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CAPITOLO 5:

Il 1917 è l’anno di svolta della prima guerra mondiale. Tra febbraio e marzo è la prima fase della rivoluzione russa. La
Russia non riusciva a sostenere la guerra per mancanza di risorse economiche e per la caduta dello zarismo a cui segue
un governo provvisorio, del quale non facevano parte i comunisti di Lenin. La Russia crolla e ciò favorisce il propagarsi
degli imperi centrali. Nell’aprile dello stesso anno gli Stati Uniti entrarono in guerra in seguito alla decisione di Wilson,
presidente democratico degli Stati Uniti. Prese questa decisone in quanto commerciavano molto con i britannici e
avevano una politica estera molto affine. Nel 900 gli Stati Uniti ereditarono quella posizione sull’Europa che avevano
gli inglesi, i quali tendevano ad evitare che si creasse in Europa un blocco egemone, come il blocco continentale di
Napoleone. Lo stesso ragionamento fecero gli Stati Uniti: se l’Europa è frammentata la Germania tenderà ad
approfittarne e diventerà una potenza egemone, quindi offrirono il loro sostegno agli inglesi. L’obbiettivo dei tedeschi
era evitare che i britannici commerciassero, quindi iniziarono ad affondare le loro navi mercantili, comprese navi
neutrali come ad esempio le navi statunitensi. Per gli Stati Uniti era di vitale importanza la neutralità dei mari e la
libertà di commercio, essendo loro la prima potenza economica e commerciale. Però, solo nel 1918 gli Stati Uniti
poterono dare un grande sostegno economico: beni di prima necessità, armi e beni industriali. A partire dall’ottobre
del 1917 inizia la seconda fase della rivoluzione russa. I comunisti prendono il potere e destituiscono il governo
provvisorio, instaurando il proprio sistema che durerà fino al 1991, alla fine dell’unione sovietica. Ciò sarebbe potuto
essere un vantaggio per gli imperi centrali: avrebbero potuto sfruttarli per vincere la guerra ma ciò non accadde per
mancanza di tempo. Il blocco dell’intesa (Inghilterra, Francia, Italia e alleati minori) e gli Stati Uniti era soverchiante.
Gli imperi centrali persero per implosione interna, erano allo stremo. Lenin decide di porre fine alla guerra con il
sacrificio di donare territori alla Germania. Con la pace di Brest-Litovsk, Lenin cedette la Finlandia, l’Estonia, la Lituania,
la Lettonia, la Polonia ex russa e gran parte dell’Ucraina, la parte più civilizzata della Russia. Sempre nello stesso mese
un altro evento a vantaggio dell’intesa è la rotta di Caporetto: nel fronte tra Italia e Slovenia, le truppe
austroungariche provarono a sfondare con successo sul fronte italiano, entrando in profondità nel territorio italiano.
L’Italia chiede l’armistizio. Molti soldati italiani vengono fatti prigionieri, altri scappano lasciando le armi che poi
andranno in possesso dell’esercito austroungarico. Dopo questa sconfitta si ricompatta il sentimento nazionale
italiano, perfino Turati offre il suo sostegno e quello dei socialisti. Il governo di Boselli cade e diviene capo del governo
Vittorio Emanuele Orlando, con ancora ministro degli esteri Sonnino.
Il vertice delle forze armate passa da Cadorna, severo e punitivo, ad Armando Diaz, più morbido. I soldati italiani
resistettero sul Piave e la ritirata delle truppe austroungariche consentì un notevole accorciamento della linea
difensiva, che risultava più semplice da difendere. Inoltre l’Italia ricevette armi e soldati da Francia, Inghilterra e Stati
Uniti. Gli imperi centrali non sfruttano fino in fondo i territorio della pace di Brest-Litovsk tant’è che nell’estate del
1918 i tedeschi non hanno più risorse ma comunque tentano un’ultima offensiva utile al confine francese. In seguito il
governo tedesco lascia il potere ai partiti democratici e vengono firmati due armistizi tra settembre e novembre del
1918 che portano alla fine della guerra: il 4 novembre l’armistizio dell’Austria-Ungheria verso Italia e il 1^ settembre
l’armistizio della Germania di fronte a Francia e Inghilterra. I trattati di pace stipulati avevano un loro centro:
Versailles. Vennero invitati vari capi del governo di vari paesi europei, ma decisero tutto Stati Uniti (Wilson), Francia
(Clemenceau), Inghilterra (Lloyd George) e Italia (Vittorio Emanuele Orlando e Sonnino). Wilson, capo di una potenza
non europea, quando aveva dichiarato guerra alla Germania aveva emanato un documento in 14 punti, i così detti 14
punti di Wilson, nel quale sosteneva che dopo la guerra ci sarebbe dovuta essere: la libertà nei mari, il libero
commercio e per le nazioni europee, l’autodeterminazione dei popoli in base al principio di nazionalità: dopo una
vittoria, il paese vincitore dovrà rispettare i confini delle nazionalità e chiedere al popolo perdente in quale nazionalità
si riconosce. Questi punti non vennero pienamente rispettati dopo la guerra in quanto la Francia e l’Inghilterra
volevano guadagnare territorio e mettere in ginocchio la Germania. A quest’ultima fu imposto un Diktat, ovvero
l’accettazione forzata della perdita di alcuni territori sul baltico, pezzi di Polonia e Russia attuali, e alla Francia furono
restituite l’Alsazia e la Lorena. In più le fu imposto un considerevole risarcimento dei danni ai paesi invasi, e il divieto
di formazione di un esercito.
CAPITOLO 6:
Nel 1905 lo zar Nicola II concede una costituzione e in Russia si avvia un processo di liberalizzazione con la nascita di
partiti politici di destra e sinistra. La guerra per la Russia fu disastrosa, le forze armate non riuscivano a reggere in
quanto il fronte da difendere era troppo ampio, le potenze nemiche erano molto agguerrite e la popolazione interna
era in fermento. I sacrifici imposti ai ceti più poveri, che costituivano la maggioranza della popolazione, erano troppo
duri. Dovendo sostenere, con le risorse, le truppe al fronte, ciò andava a scapito delle condizioni di vita della
popolazione, nelle zone rurali e nelle città industriali. Anche in Russia, i movimenti di lavoratori di orientamento
socialista erano molto organizzati e iniziarono a mobilitarsi. In Russia, ancora prima che per gli altri belligeranti, si
verificò quel fenomeno, che poi avrebbe coinvolto anche gli austroungarici e i tedeschi, di diserzioni ed
ammutinamenti di interi corpi delle forze armate: soldati sbandati che si ritiravano dal fronte e tornavano nella zona di
provenienza tenendosi le armi. Ciò spiega la grande diffusione di armi che rese possibile la rivoluzione e la guerra civile
che ne conseguì negli anni successivi. Nel febbraio del 1917 (marzo del calendario moderno), ci fu un rovesciamento
del regime zarista da parte di vertici militari e della classe dirigente. Lo zar viene costretto ad abdicare, nessun
famigliare assume il titolo e il trono è vacante. Viene proclamato un governo provvisorio di coalizione con partiti
differenti che momentaneamente governano insieme. In questo governo c’erano: partiti della destra liberare
conservatrice, partiti democratici e partiti di sinistra moderata come i menscevichi. I bolscevichi, i comunisti di Lenin e
Trotzkij, non facevano parete del governo. Il partito socialista russo si era diviso in due tronchi: i bolscevichi guidati da
Lenin e i menscevichi più moderati. Un altro partito di sinistra riformista potente nel governo era il partito socialista
rivoluzionario. In realtà era un partito moderato a dispetto del nome. I bolscevichi di Lenin erano l’opposizione. Lenin
non volle entrare nel governo perché aveva una strategia diversa. Pubblica in aprile le sue tesi politiche, chiamate Tesi
di aprile in cui dichiara che il suo partito rimane all’opposizione e che l’obbiettivo è rovesciare il governo e instaurare
un vero governo socialista secondo la dottrina marxista: porre fine al capitalismo nazionalizzando tutti i beni. Viene
considerato pericoloso da tutti per le sue idee di rivoluzione e ricercato, si rifugia in Svizzera. In seguito torna in Russia
durante la rivoluzione di febbraio per svolgere la sua opera di rivoluzionario, aiutato dai tedeschi, nemici dei russi. Il
capo del governo russo passa ad essere Kerenskij, un socialrivoluzionario che rimane fedele all’alleanza e continua la
guerra. Nell’estate del 1917 ci fu una riorganizzazione zarista: il generale zarista Kornilov riformò un esercito per porre
fine al governo provvisorio e ricostituire lo zar. Lo zar Nicola II e la sua famiglia erano ancora vivi e tenuti prigionieri dai
comunisti. Durante l’estate le forze zariste riescono a rioccupare alcune regioni e il governo provvisorio non riesce a
fronteggiarle adeguatamente. Quello che riesce a sconfiggere le forze zariste militarmente è Trotzkij con i comunisti, il
quale riesce a sconfiggere i bianchi, i zaristi e gli anti-comunisti non zaristi. I paesi occidentali finanziavano i bianchi
poiché, se avessero vinto i comunisti, ciò avrebbe comportato la fuoriuscita della Russia del conflitto. In più avevano
paura che se si fosse instaurato un regime comunista in Russia, avrebbe potuto contagiare le classi operaie dei loro
paesi. Ma tutto ciò fu inutile. Agli inizi di novembre, i comunisti con un colpo di stato a San Pietroburgo presero il
potere. I non comunisti tentano di impedire l’instaurazione del sistema sovietico a cui seguono due anni di guerra
civile in cui avvengono massacri, rappresaglie, fucilazioni in massa e la fucilazione dell’intera famiglia imperiale.
Questa situazione caotica portò all’adesione dei contadini per la fine della proprietà privata. Lenin riunisce, a San
Pietroburgo, i rappresentanti di tutti i soviet, ovvero di tutti i consigli rivoluzionari, e emana due decreti: il decreto
sulla pace e il decreto sulla terra. Il decreto sulla terra prevedeva la fine del capitalismo sulla terra, e quindi una
socializzazione della terra e il decreto sulla pace che prevedeva la fuoriuscita della Russia dal conflitto con le
conseguenti trattative. All’inizio del 1918 con la pace di Brest-Litovsk, Lenin cedette la Finlandia, l’Estonia, la Lituania,
la Lettonia, la Polonia ex russa e gran parte dell’Ucraina, la parte più civilizzata della Russia. I russi, comprese le donne,
vanno a votare democraticamente per eleggere l’assemblea costituente. I comunisti non vincono ma vincono i
socialisti di Kerenskij. Lenin decide un colpo di stato: scioglie l’assemblea costituente e da inizio al regime comunista
sovietico.
Lenin mette in pratica ciò che venne detto da Marx. Espropria le principali fonti di ricchezza e di produzione (aziende
agricole, industrie, infrastrutture e banche) ai privati che le possedevano e diventano di gestione comunitaria. Così
facendo si sarebbe realizzata quella che Marx chiamava uguaglianza sostanziale e non formale. Nessuno possiede
mezzi di produzione se non beni di uso personale. Il sistema era tale che non ci fosse pluralismo politico. C’era un solo
partito, il partito comunista, che aveva un solo obbiettivo da realizzare: il socialismo marxista. Secondo l’idea marxista
lo stato non deve essere un ambito neutro ma uno scopo da realizzare. Avendo uno scopo da realizzare non può
esserci nessuno d’intralcio. Politicamente, in teoria si sarebbe dovuta instaurare una democrazia dal basso verso l’alto
attraverso i soviet, delle assemblee locali con all’interno la parte di sinistra che seguiva le direttive del partito
comunista. In pratica si instaura un sistema di decisione imposte dall’alto verso il basso. L’unico partito esistente
prendeva decisioni e le decisioni prese venivano diffuse ai membri dei soviet locali. In questa dittatura come nel
fascismo, l’incarico che hai è vincolante quindi dovrai sempre votare per i leader del tuo partito. La repressione
politica era molto dura, fu ereditato il sistema di repressione zarista, a volte più a volte meno duro. Le repressioni
comprendevano avversari politici e di classe come i nobili o il clero. Nei primi anni vennero varate anche molte riforme
come la fine della proprietà privata dei mezzi di produzione e il codice civile venne tutto ristrutturato: parità assoluto
tra uomo e donna, totale laicità dello stato, facilità nel divorzio, istruzione obbligatoria e gratuita per tutti. Questo
portò ad una grande ammirazione da parte della sinistra occidentale. I primi anni in Russia fu un caos sia per la guerra
civile che per le politiche economiche. All’inizio ci fu una grave carestie dovuta alla mancanza di alimentazione che
portò alla morte di molti contadini. Questo perché durante la guerra civile, l’armata rossa requisiva i beni agricoli,
costringendo i contadini a produrre e tenersi poco per loro. I contadini infatti, decisero di non produrre più in quanto
gli venivano portato via tutto il raccolto. Poi però Lenin varò una nuova politica economica di liberalizzazione, la Nep.
Ai kulaki, i proprietari terrieri, viene concesso di produrre di più. Una parte di questa produzione andrà allo stato
mentre l’altra parte possono rivendersela a libero mercato.
Perciò prima che sparisse del tutto la proprietà privata ci vollero anni. Dopo la pace di Brest-Litovsk, con i trattati di
Versailles rinacque lo stato polacco, differente geograficamente dalla Polonia attuale. In un conflitto dopo la guerra,
Lenin riuscì a riconquistare alcuni territori al confine con la Polonia.
L'Internazionale Comunista fu l'organizzazione internazionale dei partiti comunisti.
o La prima internazionale è l’organizzazione dei lavoratori ai tempi di Marx.
o La seconda internazionale è l’associazione internazionale dei partiti socialisti in Europa.
o La terza internazionale è il comunismo in Russia con Lenin.
CAPITOLO 7:
La prima guerra mondiale non ha risolto i conflitti tra paesi. Nei vent’anni tra le due guerre mondiali, la maggioranza
degli stati europei divennero regimi autoritari. L’Europa cominciò a perde la sua centralità e gli Stati Uniti
cominciarono ad affermarsi sempre più, anche se la loro superiorità non era stata capita dalle potenze europee. Per le
popolazioni civili è stato un disastro: quasi tutte le famiglie europee aveva almeno un caduto e l’epidemia di spagnola,
che aveva colpito l’Europa per due anni, aveva portato alla morte di altre decine di milioni di persone. Dopo la guerra
nulla fu più come prima. Quei cinque anni di conflitto per la sopravvivenza di una nazione contro un’altra avevano
ormai minato alla base la struttura sociale dei paesi. Era stato dato fondo a tutte le risorse e si era speso tutto quello
che si poteva spendere.
Il nazionalismo era esasperato, l’odio feroce aumentava per i nemici. Tra paesi europei le tensioni sociali aumentavano
sempre più. Dopo la guerra alcune classi sociali si ritennero più danneggiate di altre quindi la contrapposizione sociale
divenne aspra insieme all’odio ideologico. I ceti dei braccianti erano più orientati verso il socialismo rivoluzionario e
gran parte della borghesia cercava di arginare il liberalismo.
Una conseguenza importante della guerra riguardò anche l’economia: i prezzi durante la guerra aumentarono del
300% in quanto i beni venivano mandati al fronte e non bastavano e quindi ci fu l’inflazione. C’era un grande odio per
categorie che durante la guerra si erano arricchite vendendo allo stato tutto quello che serviva (chi operava a livello
imprenditoriale o bancario). Ci fu anche un aumento di disoccupazione dovuto al licenziamento di molti dipendente
delle fabbriche da parte dei gestori poiché in tempo di guerra servivano più dipendenti per riuscire a produrre più armi
e mezzi di trasporto per l’esercito ma quando finì la guerra le fabbriche avevano meno bisogno di dipendenti in quanto
si produceva meno. La piccola borghesia oltre ad andare in guerra aveva accettato di comprare titoli di stato
prestando soldi alla propria patria. Riebbero i soldi con gli interessi ma comunque ci avevano rimesso perché i prezzi
aumentarono del 300% e non bastava quello che gli ritornò indietro dallo stato. La piccola borghesia, al contrario dei
braccianti e degli operai che erano molto sindacalizzati e dopo la guerra ottennero aumenti salariali, era meno
sindacalizzata e quindi dopo la guerra ci fu un senso di rivalsa perché nonostante si è era impoverita non aveva
migliorato, post-guerra, le sue condizioni economiche. Era cambiato anche la mentalità dal punto di vista del
comportamento: nell’Europa del 900 c’era un fortissimo classismo nei comportamenti ma dopo la guerra questo
cambiò. Gli operai andarono a combattere a differenza dei dipendenti che rimasero a lavorare in scrivania, quindi
quando tornarono non portarono più così tanto rispetto nei confronti delle classi sociali ritenute più elevate. Le donne
entrarono nel mondo del lavoro per rimpiazzare gli uomini nelle fabbriche e diventarono più consapevoli dei propri
diritti. I reduci dal fronte quando tornavano a casa non erano come prima. Tra reduci rimasero i contatti e rimase
anche quel senso di cameratismo, quindi condividere la stessa sorte, il patriottismo, il coraggio fisico, ovvero lo
scontro fisico. Questo fenomeno viene chiamato reducismo. Dopo la prima guerra mondiale aumenta ancora di più dei
primi anni del 900, la partecipazione delle masse alla vita politica e di conseguenza aumenta anche l’odio politico. Si
ricercò un “ordine nuovo” ovvero accantonare i sistemi politici ed economici precedenti, creando qualcosa di nuovo
dove la popolazione è mobilitata e segue la politica.

L’acuirsi delle relazioni sociali produsse una diffusione, in molti paesi europei, di iniziative tese ad evitare quello che
era successo in Russia. Nonostante i paesi in Europa occidentale si trovassero in una situazione meno grave di quella
della Russia del 1917, c’erano delle similitudini come in Germania, Austria e Ungheria. Due stati diversi in quanto dopo
i trattati di Versailles, l’Austria-Ungheria si frantumò e nacquero i due stati, quasi come quelli attuali. Ai primi del 900
la maggioranza degli attivisti in Europa erano di idee socialiste riformiste moderate però i sacrifici della guerra,
l’impoverimento, il desiderio di rivalsa portarono ad estremismi. Quindi molti si spostarono dalla visione socialista-
democratica ad una visione più massimalista-rivoluzionaria. In Russia invece del socialismo riformista, hanno fatto una
vera rivoluzione. Questo influenzò i paesi occidentali a creare movimenti sulla scia del comunismo russo, del
bolscevismo. Perciò in alcuni paesi dove era crollato il regime, si fu molto vicini alla realizzazione di una rivoluzione di
tipo comunista. In Germania sembrò davvero si volesse realizzare: era crollato l’impero con Guglielmo II, e venne a
crearsi un governo provvisorio con social-democratici, movimento di centro cattolico, liberali però il governo che
trattò la pace, il Diktat di Versailles, era un governo di centro-sinistra, guidato da un socialista. L’astuzia della destra
tedesca fu lasciare, nel momento della sconfitta dopo la guerra, la patata bollente alla sinistra e poi accusarli di non
aver difeso la patria a Versailles. Quindi il crollo dell’impero, la disfatta delle forze armate e l’impoverimento della
popolazione fecero si che scoppiarono dei focolai di rivolta. Nacquero movimenti ad imitazione dei Soviet russi.

Il biennio rosso, periodo che va dalla fine 1918 all’estate del 1920, è caratterizzato da lotte operaie. Dopo la guerra gli
operai si ritrovavano disoccupati o con salari troppo bassi a causa dell’inflazione. Quindi rivendicavano un
adeguamento del salario all’inflazione e una diminuzione dell’orario di lavoro. Si riunivano in consigli come i Soviet
russi ed erano divisi in due fazioni: i rivoluzionari (massimalisti) e i riformisti.
In Germania, un movimento chiamato “La lega di Spartaco” tentò un’insurrezione con l’intento di rovesciare il governo
attuale guidato da un social-democratico e creare un sistema di tipo sovietico. Fu un fallimento poiché vennero
stroncati con la forza e gli esponenti di spicco di questo movimento, tra cui una donna (Rosa Luxemburg), vennero
arrestati e fucilati. Vennero stroncati con la forza in quanto il governo socialista voleva reprimere quest’insurrezione
ma non aveva la forza per farlo quindi ci pensarono corpi dei corpi forze armate guidate da ufficiali della destra
nazionalista, i corpi franchi: delle unità militari non ufficiali e non controllate dal governo che si erano tenuti le armi
dalla prima guerra mondiale e che agivano guidati non dal governo tedesco ma da ufficiali di estrema destra. Questo
evento determinò una rottura insanabile tra le due fazioni di sinistra poiché i comunisti non perdonarono ai socialisti
di aver concesso di reprimere un’insurrezione da un nemico comune ad entrambi, l’estrema destra. Dopo la caduta del
regime si andò alle elezioni per eleggere un’assemblea costituente che dia alla Germania una nuova costituzione.
Fu eletta nel 1919 e si riuniva nella città di Weimar ma finì dopo 13/14 anni nel Nazzismo perché la situazione
economica si compromise e favori la presa di potere di Hitler e perché c’era un problema di debolezza nella politica
tedesca di all’ora: nessun partito prevaleva e il fatto che ci fosse un’eccessiva frammentazione in parlamento portava
a creare governi di coalizione per avere la maggioranza in parlamento e dare la fiducia al governo. Ma questi governi
di coalizione con partiti troppo differenti tra di loro duravano poco. All’inizio erano più forti i socialisti poi
gradualmente si assiste ad una diminuzione dei consensi per i socialisti e l’elettorato si sposta sempre più verso destra.
Inoltre la frammentazione politica portò ad una sfiducia nella democrazia a causa della cattiva gestione del sistema e
di un’azione di governo incerta. In più ci si lamentava della povertà: le riparazioni di guerra erano pesantissime e non
riuscivano a risollevarsi dalla guerra. In Baviera ci fu di nuovo un tentativo comunista che venne represso e
parallelamente iniziarono ad organizzarsi i nazionalisti di estrema destra quindi l’iniziativa eversiva passa dall’estrema
sinistra all’estrema destra negli anni 20 del 900. In Austria all’inizio ci fu un tentativo di istituire un governo di estrema
sinistra ma poi venne instaurato un governo conservatore di destra cattolica. In Ungheria invece ci fu per qualche
mese un sistema comunista che venne represso molto duramente e in seguito venne instaurato un regime di segno
opposto, conservatore guidato dall’ammiraglio Hortly. Non venne proclamata la repubblica, Hortly aveva il titolo di
reggente.

In Germania, in questo malessere generale, iniziarono ad insinuarsi movimenti di estrema destra nazionalista. Il partito
di Hitler aveva pochissimi aderenti ma si distingueva per attentati terroristici e uccisioni. Nel 1923 il tentativo di colpo
di stato a Monaco fallì e Hitler venne arrestato con una pena carceraria molto breve durante la quale scrive il Mein
Kampf. Nello stesso anno ci fu una crisi in una regione dell’ovest della Germania, la Ruhr. Venne occupata da francesi
e belgi per ritorsione poichè il governo tedesco non aveva pagato le riparazioni di guerra. Il governo tedesco suggerì ai
cittadini di questa regione di smettere di produrre in quanto gli occupanti volevano sfruttare le risorse che
producevano come pagamento per le riparazioni di guerra. Ma la gente non sapeva di che campare senza salario allora
la banca centrale tedesca cominciò a stampare più banconote, i marchi. In un’economia allo sbando se tu stampi
sempre più banconote, quest’ultime varranno sempre meno. Inoltre più soldi circolano più i prezzi salgono.
Si venne da questa situazione quando intervenne l’alta finanza degli Stati Uniti con Dawes. Quest’ultimo fece da
mediatore tra Germania e Francia. Propose di far pagare rate alla Germania più basse ma in più anni cosi che si
potesse mettere in sesto con l’aiuto degli Stati Uniti che avrebbe sostenuto la ripresa produttiva tedesca. Il guadagno
degli Stati Uniti sta nel fatto che la Germania è un paese molto produttivo e ha un mercato molto forte, gli americani
avevano dei capitali in eccesso e il loro fine era quello di investirli in Germania al fine di far star meglio il popolo
tedesco e esportare le loro merci. La Germania, grazie a ciò, si risollevò e con il nuovo cancellieri Stresemann (liberale)
viene fatta una nuova valuta vincolata all’oro.
CAPITOLO 8:
L’Italia uscì dalla guerra economicamente disastrata poiché andò incontro a una crisi sociale e politica simile a quella
dei paesi sconfitti. I motivi furono: la debolezza economica, l’arretratezza sociale e la mancanza di riforme. Perciò ci fu
una recessione economica e poiché i prezzi durante la guerra erano triplicati, i braccianti e gli operai molto
sindacalizzati, si organizzano e fanno rivolte, ottenendo una parziale compensazione dell’aumento dei prezzi del
salario. La piccola borghesia (che era meno sindacalizzata) si sentì danneggiata dall’indebolimento economico, e aveva
un’ideologia più vicina agli ideali conservatori (nazionalismo, la patria, il re, la religione) quindi ideologicamente in
contraddizione con gli operai, che erano a favore del movimento socialista. Inoltre la borghesia si sentì colpita dalla
perdita di quanto aveva investito nei titoli di Stato, quindi c’erano proprio un attrito fra una classe sociale e l’altra.
Il proletariato insieme alla piccola borghesia guardavano con odio la grande borghesia capitalistica (i cosiddetti “pesce
cani”), i quali durante la guerra avevano venduto allo Stato tutto ciò che si poteva produrre e vendere con lo scopo di
trarne profitti.
 
Finita la guerra nel 1919 c’è un nuovo grande aumento della partecipazione a movimenti e partiti e quindi nasce un
nuovo partito: il partito popolare italiano, fondato dal sacerdote Don Luigi Sturzo. Era la prima volta in cui i cattolici si
dotavano di un vero e proprio partito che però non era dipendente dalla Santa sede, ma era un partito politico italiano
di orientamento democratico che voleva fare da baluardo alla diffusione del socialismo presso le classi lavoratrici
(soprattutto nelle zone rurali) e aveva una sua politica sociale che sosteneva che il liberismo non funzionasse poiché
era lo Stato che doveva intervenire a regolamentare e a favorire lo sviluppo del benessere in tutte le classi sociali. Il
partito popolare era Inter classista ovvero un partito che ha un elettorato da più classi sociali diverse, per cui sia la
borghesia di tendenze cattoliche, sia ceti di lavoratori soprattutto delle zone rurali.
 
Sempre nel 1919, Mussolini fonda il suo partito a Milano, che all’inizio si chiamava “movimento dei fasci di
combattimento”. Come politica sociale questo movimento è ancora di sinistra perché parla di un intervento degli
operai nella gestione delle fabbriche, o anche di uguaglianza sociale, vuole la repubblica ma ci sono degli elementi che
non erano propri della tradizione socialista, cioè un forte nazionalismo. Il suo nemico naturale fin da subito erano i
socialisti (suo vecchio partito) e uno dei primi atti che fece fu proprio l’assalto della sede del giornale che aveva diretto
fino a pochi anni prima a Milano. Il suo intento era di orientare una parte dei sostenitori del partito socialista verso il
proprio movimento, conciliando un linguaggio ancora di tipo massimalista (quindi contro il capitalismo e l’alta
borghesia) ma con un feroce attacco ai socialisti, al parlamento e alla democrazia parlamentare. Pur avendo questo
linguaggio di sinistra, la riunione in cui venne fondato il movimento dei fasci avvenne in una sede di un’associazione di
industriali al cui interno c’erano reduci, ex socialisti come lui ed esponenti dei ceti medi milanesi.
 
Nel 1919 si va anche al voto, dopo la guerra. Per la prima volta si vota con la scheda con i simboli dei partiti, col
sistema proporzionale e quindi i partiti avrebbero avuto alla camera dei deputati un numero di deputati proporzionale
al numero di elettori. I maggiori consensi ce li ebbero i socialisti, i popolari e i liberali però i socialisti al loro interno
erano litigiosi (fra massimalisti e riformisti) e i liberali erano altrettanto diversificati fra loro ma nessuno elesse il
movimento dei fasci perché era appena nato.
 
Sempre nello stesso anno, una grossa mano ai movimenti di stampo nazionalistico la diede la faccenda dei trattati di
pace, la “vittoria mutilata” come disse D’Annunzio, ovvero che l’Italia aveva ottenuto troppo poco: con il patto di
Londra l’Italia aveva ottenuto queste promesse: Trentino e sudTirolo, Venezia Giulia con Trieste, la penisola dell’Istria
e la Dalmazia e non Fiume, quindi il principio di nazionalità non venne rispettato. Ci fu il fatto eclatante di Fiume:
D’Annunzio (poeta letterato che aveva già collaborato durante la guerra) creò attorno a sé un esercito privato di
giovani ragazzi reduci o studenti che avevano lo spirito rivoluzionario e il disprezzo per la tradizione politica. Entra a
fiume e la conquista esaltando sia il nazionalismo italiano, sia una visione della società contrapposta a quella del
sistema parlamentare, dove quello che contava era rappresentare lo spirito vero di un popolo e il desiderio di andare
oltre l’Élite che era al governo del paese. Questo movimento si interrompe quando il re nel 1920 richiama a formare il
governo Giolitti. Sotto la pressione delle potenze straniere, Giolitti manda le truppe dell’esercito italiano a far sloggiare
D’Annunzio da Fiume perché doveva essere una città libera, neutrale. Ma non ci fu una vera e propria battaglia.
Questo stimolò il sentimento nazionalista, poiché molte persone rimasero sconcertate dal comportamento di Giolitti
(lontano dallo spirito di patria).
 
Due fattori danneggiarono il liberalismo/parlamentarismo italiano favorendo Mussolini: 
 Porre fine all’impresa di Fiume
 Il comportamento moderato di Giolitti nei confronti delle occupazioni delle fabbriche nel 20: ci furono operai
di sinistra massimalista che occuparono delle grandi fabbriche del Nord perché loro scioperavano per
chiedere salari più alti per una settimana lavorativa più corta, ma gli industriali risposero con
una serrata perché chiedevano cose che non gli potevano dare. Quindi chiusero le fabbriche per vedere come
sarebbero riusciti a vivere senza uno stipendio; allora gli operai occuparono le fabbriche con l'obiettivo di
mandare avanti la produzione, quindi invece che un normale sciopero per avere quello che volevano, divenne
un’azione politica. Giolitti aspettò che la che la situazione decantasse, diede tempo a sindacati e imprenditori
di trattare sullo stipendio e dopo qualche settimana l’occupazione delle fabbriche si svuotò da sola: sindacati
e industriali si misero attorno al tavolo e trovarono un compromesso e l’occupazione finì. Su questo Giolitti
era stato troppo morbido perché soprattutto la borghesia italiana al Nord era terrorizzata che l’occupazione
delle fabbriche, con il suo linguaggio pseudo rivoluzionario, fosse un passo compiuto in direzione di una vera
rivoluzione stile sovietica e non perdonarono Giolitti di questo suo attendismo. Anche questo favorì
l’avvicinamento del popolo verso Mussolini.
 
Questo movimento si distingue per lo squadrismo ovvero per le squadre armate. Nei primi anni queste squadre erano
abbastanza autonome tra loro perché la figura di Mussolini era clemente e non aveva il controllo totale su tutti i suoi
membri, infatti qualche provincia aveva un suo capo che controllava i suoi luoghi. Questi vari capi locali venivano
chiamati i “Ras” ad indicare il grande prestigio di cui godevano da parte dei propri uomini.
 
L’economia italiana era ancora anche al Nord prevalentemente agricola (le industrie erano al nord-ovest con il
triangolo industriale Torino-Milano-Genova). Nel Nord c’era una contrapposizione fra braccianti e proprietari terrieri
che riguardava i contratti di lavoro. I braccianti vennero organizzati nelle leghe rosse (le camere del lavoro) che erano i
loro sindacati e cominciarono a non farsi assumere direttamente dal proprietario terriero: il sindacato farà da tramite
fra i braccianti e il proprietario terriero.
Con la guerra questi braccianti erano ancora più uniti e riuscirono ad ottenere aumenti salariali.
Intanto i proprietari terrieri cominciavano a guardare con simpatia queste squadre in camicia nera e anche se il
linguaggio era ancora di sinistra, le azioni erano rivoluzionarie. Viene a formarsi quindi il fascismo agrario.

Nel 1921 Giolitti vuole fare una grande alleanza elettorale formata da liberali, nazionalisti e anche fascisti.
Quest’alleanza prende il nome di “blocchi nazionali”, in questo modo si potrà tenere testa a quelli che non si riescono
a controllare politicamente perché sono troppo autonomi (popolari, socialisti e comunisti). Giolitti ai primi del ‘900
aveva provato a costituzionalizzare i socialisti e per un po’ c’era riuscito, e vuole riprovare a fare la stessa cosa con i
fascisti. Nel 1921 si vota, ma entrano 25 deputati fascisti in questa grande alleanza elettorale: socialisti, comunisti e
popolari persero. Perciò a Giolitti va male e si dimette. Diventa capo del governo un ex socialista moderato: Bonomi.
Lui mentre accadeva la guerra di Libia, venne espulso dal partito socialista perché era favorevole a questa guerra. Così
si spostò in una posizione centrista: cercò una pacificazione tra fascisti e sinistre.
Mussolini non ragionerà di politica, come avrebbe voluto Giolitti, perché i suoi Ras gli dissero di non volere quella
strada, bensì una rivoluzione fascista. Quindi Mussolini accetta questa cosa ma in cambio si fa riconoscere come capo
di tutto. In questo modo il movimento diventa un partito.
Mussolini continuò ad agire in modo parallelo secondo una strategia: il parallelismo fra la politica legale (in cui sei in
parlamento, sei dentro le istituzioni), e lo squadrismo (illegale) lo porterà al potere. 
 
Bonomi voleva fare il “patto di pacificazione” tra socialisti e fascisti. All’inizio i socialisti sono d’accordo e anche
Mussolini, ma in realtà questa cosa salta subito perché le squadre continuavano ad agire. I Ras più noti erano contro, e
Mussolini dovette sconfessare il patto: da questo momento i Ras riconoscono in lui la guida politica e accettano la
trasformazione del movimento fascista in un partito e nasce quindi il PNF (Partito nazionale fascista). Bonomi si
dimette e viene nominato alla guida del governo Facta, ma si dimostra incapace non riuscendo a prendere iniziative. I
socialisti nel 1922 cercano di reagire proclamando lo sciopero nazionale egualitario ovvero uno sciopero per difendere
la liberal democrazia in Italia, ma non andò bene perché soprattutto la borghesia tendente a destra e non apprezza
questa iniziativa.
 
Mentre Mussolini acquista sempre più forza, la sinistra è piuttosto frammentata: c’era il partito comunista, poi quello
socialista unitario a sua volta diviso in massimalisti e riformisti, un partito riformista a parte, il partito popolare e i
liberali. La destra aveva nazionalisti e fascisti. Perciò la sinistra era molto più debole e Mussolini pensa di sfruttare
questa situazione per arrivare al potere. In estate comincia a pensare a come ottenere una nomina e per farlo doveva
mobilitare tutte le sue squadre contemporaneamente e arrivare al potere. Comincia a prendere corpo il progetto della
“Marcia su Roma”. Facta si dimette perché ormai non contava più niente, non aveva ottenuto neanche il consenso da
parte del Re di fermare la marcia. Quindi le squadre cominciano ad entrare a Roma e nel frattempo Mussolini che si
trovava a Milano, viene convocato al Quirinale dal re per farlo diventare Presidente del Consiglio. Così arriva a Roma,
incontra i leader dei partiti e discute sulla divisione dei Ministeri: lui ne prese pochi e fece un governo di coalizione con
dentro liberali, nazionalisti e popolari (che erano democratici), quindi un governo con fascisti e non fascisti.
Mentre nessuno sapeva cosa poteva accadere da un momento all’altro, Mussolini aveva già un piano nella sua testa:
una volta diventato Presidente del Consiglio avrebbe trasformato l’Italia da un paese con un capo del governo fascista,
a un paese con una dittatura e un unico partito. 
 
Fra il 1922 e il 1925 c’è una fase di transizione perché ufficialmente c’erano partiti di opposizioni, libertà di stampa ma
di fatto non era più così perché il Governo agiva duramente verso le opposizioni ad esempio, per motivi di sicurezza
pubblica vengono chiusi dei giornali, vengono sciolti dei comuni/municipi guidati dai socialisti, vengono arrestati
leader politici con pretesti vari e quindi c’è proprio una compressione delle libertà. Ma anche dal punto di vista
ufficiale inizia lo spostamento verso la dittatura perché Mussolini, diventando capo del governo, apparentemente
scioglie le squadre, ma di fatto le ufficializza creando la “Milizia volontaria”: la nuova forza armata controllata dal
partito fascista. L’altra cosa che determina il passaggio verso la dittatura è il “Gran consiglio del fascismo” che era
l’organo dirigente del partito fascista: tutto era sotto il controllo di Mussolini, anche i membri erano stati scelti da lui
fra i suoi vari Ras. Il Gran Consiglio acquista un ruolo istituzionale e quindi doveva fare da tramite tra il partito fascista
e lo stato. Mussolini comincia ad avere un potere sempre più assoluto.
 
Nel 1923 ci fu la prima politica economica del fascismo che però non rispettò i fondamenti dell’ideologia del partito
fascista in quanto esso aveva una logica Statalista (non liberista) quindi doveva esserci un unico spirito che si
identificava nel partito e perciò la società civile (mondo del lavoro e dell’economia) non doveva vivere di vita propria.
Invece, in questo caso, Mussolini fa una scelta liberista: lo Stato diminuisce la propria presenza nell’economia, alcune
aziende vengono ri-privatizzate, molti dipendenti pubblici vengono licenziati, la tassazione favorisce i ceti
imprenditoriali. Questa azione ottenne discreti successi ovvero l’aumento della produzione industriale e agricola e il
bilancio dello Stato tornò in pareggio.
 
Mussolini ebbe sostegno anche da parte della chiesa che stava prendendo tendenze più conservatrici e riconosceva il
merito al partito fascista di aver allontanato il pericolo di una rivoluzione socialista e di aver restaurato il principio di
autorità. Inoltre con la “riforma scolastica” di Giovanni Gentile (ministro della Pubblica Istruzione) si attuava una
misura da tempo richiesta dai cattolici, ovvero l’insegnamento della religione nelle scuole elementari e l’introduzione
di un esame di Stato alla fine di ogni ciclo di studi: in questo modo scuole pubbliche e private erano sullo stesso piano.
Infatti, prima solo la scuola privata faceva l’esame con degli esterni, diversamente da quella pubblica visto che lo Stato
sapeva quale fosse l’insegnamento che veniva offerto agli studenti.
 
Nel 1924 ci furono le elezioni. Mussolini voleva un potere assoluto e per arrivarci va dal re e gli dice di essere in grado
di ristabilizzare tutto ma gli serviva una maggioranza parlamentare piena. Era successo che i popolari con Don Sturzo si
erano sfilati dal governo perché avevano capito la potenza di Mussolini, ma Sturzo non venne appoggiato da Papa Pio
XI perché erano iniziate le trattative per i patti lateranensi e quindi nella logica della chiesa c’era la speranza di
superare la situazione critica fra Chiesa e Stato italiano. Per farlo, la Chiesa pensò di trattare direttamente con
Mussolini. Mussolini vedendo che aveva delle opposizioni in parlamento, decide di andare al voto cambiando legge
elettorale: una legge elettorale maggioritaria. Ovvero che il partito che avesse raggiunto il 25% dei consensi, avrebbe
avuto i 2/3 alla Camera e di conseguenza il successo. Lui formò un’unica lista con il simbolo del fascio, in cui fece
entrare anche esponenti che originariamente non erano del partito fascista, per ottenere consensi. Il controllo della
lista e quindi la maggioranza dei candidati, erano fascisti e dentro fece entrare esponenti di destra liberale. Siccome le
opposizioni venivano arrestate, la campagna elettorale si svolge in un clima non democratico.
La lista del partito fascista stravince.
 
Quando si riunisce la Camera (sempre nel 1924) un deputato socialista moderato Matteotti, fa un discorso molto duro,
dicendo che le elezioni erano state irregolari: scomparve e dopo pochi giorni ne fu trovato il cadavere. Questo fece
molto scandalo e anche i conservatori/liberali di destra cominciano a dubitare di Mussolini. Passano i mesi e Mussolini
capisce che le opposizioni non avevano la compattezza necessaria per mettere al suo posto un altro politico alla guida
del governo, non doveva temere nulla e così mostra la sua dittatura a viso aperto nel discorso del 3 gennaio
 
Tra il 1925 e il 1926 si ha il regime in piena regola. Vengono sciolti tutti i partiti, tutti i comuni, non c’è più libertà di
opinione e di stampa e tutti gli editori sono costretti a chiamare giornalisti che avessero articoli approvati dal
regime.Nasce il “Tribunale speciale” in cui erano presenti nuove leggi che venivano usate per giudicare i reati (come la
libertà di stampa etc.) e i colpevoli venivano considerati antifascisti. Se però non avevi delle organizzazioni antifasciste
non ti mandavano in carcere ma ti portavano al confine in un piccolo comune o anche su qualche isoletta. Per quello
che riguarda le Istituzioni, ci fu un cambiamento nel sistema in quanto il capo del governo aveva un potere totale
anche sui ministri (quindi poteva cambiarli lui) e veniva deciso dal Gran Consiglio (i cui membri erano tutti nominati da
Mussolini) e anche la successione al trono dipendeva dal Gran Consiglio (quindi anche il Re stava alle spalle). 
 
Nel 1928 ci sono nuove elezioni in cui l’elettore votava una scheda ma c’era solo un partito e si poteva scegliere se
votarlo oppure no, ma bisognava per forza votarlo perché altrimenti sarebbero risaliti alla persona e l’avrebbero fatta
fuori.

CAPITOLO 9:
Confronto Europa e Stati Uniti dopo la grande guerra: L’Europa partiva già in crisi infatti aveva un’economia disastrata,
tanti decessi al fronte, epidemie di spagnola, aziende chiudono perché gli Stati non acquistano più i beni, c’è molta
disoccupazione, inflazione (i prezzi durante la guerra erano aumentati notevolmente) recessione economica. Invece
gli Stati Uniti vivono un decennio di boom economico perché non si era combattuto sul loro territorio, e poi la loro
economia era forte indipendentemente dalla politica, erano molto ricchi di materie prime, il tenore di vita cresceva e
quindi le aziende producevano molto  anni di grande fiducia nel futuro. Questa crescita induceva moltissimi cittadini
americani a investire in borsa non pensando al fatto che il mercato si sarebbe saturato. La conseguenza che ne segue è
circolo vizioso: gli investitori vendono le azioni, l’azienda non è più sostenuta e quindi chiude, licenzia i dipendenti, i
disoccupati comprano meno beni/servizi e di conseguenza anche le altre aziende, avendo meno domanda, falliscono e
quindi altri disoccupati: fu un Crollo verticale  “Il Crollo del 1929”. Ciò che li ha fregati è stata la speculazione, la
fiducia nel futuro: infatti non è detto che se una cosa al momento va bene andrà bene anche nel futuro. Ma un’altra
cosa che ha contribuito alla catastrofica crisi sono stati gli investimenti fatti in Europa e meno nelle aziende
locali. Inoltre quando c’è una grande crescita economica, inevitabilmente c’è l’inflazione perché se tutti vogliono
acquistare quella cosa il prezzo sale. Però negli Stati Uniti il prezzo dei beni agricoli non era cresciuto quanto quello dei
prodotti industriali e quindi le famiglie che vivevano di agricoltura cominciarono ad entrare in sofferenza perché tutti i
beni manifatturieri/industriali costavano di più (ad esempio i trattori, la benzina, il gas) di conseguenza non
compravano più, scende la domanda per l’azienda che fallisce. Venne introdotto il “proibizionismo” ovvero il divieto di
fabbricare e vendere bevande alcoliche, ritenute un elemento di corruzione dei costumi. Ma furono in generale anni di
repressione politica, si diffusero tendenze conservatrici e pregiudizi razziali che si ripercuotevano sugli immigrati
italiani e sui reati commessi (infatti nonostante le difficoltà a cui andavano incontro gli Stati Uniti, ci fu un grande
flusso migratorio perché la situazione era comunque migliore rispetto a quella in Europa).
 

CAPITOLO 10:
Negli anni 30 del 900 quasi tutti i paesi europei (che prima erano democratici) divennero regimi autoritari perché la
crisi economica e sociale favorì questo passaggio. Molti paesi non avevano mai avuto una tradizione democratica (o
perché erano diventati indipendenti dopo la grande guerra, o perché avevano strutture socio economiche arretrate a
causa della crisi e quindi erano diffidenti verso la democrazia che non sapeva governare). Un meccanismo che
funzionava e che venne usato dai sistemi autoritari, è quello di orientare il malcontento verso un nemico esterno o
anche interno (minoranze etniche, ebrei). Come era avvenuto in Italia nel 1915 in cui c'era l’idea che la democrazia
fosse qualcosa di poco elevato, senza grandi ideali (come quello di morire per la patria), al contrario del regime
autoritario che invece li possedeva.
 
Il fascismo è una fase della storia italiana da fine anni 10 del 900 fino alla fine della Seconda Guerra mondiale, ma con
gli anni il termine si è internazionalizzato ai regimi autoritari basati sul nazionalismo, il culto del capo,
l’antiparlamentarismo, ma con un linguaggio rivoluzionario. Perciò si diffusero questi regimi che avevano un'ideologia
comune: in particolare ceti medi e piccola borghesia erano attratti da questo tipo di ideologia in quanto avevano una
visione anti-socialista, ci tenevano alle loro proprietà e ai valori “identitari” (patria, religione, corona, forze armate) ma
oltre ad avere questi valori, la piccola borghesia era molto esacerbata dal peggioramento delle proprie condizioni
economiche nel dopoguerra.
 
La differenza fra un regime autoritario tradizionale e un regime totalitario: Il primo esiste dall’alba dei tempi
(monarchia assoluta del Re Sole) qualcuno ha il potere politico e deve occuparsi di tutto, ma la sfera privata è lasciata
a te, quindi si tende alla conservazione. Nel secondo invece si tende a mobilitare le masse, cioè renderle partecipi in
quanto si vuole condizionare non solo la sfera politica, ma tutti gli altri aspetti della vita di una popolazione (non decidi
tu che cosa fare, ma ti viene imposto). C’è comunque un duce, ma incarna un intero popolo in movimento che quindi
deve partecipare, infatti si parlava sempre di rivoluzione in questi regimi.

TOTALITARISMO: Il termine sta a significare una identificazione totale fra Stato e società, ovvero una forma di potere
assoluto che non si accontenta di controllare la società ma pretende di trasformarla dal profondo avvalendosi di
strumenti come il terrore e la propaganda. 

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