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1800- 1900

Nel 1870 avviene la battaglia di Sedan, dove la Francia di Napoleone 3 viene sconfitta dalla Prussia
di Guglielmo 1. In Francia il 48 sancisce la nascita della seconda repubblica, molto tormentata e il
cui presidente era Luigi Napoleone, nipote di Bonaparte, fece un colpo di stato e si fece incoronare
imperatore, per questo si parla di secondo impero, che va dal 52 al 70, anno in cui Luigi cade
perché viene catturato dai prussiani. I francesi insorgono in Francia, e i Prussiani non contenti della
vittoria, si approfittano di questa situazione e Guglielmo 1 si fa incoronare imperatore di Germania
nella sala degli specchi di Versailles. La Francia è in ginocchio e la Germania coi trattati di pace
chiede, e ottiene, l’Alsazia e la Lorena, due territori molto ricchi dal punto di vista dei minerali. Ciò
dà inizio al sentimento di “revancismo”, ovvero di vendetta perché i francesi non accettano questa
perdita. La battaglia di Sedan fa da sparti acque tra il periodo in cui non esisteva la Germania unita
a uno in cui esiste.

Belle Epoque
Dal 1870 al 1914 si parla di Belle Epoque, così chiamata per via della crescita economica e perché
c’era una pace apparente, ovvero in Europa non si combatteva, però c’erano diverse tensioni tra i
popoli, in particolare tra i colonizzatori (Inghilterra, Germania, Francia, Impero Austro-Ungarico)
che sfociavano in guerre, che si combattevano nelle colonie. La Belle Epoque è caratterizzata da
tre fenomeni principali quali la massificazione, il nazionalismo e l’imperialismo.

Gli aspetti che portarono alla massificazione


La fine dell’ottocento e gli inizi del novecento, segnarono negli Stati Uniti e nei paesi
economicamente più avanzati d’Europa l’apogeo della borghesia, grazie allo sviluppo del
capitalismo, che portò di conseguenza alla società di massa, così definita perché le grandi masse
popolari fecero il loro ingresso nella vita sociale, dato che ambiti della vita come la politica, il
consumo, la cultura erano diventati accessibili ad un numero maggiore di persone. Si impose
anche il conformismo negli svaghi che acquistarono sempre più importanza e inoltre nacque la
pratica delle vacanze estive e di conseguenza il turismo. Inoltre si costituirono e si svilupparono
grandi agglomerati urbani, in risposta all’aumento demografico e all’emigrazione sei lavoratori
agricoli dalle campagne alle città.

Sviluppo
Per la nascita della società di massa fu decisiva la trasformazione economica, prodotta dalla
seconda rivoluzione industriale. Le applicazioni pratiche delle varie scoperte scientifiche, avvenute
in quegli anni, consentirono di dare sviluppo all’industria chimica, all’industria elettrica, grazie
anche allo statunitense Thomas Edison che inventò la lampadina elettrica. Inoltre si affermò il
settore industriale del ferro e dell’acciaio, il quale fu alla base dell’estensione delle reti ferroviarie
e degli sviluppi dell’industria bellica. Grazie all’invenzione del motore a scoppio tra il 1885 e 1891,
prese avvio la produzione di automobili. Inoltre le ricerche nel campo dell’elettromagnetismo
portarono all’invenzione del telefono.
Economia
Un cambiamento cruciale negli anni della seconda rivoluzione industriale, fu quello che riguardò la
struttura del sistema industriale, progressivamente dominato dalle grandi aziende (un esempio di
successo industriale furono le acciaierie tedesche Krupp). Inoltre le grandi aziende intrecciarono
fitti rapporti con le banche che erogavano i finanziamenti necessari per investire nell’innovazione e
nella produzione. Il numero dei lavoratori, nelle grandi città, aumentò e vide anche l’innalzamento
dei salari, grazie alla generale situazione di crescita economica, fatto che provocò un ampliamento
del mercato. Per la prima volta nella storia ampie fasce sociali ebbero la possibilità di destinare
una quantità del proprio reddito all’acquisto di beni e servizi non strettamente collegati alla
sopravvivenza. Le industrie produttrici si trovarono quindi a dover soddisfare una domanda che
assumeva sempre più dimensioni di massa. L’ingegnere statunitense Taylor si occupò di migliorare
l’efficienza del lavoro di fabbrica. Egli tentò di studiare in modo sistematico il lavoro in fabbrica e di
calcolare i tempi necessari al lavoratore per ogni singola operazione, indicando come
indispensabili l’individuazione di specifiche competenze, la divisione dei compiti all’interno della
fabbrica e le regole per conseguire la massima produttività.

Alfabetizzazione
A partire dagli anni 70 dell’ottocento in tutti i paesi industrializzati l’istruzione elementare fu resa
gratuita e obbligatoria e posta sotto il controllo dello Stato che, attraverso di essa, da un lato
forniva alle classi lavoratrici uno strumento di promozione sociale, dall’altro poteva educarle
diffondendo i propri valori. Aumentò quindi l’alfabetizzazione. Il coinvolgimento delle masse nella
vita sociale fu facilitato dalla grande diffusione di giornali e riviste. Nacquero nuovi strumenti di
comunicazione, come la radio e il cinema. In seguito ai progressi della radiotelegrafia,
sperimentata da Guglielmo Marconi, negli anni venti furono trasmessi i primi programmi
radiofonici, mentre grazie ai fratelli Lumière fu possibile l’invenzione del proiettore
cinematografico e le prime proiezioni pubbliche.

Politica
La società di massa comportò importanti cambiamenti nella sfera politica, poiché fasce sociali
sempre più ampie intendevano partecipare attivamente alle scelte politiche e di governo; questo
condusse, quindi, progressivamente all’allargamento del diritto di voto. Nella maggior parte dei
paesi dell’Europa venne approvato il suffragio universale maschile. 1918 in Gran Bretagna anche le
donne furono ammesse alle elezioni politiche; L’ammissione alle elezioni politiche sancì una
grande vittoria per l’Unione sociale e politica delle donne, la più importante organizzazione
femminista europea L’estensione del suffragio portò ai partiti di massa, che erano molto
organizzati e che dalle aule parlamentari spostarono la loro sede nelle segreterie e nell’assemblea
dei partiti, i quali per garantirsi l’appoggio dell’elettorato, non soltanto si dotarono di risorse per la
propaganda e di organi di stampa, ma scelsero anche dei leader carismatici, i quali con l’abilità del
parlare riuscivano a persuadere molte persone. I primi partiti di massa furono quelli di
orientamento socialista.

Sviluppo del socialismo


Nei paesi dell’Europa occidentale l’industrializzazione aveva determinato un aumento del numero
degli operai, che il processo di scolarizzazione aveva reso più consapevoli e desiderosi di una
maggiore partecipazione sociale e politica. Ciò portò allo sviluppo del socialismo, che tra fine
Ottocento e inizio Novecento divenne una delle culture politiche europee più rilevanti. Il
socialismo nasce in difesa dei lavoratori e si basa su un ideale internazionale di fratellanza. Con il
socialismo venivano richiesti dei diritti e aveva l’obiettivo di distruggere il capitalismo, quindi di
eliminare lo sfruttamento dei lavoratori. I movimenti operai di ispirazione socialista iniziarono a
dotarsi di forme organizzative diverse dalle precedenti società di mutuo soccorso, che si
limitavano a sostenere con economicamente i lavoratori in caso di bisogno, in caso di
disoccupazione o malattia. A queste forme di associazionismo si sostituirono progressivamente i
sindacati, che nacquero in Gran Bretagna e si diffusero poi nel resto dell’Europa occidentale. Essi
rappresentando intere categorie di lavoratori, si proposero come obiettivo quello di ottenere una
legislazione sociale che migliorasse le condizioni di vita. I successi che le organizzazioni di mestiere
riuscirono ad ottenere furono molti, infatti nei paesi europei più sviluppate vennero introdotte le
assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro, forme di previdenza sociale per la vecchiaia, sussidi per
i disoccupati, il riposo settimanale e una limitazione dell’orario lavorativo giornaliero. Un altro
importante obiettivo raggiunto fu la contrattazione collettiva, che diede maggiore tutela ai
lavoratori, poiché consentì alle organizzazioni sindacali di definire la loro retribuzione economica
attraverso contratti stipulati collettivamente su base nazionale e non più lasciati alla trattativa tra il
singolo imprenditore e i suoi dipendenti.

Partiti
Oltre ai sindacati, nacquero i primi partiti grazie al socialismo, che erano basati sul modello del
partito di massa e avevano al loro interno più anime molto diverse tra loro. La principale divisione
fu quella tra le tendenze riformiste, che sostenevano che bisognasse collaborare con il governo
per avere delle riforme, e le tendenze rivoluzionarie (definite anche massimaliste), che avevano,
invece, come scopo la rivoluzione, ritenuta la sola strada perseguibile per giungere a una società
egualitaria e senza classi. Il primo partito socialista europeo fu il partito socialdemocratico tedesco
(SPD), fondato nel 1875 in Germania, al cui interno prevalse la corrente riformista. Anche
all’interno del partito operaio francese ebbe successo la corrente riformista. In Italia venne
fondato il partito socialista Italiano, in cui le due correnti del socialismo convissero a lungo,
creando delle forti divisioni interne.

1 e 2 internazionale
Al fine di coordinare le attività di tutti i partiti e i movimenti di ispirazione socialista venne fondata
nel 1864 a Londra da Marx (il quale fu una delle figure che ispirò il socialismo) la Prima
Internazionale, ovvero la prima riunione di tutti i movimenti socialisti d’Europa, che però si sciolse
ufficialmente nel 1876 per via di dissidi tra marxisti e anarchici. Nel 1889 a Parigi ci fu la Seconda
Internazionale, dove parteciparono i rappresentanti di tutti i partiti socialisti. Questa di sciolse nel
1914, poiché quando i partiti si trovarono a scegliere tra ideali socialisti e la guerra, venne votata
quest’ultima, dato che prima che socialisti si sentivano nazionalisti.

Concetti di nazione
Un altro elemento che ha caratterizzato gli inizi del Novecento è stato il nazionalismo, dove
esistevano due concetti di nazioni:
1. Uno basato sulla naturalità delle nazioni (ius sanguis). Quindi l’idea che la nazione fosse un
qualcosa di naturale, con una stessa etnia, lingua, religione e storia riuniti tutti in unici
territori. Dunque un concetto forte di nazione.
2. Invece un altro era basato sull’idea di nazionalità vista come un costrutto teorico, quindi un
concetto di nazione costruito e pensavano inoltre che la nazionalità dipendesse da dove
una persona sceglieva di vivere (ius suolis). La nazione era vista, quindi, come un plebiscito
di tutti i giorni (come una scelta).
Razzismo e antisemitismo: Quando la maggior parte dell’Unione pubblica sposò l’idea di naturalità
della nazione si iniziarono a sviluppare, ancora di più, la xenofobia, ovvero la paura del diverso e
quindi il razzismo e l’antisemitismo, cioè il razzismo contro gli ebrei, che venivano considerati avidi
e disonesti, e che venivano discriminati più di tutti perché non avevano una patria, pertanto
rappresentavano un nemico pericoloso da allontanare.

Nazionalismo
Il nazionalismo, che è una corrente che nasce in una società che si sta massificando, si basa su un
concetto di nazione forte, che di conseguenza discrimina tutto ciò che è diverso, perché viene
considerato come un nemico, che addirittura può contaminare la nazione. Nascono teorie razziste,
che stabiliscono una gerarchia tra “razze superiori” e “razze inferiori”, dove viene stabilito che le
prime prevalgono sulle seconde. Si ha una nazionalizzazione delle masse che si diffonde in diversi
modi: anzitutto a scuola, quindi per via dell’istruzione, che per questo diventa gratuita e
obbligatoria, con l’esercito che fa la leva, oppure con le feste nazionali (che nascono intorno alla
fine del 1800 e dove tutti festeggiano per la nazione), o attraverso gli inni nazionali e le bandiere.
Anche a livello economico c’è un sentimento nazionalistico, dato che le economie sono sempre più
chiuse e quindi si parla di protezionismo, si cerca di proteggere l’economia nazionale in modo tale
da arricchirla. A questo nazionalismo delle masse non si accompagna sempre la democrazia, quindi
non tutte le persone possono votare. Gli esclusi dal voto sono le donne, gli analfabeti e anche i
poveri. La classe dirigente è quella liberale che si occupa anche delle colonizzazioni e questa classe
non vuole allargare il suffragio anche per via del fatto che si sta diffondendo il socialismo, che
spaventa molto poiché promuove valori totalmente in contrasto col nazionalismo, come un ideale
internazionale di fratellanza, richiede dei diritti, è ben organizzato attraverso dei partiti e dunque
viene visto come un pericolo.

Imperialismo
Il nazionalismo diventa il fondatore ideologico dell’imperialismo. Quest’ultimo ha diversi fattori
che lo differenziano dal precedente colonialismo, tra cui: strumenti con i quali si possono
realizzare armi più potenti, quindi un aspetto tecnico diverso. Inoltre a differenza del colonialismo,
che si basava sul controllo e sfruttamento delle materie prime dei paesi colonizzati, l’imperialismo
comprende l’aspetto economico-commerciale e tenta di inglobare i territori dal punto di vista
anche amministrativo e diventano una sorta di estensione della madrepatria. Quindi
l’imperialismo è più invasivo. Si parla proprio di colonie di popolamento, che diventano quindi una
parte della madrepatria, e colonie di sfruttamento, dove vengono sfruttate le materie prime e la
manodopera di quei territori (questo porterà all’appartaid). Si crea una forte concorrenza tra i
paesi colonizzatori, che sono Inghilterra, Francia, Germania, Italia (anche se avrà delle difficoltà),
Russia, Giappone (che sta emergendo in questi anni) e Impero Austroungarico, tanto che
scoppieranno delle guerre, ma non in suolo europeo, bensì in Africa, dove ci sono gli interessi di
tutta Europa. Le guerre che si combattano sono di due tipi:

 simmetriche, che vengono combattute tra paesi colonizzatori o comunque tra paesi che
hanno lo stesso livello di sviluppo.
 asimmetriche, che vengono combattute con i popoli che abitano le zone colonizzate e che
non hanno lo stesso livello di sviluppo.

L’Italia giolittiana
Dopo l’unità d’Italia
Il primo periodo dell’unità di Italia è difficile, ci sono molti problemi, anche perché come paese
unito è giovane. L’Italia durante la fine dell’800 attraversa un periodo difficile per diversi motivi,
tra cui la sconfitta di Adua, dove era stato mandato l’esercito da Crispi per conquistare l’Etiopia.
Dopo questa sconfitta pesantissima Crispi fu costretto a dimettersi, poiché gli etiopi, considerati
sotto sviluppati, avevano sconfitto gli italiani. Dopo la fine della stagione di Crispi ci sono altre
difficoltà, come tentativi di colpi di stato, il socialismo si diffonde fortemente e avvengo lotte
sociali sia degli operai che dei contadini. Tutte queste lotte non finisco bene, come l’eccidio di
Milano del 1898 in cui Bababeccaris, per ordine del re Umberto 1, aveva sparato sulla folla, che
manifestava per abbassare il prezzo del pane. In nome di questi morti (per rivendicare) nel 1900
un fanatico/ anarchico uccise il re. Sempre in questi anni, però, si ha anche l’avvio
dell’industrializzazione, che viene concentrata più che altro al nord ed era basata su una politica
protezionistica. I settori più coinvolti nell’industrializzazione furono quello chimico, metallurgico,
meccanico ed elettronico.

Socialismo in Italia
il socialismo è diviso in due correnti: i riformisti, che vogliono collaborare con il governo per avere
delle riforme e i massimalisti (che daranno poi vita al communisco) non vogliono collaborare con lo
stato, perché lo ritengono borghese e capitalista, pertanto non si accontentano delle riforme e
sostengono il governo debba essere ribaltato.

Cattolicesimo
Il cattolicesimo, invece, all’inizio ha una chiusura totale con il “non expedit”, una riforma
attraverso l quale il papà obbliga i cattolici a non votare, poiché lui si sente prigioniero e ritiene che
L’Unità d’Italia sia un abuso di potere, dato che lui voleva lo stato della chiesa indipendente. Non
votando la chiesa affermava di non riconoscere lo stato italiano. Papa Leone 13 emana, inoltre,
un’enciclica “rerum novarum” (delle cose nuove) con la quale critica i capitalisti, i principi socialisti
dell’abolizione della proprietà privata e la lotta di classe, e individuava nel rispetto dei doveri
reciproci di lavoratori e di datori di lavoro il modo per realizzare la concordia tra le classi.

Giolitti
Giolitti è un uomo politico di stampo ottocentesco, con una visione legata più al passato che al
futuro. Ciò funziona bene per un certo periodo, ma dopo la prima guerra mondiale, quando verrà
richiamato al governo (ha più di 80 anni), non ha una visione chiara di quello che sta succedendo e
fa degli errori, lasciando spazio anche al fascismo, che pensava di poter gestire, ma la guerra aveva
cambiato tutto. L’età giolittiana va dal 1901 al 1914. Dal 1901 al 1903 è stato ministro durante il
governo di Zanardelli e dal 1903 fino al 1914 è stato primo ministro. Il suo programma politico è
basato quasi sempre su accordi parlamentari tra le parti sociali o politiche in lotta, infatti, cerca di
trovare un accordo tra datori di lavoro (I capitalisti per quanto riguardava la fabbrica e i proprietari
terrieri nelle campagne) e i lavoratori. I lavoratori protestavano per avere un salario adeguato o
almeno la riduzione dell’orario lavorativo e la tutela delle assicurazioni, e Giolitti afferma che le
lotte sindacali sono del tutto legittime e che lo sciopero, il cui concetto nasce in questo periodo, è
una normale manifestazione, che esprime un disagio o una richiesta e quindi non bisogna
reprimerla. (Lo sciopero inoltre era molto efficace, perché le persone andavano al lavoro e non
facendo niente ricevevano comunque lo stupendo, ma creando un disagio). Inoltre finché le
persone che scioperavano esercitavano il loro diritto e non violavano la legge lo stato non poteva
intervenire, poteva farlo, invece, per reprimere i moti non organizzati, dato che doveva tutelare l
legge. Però al sud le manifestazioni vengono represse con degli eccidi.

Sviluppo economico
Giolitti punta tanto sullo sviluppo economico, ma solo del nord e in particolare del triangolo
industriale composto da, Torino, Milano e Genova. Lo stato oltre a non tenere conto delle
differenze sociali, non investe le stesse risorse al sud, anche perché ci sono tanti problemi tra cui la
mafia, che dà proprio leva sull’assenza dello stato. Nonostante questo Giolitti ha anche dei meriti,
poiché ha fatto una politica molto importante in Italia, tra cui la legislazione sociale, con la quale
garantiva sugli infortuni, limitava il lavoro notturno in fabbrica delle donne, innalzava l’età per
lavorare a 12 anni, garantiva uno sviluppo dell’istruzione elementare, proponeva un progetto di
riforma tributario e garantiva il suffragio universale maschile.

Riforme
Con Giolitti l’Italia, anche se solo al nord, conosce uno sviluppo industriale. Dal punto di vista
economico fa delle riforme che riguardano, per esempio, la statalizzazione del telefono e le
ferrovie, però per fare questo si dovette dimettere momentaneamente, perché coloro che
possedevano le ferrovie (grandi gruppi industriali) non erano favorevoli a ciò, ma alla fine riesce
nel suo intento. Li vuole statalizzare per un interesse economico nei confronti dello stato e per
avere una gestione adeguata di questi servizi, che avranno un costo minore e quindi sarà
vantaggioso anche per la società. Nasce poi l’INA ovvero le assicurazioni sulla vita, quindi pensioni
d’invalidità e vecchia. Inoltre Giolitti tenta di riformare il sistema tributario introducendo l’imposta
progressiva sul reddito (molto si opposero e lui si dovette dimettere mai poi tornò di nuovo).

Divario tra nord e sud


L’obiettivo di Giolitti è la pace sociale, l’armonia. Giolitti persegue l’imparzialità del governo di
fronte alle controversie tra lavoratori e imprenditori, reprimendo però gli eccessi e i moti non
organizzati. Il problema principale della politica di Giolitti è il divario tra nord e sud. Salvemini, un
intellettuale, definisce Giolitti “ministro della malavita” e lo accusa di gestire la politica in maniera
clientelare, quindi basata su accordi e corruzione. La “questione meridionale” si aggrava sempre di
più e molte persone migrano verso l’America. Al sud mancano riforme di carattere generale (non
c’erano riforme vere/ costanti). Inoltre il sud basato su un’economia prevalentemente agricola
venne penalizzato dal protezionismo, dato che l’esportazione veniva scoraggiata, per via della
tassa troppo elevata. Inoltre, dato che al meridione gli scioperi e le manifestazioni venivano
represse con la forza e la violenza, sparando sulla folla Giolitti venne definito giano bifronte,
ovvero doppia faccia. Nel 1904 si organizzò il primo sciopero generale, in tutta Italia, che durò dal
16 al 21 settembre. Lo stato non riusciva a imporsi sui grandi proprietari terrieri del sud, che si
opponevano alle riforme chiedendo di reprimere le insurrezioni.

Patti
Il primo movimento con cui Giolitti scende a patti è il nazionalismo, che in Italia nasce come
movimento nel 1919 (associazione nazionalisti italiani), che avevano una concezione dello stato
antidemocratica, erano contro l’allargamento del suffragio, reprimevano le lotte contadine e
accusavano il governo di aver reso l’Italia una nazione proletaria (in senso dispregiativo, come se il
governo avesse umiliato il paese non facendolo partecipare alla grande impresa coloniale) e di
condurre una politica vile e pavida. I nazionalisti condividono, invece, ideali di bellicismo e di
orgoglio patriottico, che se spinto all’estremo porta proprio all’ imperialismo. Giolitti per andare
incontro alle richieste dei nazionalisti e per ottenere l’appoggio alla proposta del suffragio
universale, avvia la campagna di Libia (1911-12). Gli italiani intervennero anche nell’Egeo con
l’occupazione delle isole di Rodi e del Dodecaneso, nel tentativo di avvicinarsi ai Dardanelli e
quindi alla capitale ottomana Istanbul. Il conflitto si concluse poi nel 1912 con la pace di Losanna.
Salvemini definì la Libia uno “scatolone di sabbia”, poiché si pensava non ci fosse niente. Anche i
nazionalisti ritennero insufficiente l’azione italiana in Africa, ma comune, ma tendendo la parola
data, appoggiarono la legge sul suffragio universale maschile.

Suffragio universale maschile


Il suffragio universale maschile venne, quindi, approvato nel 1912 e il diritto di voto venne
concesso a tutti gli uomini che avessero determinate caratteristiche:

 21 anni con istruzione


 21 anni analfabeti, ma che avevano prestato servizio militare
 30 anni tutti anche gli analfabeti

Elezioni
In vista delle elezioni del 1913 Giolitti, per assicurarsi il voto, stringe un patto con Gentiloni,
presidente dell’Unione elettorale cattolica. Se questi ultimi si impegnavano a votare per i liberali di
Giolitti avrebbero ottenuto alcune garanzie:

 tutela dell’istruzione privata cattolica


 insegnamento della religione cattolica nelle scuole elementari
 Difesa della famiglia contro il divorzio.
Il patto Gnetiloni, non funziona, nel senso che Giolitti ottiene la maggioranza, che però è
disorganica e alla fine i radicali non appoggiano più Giolitti perché sono di sinistra, quindi
anticlericali e laici, passarono, dunque, all’opposizioni e Giolitti diverte dimettersi nel 1914.
Divenne ministro Salandra l, che era un liberale conservatore e siamo orami alla vigilia della prima
guerra mondiale. L’età giolittiana si conclude, quindi, con il passo di Gentiloni.

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