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Luxemburg Rosa Luxemburg nel 1918 si trovava in prigione, accusata di alto tradimento per la propaganda pacifista condotta dopo

lo scoppio della
guerra, e li scrisse una riflessione sulla rivoluzione russa: avendo a lungo militato nel Partito Socialdemocratico Tedesco, dopo il «tradimento» in
occasione dello scoppio della Grande Guerra, preparò il programma «spartachista» del Partito Comunista tedesco( 1918) in cui veniva rifiutata ogni
pratica di repressione o terrore e ribadita la centralità del principio di maggioranza in una democrazia socialista, con partecipazione attiva del
proletariato. Infatti per la Luxemburg il concetto di «dittatura del proletariato» andava inteso come «opera della classe che doveva sorgere dalla
partecipazione attiva delle masse»;sottolineò le potenzialità degli scioperi di massa e accolse positivamente la nascita dei soviet in Russia ma
contestò da subito la concezione leniniana del partito, definita «ultracentralistica>> e elitaria poiché già conteneva la forma autoritaria del futuro
Stato sovietico. La luxemburg sosteneva che l’idea leniana di Stato socialista assomigliava ad uno capitalista, diventando cioè uno strumento di
dominio di una classe sull’altra, e pensava che era assolutamente necessaria una continua istruzione politica delle masse popolari: infatti scrisse nel
programma della cosiddetta Lega di Spartaco che per avere una società senza sfruttati e sfruttatori, dove la forma del lavoro abbandoni il sistema
salariale per un principio cooperativo, occorre che la popolazione agisca in autonomia senza essere diretta da altri (emancipazione della classe
operaia).Per sgominare lo spartachismo il partito socialdemocratico tedesco accetterà l’appoggio dell’esercito imperiale, dei corpi paramilitari e
della borghesia tedesca, la quale si rese conto nel dopoguerra, che sostenere l’operato dei socialisti «moderati» era l’unico modo per salvare le
strutture del precedente regime.
La Repubblica di Weimar La repubblica tedesca prese forma a partire dal 1919 rendendosi protagonista di una durissima repressione nei confronti
degli “spartachisti”: era una repubblica federale, dotata di un Parlamento (il Reichstag) con potere legislativo a cui rispondeva il cancelliere
nonostante il ruolo più importante era riservato al presidente, eletto direttamente dal popolo, che era capo del governo e che poteva
eccezionalmente anche sospendere le libertà civili, scavalcando le prerogative del Parlamento. La nuova carta costituzionale che stava alla base
della nuova repubblica era un compromesso che portava diversi sviluppi: o una repubblica pluralistica con una forte connotazione sociale o uno
stato con tratti autoritari e presidenzialistici. La struttura della Repubblica di Weimar presentava un dualismo Parlamento-Presidente, a vantaggio
del secondo, che poteva sciogliere il parlamento, appellarsi al popolo contro di esso indicendo nuove elezioni, nominare il cancelliere del Reich e i
ministri. Un tale sistema di controlli incrociati degli organi costituzionali poteva funzionare solo se questi conservavano la loro capacità di agire
collaborando, sennò il presidente del Reich, che aveva il comando supremo dell’esercito, ricorreva ai poteri straordinari delineando una sorta di
“costituzione di riserva” cui attribuiva il potere di proclamare lo stato di emergenza e di governare per decreto. La situazione economica in cui fu
costretta a barcamenarsi la repubblica tedesca fu gravosa a causa soprattutto delle clausole punitive di pace che vennero imposte al paese da
Francia e Inghilterra e nel 1923 i ritardi tedeschi nel pagamento delle riparazioni di guerra indussero la prima a occupare per ritorsione il bacino
della Ruhr, importantissimo per l’economia tedesca. I tedeschi risposero con la resistenza passiva ed una serie di scioperi repressi con la forza da
parte delle truppe francesi che ebbero anche gravi ripercussioni economiche, che fecero sembrare le forze di governo della Repubblica incapaci di
far fronte alla situazione, alimentando l’attrazione della popolazione nei confronti di forze politiche estremiste. Fu proprio nel 1923 che Hitler tentò
un improvvisato colpo di stato che gli costò cinque anni di carcere, poi nel 1924 la situazione, a livello economico, migliorò leggermente grazie
all’adozione del Piano Dawes (dilazione del pagamento dei risarcimenti e prestiti americani) finquando nel 1925 fu eletto presidente della
Repubblica il maresciallo Hindenburg, ex capo di stato maggiore durante la guerra e massimo esponente della destra conservatrice, nazionalista e
monarchica, che usò le prerogative concesse dalla Costituzione sino a far votare nel 1932 dal Parlamento solo 5 leggi contro i suoi 59 decreti. In
questo clima, il nazismo, a partire dal 1928 vedrà molti consensi e 5 anni dopo prenderà il potere. A livello politico questo fu anche l’esito di un
malcontento sempre crescente verso la Repubblica di Weimar: i gruppi sociali più colpiti dalla crisi economica, attribuirono la responsabilità delle
loro misere condizioni di vita non al Reich imperiale che l’aveva scatenata, ma alla Repubblica che doveva gestirla. Fino al 1925 fu Ebert, il leader del
Partito socialdemocratico tedesco, il Presidente della Repubblica, poi fu Hindenburg (capo militare del Reich tedesco nella prima guerra mondiale,
esponente dell’aristocrazia terriera prussiana, di tendenze politiche ultraconservatrici e filomonarchiche) a cui successe Hitler che cumulò la carica
di cancelliere a quella di presidente del Reich; fino al 1930 la vita politica della Repubblica fu un susseguirsi di crisi di governo e di trattative fra i
partiti per la formazione di nuove coalizioni. Dal 1919 al 1923 si erano avvicendati governi retti da “grandi coalizioni” come Spd, poi dal 1923 al 1928
non fece più parte delle coalizioni di governo di centro-destra e l’esito delle elezioni del 1928 indusse tali partiti di centro-destra a rivedere il loro
atteggiamento di tolleranza nei confronti della repubblica, per non lasciarla nelle mani della sinistra. Poi la crisi economica del 1929 provocò in
Germania una crisi politico-istituzionale che vide l’avvicendarsi di “governi presidenziali” basati sulla tutela delle élite tradizionali e sull’appoggio
delle forze militari per superare le oscillazioni repubblicane e instaurare un più stabile regime autoritario. A Luglio 1932 le lezioni presidenziali
rielessero Hindendburg presidente con il 53% dei voti e Hitler che era il suo diretto antagonista ottenne il 37%;Hindenburg diede l’incarico di
governo a von Papen, un aristocratico che era stato ufficiale durante la prima guerra mondiale, in stretti rapporti con gli industriali della Saar,
membro della presidenza di gruppi di interesse legati alla grande proprietà terriera, la sua proposta era un “governo nazionale” che intendeva dare
vita a un nuovo Stato e a una società gerarchica fondati sul riconoscimento incondizionato dell’autorità statale. Dopo le elezioni di novembre Papen
si dimette dimostrando che un autoritario “governo del presidente” non poteva reggersi senza contare sull’appoggio di un movimento di massa e le
sue concessioni al partito hitleriano avevano innescato una spirale di violenza che portò il paese sull’orlo della guerra civile, cosicchè Hindenburg si
giocò la carta del cancellierato a Hitler: i nazisti avevano 196 seggi contro i 121 dei socialdemocratici e i 100 dei comunisti e Hitler inoltre promise di
intavolare trattative con il Zentrum per l’allargamento della base parlamentare dell’esecutivo. Il governo Hitler entrò in carica il 30 Gennaio 1933
come un normale “governo del Presidente”, ma tutti erano consapevoli della sua intenzione di dittatura. I funzionari statali furono costretti a
schierarsi con il governo, la polizia venne allineata con l’immissione di personale di sicura lealtà, le SA vennero trasformate in “polizia ausiliaria”, ci
fu il divieto di stampa per ridurre al silenzio socialdemocratici e comunisti. Quanto al Zentrum, ad alcuni dei suoi esponenti di spicco venne di fatto
impedito di prendere parte alla campagna elettorale e Hitler ,per formare il nuovo governo, aveva bisogno della Dnvp (Partito popolare nazionale
tedesco). I partiti di centro-destra cominciarono gradualmente a ripiegare di fronte alla crescenti intimidazioni del governo e dei nazisti; A luglio il
Partito Popolare Bavarese, in seguito all’arresto di molti dei suoi membri, decise il proprio scioglimento, seguito il giorno dopo da un analogo
annuncio dello Zentrum, e stessa decisione fu presa da Dstp e Dvp. Poco dopo la messa al bando dei Partito Socialdemocratico venne emanata una
legge contro la formazione di nuovi partiti, che trasformava il partito nazionalsocialista in partito di stato. Dopo che Hugenberg (esponente della
Dnvp) fu costretto a rassegnare le dimissioni dalla carica di Ministro dell’Economia, il Partito Popolare Nazional Tedesco proclamò il suo
autoscioglimento e molti dei suoi esponenti entrarono nel partito nazista. Perfino più facile risultò l’abrogazione pseudolegale della Costituzione
repubblicana: l’incendio del Reichstag arrivò come “un dono del cielo” e la mattina seguente venne promulgato il “decreto del presidente del Reich
per la protezione del popolo e dello stato” che abolì tutti i diritti dell’uomo e del cittadino e trasferì al Reich tutte le competenze di polizia per
riportare l’ordine e la sicurezza pubblici.
L’immediato dopoguerra e le origini dell’ideologia fascista La guerra,l’esasperazione nazionalistica della borghesia, l’entusiasmo delle masse operaie e
contadine per la rivoluzione bolscevica provocarono episodi di guerra civile che crearono una profonda crisi di potere: la classe dirigente liberale fu incapace di
gestire l’irruzione delle masse nella politica, la crisi economica e le tensioni sociali del biennio rosso (1919-20), finchè esplose un conflitto di classe mai visto
prima nel paese che portò i socialisti a voler “fare come la Russia”. Tra il 1919 e il 1922 vi fu una rapida successione di governi che aumentò la sfiducia verso
lo Stato liberale anche nella classe borghese e nei ceti medi verso i socialisti, fin quando intervenne Mussolini, mostratosi dotato di qualità carismatiche del
capopopolo capace di adattarsi agli umori che emergevano dalle masse, per perseguire un potere personale autoritario: nel 1914 assunse, come direttore del
giornale socialista Avanti, un atteggiamento rivoluzionario, incitando il proletariato alla lotta contro lo Stato borghese, dopo passò all’opposta sponda, partecipò
alla guerra e, congedato nel 1917per infortuni, si ripresentò all’opinione pubblica come paladino dell’irredentismo reclamando l’annessione delle terre
considerate italiane in mano straniera: in quest’occasione ci fu la conversione dal socialismo marxista e internazionalista ad un nazionalismo rivoluzionario che
affermava il primato della nazione sulle classi e la necessità della collaborazione di classe per accrescere la potenza della nazione. Dopo la guerra, di fronte al
caos, Mussolini propose di ricostituire una solidarietà collettiva nel mito della nazione, a suo dire andava ridiscusso tutto e l’unica discriminante era diventata il
fatto d’avere o no preso parte alla guerra,ritenuta uno dei presupposti del fascismo: nelle trincee e fra i combattenti presero vita idee, simboli e atteggiamenti
tipici del fascismo. Mussolini fu un abile interprete di questo nuovo scenario, lo tenne vivo con un’intensissima attività oratoria, ospitando sul Popolo d’Italia, il
nuovo giornale, gli sfoghi degli ex combattenti fra cui nacquero alcuni motivi caratteristici dell’ideologia fascista: Il giornale di Mussolini divenne il portavoce
dei sentimenti e delle aspirazioni dei reduci, contribuì a diffondere quei motivi antiparlamentari che diventeranno il nucleo dell’ideologia fascista. La possibilità
di un rinnovamento politico appariva innanzitutto come una nuova via alla soluzione dei problemi sociali, era l’indicazione di una terza via che sarà idealmente
un motivo ricorrente dell’ideologia sovversiva fascista che esaltava il ruolo avuto nella “Grande guerra” dalle aristocrazie guerriere degli arditi. Un altro gruppo
che aveva un’ideologia elaborata, cui attinsero anche i fascisti, era quello dei futuristi, sorti come avanguardia artistica ma, che per opera di Filippo Tommaso
Marinetti avevano formulato un’ideologia contro l’ordine borghese, in nome del progresso e del futuro. Già nel primo manifesto futurista Marinetti aveva
affermato che esaltano il patriottismo, che cantiamo la guerra, sola igiene del mondo, nobile bagno di eroismo, senza cui le razze si addormentano nell’egoismo
accidioso.Libero da legami con altri partiti il fascismo sospendeva il suo relativismo solo di fronte a due principi indiscutibili: l’accettazione del principio della
nazione come valore supremo e la lotta ad oltranza contro il bolscevismo che per Mussolini e seguaci era sostanzialmente chi operava contro la nazione,
sminuendo il valore della vittoria bellica e la grandezza della patria. Mussolini era arrivato alla convinzione che non ci fosse più una contrapposizione fatale fra
borghesia e proletariato, perché l’interventismo e la guerra avevano creato nuove divisioni e schieramenti di forze; in ogni caso va sottolineato che il fattore
preponderante del successo fascista fu grazie all’aspetto antisocialista, che trovò la sua concreta espressione nello squadrismo agrario. All’inizio del marzo 1919
lanciò il suo appello ai reduci per dare vita ai Fasci di combattimento: il termine fascismo derivava dal simbolo romano del fascio littorio e nel linguaggio
politico era inizialmente usato per indicare un’associazione senza strutture di partito. Esso inizialmente si proclamava antidogmatico, anticlericale e
repubblicano, con riforme istituzionali, economiche e sociali molto radicali, disprezzava il Parlamento e la mentalità liberale, esaltava l’attivismo delle
minoranze, praticava la violenza e la politica della piazza per sostenere le rivendicazioni territoriali dell’Italia e per combattere il bolscevismo e il Partito
socialista. Le elezioni del 16 novembre 1919 danno una vita a uno scenario parlamentare complicato per la vecchia dirigenza liberale: i socialisti ottengono un
notevole successo portando alla Camera 156 deputati e il neonato movimento fascista ottiene un insuccesso elettorale con poche migliaia di voti e nessun
deputato. I fascisti, nonostante ciò, di lì a poco, avrebbero visto aumentare di molto la loro presenza nel paese: infatti gli eventi del “biennio rosso” avrebbero
spinto Mussolini ad abbandonare il radicale programma del 1919 per proporsi come leader di una formazione politica che facesse gli interessi della borghesia
produttiva e dei ceti medi che non si riconoscevano più nello Stato liberale. Fra giugno e luglio del 1919 le principali città italiane furono teatro di una serie di
violenti tumulti contro il caro-vita, tra il 1919 e il 1920 sono diversi milioni gli operai e i braccianti che scendono in sciopero per ottenere specifici obiettivi
sindacali e perché “vogliono fare come in Russia”. Alla fine dei numerosi scioperi del 1920, i proprietari devono piegarsi e accettare “l’imponibile sino a
denunciare con notevole intensità la gravissima menomazione subita alla propria libertà imprenditoriale. Alla fine dell’anno gli industriali e i proprietari terrieri
sono sia spaventati che furiosi, hanno dovuto cedere alla libertà di gestire le aziende secondo i criteri ritenuti economicamente più adatti e dato che i governi
liberali si sono rifiutati di intervenire a loro sostegno, numerosi imprenditori e “agrari” cominciano a pensare che fosse necessario ricorrere a una forza armata
privata, per allontanare scioperanti o manifestanti, ed eventualmente per proteggere coloro che non aderivano agli scioperi: cominciano a rivolgere la loro
attenzione a varie formazioni politiche tra cui, quella dei Fasci di combattimento mussoliniani, diventerà la formazione leader. Così iniziarono a diffondersi le
squadre d’azione fasciste, gruppi agguerriti di ex combattenti, che iniziano una lunga e sanguinosa stagione di scontri con i socialisti, i sindacalisti ecc. Tra il
1920-22 lo squadrismo diventa una realtà politica: imprenditori,opinione e forza pubblica, proprietari terrieri, esercito lo elogiano per i suoi effetti benefici
sulla decrescita degli scioperi. I fascisti affermavano di voler rilanciare la grandezza della nazione eliminando ogni possibile divisione sociale o politica che
potesse infrangere la compattezza nazionale cosicchè i dirigenti fascisti presentarono l’azione violenta dello squadrismo contro i socialisti come un modo per
ristabilire l’unità e la compattezza della nazione. Le offensive sempre più violente degli squadristi fascisti furono così giudicate da borghesi e liberali come una
“sana reazione” contro i sovversivi rossi; il fascismo dunque apparve il difensore della borghesia produttiva e dei ceti medi, che lo trasformarono in un
movimento di massa con un proprio dinamismo e con ambizioni politiche che lo spinsero al di là della funzione contingente di strumento della reazione
antiproletaria.

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