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CAPITOLO 1: CONTESTO STORICO

Friedrich Frobel nacque nel 1782, durante il periodo della rivoluzione americana e francese, che avrebbero
avuto un forte impatto sulle idee pedagogiche del suo tempo. Frobel crebbe in una Germania che stava
vivendo un periodo di rapida industrializzazione e urbanizzazione, caratterizzato da grandi trasformazioni
economiche e sociali. In questo contesto, molti pensatori dell'epoca, tra cui Pestalozzi e Rousseau, si
interrogarono sul ruolo dell'educazione nella costruzione di una società più giusta e più equa. La loro
concezione dell'educazione come mezzo per la formazione dell'individuo e del cittadino avrebbe
influenzato profondamente anche Frobel. Tuttavia, per comprendere a pieno il pensiero di Frobel, è
importante considerare il contesto storico in cui ha vissuto e lavorato. Nel presente lavoro di tesi, si
analizzerà quindi il contesto storico in cui Frobel ha sviluppato la sua filosofia dell'educazione, con
particolare attenzione alla Germania del XIX secolo. Nel 1815, dopo la sconfitta di Napoleone, il Congresso
di Vienna aveva diviso la Germania in 39 stati, ognuno dei quali aveva la propria autonomia e il proprio
sistema educativo. Questa frammentazione politica rendeva difficile l'armonizzazione dell'educazione a
livello nazionale, impedendo la creazione di un sistema educativo uniforme, in una Germania che stava
attraversando grandi trasformazioni sociali, economiche e politiche. Questo clima di instabilità politica ha
avuto un impatto sullo sviluppo culturale del paese, con la nascita di molte correnti di pensiero che
cercavano di definire una propria identità culturale.

ECONOMIA

L’età contemporanea ha visto una crescita a dismisura della ricchezza materiale. L’essere umano ha creato
come un secondo mondo, tecnologico e artificiale, cambiando il proprio rapporto con la natura. Lo sviluppo
economico è stato considerato come il progresso per eccellenza, ma questo progresso ha fatto si che
ricchezza e povertà si distribuissero in maniera non uniforme tra gli individui, i gruppi sociali e le regioni del
mondo. Alla base di tutto si pone una discontinuità talmente brusca e radicale da poterla indicare con il
termine di “rivoluzione”. Viene chiamata rivoluzione industriale quell’insieme di innovazioni tecnologiche
cominciato in Inghilterra intorno al 1760. Ciò portò alla costruzione di nuove macchine, azionate da ruote
che utilizzavano la forza dei corsi d’acqua, dedicate in particolar modo alla filatura e alla tessitura del
cotone. Nei primi due decenni del XIX secolo si cominciarono ad utilizzare motori azionati dalla forza del
vapore. L’aumento della produzione e l’accumulazione dei profitti sollecitarono l’innovazione e la
sperimentazione di nuove tecniche e nuove macchine più potenti e veloci. Si avviò un processo che
coinvolse l’industria tessile, mineraria e siderurgico-meccanica. Il flusso di capitali verso la nuova industria
indicò che un nuovo periodo del capitalismo era in corso. Nacque il sistema di fabbrica, dove per rendere
più efficiente la produzione, gli imprenditori concentrarono sia i macchinari che gli operai. La grande
trasformazione partì dalla Gran Bretagna, dove a metà dell’Ottocento l’Inghilterra era definita come
“officina del mondo”, sia per il settore siderurgico, per la produzione di ghisa e ferro greggio pari a quasi

S. Lupo-A. Ventrone, L’età contemporanea, Firenze, Mondadori education, 2018


Note: cap.1-2, pag.3-35
Umberto Eco, L'Ottocento - Storia: Storia della Civiltà Europea, Milano, EncycloMedia Publishers, 2014
Note: pag.7-24, 31-42, 61-64, 67-83, 94-115
Rudiger Safranski, Il romanticismo, Milano, Longanesi & C., 2011
Articolo di Gaia Camilla Belvedere, Friedrich Froebel, ecopedagogia
Articolo di Haidi Segrada, Friedrich Wilhelm August Fröbel e i Giardini d’Infanzia, vanillamagazine.it
Peter Brooks, Jerome McGunn, C'è del metodo in questa follia’. L'irrazionale nella letteratura romantica,
Firenze, Pacini Editore, 2015
Note: pag. 127-143
Articolo di Greta Mastroianni Greco, Abigail Adams, Milano, Enciclopedia delle donne
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due terzi del totale europeo, sia che per quello tessile. Il cotone grezzo veniva importato dai paesi lontani,
tra questi l’India, l’Egitto e soprattutto il sud degli Stati Uniti. Il cotone diventava stoffa grazie agli
imprenditori, ai lavoratori e ai macchinari del Lancashire. Da qui veniva esportato nel mondo, infatti il
consumo estero superava di un terzo quello interno. Alla metà del secolo, solo la Gran Bretagna e l’Italia
superavano il 40% di popolazione urbana, mentre la Francia si era fermata al 20 % e la Germania al 15%. La
maggior parte risiedevano in campagna o in villaggi e vivevano di agricoltura o di commercio dei prodotti
agricoli. La popolazione era in rapida crescita sia per un generale progresso delle condizioni igieniche e
sanitarie e sia perchè potevano alimentarsi di più e meglio rispetto al passato. Furono fondamentali le
nuove tecniche di coltivazione e l’utilizzo sistematico e organizzato dei concimi naturali, oltre alle più
sofisticate tecniche di rotazione. Questi nuovi metodi furono adottati prima nei Paesi Bassi e poi in Gran
Bretagna; si parla così di rivoluzione agricola, rivoluzione dei trasporti (costruzione di ferrovie) e rivoluzione
commerciale. Tra il 1800 e il 1840 il commercio mondiale raddoppiò di valore e poi accelerò; negli anni a
seguire i flussi crebbero del 260%. La rivoluzione dei trasporti e commerciale fornì un ulteriore stimolo
all’industrializzazione, allo sviluppo di un settore siderurgico-meccanico chiamato a fornire locomotive,
vagoni ferroviari e piroscafi. L’avvento di nuovi sistemi di produzione industriale in Inghilterra, tra il
Settecento e l’Ottocento, segnò effettivamente una svolta fondamentale nella costruzione del mondo
contemporaneo. Il capitalismo dell’ottocento e del novecento si è caratterizzato per dei grandi processi di
integrazione su scala internazionale che potremmo definire globalizzazione. I mercanti impegnati in
commerci di lunga distanza avevano bisogno del sostegno attivo dei loro governi e quindi della politica, e
avevano necessità di relazioni internazionali. Il principio base era quello del monopolio. Ognuno puntava a
tagliar fuori i concorrenti, europei e non, ricorrendo ad ogni mezzo, compresa la pirateria. Nel Nuovo
Mondo la penetrazione commerciale divenne conquista territoriale. Questa penetrazione politico-militare,
che si definisce come colonialismo, venne accompagnata da numerosi flussi migratori che diedero le basi al
processo di colonizzazione degli altri continenti. Un nuovo gruppo umano introdotto nelle Americhe fu
quello dei neri di origine africana, giunti attraverso la tratta, ovvero il commercio transoceanico di schiavi
sulle rotte atlantiche. Lo storico inglese Christopher Bayly ha proposto un’innovazione terminologica,
sostituendo “rivoluzione industriale” in “rivoluzioni industriose”, ciò sottolinea come l’avvento della nuova
economia non possa essere identificato con un singolo brusco passaggio storico, con un singolo settore
economico e un singolo paese, ma bisogna tener conto dello sviluppo di diversi settori in zone geografiche
differenti e occorre poi collegare i fattori economici ai fattori culturali. La colazione mise sulle tavole caffè,
thè, zucchero, cacao e porcellane cinesi, prodotti provenienti da mondi lontani. Questo fornì alle persone
un nuovo modello di socialità. Non si può dimenticare quanto fosse alto il prezzo da pagare per portare
sulle tavole i prodotti che producevano l’idillio della colazione, non solo in termini economici, ma anche in
termini di oppressione e di dissipazione di uomini nelle colonie.

S. Lupo-A. Ventrone, L’età contemporanea, Firenze, Mondadori education, 2018


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Articolo di Gaia Camilla Belvedere, Friedrich Froebel, ecopedagogia
Articolo di Haidi Segrada, Friedrich Wilhelm August Fröbel e i Giardini d’Infanzia, vanillamagazine.it
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SOCIETA’

La tradizione storiografica ha considerato la rivoluzione francese del 1789 il punto di avvio dell’età
contemporanea, oltre a quella americana e quella seicentesca inglese. Insieme possono essere collocate
all’origine di tre grandi idee politiche del nostro tempo: il liberalismo, la democrazia e il nazionalismo. I
grandi cambiamenti riguardarono non solo la Francia, la quale era il paese più potente e popoloso, ma
anche le zone dell’Europa occidentale, che in varie forme furono sottoposte all’impero napoleonico, ovvero
Paesi Bassi, Germania occidentale, Spagna e Italia. La prima fase fu distruttiva: fu sovvertito l’Antico
Regime, la sua legittimazione religioso/tradizionalista del potere, il suo insieme irrazionale di norme e
consuetudini, diversità di trattamento a seconda dei soggetti sociali. Ad essa però, seguì una fase
ricostruttiva: prese vita un nuovo sistema istituzionale, politico e sociale. Dal 1789 i rivoluzionari abolirono il
sistema feudale e la rivoluzione francese espropriò gli enormi possedimenti del clero. Queste proprietà,
definite beni nazionali, vennero vendute sia a membri della borghesia provinciale, sia ai contadini, dove nel
primo Ottocento la figura del contadino proprietario era molto diffusa. Così ebbero accesso alla proprietà
fondiaria nuovi ceti sociali. Bisogna considerare altre due grandi innovazioni: la codificazione e
l’introduzione di sistemi amministrativi accentrati. La codificazione è un insieme di raccolte sistematiche e
organiche di leggi, chiamate appunto codici. Il Codice Civile fu varato in Francia nel 1804 e riprodotto negli
altri paesi a regime napoleonico, secondo il quale tutti sono uguali di fronte alla legge. Inoltre, stabiliva che
anche i proletari potessero diventare proprietari, che le eredità toccassero in misura eguale sia a ai
primogeniti che ai secondogeniti e che qualunque bene potesse essere ereditato, comprato, venduto e
frazionato. Il Codice confermava il potere del padre sui figli e del marito sulla moglie. La donna borghese
veniva rappresentata a tutelare la casa e come garante della moralità della famiglia, però nell’esercizio del
suo ruolo nell’educazione dei figli e nella vita familiare, non le veniva riconosciuta alcuna autonomia
rispetto al potere del marito. Il sistema giuridico rifletteva una rigida divisione dei ruoli e delle sfere sociali
per genere. Il sistema del centralismo amministrativo prevedeva che il potere nelle periferie fosse dato in
mano a funzionari che dipendevano direttamente dal governo presente nella capitale. La borghesia spesso
viene contrapposta all’aristocrazia, anche se a volte le cose stavano diversamente. Accadeva che i più ricchi
tra i borghesi facessero grandi sforzi pur di acquisire il titolo nobiliare, c’era quindi una sorta di
interscambio culturale tra aristocratici e possidenti borghesi: al pari dei primi, i secondi consideravano
disonorevole la vendita di una qualsiasi parte del loro patrimonio immobiliare. Così, imprenditori e
contadini potevano liberamente contrattare con i proprietari l’ammontare della rendita fondiaria, ovvero
della somma di denaro o della quota-parte del raccolto che dovevano versare per poter coltivare la terra. La
densità demografica cresceva e la quantità di terra agricola aumentava solo se si coltivavano quei terreni
che, essendo poco fertili, potevano dare poco reddito. La terra buona restava poca in rapporto alla quantità
crescente di persone che miravano a coltivarla o ad acquistarla, in questo modo il prezzo saliva. Il Regno
Prussiano, nel corso della lotta contro Napoleone, si era modernizzato varando riforme antifeudali,

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l’abolizione della schiavitù del contadino e di molti privilegi della nobiltà. Il sistema scolastico prussiano era
diventato eccellente, sia a livello base e sia a livello secondario. Esemplare era inoltre l’efficienza
dell’esercito e dell’amministrazione pubblica. Con il congresso di Vienna il Regno diventa più tedesco. Non
mancavano le materie prime, come il ferro e carbone. A metà Ottocento, il livello di istruzione dei tedeschi
era maggiore non solo di quello degli italiani, ma anche degli inglesi o dei francesi. Un altro punto di
partenza sulle origini dell’età contemporanea fu nel 1815 con il congresso di Vienna con cui i
rappresentanti delle grandi potenze ridisegnarono l’ordine europeo dopo la sconfitta di Napoleone. I
personaggi che presero le decisioni cruciali durante il congresso, puntavano a realizzare un ordine duraturo
nelle relazioni internazionali, ovvero pace, e ordine in ogni singolo paese europeo. Quanto al secondo
versante, i vincitori giudicavano detestabili i principi della rivoluzione. Lo zar di tutte le Russie, Alessandro I,
invocò la formazione di una Santa Alleanza tra le potenze come prevenzione controrivoluzionaria,
sottoscrivendo un trattato insieme all’Austria e alla Prussia e confermando che il fondamento
tradizionalistico-religioso della sovranità era l’unico accettabile, in nome della santissima ed indivisibile
Trinità. La Santa Alleanza proponeva il principio dell’assolutismo regio, secondo il quale il potere
monarchico non andava limitato in nessun modo. Nel frattempo, il terzo re borbonico, quello francese,
concesse ai suoi sudditi una Costituzione che si può definire vagamente liberale, in quanto prevedeva
qualche garanzia per i diritti individuali (libertà di coscienza e di culto, libertà di stampa) e un sistema
rappresentativo. Dopo la sconfitta di Napoleone, la Costituzione fu ripudiata dal sovrano Ferdinando VII di
Borbone, che scelse l’assolutismo. Intanto, nel grande impero latino-americano spagnolo si consolidavano
sempre più tendenze non solo liberali ma anche indipendentiste. Nella dottrina liberale, ciò che distingue
l’essere umano dagli altri animali è la ragione, così il riconoscimento dei diritti individuali (espressione, di
pensiero, religione, movimento, stampa…). Inoltre, l’uomo deve essere lasciato libero di scegliere come e
su cosa investire le proprie capacità e lo Stato deve intervenire il meno possibile nella vita dei cittadini;
occorre nello stesso tempo prevedere l’affermazione dei diritti inalienabili, la divisione dei poteri e il
riconoscimento di autonomie locali per bilanciare il potere centrale. Nel liberalismo di primo Ottocento si
vennero a delineare due principali tendenze, moderata e democratica. I moderati si dichiaravano
monarchici e attenti a mantenere l’ordine sociale. Per le classi dirigenti, i termini repubblica e democrazia
venivano associati come sinonimi di anarchia, per i liberali moderati la monarchia appariva garanzia di
imparzialità nel governo della società e assumevano il modello britannico, riponendo tante aspettative sulla
restaurata monarchia borbonica francese, avevano paura di affidare il potere politico alla plebe. I diritti
civili erano universali ma non quelli politici. L’idea era che solo le persone poste ai vertici della società civile
possedessero il livello di autonomia personale e istruzione necessario per partecipare al governo della
nazione; così, pagare una determinata quota di tasse all’anno, saper leggere e scrivere e possedere una
proprietà erano le capacità che permettevano l’accesso al voto. D’altro canto, la tendenza democratica
corrispondeva spesso a una posizione repubblicana. I democratici puntavano sul monocameralismo
convinti che il popolo avesse bisogno di un’unica rappresentanza e perché contrari ai privilegi

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dell’aristocrazia. Anche molti democratici però pensavano che il voto andasse negato agli analfabeti.
L’uomo veniva considerato come un individuo che realizza se stesso in mezzo e insieme agli altri. La
democrazia repubblicana mette l’accento non solo sui diritti, ma anche sui doveri dei cittadini nei confronti
degli altri cittadini, e questi doveri non sono altro che il modo in cui il singolo paga il debito contratto con la
società. Il pensiero democratico può confinare con quello socialista, sostenendo un’istruzione elementare
obbligatoria e gratuita e insistendo sulla necessità di introdurre misure per redistribuire ricchezza, terra e
denaro. Un grande problema fu quello dei diritti politici delle donne, dove nella Dichiarazione dei diritti
della donna e della cittadina si richiedeva che il diritto di voto fosse riconosciuto alle donne, ma venne
negato, nella prima metà dell’Ottocento, dai rivoluzionari francesi e da quasi tutti i liberali moderati e
democratici. Questo perché la subordinazione femminile appariva agli uomini una condizione base per la
tenuta della società, basata su gerarchie di classe e insieme di genere. La sign.ra Abigail Adams, moglie del
secondo presidente degli Stati Uniti John Adams, tra il 1796 e il 1801, applicò a questa questione il principio
generale della rivoluzione americana, disse: “nemmeno le donne erano tenute ad obbedire ad una legge
nella quale non abbiano voce o rappresentanza”, mentre il marito pretendeva al contrario che il principio
non fosse applicabile alle donne, in quanto, a suo parere, “la legge non poteva allentare ovunque i lacci del
governo, altrimenti i figli e gli apprendisti sarebbero diventati disobbedienti, gli studenti turbolenti, gli
indiani ribelli, i negri insolenti”.

Nella Gran Bretagna sette-ottocentesca era straordinaria la libertà di stampa e di opinione, in confronto con
gli altri paesi. Il settore di gran lunga più importante per il lavoro salariato era il servizio domestico. La
grande massa salariata era composta per lo più da cameriere e camerieri che si prendevano cura delle case
e del corpo di aristocratici, di gentlemen o ladies campagnoli o urbani. Uno dei grandi problemi della Gran
Bretagna fu la subordinazione e discriminazione dei cattolici. Gli alti gradi della gerarchia della Chiesa
protestante/anglicana facevano parte della Camera dei lord e rappresentavano un pezzo importante della
classe dirigente, ma la condizione veramente subordinata era quella dei cattolici o “papisti”, i quali erano
esclusi dagli uffici pubblici, parlamento compreso. La discriminazione aveva effetti peraltro molto più gravi
in Irlanda, dove i cattolici erano in maggioranza. Il fattore politico-religioso si sommava a quello politico-
sociale e a quello nazionale: i membri della classe dirigente e in particolar modo i latifondisti erano per lo
più protestanti e di origine inglese, mentre i membri delle classi popolari, in particolare i contadini, erano
cattolici. Un passo importante per l’età contemporanea fu il movimento del cartismo, che rappresentò il
primo movimento democratico di massa dell’Ottocento; prendeva il nome dalla carta del popolo del 1838.
In questo documento si chiedeva il riconoscimento del suffragio universale maschile, la concessione di
un’indennità parlamentare per permettere ai bisognosi di potersi dedicare a tempo pieno all’attività
parlamentare senza essere costretti a lavorare per mantenersi e lo scrutinio segreto. Dopo vari insuccessi, il
cartismo andò a cessare. Per quanto riguarda la questione sociale, troviamo la teoria delle classi sociali di
David Ricardo, uno dei grandi del liberismo, che aderiva alla corrente radicale. In questa teoria del 1817

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troviamo tre gruppi caratterizzati da interessi diversi e contrapposti: i proprietari fondiari, che vivono di
rendita, gli imprenditori, che vivono di profitto e i lavoratori, che vivono di salario. In questa teoria si
potrebbero favorire i primi a scapito dei secondi e fa si che gli ultimi, i lavoratori, tocchi sempre e solo lo
stretto indispensabile per sopravvivere. Infine, non è detto che il progresso tecnico come l’introduzione
delle macchine possa migliorare il quadro. Ai suoi argomenti, qualche anno più tardi, attinse il tedesco Karl
Marx, che li mise però in collegamento con quelli filosofici di Hegel per formulare una nuova teoria delle
classi sociali e del conflitto tra le classi come motore della storia. Per la prima volta incontriamo un’altra
delle grandi idee politiche dell’età contemporanea, ovvero quella socialista-comunista. Essa prevede una
pars destruens, tipica della variante marxista del socialismo: il mercato non organizza il mondo al meglio,
ma anzi al peggio, spargendo ingiustizie e sfruttamento; si trova poi una pars construens, che immagina la
società futura e appartiene di più al socialismo utopistico: andrebbe creata una comunità di eguali in cui i
frutti del lavoro saranno divisi equamente, gli interessi comunitari dovranno prevalere su quelli individuali e
le risorse base saranno comuni. Nel 1833 fu varata la prima legge sul lavoro in fabbrica che vietava che i
fanciulli lavorassero più di otto ore al giorno se al di sotto dei 12 anni. L’Inghilterra possedeva un’antica
tradizione di poor laws che prevedevano un sostegno pubblico ai poveri, tuttavia nel 1834 ne venne varata
una nuova che creava case di lavoro dette “workhouse” per i disoccupati. Le workhouses, che rinchiusero
centinaia di migliaia di persone per sottrarle al vagabondaggio e rieducarle al lavoro, apparivano a Marx
delle vere e proprie case del terrore. In esse, infatti, si sommavano il lavoro forzato, il controllo di tipo
militare, punizioni e violenze, assenza totale di libertà, uso di uniformi e condizioni di vita umilianti. Robert
Owen, imprenditore e riformatore, volle dimostrare che le cose si possono migliorare, concedendo ai
lavoratori di una sua fabbrica scozzese salari elevati, curando le condizioni igieniche in cui vivono e lavorano
e creando scuole popolari. Passò poi a dimostrare che una società migliore è possibile. Contribuì alla
costituzione di un movimento cooperativo e svolse un ruolo di primo piano nelle nascenti organizzazioni
sindacali operaie, le “ Trade Unions”, nella sfera dei movimenti collettivi. Le Trade Unions erano formate da
operai qualificati che per la loro specializzazione potevano ottenere miglioramenti salariali anche senza fare
ricorso agli scioperi. Fino al 1824 la loro presenza non fu accettata, erano accusate di violare uno dei
presupposti liberisti fondamentali, ovvero la piena libertà contrattuale di imprenditori e lavoratori. Tuttavia,
dopo qualche anno, la loro presenza venne gradualmente accettata. Queste associazioni, nei primi decenni
della loro vita, furono però attente a non identificarsi con movimenti politici di opposizione, socialisti o
radicali. In questo, parteciparono anch’esse all’unione britannica di spirito progressista e spirito moderato.

CULTURA

La produzione di massa e l'urbanizzazione stavano modificando radicalmente il modo di vivere delle


persone, creando nuove classi sociali e nuove sfide per l'istruzione e la formazione. Nel campo
dell'istruzione, la Germania era già nota per la sua tradizione pedagogica, con molti importanti pedagogisti
come Johann Heinrich Pestalozzi e Johann Friedrich Herbart che stavano influenzando il pensiero
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pedagogico europeo. Frobel ha studiato con Pestalozzi, che ha avuto un grande impatto sulla sua
concezione dell'educazione e sulla sua pratica pedagogica. In questo contesto, Frobel ha sviluppato la sua
idea di giardino d'infanzia, che vedeva come un luogo in cui i bambini potessero esplorare, giocare e
imparare in un ambiente protetto e stimolante. La sua idea ha rappresentato una svolta nella pedagogia
dell'infanzia, che fino ad allora era stata dominata dall'idea di addestrare i bambini in vista della loro futura
vita adulta. Il Kindergarten di Frobel non era una semplice scuola per l'infanzia, ma un'esperienza educativa
completa che integrava l'educazione intellettuale, fisica e morale. I bambini erano incoraggiati a giocare e a
esplorare il mondo intorno a loro, con l'obiettivo di sviluppare la loro creatività, la loro curiosità e la loro
capacità di pensare in modo autonomo. Il concetto di Kindergarten di Frobel ha incontrato molta resistenza
all'inizio, ma alla fine si è diffuso in tutta la Germania e in Europa. L'idea di fornire un'educazione completa
ai bambini fin dalla prima infanzia ha trovato un grande consenso tra gli educatori e il sistema educativo di
Frobel ha contribuito a influenzare la pedagogia moderna. La grande cultura sette-ottocentesca può essere
definita romantica. Quest’ultima dipingeva la nazione come un gruppo umano radicato su un territorio, con
una propria lingua e una propria cultura, e con il diritto di formare uno stato proprio, senza essere
condizionato da interferenze straniere. Frobel fu definito anche come un “pedagogista romantico”. La
parola “romantico” fu utilizzata per la prima volta in Inghilterra al fine di deridere tutto ciò che vi era di
fantastico e assurdo negli antichi romanzi cavallereschi e pastorali. Nel 1700, il termine perse parte della
propria accezione peggiorativa e iniziò ad essere applicato a vari ambiti: alle descrizioni di paesaggi selvaggi
e malinconici, alle emozioni soggettive o a tutto ciò che era sentito come qualcosa di vago e indefinito. Il
termine “Romanticismo” oggi è usato con un doppio significato: per alcuni studiosi definisce una categoria
storica, ovvero un intero periodo, per altri descrive un determinato movimento artistico e culturale, dotato
di una sua poetica, di gruppi di intellettuali specifici. Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, sorto
in Germania e in Inghilterra e diffusosi in tutta l’Europa nel corso del 19°secolo, si sviluppa il Romanticismo,
un movimento letterario, artistico e culturale. In Germania, il primo costituirsi di una scuola romantica
avvenne negli ultimi anni del Settecento prima a Jena e poi a Berlino, diventando concreto nella
pubblicazione della rivista Athenaeum (1798-1800); In Inghilterra, le prime manifestazioni del romanticismo
si ebbero con il programma aggiunto alle Lyrical ballads da W. Wadsworth e S.T. Coleridge, ma è in
Germania che raggiunse i massimi sviluppi. La cultura romantica cerca la propria identità sulla diversità
dalla cultura settecentesca, in particolare dall’Illuminismo. Il periodo di affermazione del Romanticismo vide
rapidi e radicali cambiamenti che sconvolsero gli ordini tradizionali e consolidati, trasformando le istituzioni
politiche, l’organizzazione economico-sociale e il sistema delle idee. In età romantica fu esaltata una
razionalità di natura storica, si era più attenti alle tradizioni e alle storie dei popoli. Venne rivalutato il
Medioevo, che gli illuministi avevano criticato come secoli di assenza di ragione. L’illuminismo aveva posto
l’accento sull’istruzione e sulla cultura scientifica, mentre la pedagogia romantica pose il fine
dell’educazione nella formazione spirituale dell’uomo, con particolare attenzione all’aspetto morale.
Questa concezione dell’uomo che si richiama a ideali classici, si opponeva all’illuminismo. L’educazione

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romantica si preoccupa della formazione individuale della persona umana, ma non dimentica, che ciascun
uomo con la sua libertà, con la sua individualità, è parte di un ambiente sociale. Per i primi romantici
tedeschi, volti all’esplorazione della vita interiore, i concetti di nazione e popolo non erano dichiarati, ma
erano impliciti nel loro pensiero, che diverrà poi essenziale. Il romanticismo si presenta anche in Italia, dove
si hanno raccolte di canti popolari, di fiabe, ballate, drammi e romanzi storici, che evocano visioni di vita
medievale. Nasce il mito dello “spirito popolare”, origine di ogni forma di civiltà e nascono sotto il dominio
di quel mito la linguistica e la filologia moderna. Si instaurò così una coscienza storica e il sentimento. Se a
molti la realtà appariva come una negazione delle romantiche aspirazioni dell’anima, per altri, al contrario,
valeva l’esigenza di un’arte che rispecchiasse la realtà. Questo doppio aspetto fu proprio del romanticismo
di tutti i paesi e si conservò per tutto il corso del suo sviluppo, lungo il XIX secolo fino al naturalismo da una
parte e al decadentismo dall’altra.

Conclusioni

Il contesto storico in cui Friedrich Frobel ha vissuto e lavorato, ha influenzato profondamente il suo
pensiero pedagogico e la sua pratica educativa. La Germania del XIX secolo era un paese in rapido
cambiamento, che stava affrontando grandi sfide sociali, economiche e politiche. Frobel ha sviluppato la
sua idea di giardino d'infanzia come risposta a queste sfide, creando un ambiente protetto e stimolante in
cui i bambini potevano esplorare e imparare in modo autonomo. Il suo contributo alla pedagogia
dell'infanzia ha avuto un impatto duraturo sulla pratica educativa e ha ispirato molte generazioni di
educatori.

S. Lupo-A. Ventrone, L’età contemporanea, Firenze, Mondadori education, 2018


Note: cap.1-2, pag.3-35
Umberto Eco, L'Ottocento - Storia: Storia della Civiltà Europea, Milano, EncycloMedia Publishers, 2014
Note: pag.7-24, 31-42, 61-64, 67-83, 94-115
Rudiger Safranski, Il romanticismo, Milano, Longanesi & C., 2011
Articolo di Gaia Camilla Belvedere, Friedrich Froebel, ecopedagogia
Articolo di Haidi Segrada, Friedrich Wilhelm August Fröbel e i Giardini d’Infanzia, vanillamagazine.it
Peter Brooks, Jerome McGunn, C'è del metodo in questa follia’. L'irrazionale nella letteratura romantica,
Firenze, Pacini Editore, 2015
Note: pag. 127-143
Articolo di Greta Mastroianni Greco, Abigail Adams, Milano, Enciclopedia delle donne
Pag. 8

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