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Ante Ciliga
Stampato in proprio presso i l Centro Studi Pietro Tresso - c/o Paolo Casciola - Via Firen
ze, 18 - 06034 Foligno PC. Supplemento a “ Stampa A lte rn a tiv a ” . Registrazione del Tribunale
di Roma n. 276/83. Direttore responsabile: Marcello B araghini.
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INTRODUZIONE
di Paolo Casciola
Tutta la storia dei primi anni del Partito Comunista Jugoslavo (PCJ) è contrasse
gnata dalla lotta tra la sua ala sinistra e la sua ala destra, e dagli interventi del
l ’Internazionale Comunista (Comintern) tesi a superare questo stato di frazionismo
cronico. Ma a partire dal 1923, e soprattutto dopo il 1925, l ’intervento del Comintern
nel PCJ si trasformò nel tentativo di imporre, sempre più brutalmente, il diktat sta-
.1iniuno-buchariniano sul partito jugoslavo.
In questo quadro, il III Congresso del PCJ — patrocinato dal Comitato Esecutivo
del Comintern (IKKI) a partire d a l l ’aprile 192 5 — avrebbe dovuto permettere al PCJ di
uscire dall'impasse frazionistico, ulteriormente aggravato dalla repressione statale
anticomunista. La via scelta per combattere il ”frazionismo " ed il ”settarismo” al
l ’interno del PCJ consistette n e l l ’affidare le redini del partito alla tendenza di
dest n i.
Nell'agosto del 1925 venne formato, d i r e t t a m e n t e a Mosca, un Comitato Esecutivo
provvisorio del PCJ al quale venne affidato il compito di preparare il congresso. E
fu proprio in occasione di questo ITI Congresso, svoltosi a Vienna dal 17 al 22 maggio
1926, che il Comintern burocratizzato affidò la direzione (Ufficio Politico) del PCJ
alla destra capeggiata dal serbo Sima Markovic e rafforzata dalla tendenza di centro
guidata dai sindacalisti Djuro Salaj « Jacob Sorga.
[.a politica del Comintern per la Jugoslavia, elaborata da Bucharin, attribuiva al
ici. i grande importanza al lavoro ed alle lotte sindacali e trascurava la questione na
zionale. in tale contesto Markovic, che era portavoce della corrente n a z i o n a l i s t a s e r
ba del PCJ, fu l ’uomo giusto al posto giusto. L'orientamento "centralizzatore granser-
b o " da egli inaugurato doveva poi portare, tra l ’inverno del 1927 e la primavera del
1.928, alla sconfitta politica di coloro che, in seno al partito jugoslavo, cercavano
di superare il contrasto serbo-croato e gli altri conflitti n a z i o n a l i in Jugoslavia --
cioè, tri definitiva, dei dirigenti della sinistra del PCJ.
Nel giro di un anno, però, la direzione di destra si era talmente screditata agli
orchi del partito che, n e l l ’autunno del 1927, il plenum del Comitato Centrale decise
di destituìre il segretario politico d e ll’Ufficio Politico, Markovic, e di eleggere una
nuova direzione. La carica di segretario dell’Ut f i d o Politico venne allora affidata a
Djuro Tzvjijc, diligente della ”sinistra storica" del PCJ — cioè della tendenza che,
a partire dal 1921 si era battuta contro l ’ala riformista del PCJ, pur con una visuale
limitata alle questioni jugoslave ed in mancanza di un qualsivoglia coordinamento con
tBWimmv.'*’
* jfr *
Nel periodo successivo alla vittoria dei "mandatari" del Comintern e dell'ala de
stra sulla sinistra, alcuni fatti imprevisti giunsero a modificare il corso degli
eventi in seno al PCJ: l ’assassinio di Radio, l'estromissione di Bucharin dalla guida
dell'Internazionale ed il putsch monarchico del 6 gennaio 1929.
Il 20 giugno 1928 Punisa R a d e , un deputato montenegrino di idee panserbe finanzia
to dal primo ministro jugoslavo, sparò nella Skupstina (parlam en to) uccidendo due de
putati del partito contadino e ferendo a morte Stepan Radio, dirigente del partito
contadino stesso. L'attentato di Belgrado mise a nudo la tensione insopportabile cui
era giunto l'antagonismo tra serbi e croati, e po se in modo bruciante la questione
nazionale. Il Comintern stalinizzato non poteva piò ignorare il problema delle nazio
nalità jugoslave, ed anzi operò una svolta di centottanta gradi attribuendo ora un
posto di primo piano alla questione nazionale e pa ss an do in secondo piano la questione
della lotta sociale.
Tutto ciò avveniva in un periodo di crescente lotta politica all'interno del paese,
mentre il governo jugoslavo era sulla via della ratifica delle Convenzioni di Nettuno
con l ’Italia mussoliniana. All'avanguardia delle manifestazioni antimperi al iste — e
contro l'egemonia granserba — , oltre al P C J A vi fu la coalizione democratica contadi
na. La crisi della Jugoslavia centralista granserba si era andata sempre più appro
fondendo, e l'attentato del 20 giugno fu la scintilla che diede fuoco alle polveri.
Zagabria divenne allora il centro delle agitazioni. Il P C J si dotò di un'organizza
zione militare, ritenendo evidentemente possibile lo scoppio di una rivoluzione comu
nista che scaturisse dalla rivolta nazionale croata. Fu soprattutto a partire da que
sto periodo — e fino al 1936 — che il PCJ fece propria una politica di ostilità nei
confronti del dominio serbo e di forte simpatia, se non addirittura di aperto sostegno
politico, al nazionalismo ed allo sciovinismo dei croati e degli altri popoli non
se rb i.
Il 4 agosto 1928 Tito venne arrestato nell 'ambito di una retata tra le file del
PCJ effettuata dalla polizia grazie alle informazioni della spia Brezovic — uno dei
"mandatari" del Comintern in Jugoslavia, come si ricorderà — e di altri agenti provo
catori infiltratisi nel partito. Condannato a cinque anni di detenzione, Tito non
potè partecipare al I V Congresso del PCJ, che si tenne a Dresda agli inizi di novembre
del 1928. I lavori del congresso furono indubbiamente influenzati dalla svolta effet
tuata dal Comintern in occasione del suo VI Congresso Mondiale d e l l 'agosto-settembre
di quell'anno, che si era svolto all'insegna della fine del periodo di stabilizzazione
relativa del capitalismo e dell'inizio del "terzo periodo".
Liquidata ormai la sinistra, il IV Congresso del partito jugoslavo — che contava
allora circa duemila militanti — passò ad attaccare l'ala destra capeggiata da Marko
vic. In sintonia con la svolta terzoperiodi sta imposta da Stalin, il PC J adottò un
orientamento ultrasinistro-avventurista che contemplava l'esplosione di crisi rivolu
zionarie a breve scadenza e 1 'identificazione della socialdemocrazia con il fascismo.
A l l ’interno di queste coordinate politiche generali, il PC J formulò la tesi dell'immi
nenza di una rivoluzione democratico-borghese in Jugoslavia, che si sarebbe ben presto
trasformata in rivoluzione socialista proletaria. Il corollario tattico di questa
prospettiva strategica ravvicinata comprendeva il boicottaggio dei sindacati riformi-
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sti ed una concezione astratta e settaria della politica del fronte unico.
Poco tempo dopo la fine del congresso, prendendo a pretesto la crisi di governo di
fine dicembre 1928, il re Alessandro — in combutta con i dirigenti dei partiti bor
ghesi jugoslavi — abolì la costituzione del 1921 e sciolse 1 'assemblea nazionale,
instaurando un regime bonapartista in cui tutto il potere veniva accentrato nelle
mani del sovrano (6 gennaio 1929). Il monarca nominò quindi un governo capeggiato
dal generale Petar Zivkovic e formato da politicanti fedeli alla corona, decretò lo
scioglimento del PCJ — già in precedenza sottoposto a interdizione — ed instaurò un
regime di terrore in tutto il paese.
Il PCJ, in pieno corso terzoperiodista, rispose a questi avvenimenti adottando
la parola d'ordine avventurista dell'insurrezione armata in base alla valutazione
secondo cui la crisi in atto era una crisi generale (statale, economica e politica) di
tutto il sistema di dominio della borghesia serba. Ma intanto la repressione statale
si abbatteva sul partito jugoslavo, che venne implacabilmente perseguitato. Djakovic
fu tra le centinaia di dirigenti e militanti comunisti assassinati in quegli anni di
terrore bianco, mentre le prigioni si riempivano.
Immediatamente dopo il putsch del 6 gennaio la direzione del PCJ — la cui eminenza
grigia continuava ad essere Milan Gorkic — fece bancarotta, dimostrando, secondo
Ciliga, di essere composta "da codardi, da incapaci e da traditori". In effetti la po
litica terzoperiodista seguita da Gorkic e compagnia dopo il putsch di re Alessandro
equivalse a mandare alla morte centinaia di militanti comunisti — in base all'orien
tamento avventurista dell'insurrezione armata. Tale politica suscitò tra l'altro una
forte opposizione tra i membri del PCJ presenti a Mosca, e soprattutto nel gruppo di
sinistra che contava una cinquantina di aderenti. L ’opposizione ebbe il suo epicentro
nella Scuola del PCJ di Mosca, che sin dall'inizio si era opposta alle manovre di
Gorkic e Bucharin.
Così, nel febbraio del 1929, il Comintern convocò u n ’assemblea generale degli jugo
slavi di Mosca per appianare i contrasti. Dopo un'animata discussione, l'assemblea
dichiarò insoddìsfacente il rapporto del Comintern e respinse la risoluzione da questo
presentata, approvando invece con 90 voti contro 5 una controrisoluzione che biasimava
la condotta dei dirigenti del PCJ e che costituiva quindi una condanna indiretta della
politica seguita dal Comintern stalinizzato. Alla testa di tale opposizione si era po
sto il gruppo trotskysta jugoslavo di Mosca, costituitosi nell'autunno-inverno del
1928 in base a dissensi sia a proposito della politica interna dell'Unione Sovietica
(questione agraria, burocratizzazione del partito), sia rispetto a l l ’orientamento per
seguito dal Comintern a livello mondiale (comitato sindacale anglo-russo, rivoluzione
cinese del 1925-27).
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To rn at o a L e n i n g r a d o verso il 10 maggio, Ci li ga vi ve n n e a r r e s t a t o il 21 de l l o
st es so mese. An ch e De d i c fu arrestato, quel giorno, m e n t r e D r a g h i c ri us cì a darsi alla
latitanza, p e r e s s e r e poi a r r e s t a t o anch'egli ci rc a tre mesi dopo. Heberling, Zankov e
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Gl ibovsky subirono la stessa sorte assieme ad una ventina di altri, ignoti opposi tor. t
di sinistra jugoslavi residenti a Mosca e a L e ni ng ra do. Draghic, Ciliga, Zankoy, Gli-
bovskij e Dedic furono inviati nell 'isolatorio politico di V e r c h n e - U r a l s k , I primi a
giungervi furono i due russi. Soltanto due mesi dopo essi vennero raggiunti da Ciliga
e Dedic, condannati come loro a tre anni di reclusione, me ntre D r a g h i c ar ri vò succes
sivamente. Iniziava così, anche per i trotskysti jugoslavi, l'epopea dei GuLag.
Essi militarono attivamente nel Collettivo dei Bo ls ce vico-Leninisti di Verchne-
Uralsk. Secondo la testimonianza di Ciliga, i trotskysti di Verchn e- Ur al sk erano al-
1 'epoca divisi in tre tendenze: (a) la tendenza "di d e s t r a " , la p i ù forte, diretta
da E.Solntsev, G.Yakovin e G.Stopalov, basata sul "Programma dei tre", della quale fa
ceva parte anche F. Dingelstedt; (b) un piccolo raggruppamento intermedio, "di centro",
guidato dal genero di Trotsky, Man Nevelson, e da Aaron P a p e r m e i s t e r , b a sa to sul "Pro
gramma dei due"; ed infine (c) una frazione "di sinistra" di cui f a c e v a n o pa r t e Pu^as,
Kamenetsky, Kvatciadze e Bielensky, basata sulle "Tesi dei bolscevichi militanti". Le
tendenze di destra e di centro pubblicavano in comune la P r a v d a in p r i g i o n e , mentre la
frazione di sinistra aveva come organo 11 b o l s c e v i c o militante. Tali "giornali", com
posti ognuno da una serie di quaderni, avevano una periodicità m e n s i l e o bimestrale e
venivano prodotti in tre copie manoscritte, una per ogni ala del 1 'isolatorio.
Nel 1930 la discussione tra i trotskysti di Verchne-Uralsk ru ot av a attorno all'at
teggiamento da adottare nei confronti della politica "di sinistra" avviata da Stalin
(piano quinquennale, industrializzazione e collettivizzazione de ll a terra fo rz at e). La
tendenza di destra riteneva che il piano quinquennale corrispondesse, ma lg r a d o i meto
di con cui veniva portato avanti, con i desideri dell'opposizione; perciò, pur criti
cando tali metodi, essa sosteneva che si dovesse appoggiare la p o l i t i c a economica sta
liniana ufficiale. Di diverso parere era invece la frazione di s i n i s t r a , della quale
Ciliga entrò a far parte. Essa pensava infatti che la riforma dell 'economia sovietica
dovesse partire dal basso e che occorresse basarsi sulla cl as se o p er ai a nella prospet
tiva di scindere il partito. Secondo questi bo ls ce vi co -l eni ni st i di s i n i s t r a , sia
il piano che tutta la politica economica staliniana erano un b l u f f e, in campo inter
nazionale, essi negavano l'esistenza di una crisi economica m o n d i a l e e di una congiun
tura favorevole alla rivoluzione, attaccando con ci ò r e c i s a m e n t e tutta 1 'impostazione
terzoperiodista del Comintern.
La lotta politica in seno al Collettivo dei Bo ls ce vi co -L eni ni st i di Verchne-Uralsk
andò acutizzandosi. Le tendenze di destra e di centro, ormai p r e s s o c h é unificate, pre
sentarono alla frazione di sinistra un ultimatum organizzativo: o sc iogliersi e cessa
re la pubblicazione de 11 b o l s c e v i c o militante, oppure es sere e s p u l s a d a l l ’organizza
zione.
Alla fine, nell'estate del 1931, si giunse alla sc is si on e ed alla formazione di
due raggruppamenti distinti: il "Collettivo dei Bo l s c e v i c o - L e n i n i s t i " maggioritario
(75-78 membri) ed il "Collettivo dei Bolscevico-Leninisti" di s i n i s t r a (51-52 membri).
Alcuni militanti rimasero al di fuori dei due gruppi, p r e d i c a n d o la ne ce ss it à di una
loro riconciliazione. Il collettivo di sinistra avviò la p u b b l i c a z i o n e di un nuovo
"giornale", Il b o l s c e vico-leninista, alla cui redazione p a r t e c i p a r o n o N.P.Gorlov, V.
Densov, M. Kamenetsky , P.PulSas e Ante Ciliga. In seguito, Ci liga r u p p e con il colletti
vo di sinistra e prese parte alla creazione della "Federazione dei comunisti di sini
stra", che comprendeva i seguaci di Myasnìkov, i "decisti" ed alcuni ex trotskysti, la
cui base politica risiedeva nel rifiuto di ri conoscere un c a r a t t e r e op er ai o (benché
deformato) allo stato sovietico, qualificato invece come un " c a p it al is mo di s t a t o ” —
una posizione, questa, condivisa anche dai menscevichi.
jfr *
Gli oppositori jugoslavi non vennero liberati allo sc ad er e dei termini della loro
deportazione (22 maggio 1933). Dopo uno sciopero della fame di 23 giorni mirante ad
ottenere il proprio rimpatrio, essi si videro aumentare la p e n a di due anni dalle
autorità "sovietiche" senza che fossero state formulate ul te ri or i a c cu se nei loro
confronti e senza un regolare p r o c e s s o . Ciliga venne de p o r t a t o a J e n i s s e i s k (regione
di Irkutsk, Siberia orientale), passando per Peliabinsk; De d i c n e l l a S i be ri a orienta
le, villaggio di KolpaZevo (dipartimento di N a r y m ) ; Draghic a Saratov, sul Volga; tìe-
berling fu trasportato di prigione in prigione, fino a g i u n g e r e agli Urali. Draghic
evase nel 1934, ma venne arrestato alla frontiera r u s s o- po la cc a e r i n c h i u s o ne ll e pri
gioni segrete delle Isole So lo vi et sk y. Allo sc ad er e del n u o v o t e r m i n e di due anni, la
GPU staliniana prolungò di nuovo arbitrariamente la loro d e p o r t a z i o n e di altri tre
anni.
Ciliga, sfruttando il fatto di essere di nazion al it à i t a l i a n a e g r a z i e alle pres
sioni dei suoi parenti all'estero, riuscì a farsi co mm ut ar e la n u o v a p e n a in espulsio
ne dal territorio sovietico. Rifugiatosi a Parigi, egli p a r t e c i p ò p e r u n c e r t o p e r i o d o
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alla vita ed all'attività del movimento trotskysta, con il quale era entrato in con
tatto a Praga, dopo la sua espulsione dall'URSS, per l'intermediario dei due trotsky-
sti cecoslovacchi Vladislav Burian e Jan Frankel. Ciliga collaborò al Biulleten Oppo-
zitsii, l'organo in lingua russa del movimento trotskysta, ed entrò in corrispondenza
con lo stesso Trotsky.
La sua permanenza nel movimento non fu però di lunga durata. Agli inizi di giugno
del 1936 il periodico menscevico SotsialistiXesky Vestnik pubblicò un articolo di Ci
liga con il consenso dell’autore. Trotsky giudicò allora Ciliga come "un menscevico
esaltato" (3 giugno 1936) e come un ultrasinistro avvicinatosi all'opportunismo, con
il quale ogni ulteriore collaborazione era impossibile (Biulleten Oppozitsii, n. 51, lu
glio-agosto 1936). In una lettera al Segretariato Internazionale del 22 giugno 1936,
Trotsky espresse il proprio giudizio su Ciliga nei seguenti termini:
Noi ignoriamo quale sarà l ’evoluzione politica di Ciliga nel periodo a veni
re. Senza voler affatto sminuire l'importanza del suo lavoro nel campo del-
1 'informazione pura e semplice, dobbiamo tuttavia a v e r e ben chiaro in mente
che, nelle questioni teoriche e politiche, egli ci è già abbastanza estraneo
ed essenzialmente ostile a giudicare da tutto ciò che scrive (...): si deve
obbligatoriamente concludere non solo che Ciliga non è un bolscevico-lenini
sta (lui stesso, d ’altronde, non si considera tale), ma neppure un marxista.
Fino al 1929 egli è stato un intellettuale stalinista come se ne trovano
parecchi in tutto il mondo: semiliberale nel pensiero, umanitario, ideali
sta, certamente molto onesto nel suo genere, ma del tutto incapace di capire
il marxismo e le leggi della rivoluzione proletaria. Durante gli zig-zag
staliniani degli anni 1928-29 la sua onestà intellettuale lo ha portato ad
opporsi al corso ufficiale e ad avvicinarsi a noi. Egli ha di colpo scoperto
che i B[olscevico- ] L [ e n i n i s t i ] avevano da lungo tempo previsto quanto stava
accadendo, e che avevano anche preconizzato un sistema di misure politiche.
Ma questa scoperta non è bastata a modificare la sua visione delle cose. An
che nell 'isolatorio, egli è rimasto quel che era sempre stato: un democrati
co idealista ed esaltato che, da stalinista, è diventato antistalinista, ma
tuttavia non marxista. Tutt'a un tratto egli si è sentito alla nostra sinistra
perchè negava all'Unione Sovietica qualsiasi significato progressivo ed as
similava quest'ultima a qualunque altro stato sfruttatore. Ma il suo sini
strismo non doveva esser messo veramente alla prova che all'estero. Cominciò
a difendere la tesi secondo cui avremmo dovuto difendere anche i menscevichi
perseguitati ed atterriti nel giornale dei menscevichi, dove egli ci illumi
na, cioè ci critica, ormai sul terreno politico.
Prima che compisse questa virata, io avevo attirato la sua attenzione sul
fatto che la sua collaborazione con i menscevichi avrebbe automaticamente
impedito la sua collaborazione con noi. Egli mi rispose con una -lettera
di carattere teorico, lunga e molto confusa, che consisteva essenzialmente
nel dire: dal momento che voi riconoscete la necessità di una lotta comune
con i socialdemocratici contro i fascisti, perchè non allearvi con i mensce
vichi russi contro Stalin? Abbiamo qui un esempio classico che mostra come
il formalismo sinistroide conduca alla palude del peggior opportunismo. La
democrazia parlamentare, con i suoi Blum, rappresenta veramente, anche se
soltanto per un breve lasso di tempo, il male minore a paragone del fasci
smo, e noi siamo pronti, se occorre, a difendere questo male minore in comu
ne con i socialdemocratici. Ma il menscevismo democratico e piccolo-borghese
non è affatto il male minore rispetto allo stato sovietico stalinizzato, che
noi speriamo ancora di condurre al socialismo attraverso la nostra lotta
spietata contro la burocrazia sovietica.
La seconda grande differenza, che è d'altronde strettamente legata alla
prima, è che in numerosi paesi capitalisti la socialdemocrazia è davvero un
partito di massa, e noi dobbiamo farci i conti come una realtà. Il fronte u-
nico con Dan contro Stalin non fa che rivelare l 'intima inclinazione di Ci
liga verso il menscevismo (come pure, d'altronde, verso l'anarchismo che,
come si sa, non rappresenta niente altro che un liberalismo spinto all'e
stremo). In fondo, in realtà, come un gran numero di stalinisti stranieri,
Ciliga non era nient'altro che un menscevico esaltato. L'esaltazione è scom
parsa, il menscevismo è rimasto.
Noi non pubblicheremo più nel Biulleten [Oppozitsii] russo articoli di
Ciliga, giacché non possiamo fare alla burocrazia staliniana lo splendido
regalo di screditarci da soli avendo dei collaboratori in comune con i men
scevichi. Naturalmente gli stalinisti cercheranno di approfittare di questo
fatto per sminuire le rivelazioni di Ciliga. Da parte nostra, noi non lo ab-
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b-lamo ami invocato come un’autorità teorica e politica. Quanto ai fatti eh'-
egli ha reno pubblici, essi conservano comunque il loro valore.
Non ho evidentemente la pretesa di emettere un giudizio definitivo su Ci
liga e sul suo avvenire. Se egli riuscisse, attraverso la sua nuova espe
rienza, ad accedere al marxismo o quindi ad avvicinarsi realmente a noi, ce
ne rallegreremmo, beninteso, molto sinceramente. Ognuno di noi farà di tutto
per favorire una tale evoluzione. Ma 1 'inizio della sua conversione dovrebbe
necessariamente consistere per lui, per ragioni di principio, nel rinunciare
a collaborare con i menscevichi. Una collaborazione, questa, che è doppia
mente criminale in un periodo in cui gli amici francesi dei menscevichi rus
si sono al potere, confiscano il nostro giornale e perseguitano i nostri
compagni. Ciliga non si rende assolutamente conto che i bolscevico-leninisti
non sono perseguitati soltanto da Stalin, ma anche dai menscevichi di tutto
il mondo, e che lo saranno più che mai in caso di guerra.
La carriera politica successiva di Ciliga dimostrò quanto Trot.sky avesse visto giu
sto. Dopo essersi avvicinato ai menscevichi passando per 1 'ultrasinistrismo, durante
la seconda guerra mondiale egli rientrò in Croazia, dove venne arrestato e condannato
a morte. Liberato, col laborò con dei gruppi borghesi filo-occidentali, essendo ormai
approdato a posizioni apertamente socialdemocratiche. Dopo la guerra visse a Parigi e
a Noma, dove continuò la sua evoluzione a destra.
Fgli è oggi l ’unico sopravvissuto del piccolo nucleo trotskysta jugoslavo che, ol
tre mezzo secolo fa, gettò un guanto di sfida al Leviatano burocratico. Quale sorte
toccò a Draghic, a Heberling, a Dedic? Ed ai russsi Zankov e Glibovsky? Non ci è dato
saperlo. Ma non occorre essere dotati di molta fantasia per immaginarlo: essi furono
verosimilmente vittime dell’ondata di terrore staliniano degli anni 1936-38, fucilati
nella tundra siberiana o liquidati con un colpo di rivoltella alla nuca nei sotterra
nei della GPU. Questo fu il tragico epilogo della prima opposizione di sinistra jugo
slava storicamente esistita.
(Giugno-luglio 1986) - Febbraio 1989
SOPRA: Josip Broz (Tito) in una foto segnaletica scattata nel maggio 1928.
SOTTO: Josip Broz (Tito) ritratto nella prigione di Maribor, nel 1932.
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Alla fine dell'estate del 1935, dopo tre anni passati a Verkhnie-Uralsk nella pri
gione politica centrale dell'Unione Sovietica e due anni trascorsi in esilio in Sibe
ria, mentre stavo combattendo la mia disperata battaglia per l'uscita dal territorio
sovietico, ricevetti due cartoline recanti le ultime novità da un vecchio militante
del nostro gruppo d'opposizione jugoslavo di Mosca, Heberling, da poco anch'egli de
portato in Siberia. Dalle comunicazioni di Heberling risultava che la moglie di Josip
Broz Tito, Pelagea Denissova-Beloussova, aderente al nostro gruppo di opposizione, era
stata dapprima arrestata e successivamente morta in prigionia.
Che cosa significava questa morte in prigionia? Si trattava di morte naturale do
vuta agli stenti e alla fame, di suicidio, o dell'avvenuta esecuzione di una condanna
a morte? Nelle stesse comunicazioni di Heberling non erano precisati altri particolari
di fondamentale importanza: in quali circostanze Pelagea Denissova-Beloussova era sta
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ta smascherata dalla GPU e arrestata? L'interruzione della corrispondenza epistolare
con Heberling non mi mise in grado di sapere come effettivamente si fossero svolte le
cose.
Arrivata a Mosca alla Scuola del Partito Comunista Jugoslavo nella primavera del
1929, Pelagea Denissova-Beloussova aveva ben presto aderito al nostro gruppo di oppo
sizione: per ragioni particolari e, su nostro consiglio, la sua adesione fu clandesti
na ed essa dovette sostenere in pubblico le tesi ufficiali di allora condannando le
nostre posizioni per meglio poter essere in grado di svolgere il suo lavoro. Negli
anni 1929 e 1930 essa si mantenne in contatto tramite corrispondenza segreta col no
stro nuovo Centro di Leningrado. Pelagea Denissova-Beloussova non fu la prima comuni
sta jugoslava ad essere arrestata in Russia dalla polizia di Stalin. Cinque nostri
compagni del Centro erano già stati scoperti ed arrestati nel maggio del 1930, venendo
subito condannati a tre anni di reclusione. Essa fu però la prima a trovare la morte
nelle prigioni di Stalin.
La moglie di Tito fu arrestata nell'inverno 1934-35 e più esattamente all'inizio
del 1935 (fu, evidentemente, a causa di questa vicinanza di tempo che Heberling non
ritenne necessario precisarlo nell'estate 1935). Fu arrestata proprio nel momento
in cui Tito, scontati cinque anni di carcere in Jugoslavia, si trovava a Mosca in qua
lità di secondo rappresentante del Partito Comunista Jugoslavo presso il Komintern
(il primo rappresentante era a quell'epoca Vladimiro Ciopich, futuro eroe della
guerra di Spagna, successivamente epurato a Mosca). Pelagea Denissova-Beloussova vive
va assieme a Tito alla Casa del Komintern (l'ex Hotel Lux) e fu appunto qui che venne
arrestata di notte dalla GPU, alla presenza del marito che non osò muovere un dito in
sua difesa. L'arresto della moglie pose in una situazione difficilissima Tito che
vide proiettato su di sé il sospetto di trotzkismo. Per ben tre anni, grazie a questo
sospetto nutrito nei suoi confronti dalla GPU, Tito visse tra la vita e la morte, e
non vi è quindi da meravigliarsi se lo stesso Tito parlando nell'aprile del 1959 (con
quanto ritardo!!!) su questo aspetto del suo soggiorno a Mosca dal 1935 al 1938, ma
tacendo dell'arresto e della successiva morte della moglie, ha affermato: "...furono
quelli i giorni più penosi della mia vita. Anche durante la guerra tutto era più faci
le: almeno si sapeva dove si trovava il nemico..." (intervista concessa da Tito al
Kommunist di Belgrado — 16 aprile 1959).
Dopo il 1948 e la rottura del PCJ con il Cominform si parlò spesso sulla stampa
mondiale di questi sospetti di Stalin e della GPU sul trotzkismo di Tito: ma non fu
mai indicato su quali basi si fondassero questi sospetti. Tito, nella sua' intervista,
rivela che Petko Miletich, un comunista montenegrino popolarissimo all'interno del
Partito Comunista Jugoslavo, giunse a Mosca proveniente direttamente dalla Jugoslavia
all'inizio del 1938 per accusarlo — afferma Tito testualmente — di trotzkismo (per
contendergli e strappargli — aggiungiamo noi — la Direzione del PCJ resa vacante
dopo l'epurazione, l'arresto e la scomparsa di Gorkich. Ma su questo argomento ritor
neremo più avanti): però anche Tito [non] rivela su quali argomenti Petko Miletich
fondasse la sua accusa.
Petko Miletich nel 1929 si trovava a Mosca alla Scuola del Partito Comunista Jugo
slavo (dove io insegnavo) e condivideva buona parte delle nostre tesi di opposizione;
conosceva quasi tutti i nostri segreti ed era anche al corrente dei rapporti esistenti
tra la moglie di Tito e il responsabile del nostro Centro di opposizione Stanko Dra-
ghich, ex segretario a Zagabria del locale Comitato di partito.
Ma Miletich non voleva accettare le nostre conclusioni e si rifiutava di passare
ad una concreta ed effettiva azione di opposizione: si limitata a sostenere che dove
vamo conservare le nostre opinioni, non seguire ciecamente in tutto e per tutto i rus
si, diffidare anzi di loro per certe loro maniere e pretese, ma senza mai far capire
tutto ciò agli stessi sovietici: una tattica, questa, che fu successivamente adottata
con molto successo da Tito allorché, dopo la seconda guerra mondiale, incominciò a
preparare silenziosamente la sua aperta ribellione al Cremlino. Da parte sua, Petko
Miletich (quello stesso Miletich, cioè, che nel 1929 dovendosi votare alla Scuola di
Mosca prò o contro la linea jugoslava in seno al Komintern si era astenuto dal parte
cipare alla riunione dicendo al suo amico Stanko Draghich: "amici miei, non capisco
che senso ci sia ad andare a finire in Siberia con tutti voi!") finì nel 1938 in Si
beria nel campo di concentramento di Kolyma. 11 fatto che Tito si sia abbandonato
a queste rivelazioni soltanto tre anni dopo il famoso rapporto segreto di Krusciov al
XX Congresso, quando cioè già tutti i partiti comunisti erano stati messi a conoscenza
degli errori di Stalin, il fatto che Tito sia stato l'ultimo tra i dirigenti del movi
mento comunista internazionale a condannare le epurazioni di un tempo e a riabilitare
sia pure in parte le vittime delle medesime, dimostra che esiste indubbiamente qualche
rapporto ignoto e misterioso fra le epurazioni avvenute nel PCJ nel 1937-38 e il suc
cesso della carriera di Tito.
Ancora più strano e misterioso è il silenzio fino ad oggi conservato da Tito sul-
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l'arresto e sulla morte in prigionia ad opera di Stalin di sua moglie Pelagea Denisso-
va-Beloussova. Nella biografia di Tito redatta da Vladimiro Dedjier si parla della mo
glie solo in occasione del suo arrivo in Croazia e del suo matrimonio con Tito; nel
l'edizione jugoslava di questa biografia si aggiunge anche che la prima moglie di Tito
si trovava in Russia mentre il marito si trovava nelle carceri jugoslave di Sremska
Mitrovitza senza però nulla precisare sulla sua sorte ulteriore.
Non volendo evidentemente scoprire il cinico meccanismo del suo primo successo car
rieristico del 1927-28 e del suo secondo e definitivo successo del 1937-38, Tito è ob
bligato a lasciar oggi nell'ombra la questione dei veri rapporti tra il partito comu
nista sovietico e quello jugoslavo, e la questione delle epurazioni avvenute nel par
tito comunista jugoslavo di cui furono vittime numerosissimi militanti jugoslavi (qua
ranta nella piccola epurazione che va dal 1929 al 1935 — e tra questi la moglie
di Tito — e gli altri nella grande epurazione del 1937-38).
L'anno 1927 fu in Russia l'anno definitivo nella lotta tra il blocco di centro-de
stra Stalin-Bukharin e il blocco di sinistra Trotzki-Zinoviev. Battuti ed espulsi dal
partito Trotzki e Zinoviev, i vincitori si suddivisero gli strumenti di potere: a Sta
lin il partito, a Bukharin il Komintern, e a Rykov la presidenza del Governo. Bukha-
rin, padrone del Komintern, ebbe carta bianca per quanto si riferiva alla politica
del Komintern dato che Stalin in quel momento era troppo occupato per impadronirsi
definitivamente del potere all'interno del paese. In quell'epoca, l'accettazione da
parte dei vari partiti comunisti della linea bukhariniana significava accettazione
della politica e dell'egemonia sovietica.
Nella Jugoslavia, l'anno 1927 passò sotto il segno di una nuova acuta crisi del re
gime e dello stesso Stato, con la formazione dell'opposizione Radich-Pribicevich (Par
tito contadino croato e Partito dei serbi della Croazia) contro Belgrado e l'egemonia
serba.
La relativa tranquillità degli anni 1925-26 ebbe così definitivamente termine, e
ciò causò notevoli ripercussioni anche nella vita interna del Partito Comunista (fino
ad allora semilegale): il blocco di centro-destra (Sima Markovich e i sindacalisti
croato-sloveni Salaj e Zorga), investito del potere dal Komintern in occasione del 3°
Congresso del PCJ (estate 1926) si sfasciò rapidamente. Sima Markovich, portavoce del
la tendenza nazionalista serba, fu destituito dai suoi incarichi: i sindacalisti di
centro si unirono con la sinistra, capeggiata da Djuro Tzvjijch, e nell'autunno del
1927 il Comitato Centrale nominò Tzvjijch segretario politico del Politburo al posto
di Sima Markovich. :
La roccaforte della tendenza antifrazionista ed antiintellettualista, l'organizza
zione del partito di Zagabria (creato da Stanko Drarghich, in quel momento residente a
Mosca e sostituito da Anton Mavrak), si associò completamente a questa svolta. Tutto
ciò si era verificato senza precedenti consultazioni con Mosca e contro la linea di
Bukharin allora in vigore. Poiché a Mosca si profilava un nuovo conflitto tra Stalin e
lo stesso Bukharin, quest'ultimo si sentì particolarmente impegnato a garantirsi in
seno al Komintern dallo slittamento verso posizioni di sinistra dei diversi partiti
comunisti. Nella persona di Milan Gorkich (il cui vero nome era quello di Josip Cizin-
sky, nato in Bosnia da genitori cechi), secondo segretario dell'Internazionale Giova
nile Comunista, appartenente al gruppo dei giovani bukhariniani, Bukharin individuò un
prezioso elemento per una nuova operazione jugoslava. La direzione di centro-sinistra
del PCJ doveva essere sciolta: non si sarebbe tuttavia potuto installare di nuovo alla
segreteria Sima Markovich in quanto elemento troppo compromesso. Oltretutto, Markovich
era dotato di eccessivo spirito di indipendenza. Si pensò allora di organizzare un
gruppo russo da inviare in Jugoslavia per impadronirsi del PCJ e rovesciare la dire
zione di centro-sinistra. 11 gruppo fu formato da vecchi prigionieri di guerra del di
sciolto esercito austro-ungarico, da emigrati americani di origine jugoslava, e da
giovani jugoslavi dotati di una solida- educazione bolscevica: a questi si aggiunsero
opportunisti e carrieristi di vario tipo.
Gorkich era un gran lavoratore, un uomo molto diligente e scrupoloso, ma non aveva
capacità organizzative e non conosceva gli uomini: questi suoi aspetti negativi lo
compromisero fortemente nel 1928-29 e lo rovinarono definitivamente — come vedremo
più avanti — nel 1937-38.
Malgrado avessero già minuziosamente predisposto questa operazione, Bukharin e Gor
kich ritennero opportuno e vantaggioso conferire alla loro manovra un aspetto sponta
neo e democratico. La direzione di centro-sinistra del PCJ non fu sciolta subito
e il gruppo made in URSS non venne inizialmente spedito al gran completo in Jugosla
via. Si incominciò soltanto con l'inviare in Jugoslavia alcune persone accuratamente
scelte e selezionate, le quali avevano il compito di persuadere certe organizzazioni
locali di partito nel paese — prima fra tutte quella di Zagabria — a chiedere l'in
tervento e l'aiuto del Komintern nella vita interna del PCJ.
Un operaio metallurgico di origine croata e di grandi qualità morali, Djuro Djako-
14 .............................................................................................................................................. _ .................................. ...... - ....
vich, fu spedito da Mosca (dove frequentava i corsi del Komintern) a Zagabria rei*a
veste di capo dell ’operazione: ufficialmente, egli figurava soltanto come segretario
del Sindacato dei Metallurgici. Il suo vice fu un ex prigioniero di guerra dell'Eser
cito austro-ungarico in Russia, Mathias 8rezovich, nominato segretario del Partito per
la Croazia (successivamente questo Brezovich risultò essere una spia della polizia
jugoslava). A Vienna fu spedito un ex maestro elementare montenegrino che stava termi
nando il corso dell’Accademia politico-militare Tolma£ev a Leningrado: Jovan Malesich,
detto Martinovich. Malesich, a Vienna, doveva fungere da agente di collegamento tra
Gorkich rimasto a Mosca e Djakovich operante a Zagabria. Un altro militante impegnato
in questa operazione era Josip Broz (oggi Tito), che era rientrato in Jugoslavia
dalla Russia già da due anni (dall'estate del 1925 e non dal 1920 come egli afferma
inesattamente), ultimo di un gruppo di stranieri appartenenti all'Armata Rossa durante
il periodo della guerra civile, smobilitati tra gli anni 1923 e 1925. Josip Broz, sco
perto, utilizzato e valorizzato sul posto da Djuro Djakovich, si rivelò ben presto
un acquisto di prim'ordine e di eccezionali capacità. Mentre la maggioranza del Comi
tato di partito di Zagabria si rifiutava decisamente di accettare i suggerimenti del
Komintern, Josip Broz, membro di questo Comitato, sostenuto soltanto da una ristretta
minoranza, riuscì egualmente a farli accettare nel corso di una Conferenza apposita
mente convocata nel febbraio del 1928 a Zagabria.
La proposta di Josip Broz di richiedere l'intervento del Komintern nella vita in
terna del PCJ venne in tal modo fatta propria dall'organizzazione di partito di Zaga
bria e lo stesso Josip Broz divenne il nuovo segretario di questa organizzazione.
Accogliendo questa spontanea richiesta dei comunisti jugoslavi, il Komintern nel
maggio del 1928 indirizzò una Lettera aperta al PCJ, sciolse ufficialmente la Dire
zione di centro-sinistra del partito, e nominò una Direzione provvisoria con Djuro
Djakovich alla sua testa, incaricato di preparare un Congresso.
Tito definisce ancor oggi questa messinscena come una iniziativa autenticamente
spontanea della base del partito: possiamo invece ben affermare che si trattò di
una manovra accuratamente predisposta e teleguidata da Mosca.
Due fatti imprevedibili cambiarono però radicalmente l'andamento delle cose: l'at
tentato contro Radich nel giugno del 1928 e l'abolizione della Costituzione e delle
libertà politiche da parte di Re Alessandro nel gennaio del 1929. L'attentato nell'au
la del Parlamento a Belgrado dimostrò inequivocabilmente a quale punto fosse arrivato
nel paese il conflitto tra serbi e croati. Mosca e il suo gruppo non potevano pertanto
più ignorare o comunque prescindere dall'esistenza di questo conflitto. Al vertice
del Komintern si provvide rapidamente al cambiamento di linea: invece di lotta sociale
si parlò soprattutto di conflitto delle nazionalità. Si organizzò un Comitato Militare
di partito e Josip Broz venne messo alla sua testa.
11 Comitato provvide a raccogliere armi in grandi quantitativi, lavorando assieme
ai profughi ungheresi della Repubblica sovietica di Bela Kun e all'organizzazione gio
vanile del partito di Radich. Si faceva sicuro assegnamento sulla possibilità di vit
toria di una rivoluzione comunista scaturita dalla rivolta nazionale croata contro
l'egemonia della Jugoslavia gran-serba.
La polizia, attraverso le informazioni di Mathias Brezovich e di numerosi altri
provocatori infiltratisi nel partito, era perfettamente al corrente di tutti questi
preparativi di una imboscata appositamente predisposta (1 agosto 1928). 11 Tribunale
inflisse cinque anni di carcere a colui che sarebbe successivamente diventato il Capo
dello Stato jugoslavo.
11 6 gennaio 1929 Re Alessandro proclamò la sua dittatura personale, basandosi sul
l'esercito, diretto da ufficiali serbi, e sulla polizia. Al Partito Comunista fu of
ferto un compromesso tipo ultimatum: se vi limitate alla questione sociale astenendo
vi dall'immischiarvi nel conflitto nazionale serbo-croato e serbo-macedone, sarete
lasciati in pace e potrete continuare a svolgere la vostra attività; diversamente
verrete annientati. Evidentemente, il PCJ non poteva assolutamente accettare questo
compromesso: in seguito al suo rifiuto, venne pertanto sottoposto ad una implacabile
campagna persecutoria. Djuro Djakovich fu immediatamente assassinato; decine prima e
centinaia poi di altri dirigenti comunisti vennero uccisi o gettati nelle carceri
jugoslave. ’Per Josip Broz risultò una fortuna l'essere stato arrestato e condannato
prima del 6 gennaio 1929: detenuto nel carcere di Lepoglava, usufruiva di un tratta
mento relativamente privilegiato; come elettricista della prigione aveva diritto alla
libera uscita in città e come charmeur des femmes si godeva la bella vita nella bor
gata. Tutto ciò non gli impedì, tuttavia, allorché Moscia Pijade e Rodoljub Ciolako-
vich organizzarono nella prigione una scuola di partito, di essere uno degli allievi
più studiosi e diligenti.
Josip Broz si alzava ogni giorno alle quattro del mattino e nella sua cella impara
va pazientemente la lezione assegnatagli dagli istruttori.
11 gruppo di Gorkich, dopo il sei gennaio, fece bancarotta dimostrando di essere
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formato da codardi, da incapaci e da traditori. La Scuola del Partito Comunista Jugo
slavo a Mosca, che fin dall'inizio si era dichiarata contraria all 'operazione 8ukha~
rin-Gorkich, fu presa dalla febbre di rivolta: un piccolo gruppo di compagni jugosla
vi, che era già da tempo in contatto con l'opposizione trotzkista russa di Mosca,
si adoperò attivamente affinchè la febbre di rivolta si trasformasse in rivolta aperta
e definitiva. 11 rapporto presentato dal delegato del Komintern fu respinto dall’as
semblea generale della Scuola con novanta voti contrari e solo cinque favorevoli.
Poiché in quel periodo si stava già sviluppando la lotta tra Stalin e Bukharin, la
nostra opposizione a Gorkich (e quindi a Bukharin) sarebbe stata certamente tollerata:
ma essendosi a questa opposizione mischiata una componente trotzkista, e quindi anti
staliniana oltre che antibukhariniana, tre studenti del corso furono radiati per un
anno dal partito ed altri venti dovettero abbandonare la Scuola e la stessa città di
Mosca.
Alla Quarta Conferenza del PCJ (Lubiana, dicembre 1934), nella risoluzione Insegna
menti del 1929-31 la rivolta dei compagni della Scuola di Partito a Mosca fu spiegata
e condannata in questi termini:
...nella direzione, accanto ai migliori operai come Djuro Djakovich, fu e-
letta una serie di compagni poco o nient'affatto legati col partito, che
non sono cresciuti nel partito, ma che sono stati educati al di fuori della
vita di partito. 11 Comitato Centrale non si è preoccupato di assicurare le
condizioni per una unione organica tra gli attivisti che si formavano nelle
Scuole di Partito a Mosca e gli attivisti che si formavano nel lavoro prati
co di ogni giorno in Jugoslavia; Tutto questo portò all'allontanamento dalla
Direzione dei migliori elementi del partito sia nell'emigrazione che nel
paese, alla caduta di una serie di compagni devoti al partito nell'emigra
zione in gravi errori politici, all'avere essi abboccato all'amo dei trot
zkisti Ciliga e Draghich... (Archivio Storico del PCJ - voi. 11, pag. 235-
236, Belgrado, 1950).
Dopo che Josip Broz fu condannato a Zagabria ed inviato alle carceri di Lepoglava,
sua moglie, col figlioletto Zarko, abbandonò Zagabria rifugiandosi a Mosca. Arrivò al
la Scuola di Partito prima del nostro allontanamento, ma dopo la famosa assemblea ge
nerale, nel bel mezzo dell'inchiesta promossa dal Comitato Centrale russo contro di
noi. Che cosa la spinse ad associarsi a noi, contro la politica del Partito russo e
contro la politica del Komintern in Jugoslavia, che era la stessa politica accettata e
fatta propria da suo marito?
Nella primavera del 1929 era già evidente e palese l'insuccesso clamoroso della po
litica del Komintern e di Gorkich in Jugoslavia. Essa accettò pienamente la nostra te
si stando alla quale il PCJ era stato ingannato dal Komintern.
A quell'epoca, inoltre, prima ancora della stessa Direzione del PCJ, avevamo sco
perto l'attività provocatrice e spionistica di Mathias Brezovich, emissario nurrtero uno
di Gorkich in Jugoslavia: a questa sconcertante constatazione era definitivamente per
venuto Stanko Draghich esaminando con la moglie di Josip Broz tutti i particolari re
lativi all'arresto dello stesso Broz e di molti altri militanti comunisti. La realtà
sociale e politica esistente nel nostro partito e fuori di esso, realtà che Pelagea
Denissova-Beloussova ebbe modo di toccare con mano al suo ritorno in Russia, la con
vinse definitivamente ad accettare le nostre critiche e la nostra linea di opposizio
ne. Due settimane dopo il suo arrivo, essa si recò ad Omsk a trovare suo padre, un
vecchio operaio bolscevico di Pietroburgo esiliato in Siberia dallo zarismo. Non è e-
scluso, anzi, è molto probabile, che sia stato proprio questo militante della vecchia
guardia a spingerla sulle nostre posizioni. Oltre tutto è da tener presente che suo
padre non era stato soltanto il capogruppo delle officine ferroviarie di Omsk dove Jo
sip Broz aveva lavorato come prigioniero di guerra, ma era stato colui il quale aveva
guadagnato alla causa del comuniSmo Josip Broz che fino ad allora (non soltanto nel
periodo della guerra, quindi, ma fino all'inverno 1919-20) era rimasto fedelissimo
all'Austria, al suo Imperatore, al suo grado di feldwebel (sergente).
In che misura Pelagea Denissova-Beloussova informò delle proprie nuove posizioni
politiche suo marito allorché dopo cinque lunghi anni si rividero e si riunirono nuo
vamente?
La sua prima ascesa nella gerarchia del partito Josip Broz la realizzò nel 1927-28
sulla piattaforma politica di Bukharin, allora tollerata da Stalin.
Nel 1934-35 Bukharin venne a trovarsi in lotta accanita e disperata con Stalin. Le
posizioni conservatrici di Josip Broz prima della sua adesione al comuniSmo avrebbero
potuto costituire un motivo ulteriore di riserva e di perplessità nei confronti del
l'uragano scatenato da Stalin. Una dichiarazione di Broz sulle impressioni negative
riportate in occasione di un suo viaggio negli Urali nel 1935 potrebbe equivalere ad
una allusione alle informazioni ricevute in questo viaggio dal suo vecchio suocero e
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maestro, il padre di Pelagea Denissova-Beloussova, o addirittura ad un melanconico
pensiero dedicato alla scomparsa nelle epurazioni staliniane di questo vecchio e fede
le bolscevico...
Ma nel 1935 la causa di Bukharin era già una causa palesemente perduta. Josip Broz
non era uomo dalle cause perse: ambizioso, carrierista, amante della vita bella e
brillante prima di tutto, senza scrupoli, dotato di una forte volontà, Broz era poco
adatto per accettare le nuove posizioni politiche della moglie, posizioni politiche di
un gruppo ormai già praticamente sconfitto. Autentico personaggio termidoriano, per Jo
sip Broz era logico e naturale essere terrorista in periodo di terrorismo, opportuni
sta in periodo di opportunismo, e magari monarchico in periodo di restaurazione. Fu
così che egli non solo si guardò bene dal condividere le posizioni della moglie, ma
riuscì anche a non ricevere alcun danno dall'arresto della stessa.
Josip Broz venne cooptato nell’agosto del 1934 nel Politburo del Partito, allora
formato da Gorkich, Horvatin, Ciopich, Parovich, Muk ed Oscar (un operaio sloveno di
cui non si è saputo più nulla). Dopodiché Broz ripartì per la Jugoslavia per convocare
le Conferenze locali e provinciali delle organizzazioni di partito in Croazia e in
Slovenia. All'assassinio di Re Alessandro a Marsiglia (9 ottobre 1934), Broz ritorna
a Vienna da dove prepara la Conferenza Nazionale del PCJ tenutasi nel dicembre succes
sivo a Lubiana. Nel luglio del 1935, al VII Congresso del Komintern, i delegati jugo
slavi proposero Josip Broz come rappresentante del PCJ in seno all'Esecutivo del Ko
mintern. Manuilsky respinse però la proposta affermando che solo Gorkich godeva la
piena fiducia del partito russo e del Komintern: d'altra parte, però, il nome di Gor
kich non aveva riscosso l'unanimità dei consensi tra i delegati jugoslavi. Fu così che
il PCJ non ebbe un suo rappresentante in seno all’Esecutivo dell'Internazionale Comu
nista, ma soltanto un membro-supplente che fu comunque Gorkich, il candidato di Ma
nuilsky. In questa circostanza, Josip Broz si affrettò a spiegare ai sovietici che
lui era del tutto all'oscuro dell'intenzione dei delegati jugoslavi di proporre il suo
nome al posto di quello di Gorkich.
* * *