ad essere “collettivizzato”
e a finire nelle mani dello Stato comunista. Questa situazione porta anche
fra il 1932 e il 1933 ad una grande carestia che provoca milioni di morti,
che ha come effetto quello di fiaccare definitivamente la resistenza
contadina. I piani quinquennali, che proseguiranno fino al crollo
dell’URSS, permettono in questi anni al paese di avere una crescita
strepitosa, che lo fa passare velocemente da un’economia basata
sull’agricoltura ad una a forte impulso industriale. I successi sovietici sono
apprezzati in tutto il mondo ma poche notizie trapelano all’estero riguardo
ai costi umani di tale impresa: la grande trasformazione che la società ha
subito ha causato milioni di morti per fame, ma anche per prigionia o
detenzione nei campi di lavoro. Questi ultimi sono un elemento centrale
dell’era stalinista, quando le deportazioni nei gulag (così appunto erano
chiamati) arrivano a coinvolgere milioni di individui. Tra il 1934 e il 1938
Stalin scatena infatti il periodo delle “grandi purghe”, in cui la macchina
del terrore, che era stata messa in funzione con i piani quinquennali e le
persecuzioni dei kulaki, perseguita ora qualunque forma di dissenso
interno, rivolgendosi in particolare contro gli avversari interni nel partito.
La polizia politica resta l’unico organismo dotato di potere, mentre lo Stato
si vede svuotato del suo ruolo e scavalcato dal Partito, che a sua volta
perde ogni autonomia e viene completamente sottomesso al dittatore.

Per questi motivi, una volta conosciuta la realtà del suo regime, lo
stalinismo è diventato sinonimo di terrore e oppressione. Fu appunto
Nikita Khruščёv, salito al potere dopo la morte del dittatore dopo essere
riuscito a sbarazzarsi dell'erede putativo di Stalin, Lavrentij Berija,
arrestandolo con un trabocchetto, a denunciare per primo i crimini di Stalin
(durante il famoso XX Congresso del PCUS), definendoli "violazioni della
legalità socialista", e il suo culto della personalità.

NAZISMO: Il 10 luglio 1921, in una Germania ridotta alla miseria dal


disastro bellico, Adolf Hitler, un anonimo ed oscuro reduce di guerra di
origini austriache, veniva eletto capo indiscusso di una piccola formazione
di destra, dal nome "partito nazional-socialista dei lavoratori tedeschi".
Dopo anni di militanza quel piccolo manipolo di visionari avrebbe
raggiunto, sotto il segno della svastica, antico simbolo indo-europeo, il
dominio sull’Europa, con il fine di costituire un grande Reich millenario,
volto a sottomettere il mondo intero. I principi enunciati da Hitler nel
"Mein Kampf", riassumibili nel principio della superiorità della razza
ariana eletta, destinata ad imporre la propria egemonia, trovarono tragica e
sistematica attuazione nello sterminio di 6 milioni di ebrei, nei massacri,
nei rastrellamenti, nell’incubo cui dovettero soggiacere decine di migliaia
di persone dal gennaio 1933, anno dell’ascesa al potere del nazional-
socialismo, dell’ascesa al potere del nazional-socialismo, fino al maggio
del 1945.
Hitler Nel 1912 è a Monaco di Baviera: lavorerà per un po’ come operaio,
e allo scoppio della Prima Guerra Mondiale si arruola come volontario con
l’esercito tedesco col grado di caporale, distinguendosi per un po’, finché
nel 1916 non viene ferito nella battaglia della Somme. Nel 1918 viene
quasi accecato in battaglia da un gas letale, l’iprite: quando la Germania si
arrende, Hitler si trova in ospedale, in preda ad una grave depressione. È
sempre più convinto che la Germania ha perso per colpa di un tradimento
interno, di cui i principali colpevoli erano stati i socialisti e gli ebrei, e per
questo decide di darsi definitivamente alla politica. Tra l’8 ed il 9
novembre del 1923 Hitler, che all’epoca ammirava molto Mussolini, tenta
di coinvolgere il governo Bavarese in un’impresa ispirata alla Marcia su
Roma: il putsch di Monaco. Il tentativo è anche ricordato come Putsch
della birreria, essenzialmente perché partiva da un’enorme birreria situata
al centro della città bavarese, dove si stava svolgendo un comizio di
Gustav von Kahr, un vecchio politico reazionario. Il piano di Hitler era
semplice: entrare nella birreria durante il comizio, aizzare la folla,
occupare i palazzi del potere, e poi marciare verso Berlino con l’appoggio
dell’esercito, dello stesso von Kahr e delle forze di polizia. , il fallito colpo
di stato del novembre 1923, che provocò l’arresto del futuro fuhrer e la sua
condanna a cinque anni di reclusione nel carcere di Landsberg; nella realtà
la prigionia durò meno di un anno e fu proprio durante la sua detenzione
che Hitler dettò al fedele amico Hess, camerata della prima ora, il "Mein
Kampf", la bibbia della dottrina nazional-socialista ove furono esposti i
principi cardine di un’ideologia fondata sulla necessità di garantire alla
razza ariana la giusta espansione.
ganizzata, la popolazione vede questo episodio come una liberazione.
Nell’agosto del 1934 muore il presidente della repubblica Hindenburg, ed
Hitler ne assume la carica: il suo potere ormai è senza limiti, essendo al
contempo capo dello stato, del governo e delle forze armate. Il tutto è
ratificato da un plebiscito. Nel 1931 Hitler si incontra col capo del partito
nazionalpopolare, ma rimane tra le due forze un dissenso di fondo: Hitler
vuole rovesciare il potere, i nazionalpopolari puntano soltanto ad una
svolta autoritaria. Nel 1932 ci sono le elezioni presidenziali, e la spunta il
candidato nazionalpopolare, appoggiato anche dai socialdemocratici:
entrambi sperano di contenere Hitler. I socialdemocratici vengono presto
esclusi dal parlamento, e passano all’opposizione. Ci sono nuove elezioni:
stavolta i nazisti sono il primo partito, col 37% dei voti. In realtà avevano
perso consensi, ma i loro oppositori, profondamente divisi non sanno
approfittarne: con l’appoggio degli industriali, dei poteri economici, e
dell’esercito, Hitler viene nominato cancelliere il 30 gennaio del 1933,
quasi 10 anni dopo il putsch della birreria. In soli 6 mesi, i nazisti riescono
ad instaurare una dittatura fondata sul proprio partito, escludendo dal
potere tutti gli altri. Nel maggio del 1933 vengono bruciati i lavori di
alcuni tra gli esponenti più illustri della cultura tedesca degli ultimi due
secoli, in un rito dal sapore medievale, architettato da Goebbels, ormai
padrone assoluto anche della stampa. Il 6 luglio, la ‘rivoluzione nazista’ è
conclusa e poco dopo vengono vietati i partiti: l’unico partito riconosciuto
è quello nazista, che coincide ormai con lo stato stesso.
Nell’agosto del 1934 muore il presidente della repubblica Hindenburg, ed
Hitler ne assume la carica: il suo potere ormai è senza limiti, essendo al
contempo capo dello stato, del governo e delle forze armate. Il tutto è
ratificato da un plebiscito.
Il dominio di Hitler si fonda su una concezione di stato pensato
esclusivamente per i cittadini razzialmente puri e rispettosi delle regole.
Non rientrano in queste categorie non soltanto gli oppositori politici e gli
ebrei, ma anche gli omosessuali, i criminali comuni e i vagabondi, i
testimoni di Geova, gli zingari e più in generale gli ‘asociali’, i diversi.
Tutti gli altri, godono di agevolazioni mirate all’incremento demografico:
le donne vengono incoraggiate a non lavorare e a procreare, ciò le esclude
al contempo dai diritti politici (come quello di voto) e da quelli civili,
impedendo loro di studiare e di fare carriera.
Il passaggio dalla discriminazione civile alla persecuzione di massa è
segnato dalla cosiddetta notte dei cristalli (9-10 novembre 1938), in cui
200 sinagoghe vengono incendiate, 91 ebrei assassinati e migliaia di
negozi saccheggiati da una folla inferocita. Il nome ‘notte dei cristalli’ è in
riferimento alle vetrine spaccate, e l’evento scatenante era stato l’omicidio
di un diplomatico tedesco da parte di un giovane ebreo polacco: le prime
rappresaglie sono scatenate da membri in borghese delle SS e delle SA,
mentre alle forze dell’ordine viene imposto di non intervenire. Per la
stampa di regime si tratterà di una manifestazione popolare spontanea.
Dopo questo pogrom, circa 26.000 ebrei vengono internati in campi di
concentramento: il nuovo obiettivo è quello di cacciare gli ebrei dal paese
rendendo loro la vita impossibile. Prima dell’inizio della Seconda Guerra
Mondiale, più di mezzo milione di ebrei emigra da Germania, Austria e
Sudeti, accompagnati da moltissimi oppositori politici.
FASCISMO: l fascismo nasce come movimento politico fondato da
Benito Mussolini nel 1919 ma, tra il 1922 ed il 1943, si trasforma in un
regime totalitario.
Inizialmente il movimento fascista rappresenta una reazione alla
Rivoluzione Bolscevica del 1917 (Russia) e alle lotte sindacali del biennio
rosso (1919 - 1920) in Italia che videro lotte operaie e contadine culminare
in scioperi, autogestioni e occupazioni di fabbriche. Il fascismo si pone
come una terza via, un'alternativa al marxismo ma anche al capitalismo
liberista. Riconosce la proprietà privata ma rifiuta i principi della
democrazia liberale. L'obiettivo finale del fascismo è creare un'Italia più
grande.
Lo stato fascista viene costruito in fretta. Arriverà presto ad abolire le
libertà costituzionali di base, e a plasmare generazioni nel segno
dell’adorazione di un unico uomo, Mussolini. Con la propaganda, con la
forza, ma anche con l’appoggio dei poteri forti del paese, il fascismo
condizionerà pesantemente le abitudini, la cultura ed il futuro politico
degli italiani. Andrà inoltre ad ispirare una serie di movimenti e di regimi
autoritari nazionalisti (tra cui il nazismo) in tutta Europa.
Un deputato socialista riformista, Giacomo Matteotti, dopo aver
denunciato in parlamento le violenze e le irregolarità elettorali, viene
rapito ed ucciso da un gruppo di squadristi (10 giugno 1924). Le
opposizioni a questo punto, sperando in un intervento del re che non ci
sarà, abbandonano il Parlamento, episodio che ricordiamo come secessione
dell’Aventino in omaggio alle proteste della plebe contro i patrizi
nell’antica Roma.
Vari mesi dopo, il 3 gennaio del 1925 in un celebre discorso alla camera
Mussolini si assumerà la responsabilità civile, morale e storica non
soltanto dell’omicidio Matteotti, ma di tutto ciò che era successo negli
ultimi mesi. È l’inizio di una fase molto più decisa di trasformazione dello
stato italiano in stato fascista: alla fine del 1925 il governo non sarà più
vincolato al voto di fiducia del parlamento, gli oppositori politici verranno
spediti in ‘confino’ (isolati in luoghi remoti e inaccessibili), verrà istituito
un tribunale speciale per la difesa dello stato, introdotta la pena di morte
per chi attentava alla sua sicurezza, e da allora i sindaci non verranno più
eletti, ma sostituiti da ‘podestà’ nominati dal partito. Ancora più
importante: per un periodo di tempo indefinito, le libertà di associazione e
di stampa sono soppresse.
Nel 1926 viene proibito lo sciopero: si comincia a pensare ad un sistema
corporativo, programmato nel 1927 attraverso la Carta del Lavoro. Il
tentativo è quello di superare la lotta di classe: i lavoratori, i tecnici ed i
capitalisti vengono inseriti in corporazioni indipendenti, e condizionate
dallo stato. In questo modo, ogni possibilità di contrattazione da parte dei
lavoratori viene eliminata alla radice.
Nel 1928 una nuova legge elettorale limiterà la scelta degli elettori ad una
lista unica da approvare o rifiutare in blocco: lo stato fascista è ormai
completo. Il potere del PNF è ormai immenso, ma questo non significa che
gli altri poteri in Italia, e cioè l’esercito, la corona, e la chiesa, verranno
mai del tutto soppressi. Anzi: contribuiranno all’affermazione del regime
fascista, salvo poi, ma soltanto verso la fine del ‘ventennio’, ripensarci. La
Santa Sede, ad esempio, già dal 1923 zittisce i cattolici politicamente
attivi, ostili al fascismo, che si erano organizzati nel Partito popolare di
Luigi Sturzo, di orientamento democratico cattolico. A coronare
l’appoggio del Vaticano al regime saranno i Patti Lateranensi del 1929,
anche se continueranno ad esserci frizioni tra il fascismo e
l’associazionismo cattolico.
il regime fascista non smette mai di mobilitare le masse per
‘nazionalizzarle’ in modo paramilitare: i bambini venivano incamerati in
strutture come i Figli della Lupa o i Balilla, dove imparavano la disciplina
e l’obbedienza, partecipando ad un vero e proprio culto della persona
dell’onnipresente e protettivo duce. Ma l’inquadramento c’era per tutti: gli
universitari avevano i GUF (Gruppi universitari fascisti), le donne i Gruppi
femminili fascisti, e per tutti ci sarà, dal 1926, l’Opera nazionale del
dopolavoro, incaricata di organizzare il tempo libero dei lavoratori
attraverso cinema, turismo, teatro e colonie estive. Il tutto, naturalmente,
all’insegna di una propaganda continua ed incessante.
Insomma, il fascismo era diventato una vera e propria ‘religione civile’ per
gli italiani, fondata sul mito della patria, su un’organizzazione di tipo
militare, e sull’obbedienza assoluta. Ma dal 1936, con le prime politiche
antiebraiche, assume anche connotati apertamente razzisti: con le leggi per
la difesa della razza del ‘38 viene vietato il matrimonio ‘misto’, e gli ebrei
italiani, alcuni dei quali erano stati fascisti sin dall’inizio, non potevano
più ottenere impieghi pubblici, né semplicemente andare a scuola.
Tra il 1936 e il 1939 l'Italia legò le sue sorti a quelle della Germania
nazista, con la quale strinse prima l'asse Roma-Berlino e poi il Patto
d'acciaio.
Scoppiata nel settembre del 1939 la Seconda guerra mondiale in seguito
all'attacco della Germania alla Polonia, l'Italia proclamò la neutralità
armata. Ma dopo la sconfitta della Francia, ritenendo erroneamente certa la
vittoria tedesca, il 10 giugno 1940 Mussolini fece entrare il paese nel
conflitto. Dopo una serie di insuccessi sempre più gravi in Africa, Grecia e
Russia e lo sbarco degli Angloamericani in Sicilia, il regime crollò il 25
luglio 1943. Mussolini, messo in minoranza dal Gran consiglio del
fascismo, fu fatto arrestare dal re. Al crollo del regime seguirono
l'armistizio con le potenze alleate (8 settembre) e il disfacimento
dell'esercito. Liberato dai Tedeschi, il 23 settembre Mussolini costituì,
dando vita a una sorta di neofascismo, la Repubblica sociale italiana, con
sede a Salò, il cui governo, nelle zone del paese occupate da nazisti,
collaborò alla repressione della Resistenza condotta dalle formazioni
partigiane.
Tra il 25 e il 26 aprile 1945 il regime neofascista venne travolto
dall'avanzata degli alleati e dall'insurrezione partigiana. Catturato mentre
fuggiva in Svizzera, Mussolini venne giustiziato dai partigiani il 28 aprile.

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