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PRIMA DELLA GRANDE GUERRA la situazione era abbastanza complessa: 1Incominciarono a rompersi gli equilibri all'interno dell'impero asburgico

2I nazionalismi si risvegliarono 3L'Europa era divisa in due grandi blocchi: Triplice Intesa e Triplice Alleanza
4L'impero asburgico, a differenza delle altre potenze che facevano leva sull'industrializzazione, era rimasto arretrato, basato sull'agricoltura
5La situazione interna era fortemente tesa a causa delle diverse nazionalità rivali che volevano raggiungere l'indipendenza dall'impero.
La situazione venne risolta con il sistema della duplice monarchia, ossia una monarchia ungherese e una austriaca, ma l'accordo privilegiava gli ungheresi e
lasciava fuori le altre etnie come cechi e slavi del sud, ossia serbi e croati: il movimento dei Giovani Cechi, era contro la germanizzazione attuata dalla monarchia
austriaca. Gli slavi del sud invece volevano l'indipendenza e seguivano il progetto politico della Serbia che voleva annettere altri gruppi etnici di origini slave per
allargare la Serbia stessa e impedire l'espansione austriaca e per ridurre il dominio ottomano. In particolare, vediamo l'organizzazione segreta dell'ufficiale serbo
APIS "la mano nera" (ispirato ai moti carbonari italiani del 68, mano nera per il carbone) che si adoperò per questo. Il progetto serbo era appoggiato dalla classe
dirigente viennese, in particolare dall'arciduca Francesco Ferdinando. Ciò si formalizzò nel progetto trialistico che prevedeva di: 1staccare gli slavi del sud
dall'Ungheria 2Lasciare il governo agli austriaci e all'esercito nazionale 3garantire autonomia al gruppo tedesco, slavo e ungherese. Gli slavi volevano però
costruire uno stato indipendente e arrivarono ad imporre la propria volontà all'impero austriaco attraverso atti terroristici.
Contemporaneamente nella regione Balcanica sotto il dominio turco in declino, frammentato e più arretrato dell'impero asburgico, più territori volevano autonomia
e indipendenza per creare il proprio territorio. Era nato un movimento politico indipendentista turco nei confronti della monarchia ottomana chiamato “Giovani
Turchi", ispirati dalla giovine Italia di Mazzini, con lo scopo di modificare il governo in monarchia costituzionale.
L'Austria, ne approfitta della rivoluzione e si impossessa della Bosnia Erzegovina sulla quale aveva il protettorato. Quando poi Serbia, Russia e Italia protestarono
contro questo, la Germania diede il suo appoggio all'Austria in caso di un'alleanza tra Russia (che guardava con mire espansionistiche all'area balcanica) e Serbia.
La Russia però non fece nulla per contrastare questo e si alleò con Gran Bretagna e Francia. Si incominciano quindi a delineare i due grandi schieramenti del
continente. La situazione si inasprì, la presa della Libia nel 1912 da parte dell'Italia aggravò la situazione dell'impero ottomano che venne totalmente piegato dopo
le guerre balcaniche. Serbi e Bulgari non riuscirono a dividersi la Macedonia e ciò diede luogo ad un nuovo conflitto, quello che venne chiamato conflitto
fratricida, da cui la Bulgaria perse parte del suo territorio, la Serbia invece uscì vincente e diventò la più grande potenza balcanica.

PERCHE’ GRANDE? 1Numero di stati partecipanti 2Partecipazione di massa, una mobilitazione enorme, vediamo infatti due fronti: uno esterno costituito dai
soldati combattenti e uno esterno che rappresentava l'insieme delle persone che lavoravano per i soldati 3Enorme dissanguamento causato dalle armi micidiali
4grandi perdite di vite umane.
David George lo definisce come "il più grande evento della storia dopo il diluvio universale" in quanto doveva decretare una nuova era nella quale doveva essere
estirpata la parola guerra, doveva essere l'ultima guerra. Guerra che ha decretato il trionfo dell'imperialismo nel mondo e che ha posto fine alla grandezza
dell'Europa che si era sempre sentita al centro del mondo (eurocentrismo) finché non entrarono in guerra gli USA nel 1917 dimostrando al loro forza politica,
economica e militare, ridimensionando la stessa Europa. Definita anche "grande illusione" perché ci si voleva liberare dalla corruzione che invece non fece altro
che acuirsi.

MOVIMENTI PACIFISTI Vi furono però voci pacifiste, che non volevano la guerra come: Socialisti con lo slogan "guerra alla guerra" che consideravano il
conflitto come un evento estraneo agli interessi del proletariato e voluto dai capitalisti, per affermare l'imperialismo. Nel settembre del 1915, a guerra iniziata,
socialisti pacifisti e i paesi rimasti neutrali (Olanda, Svizzera e Svezia) organizzarono una conferenza internazionale dove si ribadì la condanna della guerra e si
chiese una pace senza annessioni e indennità. Lenin ipotizzò il passaggio della guerra a rivoluzione proletaria. Papa Benedetto 16 chiede che venga sospesa
l'inutile strage. Il suo intervento venne accolto in modo discordante: ingerenza indebita nelle cose dello stato in un momento delicato; socialisti esaltano la sua
posizione.

CAUSE 1GM Cause politiche: desiderio di rivincita dei francesi nei confronti dei tedeschi, rivalità austro-russa per il predominio nei Balcani, malcontento delle
varie nazionalità all’interno dell’impero austro-ungarico, crisi dell’impero ottomano, presenza di due schieramenti: alleanza (germ-aus-ita) e intesa (granb-fran-
russ).
Cause economiche: rivalità economica tra Gran Bretagna e Germania, necessità per le potenze industriali di espandere il proprio mercato e garantirsi il
rifornimento delle materie prime.
Cause militari: politica militarista delle grandi potenze, corsa agli armamenti degli stati europei industrializzati. Cause culturali: diffondersi del nazionalismo,
tesi razziste che volevano salvaguardare l’identità nazionale da ogni contaminazione con razze ritenute inferiori, darwinismo che convinse che la guerra fosse
l’equivalente della lotta per la sopravvivenza, i giovani che vedevano nella guerra una possibilità di cambiare paradigma, esaltazione della guerra ad opera di
movimenti culturali (ex futurismo).

LE DONNE IN GUERRA È doveroso ricordare anche il sacrificio di chi non ha combattuto in prima linea ma che ha sopportato ugualmente gli stessi disagi, le
stesse fatiche, gli stessi lutti: le donne, che venivano sottopagate, dovevano occuparsi della famiglia e non avevano diritto di voto (tranne in Australia, Finlandia e
Nuova Zelanda). 2000 Infermiere volontarie, giornaliste, cameriere, postine, tranviere, contadine ma anche e soprattutto operaie. Le donne occupate nelle
fabbriche italiane, che nel 1915 sono solo 23.000, alla fine della guerra diventeranno ben 198.000. Eppure, il loro ruolo non verrà mai pienamente riconosciuto.
Ricordiamo Maria Bergamas, una delle tante madri ad aver perso il figlio, che disertò dall'esercito austroungarico per combattere per l'Italia. A lei venne affidato il
compito di scegliere la salma del milite ignoto che poi verrà seppellito sotto l'altare della patria a Roma. Anche se l'Italia non partecipò al primo anno di guerra, le
italiane partecipano alle discussioni sull'interventismo: le socialiste dicono no, repubblicane e democratiche danno vita al Comitato Nazionale Femminile per
l'intervento italiano. La presidentessa Spalletti promuove un censimento per capire quante di loro avrebbero dato un aiuto e se ne rivelarono 2000 circa. Queste
seguirono un corso di formazione di economia domestica e infermieristica. Le più emancipate erano le donne inglesi che attraverso i cinegiornali, insegnano a
ingegnarsi nelle ristrettezze della guerra. In Italia, oltre al cinema, anche le giornaliste divulgano che per le donne sia gusto dare la loro parte. Margherita Safatti,
letterata socialista e poi mussoliniana, con "La milizia femminile in Francia" esalta l'organizzazione delle donne d'oltralpe. Donne francesi ed inglesi sono in prima
linea e dopo anche le italiane. La donna appare nei manifesti, nelle propagande, nel cinema come emblema della patria violata. Le madri, le mogli, aspettano
lettere che non arrivano, vivono nell'ansia e nella preoccupazione, nel dolore, nella miseria. Ogni giorno arrivavano dalle trincee feriti in condizioni atroci, il
lavoro delle infermiere aiuta quello dei medici di guerra. Si interveniva sugli arti colpiti amputandoli. Colei che rese le operazioni meno dolorose fu la polacca,
vincitrice di due premi Nobel, Marie Curie, che scoprì il radium e fondò la radiologia. C'erano le madrine di guerra, donne che spedivano pacchi e lettere ai soldati
poveri o senza famiglia per non farli sentire abbandonati. Ad un certo punto le donne vennero temute, perché usate con la prostituzione per diffondere una malattia
batteriologica. Tra le donne americane, Anna Coleman apre a Parigi un laboratorio di maschere e protesi. Si diffonde la figura della Femme Fatale, capaci di
sedurre e ingannare intere nazioni, figura incarnata dalla regina delle spie tedesche Mahat Ahari, che venne condannata a morte. Finita la guerra torneranno tutte ad
essere solo madri, mogli o vedove.
CONDIZIONE SOLDATI La Prima guerra mondiale fu segnata dall’uso della trincea, un fossato scavato nel terreno, utilizzato inizialmente per offrire riparo dal
fuoco nemico successivamente come rifugio. Nonostante i ripari, gli uomini soffrivano il caldo, il freddo, il vento, la pioggia e talvolta erano immersi nel fango. I
combattenti dovevano sopportare condizioni estreme di vita: l’approvvigionamento del cibo per le truppe di prima linea era molto difficoltoso. Le condizioni
igieniche erano pessime: i soldati tenevano gli stessi vestiti per molte settimane, ospitando pulci e pidocchi; per i bisogni fisiologici venivano scavate latrine. La
mancanza di igiene trasformò le trincee in ricettacoli di topi, che rosicchiavano i cadaveri e tormentavano i vivi danneggiando l’equipaggiamento e le riserve di
cibo. Frequenti erano le epidemie, in particolare di colera, malaria e la dissenteria.
I soldati dovevano convivere costantemente con la tragica presenza della morte. Cadaveri di compagni e nemici restavano davanti a loro per più giorni e talvolta
per sempre; poteva anche accadere che le granate colpissero i cimiteri improvvisati. La loro resistenza nervosa ero messa a dura prova dai bombardamenti
dell’artiglieria, però il momento peggiore era l’assalto alle trincee nemiche. La paura colpiva gli individui in modo differente manifestandosi in vari modi:
singhiozzo, tremori, diarrea, vomito, ribellione, diserzione, follia o suicidio.
Grazie al coraggio, fra i commilitoni regnava una solidarietà che permise loro di continuare a lottare. La loro tenacia viene spiegata anche con l’attaccamento alla
nazione; però non era sempre patriottismo, risultati spesso obbedivano solo perché non potevano agire diversamente: il comandante aveva diritto di vita o di morte
sui suoi subordinati. Evidentemente il sentimento nazionale non era sufficiente, se si ricorreva a questo apparato repressivo. Solo per piccoli gruppi di combattenti,
come gli arditi italiani, impiegati per azioni più rischiose, la guerra rimase fonte di esaltazione. I soldati subivano una pressione psicologica che li indusse a
continuare a combattere: chi disertava difficilmente trovava rifugio.

ARMI Oltre alle armi tradizionali come artiglieria pesante, fucili automatici e mitragliatrici, i soldati potevano utilizzare nuove armi e applicazioni tecnologiche.
Le armi chimiche erano gas sottoforma di bombole lanciate verso le trincee avversarie: il loro effetto era la morte per soffocamento o avvelenamento. Nel caso del
gas mostarda si aggiungevano piaghe e ustioni. Per primi i gas vennero utilizzati dai tedeschi. Contromisure: maschere antigas. Vennero fornite alle forze armate
mezzi per il trasporto più rapido di truppe o rifornimenti, o dei feriti grazie alle autoambulanze. La radiofonia permise lo sviluppo dei mezzi di telecomunicazione,
essenziali per coordinare le azioni e accelerare l’invio di informazioni. Un impatto più limitato ebbe l’aviazione: velivoli militari, utilizzati per l’osservazione
dall’alto dei teatri di battaglia o per bombardamenti su settori circoscritti. Il carrarmato fu scarsamente utilizzato e dapprima comparvero le autoblindo: autocarri
dotati di mitragliatrici però adatti solo alla circolazione su strada. Nella guerra navale fece la sua comparsa il sottomarino, un’arma micidiale.

POPOLO E PROPAGANDA Anche le popolazioni civili furono coinvolte nel conflitto. Per molti chilometri attorno al fronte cadevano bombe e la popolazione
doveva lasciare le proprie case e le terre. Coloro che si trovavano in un paese straniero venivano sottoposti alla confisca dei beni e a vari gradi di detenzione. Le
minoranze etniche furono sottoposte a rigidi controlli perché sospettate di tradimento. Inoltre, si ebbero pesanti limitazioni della libertà personale, razionamento
del cibo, rialzo dei prezzi, diffusione di epidemie. Nel settore industriale le aziende dovettero garantire ai militari tutte le risorse e perciò i turni di lavoro divennero
più duri: tutta la popolazione fu militarizzata. Il peggioramento delle condizioni di vita creò proteste soprattutto in Francia, Germania e Italia.
Per ottenere l’obiettivo del successo finale i governi sottoposero le rispettive popolazioni a uno sforzo di mobilitazione totale: ci fu la censura su tutte le voci che
rivelavano le situazioni difficili del fronte e dei soldati; i disfattisti erano dei nemici che minavano la nazione. Ci fu la propaganda per le truppe per sostenerne il
morale: vennero stampati manifesti e cartoline che esaltavano le doti e le vittoria del proprio esercito. Anche il cinema venne posto al servizio della causa
nazionale. I bambini divennero oggetto peculiare di indottrinamento, a partire dalla scuola per arrivare ai libri e ai giocattoli di carattere bellico.

SARAJEVO Fu sufficiente una scintilla a far esplodere il conflitto: 28 giugno 1914 un nazionalista serbo uccise a Sarajevo l’erede al trono d’Austria, l’arciduca
francesco Ferdinando e sua moglie. Così l’Austria ne approfittò e inviò un ultimatum alla Serbia che richiedeva entro 2 giorni: soppressione delle organizzazioni
irredentistiche, divieto di propaganda antiaustriaca, apertura di un’inchiesta sull’attentato. Il governo serbo le respinse e il 28 luglio l’Austria dichiarò guerra alla
Serbia.
È davvero questa la causa della prima guerra? Villari: no, era il contesto in cui è accaduto, ossia un caos politico, ideologico ed economico. Quando venne a sapere
della visita dell'erede al trono di austria-ungheria colse l'opportunità. Francesco Ferdinando era già nel mirino della “mano nera", ma la sua vita cambia quando il
cugino muore in circostanze misteriose. Così alla morte del padre che era succeduto al cugino, Francesco salì al trono. L'anno prima aveva avuto una storia con la
duchessa Sofia di sangue non reale, per questo la corte reale non la considerò adatta. Anni dopo il nonno cedette e permise il matrimonio, ma con delle condizioni
umilianti: Sofia non poteva essere imperatrice e il suo rango sarebbe stato il più basso delle altre arciduchesse, ai loro figli sarà impedita la successione al trono e
non poteva apparire al fianco dell'imperatore nelle celebrazioni ufficiali. A causa delle sue direttive si crearono contrasti tra la sua figura e quella della corte.
Inoltre, non voleva che il suo impero soccombesse alla politica tedesca di Guglielmo 2. Nel frattempo, Apis temeva che le riforme dell'erede al trono
stabilizzassero l'impero austro-ungarico con l'effetto di far diminuire le possibilità di staccare la Bosnia e di incorporarla nella Serbia. Così organizzò l'attentato,
reclutando 7 sicari. L’autista che portava Sofia e Francesco, dopo esser stato avvertito di aver preso una via sbagliata, compie una manovra sotto gli occhi di un
sicario intento a mangiare un panino, che estrae la pistola e li spara due volte.

All’ordine di mobilitazione generale impartito all’esercito dello zar di Russia, rispose la Germania che dichiarò guerra alla Russia e alla Francia: i tedeschi
attuarono il piano Schlieffen per una rapida soluzione del confitto: prevedeva un attacco massiccio alla Francia aggirando le difese militari mediante
l’attraversamento di Belgio e Lussemburgo. Ci fu però l’intervento della Gran Bretagna a fianco della Francia e della Russia contro l’Austria e la Germania (Italia
neutrale). Dopo una rapida avanzata i francesi riuscirono a bloccare i nemici sul fiume marna, causando 500.000 vittime, ma nessuno dei contendenti ebbe la
meglio.

GUERRA DI POSIZIONE Per avere efficaci sistemi di difesa furono disposte le trincee, fossati scavati nel terreno dotati di ripari e di reticolati di filo spinato. Da
guerra di movimento, si passò a guerra di posizione. Sul fronte orientale i tedeschi sconfissero i russi in due battaglie. Un mese dopo entrò in guerra anche la
Turchia in appoggio degli imperi centrali.

In Italia c’erano due schieramenti contrapposti per quanto riguarda la guerra: i neutralisti (maggioranza politica, minoranza civile) e gli interventisti (minoranza
politica, maggioranza civile). NEUTRALISTi: liberali giolittiani (le ambizioni irredentistiche possono essere soddisfatte per via diplomatica), Cattolici (papa
Benedetto 15: ‘un’inutile strage’), Socialisti (la guerra persegue interessi capitalistici e danneggia i proletari). INTERVENTISTI: Nazionalisti -D’annunzio e
Papini- (guerra esaltata in quanto tale e per motivi irredentisti poiché avrebbe consentito di completare l’unificazione togliendo all’Austria l’ultimo territorio
italiano), democratici -Salvemini, Chiesa (Italia deve schierarsi a fianco dei paesi democratici dell’intesa), liberali conservatori (la guerra accresce il prestigio),
sindacalisti rivoluzionari (la guerra rimette in discussione le strutture sociali). Mussolini, dapprima nel suo giornale “avanti!” era a favore del neutralismo, però nel
giro di pochi mesi si schierò a favore dell’interventismo nel suo quotidiano il Popolo d’Italia. Gli interventisti erano una minoranza, ma molto attiva e rumorosa.

PATTO LONDRA Il 26 aprile 1915, il ministro degli esteri Sonnino sottoscrisse un trattato segreto stipulato ignorando la volontà neutralista della maggioranza
parlamentare: garantiva all’Italia, in caso di vittoria dell’intesa, Trento e Trieste, il sud Tirolo, l’Istria, la Dalmazia, Valona. Italia uscì dalla triplice alleanza. Nel
frattempo, il governo incoraggiò manifestazioni di piazza, in cui si distinsero per attivismo e violenza verbale Mussolini e D’Annunzio.

ENTRATA ITALIA Il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria. Sin dalle prime fasi dell’esercito italiano furono evidenti l’inefficienza
organizzativa, le carenze nell’armamento e la scarsa preparazione tecnica. Fu nominato comandante dell’esercito italiano Luigi Cadorna, che impose una durissima
disciplina ai soldati e ricorse a gravi punizioni (anche pena di morte) per ogni mancanza. Fra giugno e dicembre 1915 si svolsero le prime quattro battaglie
dell’Isonzo che non conseguirono alcun successo rilevante. L’anno seguente gli austriaci scatenarono la spedizione punitiva contro l’Italia, attaccandoci nel punto
debole e riuscendo a penetrare fino ad occupare Asiago. L’offensiva però si arrestò, sia per l’efficace resistenza italiana e sia perché l’esercito austriaco dovette
affrontare i russi sull’altro fronte. Cadorna allora decise di sferrare una controffensiva sull’Isonzo che portò alla conquista di monti di San Michele e alla
liberazione di Gorizia.

IL RUOLO DELLA PUGLIA Tra gli interventisti troviamo molti intellettuali pugliesi come il socialista dissidente Salvemini, l'economista, monarchico e liberale
De Marco, Tommaso Fiore. L'intera opinione pubblica voleva essere informata su ciò che accadeva. Venne redatto il "Corriere delle Puglie", il cui mantenimento
era tanto difficile che vennero chiusi altri giornali e predisposte 3 rubriche riguardanti la guerra, ossia "Saluti dal Fronte", "come scrivono i soldati di Puglia",
"lettere dal campo". Durante la neutralità italiana la Puglia venne usata per aiutare l'Albania che dopo aver raggiunto l’Indipendenza era caduta nella semi
anarchia. Intervenne in aiuto l'Italia, poiché altrimenti le altre potenze l'avrebbero conquistata. I porti pugliesi accolsero i profughi e vennero usati come partenza
per Valona.
Quando l'Italia entrò in guerra anche la Puglia diede un aiuto particolare: 1Gargano divenne area demaniale: venne costruito un idroscalo per contrastare gli
attacchi austriaci. 2 A Manfredonia e Barletta primo bombardamento austriaco di 100 bombe. 3Otranto doveva impedire alla marina austriaca di entrare nel
Mediterraneo, in seguito al blocco navale. 4Gallipoli e Bari controllavano le navi di passaggio e chi si recava verso l'Albania. 5Taranto risorse grazie all'attività dei
cantieri dell'arsenale per sistemare le navi. Vedeva arrivare soldati da tutta l'Europa ma subì la drammaticità della guerra quando scoppiò in mare la nave Leonardo
Da Vinci. 5Brindisi venne usata dalla marina militare italiana come base per operazioni di soccorso. Venne puntata dalla marina austriaca che attaccò con agguati
la nave ospedale mare chiaro, dove vennero fatte più amputazioni che in tutta Italia.

GENOCIDIO ARMENI (cause culturali religiose, filosofiche, militari) A causa del nazionalismo e dell’intolleranza religiosa si ebbe il genocidio degli armeni.
L’origine di questo evento è la crisi dell’impero ottomano: abitato in maggioranza da musulmani, l’impero dovette concedere l’indipendenza alle minoranze
cristiane. Gli armeni erano cristiani e rivendicavano a loro volta l’autonomia, ma il governo rifiutò di impegnarsi in cambiamenti che avrebbero portato a una
perdita territoriale. A fine 800 vi furono delle sommosse popolari contro gli armeni che causarono più di 100.000 morti. Non essendo turchi, gli armeni andavano
perseguitati. Nel febbraio 1915 fu decisa dal governo turco l’eliminazione degli armeni e fu ordinata la deportazione di tutti i superstiti verso alcune zone
periferiche dell’impero: i poliziotti bastonavano le persone senza pietà, impedivano alle donne incinte di riposarsi e lasciavano che saccheggiatori attaccassero la
carovana. Molti armeni sparirono nel deserto mesopotamico, vittime della fame, del tifo e del colera, delle violenze dei militari e dei briganti. Si stima circa 1
milione di morti. Coloro che ordinarono il genocidio furono giudicati da un tribunale militare. Il genocidio era stato negato fino al 2015 quando la Turchia venne
esposta dal papa.

1917 ANNO SVOLTA La guerra sottomarina venne iniziata dai tedeschi nel febbraio 1917 per fermare i rifornimenti ai paesi nemici e per isolare
economicamente la Gran Bretagna. Il governo americano Wilson, nonostante la politica di isolamento basata sul sollazionismo (protezione dell'economia
nazionale dalla concorrenza), entrò in guerra quando nello Jutland venne affondata una nave di approvvigionamento per gli alleati dell'Intesa. Gli USA erano
alleati dell'Intesa adottando la politica di "diplomazia del dollaro": pensarono di prestare ingenti somme di denaro con la certezza di essere ricompensati con gli
interessi dopo la fine della guerra, quindi volevano che l'Intesa vincesse. Successivamente la Gran Bretagna attuò un altro blocco navale e investì nel Canale
d'Otranto, dove si combatté una battaglia impressionante e decisiva nel maggio. Il problema del Canale era che, seppur la posizione fosse strategica, il forte vento
impediva la costruzione dello sbarramento che, fu efficace a impedire alle navi in superficie il passaggio, ma non ai sottomarini. Nel marzo il regime russo fu
rovesciato e sostituito da una Repubblica che decise di proseguire la guerra, ma i tedeschi riuscirono a penetrare in Russia perché i soldati russi abbandonavano il
fronte. Però nella rivoluzione dell’ottobre 1917 il potere fu assunto dai comunisti guidati da Lenin che decisero di uscire dalla guerra e avviare con l’impegno di
centrali le trattative di pace in cui la Russia fu obbligata a pesanti concessioni: la Germania ottenne la Polonia e i paesi baltici, mentre l’Ucraina diventava
indipendente.

In seguito alla crisi russa, Austria e Germania spostarono le truppe sul fronte occidentale e su quello italiano. Gli austriaci e tedeschi sfondarono le linee italiane a
Caporetto: le truppe italiane si ritirarono e l’esercito nemico penetrò in Italia causando la perdita di 400.000 uomini. comandante Cadorna dava la colpa
all'incapacità dei soldati che si rifiutavano di combattere, quando in realtà era la sua strategia ad aver fallito. Per vendicarsi, pubblica un bollettino di guerra
disonorevole in cui scrive tutti i nomi dei disertori, non si prese mai le sue responsabilità. Bisogna considerare però che fu la strategia austriaca ad essere efficace;
infatti, seppero usare le conformazioni del terreno a proprio vantaggio, cioè, li sorpresero buttando granate nelle conche in cui si raccoglievano i soldati e da cui
era difficile sfuggire. Cadorna ordina o di mantenere la posizione o di fuggire verso il Tagliamento, dove però li aspettavano i tedeschi. I soldati erano disorientati,
Cadorna li spara a caso per costringerli a reagire.

Ce lo racconta Vincenzo Rabito delle condizioni disumane vissuti, del freddo, dei combattimenti, della morte, l'autolesionismo, alimentazione non adeguata,
amicizie tra nemici in un libro in cui riportò tutti i suoi ricordi in ben 7 anni. Oppure ricordiamo "Addio Alleato" di Hemingway dedicato a Caporetto. Ma dall'altra
parte vediamo figure come quella di Sandro Pertini, simpatizzante socialista e neutralista che guidò i suoi uomini alla cattura dei nemici, combatté diverse
battaglie, divenne capitano, fu uno dei più grandi antifascisti e per questo fu perseguitato, ma divenne uno dei più amati Presidenti d'Italia. La sconfitta ebbe
ripercussioni politiche: fu formato un nuovo governo presieduto da Vittorio Emanuele Orlando. Il generale Cadorna fu sostituito da Armando Diaz, che decise di
sistemare una nuova linea di difesa sul fiume Piave dove fu bloccata l’offensiva austriaca. Il generale impose ai soldati una disciplina meno rigida e un migliore
addestramento, evitando le azioni che potevano portare inutile sacrificio. I soldati però, erano ormai logorati, nel fisico e nello spirito; il rifiuto della guerra si
manifestava in comportamenti come la fuga, la simulazione di malattie, l’automutilazione per essere esonerati dal servizio al fronte.

1918 Nella primavera del 1918 i tedeschi attaccarono sul fronte occidentale ed ebbero la reazione delle truppe anglofrancesi che ebbero la meglio.
Successivamente tutti i fronti degli imperi centrali crollarono. La Bulgaria si arrese a un esercito franco serbo; Ungheria, Cecoslovacchia e Jugoslavia si
dichiararono indipendenti dall’Austria che dovette subire la controffensiva italiana. L’esercito austriaco fu sconfitto nella battaglia di Vittorio Veneto e costretto
alla ritirata. A Padova venne firmato l’armistizio che siglava la vittoria dell’Italia. Successivamente l’imperatore Carlo I abdicò e abbandonò l’Austria dove venne
proclamata la Repubblica. Il 30 ottobre si arrese la Turchia mentre la Germania si preparava alla resa Guglielmo II lasciò il trono e anche a Berlino fu proclamata
la Repubblica. Il nuovo governo iniziò le trattative che portarono alla firma dell’armistizio di Redon. Terminava così, dopo più di quattro anni, la Prima guerra
mondiale. I combattenti caduti sui vari fronti durante la guerra erano circa 8 milioni e mezzo, di cui 600.000 italiani. Ci sono inoltre 21 milioni di feriti di cui molti
subirono amputazioni. Inoltre, mezzo milione di soldati morì dopo la guerra in seguito a malattie contratte in trincea.

TRATTATI DI PACE I ministri dei paesi vincitori si riunirono a Parigi il 18 gen 1919, in una conferenza per la pace. Il presidente americano Wilson presentò 14
punti che riassumevano i progetti statunitensi per le relazioni internazionali. Egli richiamava al rispetto dell’autodeterminazione delle nazioni, della libertà dei
mari… le potenze europee però non affrontarono le trattative di pace guidate da questi ideali: Francia voleva indebolire Germania e la Gran Bretagna voleva
evitarlo perché temeva che la Francia diventasse troppo potente. L’Italia pretendeva ingrandimenti territoriali promessi da Francia e Gran Bretagna. L’obiettivo
della conferenza era penalizzare gli sconfitti e risarcire i vincitori. Nel corso delle trattative si scontrarono due strategie politiche: Clemenceau voleva piegare la
Germania per consentire alla Francia di sostituirla nel ruolo di grande potenza europea, Wilson proponeva un modello democratico di convivenza pacifica. Alla
fine, prevalse la linea punitiva proposta dalla Francia.

RIVOLUZIONE RUSSA
Per tutto l’800 la Russia fu la roccaforte del conservatorismo politico e sociale con un potere autocratico e assoluto. L’aristocrazia, l’esercito, la Chiesa ortodossa e
la burocrazia imperiale appoggiavano il regime zarista. Invece, la borghesia mercantile e imprenditoriale, non deteneva alcun potere economico e politico.
L’impero russo alla vigilia della 1GM aveva ormai raggiunto un’estensione immensa ma i russi non superavano il 45% della popolazione: c’erano finlandesi,
polacchi, mongoli, georgiani, ucraini, lettoni, popoli conquistati che chiedevano indipendenza. C’erano problemi di arretratezza nelle campagne. Chiese, monasteri
e grandi famiglie possedevano il 90% della terra coltivabile. I contadini erano ancora sottoposti alla servitù della gleba. Il malcontento si manifestava attraverso
frequente rivolte regolarmente represse nel sangue. Lo zar Alessandro 2 abolì la servitù della gleba ma la riforma finì per inasprire le tensioni esistenti nelle
campagne. Con l’estero la Russia esportava soprattutto cereali e materie prime, mentre importava macchinari e prodotti industriali: il paese dipendeva
economicamente dall’Occidente. Capitali stranieri, personale qualificato giunse in Russia per formare dirigenti e lavoratori dei nuovi complessi industriali. A fine
800 la produzione industriale crebbe del 400%. Però questo sviluppo fu un’iniziativa imposta allo stato e affidata a stranieri.

OCCIDENTALISTI, POPULISTI E MARXISTI L’intellighenzia era la classe colta ostile all’assolutismo zarista e si dividevano in occidentalisti e slavofili. I
primi prospettavano una via europea al progresso, intendevano introdurre in Russia sia l’economia capitalistica, sia la democrazia. I secondi sostenevano una via
nazionale allo sviluppo: la Russia doveva trarre profitto dagli errori degli altri paesi, evitando le miserie della rivoluzione industriale e del capitalismo. Lo sviluppo
sociale sarebbe partito dai contadini, perciò, il loro movimento prese il nome di populismo. Essi intendevano alfabetizzare i contadini e renderli coscienti della loro
condizione con lo scopo finale dell’abbattimento dello Stato, da sostituire con comunità agricole. Un populista assassinò lo zar Alessandro 2. Essi assunsero nel
XX secolo il nome di socialrivoluzionari. Lo sviluppo industriale spinse alcuni intellettuali ad avvicinarsi al marxismo. I marxisti si opponevano al populismo
perché: 1 valutavano positivamente lo sviluppo tecnico del capitalismo; 2 miravano a una rivoluzione borghese democratico liberale; 3 sostenevano che la
rivoluzione doveva partire dal proletariato e non dal mondo contadino; 4 si impegnavano a diffondere nel segretariato la coscienza rivoluzionaria, il vero mezzo di
lotta.

BOLSCEVICHI E MENSCEVICHI (MARXISTI) 1898 I socialisti russi fondarono il partito operaio socialdemocratico russo che si divise in due correnti: i
bolscevichi, capeggiati da Lenin e i menscevichi, guidati da Martov. I primi volevano un partito formato da professionisti della politica che doveva guidare gli
operai e i lavoratori all’abolizione della vita privata. I secondi volevano creare un partito di massa del modello di quello socialdemocratico tedesco, accettando
l’alleanza con la borghesia. Lenin propose di modificare il nome del partito operaio socialdemocratico russo in partito comunista.

RIVOLUZIONE 1905 In seguito alla guerra contro il Giappone, la Russia visse una grande crisi. 140000 persone raggiunsero il Palazzo dello zar: era una pacifica
processione che avrebbe dovuto presentare allo zar una supplica per invocare l’aiuto e la protezione, ma l’esercito apri il fuoco sui manifestanti. Questo causò
scioperi e rivolte nelle fabbriche e nelle campagne. Si formò così un partito di ispirazione liberale che prese il nome di costituzionale democratico: i suoi
appartenenti erano i cadetti che auspicavano la creazione di un sistema costituzionale moderato. Intimorito, lo zar Nicola 2 promise libertà politiche e concesse
l’elezione di un parlamento, la duma. Intanto però l’esercito e gli equipaggi delle navi si rifiutarono di aprire il fuoco sui rivoltosi. A San Pietroburgo si ebbe uno
sciopero generale e venne creato il primo soviet (consiglio) dei lavoratori a capo dei quali venne eletto il menscevico Trockij.

RIVOLUZIONE 1917 La 1GM peggiorò le condizioni della popolazione e la conflittualità sociale che precipitò nel febbraio 1917, quando gli operai di
Pietrogrado insorsero in massa e l’esercito si schierò dalla loro parte: il regime zarista fu sostituito dalla Repubblica. Il potere venne assunto da un governo
provvisorio appoggiato dai borghesi e dal soviet di Pietro grado, dominato dai populisti e dai menscevichi. Tale dualismo indebolì la Repubblica. Entrambi
volevano continuare la guerra: il governo provvisorio riteneva che la vittoria militare avrebbe rafforzato lo Stato e la borghesia, il soviet voleva difendere la
rivoluzione sconfiggendo la Germania e l’Austria, conservatrici e imperialiste. Intanto Lenin, con le sue tesi di aprile, proponeva pace, potere ai soviet e terra ai
contadini, ciò che le masse volevano sentire.

RIVOLUZIONE OTTOBRE 1917 I bolscevichi conquistarono la maggioranza nei soviet di Pietro grado e Mosca. La guardia rossa, una forza militare creata dei
bolscevichi, iniziò una rivoluzione incruenta che si concluse con la conquista del palazzo d’inverno. L’esercito neutrale favorì l’azione dei bolscevichi. Dopo
alcuni giorni, cadde anche Mosca.

DITTATURA DEI BOLSCEVICHI Nel voto per l’elezione dell’Assemblea costituente le masse contadine si schierarono con i populisti socialrivoluzionari. I
bolscevichi furono in minoranza e allora Lenin sciolse l’assemblea e proclamò la dittatura del proletariato, contro la democrazia borghese. Nel 1918 la Russia uscì
dalla prima guerra accettando pesanti perdite territoriali. La repubblica dei soviet dovette affrontare una duplice minaccia: l’intervento armato delle potenze
dell’intesa, che volevano eliminare il governo rivoluzionario e la guerra civile contro le armate bianche contro rivoluzionarie, vinta dall’armata Rossa.

COMUNISMO DI GUERRA Le condizioni dell’economia russa del 1918 divennero disastrose per i seguenti motivi: le guerre, il rifiuto dei contadini di rifornire
le città con i loro prodotti e il fallimento del controllo operaio delle fabbriche; l’incapacità di riscuotere le tasse, rimediata con l’emissione di moneta, che
provocava inflazione. Si attuò così il comunismo di guerra, una politica economica autoritaria e repressiva che aveva al centro il controllo dell’economia nelle
mani dello Stato ma provocò l’opposizione contadina. Numerose rivolte furono represse nel sangue.

NEP Nel 1921 fu inaugurata la NEP, una nuova politica economica voluta da Lenin che prevedeva: la possibilità per i contadini di vendere le eccedenze del
raccolto, la legalizzazione del commercio spicciolo, la proprietà statale solo delle grandi fabbriche, creando un sistema di produzione misto, statale e privato.
Parallelamente fu proibito il frazionismo, cioè l’esistenza di correnti interne al partito, il cui carattere autoritario si accentuava. La dittatura del proletariato era
diventata quella di partito, poi quella dei dirigenti di partito e di Lenin in particolare.

STALIN VS TROCKIJ Quando Lenin si ammalò a succedergli c’erano Stalin (segretario generale del partito comunista) o Trockij (comandante armata rossa).
Essi si contrapponevano sulla gestione del partito (Trockij intendeva ripristinare la democrazia interna), sul giudizio sulla NEP: Stalin appoggiava la libertà di
commercio, Trockij voleva statalizzare l’economia, sulle prospettive della rivoluzione: Trockij sosteneva la rivoluzione permanente da diffondere in Occidente,
Stalin il socialismo in un solo paese, l’Urss. Trockij era un grande oratore ed eroe della guerra civile, godeva di un prestigio maggiore, ma Stalin controllava il
partito e ciò gli permise di avere la meglio.

LA POLITICA DI STALIN prevedeva: industrializzazione forzata: venne lanciato un piano quinquennale che favoriva l’industria pesante; mobilitazione
ideologica: il regime organizzo un’abile opera di propaganda per motivare e mobilitare gli operai e l’Urss si trasformò in una potenza industriale;
collettivizzazione forzata: l’agricoltura viene piegata alle necessità dell’industria, le terre furono confiscate e i contadini trasferiti forzatamente nelle fattorie
collettive.

TOTALITARISMO Negli anni 30 vi fu l’eliminazione di ogni possibile opposizione a Stalin: le purghe colpirono i politici, esercito, gli intellettuali: fu cancellata
ogni libertà e c’era terrore, censura e il conformismo di massa nonostante il paese progredì economicamente e l’alfabetizzazione crebbe. Chi si opponeva veniva
eliminato o deportato nei Gulag. Si impose il culto di Stalin come capo infallibile, l’Urss presentava i tratti del totalitarismo, il sistema politico in cui lo Stato
esercita il controllo sulla società e sulla vita dei cittadini. Il termine Gulag è la sigla delle parole che significano amministrazione centrale statale dei campi di
rieducazione e lavoro, in cui fra il 1930 e il 1953 vennero internati circa 15 milioni di persone. L’articolo 58 del Codice penale sovietico permise al regime
staliniano di condannare milioni di persone colpevoli di delitti contro lo Stato: era una norma ambigua che si prestò a ogni interpretazione; era condannata
qualsiasi azione diretta ad abolire il potere. Particolarmente grave era ritenuto il reato di propaganda o agitazione contenente un appello all’abbattimento del potere
sovietico.

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