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L'IMPERIALISMO

Gli anni compresi tra la nascita del Reich tedesco (1871) e la prima guerra mondiale (1914)
corrispondono ad un periodo storico che viene chiamato “età dell’imperialismo”. Tutti gli storici
concordano sul fatto che l’elemento più tipico di questo periodo sia stata proprio la logica di
potenza e la corsa di tutte le principali potenze alla conquista del cosiddetto “posto al sole”, cioè di
territori su cui esercitare un vero e proprio dominio, su cui costruire un vero e proprio impero.
Ricordiamo che il fenomeno dell’imperialismo fu strettamente connesso a quello dello sviluppo
industriale, infatti le nazioni protagoniste furono le potenze economiche della II Rivoluzione
industriale: Gran Bretagna, Francia, Belgio, Germania, Stati Uniti ma anche Russia, Giappone,
Olanda ecc che insieme arrivarono a controllare l’80% del mercato mondiale. Questi Stati
vantavano non solo una indiscussa forza economica ma anche una supremazia militare e
tecnologico-scientifica senza confronti.

Il termine "imperialismo" fu coniato in Francia in riferimento ai disegni egemonici di Napoleone


III, si affermò poi in Gran Bretagna per indicare il programma di espansione coloniale che portò la
regina Vittoria ad essere proclamata imperatrice delle Indie nel 1876. Subito dopo, il termine entrò
nell'uso comune come sinonimo dell’espansione europea di fine ottocento e della politica di potenza
e di conquista territoriale su scala mondiale tipica delle grandi Nazioni. In generale, l'Imperialismo
rappresentò la tendenza degli stati europei (e non solo) a proiettare più aggressivamente verso
l'esterno i propri interessi economici, la propria immagine nazionale e la propria cultura.

Si trattava di un fenomeno radicalmente nuovo rispetto al vecchio colonialismo. L'imperialismo infatti, si


differenzia dall'antico Colonialismo: 1) per avere un carattere più marcatamente violento. In questo senso,
l'imperialismo può essere considerato una forma di colonialismo fanatico ed esasperato, sorretto dalla logica
di potenza e dalla volontà di creare per il proprio paese veri e propri imperi coloniali. Parole d'ordine
dell'Imperialismo diventano: assoggettamento politico e sfruttamento economico sistematico. 2) Si
conquistano nuovi territori non per creare colonie di popolamento ma per sfruttare, sottometterle ed
arricchirsi. 3) L’iniziativa non spetta più a compagnie commerciali o a privati ma direttamente agli Stati con
le proprie istituzioni (eserciti, funzionari ministeriali, burocrazia). 4) Le colonie nate con l'imperialismo non
sono più colonie di popolamento ma appunto, di sfruttamento; i territori vengono completamente annessi dal
punto di vista giuridico e amministrativo. 5) Inoltre, rispetto al passato, l’imperialismo fu un fenomeno molto
più frenetico e “mondiale”, basti pensare che nell’intero continente africano solo l’Etiopia riuscì
(momentaneamente) a mantenere la propria indipendenza, e in Asia, solo il Giappone conservò la piena
sovranità politica ed economica. Nel 1914, alla vigilia della prima guerra mondiale, gli imperi delle potenze
coloniali sfioravano complessivamente i 30 milioni di km quadrati, soltanto sotto il dominio inglese
vivevano più di 450 milioni di persone.

Le principali cause dell'imperialismo in sintesi, possono essere considerate: politiche (= prestigio nazionale),
economiche (mano d’opera a costo zero, materie prime e nuovi mercati) e ideologiche (vedi Kipling, il
fardello dell’uomo bianco e Conrad con Cuore di tenebra, ma anche tutte quelle teorie pseudo scientifiche
che iniziavano ad affermare la superiorità della razza bianca anche da un punto di vista biologico).
L’imperialismo nasceva dall’esigenza di trovare nuovi mercati, nuovi sbocchi per i manufatti che non era più
possibile vendere sul mercato nazionale interno ma evidenti erano anche le cause politiche: il desiderio di
aumentare il proprio prestigio nazionale. Dunque una strategia di potenza finalizzata a mostrare ad altri Stati
la propria forza e le proprie caratteristiche belliche. Le grandi nazioni impegnate nell’imperialismo
cominciarono ben presto a sgomitare e a sbranarsi a vicenda in una aggressiva logica di competizione e
aggressività (fatto dimostrato poi dallo scoppio della prima guerra mondiale).

Non si dimentichi, inoltre che l’esperienza imperialistica preparò la strada ad alcuni brutali meccanismi tipici
dei regimi totalitari del Novecento: l’uso sistematico della violenza, lo sfruttamento della mano d’opera sino
allo sfinimento degli operai indigeni, le uccisioni sommarie, l’istituzione di veri campi di concentramento (si
incomincia a parlare di lager dal 1905) per internare i ribelli e anche i primi genocidi dell’epoca
contemporanea. A tal proposito, si distinsero i tedeschi che nel 1884 per schiacciare i ribelli herero, una
popolazione della Namibia, e strappar loro i tutte le terre coltivabili, decisero di eliminarli fisicamente. Le
guerre condotte dalle grandi potenze furono quasi sempre “asimmetriche” cioè, c’era una netta sproporzione
tra gli schieramenti contrapposti sia per la quantità che per la tecnologia dei mezzi bellici (cannoni, fucili a
ripetizione, proiettili dum-dum). Solo in due casi ci fu una relativa proporzione e si combatterono guerre
“simmetriche”: in Sudafrica nella guerra che gli inglesi vinsero nel 1902 contro i boeri e quella vinta dai
giapponesi nel 1904-1905 contro i russi per l’occupazione della Manciuria e il controllo della Corea.

Inoltre, l’Imperialismo può essere considerato come il fenomeno di avvio del processo di creazione di
un’unica economia globale man mano estesa agli angoli più remoti del mondo, attraverso la rete sempre più
fitta di operazioni economiche, comunicazioni e movimenti di merci, denaro e persone che collegava i paesi
sviluppati con quelli sottomessi.

Bisogna anche ricordare che l’Imperialismo fu causa di molteplici tensioni e rivalità fra le nazioni in
competizione per il dominio coloniale sul mondo, tanto da poter essere annoverato tra le numerose cause
scatenanti il primo conflitto mondiale.

Infine, le forme del dominio imperiale furono diverse: la colonia (= territorio completamente assoggettato
sia dal punto di vista economico che politico per esempio il Sudafrica inglese), il protettorato (= territorio a
cui si dava pseudo libertà di governo ma assoggettato economicamente per esempio l’India inglese) e la zona
d'influenza (= territorio troppo vasto per essere dominato su cui si imponeva comunque un certo controllo
economico per esempio la Cina sotto l’influenza dell’Inghilterra e del Giappone).

Tutte le grandi potenze europee, tranne l'Austria-Ungheria, si trovarono coinvolte nella competizione
coloniale. Protagoniste dell'imperialismo furono sopratutto: Francia, Inghilterra, Olanda, Belgio, Italia,
Germania, Giappone, Stati Uniti e la Russia zarista. Le direttrici principali dell'espansione imperialista
furono: l'Africa, l'Asia e l'America latina.

Per gli esempi più particolareggiati si veda pag. 15 del manuale vol. 3 e la cartina a pag. 16

Per quanto riguarda l'Italia, iniziò la sua avventura imperialistica nel 1869 quando fu acquistata, attraverso
una compagnia privata la Baia di Assab, sul mar Rosso, nell'Africa orientale. Successivamente, con De
Pretis, nel 1880 si occupò la città di Massaua e da qui si tentò di espandere i confini italiani verso l'entroterra
etiope; ma le nostre truppe, una colonna intera di 500 soldati, furono brutalmente sconfitti a Dogali nel 1887.
Questa onta (vergogna) da cancellare fu l'obiettivo della politica estera di Francesco Crispi che dopo aver
riordinato i territori italiani nella colonia di Eritrea, firmò un trattato con l'Etiopia: il trattato di Uccialli nel
1889. Purtroppo questo trattato di natura economica fu furbescamente male interpretato dal governo italiano
che introdusse nuovamente delle truppe nel territorio etiope nel tentativo di imporre una sorta di protettorato
a cui il re etiope Menelik rispose con la forza. Si andò così incontro alla seconda e vergognosa disfatta che si
consumò ad Adua, nel 1896 dove i morti e i feriti furono migliaia e dove le responsabilità furono sopratutto
l’arroganza e l’improvvisazione del governo italiano. Successivamente toccò a Giolitti coltivare l'aspirazione
espansionistica italiana con la conquista della Libia, un vero “scatolone di sabbia”. Ci volle una guerra di un
anno (1911-1912) con l'impero turco per ottenere solo le regioni costiere della Cirenaica e della Tripolitania.
E poi, solamente durante il fascismo, con la sottomissione completa della Libia e la successiva conquista
dell'Etiopia nel maggio 1936, l'Italia poté proclamare Vittorio Emanuele III Imperatore.

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