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LA SPARTIZIONE DELL’AFRICA E DELL’ASIA

Lo sviluppo industriale provocò fra la fine del 19 secolo e l’inizio de 20 alcuni contrasti tra gli stati
europei, che erano in competizione tra loro per la conquista dei mercati in cui reperire le materie
prime e smerciare i propri prodotti.

Si affermò quindi l’imperialismo, ovvero il desiderio di creare un vasto impero commerciale


conquistando quanti più territori possibile, sfruttando le colonie.

Tutto questo, in più, era sostenuto dall’illusione della superiorità politica culturale e biologica della
razza bianca.

Nel novembre del 1881 venne convocata a Berlino la conferenza internazionale per gli affari
Africani, nel quale corse le grandi potenze dovettero riconoscere la sovranità del re del Belgio sul
Congo e spartirsi le rispettive aree d’influenza.

Questa conferenza diede il via a una nuova corsa alle colonie e in pochi anni gran parte del territorio
mondiale venne direttamente o indirettamente assoggettato alle potenze europee.

L’Inghilterra mirò all’Egitto, il Sudan e il Sud-Africa, dove fondò l’unione Sudafricana.

La Francia mirò a formarsi un impero nel Sud-Est Asiatico dove diede origine all’Indocina
Francese.

La Germania mirò al Congo, il Camerun e ad ampie zone dell’Africa orientale e sud-occidentale.

Anche l’Italia partecipò alla corsa alle colonie, sperando di trovare uno sbocco per la sua
popolazione in Aumento.

L’antagonismo tra la Francia e l’Inghilterra, però, sfociò nel 1898 nell’incidente di Fascioda, ma
dopo aver evitato una guerra coloniale le due potenze raggiunsero un accordo sui propri domini
oltremare, che suggellò anche il preludio di una futura alleanza.
BELLE EPOQUE

Dopo il progresso tecnologico e industriale avvenuto in Europa nella seconda metà dell’ottocento, si
diffuse un senso di euforia accompagnato da una grande fiducia nel progresso materiale.

Si diffuse, quindi, tra la borghesia, un clima di spensieratezza e ottimismo che sembrava


coinvolgere anche le classi meno abbienti e fu per questo, quindi, che le venne assegnato il nome di
belle epoque, ovvero “epoca bella”.

La belle epoque fu anche l’epoca di importanti innovazioni tecnologiche, destinate a migliorare la


vita quotidiana, come ad esempio i servizi igienici, la lampadina elettrica, o all’introduzione
dell’ascensore elettrico, che trovò la sua prima utilizzazione all’interno della torre Eifelle.

Nel frattempo si iniziavano a diffondere sempre più novità, come ad esempio la cinematografia, con
i fratelli Lumiere che nel 1895 sorpresero il popolo Parigino con una prima proiezione della durata
di dieci minuti.

Si diffusero anche il grammofono e le prime motociclette, ma dato il loro alto costo vennero
affiancate dalle più economiche biciclette a motore, protagoniste anche di diverse gare sportive.

Nella belle epoque, infatti, lo sport veniva visto come simbolo di ottimismo e intraprendenza, che
divenne un fenomeno diffuso soprattutto tra le classi popolari.

Durante questo periodo, inoltre, si consolidò il consumo di massa, ovvero una novità resa possibile
soprattutto dalla sovrabbondanza di prodotti industriali immessi sul mercato.

A allargare questo fenomeno contribuì anche la pubblicità, che aveva il compito di rendere noti al
pubblico i nuovi prodotti e suscitare il desiderio di acquistarli.

Ma la belle epoque non fu solo un periodo di luce, infatti ebbe anche lei le sue crisi, che trovarono
sfogo soprattutto nel campo sociale.

Ci fu quindi una crisi della famiglia e dei suoi ruoli e il diffondersi di comportamenti originali e
trasgressivi, come quelli dei bohemins, ovvero gli artisti e gli intellettuali francesi che sostenevano
uno stile di vita sregolato e anticonformista.

Tutti questi comportamenti era spesso vissuti con drammaticità, come se l’individuo, posto davanti
a così tanti cambiamenti, avesse smarrito la propria identità.

Questa sorta di crisi esistenziale degli uomini, però, stimolò la creatività della società, che sfociò in
qualsiasi campo.

Non a caso, in questo periodo, Sigmung Freud metteva a punto il metodo scientifico della
psicoanalisi, con cui cercava di far emergere l’inconscio della mente umana per dare una
spiegazione ai disagi dell’individuo.

Si svilupparono, così sia un nuovo tipo ti cultura, che un nuovo tipo di politica, basate sull’azione
istintiva e irrazionale, e sulla volontà di potenza, che misero le basi a una nazione fondata sul
nazionalismo e sul razzismo.
Le minoranze etniche, quindi, in qualsiasi paese si trovassero, subivano atti di odio e rancore,
mentre in tutta a popolazione si manifestava un’avversione per gli straieri e un patriottismo molto
sentito.

Soprattutto in Francia, Germania, Austria e Russia si diffuse l’antisemitismo, fomentato dalla


convinzione che ci fosse un complotto ebraico volto alla dominazione del mondo.

La consapevolezza del clima d’intolleranza contro gli ebrei, spinse alcuni di loro, verso al fine del
19 secolo, a dare vita a un movimento politico chiamato sionismo.

Lo scopo del sionismo era quello di creare uno stato ebraico, perché avendo una propria patria, gli
ebrei credevano che non sarebbero più stati vittime di persecuzioni.

Questa patria trovò luogo in Palestina, dove gli Ebrei avevano vissuto nei tempi biblici.

In questo clima razzista ebbe molto successo il saggio sull’ineguaglianza delle razze umane di
Arthur de Gobineau, nel quale l’autore parlava della diversità delle razze, evidenziando la
superiorità di quella ariana.

Fu proprio sulla base di queste teorie che si affermò il pangermanesimo, che all’inizio rifiutava la
riunificazione in un solo Stato di tutti i popoli germanici, mentre in seguito si trasformò
nell’esaltazione delle superiorità della razza germanica.
LA GERMANIA DI GUGLIELMO II

In Germania lo sviluppo industriale si tradusse in un politica estera molto aggressiva, portata avanti
da un forte militarismo.

Appena salito al trono, infatti, l’imperatore Guglielmo II abbandonò la strategia di pace e equilibrio
adottata da Bismark, che si era dimesso da cancelliere nel 1890 e introdusse una politica interna di
tipo autoritario e una politica esterna di tipo espansionistico.

Per soddisfare le proprie esigenze costruì una grande flotta militare, ma questo allontanò
dall’imperatore le simpatie dell’Europa interna, Soprattutto dell’Inghilterra che aveva da sempre
basato la sua forza sulla flotta militare e che quindi non era intenzionata a rinunziare al suo
predominio sui mari.

L’Inghilterra, inoltre, era preoccupata per il successo economico della Germania, dato che questa
disponeva già di industrie all’avanguardia e numerose materie prime, cosa che le permise, in poco
tempo, di dominare il mercato interno e sbaragliare la concorrenza.

Ciò che seguì, quindi, fu un grande aumento del commercio estero tedesco, che garantì numerosi
guadagni alle industrie e alle banche.

Il tutto venne anche accompagnato da un forte aumento demografico.

Questo sviluppo economico, però, non impedì al malessere sociale di insorgere in Germania, per
questo ci fu un ritorno del sovrano all’assolutismo, che gli permise di tenere sotto controllo l’unica
vera opposizione interna costituita dal partito socialdemocratico tedesco.

Per quanto riguarda la politica estera, Guglielmo II preferì non rinnovare il patto con la Russia, che
assicurava la neutralità di questa in caso di guerra contro la Francia.

Questo contribuì ad avvicinare la Francia e la Russia, tanto che stabilirono un accordo di reciproca
assistenza, molto simile all’accordo di duplice alleanza stipulato da Austria e Germania, diventato
accordo di triplice alleanza con l’entrata dell’Italia.

Vi fu inoltre un riavvicinamento tra Francia e Inghilterra, che poi sfociò in una vera e propria
riconciliazione detta Intesa cordiale.

Oltre alla Francia, però, l’Inghilterra si riavvicinò anche alla Russia, in seguito a una serie di eventi
di tipo politico.

Stando così le cose Francia, Inghilterra e Russia si unirono nella Triplice Intesa, il quale obiettivo
comune era un punto d’incontro antigermanico.

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