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LA REPUBBLICA DI WEIMAR

In seguito al fallimento delle ultime offensive, nel 1918, in molti avevano iniziato a chiedere
l’abdicazione del Kaiser Guglielmo II, ritenuto il responsabile della sconfitta.

Il 9 novembre 1918 rassegnò le sue dimissioni e poco prima di fuggire affidò i suoi potere a
Friederich Ebert, leader del partito socialdemocratico tedesco, mentre nello stesso giorno veniva
proclamata la repubblica.

Il governo Ebert, però, era troppo debole, tanto che ne gennaio 1919 scoppiò una rivolta a Berlino,
guidata dal Partito Comunista tedesco, fondato da Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg, con lo scopo
di abbattere il vecchio apparato dello Stato che, invece, il Partito Socialdemocratico sembrava voler
proteggere.

Seguì la settimana di sangue, conosciuta così perché si tentò di reprimere la rivolta con metodi
estremi, ma tra le prime vittime ci furono proprio i due fondatori del Partito Comunista.

Nel frattempo si era riunita a Weimar un’assemblea costituente che l’11 agosto 1919 eleborò una
nuova costituzione, trasformando la Germania in una repubblica federale, retta da un cancelliere il
quale era responsabile del proprio operato davanti al parlamento, organo cui spettava il potere
legislativo.

A capo dello Stato vi era un presidente, che doveva essere eletto ogni sette anni dal popolo e che
doveva tenere il potere esecutivo.

Nel 1920, però, la destra tentò un colpo di stato, denominato il putsh di Kapp, così chiamato per via
di Wolfgang Kapp, che progetto e diresse l’azione.

I problemi della repubblica, inoltre, furono aggravati dalla disastrosa situazione economica: infatti
gli altri paesi facevano pressione alla Germania affinché questa pagasse i suoi debiti di guerra, ma
ciò veniva reso impossibile dalla disoccupazione dell’inflazione monetaria che stava prendendo
piede nel paese.

Nel 1923 la Francia, per assicurarsi di essere pagata, occupò il bacino minerario di Ruhr, che era
fondamentale per la ripresa economica della Germania, ma l’unico risultato di questa azione non fu
altro che l’aumento del risentimento tedesco.
HITLE E IL NAZIONALSOCIALISMO

Nel 1919 fu istituito a Monaco il Partito dei Lavoratori tedeschi, al quale nello stesso anno aderì
Adolf Hitler, che grazie alle sue capacità oratorie nel febbraio del 1920 diede vita al movimento
politico chiamato nazionalsocialismo, contraddistinto da simbolo delle camicie brune e dal segno
della svastica sul braccio, che nello stesso anni divenne noto come Partito Nazista.

Gli iscritti a tale partito si contraddistinguevano per l’uso della violenza contro i militari di sinistra e
per via dei loro obiettivi di creare in Germania un regime autoritario e anticomunista.

Per adempiere a questo scopo Hitler creò una struttura paramilitare chiamata SA, che voleva reagire
alle condizioni di pace troppo dure imposte dalla repubblica di Weimar, e con la quale tentò un
colpo di stato, ma fu arrestato e condannato a cinque anni di carcere.

Nel frattempo la situazione economica della Germania stava migliorando, soprattutto grazie al
piano Dawes, e così fu finalmente in grado di pagare i suoi debiti nei confronti delle potenze
vincitrici, che a loro volta saldarono il debito nei confronti degli Stati uniti.

Nello stesso tempo prendeva una piega positiva anche la politica internazionale, infatti nel 1925
Francia e Germania strinsero un patto nella città di Locarno in base al quale la Germania
s’impegnava a non modificare la situazione decisa dai trattati di pace.

L’anno seguente la Germania fu ammessa nella Società delle Nazioni, atto che significò una vera e
propria riconciliazione tra vincitori e vinti.

Nel 1928 fu firmato il patto di Briand-Kellog, sottoscritto da sessanta stati, che rifiutavano la guerra
come mezzo per risolvere le controversie tra gli stati.

Nel 1929 il finanziere americano Owen Young intraprese il piano young, che riduceva la portata dei
risarcimenti cui la Germani era soggetta, ma soprattutto gli permise di scaglionare le rate in
sessant’anni.

Dal 1929, però, la grande depressione, dovuta al crollo della Borsa di Wall Street, arrivò anche in
Germania, e oltre al fallimento di numerose industrie e alla disoccupazione, portò
un’intensificazione dei movimenti di destra.

Uscito di prigione dopo solo un anno di carcere Hitler si assicurò l’appoggio delle industrie e della
finanza, che gli fornirono alte somme di denaro, per far in modo che realizzasse il regime autoritario
che poteva garantire a quest’ultime maggiore sicurezza e tranquillità.

Nel 1930 il Partito Nazista divenne il secondo partito del paese, servendosi soprattutto dell’uso
della violenza per arrivare a quel punto.

Nel 1932 Hitler si candidò addirittura alle elezioni, ma non ebbe fortuna a causa di Paul
Hindenburg; la mancanza di un governo stabile, però, portò a due successive elezioni e alla fine il
presidente affidò il compito di formare il nuovo governo a Hitler, nominandolo cancelliere il 30
gennaio 1933.
IL NAZIZMO AL POTERE

Nemmeno a un mese di distanza dalla nomina di Hitler come cancelliere giunse la notizia che il
Reichstag, deve c’era la sede del parlamento, era stato incendiato.

Si sparse quindi la voce che l’incendio era frutto di un complotto comunista, che voleva prendere il
potere e perciò iniziò una vera e propria caccia all’uomo che in poche ore portò alla morte decine di
persone tra i membri dell’opposizione e all’arresto di altri 4500.

Tutto questo, però, fu solo una macchinazione per eliminare l’opposizione, che talaltro diede inizio
a una politica fondata sul terrore, che infliggeva un colpo decisivo alla democrazia, in quando il 28
febbraio vennero emanate delle leggi che limitavano le libertà civili e politiche e furono messi sotto
controllo la stampa e i partiti politici.

Il paese, quindi, si stava muovendo verso la dittatura, sotto l’accondiscendenza passiva del
presidente, che il 5 marzo 1933 sciolse il parlamento e indisse nuove elezioni.

Hitler si assicurò la maggioranza parlamentare e fece subito votare una legge-delega che
apparentemente aveva lo scopo di porre fine ai disagi del popolo, ma in realtà era destina a
concedere per quattro anni pieni poteri al suo governo.

Si instaurò, quindi, un regime totalitario, in cui vi era un unico partito, ovvero quello nazista, infatti
furono messi al bando tutti i partiti esistenti primo fra tutti quello Comunista, che fu dichiarato
fuorilegge.

Hitler aveva quindi assunto il titolo di Fuhrer, ovvero duce, e attraverso queste leggi iniziò una vera
e propria dittatura, eliminando ogni forma di opposizione.

Questo regime di terrore era messo in atto dalla Gestapo, ovvero la polizia segreta dello Stato e
dalle SS, che entrarono a far parte della SA nel 1923 ed erano guidata da Heinrich Himmler.

Dal 1933, inoltre, furono organizzati dalle SA dei campi di concentramento dove rinchiudere tutti
gli avversari e gli oppositori, mentre in caso di tradimento fu istituita la Suprema corte popolare.

Durante la sua scalata al potere, però, Hitler dovette affrontare anche un’opposizione interna,
formata da alcune frange della SA di Rohm e per risolvere questo problema decise di epurare il
partito, così il 30 giugno 1934 ebbe luogo la notte dei lunghi coltelli, durante la quale le SS uccisero
Rohm e i suoi collaboratori mentre dormivano in un albergo.

Da allora Hitle non ebbe più oppositori e alla morte del presidente Hindenburg, ottenne il potere
assoluto, riunendo illegalmente nelle sue mani la carica di cancelliere e quella di presidente.

La Germania, quindi, si trasformò da Stato federale a Stato unitario attraverso una serie di leggi
emessa tra il 1933 e il 1934, che prevedevano lo scioglimento di parlamenti, governi e organi
giudiziari dei vari stati tedeschi, le cui competenze vennero affidate a funzionari nazisti.

Le elezioni vennero gestite da Hitler, quindi in qualche modo erano pilotate, così da quel momento
persero la loro credibilità e diventarono puramente formali, così come il parlamento che era
costretto a fare la volontà di un capo che aveva sempre ragione, tanto che veniva considerato come
un “dono di Dio”, al disopra della legge stessa, in quanto era la personificazione di essa.
A consolidare il regime contribuì anche la propaganda affidata a Joseph Goebbels attraverso la
stampa, l’editoria e i nuovi mezzi di comunicazione.

Il consenso del popolo alla dittatura nazista fu dovuto soprattutto ai buoni risultati che questa aveva
portato nel campo economico, infatti Hitler era riuscito a risollevare il paese grazie a una politica
autarchica, che sfruttava l’autosufficienza del paese, attraverso la riduzione delle importazioni e
l’intensificazione delle esportazioni.

IDEOLOGIA NAZISTA E L’ANTISEMITISMO

Gli ideali e i principi del nazismo vennero racchiusi nel libro Mein Kampf, che Hitler dettò Rudolf
Hess durante il suo anno di prigione e che venne pubblicato nel 1925.

Alla base del Nazismo, quindi, vi era l’idea che la razza ariana fosse superiore, e perciò gli andava
attribuito il merito del progresso dell’umanità.

Secondo Hitler la razza ariana si identificava con la razza Germanica, per questo bisognava
procedere con una sorta di purificazione dello Stato, in modo da eliminare le ineguaglianze.

In particolare questi principi si concretizzarono nei confronti degli ebrei, che Hitler considerava
come una vera e propria malattia, da cui discendevano tutti i movimenti politici che per lui
rappresentavano un pericolo.

Iniziò, quindi, una vera e propria persecuzione, con provvedimenti che vietavano la frequentazione
della scuola o l’esercizio delle attività lavorative da parte degli ebrei.

Ma il picco massimo venne raggiunto il 15 settembre 1935 con la promulgazione delle leggi di
Norimberga, che tolsero agli ebrei la cittadinanza tedesca e vietarono matrimoni misti; in più fu
ordinato a tutti gli ebrei di indossare sugli abiti la stella di David in modo da essere sempre
riconosciuti.

Nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1938, come vendetta per l’uccisione di un funzionario tedesco
da parte di un ebreo, in molte città tedesche furono frantumate le vetrine di tutti i negozi tedeschi e
delle sinagoghe, tanto che questa notte passò alla storia come “Notte dei cristalli”; due giorni dopo
venne proclamata la legge che escludeva gli ebrei dal commercio.

Anche se l’Antisemitismo sembrava fondarsi su ragioni ideologiche, aveva anche una base
economica, infatti gli ebrei occupavano posizioni importanti nel campo della finanza e questo
poteva intralciare i piani totalitari di Hitler.

In pochi anni le persecuzioni ebraiche si espansero in tutto il modo, tanto che durante la seconda
guerra mondiale sfociarono nell’olocausto.

La politica estera della Germania, quindi, fu molto aggressiva, soprattutto verso quei paesi
naturalmente tedeschi (Austria e territorio dei Sudeti), che Hitler voleva acquisire per formare
un'unica grande patria.

L’Europa, però, sottovalutò la Germania per molte ragioni: prima di tutto il programma di Hitler
procedeva molto lentamente, poi la Germania non era l’unico paese in cui esisteva una dittatura e in
fine l’anticomunismo di Hitler aveva suscitato diverse simpatie nel campo internazionale.

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