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DA WEIMAR ALLA DITTATURA DI HITLER

In Germania alla fine della prima guerra mondiale l’abdicazione


dell’imperatore Guglielmo II e la proclamazione della Repubblica,
posero fine al Secondo Reich, l’impero tedesco nato nel 1871. La
nuova repubblica, chiamata di Weimar (nome della città tedesca
dove fu approvata la sua Costituzione), fu democratica, con i
deputati del Parlamento e lo stesso Presidente eletti da tutti i
cittadini. Il nuovo governo repubblicano era formato da
socialdemocratici (i socialisti tedeschi si chiamavano così).
La repubblica aveva enormi problemi economico-finanziari legati al
risarcimento dei danni di guerra, dei quali nel trattato di pace di
Versailles fu considerata “moralmente responsabile” la Germania (i
movimenti di destra la chiamarono pace infame e fecero ricadere
sul governo repubblicano la responsabilità della rovina del Paese,
dilaniato dalla disoccupazione e dalla povertà). Il valore del marco
crollò: il denaro tedesco non valeva più nulla, i prezzi delle merci
salirono alle stelle (=inflazione) e per comperare il pane quotidiano
occorrevano milioni di marchi. Insieme agli operai fu travolto
dall’inflazione il ceto medio.
La crisi economica determinò il biennio rosso: tra il 1920 e il 1921
gli operai contestarono e si scontrarono con i movimenti di destra,
nemici degli operai e del sistema democratico. Ci furono molti
disordini. In quegli anni Adolf Hitler, uno degli esponenti della
destra, fondò le SA o “Camicie brune”, simili alle “Camicie nere” di
Mussolini riunite in una minuscola formazione politica: il Partito
Nazional-Socialista o Partito Nazista, che adottò come simbolo la
svastica (una croce con i bracci piegati ad angoli retti, simbolo
sacro antichissimo dell’induismo e del buddismo che Hitler nella
sua ignoranza storica credette simbolo degli ariani). Nel 1923,
spalleggiato dalle SA, Hitler organizzò un putsch, ovvero un colpo
di stato a Monaco di Baviera, ma fu scoperto e messo in prigione.
Vi rimase pochi mesi ma fu lì che, nel 1924, scrisse un libro di
centinaia di pagine che intitolò Mein Kampf “La mia battaglia”.
Il tema di fondo dell’opera era il razzismo. Hitler sosteneva la
presunta superiorità di una inesistente “razza ariana”, formata dai
popoli che parlano lingue indoeuropee, poi all’interno di essa la
superiorità dei Tedeschi e di un gruppo di eroi destinati a dominare
il mondo. A questo destino si opponevano gli ebrei, appartenenti
alla “razza” semitica, esseri pericolosi perché privi di una patria.
Secondo Hitler stavano complottando per distruggere le nazioni. Gli
ebrei andavano separati fisicamente dai Tedeschi perché non li
contaminassero e deportati in una zona abbandonata della terra.
Hitler nutriva poi disprezzo per gli Slavi: occorreva utilizzare il
lavoro degli schiavi slavi per sfruttare le risorse delle regioni a est
della Germania, il cosiddetto “spazio vitale”. Temi correlati del libro
erano il disprezzo per il comunismo e per la democrazia. Nel
suo libro anticipa provvedimenti che, una vola giunto al potere,
attuerà per “purificare” la razza tedesca.
La repubblica di Weimer gradualmente riuscì a far ripartire
l’economia, finchè nel 1930 la Germania non precipitò di nuovo nel
baratro a causa della crisi americana del ’29. Anche in Germania,
come in Italia, le squadre di picchiatori SA (che organizzavano
spedizioni punitive contro comunisti ed ebrei) vennero finanziate da
industriali, agrari, magistratura che ritennero le camicie brune dei
tutori dell’ordine invece che dell’illegalità che devastava il Paese.
Tra il 1932 e il 1933 i socialdemocratici persero la maggioranza in
Parlamento e i Tedeschi dovettero andare più volte alle urne. In
queste votazioni il partito nazista si affermò come il primo partito
tedesco, promettendo un futuro migliore e una grande svolta per il
paese.
Nel 1933 il Presidente della Repubblica Hindemburg nominò Hitler
cancelliere, cioè presidente del Consiglio, come aveva fatto in Italia
il re Vittorio Emanuele III con Mussolini.
Nello stesso 1933 avvenne l’incendio del Reichstag (il palazzo del
Parlamento a Berlino) e i nazisti accusarono del rogo i comunisti.
Il fatto fornì al cancelliere l’occasione per ottenere due scopi:
1) scatenare in tutto il paese la caccia ai comunisti, che furono
rinchiusi nel primo lager costruito (campo di concentramento) di
Dachau;
2) dichiarare la fine dell’attività parlamentare.
Contemporaneamente egli varò Leggi eccezionali che
trasformarono la Germania in uno Stato totalitario:
 i partiti politici furono sciolti e il Partito nazista divenne il partito
unico;
 fu imposta la censura che pose fine alla libertà di stampa e i
giornali di opposizione furono chiusi;
 furono creati due corpi di polizia: quello militare delle SS,
composto da 60000 guardie personali di Hitler a lui devote, e
quello civile della Gestapo, la polizia segreta che obbediva
alle SS e ne eseguiva gli ordini. Entrambi ebbero potere di vita
e di morte sui Tedeschi e nel giro di pochi mesi uccisero o
internarono nei lager gli oppositori.
La posizione del nazismo fu ulteriormente rafforzata nel 1934
dall’assassinio dei capi delle SA, le cui violenze suscitavano lo
sdegno dell’alta borghesia e indebolivano Hitler che voleva
mostrarsi al Paese come garante dell’ordine. Se ne incaricarono le
stesse SS nella “notte dei lunghi coltelli” in cui furono uccise un
centinaio di persone; poco dopo le SA furono sciolte.

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