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Nel terzo e quarto cerchio: i golosi, gli avari e i prodighi

Dante, profondamente turbato dal racconto di Francesca, perde i sensi e quando si risveglia si
trova nel terzo cerchio. Qui i golosi sono sdraiati in un putrido fango sotto una pioggia eterna mista
di acqua, grandine e neve. Il mostro a guardia di questo cerchio è Cerbero, un altro personaggio
mitologico, caratterizzato da tre teste canine e zampe artigliate e da una fame insaziabile. Cerbero
latra senza posa contro le anime e le graffia con le sue unghie uncinate.
Proseguendo il loro cammino, i due poeti si trovano nel quarto cerchio, dove sono puniti coloro i
quali non seppero usare in modo giusto la loro ricchezza: gli avari e i prodighi. Essi sono
condannati a far rotolare con il petto enormi massi. A guardia di questo cerchio vi è un altro
personaggio mitologico: Pluto, il dio della ricchezza.
Nel quinto cerchio: gli iracondi
Dante e Virgilio scendono nel quinto cerchio dove si trovano gli iracondi. Essi sono posti in un lago
paludoso e la loro pena consiste nello stare immersi nelle sue acque putride, azzuffandosi,
colpendosi, insultandosi. Per poter continuare il viaggio, i due viandanti devono attraversare la
palude Stigia, al di là della quale si erge la città di Dite, irta di torri arroventate e guardata a vista
da turbe di diavoli inferociti. Così salgono sulla navicella del demone Flegias, che li traghetterà
sull’opposta riva. Sceso a terra Virgilio parla a lungo con i diavoli, affinché lascino passare anche
Dante, ma inutilmente: la porta viene chiusa in faccia a Virgilio. I due poeti sono immersi
nell’oscurità e nella nebbia, quando appaiono nuovi terribili personaggi: le spaventose Erinni
guidate da Medusa. Le Erinni, figure mitologiche, hanno un aspetto orribile e serpenti al posto dei
capelli. A Medusa la mitologia attribuiva la capacità di far diventare di pietra chi la guardasse in
volto, perciò Virgilio avverte Dante di non guardare e gli copre gli occhi. È necessario l’intervento di
un angelo perché vengano spalancate le porte della città di Dite e Dante e Virgilio possano
proseguire il loro viaggio.
Nel sesto cerchio: gli eretici
I due poeti entrano nella città di Dite. Il sesto cerchio è al di là delle mura e qui si trovano gli eretici,
coloro che hanno professato religioni divere da quella cristiana o si sono posti in contrasto con la
Chiesa. Essi scontano la pena dentro sepolcri infuocati.
Tra il sesto e il settimo cerchio si apre un burrone che Dante affronta scendendo con fatica.
Sotto i suoi piedi rotolano i sassi di un’immensa pietraia su cui è disteso un essere mostruoso: il
Minotauro. Simbolo della violenza, esso è, secondo la leggenda, per metà toro e per metà uomo,
nato da Pasifae, moglie del re di Creta Minosse, e da un toro di cui si era invaghita.
Nel settimo cerchio: i violenti
I due viaggiatori giungono al settimo cerchio, dove si trovano i violenti, suddivisi in tre gruppi.
1) I violenti contro il prossimo sono immersi nelle acque del fiume Flegetonte, un fiume di
sangue bollente. Fra loro si trovano briganti, assassini, tiranni. Lungo le rive ci sono esseri
mostruosi per metà uomini, per metà cavalli, i Centauri, che scagliano frecce infallibili su
quelli che tentano di sollevarsi.
2) I violenti contro se stessi sono coloro che si sono suicidati offendendo così Dio che ha
donato loro la vita. Giunti sull’altra sponda del Flegetonte in groppa a uno dei Centauri,
Dante ode terribili lamenti, ma non vede nessuno, allora Virgilio lo invita a strappare un
ramoscello da un albero. Dal tronco esce sangue e il ramo spezzato reagisce dicendo a
Dante: “Perché mi strappi?”. Gli alberi contorti e grigi, irti di spine, ospitano al loro interno le
anime dei suicidi. Tra i rami scheletrici si annidano le Arpie, personaggi mitologici dal volto
di donna e il corpo di uccello rapace. L’anima che ha parlato è quella di Pier delle Vigne
che visse alla corte di Federico II, fu poeta e ministro dell’imperatore. Per invidia dei
cortigiani fu accusato di tradimento e arrestato. Disperato per l’ingiustizia subita, si tolse la
vita in carcere.
3) Nel terzo settore del settimo cerchio si trovano i violenti contro Dio e le sue leggi. Dante
vede una terra desolata e desertica, sulla quale cade a larghi fiocchi una pioggia di fuoco.
Qui ci sono ad esempio i bestemmiatori, che osarono sfidare Dio e ora giacciono immobili
sotto la pioggia infuocata.
Nell’ottavo cerchio: i fraudolenti
I due poeti sono giunti, camminando lungo la riva del Flegetonte, alla sua formidabile cascata.
Gerione, un mostro dall’aspetto multiforme, in quanto simbolo della frode, li aiuterà a scendere nel
baratro. Il suo volto ha fattezze umane, le zampe sono quelle di un leone, il corpo è quello di un
serpente, la coda è biforcuta come quella di uno scorpione. Scesi dalla groppa di Gerione, i due
poeti si ritrovano in Malebolge, un grande cerchio suddiviso in dieci fossati concentrici (bolge), con
al centro un pozzo profondo. Qui vengono puniti i fraudolenti, coloro che hanno commesso il male
con l’inganno. Attraversando una bolgia dopo l’altra, Dante e Virgilio giungono nell’ottava bolgia,
destinata ai consiglieri fraudolenti. Questi, poiché in vita hanno alimentato la fiamma della
discordia con i loro consigli ingannatori, all’inferno sono condannati a soffrire avvolti nelle fiamme.
Tra questi Dante colloca l’eroe greco Ulisse, in compagnia dell’amico Diomede, suo collaboratore
nell’organizzare l’inganno del cavallo di Troia. Ulisse narrerà a Dante la storia della sua fine,
quando ormai vecchio, spinto dal desiderio di conoscenza, osò sfidare Dio oltrepassando le
Colonne d’Ercole (cioè Ulisse rappresenta chi non riconosce i limiti imposti alla conoscenza da
Dio, con il rischio di andare oltre il mistero della vita e della morte; il male non è nella conoscenza
ma nel voler conoscere oltre i limiti della ragione senza la guida della fede).

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