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Davide Conti
L’anima nera della repubblica. Storia del MSI
Introduzione
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del primato assoluto dello stato inteso come forma organica della società, opposto
alla più complessa articolazione della società aperta e mediata dagli istituti di
rappresentanza. Il vincolo internazionale portò in Italia ad un fattore noto come
conventio ad excludendum nei confronti delle estreme infatti:
Il MSI tentò di legittimarsi facendo leva sul vincolo esterno della politica
estera;
Il PCI cercò di superare il suo stato di discriminazione sviluppando al massimo
la sua funzione nazionale.
La variabile sociale che determinò le condizioni favorevoli alla rioccupazione di uno
spazio nazionale, da parte dell’estrema destra fu il fallimento del progetto
riformistico del centro sinistra, soprattutto sul piano piano dell’unificazione
economica del paese e dello sviluppo del mezzogiorno. La rivolta di Reggio Calabria
in quest’ottica divenne un elemento di caratterizzazione della segreteria di Almirante,
che rilanciò la funzione del MSI come elemento di contrasto alle insufficienze a
livello politico del centro – sinistra; la crescita della destra trasse le sue ragioni
soprattutto dall’opposizione alle riforme del centro – sinistra e dalla critica dei suoi
fallimenti. Il MSI tra il 1973 e il 1974 riuscì a ridefinire il suo ruolo egemonico
coniugando le tendenze radicali come l’uso della violenza in chiave anticomunista,
con gli indirizzi d’ordine dei corpi militari dell’esercito, dei servizi segreti e di alcuni
settori dei ministeri dell’interno e della difesa. Tuttavia la linea Almirante si scontrò
anche con il contesto storico – politico caratterizzato soprattutto dalla crisi economica
italiana, infatti dalla metà degli anni 70’ nel paese cambiò la dinamica politica
nazionale, che andò in assoluta controtendenza con la crescita dell’estrema destra.
Tuttavia l’impossibilità del MSI di porsi come rappresentante autonomo ossia
svincolato dal rapporto con la destra DC, portò al fallimento del progetto originario
della segreteria di Almirante; concludendo così la fase incentrata sull’idea
dell’estremizzazione della logia della costituzione materiale nella sua declinazione
anti comunista e sull’uso del MSI come grimaldello anti sistemico. Inoltre nel paese
stavano cambiando le condizioni politiche in quanto dal 1973 si andava verso una
progressiva attenuazione della conventio ad excludendum verso il PCI. Esauritasi la
fase alta della segreteria Almirante gli anni 80’ furono un decennio dove il MSI si
scontrò con l’impossibilità di e l’incapacità di affrancarsi dal retaggio identitario
neofascista. Il crollo del muro di Berlino e la fine della prima repubblica tra il 1989 –
1993 determinarono la crisi del paradigma antifascista su cui era basata la legittimità
delle forze fondatrici della democrazia costituzionale italiana. La combinazione di
questi elementi determinò il rientro dell’estrema destra in un perimetro politico –
istituzionale da cui formalmente era sempre stata esclusa; soprattutto la crisi della
prima di legittimità e credibilità della prima repubblica offrì al MSI la possibilità di
presentarsi come l’unica forza antisistema non coinvolta nella gestione consociativa
del potere e del sistema illecito di finanziamenti alla politica. La vittoria alle elezioni
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politiche del 1994 ed il congresso di Fiuggi del 1995, in quanto il crollo della
repubblica antifascista portava infine alla riemersione della sua anima nera.
Cap.1- Fascisti in democrazia: dalla clandestinità al partito legale
Par.1.1- Il ritorno alla politica degli esuli in patria
Dopo la disfatta bellica e la fine tragica della repubblica di Salò il movimento sociale
non sarebbe nato, il senato una struttura presieduta da Pino Romualdi che coordinò
l’ambiente neo fascista nel periodo della clandestinità, instaurò rapporti diretti sia con
la monarchia che con il fronte repubblicano. Il primo embrione del MSI attivò una
dialettica con i partiti antifascisti interessati:
Al controllo dell’ordine pubblico;
Alla stabilizzazione del nuovo assetto politico;
Al consolidamento e allo sviluppo delle forme del nascente regime
democratico.
In questo contesto la fine del governo Parri, il fallimento dell’epurazione e le leggi di
amnistia si configurarono come degli elementi cardine della normalizzazione del
quadro politico post-fascista; andando a creare le condizioni per la nascita di un
raggruppamento di reduci che nel 1946 fondarono il MSI, questa prima fase prende il
nome di fase del clandestinismo eversivo. Nella prima segreteria Almirante si
consumò il primo conflitto interno al neo fascismo, Almirante infatti era considerato
una figura troppo compromessa con il vecchio regime. La sinistra e la segreteria
Almirante mantenevano una linea di rifiuto del patto Atlantico marginalizzando così
il MSI in una posizione di terzaforzismo tra i due blocchi. La crisi politica del 1947
culminata nella delicatissima di transizione tra il III e IV governo De Gasperi, venne
caratterizzata dalla strage di Portella della Ginestra. In un quadro in cui l’anti
comunismo assurgeva a modello di guida dello stato a conduzione DC, lo spazio del
MSI seppur ridotto dalla presenza egemonica democristiana, acquisiva un senso
specifico di attivismo militante in chiave anti – PCI. Le elezioni amministrative del
1947 a Roma e quelle successive del 18 aprile 1948 segnarono una prima forma di
legittimazione del sistema consentendo l’esistenza del partito nella repubblica
democratica e antifascista. La segreteria di Augusto de Marsanich subentrato ad
Almirante nel 1950 si caratterizzò per l’opera di stabilizzazione del MSI nonostante
gli arresti del maggio 1951 di alcuni esponenti tra i quali Pino Rauti per una serie di
attentati dinamitardi. Il MSI venne accettato ufficialmente come sistema militare
anticomunista solo con la conferenza stampa del 28 novembre 1951; sino a quel
momento il movimento aveva mantenuto un carattere molto refrattario alla
democrazia politica e all’adesione al patto Atlantico. Il consolidamento del MSI fu
possibile perché nelle elezioni del 1951 molti votanti di destra diedero il loro voto al
MSI e al partito nazionale monarchico soprattutto al Sud Italia; la chiesa per cercare
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anticomunista fallì quando ci fu l’asse tra PLI e DC, che come nuovo segretario
scelse nel 1954 Amintore Fanfani; infatti il cambio al vertice democristiano
ridimensionò la prospettiva dell’inserimento missino fino ad allora sostenuta dai
proprietari terriere del sud. A ciò si aggiunse che la mancata intesa sul piano
nazionale con Achille Lauro chiuse alla direzione missina un’importante fonte di
finanziamento, la crisi interna al MSI ebbe la sua chiarificazione l’11 ottobre 1954.
Tuttavia i nuovi equilibri emersi nel comitato centrale si erano già manifestati durante
il IV° congresso di Viareggio del 9 gennaio 1954, quando Almirante decise di
schierarsi con la parte filo atlantica del movimento. Tra il 15 e il 16 agosto 1954 i
partiti neofascisti europei si riunirono nel convegno internazionale di Madrid dove si
discusse sulla costituzione di gruppi paramilitari come le Far o i Gas in funzione
anticomunista. Le elezioni amministrative rappresentarono un obiettivo centrale per
la strategia del MSI, in quanto un successo del blocco monarchico missino nel sud
Italia e l’avvio di una collaborazione di governo nelle amministrazioni locali avrebbe
facilitato il processo di collaborazione organica con lo schieramento centrista anche
su scala nazionale. Infatti il PNM doveva svolgere la funzione di cuscinetto tra DC e
MSI in parlamento, dove i missini al contrario avrebbero mantenuto un atteggiamento
di opposizione al quadripartito:
DC, PSDI, PLI e PRI.
Tuttavia nonostante le difficoltà iniziali alla fine la segreteria di Michelini riuscì a
consolidarsi affermando la linea politica dell’inserimento e dell’alleanza con il PNM
che avrebbe portato anche i finanziamenti di Carlo Pignatelli il presidente della
Vacum Oil Company.
Par.1.2- La segreteria Michelini: dall’inserimento alla caduta del governo
Tambroni
La reazione politica di fronte all’ascesa di Fanfani e all’esaurimento del governo
Scelba rappresentò un punto di contatto politicamente significativo tra destra DC e
MSI; nell’estate del 1954 dopo la scomparsa di De Gasperi le componenti
democristiane già promotrici dell’operazione Sturzo guardarono alla possibilità di un
nuovo avvicinamento con MSI e PNM, con l’idea di impedire le riforme sociali che
erano state alla base del programma centrista del governo Scelba. La fine del governo
Scelba e l’insediamento del governo Segni chiuse la fase di egemonia centrista sul
terreno della lotta al PCI; tuttavia i deludenti risultati nelle amministrative del 1956
riattivarono lo scontro all’interno del MSI tra l’opposizione tenuta da Almirante e i
gruppi dissidenti di Ordine Nuovo ed il raggruppamento giovanile studenti
lavoratori (RGSL), guidato da Giulio Caradonna. Proprio il gruppo di Caradonna il
9 marzo 1955 realizzò un’azione squadrista contro la sede del PCI, mentre si
discuteva sull’Unione Europea Occidentale e il riarmo della tedesco; nella notte tra il
26 e il 27 ottobre 1955 un ordigno esplose presso la sede nazionale della CGIL a
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La fine del governo Fanfani e la formazione del governo Segni fecero emergere il
conflitto interno alla DC tra coloro che erano inclini all’apertura a sinistra con il PSI e
coloro che invece ne erano contrari. Infatti il PSI si era sganciato dal PCI nel 1956
dopo la denuncia nel XX° congresso del PCUS delle repressioni dell’epoca staliniana
e l’invasione sovietica dell’Ungheria. Il 25 marzo 1960 fu formato un esecutivo con
maggioranza DC-MSI e quattro deputati monarchici, la direzione nazionale
democristiana sfiduciava il gabinetto chiedendo le dimissioni di Tambroni. La
formazione di questo esecutivo di destra portò ad una grande mobilitazione da parte
dei partiti antifascisti con una conseguente crisi dell’ordine pubblico in tutto il paese,
che provocarono morti e feriti in varie città di Italia. Ciò determinò l’annullamento
del congresso del MSI, la caduta del governo Tambroni e la nascita del centro –
sinistra; sanzionando una sconfitta politica per il MSI che fece emergere le
contraddizioni interne. Il 5 luglio venne data alle fiamme la casa del dirigente
comunista dell’ANPI Arrigo Boldrini e la notte del 7 luglio fu fatta saltare
l’automobile di Carlo Levi; questi fatti determinarono la crisi irreversibile della
strategia dell’inserimento di Michelini, ma allo stesso si sviluppò una crisi a livello di
struttura partitica negli ambienti neo fascisti. Il centro – sinistra assunse il carattere di
risposta complessiva e articolata che il sistema politico ed industriale italiano
chiedeva; il respiro strategico del progetto vanificò anche tutti i tentativi di rilancio di
una formula tambroniana. Infatti il centro – sinistra si pose come obiettivi:
L’unificazione economica del paese attraverso il superamento degli squilibri tra
aree geografiche sviluppate e non;
L’espansione dei consumi individuali e il sottosviluppo dei consumi e dei
servizi collettivi;
Il centro – sinistra elaborato da Moro si andò configurando come un progetto ampio
all’interno del quale ogni componente centrista avrebbe potuto svolgere un ruolo
funzionale al mantenimento dell’equilibrio politico.
Par.1.5- Centro – sinistra e crisi del MSI
Il MSI cercò attraverso alcuni suoi esponenti atlantici una ripresa dei collegamenti
con organizzazioni internazionali ostili alla distensione, al fine di rilanciare nella
destra occidentale forme di contrasto al nuovo indirizzo politico lanciato da Kennedy.
Il 23 febbraio 1962 alcuni esponenti del MSI Borghese, Caradonna e Anfuso si
incontrarono a Roma con Oswald Mosley, il fondatore del British Union Fascist,
interessato a raccogliere informazioni per conto del governo di Londra sugli sviluppi
dell’apertura a sinistra in Italia, ma soprattutto il peso dell’opposizione di destra
avrebbe potuto raccogliere per impedire la formazione di un governo con all’interno
il PSI. Le trasformazioni di inizio anni 60’ in Italia portarono il MSI verso
un’inesorabile marginalizzazione politica e una conseguente frammentazione
dell’area di estrema destra, le scissioni dei gruppi di ordine nuovo e di avanguardia
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quanto non si poteva fare affidamento sul MSI o il PNM, tuttavia il PLI avrebbe
potuto svolgere un ruolo di aggregazione per una nuova formazione che aggregasse al
suo interno il PNM e la parte più moderata del MSI. Questa formazione avrebbe
avuto l’appoggio diretto ed indiretto dei militari nelle elezioni politiche in modo da
evitare in Italia una possibile sovversione comunista.
Par.1.6- Il nuovo accordo Michelini – Almirante
Dopo l’estate del 1964 il centro – sinistra superò la fase più complessa della sua
composizione attraversando oltre alla crisi di luglio anche le resistenze ai progetti
riformatori dei settori più conservatori della Confindustria. La tenuta del centro –
sinistra confermò l’esaurimento della strategia dell’inserimento conducendo l’MSI al
suo VIII° congresso organizzato a Pescara nel giugno del 1965 con il permanente
scontro tra Michelini ed Almirante. Ordine nuovo infatti si impegnò nell’area
extraparlamentare in un’azione di sostegno alla candidatura di Almirante come
segretario; il congresso missino del 1965 venne certamente influenzato dall’eco del
congresso organizzato a Roma da Ordine nuovo il 3 maggio. La candidatura di
Almirante fu sostenuta anche da delle Chiaie che auspicava una svolta capace di
ricollocarlo nel partito visto che tra il 1960 e il 1965 aveva accumulato con
Avanguardia nazionale una serie di denunce e inchieste della magistratura per attività
squadriste. I risultati del congresso con l’accordo tra Michelini e Almirante segnarono
la prima fase di vita del gruppo di Delle Chiaie che pur sciogliendosi ufficialmente
rimase organizzato in forme più agili e meno visibili. L’accordo precongressuale tra
Michelini e Almirante portò ad una gestione unitaria determinando però una frattura
nella corrente di Rinnovamento.
Cap.2- I fratelli separati: Fronte nazionale, ordine nuovo, avanguardia
nazionale
Par.2.1- L’anticomunismo democratico e la crisi missina
Il processo di unificazione tra PSI e PSDI tra il 1965 – 1966 si configurò come una
delle cause del progressivo restringimento dell’area della rappresentanza del MSI;
l’unificazione socialista fino al 1968 si propose come fattore capace di ridurre e
marginalizzare l’influenza del PCI nel paese ed esautorare la funzione anticomunista
del MSI. Tuttavia non rendeva meno diffidenti gli esponenti della NATO
sull’esperienza del governo di centro – sinistra in Italia; tuttavia il riposizionamento
sulla linea dell’anticomunismo democratico riprodotto a destra dal PLI e a sinistra
da PRI, PSDI, PSI e al centro dalla DC, riconfermò l’impossibilità per il MSI di
inserirsi nell’area governativa. Questo quadro dimostrò la crisi identitaria e della
rappresentanza ed inoltre sancì l’esaurimento del respiro strategico della linea
Michelini. Ciò costrinse Almirante a creare strutture semiclandestine che avevano il
compito mantenere una dialettica tra le aree dissidenti del movimento e la segreteria,
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queste strutture furono affidate alla gestione del principe Borghese. Tuttavia questi
tentativi di ricomposizione della segreteria fallirono e né Borghese e né Rauti
accettarono il rientro nel MSI. Questo rifiuto non fece che aumentare le difficoltà
politiche del movimento coinvolgendo anche il settore giovanile; la crisi rischiò una
rapida accelerazione dopo la convergenza Borghese – Rauti sulla costituzione di un
fronte nazionale come nuovo soggetto di aggregazione anticomunista. La segreteria
si trovò dunque a fronteggiare la contestazione dei gruppi extraparlamentari che in
passato avevano fatto capo ad Almirante, mentre sul fronte parlamentare Michelini si
vide incalzato dal dinamismo del PLI sui temi dell’anticomunismo e dell’opposizione
al centro sinistra e ciò contribuì a spingere il MSI verso la marginalizzazione e la sua
segreteria all’esaurimento della prospettiva politica.
Par.2.2- Ordine nuovo, fronte nazionale e la fine dell’era Michelini
Ordine nuovo si propose di raccogliere il malcontento della base giovanile del MSI
emerso nella fase iniziale della mobilitazione studentesca del 1968, in gruppo di
Rauti non fu certo favorevole alla contestazione nata nelle università italiane, tuttavia
definì un grosso errore a cui difficilmente si poteva rimediare l’aggressione
squadrista che il MSI organizzò il 16 marzo 1968 all’università, quando i missini
guidati da Almirante e Caradonna decisero di assaltare la facoltà di lettere occupata
dagli studenti. Ordine nuovo inserì i fatti dell’università di Roma in una dimensione
diversa di lotta al comunismo, ragionando non su una politica di scontro fisico, ma al
contrario sull’inserimento di quadri e militanti fascisti nel movimento studentesco,
per deviarne in senso anticomunista l’indirizzo generale. Nel primo semestre del
1968 si registrò una convergenza tra Rauti e Borghese nell’ottica di creare una
struttura concorrente al MSI in grado di aggregare altre forze anticomuniste. Il
gruppo dirigente di ordine nuovo colse il nesso tra il ridimensionamento parlamentare
e la crisi della segreteria, cercando di usare come mezzo di ricomposizione politica la
campagna astensionista. Il MSI si presentò alle elezioni politiche del maggio 1968,
recuperando le conclusioni della mozione finale del congresso del 1965 e
riformulandone i contenuti con forme meno anti sistemiche e più inclini ad un partito
conservatore. Proseguendo così il processo di scioglimento delle peculiarità dottrinali
del fascismo all’interno della formazione di un ampio blocco anticomunista; sul piano
nazionale la propaganda missina del 1968 si concentrò sulla critica della corrente
dorotea della DC. Il MSI pose al centro della sua campagna elettorale proprio la
competizione nello spazio politico del conservatorismo cattolico, accusando la classe
dirigente della DC di aver avviato un colloquio di collaborazione politica e al potere
con la classe dirigente comunista; rivendicando dunque il voto al MSI come l’unico
voto anticomunista efficace.
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Par.2.3- L’estrema destra dopo le elezione del 1968: l’ascesa di ordine nuovo
Le elezioni del 1968 segnarono una crescita della DC e del PCI ed una secca sconfitta
del PSU che determinò la crisi della formula di centro – sinistra; i risultati elettorali
non solo segnarono la sconfitta del governo DC – PSI ma evidenziarono il fallimento
della strategia che aveva cercato di promuovere in senso comunista, il definitivo
inserimento delle masse operaie e proletarie italiane nel sistema politico nazionale.
Coniugando una nuova rappresentanza parlamentare di sinistra; il crollo socialista
comportò il fallimento della strategia del centro – sinistra sia sul piano delle riforme
che su quello dello sblocco del sistema politico – parlamentare. La dirigenza missina
pose l’accento sull’indebolimento strutturale del blocco della DC e sulla dimensione
politica della crisi della funzione anticomunista, sanzionata dalla sconfitta del PSU;
ciò potè avvenire con il logoramento dei precedenti equilibri economico – produttivi
del paese che diverranno evidenti nel 1969 con l’incontro tra il movimento operaio e
quello studentesco, che accelerò lo spostamento dell’asse politica verso sinistra. Il 21
luglio 1968 Ordine nuovo convocò a Roma presso il Circolo dei selvatici un consiglio
nazionale che parlava di questi temi: “tattica e strategia di un nuovo strumento di
azione politica; problema dell’anticomunismo; precisazioni sull’iniziativa del
comandante Borghese; innovazioni nella struttura organizzativa”. Al consiglio
parteciparono anche i delegati di ordine nuovo e molti esponenti di avanguardia
nazionale; Rauti affrontò inoltre il tema della lotta al comunismo precisando come
esso non avanzasse anche grazie ad azioni che rientrano nella dizione di guerra
sovversiva. L’Italia del 1968 si presentava come un paese con molte strutture
industriali ed una crescente concentrazione umana nei centri urbani, dunque per
svolgere un’attività politica incisiva finalizzata alla rivoluzione nazionale era
necessario portare avanti una discontinuità con il passato, per allagare lo spazio
politico dell’estrema destra oltre il perimetro storicamente definito.
Par.2.4- L’incubazione della strategia della tensione
L’elezione di Kennedy alla presidenza USA, la distensione politica internazionale e la
politica di riforme, produssero un ipotesi di apertura a sinistra sia in Germania e in
Italia, ciò in parte teorizzato dalla nuova amministrazione di Washington. In questo
contesto si collocò l’elaborazione delle teorie della controinsorgenza e della guerra
rivoluzionaria da parte degli alti vertici militari dell’alleanza atlantica. La
controinsorgenza si caratterizzò principalmente come una dottrina di carattere
militare utilizzata prevalentemente nelle aree dei paesi asiatici, latinoamericani e
africani dove la guerriglia assumeva non più un ruolo tattico di supporto agli eserciti
regolari. La guerriglia stava assumendo una funzione strategica capace di sovvertire i
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rapporti di forza iniziali, in grado quindi di rappresentare per i popoli dei paesi in via
di sviluppo un’opzione praticabile di lotta per l’emancipazione. Infatti eventi come:
I processi di decolonizzazione;
La rivoluzione castrista a Cuba;
Il conflitto vietnamita.
Erano la prova che la guerriglia costituiva un’inversione dei tradizionali rapporti tra
politica e guerra; fu infatti Carl Schmitt agli inizi degli anni 60’ ad elaborare la
teoria della controinsorgenza come unica risposta possibile alla guerriglia, bisognava
infatti costituire delle strutture organizzate sul modello della OAS. La
controinsorgenza successivamente entrò nei manuali militari statunitensi, fu ripresa
dal generale Westmoreland che teorizzò apertamente il diritto americano
all’ingerenza nelle questioni dei paesi stranieri, con l’eventuale modifica della
struttura dei loro governi nel quadro della lotta anticomunista. In questa logica ai
partiti comunisti che operavano secondo i criteri della legalità democratica venne
attribuita una funzione oggettivamente rivoluzionaria; questo perché i comunisti
starebbero usando i sistemi istituzionali con lo scopo di indebolire con la loro azione
legale la struttura interna dello stato per determinarne una sua crisi irreversibile. Il
conflitto dunque assumeva una fisionomia nuova rispetto alla connotazione classica,
inserendo l’elemento di una competizione politico – militare; dunque l’iniziativa di
Rauti, Beltrametti e Giannettini non era l’elaborazione di una nuova strategia
d’azione anticomunista, ma solo il segno di una congiunzione interna di una strategia
politico – militare internazionale di origine atlantica.
Par.2.5- Ordine nuovo: dal neofascismo agli Stati Maggiori Allargati
Il fulcro dell’organizzazione si compose sull’asse Roma – Triveneto, infatti proprio le
cellule di Padova, Verona, Vicenza e Venezia – Mestre attivarono rapporti con le
strutture dei comandi NATO sul territorio. Sul piano europeo Ordine Nuovo allacciò
relazioni con la Germania ovest, con la Spagna, con il Portogallo e con il regime
militare greco. L’evoluzione di Ordine nuovo ebbe il suo compimento nel quadro
della formazione dei nuclei di difesa dello stato (NDS), un’operazione mista
realizzata da civili e militari in cui la presenza di ordinovisti ed esponenti
dell’estrema destra fu molto ampia. La funzione di ordine nuovo all’interno
dell’operazione NDS divenne centrale a partire dal 1966 facendo riferimento la
gruppo dirigente della cellula guidata da Maggi. I dirigenti di ordine nuovo istituirono
uno speciale centro studi e documentazione sulla guerra psicologica diretto da
Clemente Graziani, inoltre allacciarono rapporti con l’agenzia di stampa di Lisbona la
Aginter Presse. I contatti Aginter Presse – ordine nuovo modificarono indirettamente
la geografia politica interna al MSI, permettendo a Guerin Serac di stabilire un
rapporto collaborativo con di il gruppo Bruschi di Milano, con i missini e in
particolare con l’onorevole Caradonna e con la Giovane Italia. Ordine nuovo costituì
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per tanto il gruppo italiano di maggior confidenza a cui venne chiesta una stretta
collaborazione per preparare di volontari e provvedere alla creazione di agenti di
collegamento nelle principali città italiane che possono servire a favorire le missioni
anticomuniste di gruppi esteri nel nostro paese.
Par.2.6- Ordine nuovo tra convergenza col fronte nazionale e politica
dell’ombrello
Dopo le elezioni del 1968 Ordine nuovo sostenne la proposta politica di Borghese di
costituzione del fronte nazionale come nuovo blocco della destra italiana; il gruppo di
Ordine nuovo considerava infatti la crisi dell’alleanza DC – PSI come il fallimento
del processo di modernizzazione e della politica di piano promossa da alcuni gruppi
industriali come la FIAT per cercare di dare un’accelerazione neo – capitalista sul
piano dell’urbanistica e delle strutture economiche e finanziarie. Il governo di Moro
aveva fallito su tutti i piani non riuscendo a spaccare la CGIL e nemmeno ad attuare
le riforme richieste; dunque di fronte alle difficoltà strutturali del sistema politico –
istituzionale italiano si aprivano due prospettive strategiche di soluzione della crisi,
che portavano alla soluzione di un golpe militare. L’11 settembre venne ufficialmente
fondato a Roma da Junio Borghese, Benito Guadagni e Remo Orlandini il fronte
nazionale la cui prima riunione si tenne il 29 settembre; l’attività iniziale del fronte
nazionale si concentrò nella costituzione di comitati di adesione, che avrebbero
dovuto costituire una prima ramificazione sul territorio nazionale
dell’organizzazione. La nascita del fronte nazionale fu sostenuta anche da ambienti
massonici, preoccupò la dirigenza del MSI che vedeva costituirsi un progetto politico
in grado di assorbire la dissidenza missina e aggregare settori rilevanti della destra
politica. La convergenza tra ordine nuovo e il fronte nazionale raggiunse il suo
culmine nel 1968 quando promosse la nascita del settimanale l’assalto; il 12 dicembre
1968 si formò il gabinetto Rumor, con la formazione di questo gabinetto i partiti della
maggioranza avevano cercato una ricomposizione del centro sinistra, palesando
l’estrema debolezza e fragilità dell’esecutivo. Sul finire del 1968 la malattia di
Michelini e la sua sostituzione con una reggenza provvisoria modificò le prospettive
strategiche di ordine nuovo, riproponendo il tema del rientro nel partito nell’ipotesi di
una segreteria presieduta da Giorgio Almirante.
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ordine nuovo e il MSI si conclusero con un accordo che prevedeva l’entrata di alcuni
esponenti di ordine nuovo nel comitato centrale del MSI.
dell’indirizzo politico del partito cattolico, ma soprattutto una crisi che portò ad una
ridefinizione dell’intero sistema delle relazioni industriali ed economico – produttive
del paese. La crisi del governo nel luglio del 1969 assunse i tratti di una più
complessa crisi di sistema determinata dalle fratture interne ai due partiti che
formavano la maggioranza ossia la DC e il PSI. Le prospettive politiche dell’ala
conservatrice furono simmetriche a quelle del MSI che non mancò di palesare delle
pulsioni autoritarie favorevoli alla presa del potere da parte di generali e colonelli. La
figura di Saragat veniva riproposta dall’estrema destra in un’accezione spiccatamente
presidenzialista che riconosceva in via esclusiva al quirinale il diritto – dovere di
esercitare la funzione di scioglimento delle camere che prevedeva un iter
parlamentare e costituzionale più lungo. La convergenza tra la lettura di Saragat e
quella dell’estrema destra determinò la composizione sul terreno dell’anticomunismo
di un rapporto dialettico tra i partiti atlantici della maggioranza di governo e la destra
missina, che dunque varcava il perimetro dell’arco costituzionale. Questo blocco
eterogeneo poteva contare sul sostegno di una parte della borghesia italiana che
puntava al superamento della crisi di gestione apertasi con la conclusione del ciclo
economico espansivo degli anni 50’. Tra la fine del mese di novembre e l’inizio di
dicembre un rapporto di Guido Giannettini inviato al servizio informazioni difesa
(SID), relazionò sulla possibilità di attentati dinamitardi realizzati da gruppi
neofascisti con ambienti industriali del Nord Italia. La nota di Giannettini consolidò
le informazioni già in possesso delle strutture di sicurezza italiane; che permisero di
capire in anticipo la dinamica militare e la logica politica alla base degli attentati del
12 dicembre, nonché un possibile coinvolgimento del principe Borghese
nell’operazione.
Cap.4- Il neofascismo e la strategia della tensione
Par.4.1- “Contestare la contestazione”
Nel 1969 il MSI sviluppò un’intensa attività interna ed estera finalizzata a connettere
secondo una logica di estremizzazione della tensione, la politica e la linea nazionale
del partito con la dimensione internazionale del conflitto tra occidente e Blocco
sovietico. Il 17 settembre Almirante incontra a Torino Agnelli, il MSI si riproponeva
dunque come una forza d’urto contro la sindacatocrazia e il disordine degli scioperi e
delle lotte operaie; offrendo una sponda di rappresentanza politica alle classi medie e
industriali a cui il partito avrebbe dovuto guardare, includendole in quel concetto di
nazione individuato come fine della battaglia, nonché come antidoto contro il veleno
del comunismo. Infatti la questione dell’ordine pubblico, con la sua incidenza sulle
relazioni industriali divenne il fulcro della politica missina. Tra il corso di formazione
a Rieti di settembre e l’incontro internazionale di novembre si collocò la circolare
Anderson del 29 ottobre alla quale seguì una circostanza anomala come quella delle
dimissioni simultanee di un consistente numero di iscritti del RGSL, del FUAN e
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grossi attentati. Sulla strage di piazza Fontana Carret confermò a Digilio la matrice
dell’attentato e la sua finalità politica, precisando che gli esecutori non sarebbero stati
toccati dalle indagini. Ordine Nuovo avrebbe svolto in assoluta simmetria con
l’identità di organismo interno alla logica degli Stati Maggiori Allargati e dei
Nuclei di Difesa dello Stato, ordine nuovo aveva infatti la funzione di detonazione di
un processo che partendo dai margini del sistema politico sarebbe stato in grado di
innescare una progressione di istanze destabilizzanti finalizzate ad una rimodulazione
dei rapporti di forza sociali e dell’architettura costituzionale. Lo stesso capitano
Carret confermò a Digilio che quello era stato il progetto ben visto anche dagli
americani e che era fallito per in tentennamenti di alcuni democristiani come Rumor;
il mancato avvio del processo di involuzione autoritaria determinò una frattura
strategica sul piano politico tra i soggetti coinvolti. Infatti lo sviluppo degli eventi
stragisti in chiave pregolpista non solo avrebbe dato inizio ad un maggior controllo
dei militari sulla vita del paese, senza un vero e proprio colpo di stato, ma avrebbe
permesso l’uscita allo scoperto dei NDS con una funzione di appoggio e di
propaganda in favore dei militari. Tuttavia la mancata proclamazione dello stato di
emergenza da parte delle massime cariche dello stato venne interpretata da ordine
nuovo come una ritirata di Rumor che aveva impedito un’immediata presa di
posizione dei militari e che in ultima istanza aveva bloccato sul nascere ogni ipotesi
politica di svolta autoritaria.
Par.4.3- Dallo stato di emergenza alla composizione della crisi
L’effetto di destabilizzazione degli attentati di Roma e Milano sul quadro politico e
nel paese determinò le condizioni potenziali per l’assunzione di misure straordinarie
di controllo dell’ordine pubblico. Il PCI oltre alle misure interne di sicurezza e alle
comunicazioni costanti tra i dirigenti e il ministero dell’interno per monitorare in
tempo reale l’evolversi della situazione, in quanto già dal 1969 la dirigenza
comunista era a conoscenza di una possibile involuzione autoritaria sostenuta dalla
destra, dai militari e da gruppi di industriali intenzionati ad esercitare pressione
affinchè fossero adottate misure restrittive nei confronti delle forze i estrema sinistra
o per costringere il governo a dimettersi, creandone un altro appoggiato dalle forze di
destra. Nelle ore successive agli attentati l’MSI distribuì dei volantini per la
manifestazione nazionale del 14 dicembre a Roma, questa manifestazione aveva
come scopo la richiesta dell’intervento delle forze armate al fine di ristabilire l’ordine
pubblico. Tuttavia la maggior parte delle forze politiche dal PRI sino alla DC
accolsero la richiesta del governo che vietò per motivi di ordine pubblico la
manifestazione, il rapido indirizzarsi delle indagini di polizia favorì la legittimazione
dell’infondato accostamento tra l’attentato al Diana e a piazza Fontana. Durante la
crisi politico istituzionale del 1969 molti giornali esteri denunciarono i rischi che per
la democrazia italiana vi fosse un’involuzione autoritaria, infatti il 14 dicembre il
settimanale inglese “The Observer” precisò il significato politico degli attentati di
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Roma e MSI del 14 dicembre sembrò assumere un significato molto simile a quella dl
1964 in quanto i collocavano entrambe all’interno di una dinamica di avvio di misure
straordinarie per la tutela dell’ordine pubblico. Il 14 dicembre il MSI ufficializzò
l’annullamento dell’iniziativa sottolineando come vi fosse la complicità del PCI nel
sanguinario terrorismo sanguinario di Roma e Milano e che quest’ultimo aveva in
ano la trama di questo processo. Di diverso parere furono la stampa nazionale e le
forze politiche che non considerarono la strage di Milano capace di modificare gli
equilibri interni del sistema istituzionale. In sostanza il divieto governativo al corteo
missino del 14 dicembre evitarono la sospensione delle leggi costituzionali e allo
stesso tempo consentirono allo schieramento contrario dello scioglimento anticipato
delle camere; in sostanza le forze di governo usarono queste azioni come un fattore di
stabilizzazione democratica del quadro istituzionale.
Par.4.4- Il MSI dopo piazza Fontana
Dopo il divieto governativo per lo svolgimento del congresso a Roma, la politica del
MSI divenne speculare e contraria a quella dell’altro partito su cui pesava la
conventio ad excludendum ossia il PCI:
I comunisti provarono ad affermare la loro legittimazione attraverso l’eredità
della resistenza, della costituzione e dei governi di unità nazionale;
Almirante tentò invece di collocare il MSI nell’area della legittimità
disconoscendo l’eredità storica del paese, l’antifascismo e puntando sul vincolo
esterno dell’anticomunismo.
La strage del 12 dicembre avrebbe dovuto produrre una frattura verticale non
mediabile, ma la sostanziale tenuta della democrazia vanificò ogni involuzione di tipo
autoritario; in questa logica trovava respiro strategico la richiesta reiterata di
scioglimento delle camere e di elezioni anticipate a cui attribuire un carattere
referendario anticomunista. La direzione nazionale indicò i passaggi fondamentai di
questa linea ribadendo che solo le elezioni anticipate avrebbero messo in evidenza la
situazione di caos in cui si trovava la società italiana. Il dato che conferma ciò è un
sostanziale incremento dei finanziamenti ricevuti dal MSI a partire dal 1970 per le
campagne elettorali e la riorganizzazione dell’apparato attivistico; ciò preoccupò la
DC poiché questi finanziamenti provenivano non sola dalla Grecia, ma anche da
alcuni ambienti della Germania occidentale e dagli USA. La nuova segreteria si
caratterizzò per l’attenzione dedicata alla riorganizzazione del settore giovanile,
improntata soprattutto al rinnovamento e alla discontinuità con l’era micheliniana;
all’interno di questo processo finalizzato al perseguimento della politica della piazza
di destra emerse una dualità che rischiò di lacerare il partito. Pubblicamente infatti il
MSI rimarcò spesso la centralità dell’attivismo di base; sul piano interno in realtà i
contrasti si mantennero piuttosto aspri tanto da bloccare per mesi il progetto del
nuovo regolamento dell’organizzazione dei volontari, in quanto nessuna delle varie
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arrivò a coniare due forme di anticomunismo con cui l’estrema destra avrebbe dovuto
operare:
Anticomunismo negativo: da usare come richiamo alle più vaste iniziative
possibili e ad ampi schieramenti;
Anticomunismo positivo: che si sarebbe figurato come una peculiare
caratteristica culturale e programmatica dell’ambiente neo – fascista.
Questi due tipi di anticomunismo seppur distinti tra loro, allo stesso tempo erano
speculari; al contrario Rauti affermava che il comunismo in Italia poteva beneficiare
di condizioni favorevoli determinate dalla conformazione del sistema istituzionale
nato dalla resistenza antifascista, ciò impediva infatti che si ripetessero le condizioni
che tra il 1919 – 1922 avevano portato il fascismo al potere. La chiave di volta per
una ridefinizione generale degli equilibri politici interni stava nel rapporto tra politica
nazionale ed internazionale. I modelli da seguire secondo Rauti erano i regimi
autoritari in Grecia, Rhodesia e Sud Africa, oltre al fatto che bisogna prendere ad
esempio il Portogallo e la Spagna.
Par.4.5- L’avanzata del MSI nelle urne e nelle piazze
La crisi apertasi con la caduta del terzo gabinetto Rumor portò alla formazione del
governo presieduto da Emilio Colombo, che rappresentò un tentativo della funzione
mediatrice della DC all’interno del processo di ricomposizione del centro – sinistra.
Sul piano economico il gabinetto Colombo tentò una sintesi tra misure congiunturali
e politica di riforme, ma finì per scontare la divaricazione dello stesso blocco sociale
della borghesia italiana. Nella borghesia italiana erano infatti sorti due schieramenti:
Un primo schieramento sostenuto sul piano nazionale dall’area della DC
facente capo a Fanfani, costoro volevano la costituzione di un’industria
chimica in grado di competere sui mercati globali e capaci di avviare un
processo di diversificazione produttiva attraverso l’utilizzo di un modello di
sviluppo ad alta densità di capitale e basso livello occupazionale;
Un secondo schieramento si era organizzato attorno all’asse confindustriale
Agnelli – Pirelli, questi ultimi puntavano al contrario ad un rafforzamento delle
organizzazioni sindacali come interlocutore delle relazioni industriali, ciò per
poter indirizzare la spinta conflittuale della forza lavoro dalla fabbrica verso lo
stato. Ciò avrebbe comportato un contenimento dell’incidenza nelle lotte
operaie nelle aziende ad alta densità occupazionale, la composizione di un
accordo di massima con le rappresentanze sindacali e la ripresa del ciclo
produttivo e dell’accumulazione.
Intorno alla composizione del governo si compose una complessa convergenza di
interessi:
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Clientelar-populista.
Il MSI ebbe la possibilità di attivare un sovversivismo di crisi a tendenza autoritaria e
si pose come elemento di ricomposizione delle contraddizioni socio – economiche.
Nel nord Italia invece l’insuccesso dell’alleanza programmatica di governo e la
ripresa delle rivendicazioni operaie misero in crisi il modello tripolare basato sulle
relazioni tra Stato-industria-sindacato. Quella di Reggio Calabria infatti rappresentò
più che una scelta strategica, ma una capacità della segreteria Almirante che fu in
grado di trasformare in consenso elettorale i fallimenti del centro – sinistra sul
territorio locale cavalcando la rivolta. Le attività di addestramento vennero finalizzate
non solo alla formazione ideologica e fisica dei militanti ma anche all’infiltrazione in
movimenti sindacali e studenteschi; l’attivismo neo-fascista si estese in tutte le zone
del paese, ad essere investite da questa attività squadriste furono le grandi città come
Roma o Milano, dove il partito tentò di accreditarsi come interlocutore diretto delle
forze industriali. Il disegno politico di Almirante considerava la prevedibile avanzata
del MSI nelle elezioni amministrative del giugno 1971 come un elemento di scossa
del quadro politico e una definitiva sanzione del fallimento del centro – sinistra.
Tuttavia la realizzazione di questo tentativo passava attraverso una riaggregazione di
tutte le forze dell’estrema destra in vista del congresso nazionale di fine novembre.
La linea di ricomposizione dell’area neo – fascista fu sviluppata dall’impegno
personale di Almirante che dispose l’organizzazione in seno al settore giovanile di un
agguerrito apparato di attivisti; tuttavia questo progetto di riunificazione e rilancio
dell’estrema destra fallì prima del congresso nazionale di novembre, aprendo una
nuova fase di conflittualità nell’area neofascista che culminò con il golpe Borghese.
Borghese infatti tentò di costruire una formazione alternativa al MSI che svincolata
dai retaggi propriamente fascisti fosse capace di intercettare il consenso
anticomunista di molti settori dell’opinione pubblica anticomunista. Sul piano
internazionale il Fronte Nazionale poteva godere dei rapporti con esponenti dei
servizi segreti USA, mentre sul piano politico interno e nazionale coltivava relazioni
trasversali. Il progetto di Almirante trovò diverse resistenze anche nel partito perché
la riaggregazione di tutta l’estrema destra si sarebbe concretizzata con un
riassorbimento del Fronte Nazionale e di Avanguardia Nazionale. Ciò avrebbe
comportato due fattori:
L’inserimento del personale politico dei gruppi nell’organigramma missino;
Il difficile controllo delle frange extraparlamentari come Avanguardia
Nazionale che avevano sempre rivendicato la diversificazione tra livelli palesi
e occulti delle loro strutture.
Il fallito processo di riaggregazione determinò nuovi contrasti tra il vertice del MSI e
i gruppi extraparlamentari soprattutto per le strette relazioni tra base giovanile
missina e Avanguardia Nazionale. Il punto nodale di divergenza tra il MSI, Borghese
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Par.4.7- Il golpe Borghese e la fine della prima fase della strategia della tensione
Lo sviluppo e la conclusione dell’attività eversiva nota come Golpe Borghese
rappresentò la fine della prima fase della strategia della tensione, ma allo stesso
tempo segnò un’inversione di tendenza rispetto alla prospettiva di una involuzione
autoritaria del sistema politico – istituzionale italiano. L’operazione Tora-Tora
venne attivata in tutta Italia e poi bloccata da un contrordine tra la notte del 7-8
dicembre 1970, quest’ultima coinvolse:
Fronte Nazionale e Avanguardia Nazionale;
Esponenti di vertice degli ambienti militari dello stato;
Organizzazioni criminali.
L’interrelazione del movimento golpista con gli attentati terroristici del dicembre
1969 e soprattutto la modalità del suo rientro fornirono una chiave di lettura, che
permise di interpretare il golpe Borghese come il passaggio in cui gli stessi esponenti
del mondo politico, economico e militare che avevano sostenuto la strategia degli
attentati avviavano una strategia di liquidazione del personale di manovalanza.
Tuttavia negli la progressiva emersione di rilevanti elementi ha permesso di fare
chiarezza sui diversi aspetti del golpe:
Il ruolo di Licio Gelli e della P2;
Il sostegno degli ambienti USA rappresentati da Hugh Fendwich;
I documenti non consegnati alla magistratura dal generale Maletti, dal tenente
colonello Romagnoli e dal ministro della difesa Giulio Andreotti nel 1974.
La ricerca di interlocutori in ambienti statunitensi non assunse un carattere
unidirezionale, infatti Borghese utilizzò i suoi antichi rapporti per attivare canali di
comunicazione politica anche con il dipartimento di Stato; la posizione USA sul
golpe Borghese appare paradigmatica poiché nel rapporto che Graham Martin il 7
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La fine della convertibilità del dollaro e del sistema dei cambi fissi di Bretton
Woods;
La prospettiva in Italia di un calo dell’occupazione, della contrazione del
potere d’acquisto e della recessione produttiva.
Infatti l’ambasciata USA confermava la sua linea riguardo l’Italia ossia considerando
necessaria una svolata a destra dell’intero quadro nazionale, piuttosto che una
soluzione simile a quella greca; la spinta ad un riposizionamento a destra dell’asse
politico venne perseguita attraverso la tattica del sostegno locale ai blocchi d’ordine
chiusi a sinistra e senza contropartite per il MSI. Questa linea avrebbe dovuto creare
una nuova linea anticomunista che si sarebbero anche dovute opporre al blocco social
moderato; il quadro politico italiano visse un delicato periodo di passaggio
determinato da alcuni fattori:
L’esaurimento del centro sinistra;
Dal tentativo di stabilizzazione anticongiunturale dell’economia;
Dall’avvio di una nuova dialettica parlamentare con il PCI;
Dall’elezione del capo dello stato;
Dal ritorno al centrismo in seguito allo scioglimento anticipato delle camere.
Almirante collegò la disponibilità dei voti al MSI da all’elezione di un candidato
presidenziale e costituzionale ovvero democristiano e nazionale, quindi anticomunista
con l’obiettivo di impedire al PCI di mettere un’ipoteca sul Quirinale. L’elezione di
Giovanni Leone grazie ai voti del MSI rappresentò il fattore determinante per la
conclusione anticipata della legislatura e per la formazione del governo Andreotti
come strumento della fase di gestione dello scioglimento delle camere in vista della
campagna elettorale, tale sviluppo sembrò aprire ai missini la prospettiva di un nuovo
avanzamento come elemento di svolta degli equilibri nazionali. L’elezione di Leone
alla presidenza della repubblica infatti definì un primo consistente movimento verso
destra dell’asse politica con il ritorno alla formula centrista introdotta dalla
formazione del primo governo Andreotti. La campagna elettorale della DC non si
indirizzò verso il ricollocamento del MSI nell’area della maggioranza centrista come
un fattore di necessità, al contrario puntò al riassorbimento di quei voti confluiti verso
lo schieramento missino. Questo quadro definì una condizione di disequilibrio tra la
crescita elettorale del MSI e la sua marginalizzazione politica, riproponendo la
costante divisione tra la parte legalitaria incline al sostegno esterno e quella
antisistemica che opponeva la sua ferma opposizione sin dal 1962 al governo con
elementi appartenenti al PSI. Parallelamente i gruppi di Ordine Nuovo e La Fenice
cercarono di connettere la crescita elettorale del MSI all’espansione egemonica della
destra nella più ampia area anticomunista. Tuttavia la capacità del MSI di divenire un
fattore di alternativa di sistema si sarebbe dovuta misurare sul terreno della
ricomposizione di un blocco sociale conservatore, che avesse la dinamicità di una
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DC;
PSDI-PLI;
Con appoggio esterno del PRI.
Questo governo venne giudicato come un freno al pericolo di vuoti di potere e di
involuzioni antidemocratiche del paese, ponendo così un freno alla svolta a destra
richiesta nel paese.
riagreggazione voluto da Almirante aveva finito per configurare il partito non tanto
come una struttura rigida, ma al contrario come un’area di riferimento per i militanti
neofascisti.
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Par.5.3- La fine della prima repubblica e l’abbandono della casa del padre
Il ritiro di Almirante nel 1987 e la sua sostituzione con Gianfranco Fini, non cambiò
però la sostanza dell’identità missina né la sua capacità di incidenza nel complesso
delle articolazioni politiche. La svolta giunse con la fine dei partiti della repubblica
antifascista e la rimozione della discriminante storica dell’estrema destra; in parte
dovuta al procedere delle indagini della magistratura sulla corruzione politica che
trasformava la questione da questione morale in questione giudiziaria. Dunque i
fascisti in democrazia non avrebbero più rappresentato l’alternativa di sistema, al
contrario avrebbero assunto un nuovo e partecipe ruolo nella riformulazione del
perimetro della legittimità politica e degli equilibri istituzionali. Il crollo dei partiti
della prima repubblica determinato sul piano esogeno dalle inchieste della
magistratura sulla corruzione; sul piano endogeno coincide con vari fattori;
Fine della divisione bipolare;
Riunificazione tedesca;
Processo di costruzione di Maastricht.
Questi fattori crearono le condizioni materiali affinchè il MSI si potesse presentare
all’opinione pubblica come l’unico partito di destra in grado di rappresentare
un’alternativa al variegato cartello delle sinistre dopo la fine del PCI e la nascita di
due schieramenti:
Il partito democratico della sinistra (PDS);
Rifondazione comunista (RC).
La forzatura impressa dagli eventi interni ed internazionali dal 1989 al 1993
rappresentò l’occasione storica che il MSI colse per:
Riformulare la propria forma di rappresentanza;
Riformulare il proprio ruolo nella società politica;
Riformulare la propria identità politica.
La legittimazione de facto del MSI attraverso le elezioni ha creato l’anomalia della
destra italiana, infatti nel 1994 le elezioni dopo lo scandalo di tangentopoli furono
vinte dallo schieramento di destra formato da Forza Italia, Lega Nord e Alleanza
Nazionale; ciò portò ad una discussione della costituzione ponendo la necessità di
una ridefinizione del quadro politico – istituzionale, in funzione di una sua
compatibilità con le forze politiche al governo. In questo modo se il congresso di
Fiuggi del gennaio del 1995 e la nascita di Alleanza Nazionale chiudevano la storia
del MSI, non rimaneva risolto il nodo dell’identità post missina e della sua
trasformazione in destra costituzionale. Il congresso di Fiuggi ripropose dunque un
tema classico del passato missino ossia la forzatura, stavolta unita all’investitura del
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voto popolare ricevuta con le elezioni del 1994. Possiamo dunque dire che se la prima
repubblica era crollata a causa della sfiducia generale nei confronti dei tradizionali
meccanismi di formazione del consenso; la seconda nata da un’ansia di cambiamento
nella quale emerge la prospettiva plebiscitaria e carismatica. Quest’ultima sembra
avviarsi al declino proprio per l’insufficienza e l’inidoneità della proposta carismatica
e plebiscitaria, codificata a destra dalla riforma in senso presidenzialista della
repubblica, la classe politica della seconda repubblica non si è dimostrata capace di
governare una società moderna e complessa come quella contemporanea, lasciando
parallelamente irrisolta la questione dell’anomalia della destra politica in Italia.
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