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LA RIVOLUZIONE DI FEBBRAIO

La partecipazione della Russia alla prima guerra mondiale aveva messo in evidenza la crisi che già
da tempo la stava consumando.

Già nel 1905, infatti, lo zar Nicola II era stato costretto a concedere l’istituzione della Duma, ovvero
il Parlamento Russo, per garantire una parziale partecipazione del popolo alla vita politica.

Nel 1914 lo zar decise di entrare in guerra al fianco della Serbia e della Francia, convinto che il
conflitto si sarebbe risolto in poco tempo, ma fu subito chiaro che la Russia, nelle sue condizioni
interne, non poteva sostenere una situazione pesante come quella della guerra, infatti totalizzo
grandi perdite di uomini e mezzi.

Nel 1915 avevano avuto luogo diversi scioperi per via della mancanza dei beni primari e
dell’aumento dei prezzi, ai quali il governo aveva risposto con la repressione.

Il 23 febbraio 1917 (secondo il calendario ortodosso, dato che vi sono tredici giorni di differenza
con il nostro calendario gregoriano) scoppiò a Pietrogrado (il nuovo nome di San Pietroburgo) una
rivoluzione contro la carestia e la fame e addirittura le truppe che erano state incaricate di calmare
la massa, si unirono ai ribelli.

Il 12 marzo si formò un governo provvisorio sotto la figura di Georgij L’vov, che rappresentava gli
interessi dei proprietari terrieri e degli industriali e che aveva al fianco il socialdemocratico
Aleksandr Kerenkij.

Sotto questo governo lo zar venne spinto ad abdicare e indicò come suo successore il fratello
Michela, il quale però si rifiutò di salire al potere, quindi la famiglia dello zar fu trasferita nella
residenza di Tsarskoe Selo e fu tenuta sotto stretta sorveglianza.

Il contrasto al governo prettamente conservatore di L’vov, che era espressione di tutti i partiti Russi
a eccezione dei bolscevichi; furono istituiti i soviet, formati da delegati eletti d operai, soldati e
contadini i quali erano espressione dei componenti rivoluzionari, compresi i bolscevichi.

Nello stesso tempo prendeva vita il disfattismo nazionale, un movimento che voleva sottrarre la
Russia dalla guerra, mediate l’accettazione di una pace a qualsiasi costo.
LA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE

La rivoluzione di febbraio sub’ una svolta quando Lenin, che era stato esiliato in Svizzera dal 1900,
rientrò a Pietrogrado nel 1917 in seguito a un accordo con le forze tedesche, che erano convinte che
la sua figura potesse essere la leva che avrebbe abbattuto il fronte Russo.

A Pietrogrado Lenin pubblicò le cosiddette “testi d’aprile”, che miravano a trasformare la


rivoluzione borghese di febbraio in una rivoluzione proletaria e comunista, concentrando tutto il
potere nei soviet.

Allo slogan “tutto il potere ai soviet” Lenin aggiunse “la terra ai contadini e le fabbriche agli operi”
e sostenne, inoltre, la volontà di stipulare una pace immediata, cosa che lo fece andare contro il
governo Kerenskij, che invece voleva continuare la guerra.

In seguito alla caduta dei due governi successivi a L’vov, però, accadde che la reggenza del governo
andò in mano a Kerenskij che solo allora si rese conto della gravità della situazione Russa.

Successivamente Lavr Kornilov cercò di perdere il potere, intenzionato a sconfiggere sia Kerenskij
che i Soviet e questo colpo di mano rappresentò finalmente la possibilità per Lenin di prendere il
potere e sconfiggere il governo Kerenskij.

Nella notte tra il 6 e il 7 novembre la guardia rossa, ovvero un corpo armato di operai guidato dai
bolscevichi, occupò il palazzo d’inverno, dove il governo aveva la sua sede.

Questa rivoluzione, quindi, mirò a formare un governo privo di borghesia, formato da operai e
soldati.

LENIN ALLA GUIDA DELLO STATO SOVIETICO

Il successo ottenuto senza spargimenti di sangue, con la rivoluzione d’ottobre, permise a Lenin di
sopprimere con la forza il governo di Kerenskij e di instituire un nuovo ministero diretto
esclusivamente dal Partito Bolscevico, che era diventato l’unico partito ammesso.

Nacque perciò il consiglio dei commissari del popolo, del quale Lenin era il presidente, mentre Lev
Troskij e Josif Stalin erano rispettivamente commissario delgi esteri (in seguito della guerra) e
commissario delle nazionalità, con ilo compito di curare i rapporti fra le diverse parti dell’ex impero
zarista.

Tra i primi atti compiuti dal nuovo governo fu lo scioglimento dell’assemblea costituente, in cui i
bolscevichi rappresentavano la minoranza.

Il secondo atto compiuto dal governo riguardava il ritiro dalla guerra, in quanto si temeva che il
protrarsi del conflitto potesse infondere vane speranze negli avversari della rivoluzione.

Dopo il ritiro dalla guerra le trattative con l’Austria e la Germania sfociarono nel 1918 nella pace di
Brest-Litovsk, che obbligava la Russia a cedere la Polonia, la Lituania, le province baltiche e una
parte della Bielorussia e a riconoscere l’indipendenza della Finlandia e dell’Ucraina.

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